Destra di Popolo.net

TARIFFE, CIBO, TRASPORTI: NEL 2017 PREVISTI RINCARI PER 986 EURO

Dicembre 27th, 2016 Riccardo Fucile

STIME CODACONS: 64 EURO DI AUMENTO PER I MEZZI DI TRASPORTO, 193 EURO PER ALIMENTARI

Costerà  un po’ di più muoversi, ma anche fare la spesa. Qualche beneficio arriverà  dal canone Rai, ma di contro i prezzi per il carburante e le tariffe dell’assicurazione per l’auto appesantiranno il portafoglio delle famiglie italiane.
Nel complesso per l’anno prossimo gli italiani dovranno mettere in conto una “stangata” pari a circa 986 euro a famiglia per gli aumenti dei prezzi e delle tariffe.
E’ quanto stima il Codacons, secondo il quale nel 2017 si assisterà  alla ripresa dei prezzi al dettaglio, rimasti sostanzialmente fermi nel corso dell’intero 2016.
La crescita dei listini determinerà , esclusi gli alimentari – sottolinea lo studio dell’associazione di consumatori – una maggiore spesa pari a 302 euro a famiglia, mentre per gli alimentari occorrerà  mettere in conto 193 euro in più; aumenti che si ripercuoteranno anche nel settore della ristorazione (+28 euro).
Per i trasporti (aerei, treni, taxi, mezzi pubblici, traghetti, ecc.) un nucleo familiare tipo – sottolineano i consumatori – dovrà  affrontare una maggiore spesa pari a 64 euro, mentre viaggiare sulle autostrade comporterà  un aggravio medio di 35 euro: i gestori autostradali hanno infatti già  presentato al Ministero dei trasporti le richieste di aumento delle tariffe per il 2017.
Per i servizi bancari spenderemo 16 euro in più rispetto allo scorso anno (oltre ai 7 euro aggiuntivi per i servizi postali).
Torneranno a crescere anche le tariffe Rc auto, e assicurare una automobile costerà  mediamente 10 euro in più.
Il Codacons prevede rincari anche nel settore energetico: il 2016 si chiude infatti con una raffica di rialzi del petrolio, che dovrebbero proseguire anche nel corso del 2017, determinando effetti sulle bollette (luce e gas +29 euro) e sui rifornimenti di carburante (+175 euro).
Costerà  meno il canone Rai, che scende da 100 euro a 90 euro, mentre per scuole, mense, libri ed istruzione in generale la spesa media di un nucleo familiare salirà  di 45 euro. Leggeri incrementi sono previsti anche per le spese sanitarie con 37 euro in più.

(da “La Repubblica”)

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ISTAT: CRESCONO I CONSUMI PER IL CIBO, MA UN ITALIANO SU DUE RINUNCIA ALLE FERIE

Luglio 9th, 2016 Riccardo Fucile

PER VIVERE CON MILLE EURO BISOGNA STARE AL SUD

Gli italiani tornano a mangiare carne e sono disposti a spendere qualcosa in più per una cena al ristorante.
Dopo due anni di calo, le spese per servizi ricettivi e di ristorazione crescono infatti a due cifre, con un +11%, da 110,26 a 122,39 euro al mese e tornano poco sopra i livelli del 2013 (119,23).
La fotografia dell’Istat sulle “Spese per i consumi delle famiglie nel 2015” registra «timidi segnali di ripresa in un quadro macroeconomico caratterizzato dal lieve aumento, per il terzo anno consecutivo, del reddito disponibile delle famiglie, dalla stabilità  della loro propensione al risparmio e dal primo anno di ripresa del Pil dopo tre di recessione».
In particolare si arresta il calo dei consumi di carne, in atto dal 2011
Ma questi piaceri non sono alla portata di tutti.
Il 48,4% delle famiglia rinuncia completamente a viaggi e vacanze (era il 48,7%) e 29,2% cerca di ridurre la quantità  o qualità  della spesa in questi campi (era il 31,8% nel 2014).
LA SPESA ALIMENTARE  
Nel dettaglio, il livello medio della spesa alimentare è pari a 441,50 euro al mese (436,06 euro nel 2014, +1,2%), di cui 98, 25 per le carni.
La spesa per frutta aumenta del 4,5% rispetto al 2014 (da 38,71 a 40,45 euro mensili), quella per acque minerali, bevande analcoliche, succhi di frutta e verdura del 4,2% (da 19,66 a 20,48 euro).
GLI ALTRI BENI E SERVIZI  
È sostanzialmente stabile la spesa per beni e servizi non alimentari (2.057,87 euro in media al mese).
Per il terzo anno consecutivo si riducono le spese per comunicazioni (-4,2%), anche per l’ulteriore diminuzione dei prezzi. Aumentano le spese per servizi ricettivi e di ristorazione (+11%, da 110,26 a 122,39 euro, dopo due anni di calo), e le spese per beni e servizi ricreativi, spettacoli e cultura (+4,1%, 126,41 euro).
AL SUD LA VITA COSTA MENO  

Di positivo c’è che la spesa media mensile per famiglia cresce in parallelo con il timido aumento del reddito disponibile registrato negli ultimi tre anni e si attesta a 2.499,37 euro (+0,4% rispetto al 2014, +1,1% nei confronti del 2013).
Il dato negativo è che resta un enorme divario tra Nord e Sud. La Calabria è la regione con la spesa media mensile più bassa, inferiore di 1.300 rispetto a quella della Lombardia. Secondo i dati Istat, Lombardia, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna sono le regioni con la spesa media mensile più elevata (rispettivamente, 3.030,64, 3.022,16 e 2.903,58 euro) mentre in Calabria si ferma a 1.729,20 euro.
CHI HA LA LAUREA SPENDE DI PIU’  
La spesa media mensile è molto eterogenea al variare del titolo di studio: ammonta a 3.383,05 euro per le famiglie con persona di riferimento laureata o con titolo di studio superiore alla laurea, circa il doppio rispetto a quella delle famiglie la cui persona di riferimento ha la licenza elementare o nessun titolo di studio.
Tra le famiglie di occupati dipendenti la spesa media mensile è pari a 2.321,50 euro se la persona di riferimento è operaio e assimilato, sale a 3.124,56 euro se è dirigente, quadro o impiegato.
Tra gli occupati indipendenti, la spesa media mensile è di 3.585,20 per imprenditori e liberi professionisti e di 2.733,88 euro per gli altri lavoratori indipendenti.

(da “la Stampa”)

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CARO SPIAGGE: 60 EURO A FAMIGLIA PER UN GIORNO AL MARE

Giugno 28th, 2016 Riccardo Fucile

PREZZI IN AUMENTO DEL 2,4%… IN SARDEGNA I PICCHI PIU’ ALTI, FINO A 80 EURO, IL MOLISE LA REGIONE PIU’ ECONOMICA

Caro ombrellone anche quest’anno, sulle spiagge italiane.
Nonostante l’offerta sia sempre più ampia. E nonostante la crisi sia tutt’altro che alle spalle..
Da nord a sud gli aumenti in media sono del 2,4% rispetto all’estate 2015. Ed è così che tra ombrelloni, sdraio, lettini, e vari servizi, una giornata al mare può costare, in media, 59 euro per una famiglia composta da due adulti e due bambini.
Prezzi che possono arrivare fino a un picco di 78 euro in Sardegna.
E’ quanto emerge da un’indagine condotta dall’Adoc (Associazione difesa orientamento consumatori).
Nonostante la crisi e il maltempo, che fino a qualche giorno fa ha imperversato in molte località , l’associazione dei consumatori rileva inesorabili aumenti dei prezzi. “Rispetto allo scorso anno abbiamo registrato un contenuto aumento dei prezzi per l’utilizzo dei servizi offerti dagli stabilimenti balneari, in media nell’ordine del 2,4%” dichiara Roberto Tascini, presidente dell’Adoc.
D’altra parte, gli stabilimenti balneari si presentano sempre più al passo con una clientela esigente di tutte le età  e offrono sempre più servizi. Ristoranti, discoteche, campi da beach volley, piscine super attrezzate.
Ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche dalla cabina ‘sharing’ ai pacchetti per fasce orarie, e poi super sconti e abbonamenti di ogni tipo.
Le Regioni dove si registrano i maggiori aumenti sono Sardegna (+5,2%) e Campania (+4,1%), seguite da Puglia e Abruzzo (+3,8%), Basilicata e Marche (+3,7%). Mediamente, i costi da sostenere per il solo utilizzo dei servizi standard degli stabilimenti è pari a poco meno di 30 euro per famiglia.
Ma nel calcolo dei costi da sostenere per una giornata al mare vanno inseriti quelli destinati alla ristorazione, con una spesa media di 25 euro a famiglia e gli extra.
Complessivamente, una famiglia può arrivare a spendere 59 euro per una giornata al mare, con punte minime in Molise (48 euro) e massime in Sardegna (78 euro). “Nonostante il lieve rialzo dei costi il mare e le località  balneari italiane – osserva Tascini – continuano ad essere le mete preferite dai turisti italiani, scelte dal 65% dei partenti. La Sicilia è la Regione più gettonata (19% delle preferenze), seguita da Puglia e Lazio. Il periodo preferito per il soggiorno è ovviamente agosto, ma anche settembre, che mediamente prevede prezzi inferiori del 30% rispetto all’alta stagione”. Secondo l’Adoc gli stabilimenti possono diventare la chiave di volta per promuovere il turismo balneare e culturale, per tutelare l’ambiente costiero e rilanciare l’economia blu, ma la loro gestione deve essere ripensata e l’annosa questione delle proroghe definitivamente risolta.
La spesa (ingresso, ombrellone, lettino, sdraio) per un giorno va da un minimo di 25 euro in Campania, Sicilia e Molise ad un massimo di 40 euro in Sardegna.
A seguire Liguria con 39 euro, Toscana con 36 euro, Veneto 32,5 euro, Emilia Romagna 30 euro.
Si spendono in media 29 euro nel Lazio, 28 euro in Friuli Venezia Giulia, Marche e Basilicata. Prezzi più contenuti in Calabria con 27,50 euro, Abruzzo e Puglia con 27 euro. Tirando le somme la media in Italia arriva a 29,80 euro.
I costi salgono con gli extra, dal cibo alla doccia, parcheggio e cabina, che pesano dai 23 ai 38 euro in più (in media 30,40 euro). Servizi che fanno lievitare la spesa fino alla cifra record di 80 euro in Sardegna.
“Gli stabilimenti balneari, se ben gestiti, possono diventare il primo baluardo per la tutela dell’ambiente costiero e marittimo ed essere il giusto viatico per il rilancio del turismo, sia balneare che culturale, e dell’economia blu, legata al mare – continua Tascini – il settore sicuramente non vive un buon momento, il calo delle presenze e degli investimenti degli ultimi anni, dovuto anche alla continua incertezza sulla durata delle concessioni, ha inciso profondamente sulla loro economia, soprattutto al Sud”. “Sarebbe opportuno – suggerisce Tascini – mantenere aperta la stagione balneare anche dopo la fine dell’estate, in particolare nelle Regioni più favorite dal clima. I prezzi più bassi nei periodi classicamente fuori stagione possono costituire un incentivo in più per le famiglie”.

(da “La Repubblica”)

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BOLLETTA ENEL, RINCARI PER TRE FAMIGLIE SU QUATTRO

Dicembre 3rd, 2015 Riccardo Fucile

DAL PRIMO GENNAIO ENTRA IN VIGORE IL NUOVO SISTEMA DI CALCOLO: SCONTO A CHI CONSUMA DI PIU’, IN REALTA’ UN FAVORE AI GRANDI PRODUTTORI

Dal primo gennaio, entrano in vigore le nuove bollette dell’elettricità . Cambia, in particolare, il sistema di calcolo della tariffa per oltre 30 milioni di famiglie, secondo il nuovo principio per cui chi più consuma – rispetto al passato – meno spende.
Questo significa che per la maggior parte degli utenti – circa i tre quarti – si andrà  incontro a un aumento dei costi, perchè da prossimo mese non saranno più premiati i consumi più bassi.
Per l’Autorità  dell’Energia, che ha studiato il nuovo meccanismo –   si tratta si un passaggio non solo obbligato (perchè previsto da una direttiva dell’Unione Europea) ma anche necessario dal punto di vista “storico”: far pagare di meno i consumi più bassi è stata una politica nata negli anni Settanta, nel tentativo di limitare le spese per l’acquisto di materia prima per produrre energia.
Per ambientalisti e associazioni dei consumatori si tratta, invece, di un “favore” ai grandi produttori di energia, in crisi per il calo dei consumi e lo sviluppo delle rinnovabili a spese dei clienti: per tre famiglie su quattro (come si vede dalle stesse tabelle dell’Autorità  per l’Energia) si andrà  incontro a un aumento delle bollette.
Ma cosa cambia per il portafoglio del consumatore?
Secondo le tabelle, si va da una maggiore spesa fino a 78 euro all’anno, iva e tasse incluse, fino a risparmi per 46 euro, sempre all’anno e sempre iva e tasse comprese. Secondo l’Autorità , il provvedimento sana le “storture” che si erano create negli ultimi anni, visto che una parte delle famiglie italiane (magari più numerose ma non necessariamente con redditi più alti) ha pagato l’energia anche per le famiglie con consumi ridotti, magari perchè composte da uno o due persone, ma non necessariamente più povere.
Sempre econdo l’Authority d’ora in poi tutti pagheranno un prezzo più “equo”, con un meccanismo che andrà  gradualmente a regime nell’arco dei prossimi tre anni.
Per consumatori e ambientalisti, invece, si tratterebbe di un favore fatto ai grandi produttori di energia elettrica che in questo momento sono in crisi e hanno le centrali (a gas e a carbone) che funzionano poche ore al giorno, a causa del calo dei consumi e dell’effetto rinnovabili, le quali coprono quasi il 40% del fabbisogno del paese.
Questo perchè i nuovi meccanismi penalizzerebbero i bassi consumi, mentre i vantaggi passerrebbero dalla parte di chi consuma di più. Inoltre, un diverso calcolo degli oneri di sistema sarebbe penalizzante nei confronti delle rinnovabili e dell’energia autoprodotta.

Luca Pagni
(da “La Repubblica”)

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RIFIUTI D’ORO, IN 5 ANNI AUMENTO DELLE TARIFFE DEL 22,6%: LAZIO LA REGIONE PIU’ CARA

Dicembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile

VIRTUOSO IL MOLISE… IL SERVIZIO E’ PEGGIORE NELLE REGIONI DOVE LA TASSAZIONE E’ MAGGIORE

Rifiuti sempre più cari per le tasche del contribuente.
Le tariffe per la raccolta in Italia negli ultimi 5 anni – rileva Confartigianato – sono aumentate del 22,6%. E nelle regioni in cui sono più salate, peggiore è la qualità  del servizio: nel Lazio, “dove è alta la percezione di sporcizia”, il costo è al top, a 214 euro a testa.
Il rincaro delle tariffe corre più dell’inflazione (+14,6%) e segna un +12,8% rispetto alla crescita media del costo per lo stesso servizio nell’Eurozona.
La rilevazione di Confartigianato ha calcolato il costo del servizio di igiene urbana per le tasche di famiglie e imprenditori che in media, nel 2014, per tasse e tariffe hanno pagato 168,14 euro pro capite, per un totale di 10,2 miliardi.
Ma con una vera e propria impennata negli anni 2012-2015 che si è tradotta in un rincaro del 12,5%, nove volte e mezzo in più della crescita del costo della vita (+1,6%) e con una differenza del 7,4% in più rispetto alla media dei rincari nell’Eurozona fermi al +5,1%.
In testa nella classifica delle regioni con le tariffe più alte figura il Lazio con 214 euro di costi per abitante, superiore del 27,3% rispetto alla media nazionale.
Seguono la Liguria con 211,75 euro/abitante (25,9% in più rispetto alla media nazionale), Toscana con 208,25 euro/abitante (23,9% più della media), Campania con 205,02 euro/abitante (superiore del 21,9% rispetto alla media italiana), Umbria con 190,23 euro pro capite (+13,1%) e Sardegna con 188,90 euro per abitante (+12,3% rispetto alla media nazionale).
All’altro capo della classifica, la regione più virtuosa è il Molise dove i cittadini pagano 123,12 pro capite per il servizio di igiene urbana.
Secondo posto per il Trentino Alto Adige con un costo di 128,60 euro pro capite e medaglia di bronzo per il Friuli Venezia Giulia con un costo per abitante di 127,92 euro.
Inoltre, quasi il 20% delle 376 società  partecipate dalle Amministrazioni locali che operano nella gestione dei rifiuti sono in perdita: il 64,3% è in utile, il 17,2% è in pareggio ed il 18,5% è in perdita.
Tutte in utile le società  di gestione rifiuti in Basilicata, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta. Seguono l’Emilia-Romagna (con una quota di società  in utile pari all’83,3% del totale), Puglia (80%) e Piemonte (75,0%).
Le regioni con la maggiore quota di società  in perdita sono la Calabria (66,7% del totale), il Lazio (46,2%) che è anche al top per costi del servizio, e l’Abruzzo (44,4%).

(da agenzie)

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RAFFICA DI AUMENTI NEL 2015: BIRRA, BENZINA, ACQUA, AUTOSTRADE

Dicembre 30th, 2014 Riccardo Fucile

SONO DODICI LE TASSA PREVISTE IN AUMENTO: ECCO QUALI

Una vera e propria stangata. È la Cgia di Mestre a lanciare l’allarme.
Sono già  dodici le tasse previste in aumento per il 2015.
I più penalizzati saranno gli automobilisti, le categorie professionali che quotidianamente utilizzano l’auto o il camion (taxisti, agenti di commercio, autotrasportatori) e, soprattutto, i lavoratori autonomi iscritti alla sezione separata dell’Inps (freelance).
“I soggetti interessati da questi aumenti — fa notare il segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi — saranno in particolar modo gli automobilisti e tutte le categorie professionali che utilizzano quotidianamente un’auto o un camion, come i taxisti, gli agenti di commercio, gli autonoleggiatori o gli autotrasportatori. Oltre all’aumento del costo del carburante, dal 1° gennaio scatteranno il ritocco delle sanzioni in caso di violazione del codice della strada, il probabile aumento medio dei pedaggi autostradali fino all’1,5% e le tasse per le auto/moto storiche. Ma coloro che subiranno gli aumenti più preoccupanti saranno le partite Iva iscritte alla sezione separata dell’Inps. Per questi freelance l’aliquota passerà  dal 27,72 al 30,72 per cento”.
Chi sono questi lavoratori autonomi?
Sono, in particolar modo, formatori, ricercatori, informatici, creativi e altre categorie di consulenti, generalmente operanti al di fuori di Ordini e Albi professionali, che lavorano per imprese o enti della Pubblica Amministrazione.
Secondo Bortolussi, comunque, per uscire dalla crisi è necessario rilanciare i consumi interni.
“Sebbene sia stato confermato il bonus Irpef per i redditi medio-bassi e le bollette di luce e gas siano destinate a subire una leggera flessione, nel 2015 i consumi delle famiglie continueranno a ristagnare, attestandosi, secondo le previsioni, attorno ad un modesto +0,6 per cento.
Seppur in aumento rispetto agli ultimi anni, con questi livelli di crescita torneremo alla situazione pre-crisi solo fra 10-12 anni.
Se vogliamo uscire da questa fase di depressione dobbiamo assolutamente rilanciare la domanda interna attraverso un ripresa degli investimenti, una riduzione del carico fiscale e un conseguente incremento degli impieghi a favore delle famiglie e delle piccole imprese.
Con un tasso di disoccupazione che nel 2015 è destinato a sfiorare il 13 per cento non abbiamo alternative: dobbiamo ridare slancio ai consumi interni”.

(da “Huffingtonpost”)

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ACQUA; AUMENTANO LE TARIFFE DEL 3,9% PER QUARANTA MILIONI DI ITALIANI

Novembre 25th, 2014 Riccardo Fucile

UFFICIALMENTE SERVIRANNO ANCHE A FINANZIARE 4,5 MILIARDI DI INVESTIMENTI PER ACQUEDOTTI E FOGNATURE: MA NEGLI ANNI PASSATI COME SONO STATI IMPIEGATI ALLORA?

Non saranno favorevoli i comitati che nel 2011 hanno promosso il referendum che ha bocciato il progetto dell’allora governo Berlusconi di privatizzare i servizi che dell’acqua potabile e la depurazione.
Non tanto perchè i consumatori si troveranno in bolletta un aumento medio che si aggira sul 4 per cento, ma perchè hanno sempre sostenuto che i costi per la manutenzione degli impianti venisse computata nella fiscalità  generale.
Polemiche a parte, non c’è dubbio che il provvedimento presentato ieri dall’Autorità  per l’Energia e il gas (cui due anni fa è stata aggiunta anche la competenza del sistema idrico) per il nostro paese sia una piccola grande rivoluzione.
Perchè per la prima volta. le società  che distribuiscono acqua potabile possono calcolare la tariffa da far pagare ai cittadini secondo parametri che sono uguali in tutta le penisola.
L’Authority ha approvato le nuove tariffe 2014-2015 per circa 40 milioni di italiani.
L’aumento medio sarà  del 3,9% nel 2014 e del 4,8% nel 2015 e coivolgerà  circa 34 milioni di cittadini, mentre 6 milioni di consumatori beneficeranno di una riduzione del 10% della bolletta. Al calcolo si è arrivati dopo un certosino lavoro in cui i tecnici dell’Autorità  hanno raccolto dati in tutte le regioni e da tutte le società  che gestiscono in servizio. perchè il panorama italiano è quanto mai frammentato, sia sulle tariffe fatte pagare fino a oggi, sia per la qualità  del servizio. Giusto per citare un dato: nel Meridione, le strutture sono degradate al punto che in alcune province l’indice di dispersione negli acquedotti è superiore al 65 per cento: su cento litri d’acqua, un terzo si perde nel terreno.
Ecco perchè, il presidente dell’Autorità , Guido Bortoni ha ricordato che grazie agli aumenti si potranno attivare   4,5 miliardi di euro di investimenti nei prossimi quattro anni per nuove infrastrutture, tutela ambientale e miglioramento dei servizi.
“In questa prima fase dell’attività  dell’Autorità  – ha detto Bortoni in un convegno a Milano – ci siamo focalizzati nel realizzare e applicare un metodo tariffario unico per tutto il Paese. La prossima fase sarà  indirizzata al completamento della regolazione, per consolidare ancor più le condizioni di realizzazione degli investimenti e individuare standard per i servizi capaci di incrementarne la qualità “.
Gli interventi sono quanto mai urgenti, perchè sul nostro paese incombe una multa salatissima da parte dell’Unione Europea, perchè non siamo in regola sulla direttaiva per la depurazione delle acque.
Multe che scatteranno a partire dal 2016. Da una “una tantum” da pagare immediatamente, calcolata sulla base del Pil nazionale che dovrebbe aggirarsi sui 10 milioni euro, a una ammenda giornaliera, calcolata sulla mora tra la messa in regola rispetto alla data di esecutività  della sentenza, che potrebbe andare da 11mila a 700mila euro al giorno.
Nella Legge di Stabilità  sono previsti incentivi per i Comune che cederanno quote delle società  che gestiscono servizi pubblici, in modo da favorire le aggregazioni in realtà  più grandi, che possano ricavare economie di scala e maggiore efficenza.
Perchè gli aumenti previsti fino al 2015 non basteranno a colmare i ritardi infrastrutturali che ci trasciniamo da almeno 30 anni.
Secondo il “Blue Book”, il più aggiornato quadro del settore pubblicato da Federutility, l’associazione che raccoglie le aziende di pubblici servizi, per allinearci alle medie europee dovremmo investire circa 80 euro per abitante e raggiungere così la quota di 4,8 miliardi all’anno complessivi.
Invece, al momento siamo soltanto a 30 euro per abitante (per complessivi 1,6 miliardi), mentre il fabbisogno minimo secondo i piani finanziari redatti dalle società  di settore parlano di almeno 51 euro per abitante e un totale di 3 miliardi di investimenti all’anno.

Luca Pagni

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LA SCARICA ELETTRICA DI RENZI: BOLLETTE: LUCE + 1,7%, GAS + 5,4%

Settembre 30th, 2014 Riccardo Fucile

 AUMENTI SIA PER FAMIGLIE CHE PER IMPRESE

Stangata d’autunno per le famiglie e le piccole imprese.
Le bollette dell’energia tornano a crescere: per il periodo che parte dal primo ottobre e arriva al 31 dicembre, l’elettricità  costerà  l’1,7 per cento in più rispetto al trimestre precedente, mentre per il gas il rincaro è addirittura del 5,4 per cento.
Entrando nel dettaglio delle singole voci, da mercoledì prossimo gli italiani pagheranno in media per l’elettricità  circa 2 euro in più al mese, con una spesa media annua per la famiglia tipo di 521 euro.
Per il gas, la maggiore spesa si aggirerà  sui 19 euro pari a 1.148 euro su base annua per il cliente tipo.
Lo ha comunicato l’Autorità  per l’energia, il gas e il sistema idrico, cui spetta il compito di rivedere ogni tre mesi le condizioni di riferimento delle tariffe.
Per il gas si tratta del primo rialzo dopo un anno di ribassi. Tutta colpa della crisi russo-ucraina: il prezzo sulle borse europee del gas è salito con i timori di una possibile sospensione delle forniture con l’approssimarsi dell’inverno.
Il 30 per cento del metano che si consuma in Europa occidentale arriva dai giacimenti di proprietà  del colosso di stato Gazprom: il metano raggiunge l’Eurozona, nel suo corridoio meridionale passando proprio dall’Ucraina.
La necessità  di evitare sorprese, ha spinto sia gli operatori che i governi a riempire il prima possibile gli stoccaggi (i depositi in cui si ricovera il gas d’estate per essere pronti a utilizzarlo d’inverno).
Questo, assieme all’acuirsi della crisi, ha fatto salire il prezzo “europeo” del gas. L’accordo che è stato raggiunto alla fine della scorsa settimana sulla forniture di gas all’Ucraina da parte della Russia (con la mediazione interessate della Ue) dovrebbe portare a un calmieramento dei prezzi. Ma i benefici, se ci saranno, si avranno soltanto con le revisioni delle tariffe del prossimo anno.
Per il gas, ha spiegato in una nota l’Authority per l’Energia, “grazie alla riforma che dallo scorso anno ha agganciato i prezzi italiani a quelli di mercato europei, (eliminando anche molti costi strutturali negativi), la famiglia tipo nel 2014 avrà  risparmiato 84 euro rispetto ai 1.257 Euro complessivi della bolletta del gas di tutto il 2013”.
Traduzione: un deecreto del governo Monti ha imposto all’Autorità  di calcolare i prezzi del gas tenendo conto dei prezzi che si pagano sui mercati europei e non più – come accadeva in precedenza – secondo i contratti di lungo periodo che gli operatori italiani (in primis, Eni ed Edison) avevano contratto con i fornitori esteri.
I contratti sulle borse europee si sono rivelati più vantaggiosi e questo ha fatto risparmiare il consumatore.
Diverso il discorso per il rincaro dei prezzi dell’elettricità . In parte ha inciso il rialzo del prezzo del gas (il combustibile che per il 40% copre la produzione di energia elettrica in Italia), in parte alle rinnovabili (incremento degli incentivi pagati ai certificati verdi), in parte alcune decisioni del governo Renzi.
In sostanza, il ministero dell’Economia ha chiesto gli arretrati degli ultimi due anni per la componente A2, una quota che i consumatore pagano in bolletta per lo smantellamento delle centrali nucleari e il deposito delle scorie.
Si tratta di circa 200 milioni per il 2012 e 2013, più altri 100 milioni all’anno per il 2014 e seguenti.
L’Autorità  per l’Energia, nella sua nota, ha fatto notare come la quota potrebbe essere cancellata dalla bolletta se – come promesso dai governi precedenti – venisse girata sulle bollette una parte della Robin Tax, prevista come riduzione proprio della componente A2.
L’Autorità  ha fatto pure presenta che non è ancora stato varato il provvedimento con cui alle famiglie meno abbienti che hanno difficoltà  a pagare le bollette sia data la possibilità  di rateizzare gli arretrati prima che si vedano sospendere la fornitura per morosità .

Luca Pagni
(da “La Repubblica“)

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CONFCOMMERCIO: “I REDDITI SONO TORNATI A 30 ANNI FA”

Settembre 10th, 2014 Riccardo Fucile

QUEST’ANNO IL REDDITO E’ DI 17.400 EURO, NEL 1986 ERA DI 17.200… IN OTTO ANNI PERSI 13 PUNTI PERCENTUALI E VOLATILIZZATI 2.600 EURO

Il reddito disponibile delle famiglie italiane è tornato ai livelli di 30 anni fa.
Lo ha calcolato la Confcommercio nella nota di aggiornamento del rapporto sui consumi.
Nel 2014 il reddito è stato pari a 17.400 euro (come il 2013), mentre nel 1986 era pari a 17.200 euro. In otto anni il reddito disponibile reale pro capite è sceso del 13,1%, pari a un ammontare di 2.590 euro a testa.
Anche sulla scorta di questi dati si capisce perchè le vendite al dettaglio continuano a retrocedere.
Nel 2013 la spesa delle famiglie ha registrato una flessione del 2,5%, con una contrazione del 7,6 in otto anni.
Secondo Confcommercio, quello tra il 1992 e il 2014 è stato un “ventennio perso” per i consumi in Italia: i consumi pro capite hanno mostrato uno sviluppo, in termini reali, inferiore al 6%.
“Escludendo gli affitti imputati tale variazione cumulata scende a poco piu’ del 4%”, si legge nel rapporto. Le spese obbligate (casa, carburanti, assicurazioni, etc) hanno raggiunto i livelli massimi: sono pari al 41% del totale dei consumi, in netta crescita rispetto al 1992 (32,3%).
A margine della presentazione del rapporto, il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha fatto il punto sulla situazione economica: “La ripresa è ancora troppo fragile, incerta, contraddittoria: la parola d’ordine dell’impegno governativo deve essere la crescita per scongiurare l’ipotesi di una manovra correttiva e per dare una mano tangibile alle famiglie”.

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