Febbraio 22nd, 2018 Riccardo Fucile
STEFANIA PROFILI E’ NELLE LISTE DI FORZA ITALIA… ERA STATA LEI AD ANNUNCIARE IL LICENZIAMENTO DEI DIPENDENTI DEL GRUPPO, SALVANDO PERO’ SUA FIGLIA
Nel gran profluvio di candidati-ex portavoce e candidati-ex ufficio stampa che queste elezioni
portano con sè, da Isabella Votino (Maroni) a Alessio Pasquini (Grasso), particolare effetto ha suscitato a Palazzo (fuori non sanno chi sia) la presenza tra i nomi che corrono per il Senato (proporzionale nel Lazio1) di una signora di nome Stefania Profili.
Da secoli segretaria particolare del mai domo Renato Brunetta, in ultimo fida scudiera nel quinquennio da capogruppo della Camera, Profili veniva riappellata il “Cerbero” da colleghi e sottoposti per via di una speciale morbidezza dimostrata nel trattare amici e nemici.
A dicembre, giusto in chiusura di legislatura, si era fatta amare per la delicatezza di aver comunicato a circa un quarto della forza lavoro del gruppo azzurro, cioè sette persone su oltre trenta, che i loro contratti brevi, brevissimi (uno, due, sei mesi) non sarebbero stati rinnovati. Il tutto alla vigilia di Natale, peggio di una novella di Dickens.
Ovvio che, tra i messi alla porta, non ci fosse la figlia di Profili, che lavora al gruppo dove si occupa dei social, così come un’altra che è parente acquisita di Brunetta in persona (è cugina della moglie).
Si è detto sul momento che mancavano i soldi per pagare tutti, faccenda curiosa visto
il numero di deputati, ma abbastanza inverificabile (il rendiconto di Fi alla Camera
è custodito molto, molto bene). Nel frattempo, comunque, Profili è stata promossa candidata, diversamente dall’omologa al Senato, braccio ombra di Romani, che si dice abbia rifiutato per timor di fare (che esagerazione) la figura della raccomandata.
(da “L’Espresso”)
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Gennaio 10th, 2018 Riccardo Fucile
“NE HO PRESE DIECI E LE HO ETICHETTATE UNA A UNA”… I GIORNALISTI: “MA LO SA CHE COSI’ HA PAGATO DIECI VOLTE?”… “COME, NON FUNZIONA COSI’? ALLORA MI HANNO FREGATO”
Al tanto discusso tema dei sacchetti biodegradabili Forza Italia vuole tentare di trovare una soluzione con la sponda di “Fare Ambiente“: il partito di Berlusconi chiede al governo di stralciare l’obbligo, e di virare sulla carta, materiale riciclabile.
“Sono stato al supermercato e ho prezzato dieci banane una ad una”, racconta Renato Brunetta in conferenza stampa.
Convinto di aver aggirato l’insidia del sacchetto bio, quasi non ci crede quando i giornalisti presenti gli fanno notare che ha pagato lo stesso.
Anzi, a dirla tutta, con 10 etichette del prezzo di sacchetti è probabile che ne abbia pagati 10.
“Mi hanno fregato lo stesso? Almeno mi sono divertito”, ribatte l’inaffondabile Brunetta.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 24th, 2016 Riccardo Fucile
LA STORIA DELL’ACCOUNT SU TWITTER QUERELATO PER DIFFAMAZIONE DA LOTTI… CADONO LE ACCUSE SULLO SPECTRE, RESTA LA QUERELA
Si chiama Tommasa Giovannoni Ottaviani, è conosciuta sui giornali come Titti, la moglie di Renato Brunetta (si sono sposati nel luglio 2011) e ha rilasciato un’intervista a Libero rivelando di essere la proprietaria dell’account intestato a Beatrice Di Maio, accusato di attaccare il governo all’interno di un Sistema controllato da Oscuri Poteri.
La storia dell’indagine sugli account della Rete («la procura deve indagare anche su questo») si è rivelata “esagerata”, visto che agli atti dei PM di Firenze c’era una semplice denuncia per diffamazione.
Ma Franco Bechis, che sul blog di Grillo aveva difeso Beatrice Di Maio definendola «una brunetta di 25 anni» (cosa che ha spinto la donna a confessare, visto che ha visto in quell’accenno non un’informazione errata data al giornalista di Libero, ma un riferimento al marito), ha raccolto le sue confessioni in forma di intervista mentre lei ha sospeso l’account:
L’ha fatto dopo che le ho mandato un messaggio privato su twitter, al termine di una lunga ricostruzione, di decine di testimonianze raccolte e ovviamente della soffiata giusta ricevuta. «Cara Bea (non so se il tuo vero nome è questo, o Tommasa o altro…). Mi piacerebbe sentirti…». L’intuizione era giusta. A quel punto ho cercato e trovato la persona che immaginavo si nascondesse dietro quel nome. Non ha 25 anni, ma essendo una bella donna non ha età . E ovviamente non gliela chiedo. Eccola.
Beatrice di Maio, quale è il suo vero nome?
«Tommasa Giovannoni Ottaviani, donna e mamma di due ragazzi. Arredatrice di interni…».
Aggiungo io, Tommasa detta Titti. E il nuovo cognome che ha: Brunetta. Titti la moglie di Renato Brunetta… (Risata)
«Sì, ma lui non c’entra con questa storia. Non ha mai saputo nulla di quello che facevo. Ho deciso da sola di entrare su twitter, di usare ovviamente un nickname…».
…Di Maio, il cognome di Luigi Di Maio che molti militanti hanno adottato da tifosi…
«A dire il vero l’avevo scelto casualmente, e quando nell’aprile 2015 ho aperto il mio account twitter, non c’erano tanti Di Maio in giro. Ho usato quel cognome perchè mi ricorda una persona cara».
Bene, adesso sappiamo che lei non era in cima a quella spectre messa in piedi da Beppe Grillo e dalla Casaleggio associati. Sono circolate evidentemente un po’ di sciocchezze. Lei è grillina?
«Ho le mie idee. Non sono una militante del Movimento 5 stelle, non conosco nessuno personalmente. Ho fatto amicizia virtuale con tanti, e altre persone che avevano idee simili. Quello che pensavo ho scritto, sempre con ironia. Molte volte si trattava di battute, di satira, con la libertà tipica della rete. Non ho giocato, ero io con il mio animo, le mie passioni politiche, il mio impegno civile e i miei rapporti di affettività . Io sono Bea e porto nel cuore questa esperienza…».
Lei la porta nel cuore, ma Lotti la porta in tribunale…
«Ho fatto una battuta sarcastica, paradossale. Se Lotti si è sentito offeso, mi dispiace e me ne scuso. Ho letto il suo appello, dott. Bechis, al presidente Matteo Renzi sulla libertà di satira, e la ringrazio. Come ringrazio Beppe Grillo per averlo condiviso sul suo blog. Grazie per la solidarietà che mi avete dato senza sapere chi fossi».
Quella che avete letto sopra è soltanto una parte della lunga intervista che potete leggere sul quotidiano in edicola.
Se la storia è vera, in primo luogo possiamo calcolare l’esatto computo di voti totali che Brunetta, con la sua presenza, porta a Forza Italia: uno, il suo.
In secondo luogo, possiamo perfettamente comprendere dove finisca la Struttura della Spectre che le era stata costruita addosso grazie all’«analisi matematica» i cui confini però l’autore non aveva mai rivelato.
Così come sarà divertente se tutta la solidarietà (#IOSTOCONBEA) espressa in questi giorni dagli account amici di Beatrice Di Maio verrà confermata dopo la scoperta dell’identità della persona che si trova dietro l’account.
Nel frattempo è curioso segnalare che nelle molte biografie on line la Titti veniva definita come portatrice di «un carattere più docile e diplomatico» rispetto a quello del marito:
Lei svolge la professione di arredatrice d’interni ed è nata a Roma nel 1963, ed ha raccontato che il primo incontro con il marito è stato in un vivaio, visto che entrambe amano molto il giardinaggio. Lei gli ha dato un passaggio, e da lì è iniziato il loro rapporto.
La coppia vive in una villa sull’Ardeatina, e nonostante la bassa statura del marito Titti è nota per indossare sempre dei tacchi vertiginosi. Lei segue con discrezione l’attività politica di Brunetta, smussandone il temperamento focoso con il suo carattere più docile e diplomatico.
È proprio vero che Internet ti rovina!
(da “NexrQuotidiano“)
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Settembre 11th, 2016 Riccardo Fucile
A VENEZIA LO CHIAMANO “SPANNA MONTATA”: NON E’ UN SOPRANNOME MA UN TRATTATO SOCIOLOGICO
Sui marciapedi veneziani di Cannaregio, nella strepitosa ironia dei Dogi, Renato Brunetta è chiamato, da sempre, «Spanna montata».
Che – se ci si pensa – non è un soprannome ma un trattato sociologico
Spanna montata. Dice tutto
Quel soprannome è stato rievocato ieri, quando il capogruppo forzista della Camera si inalberava contro Vittorio Feltri che su Libero l’ aveva imbrancato tra i «falliti» azzurri che vogliono spegnere la rivoluzione di Parisi attizzata da Berlusconi («Falliti a chi? Ma come ti permetti Vittorio», ha gridato, avvolto da un colorito carminio)
E lo stesso soprannome è stato poi richiamato quando lo stesso Brunetta ha fatto riprendere, una tantum, le pubblicazioni del Mattinale – il suo denso, freudiano, bollettino antistress – sparando contro la convention del 16-17 settembre di Stefano Parisi indicato non come la speranza d’ un partito in coma ma come un passante della democrazia.
Pare che Berlusconi si sia infuriato, facendogli richiudere il Mattinale. Ma pare che Brunetta non se ne sia accorto.
Come quando, il 2 ottobre 2013, dichiarava davanti ai cronisti, col sorriso sprezzante la «sfiducia all’ unanimità nei confronti del premier Enrico Letta» ; mentre, contemporaneamente, il suo Presidente Berlusconi quella fiducia la votava
Oppure come quando, in una progressione irresistibile, chiamava «elite di merda» la parte dell’ opposizione che non gli garbava, augurandole di «andare a morire ammazzata»; o quando sfotteva i «panzoni», gli agenti di polizia che lavorano negli uffici; o quando sfanculava un’ educata ragazza precaria («voi siete l’ Italia peggiore!»).
O anche quando definiva «fannulloni» i dipendenti del suo ministero della Funzione Pubblica; senza, peraltro, alla fine dei conti, aver mai debellato davvero il fenomeno dell’ assenteismo.
Il problema è che Brunetta, oltre a cannare i tempi di reazione, vive ormai una dimensione onirica tutta sua della politica.
Dal partito gli fanno notare che per vincere occorre la palingenesi? Renato non è Toti, o Romani, o la Santanchè: non si pone domande. No. Tira dritto, continua, indomito, la personale guerra atomica contro Renzi
Lo fa in qualsiasi momento, luogo e posizione. Dal palco di Cernobbio, dove non essendoci neanche un usciere di dentrodestra non gli par vero d’ assumersi il compito di rappresentare il resto del mondo contro il satana di Rignano; dalle pagine del divertito Foglio dove definisce Renzi «un accidenti della storia»; dal palco dei talk show dove prepara l’ ennesima chiamata alle armi contro il «Papa straniero», sempre Parisi, e l’ audience gridata lo accoglie sempre volentieri.
Brunetta ormai è l’ incasinatore di professione. Quando lo interpelli, per i primi cinque minuti ti parla di deficit e pil, sguaina dati Istat e ti spiega la deflazione e la stagnazione come un Keynes, uno Stiglitz qualsiasi.
Poi qualcosa in lui scatta. Forse è il ricordo della «Spanna montata», forse l’ idea che al suo posto ora c’ è Marianna Madia -e possiamo capirlo- fatto sta che gli parte
l’ embolo. E, smesso l’ abitino ingessato dell’ economista, Brunetta si dimena, ghigna come volesse prenderti a craniate, inveisce, si trasfigura.
Somiglia in modo impressionante al Louis De Funes nevropatico nei film anni 70.
La realtà è che dovrebbero incazzarsi gli altri. Specie i suoi elettori.
Per difendere il ruolo di bastiancontrario ad ogni costo Brunetta ha dichiarato su Radio 24 da Giovanni Minoli di rivolere l’Imu; ed è stato perfino capace di apprezzare le scelte di Monti sull’ austerity e di D’ Alema sul ritorno della vecchia guardia comunista.
Come vicecoordinatore di Forza Italia e responsabile del programma ha coordinato pochino con un programma di cui s’ ignora l’ esistenza: ora è tra quelli che covano le ceneri del partito.
Come ministro non ha lasciato traccia. Anzi, ricorda Peter Gomez del Fatto Quotidiano, «secondo un rapporto della Commissione Europea (dopo i fiammeggianti piani di ristrutturazione di Brunetta, ndr) l’ Italia è ancora agli ultimi posti per l’ accesso digitale agli uffici pubblici. I dati da lui strombazzati sulla straordinaria diminuzione dell’ assenteismo nelle pubbliche amministrazioni, si sono dimostrati quantomeno gonfiati alla luce di quelli della Ragioneria Generale».
Come candidato sindaco di Venezia – la sua città , occhio- Brunetta s’ è candidato e ha perso per ben due volte.
La seconda addirittura da Giorgio Orsoni, uno con l’ appeal dell’ orso Yoghi che potrebbe fargli da assistente.
E hai voglia a dar la colpa alla città di sinistra; oggi in Laguna regna Brugnaro, di centrodestra..
Come professore universitario, pur combattendo i privilegi pensionistici dei dirigenti pubblici (leggi Rai) , «la rendita pensionistica che è sempre superiorte ai contribuiti versati», è andato in pensione con 37 anni di contributi, di cui 10 «figurativi».
E, per non infierire non m’ infilo in altri fallimenti, come il Fomez 2, l’ ennesimo carrozzone della Funzione Pubblica. Le suddette non sono esattamente illuminazioni da statista.
L’ uomo, però continua a ritenersi un fenomeno. Sarà perchè si era sinceramente preparato per vincere il Nobel per l’ Economia – come confessò a Enrico Mentana- ; ma nel Palazzo Brunetta può essere accumunato assieme a molti altri «falliti» nel senso del progetto politico della rivoluzione liberale
Spazzata da Tangentopoli la Prima Repubblica, Renato fu un ottimo professore di Economia Politica che, dalle terze file del craxismo, s’ infilò da subito nelle liste (bloccate, naturalmente) dei boiardi berlusconiani.
Ma ora di lui si ricordano, per il vero, le intemperanze in tv – molte delle quali sacrosante- i fatti privati, la polemica e la maleducazione.
Sfuggono, nel complesso, le opere…
Francesco Specchia
(da “Libero”)
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Settembre 11th, 2016 Riccardo Fucile
ATTACCO DI LIBERO AL CAPOGRUPPO DI FORZA ITALIA
Si infiamma lo scontro tra Libero e il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta. Il
quotidiano diretto da Vittorio Feltri, sia nella sua edizione cartacea che in quella online, definisce Brunetta “un fallito” e in un lungo articolo definisce la sua storia politica “una collezione di gaffe e sconfitte”.
Un ritratto che giunge all’indomani del battibecco tra Brunetta e Feltri sulla figura di Stefano Parisi.
“Vittorio Feltri su Libero l’aveva imbrancato tra i ‘falliti’ azzurri che vogliono spegnere la rivoluzione di Parisi attizzata da Berlusconi (‘Falliti a chi? Ma come ti permetti Vittorio?’, ha gridato, avvolto da un colorito carminio)”
La replica di Brunetta era stata perentoria: ” Oggi ho letto con amarezza un editorialazzo su ‘Libero’, Vittorio Feltri che ci dava dei falliti. Falliti a chi? Ma come ti permetti, Vittorio, come ti permetti. Un’intera classe dirigente, come ti permetti”, aveva affermato intervenendo alla convention “L’Italia e l’Europa che vogliamo”, a Fiuggi.
“Evidentemente il centrodestra unito fa paura, evidentemente Berlusconi e questo centrodestra fanno paura. Fanno di tutto, i giornaloni, per dividerci. E la risposta qui da Fiuggi è chiara: siamo uniti. E l’abbraccio che ho dato a Parisi era sentito, non finto. Conosco Stefano da più di 30 anni, eravamo ragazzi quando abbiamo collaborato e lavorato fianco a fianco”, aveva aggiunto Brunetta.
Ora Libero rincara la dose e riaccende lo scontro.
(da agenzie)
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Dicembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile
ASSEMBLEA AD ALTA TENSIONE, POI IL COMPROMESSO VOLUTO DA BERLUSCONI…E “IL MATTINALE” TORNA AL LEADER
Alle tre del pomeriggio, quando si è aperta l’attesissima assemblea dei deputati, Renato Brunetta
si è presentato come un capogruppo in cerca di consensi per rimanere al suo posto: ha promesso ai suoi avversari interni più collegialità nella gestione del gruppo, ha messo a disposizione di Berlusconi la guida del «Mattinale» – organo online fin qui da lui egemonizzato personalmente -, ha assicurato che tutti avranno peso, e ascolto.
Alle quattro e mezza, quando la riunione si è interrotta per le votazioni in Aula, Brunetta era un presidente a rischio: Elio Vito infatti aveva chiesto davanti al gruppo che d’ora in poi tutto fosse «votato», ogni scelta e decisione, e soprattutto che si tornasse a votare per ogni posizione di vertice nel gruppo, a partire da quella del capogruppo per un ricambio di «metà legislatura».
Una mossa che molti già alla vigilia hanno visto – se non come «ispirata» -, almeno come tollerata da Berlusconi, che praticamente ha lasciato che i malumori e i maldipancia fossero gestiti fra i diretti interessati.
Così, visto che verso Brunetta da tempo cresce l’insofferenza di una nutrita pattuglia di deputati, è montata la suspence in attesa della ripresa della riunione di gruppo in serata.
Ma, almeno per ora, chi si aspettava i fuochi d’artificio è rimasto deluso.
Anche per quello che, raccontano, sarebbe stato alla fine il suggerimento dell’ex premier a vari deputati contattati – «Non dividiamoci, prendiamo tempo magari, ma no a spaccature drammatiche», il senso del suo invito – Brunetta resta al suo posto.
Non si è infatti votato su nulla (se non su una nota unitaria da lui stesso vergata) nè per ora è prevista una conta per il cambio dei vertici.
E però un ridimensionamento del ruolo di Brunetta c’è: dovrà davvero agire con più collegialità , e soprattutto lasciare la guida del Mattinale , che passerà sotto le dirette dipendenze di Berlusconi.
Nella coda della riunione non si sono sollevate voci troppo critiche, anzi i più hanno parlato della necessità di «essere uniti» in un momento tanto difficile, sia dal punto di vista politico che della stessa esistenza del gruppo, se è vero che in due anni e mezzo si è passati da un centinaio di deputati alla metà , e il rischio di altre uscite esiste come Berlusconi – che di fatto ha frenato la rivolta – sa benissimo.
Vito, raccontano, ha lasciato la riunione prima della fine senza rinnovare la sua richiesta di voto per il cambiamento dei vertici, ipotesi che Brunetta nel pomeriggio aveva comunque respinto: «Non è previsto dal nostro statuto. I capigruppo sono sempre stati acclamati tutti su proposta di Berlusconi, e alcuni (lo stesso Vito, ndr ) sono rimasti in carica anche per due legislature…».
Insomma la situazione resta congelata. Se Brunetta cambierà modi e metodi si andrà avanti con lui.
Se non desse seguito alle sue promesse invece, i suoi avversari tornerebbero all’assalto (come possibile sostituto si fa il nome anche di Riccardo Occhiuto).
In serata Berlusconi era soddisfatto: « Il gruppo ha dato dimostrazione di volontà partecipativa e unità ».
E Vito ha twittato: «Bene le conclusioni dell’assemblea: condivisione, collegialità , rilancio dell’iniziativa legislativa, ritorno alle origini del Mattinale ».
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
C’E’ IL VIA LIBERA IMPLICITO DI BERLUSCONI
Il putsch prende forma nelle parole di Elio Vito: “Non c’è nulla di personale contro Brunetta ma io
chiedo che si faccia una verifica dei vertici del gruppo. E si rivoti il capogruppo, i vice, tutto. Questa è la mia proposta”.
Riunione aggiornata, tra poche ore, a causa di impegni d’Aula.
Assemblea di Forza Italia, alla Camera.
Esplode il malumore, che cova da settimane, verso il vulcanico Renato Brunetta. E la richiesta di sostituirlo.
Le parole di Elio Vito non sono sfoghi dal sen fuggiti. Tanto che più di un parlamentare all’uscita si dice certo che “dietro c’è Berlusconi”.
Perchè l’ex capogruppo Vito non è uno che si muove a caso, senza calcolare le conseguenze di un affondo del genere. E avrebbe raccolto un bel po’ di firme.
Proprio la dichiarazione di ieri di Silvio Berlusconi non è stata letta come una copertura di Brunetta quanto piuttosto come un modo pilatesco di scaricarlo rimettendo tutto alle decisioni del gruppo, dando così il via libera al chiarimento interno.
Ecco che Brunetta, in apertura di riunione, parla per un’ora, difende le scelte politiche, ma anche organizzative sul personale e sul suo Mattinale offrendo una gestione più condivisa.
Ma non basta a sedare il malumore. Proprio la gestione del Mattinale è una delle accuse più dure dei malpancisti perchè, pur essendo gestito coi fondi del gruppo, rappresenta spesso il punto di vista del solo Brunetta.
Le parole di Elio Vito sono taglienti come un rasoio: “Tutte le cose che ha detto Brunetta vanno messe ai voti, a partire dal fatto che il Mattinale deve tornare una struttura nelle mani del presidente Berlusconi”.
Difficile, conoscendo come vanno le cose in casa azzurra che ad Arcore non fossero informati di una mossa del genere.
Pare che pure l’ex premier, uno che non taglia le teste con tanta facilità , sia stanco delle lamentele che riceve sul suo capogruppo.
Al momento, la sua posizione già esce ridimensionata, con la scelta di mettere ai voti la parte organizzativa della relazione, dal Mattinale al personale.
Se si va ai voti però si rischia una rottura lacerante, perchè Brunetta rischia la sfiducia. Al suo posto, Vito è pronto.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 6th, 2015 Riccardo Fucile
“RICAVATI MAGGIORI VOLUMI RISPETTO AL PROGETTO ORIGINARIO”
Guai a picco sul mare. La piscina della villa di Ravello dell’ex ministro Renato Brunetta sarebbe stata realizzata in difformità dall’autorizzazione: la procura di Salerno ha notificato tre avvisi di garanzia al direttore dei lavori Nicola Fiore (oggi assessore al Bilancio del Comune di Ravello), al titolare della ditta esecutrice della costruzione Vincenzo Scala, consigliere comunale di maggioranza e a un altro tecnico.
Secondo quanto accertato dalle indagini condotte dalla sezione navale della Guardia di Finanza, su disposizione della procura, i lavori — che risalgono al 2012 — sono stati realizzati ricavando maggiori volumi rispetto al progetto originario.
La villetta e l’inchiesta
Non è la prima volta che la magistratura si interessa alla residenza del capogruppo alla Camera di Forza Italia, a cui hanno anche conferito la cittadinanza onoraria del comune della costiera.
Una prima indagine partì dopo l’inchiesta ‘Casa Brunetta’ condotta dal programma di Rai Tre Report.
Ma la villa che affaccia sulla costiera amalfitana fu oggetto anche di un’altra inchiesta giornalistica, ancora precedente, condotta dal settimanale L’Espresso nel 2008.
La residenza era composta originariamente da due ruderi acquistati nel 2003 per 53mila euro e, in seguito alla ristrutturazione (per la quale Brunetta accese un mutuo), si trasformò in una villa di 11 vani a picco sul mare.
Nel 2005, poi, l’ex ministro comprò un’altra casetta vicina alle altre al prezzo di 11mila euro, la depandance. Il prezzo di mercato della residenza lievitò superando il milione di euro. Un affare d’oro.
“Tutto dichiarato, tutto trasparente” dichiarò l’ex ministro. L’avvocato di Brunetta ribadì che durante i lavori non vi fu “aumento alcuno di cubatura” e che la ristrutturazione fu “autorizzata dalle autorità competenti”.
Eppure già nei giorni successivi alla messa in onda del servizio di Report gli uomini della Guardia di Finanza acquisirono presso l’ufficio tecnico comunale tutti gli atti relativi alla villa di Brunetta, aprendo un altro fascicolo sulla ‘carriera politica’ dell’allora sindaco di Ravello.
L’affare di allora e gli indagati di oggi
All’epoca dell’acquisto, infatti, il primo cittadino era Secondo Amalfitano (che non è tra gli indagati). Tra i destinatari degli avvisi di garanzia ci sono invece Nicola Fiore, il geometra-assessore al Bilancio del Comune di Ravello e Vincenzo Scala, ex tesserato di Forza Italia che divenne consigliere comunale di maggioranza nel 2011. Era stato Fiore, l’uomo più vicino al sindaco dell’epoca, a seguire in precedenza tutte le pratiche urbanistiche e a rappresentare Brunetta nell’acquisto di uno dei due ruderi. L’ex primo cittadino Amalfitano era del Pd, poi nel 2008 passò nel Pdl diventando consigliere ministeriale di Brunetta (a capo del dicastero della Funzione Pubblica), che l’anno dopo lo nominò anche presidente di Formez Italia.
A riguardo l’avvocato di Brunetta specificò che l’autorizzazione paesaggistica fu rilasciata dall’allora sindaco “4 anni prima della nomina di Renato Brunetta a ministro”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 17th, 2015 Riccardo Fucile
EMARGINATI I “MEDIATORI” ROMANI E VERDINI
Nell’assenza c’è il dissenso. Perchè è vero che Renato Brunetta ha richiesto un incontro al Quirinale per una questione che riguarda la Camera.
Ma l’assenza al Colle di Paolo Romani, il capogruppo al Senato, è un segnale tutto politico. Non era mai successo che un capogruppo facesse “delegazione” da solo.
E non era mai successo che chi parla con un leone come Denis Verdini lo descriva come “depresso” in questi giorni.
È l’ora del disagio dei mediatori, anche di quelli che si sono fatti la guerra per mediare, come talvolta è successo tra Romani e Verdini.
Perchè la pancia di Berlusconi dice Brunetta. E dice Sallusti, che ha ricominciato a usare la penna come una clava.
E poi c’è Mediaset, che picchia duro non solo nei tg, ma anche nelle trasmissioni per famiglie. Ecco, il disagio diventa sinonimo di paura per l’escalation.
Perchè da Renzi, di fronte all’escalation berlusconiana, non arrivano segnali di pace, anzi.
Ad Arcore non è stato affatto letto come un segnale di apertura l’assenza, nel milleproroghe, dell’emendamento sulle frequenze perchè “il governo — spiegano gli alti in grado di Forza Italia — ha spinto fino alla fine”, ma non è stato ammesso perchè era “tecnicamente inammissibile”.
Ed è tale l’allerta che chi si occupa di affari dell’Impero sta già usando la lente per vedere se qualche “vendetta” sarà inserita nell’investiment compact, un altro provvedimento enorme dove potrebbe spuntare qualche norma sulle tv.
Ma l’escalation, al netto dei singoli segnali su questo e quel provvedimento, si chiama “Rai”.
Le prossime settimane saranno chiave perchè Renzi ha fatto sapere la questione del sistema radiotelevisivo non è un tema tecnico ma politico.
Che il premier sta gestendo personalmente, coordinando il lavoro di tecnici e politici.
È fine marzo la dead line per una grande riforma che, di fatto, rompa la grande pax televisiva degli ultimi decenni.
I renziani ortodossi da giorni, dopo la sedute fiume alla Camera con risse notturne, invitano l’ex premier a tornare al tavolo.
Ed è un segnale colto a Mediaset, che la scorsa settimana ha venduto azioni per fare cassa.
Una sorta di messa in sicurezza gestita da Fedele Confalonieri, che il primo teorico di un rapporto non ostile col governo sia in chiave dismissione dell’Impero sia in chiave di accordi futuri di Mediaset con altri players.
Si capisce così perchè Romani, l’uomo chiave nel rapporto con l’azienda, non salga al Colle col vulcanico Brunetta.
E perchè le colombe non usino le parole d’ordine del capogruppo: “bullo” (a Renzi), “colpo di Stato” (le riforme), “colpo di Stato al quadrato” (riforme e legge elettorale).
E poco importa che al Quirinale Brunetta tutto abbia fatto fuorchè l’incendiario. Anzi ha usato l’appuntamento per “ricucire” lo strappo di Berlusconi verso Mattarella, assicurando che l’ex premier lo stima e che il voto di astensione non è un segnale ostile.
È l’intero impianto politico che rischia di alimentare l’escalation.
Berlusconi picchia coi media. Berlusconi prende contatti con la sinistra del Pd per tentare di far saltare il tavolo sulla legge elettorale.
E Renzi si appresta a mettere mano alle tv. E c’è una data che in parecchi, a partire da Gianni Letta, hanno cerchiato in rosso sul calendario.
Il 9 marzo, giorno in cui Berlusconi terminerà in servizi sociali e tornerà libero. È segnata in rosso non solo perchè in quel giorno va stappato il migliore champagne della cantina, ma perchè a quel giorno sono legate paure relative all’indole dell’uomo: “Berlusconi — racconta chi ci ha parlato — pensa di essere ancora come dieci anni fa ed è stato così compresso quest’anno che ha voglia di esplodere: vuole parlare, girare, attaccare. Su questa linea estremista rischia di farsi male”.
Perchè non è quello di dieci anni fa. Non è quello di dieci anni fa il Milan, di cui, al netto delle smentite sta valutando di vendere una quota.
Non è quella di dieci anni fa Mediaset che Confalonieri sta mettendo in sicurezza.
E a Milano i processi non sono finiti. C’è il Ruby ter, quello sulla corruzione dei testimoni.
Dalle indagini e dalle perquisizioni sembrerebbe che l’ex premier continui a pagare le olgettine. “Si fa male” ripetono le colombe.
(da “Huffingtonpost”)
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