Dicembre 31st, 2020 Riccardo Fucile
“SENZA L’EUROPA, L’ITALIA AVREBBE DOVUTO COMPETERE CON COMPRATORI PIU’ GRANDI E PIU’ FORTI DI NOI”
Un messaggio a Salvini, quello che ha esultato per la Brexit del Regno Unito e uno per la Meloni che
ancora l’altro ieri ha spiegato la sua teoria per abolire – di fatto – l’Unione europea per tornare al nazionalismo di Stato sovrani che, al massimo, possono collaborare ma senza un’idea condivisa di Europa.
“Oggi è solo grazie all’Europa che disponiamo di un vaccino contro il Covid che sarà possibile mettere a disposizione nei prossimi mesi gratis per tutti gli Italiani e che costituisce l’unica risposta possibile a questa devastante pandemia. Senza l’Europa l’Italia avrebbe dovuto cercare da sola il vaccino presso aziende straniere, in competizione con compratori più grandi e più forti di noi, in grado di spuntare rispetto a noi priorità nelle forniture e prezzi migliori”.
Lo ha detto Silvio Berlusconi in una video conferenza con i sindaci Fi.
(da agenzie)
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Dicembre 9th, 2020 Riccardo Fucile
“ERO ASSENTE GIUSTIFICATA”… MA C’E’ CHI SI CHIEDE: “ATTO DI DISOBBEDIENZA O MESSAGGIO DEL CAVALIERE?”
“Berlusconi, come sempre, ne sa una più del diavolo”. Sorride divertito l’onorevole del Pd scorrendo i tabulati della Camera che, a metà pomeriggio, restituiscono i nomi dei deputati di centrodestra che hanno deciso di non partecipare al voto sul via libera al Mes inserito nella risoluzione di maggioranza.
Nell’elenco dei 16 azzurri che, disobbedendo agli ordini del Cavaliere, hanno preferito disertare l’Aula anzichè unirsi a Lega e FdI nella bocciatura del documento giallorosso c’è pure lei: la fidanzata del Capo. Marta Fascina, con l’accento sulla “i” se non volete farla arrabbiare: la giovane e affascinante parlamentare che da almeno nove mesi ha preso il posto di Francesca Pascale nel cuore dell’ex premier.
Distratti dall’ammutinamento annunciato di Brunetta e Polverini, nessuno poteva immaginare che la prima amazzone del berlusconismo militante non si presentasse a Montecitorio per dare esecuzione agli ordini del “suo” presidente.
Una scoperta che lascia basiti in tanti, fra gli scranni del palazzo diradati dal distanziamento sociale. Basta infatti che sui tabulati compaia quel nome, Fascina, per scatenare una ridda di ipotesi e illazioni fra chi pensa a una rottura della coppia (“Magari si sono lasciati”) e chi invece a un fantomatico messaggio che il Cavaliere voleva forse spedire agli alleati, innanzitutto, e poi anche ai possibili compagni di viaggio, semmai il governo dovesse cadere.
Boatos talmente insistenti da obbligare il gruppo forzista a diramare a stretto giro una nota stampa per precisare che “oltre a Brunetta Polverini, non ci sono altri deputati di Forza Italia a non aver partecipato al voto per ragioni politiche. Le altre assenze registrate questa mattina erano preannunciate e giustificate per motivi di salute o personali”.
Nessun retroscena, nè retropensiero, dunque. Se la bella Marta non era in Parlamento non dipende certo dalla fine di un amore nè dalla dissimulazione di Berlusconi: costretto a dire no alla maggioranza per far contenti Salvini e Meloni, ma in realtà più propenso a seguire le colombe trainate da Gianni Letta sulla strada giallorossa.
No. Niente di tutto questo. “Sono mesi che Fascina non partecipa ai lavori d’aula”, conferma un collega per fugare ogni dubbio, “ormai non fa un passo senza il Cavaliere, lo segue come un’ombra”. E siccome Berlusconi dovrebbe essere ancora nella villa di Marina a Valbonne, è probabile che sia lì anche lei.
Ma il tam tam alla Camera è impazzito e non si ferma. Deve uscire Fascina in persona per cercare di arginare il mare di voci e congetture. E già questa è una notizia, visto quanto poco ami dichiarare. “La mia assenza non è in alcun modo assimilabile a un dissenso dalla linea politica del presidente Berlusconi e di Forza Italia”, puntualizza secca. “La mia indisponibilità a partecipare al voto di oggi era nota e comunicata con anticipo al gruppo”. Giallo risolto. Almeno fino al prossimo gossip. Sentimentale e politico.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 1st, 2020 Riccardo Fucile
OVVIAMENTE DOPO AVER INCASSATO LA NORMA SALVA-MEDIASET
Per gli amanti dell’arte della simulazione e della dissimulazione o, più prosaicamente, del gioco del “gatto col
topo”, si consiglia la lettura della dichiarazione con cui Silvio Berlusconi, dopo la sua settimana “filo-governativa” torna all’opposizione, nel giorno più bello: “Il 9 dicembre non sosterremo in Parlamento la riforma del Mes”.
E così la maggioranza (e il governo) balla perchè, come noto, c’è un gruppo di irriducibili tra i Cinque stelle ideologicamente contraria a tutto ciò che si chiama Mes.
Il premier dirà , come anticipato dal suo ministro dell’Economia, che un conto è il voto sulla riforma del Mes un conto è l’utilizzo della linea di credito sulla sanità e che su quella si vedrà , si rinvierà , come fatto finora, perchè non è detto che serva, visto che sono in arrivo una valanga di soldi del Recovery, insomma ciò che abbiamo sentito per otto mesi. E, per evitare l’incidente parlamentare, avrà bisogno di qualche “responsabile”, qualche disponibile, della signora Mastella, di qualche senatore che, nel momento topico ha un bisogno impellente (le toilette sono sempre state affollate nelle votazioni a rischio), di qualcuno in preda a una crisi di coscienza che scopre il bene del paese, “soffre” e poi “si offre”.
Non più di sette otto persone per uscire indenne da una votazione complicata che rende evidente ciò che è fin troppo banale. E cioè che i nodi politici, se non li sciogli, si complicano fino a rappresentare un pericolo.
Prima ancora però del pallottoliere, c’è però la mossa del buon vecchio Cavaliere con annesso stupore di chi, dopo 25 anni dello stesso schema, ancora si fa sorprendere (il che peraltro ne spiega la longevità politica).
A leggere le dichiarazioni di giornata, si potrebbe arrivare subito a una facile spiegazione. Salvini minaccia la fine dell’alleanza in caso di voto favorevole di qualcuno sul Mes, anche con un certo vigore, paventando così la prima ritorsione dopo il voto subito la scorsa settimana sul decreto Covid e Berlusconi stavolta si piega, secondo la nota legge di gravità secondo cui il 6 per cento (il consenso di Forza Italia) non attrae il 40 (il consenso di Salvini e Meloni), ma semmai accade il contrario.
Chi conosce l’uomo però sa anche che si piega solo quando vuole piegarsi, altrimenti non ci sono santi che tengano (come accaduto la scorsa settimana), anzi nella dinamica si potrebbe anche leggere una reciproca sfida, col leader della Lega che cerca una rottura a freddo e l’altro che non gliela serve su un piatto d’argento.
A pensar male si fa peccato, ma certe volte ci si indovina.
Sarà un caso ma rispetto alla scorsa settimana in cui sembrava che Forza Italia stesse in maggioranza (ricordate lo Chapeau al Cavaliere responsabile?) non è cambiato nulla, politicamente parlando, ma nel frattempo è stata approvata da Parlamento in via definitiva la “salva-Mediaset”, che gli consente di trattare con Vivendì da una posizione di forza grazie a una norma ad hoc.
E se, mentre era in discussione alle Camere, ha indossato i panni della collaborazione, adesso è più libero di giocare sulle contraddizioni del governo e di ricomporre l’unità del centrodestra alla vigilia delle elezioni.
Sono solo 25 anni che fa così, concavo e convesso, moderato o estremista, a seconda della convenienza del momento.
Ha incassato, ha aspettato l’Eurogruppo, poi, motivando la decisione anche con dei contenuti ragionevoli, ha detto votatevela da soli.
E il bello che ci sarà pure da ringraziarlo se autorizzerà qualcuno ad andare in bagno al momento del voto.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 27th, 2020 Riccardo Fucile
UN BLITZ LAST MINUTE E I DUE SOVRANISTI A CHIEDERSI: “E ADESSO CHE FACCIAMO?”
I più sorpresi sono stati Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Che si sono fatti fregare un’altra volta da Silvio
Berlusconi. Il quale, sullo scostamento di bilancio di 8 miliardi votato dal Parlamento, ha sparigliato le carte, come altre volte in passato.
“Forza Italia voterà lo scostamento, se gli alleati faranno diversamente, se ne assumeranno la responsabilità ”, ha detto il leader forzista giovedì mattina intervenendo alla riunione del gruppo, via zoom dalla Francia.
Insomma, cavoli loro. Facendo esultare la parte “governista” del suo partito e lasciando di stucco i filo-leghisti, che in Senato possono contare su numeri importanti. La vigilia di mercoledì, infatti, aveva avuto il suo clou con un vertice tra Salvini, Meloni e Berlusconi dove, dopo lunghe trattative, si era giunti a tenere una posizione unitaria, senza però dire come si sarebbe votato. “Ci asterremo”, facevano però filtrare i leghisti. Insomma, l’input è che il centrodestra debba restare unito.
Peccato, però, che l’ex cavaliere non fosse per niente convinto sull’astensione e per tutto il vertice si era lungamente prodigato per portare gli alleati sul sì.
Anche perchè da giorni era in corso un’interlocuzione dei forzisti con Palazzo Chigi per vedere accettate alcune loro proposte. Renata Polverini, Renato Brunetta e Mariastella Gelmini, con la supervisione di Gianni Letta, hanno avuto diverse interlocuzioni con il ministro Roberto Gualtieri e con i capigruppo della maggioranza a Montecitorio.
E quando dall’Economia è arrivato il via libera alle loro proposte su autonomi, partite Iva e moratoria fiscale, a quel punto non c’era più motivo di opporsi. Di fronte alla chiusura di Lega e Fdi, l’ex premier si è di nuovo consultato coi suoi nella tarda serata di mercoledì e, verso mezzanotte, è arrivata la decisione di votare sì. “Altrimenti che figura ci facciamo con il governo?”, si è chiesto lo stesso ex cavaliere.
Una manovra repentina, perchè la decisione per il voto a favore è stata comunicata ai parlamentari giovedì mattina presto, così da non dar tempo ai contrari di organizzarsi. Qualche senatrice è stata vista sbiancare.
Nel frattempo, però, lo stesso Berlusconi faceva arrivare al governo una richiesta: dite sì anche a un paio di proposte di Lega e Fdi, altrimenti mi mettete in difficoltà con gli alleati.
Detto fatto, in mattinata da via XX Settembre arriva il via libera alla rottamazione ter (richiesta leghista) e alla continuità d’impresa (richiesta meloniana).
A quel punto, di fronte alla forzatura di Berlusconi e al sì dell’esecutivo ad alcune loro proposte, Salvini e Meloni si sono trovati con le spalle al muro.
Ancora però prendevano tempo e fino all’ultimo hanno provato a far saltare il banco, salvo poi desistere. “Se accettano alcune nostre idee, potremmo valutare la possibilità di un voto a favore”, dicevano insieme prima di conferenza stampa convocata a Palazzo Madama per mezzogiorno, insieme ad Antonio Tajani.
In realtà , presi in contropiede dallo spariglio berlusconiano, stavano ancora litigando sul da farsi. “Che facciamo adesso?”, si sono chiesti a vicenda.
Mentre nell’Aula del Senato i due partiti facevano dichiarazioni di voto “interlocutorie”, senza quasi esplicitare le loro intenzioni, lasciando interdetta la stessa presidente Casellati.
Alla fine, però, Salvini e Meloni si sono accodati alla decisione del Cavaliere. Con il leader leghista che si lasciava andare a uno sfogo: “La prossima volta le interlocuzioni devono essere con i leader non con mediatori che vogliono far saltare il centrodestra”. Come a dire: mi hanno tagliato fuori.
“Berlusconi si è assunto l’onere di una scelta da vero leader. Avevamo una responsabilità di fronte agli italiani”, se ne usciva intanto trionfante Renata Polverini.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 26th, 2020 Riccardo Fucile
MELONI VEDE IL BICCHIERE MEZZO PIENO, IL LEGHISTA INGOIA IL ROSPO…E LA RUSSA ACCUSA BRUNETTA
Alla fine, sono le facce a raccontare tutto. Quella di Matteo Salvini che, nervoso e frettoloso, batte sul tasto dell’“unità del centrodestra” per parlare del futuro anzichè del presente, per rilanciare le sue prossime battaglie: il tavolo con la maggioranza su scuola e fisco, e la lotta alle modifiche dei Decreti Sicurezza, dove “sono sicuro che porteremo la nostra compattezza, con FdI e Fi faremo muro”.
Quella di Giorgia Meloni, la più disinvolta nell’argomentare che il sì allo scostamento è una vittoria non di Silvio Berlusconi bensì dell’intero centrodestra che ha convinto il governo a dire come spenderanno i soldi, e “stavolta non abbiamo votato a scatola chiusa”.
Quella di Antonio Tajani, un po’ imbarazzata, mentre argomenta che quando Berlusconi al mattino in collegamento con il suo gruppo parlamentare ha annunciato il voto favorevole “evidentemente si era sentito con Matteo e Giorgia…”. E ribadisce che “collaborazione istituzionale non significa sostegno al governo”.
La conferenza stampa dei leader del centrodestra al Senato comincia con quasi un’ora di ritardo, mentre intorno tutto si è già consumato.
A Montecitorio, lo scostamento è appena passato con 552 sì, compresi quelli di tutto il centrodestra.
Nonostante il contemporaneo parere negativo del governo sulla risoluzione di Fi, Lega e FdI. Non avrebbe potuto andare diversamente, perchè l’asticella fissata da Salvini e Meloni, rispetto a quella degli azzurri, era troppo alta e irricevibile, come il Tesoro aveva già messo in chiaro e come era già emerso durante la riunione degli sherpa economici dei tre partiti.
Ma è uno “sgarbo”, se non altro di forma, che irrita molto la destra: “Potevano trovare un modo per recepire qualcosa, magari andare al voto per parti separate”.
Nei meloniani l’impressione che i giallorossi “si siano scelti l’interlocutore” per spaccarli è forte. E che ci riproveranno. La partita, insomma, si sposta sulla legge di bilancio, sulle misure vere e proprie e sui capitoli di spesa importanti. Dove Meloni ha avvisato: “Vigileremo, non ci faremo turlupinare”.
L’accelerazione di Berlusconi
La mossa in avanti di Berlusconi, maturata ieri quasi a mezzanotte — grazie all’apertura sul sostegno agli autonomi “non garantiti” e sul rinvio delle scadenze fiscali del ministro Gualtieri e al pressing inesausto dei “dialoganti” guidati da Gianni Letta e Renato Brunetta – mette in subbuglio gli alleati e agita Forza Italia, sempre più spaccata tra “governisti” e “sovranisti”.
Fatto sta che stamattina, prima delle nove, l’ex premier ha telefonato in diretta al suo gruppo riunito a Montecitorio, dove la seduta stava per cominciare: “Forza Italia vota a favore — ha detto con decisione — Gli altri decideranno cosa fare, ma auspico che ci seguiranno e che il centrodestra sarà unito”.
Un’accelerazione rispetto allo status quo della sera precedente, quando prevaleva l’idea di aspettare la risposta del governo. Certo, il voto contrario era già escluso, ma si pattinava tra astensione e sì, con l’obiettivo anche tattico di tenere la maggioranza sulla corda.
E invece l’ex premier ha colto di sorpresa il suo stesso partito, dove il gruppo guidato da Mariastella Gelmini era propenso al voto favorevole, mentre al Senato la preoccupazione di spaccare la coalizione è avvertita in modo netto.
Spiazzati anche i gruppi leghisti e meloniani, che dopo avere inviato la mozione comune alla maggioranza attendevano che fosse questa a battere un colpo.
Lo spaesamento in aula
I tempi sono strettissimi. Poco dopo, alle dieci, comincia la seduta, in un clima surreale in cui i deputati non sanno bene come andrà a finire. Il vicecapogruppo di FdI Tommaso Foti fa un discorso da opposizione dura: “Il nostro giudizio è negativo, il divide et impera non vi porterà da nessuna parte”.
Sottolinea: “valutiamo quale apertura di credito dare alla maggioranza per fare uscire l’Italia dalle secche. Il nostro voto non è ispirato a secondi fini, la stella polare di FdI è il Paese”. Praticamente una dichiarazione implicita di voto favorevole, senza però legarsi le mani.
Quando tocca a Renato Brunetta, il responsabile economico azzurro è raggiante: “Si sta aprendo una fase nuova di ascolto e condivisione sul fisco, sulle partite Iva, sul reddito di ripartenza, sul grande senso di responsabilità di Berlusconi”.
E’ grazie a lui, in sostanza, che il governo si appresta a ridurre “la tragica frattura tra garantiti e non garantiti”. Certo, “sono misure costose, ma servono per tenere in piedi il Paese”.
Conclude un intervento che sembra un’arringa: “Spero in un sì unanime del centrodestra unito, altrimenti si direbbe no all’ossigeno per il Paese”.
Mette le mani avanti, poichè già si parla di un prossimo scostamento a gennaio: “Noi ci saremo sempre per votare risorse. Da noi verrà un sì alla coesione come chiede il presidente della Repubblica Mattarella”.
E pazienza se il suo discorso, e il suo ruolo di “tessitore del dialogo” non sono graditi a tutti nelle file alleate: La Russa lo accusa apertamente di “intralciare l’unità del centrodestra” con un sì annunciato prematuramente, e chissà a chi si riferisce Salvini quando evoca “quinte colonne”.
A quel punto, il boccino è in mano alla Lega. Ha il ruolo più ingrato, sono quelli rimasti a bocca asciutta: volevano l’azzeramento dell’Iva al 4% sui beni primari, il taglio dell’aliquota al 22%, la sostituzione dell’Irap con l’Ires per le imprese, persino misure sulle pensioni come lo stop al blocco delle rivalutazioni automatiche.
Provvedimenti troppo costosi per il governo, ma i leghisti masticano amaro: “Gualtieri ha 100 miliardi e se li spende in solitaria — mugugnano — A noi resta una mancia”.
In aula prende la parola Massimo Garavaglia: “Se tra un mese fate un nuovo scostamento sarebbe un falso in bilancio”. Oggi però “la Lega c’è, ma chiede al governo rispetto e trasparenza sui dati”.
Fine dei giochi. E della suspense. Le letture si accavallano, ma la partita è finita.
Esultano i “governisti”. Per Gelmini è “uno scatto in avanti”, per Osvaldo Napoli “cambiano le prospettive tra maggioranza e opposizione, ma niente federazione”, per Debora Bergamini Fi è “determinante”.
Berlusconi — a modo suo — ha rispettato i paletti: la posizione del centrodestra è unitaria. Ha portato il centrodestra sulle sue posizioni (come rileva con una certa malizia Franceschini), ne ha mantenuto l’unità (grazie anche, per l’ennesima volta, alla prontezza e alle doti di mediazione della Meloni), ha “ascoltato” gli appelli del Quirinale.
E’ una vittoria politica che sposta il baricentro dell’opposizione sulla “collaborazione istituzionale”. Se durerà , e a che prezzo, lo si vedrà presto.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 26th, 2020 Riccardo Fucile
IL PLAUSO DI ZINGARETTI E IL RINGRAZIAMENTO DEL PREMIER CONTE
“Una scelta di responsabilità di Berlusconi che ha politicamente costretto le altre forze di
centrodestra a cambiare linea e ad adeguarsi. Chapeau”.
Il ministro della Cultura, Dario Franceschini, ringrazio così il Cavaliere dopo il voto sullo scostamento di bilancio alla Camera.
In un clima, improvvisamente mutato, di unità nazionale, 552 deputati hanno votato sì alla misura. Tra questi, il centrodestra unito.
A Franceschini risponde piccata Giorgia Meloni: “Franceschini dice chapeau a Berlusconi? Lo dica a tutto il centrodestra”.
Ma è evidente che Salvini e Meloni hanno dovuto votare Sì per non restare spiazzati dalla abile mossa di Silvio che in ogni caso avrebbe espresso un voto favorevole.
Il plauso dopo la votazione arriva anche da Nicola Zingaretti: “L’Italia che si unisce sulle cose da fare in questa drammatica emergenza è una buona notizia. Abbiamo combattuto per questo obiettivo ora raggiunto. Adesso sconfiggiamo il Covid: ridiamo fiducia e speranza alle persone”.
Soddisfatto il premier Conte: “La votazione alla Camera sulla risoluzione di maggioranza relativa allo scostamento di bilancio è un ottimo segnale in questo momento di particolare difficoltà che sta attraversando il Paese. Tra le forze di opposizione prevale la via del dialogo e di un approccio costruttivo e per questo ringrazio, in particolare, quanti l’hanno voluta perseguire sin dall’inizio, con determinazione ma sempre nella chiarezza dei ruoli”.
Così, in una nota, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, a stretto giro dal voto dell’Aula di Montecitorio.
E ancora: “Il voto che si è appena concluso – prosegue il premier – è anche il segno che le linee di intervento programmate dal Governo, che contemplano misure di sostegno a favore di imprese e famiglie, con particolare attenzione anche agli autonomi e alle partite Iva, sono indirizzi che godono di ampio apprezzamento da parte di tutte le forze politiche, in quanto ritenute, evidentemente, rispondenti ai bisogni più urgenti della comunità nazionale”.
“Auspico che questo clima di confronto e di dialogo possa accompagnare anche i prossimi, delicati passaggi che dovremo affrontare per uscire da questo periodo di emergenza”, conclude Conte.
Il capogruppo dem in Senato, Andrea Marcucci, grida al miracolo: ”’Lo segnalo come un fatto positivo, una sorta di ‘miracolo’, visto il livello di interlocuzioni avute finora. Le opposizioni, grazie alla spinta di Berlusconi, hanno votato sì Alla Camera, e voteranno sì al Senato, allo scostamento di bilancio. 8 miliardi in più per le imprese in difficoltà . Ripartiamo da qui”.
(da agenzie)
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Novembre 26th, 2020 Riccardo Fucile
LEGA E FDI CONTINUAVANO A GIOCARE AL RIALZO, ORA SI VEDE SE HANNO CUORE GLI INTERESSI DELL’ITALIA O PENSANO SOLO A SPECULARE
Forza Italia vota lo scostamento perchè il governo ha accolto tutte le proposte del centrodestra. Il
via libera da parte di Forza Italia è stato comunicato dallo stesso Silvio Berlusconi durante un collegamento questa mattina con i deputati di FI per fare il punto sulla manovra.
Resta ancora incerta la conferma del sì anche da parte di Lega e Fratelli d’Italia. Il leader azzurro, però, si aspetta che lo stesso faccia tutto il centrodestra.
In caso contrario, avrebbe aggiunto, facciano come vogliono.
Avrebbe assicurato il sì allo scostamento perchè, secondo lui, il governo ha tenuto conto delle proposte del centrodestra e, in particolare, perchè sarebbero state accolte due proposte di Forza Italia, ovvero più risorse per 2 milioni di autonomi e professionisti e il cosiddetto semestre bianco.
Il governo Conte è così di nuovo alla prova del pallottoliere. Ma se la coalizione giallorossa si appresta con ottimismo al voto sullo scostamento di bilancio, il Mes rappresenta un salto nel vuoto perchè sulla riforma del fondo salva-Stati la maggioranza rimane spaccata.
Intanto, è iniziata la seduta dell’Aula della Camera che deve esaminare e votare la relazione del governo con cui l’esecutivo chiede un nuovo scostamento di bilancio di 8 miliardi. Dopo l’illustrazione del governo e il dibattito, l’Aula è chiamata a votare sulle risoluzioni: per l’approvazione serve la maggioranza assoluta, quindi almeno 316 voti favorevoli. Oltre alla maggioranza, ora è arrivata la conferma che anche Forza Italia vota a favore: il Cav ha giocato così d’anticipo annunciando il sì allo scostamento e augurandosi che gli alleati, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, lo seguano.
“Abbiamo già mandato un documento al governo con le nostre proposte sullo scostamento. Vediamo come va stavolta, sulla base della risposta che dovrebbe arrivare in queste ore”, ha spiegato la leader di Fratelli d’Italia a Rtl. Salvini, ospite di Omnibus, ha commentato: “Non sappiamo ancora cosa vuole fare la maggioranza. Spero che arrivi una risposta, noi la buona volontà ce la mettiamo tutta”.
Anche la componente del gruppo Misto Centro democratico della Camera vota a favore, come annunciato in Aula da Bruno Tabacci, e anche le Minoranze linguistiche, ha confermato Emanuela Rossini. Si astiene invece il gruppo di +Europa-Azione, fa sapere in Aula alla Camera Nunzio Angiola.
“Siamo fiduciosi che in questo momento certamente difficile, ma anche pieno di opportunità , seppur nel rispetto delle altrui opinioni e visioni del Paese, ciascun parlamentare e forza politica non farà mancare il proprio prezioso contributo”, ha detto in Aula il deputato del Partito democratico Pietro Navarra, relatore del testo sullo scostamento di Bilancio in esame alla Camera.
“Con queste operazioni il deficit si avvicina all’11% e il debito supererà il 160% ed è evidente che dobbiamo preoccuparci del rientro su cui va fatto un discorso di verità : non è disinvoltura ma non si danno casi nella storia di Stati con un debito così elevato che rientrano senza ristrutturazioni. Allora prendiamo seriamente le proposte che arrivano- ha detto in Aula alla Camera Stefano Fassina (LeU) annunciando il sì di Leu allo scostamento di bilancio – È necessario che i debiti di questi mesi acquistati dalle banche centrali siano conservati dalle banche nazionali, e vanno rinnovati a tempo indeterminato. È una operazione che consente di far respirare l’economia reale. Chi pensa di rientrare attraverso avanzi di bilancio consegna il Paese a uno scenario da incubo”.
(da agenzie)
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Novembre 23rd, 2020 Riccardo Fucile
MANO TESA DI BERLUSCONI CHE APRE UNA FASE NUOVA PER IL SUO PARTITO
È la settimana della mano tesa, se non dell’abbraccio: mercoledì va in aula lo scostamento di
bilancio e Forza Italia apre la sua nuova fase, dopo aver annunciato la disponibilità a votare la legge assieme alla coalizione giallorossa.
Passaggio importante, che potrebbe addirittura costituire lo snodo della legislatura. Da parte di Silvio Berlusconi, come dei leader della maggioranza che sostiene Conte (e del premier medesimo), è stato chiarito che questo passaggio non costituisce un allargamento del perimetro di governo. Ma tale fatto, che certamente non è un dettaglio, nulla toglie a quella che, per gli azzurri, è a tutti gli effetti una scelta di campo.
In primo luogo, il sostegno annunciato potrebbe rivelarsi decisivo: per approvare lo scostamento di bilancio, infatti, serve la maggioranza dei voti in Senato. Significa 161 sì, senza sconti. Pd e M5S fanno sapere di essere autosufficienti, ma basterà qualche forfait, o una presenza accentuata di positivi al virus o quarantenati, per far traballare Conte. I consensi di Fi, insomma, rischiano di pesare oltremodo. E la circostanza non potrà che dare un significato ancora maggiore all’appoggio preannunciato dal Cavaliere.
Poi, al di là del dato numerico, ci sono le circostanze in cui è nato questo patto per l’emergenza a delinearne meglio i contorni: l’accoglimento, netto, da parte di Berlusconi dell’appello alla collaborazione del Capo dello Stato, è stato visto con diffidenza se non con fastidio dal resto dell’opposizione, che nelle stesse ore in cui ciò accadeva, apriva una campagna acquisti nei confronti di Fi e prendeva le distanze dalla norma salva-Mediaset.
Non è solo una questione di toni – quelli dell’ex premier sono da sempre molto più dialoganti rispetto a quelli di Salvini e Meloni – ma si è aperta una vera e propria frattura dentro la minoranza in Parlamento, con Berlusconi che sembra volgere le spalle alle posizioni sovraniste.
Ed è una scelta, dentro Fi, finora avversata dai leader parlamentari ma vista con favore da molti deputati e senatori soprattutto del centrosud, fra cui alcuni nomi noti nel partito forzista. Non ultimo l’ex presidente del Senato Renato Schifani, da poco nominato consigliere politico di Berlusconi.
In settimana, peraltro, vanno all’esame del Parlamento altri provvedimenti significativi: c’è l’avvio dell’iter della manovra e c’è il decreto immigrazione, che archivia i decreti Salvini e approda nell’aula di Montecitorio venerdì. Altri, fondamentali, banchi di prova per la nuova, “responsabile”, Forza Italia.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 20th, 2020 Riccardo Fucile
SALVINI PROVA A MANDARE SEGNALI DI DISTENSIONE, MA BERLUSCONI GIOCA SU DUE TAVOLI
Il day after del giovedì più nero della storia recente del centrodestra è di distensione. Dopo i tre sgarbi
del giorno precedente, Matteo Salvini procede a due riparazioni.
In Lombardia, riunisce il governatore Attilio Fontana con gli assessori e consiglieri regionali concludendo l’incontro con l’indicazione di non votare la sfiducia all’assessore forzista al Welfare Giulio Gallera (che il leader leghista non ha mai amato).
E soprattutto, in serata espunge il riferimento a Mediaset dalla pregiudiziale di costituzionalità firmata dal suo capogruppo Riccardo Molinari, che sarà votata martedì a Montecitorio.
La stessa scelta “in difesa dell’italianità ” già adottata da Giorgia Meloni, anche in commissione, per evitare di pestare i piedi a Silvio Berlusconi su un tema più che sensibile. Non a caso, poco prima, il salviniano e bene informato governatore del Friuli Max Fedriga aveva derubricato la lite tra i leader a “baruffa di famiglia”.
Spiega Molinari: “E’ stato tutto un grande equivoco. Abbiamo voluto soltanto fare ostruzionismo per ottenere l’inversione del calendario sul decreto Sicurezza, e infatti l’abbiamo ottenuta. Adesso abbiamo tolto il riferimento a Mediaset perchè era stato frainteso, ma l’intenzione della Lega era rallentare l’intero decreto Covid e non mettere in discussione quella norma in particolare”.
La mossa pacificatrice di Salvini arriva alla fine di una lunga giornata di interlocuzioni e approfondimenti trasversali per capire quali saranno i contenuti della manovra, e quante delle priorità azzurre abbiano la possibilità reale di venire accolte.
Mentre il Cavaliere, al telefono con i suoi, prepara la strategia in vista dei prossimi appuntamenti. E gioca da par suo l’ennesima partita a scacchi, da un lato inviando le “colombe” a vedere le carte dei giallorossi sulla sessione di bilancio e dall’altro confermando un vertice di coalizione sulle comunali, la settimana prossima, a cui medita di partecipare (in streaming) personalmente.
Ma la vera cartina tornasole dello stato dei rapporti nel centrodestra sarà il voto sullo scostamento di bilancio, mercoledì prossimo al Senato.
Il pressing del Pd, e del governo, per convincere (almeno) Forza Italia a votarlo è fortissimo. Nella maggioranza è ormai chiaro che tavoli di consultazione permanente, super-capigruppo e bicamerali varie sono tramontate.
Di cambiare il perimetro dell’asse di sostegno al governo, a sinistra come a destra, si parla soltanto per smentirlo.
E dunque, l’unica forma realistica di “collaborazione” resta la Finanziaria in Parlamento. La partita è in mano al segretario Nicola Zingaretti, al suo vice Andrea Orlando e al capogruppo alla Camera Graziano Delrio. Quest’ultimo stamattina ha parlato alla “Stampa”: “Un mese di ritardo nel presentare la legge di Bilancio è un fatto senza precedenti, serve un’unità nazionale sostanziale, Fi si propone con responsabilità , nessun inciucio è tutto alla luce del sole”.
Orlando ha spiegato a HuffPost: “Nessun cambio di maggioranza. Una parte dell’opposizione collabora e non si sottrae a una responsabilità nazionale. Chi non vota lo scostamento ha scelto la linea del tanto peggio, tanto meglio”.
L’obiettivo Dem è chiaro quanto ambizioso: è vero che il centrodestra ha già votato due scostamenti nel recente passato, ma non si è mai divisa al suo interno.
L’ultima volta, c’è stato il “trappolone” leghista per far mancare il numero legale, con tutti e tre i partiti che non hanno votato.
Adesso, si punta sulla voglia di rivalsa di Berlusconi, appena “scippato” di tre deputati dal Carroccio per indurlo a smarcarsi. Il Cavaliere, però, è una vecchia volpe.
Intanto, Mariastella Gelmini e Renata Polverini sono andate in missione dal ministro Roberto Gualtieri, per capire se l’ipotesi di un “quadrimestre” o addirittura di un “semestre fiscale bianco” possa trovare ascolto nella maggioranza. Il viceministro Antonio Misiani sta lavorando per quantificare tutte le coperture. Perchè è chiaro che eventuali convergenze, dal punto di vista del centrodestra, vanno rese pubblicamente spendibili: “Se non accolgono nessuna delle nostre proposte, parliamo del niente” ripetono gli azzurri.
Ad esempio, proprio grazie allo scostamento di bilancio, si potrebbero “liberare” 3,8 miliardi inizialmente previsti per i “ristori” del 2021 e che potrebbero invece essere destinati a esigenze delle forze parlamentari.
E il capogruppo del Pd in commissione Bilancio Daniele Manca rilancia: “Per l’uso e la relativa destinazione dello scostamento bisogna coinvolgere il Parlamento, il confronto tra maggioranza e opposizione diventa cruciale”.
Può essere questa, sperano i giallorossi “la chiave per accendere il motore del dialogo” con Forza Italia. Il problema, però, è che buona parte dei berlusconiani giudica la dote di 3,8 miliardi “irrisoria”. E il partito è spaccato come una mela tra “governisti” e “sovranisti”. Così sta andando la storia del doppio relatore, (quasi) affossata dalla crepa tra alleati ma anche dai distinguo interni. E la prossima mossa diventa il voto sullo scostamento di bilancio. Fino a quella successiva. Ride un parlamentare: “E’ un minuetto”. Che però tutti sono costretti a ballare.
(da “Huffingtonpost”)
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