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IL GINECOLOGO FURIOSO CON SALVINI: “IGNORANTE E MISOGINO”

Febbraio 17th, 2020 Riccardo Fucile

SILVIO VIALE LAVORA AL SANT’ANNA DI TORINO: “SOLO IL 2% DELLE DONNE HA PIU’ INTERRUZIONI DI GRAVIDANZA”… “I 3/4 DEGLI ABORTI SONO DI DONNE ALLA LORO PRIMA RICHIESTA”

Silvio Viale è un ginecologo del Sant’Anna di Torino che è intervenuto duramente sul commento di Salvini sullo ‘stile di vita incivile’ delle donne che praticano l’interruzione di gravidanza:
“Crassa ignoranza e misoginia” è stato il secco commento del medico, che ha poi spiegato: “Solo il 2,3% delle donne fa 3 o più interruzioni volontarie di gravidanza e di solito sono anche quelle che hanno fatto più figli, mentre i 3/4 sono alla loro prima. Ridicola la polemica contro le donne straniere. Se è vero che fanno il 30% delle interruzioni, di cui il 40% dei Paesi dell’est, è altrettanto vero che il 22% dei nati ha almeno un genitore straniero. Condannare e punire le donne ed essere indulgenti con i maschi è tipico della misoginia. Quella misoginia ignorante che dieci anni fa faceva dire a Cota, che “la RU486 (la pillola abortiva, ndr) sarebbe marcita negli armadi”, e che oggi spinge Salvini a prendersela con il 2% delle donne, come male assoluto”.
Oggi al Sant’Anna di Torino — continua Viale – il principale ospedale italiano per la 194, la RU486 è utilizzata in oltre 2.000 casi, con le interruzioni mediche che hanno superato quelle chirurgiche.
“Ignorante era Cota e ignorante è Salvini, che non sa neppure che il segreto di legge e professionale tutela le donne. Se vi fosse una sanzione, nessuna lo dichiarerebbe e devo dire crudamente a Salvini, che non rimangono delle tacche sull’utero a ricordo”.

(da agenzie)

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IL TRIBUNALE DEL RIESAME SMONTA LE ACCUSE INFAMANTI DEL PROCURATORE ZUCCARO SUL CASO AQUARIUS, MA SUI TG DI REGIME LA NOTIZIA DEL DISSEQUESTRO VIENE CENSURATA

Gennaio 15th, 2019 Riccardo Fucile

DISSEQUESTRATI 200.000 EURO DELL’ARMATORE… DOPO DUE ANNI DI INDAGINI PER DIMOSTRARE COLLUSIONI TRA ONG E SCAFISTI, ACCUSE DI SMALTIMENTO ILLECITO DI RIFIUTI, CENTINAIA DI MIGLIAIA DI EURO SPESI PER NULLA, FALLISCE IL TENTATIVO DI CRIMINALIZZARE LE ONG … E IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA SI GUARDA BENE DAL MANDARE UNA ISPEZIONE ALLA PROCURA DI CATANIA

Prima l’annuncio del dissequestro. Poi la smentita della procura di Catania. Sulla nave Aquarius, gestita da Medici Senza Frontiere, si apre un nuovo caso.
A riaprire la discussione è stato il presidente dell’Associazione A buon diritto, Luigi Manconi, che in mattinata ha annunciato il dissequestro della nave Aquarius dopo l’accusa di smaltimento illecito di rifiuti.
Ma, precisa la procura di Catania, l’Aquarius non può essere stata dissequestrata perchè non è mai stata posta a sequestro, in quanto non era in Italia e il decreto del gip non è mai stato eseguito nè impugnato.
Secondo quanto spiega la procura, il Tribunale del riesame si è espresso sul sequestro di 200mila euro di beni da due conti correnti intestati a Francesco Giannino, titolare della ‘Mediterranean shipping agency’ di Augusta (Siracusa), annullando il precedente decreto.
E dando, di fatto, torto alla procura di Catania, smontando   la sua accusa.
Giannino è indagato nell’ambito dell’inchiesta sullo smaltimento di rifiuti da navi di Ong che soccorrevano migranti.
A confermare la notizia anche il legale dell’indagato, l’avvocato Dina D’Angelo, che sottolinea come sia la sua “l’unica parte in causa a presentare ricorso e a discutere davanti ai giudici”.
Il Tribunale del riesame ha comunque accolto integralmente il ricorso dell’agente marittimo.
I giudici non hanno rilevato i presupposti su cui si basa l’accusa ai danni di Giannino, secondo quanto anticipato da Radio Radicale, e hanno quindi bocciato i provvedimenti emessi.
La procura di Catania, guidata da Carmelo Zuccaro, sostiene l’accusa di smaltimento illecito avvenuto in totale in 44 occasioni, per circa 24mila chili di rifiuti, tra cui anche “gli indumenti contaminati indossati”, gli scarti alimentari e i rifiuti utilizzati in navigazione per l’assistenza medica ai migranti soccorsi in mare.
Nonostante il mancato sequestro, confermato dalla procura, l’Aquarius difficilmente potrà  tornare a breve in mare, essendo ancora priva di bandiera dopo la revoca da parte delle autorità  di Panama.
Già  in passsato gli inquirenti etnei si erano visti bocciare i provvedimenti a danno delle Ong da parte dei giudici delle indagini preliminari.
A oltre due anni dalle prime accuse, nessuno dei procedimenti avviati di procuratore Zuccaro, secondo cui potevano esservi collegamenti tra le organizzazioni non governative e i trafficanti di uomini, è mai arrivato a un processo, fermandosi sempre alle indagini preliminari.
L’agenzia marittima di Francesco Gianino, asssitita dall’avvocato Dina D’Angelo, si è vista così restituire 200mila euro bloccati dalla procura e potrà  riprendere regolarmente le attività  che erano state sospese dal provvedimento emesso lo scorso 20 novembre.
Medici senza frontiere aveva respinto le accuse sostenendo di aver sempre seguito le procedure standard.
«Dopo due anni di indagini giudiziarie, ostacoli burocratici, infamanti e mai confermate accuse di collusione con i trafficanti di uomini», aveva lamentato Karline Klejer, responsabile delle emergenzeper Msf, «ora veniamo accusati di far parte di un’organizzazione criminalefinalizzata al traffico di rifiuti. È l’estremo inquietante e strumentale tentativo di fermare a qualunque costo la nostra attività  di ricerca e soccorso in mare».

(da “Avvenire“)

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IN ITALIA NON C’E’ ALCUNA EMERGENZA ABORTI: I PROLIFE SI METTANO L’ANIMO IN PACE

Dicembre 1st, 2017 Riccardo Fucile

A 40 ANNI DALL’ENTRATA IN VIGORE DELLA 194, L’ITALIA E’ UNO DEI PAESI A PIU’ BASSO TASSO DI ABORTI VOLONTARI… E IL DATO CONTINUA A DIMINUIRE

Ecco l’ultima strategia dei Prolife: tappezzare Roma di manifesti piuttosto crudi, con un feto e una pinza che campeggiano al centro della locandina. In cima lo slogan: “Un bambino ucciso ogni 5 minuti. Dal 1978 più di 6 milioni uccisi dall’aborto. Ricordiamo anche questi morti”.
Manifesti rigorosamente abusivi e che riescono perfettamente nel loro intento: disturbano, nauseano, creano sconcerto.
Tralasciando l’utilizzo della parola “bambino” già  di per sè impropria, di quali cifre stiamo parlando?
Il palese intento del copy è essenzialmente quello di evocare un genocidio, un olocausto, tirando in causa una cifra che è più di quattro volte quella dei morti italiani nella Grande Guerra.
I NUMER
A quasi quarant’anni dalla conquista della legge 194, quella sull’interruzione volontaria di gravidanza, lo scorso anno si è registrato un forte calo nel numero degli aborti, scendendo per la prima volta sotto i 90.000, il 9,3 percento in meno rispetto all’anno precedente.
Questo dato è in linea con una progressiva diminuzione in atto sin dalla fine degli anni ottanta. L’Italia infatti, secondo l’Istat, è uno dei Paesi dell’Unione Europea con il più basso livello di abortività  volontaria
I dati riportati dalle Nazioni Unite mostrano che livelli inferiori a quelli dell’Italia si registrano solo in Austria (il cui dato peroÌ€ risulta fermo al 2000), Germania e Grecia. I valori piùÌ€ elevati si riferiscono a quasi tutti i Paesi dell’Est Europa con l’eccezione della Svezia
La diminuzione ha interessato tutte le classi di età , con l’eccezione delle ragazze minorenni (dai 15 ai 17 anni) il cui dato rimane invece stabile con circa 4 donne su 1000 che decidono di interrompere una gravidanza.
Le donne straniere presentano livelli di abortivitaÌ€ molto piuÌ€ elevati delle donne italiane e sono mediamente di due anni piuÌ€ giovani: le prime hanno un’etaÌ€ media di ricorso all’aborto volontario pari a circa 29 anni, le seconde di 31 anni
Tra i gruppi più numerosi di stranieri residenti in Italia, il tasso di abortivitaÌ€ è più elevato per le donne cinesi (30,0 casi di interruzione per 1.000 donne cinesi di etaÌ€ 15-49 anni), seguite da rumene (22,7), albanesi (16,6) e marocchine (16,2) .
Alla diminuzione degli aborti cresce l’utilizzo della “pillola dei cinque giorni dopo” (a base di ulipristal acetato), complice la decisione dell’Aifa dello scorso anno di eliminare l’obbligo della ricetta medica per le maggiorenni
A marzo di quest’anno, il boom della vendita del farmaco ha fatto sì che il senatore di Ap Giuseppe Mariniello presentasse un’interrogazione parlamentare al Ministero della Salute. «I dati sull’utilizzo della pillola dei cinque giorni dopo raccolti recentemente da Federfarma» scrive il rappresentante di Area popolare «destano scalpore per le dimensioni assunte dal fenomeno: le vendite nel 2016 sono cresciute del 96% in 10 mesi e rispetto al 2014 sono aumentate di 15 volte»
Nocciolo della richiesta del senatore: ripristinare l’obbligo della ricetta medica. I dati presentati da Mariniello presentano una lettura sbagliata. Federfarma infatti fa sapere che l’incremento c’è stato, complice la liberalizzazione della pillola, ma non della portata sostenuta dal senatore bensì del 24 percento sul totale della contraccezione d’emergenza (quindi compresa la pillola Norlevo, quella del giorno dopo).
Piuttosto il problema è la scarsa conoscenza da parte delle donne della mancanza dell’obbligo della prescrizione medica. Una ricerca condotta da Swg e Health Communication dimostra che solo il 16 percento delle intervistate è a conoscenza del fatto che non ci sia alcun bisogno di ricetta; il 36 percento è convinto che esista ancora l’obbligo della prescrizione.
A questo dato va sommato il larghissimo numero di obiettori di coscienza in tutti gli ospedali italiani, a cui ora si sommano una fetta di farmacisti che alla richiesta della pillola tentennano, negano, si sottraggono.
Un terzo dei farmacisti intervistati riconosce che la propria categoria fa resistenza a vendere la pillola dei cinque giorni dopo in mancanza della ricetta e il 18 percento non darebbe senza prescrizione alcun farmaco a una donna che volesse evitare una gravidanza indesiderata.
In barba alle regole e alle direttive dell’Unione Europea, il medico o il farmacista, in nome della propria personale obiezione di coscienza, si rifiuta di somministrare o vendere un farmaco che interrompa una probabile gravidanza.
I dati, quindi, ci mostrano chiaramente che non c’è alcuna emergenza aborto nel nostro Paese. Continua però a essere presente una costante indisponibilità  da parte di professionisti della sanità  ad applicare le leggi dello Stato.

(da “L’Espresso”)

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“PINOTTI HA RICEVUTO GIOIELLI E UN ROLEX DAGLI ARABI DOPO L’ACCORDO KUWAIT-FINMECCANICA”

Maggio 11th, 2016 Riccardo Fucile

SECONDO DAGOSPIA IL MINISTRO HA TENUTO NASCOSTI I REGALI… L’OROLOGIO AVREBBE UN VALORE DI 43.000, LA LEGGE VIETA DI ACCETTARE REGALI SUPERIORI A 150 EURO… LA REPLICA DELLA PINOTTI

Due gioielli — definiti “importanti” da una fonte araba — “destinati alle figlie” e un orologio, invece, proprio per lei.
Per la precisione “un Rolex in oro bianco, tempestato di brillantini“.
Sarebbero questi, secondo quanto riporta Dagospia, i doni ricevuti dal ministro della Difesa Roberta Pinotti a seguito della “firma dell’accordo tra il Kuwait e Finmeccanica (oggi Leonardo) per la vendita di 28 caccia Eurofighter“.
Un’intesa che rappresenta “la più grossa commessa di Finmeccanica da sempre”, per il valore di 8 miliardi di euro.
Regali che la ministra “avrebbe tenuto segreti, benchè la legge la obblighi a non ricevere doni dal valore superiore ai 150 euro”.
Se la ricostruzione di Dagospia fosse veritiera, il modello di Rolex in questione sarebbe con tutta probabilità  l’Oyster Perpetual Datejust 31: da donna, in oro bianco con una miriade di diamanti, zaffiri a comporre il numero romano sei, movimento meccanico a carica automatica. Un autentico gioiello.
Valore? Oltre 43mila euro secondo il sito della Rolex.
Ma questa non è la prima volta in cui il governo Renzi sarebbe coinvolto in un episodio che riguarda il dono di rolex, sempre provenienti dalla penisola arabica: durante la trasferta a Ryad di novembre 2015, i delegati italiani si sono accapigliati per dei cronografi da migliaia di euro, un omaggio dei sovrani sauditi.
Per questo la delegazione del premier li aveva sequestrati.
All’epoca Palazzo Chigi in una nota aveva scritto: “Sono nella nostra disponibilità ”.
E oltre ai rolex, ci sarebbero anche altri regali “nascosti” da Renzi, tra cui la bicicletta del premier giapponese Shinzo Abe (costo superiore ai 300 euro) e gli orologi esibiti nei suoi interventi alla Leopolda, incluso un Audemars Piguet Royal Oak (se autentico vale 15mila euro).
Dall’ufficio stampa del ministro della Difesa è partita una nota di chiarimento sull’indiscrezione lanciata da Dagospia: “In ordine ad alcune presunte indiscrezioni apparse oggi su Dagospia – si legge nella nota – il Ministero della difesa rende noto che il ministro Pinotti ha sempre seguito le prescrizioni contenute nel Dpcm del 20.12.2007 riguardo i cosiddetti “doni di rappresentanza”. Ove ne ricorrono le condizioni detti doni vengono quindi presi in consegna e custoditi dall’Amministrazione Difesa. Sono perciò da considerare prive di qualsiasi fondamento le notizie apparse oggi su un sito web e riprese incautamente da altri”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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STIPENDI: SOLO SPOT, RENZI STREPITA MA FANNO TUTTI COME GLI PARE

Agosto 27th, 2015 Riccardo Fucile

LA LEGGE FA ACQUA, TUTTI RIESCONO AD AGGIRARLA

Matteo Renzi al teatro Rossini di Pesaro, ha scagliato la sua rituale invettiva anticasta: “Dall’anno scorso abbiamo messo un tetto agli stipendi dei manager, e non è un tettuccio. C’è qualcuno che approfittando degli organismi costituzionali, approfitta e non si taglia lo stipendio”. Un anno e mezzo fa, dopo aver riproposto il taglio ai super stipendi già  deciso da Mario Monti con il suo primo atto di governo (decreto Salvaitalia, dicembre 2011) e da Enrico Letta, si finse fiducioso: “Io spero che anche gli organi costituzionali accettino il taglio al tetto degli stipendi con la comparazione al salario del presidente della Repubblica”.
Ma non c’è niente da fare, continuano a fare i loro comodi.
Il dato curioso è che stavolta la rabbia renziana era rivolta all’interno della cerchia più intima del cerchio magico.
È stato infatti il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi, avvocato fiorentino, nella sua veste di presidente della Commissione giurisdizionale per il personale della Camera, a firmare una decisione che ha fatto infuriare perfino la presidente della Camera Laura Boldrini, generalmente accusata di buonismo.
La Camera, che in quanto organo costituzionale gode della cosiddetta autodichia, aveva deciso di portare sotto il tetto dei 240 mila euro annui (lo stipendio del presidente della Repubblica) tutti i suoi alti funzionari, ma di tagliare in proporzione anche gli altissimi stipendi sottostanti, come il leggendario barbiere da 160 mila euro.
I dipendenti della Camera hanno fatto ricorso all’organo di giurisdizione interno e Bonifazi gli ha dato ragione, ma solo a loro, ai più pagati no.
Così ai consiglieri parlamentari che arrivavano a guadagnare 360 mila euro si applica un drastico taglio fino al 30% dello stipendio, il barbiere continua a guadagnare 160 mila euro.
Applicando in modo creativo i canoni della meritocrazia renziana, Bonifazi argomenta che gli uscieri della Camera, privati “delle leve di incentivazione determinate dal consolidato sviluppo stipendiale”, potrebbero dar luogo “a comportamenti poco virtuosi e a cali di produttività  determinati dall’assenza di competizione”.
La Boldrini ha dovuto fare ricorso alla commissione giurisdizionale di appello, altri deputati che a settembre prenderanno la decisione definitiva. E vedremo.
Il fatto è che il tetto ai superstipendi è una specie di araba fenice.
Fatta la legge, subito sono stati trovati inganni a profusione.
Quello degli organi costituzionali appare un ostacolo invalicabile.
La Corte Costituzionale per esempio non ha fatto una piega, il presidente Alessandro Criscuolo guadagna 423 mila euro all’anno,i giudici semplici 360 mila.
E al Quirinale i tagli sono dovuti solo alla volontà  del presidente Sergio Mattarella, che per stare nel tetto dei 240 mila euro ha rinunciato alla pensione da professore universitario.
Quasi comico il caso della Banca d’Italia,perla quale Renzi ha scritto nel decreto legge 66/2014 un comma d i legge fenomenale , un impareggiabile ossimoro giuridico: “La Banca d’Italia, nella sua autonomia organizzativa e finanziaria, adegua il proprio ordinamento ai principi di cui al presente articolo”.
Dare ordini a un’istituzione dotata di autonomia è grottesco.
Infatti il governatore Ignazio Visco, nella sua autonomia organizzativa e finanziaria, continua a incassare 450 mila euro l’anno,il direttore generale Salvatore Rossi 400 mila.
Poi ci sono le società  a controllo pubblico quotate in Borsa.
Per queste si era previsto di imporre attraverso l’assemblea degli azionisti, un taglio agli stipendi dei manager che non potevano superare il 75 per cento di quello dei predecessori.

Virginia della Sala e Giorgio Meletti
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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SECONDO EFFETTO DELLA CURA RENZI: “IL BONUS DA 80 EURO INVISIBILE SUI CONSUMI”

Agosto 5th, 2014 Riccardo Fucile

CONFCOMMERCIO: “I COMPORTAMENTI DI SPESA NON SI SONO MODIFICATI”

L’effetto degli 80 euro in più in busta paga voluto dal governo Renzi “è quasi invisibile”.
Lo rileva la Confcommercio che diffonde l’indicatore dei consumi di giugno.
Secondo la confederazione allo stato attuale si conferma il permanere di un “quadro economico privo di una precisa direzione di marcia. Situazione che dopo un lungo ed eccezionale periodo recessivo non può non preoccupare molto”.
Inoltre gli italiani “hanno speso solo in parte le risorse derivanti da minori imposte e i comportamenti di spesa non si sono modificati”.
“Cercando l’effetto bonus a tutti i costi si può rinvenirlo nella crescita tendenziale dei consumi a giugno pari allo 0,4%, corrispondente a un +0,1% sul mese di maggio”. Troppo poco rispetto alle attese, rileva Confcommercio. “Sono segnali positivi ma straordinariamente deboli e insufficienti per affermare che la domanda delle famiglie sia giunta ad un incoraggiante punto di svolta”.
Secondo l’indicatore consumi di Confcommercio per il mese di giugno, “la cautela nell’interpretare i dati deriva anche dal peggioramento registrato a luglio proprio dal clima di fiducia delle famiglie, il secondo consecutivo, sintomo del permanere di uno stato di disagio caratterizzato dalla dominanza dell’incertezza per il futuro rispetto agli effetti reali di un maggior reddito disponibile”.
Nel dettaglio l’indicatore dei consumi di Confcommercio registra una crescita dell’1% della domanda di servizi, mentre la spesa per i beni ha registrato una variazione nulla rimanendo sugli stessi livelli dell’anno scorso.
A giugno, variazioni positive rispetto a giugno del 2013 si rilevano per la spesa reale in beni e servizi per le comunicazioni (+3,8%) grazie soprattutto all’acquisto di beni, per i beni e servizi ricreativi (+1,3%) e per gli alberghi, pasti e consumazioni fuori casa (+1,1%) settore su cui influisce l’incremento della spesa per gli alberghi.
Per la confederazione invece una crescita più contenuta si è registrata per i beni e servizi per la persona (+0,8%) e per gli alimentari, bevande e tabacchi (+0,5%).
Una riduzione particolarmente significativa, infine, ha interessato i beni e servizi per la mobilità  (-1,1%).
Riduzione dei consumi si sono registrate anche per l’abbigliamento e le calzature (-1,1%) e per i beni e servizi per la casa (-0,8%).

(da “Huffingtonpost”)

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INTERVISTA AL MINISTRO RENZIANO DEL RIO: “LETTA NON CHIEDA LA LEGGE SUL CONFLITTO DI INTERESSI”

Gennaio 26th, 2014 Riccardo Fucile

“NON SI PUO’ CHIEDERE LA LUNA, MEGLIO ASPETTARE TEMPI MIGLIORI”

«Se Renzi chiede la Luna questo governo non gliela può dare… Ma se il premier chiede al Pd la Luna, o una legge sul conflitto di interessi, è chiaro che anche questo non si può ottenere»: Graziano Delrio, ministro per gli Affari regionali, in un’intervista al Corriere auspica che sia Letta sia il segretario del Pd si assumano «un pezzo delle responsabilità  dell’altro» perchè, altrimenti, «ci rimette il Paese». Intanto Renzi insiste: sulle riforme non si torna indietro.
ROMA
«Se Renzi chiede la luna questo governo non gliela può dare… Ma se il premier chiede al Pd la luna, o una legge sul conflitto di interessi, è chiaro che anche questo non si può ottenere».
È la metafora con cui il ministro Graziano Delrio, Affari regionali, chiede a Renzi di lasciar lavorare Letta sul fronte economico e sociale e al capo del governo di star lontano dalla legge elettorale: «È un momento delicato, è importante che ognuno assuma un pezzo delle responsabilità  dell’altro. Se non si conciliano le posizioni, ci rimette il Paese».
Tra Renzi e Letta è resa dei conti?
«No, io credo di no. Gli italiani ci chiedono due cose, un quadro politico solido e la soluzione di problemi molto seri come la disoccupazione. Il campo da gioco è molto largo e ognuno deve fare la sua parte. L’iniziativa di Renzi sulle riforme ha dato al Parlamento un’occasione d’oro per dimostrare che la politica è in grado di passare il guado e di ritrovare dignità . Non possiamo fallire ancora».
Letta ha detto no alle liste bloccate e Renzi ritiene «tecnicamente possibile» votare durante il semestre.
«Da ministro dello Sport ricordo che ci sono squadre che possono vincere anche quando i due calciatori più forti non si parlano negli spogliatoi. La cosa importante è giocare per il Paese, per battere la crisi e far ripartire l’occupazione».
Ci riusciranno? Letta sembra soffrire il «fattore Renzi».
«Le sue ambizioni personali non sono state mai così lontane, altrimenti Matteo avrebbe fatto altre scelte e aveva gli strumenti per farle. Sulla legge elettorale Renzi ci ha messo la faccia rischiando grosso, il passaggio con Berlusconi non è stato indolore».
È vero che quando non si parlano è lei che fa da ponte telefonico?
«Sono uno di quelli che parlano con tutti e due».
Avrà  capito se Renzi vuole davvero votare durante il semestre…
«Così non è. Ma se non riusciamo ad approvare le riforme il rischio per la legislatura sarà  molto alto. Se non si arriva in fondo al processo costituente, le elezioni anticipate si avvicinano. Grillo è rimasto fuori dal processo proprio con la speranza di assistere all’ennesimo fallimento della politica».
La sua ricetta per scongiurarlo?
«Credo che il governo dovrebbe tenere un atteggiamento molto prudente a entrare dentro la dinamica delle riforme. È un governo di larga coalizione, anche se adesso meno ampia, in Parlamento ci sono i partiti e il lavoro sulla legge elettorale spetta a loro».
Letta non doveva rompere il silenzio? Non doveva dire la sua contro le liste bloccate?
«La questione non è che Letta non può o non deve dire la sua, così come è impensabile che il Pd non si esprima sull’agenda di governo. Ma se il Pd e il governo chiedono la luna…».
La luna sono le preferenze?
«Le opinioni sono legittime, però ci vuole buon senso. Tutti sanno che qualsiasi avanzamento sulla legge elettorale va fatto d’intesa con coloro che hanno sottoscritto il testo».
E se Berlusconi fa muro?
«Chi vuole modificare il testo costruito con tanta abilità  deve essere in grado di proporne uno migliore. Se la minoranza del Pd o i colleghi del governo trovano un punto di sintesi migliore se ne facciano carico. Cerchiamo di essere onesti dal punto di vista della memoria, Renzi ha tenuto fede al suo impegno di non compromettere la durata del governo. Il suo punto di sintesi non umilia il Nuovo centrodestra e l’argomento della legge elettorale come pericolo per il governo è stato tolto dal piatto».
Letta si fida di Renzi?
«Ho parlato con il premier, sa bene che il pacchetto delle riforme può consacrare Renzi come colui che ha dato il via alla Terza Repubblica, ma sa anche che non può metterlo in condizione di concorrere per il governo a breve scadenza. È chiaro che il capo dello Stato può sempre sciogliere le Camere se il premier ritiene di non avere più la fiducia, ma le riforme sono un antidoto al voto anticipato».
Il suo appello ai duellanti?
«Cerchiamo di essere ottimisti e facciamo un po’ di autocritica, senza nasconderci che abbiamo bassi indici di fiducia da parte degli italiani. Il governo dovrebbe imprimere uno scatto alla forza della sua azione e renderla più incisiva, come ha fatto Hollande».
Letta rivendica i risultati.
«I risultati sulla stabilizzazione finanziaria ci sono ed è stato faticoso raggiungerli, ma non vengono percepiti dalla popolazione. Come la politica ha fatto uno scatto in avanti con l’iniziativa di Renzi, così il governo deve cambiare passo sotto la regia del premier».
Per cambiare di passo serve il Letta bis, ma il premier non può farlo finchè Renzi non ci mette la faccia
«È ovvio che, nel momento in cui il Pd darà  un contributo forte al programma, dovrà  anche sostenere il governo in modo convinto. Il Pd deve fare nei suoi organi un ragionamento diretto e franco, lo deve al Paese. Non si può essere ambigui. Una volta approvata la legge elettorale il segretario metterà  la faccia anche sul rilancio, ama l’Italia e capisce che vale più di ogni cosa»
Sulle preferenze si litiga…
«Se ne parla troppo, non sono il totem della democrazia. Il Pd ci sta mettendo un’enfasi enorme rispetto alla sua linea di sempre»
In commissione il Pd è diviso, c’è il rischio franchi tiratori in Aula?
«Dopo la vicenda penosa di Prodi c’è sempre questo rischio e porterebbe diritti al fallimento del progetto. A quel punto andare verso il voto anticipato, che per mesi abbiamo cercato di scongiurare, sarebbe molto facile».

Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera”)

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REGIONE ABRUZZO: ARAGOSTE E MASSAGGI PER MOGLIE E AMANTI, IL PRESIDENTE CHIODI E LA STANZA 114

Gennaio 26th, 2014 Riccardo Fucile

NEGLI SCONTRINI DEI RIMBORSI FACILI DI CONSIGLIERI E GIUNTA IL BEL MONDO DELLA POLITICA LOCALE: LE MISSIONI ISTITUZIONALI FINIVANO IN RICCHI HOTEL

È la mattina dell’11 settembre quando Alfredo Castiglione — vicepresidente della Giunta abruzzese — deve partire in “missione” per una “visita istituzionale”.
Si dà  il caso che, quell’11 settembre, cada di sabato: al vice del governatore Gianni Chiodi tocca una “visita istituzionale” proprio nel weekend.
Castiglione s’infila in auto alle 9 del mattino. Non usa l’auto di servizio. No. Sale a bordo di un’auto privata — un “mezzo proprio” annotano gli investigatori — e rientra il giorno dopo alle 3 del pomeriggio. Missione compiuta.
Quale? Non è dato saperlo. Di quella missione, nel rendiconto presentato da Castiglione, non resta che la generica (e seriale) dicitura “visita istituzionale”.
C’è poi l’allegata fattura per il pernottamento: pensione completa, per una sola persona, all’hotel Victoria Terme di Tivoli. Costo: ben 515 euro.
Castiglione ne chiede il rimborso, che va sommato all’indennità  di missione, pari ad altri 127 euro. Totale: 682 euro. Soldi pubblici s’intende.
Quando la procura avvia l’indagine sui rimborsi — condotta dai pm Gianpiero Di Florio e Giuseppe Bellelli — consegna ai carabinieri ogni singolo scontrino: il nucleo investigativo di Pescara si presenta nell’hotel Victoria Terme di Tivoli e — fattura di Castiglione alla mano — chiede spiegazioni al gestore dell’hotel.
Si scopre così che il vicepresidente della giunta, quel sabato notte, non era solo.
Nella camera 337, infatti, soggiornava anche la sua compagna. Ma allora perchè, quando presenta la fattura in Regione, assicura di aver pernottato da solo e con pensione completa?
La risposta degli investigatori è elementare: per occultare le spese riconducibili alla compagna. Ma non è tutto.
La cifra di 515 euro, anche per un pernottamento in coppia, risulta piuttosto elevata.
E così i carabinieri continuano a domandare se la cifra in questione sia lo standard per l’hotel Victoria di Tivoli. Il gestore alza le braccia e spiega che, considerato l’importo, i due non si sono limitati a dormire.
Hanno usato anche l’annesso centro benessere. E pure l’attrezzato centro estetico. Come dire: massaggi e impacchi e varie ed eventuali pratiche rilassanti.
La “spa” — stando agli atti — è stata gentilmente offerta dai contribuenti. Resta un’ultima riflessione.
La missione e la “visita istituzionale” — che ribadiamo non è specificata — dev’essere durata davvero poche ore. In sole 30 ore, infatti, e per di più nel weekend, Castiglione e compagna partono da L’Aquila, pranzano, usufruiscono dei servizi del centro benessere e del centro estetico, cenano, poi dormono e infine rientrano: se a disturbare quest’idillio non vi fosse stato l’impegno istituzionale, insomma, sarebbe stato un fine settimana davvero perfetto.
D’altronde Castiglione, quand’è in missione per “visita istituzionale”, cerca sempre un tocco di piacere: 202 euro per una cena a base d’aragoste, in uno dei migliori ristoranti di Bari, ne sono l’esempio.
Il punto è che ai pm, quando a partire dal 4 febbraio lo interrogheranno, dovrà  dare una risposta: perchè — per esempio — non ha dichiarato che la compagna era con lui all’hotel Victoria?
Perchè s’è fatto rimborsare anche il suo pernottamento? La sua compagna ha forse un ruolo istituzionale?
Spiegazioni che diventano ancor più imbarazzanti quando, la stessa domanda, per esempio, non riguarda neanche la compagna o la moglie del rimborsato.
Prendiamo il caso del governatore Gianni Chiodi: perchè s’è fatto rimborsare, con i soldi dei contribuenti, il pernottamento di una signora, dipendente della Regione, che ha dormito con lui il 13 marzo 2010 nella stanza 114 dell’albergo Del Sole di Roma? Perchè — chiedendo il rimborso — ha dichiarato d’aver dormito da solo?
E così via, per altri assessori, e altre quattro donne.
Tre di Pescara: una giornalista, una grafica, un’avvocato.
Una di Roma: professione commerciante.
Che ruolo avevano nelle missioni istituzionali — intendono chiedere i pm — e perchè i loro nomi sono stati occultati?
Perchè le loro spese sono state rimborsate con soldi pubblici?
Il punto è che, dagli atti, emerge che ben 17 — tra assessori e consiglieri — hanno accollato alla comunità  le spese di soggiorno per mogli o amiche.
Ma la loro presenza s’è scoperto solo indagando. E indagando s’è scoperto che ben 25 rappresentanti della Regione, oggi indagati per peculato, truffa e falso, hanno presentato documenti sciatti, con ben pochi punti di riferimento, e molti falsi: c’è chi barra, con un tratto di penna, la prova che nelle notti trascorse in albergo era con sua moglie.
Cancella un “2” — il numero degli ospiti — per trasformarlo in 1.
E ottiene un rimborso — indebito secondo l’accusa — di ben 520 euro in più.

Antonio Massari
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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“MASSONI INFILTRATI, GRILLO SAPEVA”: ELEZIONI IN SARDEGNA, ZAPPADU ACCUSA

Gennaio 11th, 2014 Riccardo Fucile

IL FOTOGRAFO, CANDIDATO ALLE REGIONALI CON L’INDIPENDENTE MURGIA, PUNTA IL DITO CONTRO IL LEADER DEL MOVIMENTO CINQUESTELLE: “DOVEVA VENIRE QUI A ISOLARE CHI SI E’ VENDUTO”

Con il suo zoom è riuscito a superare le mura di Villa Certosa e a immortalare le vacanze osè dell’ex ministro ceco Mirek Topolanek a casa Berlusconi.
Tanta gloria, e tanti guai. Ma adesso la missione di Antonello Zappadu sembra ancora più complicata: diventare consigliere regionale in Sardegna.
Ci ha provato con Beppe Grillo, ma alla fine il Movimento cinque stelle non si presenterà  nell’Isola.
E lui ritenta con la lista di Michela Murgia, nonostante continui a dichiararsi “5 Stelle in tutto e per tutto”.
Zappadu, che è successo?
È difficile spiegarlo, quella che si era creata all’interno del Movimento era una situazione fortemente imbarazzante.
La faida tra meetup, la pace impossibile e alla fine la decisione di Grillo di non concedere il simbolo a nessuno.
C’erano due possibilità : o affidarsi alla rete o dare l’incarico al nostro Alessandro Polese, fargli scrivere il programma e scegliere poi tra le persone che più si impegnavano.
Ma i vostri “nemici” di Olbia di candidato ne avevano un altro…
Ci siamo confrontati a lungo, qualche volta con la dialettica, qualche altra con gli insulti, non lo nego. Ma poi abbiamo scoperto che c’erano addirittura altri due gruppi clandestini.
Clandestini?
I senatori Cotti e Serra si erano fatti il loro orticello, noi non ne sapevamo nulla.
Grillo ha bruciato anche loro.
Ha bruciato tutto. Quello che gli rimprovero è di non essere venuto qui, di non aver mandato nessuno a darci una mano.
A fare cosa?
Isolare gli infiltrati: neofascisti, massoni. Grillo sapeva benissimo cosa stava succedendo, dai primi di ottobre… sapeva che c’era gente che era arrivata per rovinare il Movimento, doveva venire qui a fare il carabiniere invece li ha lasciati fare.
Perchè secondo lei?
È stata una leggerezza. Ma si rende conto di cosa significano i 276mila voti che M5S ha preso alle ultime elezioni? Non dico solo in termini politici ma anche economici….c’è gente che si è venduta per rovinare il Movimento, pensano che quei voti adesso siano a disposizione degli altri partiti, del Pdl…ma si sbagliano: andranno tutti agli indipendentisti e alla Murgia!
Vista da qui, sembra un po’ complottista come tesi.
Macchè, io la sensazione l’ho avuta da quando ero in Sudamerica: seguivo il meetup e vedevo cose strane. Poi sono tornato in Sardegna e ho avuto la conferma: era tutto segreto, anche noi avevamo il terrore delle infiltrazioni, arrivavano decine e decine di iscrizioni al blog dagli stessi indirizzi Ip, tutti dal Nord Sardegna. E poi minacce, microspie…un mio conoscente si è dato fuoco alla macchina perchè non riusciva a trovarle.
Ora le daranno dello Scilipoti.
Mi aspetto una censura dallo staff, ma quel che è fatto è fatto. Pensavo di ricevere una razione di insulti giornaliera, invece finora ho avuto grande solidarietà . Spero di non fare brutta figura. Alla Murgia l’ho detto: ti rimarrò fedele, ma ricordati che sono un grillino.
E lei?
Mi ha detto: non c’è problema, mi siete anche simpatici.

Paola Zanca
(da “il Fatto Quotidiano“)

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