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DI PIETRO SI CANDIDA PRIMARIE A MILANO: “VEDIAMO CHE S’INVENTA IL PD PER FERMARMI”

Novembre 23rd, 2015 Riccardo Fucile

“SALLUSTI? OTTIMO CANDIDATO PER FAR PERDERE IL CENTRODESTRA”

“Tempo fa ho dato la mia disponibilità  a candidarmi alle primarie del centrosinistra e il Pd, dopo mezz’ora, ha mandato un comunicato: ‘Di Pietro mai’. Il Movimento 5 Stelle ha detto che ho già  fatto politica e quindi non vado bene. Alle primarie per la corsa a sindaco di Milano ripresenterò la mia candidatura. Voglio vedere quale clausola s’inventano nel Pd per non farmi partecipare“.
Sono le parole dell’ex leader dell’Idv Antonio Di Pietro, intervenuto ai microfoni di Ecg Regione, su Radio Cusano Campus.
L’ex magistrato si esprime sulle prossime elezioni amministrative milanesi e, in particolare, sul direttore de Il Giornale, candidato papabile del centrodestra: “Sallusti? E’ un buon candidato per far perdere il centrodestra. Rappresenta una parte di quel popolo che esprime i suoi mal di pancia in maniera violenta e irriguardosa nei confronti di alcune realtà . Il candidato di centrosinistra? Sarà  scelto dall’alto e non sarà  quello che vorrebbero i cittadini. Per il resto, massimo rispetto per le altre formazioni politiche, come il M5S che invece si cerca da solo i candidati“.
E aggiunge: “Il Pd fa sempre così. Quando non gli va uno che vuole partecipare alle primarie del centrosinistra, mette una clausola ad hoc, come ad esempio la richiesta di iscrizione nel partito da due anni. Ma se io voglio partecipare alle primarie di una coalizione di centrosinistra, perchè devo essere iscritto al Pd?“.
A riguardo, Di Pietro racconta un aneddoto: “Quando è esploso lo scandalo su Expo, uscì un bando di gara con cui si cercava un direttore generale per le infrastrutture per l’evento. Ho presentato anche io la domanda, perchè avevo una certa esperienza come avvocato, magistrato, ministro per le infrastrutture, conosco le persone dell’ambiente, forse qualcosa c’azzecco. Invece mi è stato detto che la mia domanda era inammissibile perchè non avevo sufficiente esperienza”.
L’ex ministro commenta la situazione internazionale successiva agli attentati di Parigi: “Non mi lamento e chiedo ai cittadini di non lamentarsi del fatto che ci sia più controllo e più prevenzione. Rinviare il Giubileo? Non c’è niente di peggio in questo momento che comportarsi come chi ha paura. E’ normale e umano avere paura, ma proprio per questo bisogna prevenire, contrastare e non darla vinta ai terroristi. Se rinunci alla sovranità , vengono direttamente loro a governare”.
Poi l’apprezzamento per il governo Renzi: “L’ho sempre criticato per le cose che dice e le cose che non fa, però in questo caso sta facendo bene. Sta collaborando con la realtà  internazionale per confrontarsi con un’indeterminata cerchia di terroristi che ci vogliono ammazzare e che dovrebbero essere tutta chiusa in un manicomio”.
E chiosa: “Un grosso aiuto a contrastare l’Isis lo può dare il mondo musulmano. Questi terroristi non è che vivono nel nulla. Se Salah è scappato con la Bmw, vuol dire che qualcuno gliel’ha data, lo sta accompagnando. Dovremmo essere tutti poliziotti di noi stessi. Se vedo qualcuno sospetto devo segnalarlo alle autorità . Poi magari, se mi sono sbagliato, gli chiedo scusa”

(da “il Fatto Quotidiano”)

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DI PIETRO RIABILITATO: “NESSUN MISTERO SUI FONDI PUBBLICI”

Agosto 1st, 2015 Riccardo Fucile

L’AUTORE DI “COLPO DI STATO” CONDANNATO A RISARCIMENTO DI 60.000 EURO

In pochi anni è passato da cofondatore dell’Italia dei Valori ad accusatore di Antonio Di Pietro con denunce come quelle contenute nel libro “Colpo allo Stato” pubblicato nel 2011.
Il 6 luglio, però, il Tribunale di Roma ha condannato Mario Di Domenico e i suoi editori a risarcire con più di 60mila euro l’ex pm di Mani Pulite, danneggiato da quei racconti diffamatori.
Lui scriveva quello “che ho visto da dentro, di cui sono stato complice inizialmente da dentro, sono stato un po’ l’anima nera”, spiegava a Report nella puntata dell’ottobre del 2012 che destò grande clamore, quella del ‘misunderstanding’ sulle “proprietà ” della famiglia Di Pietro.
In quel libro del 2011, aveva raccontato parte della vita di Di Pietro, sia come magistrato, sia come leader dell’Idv.
Tuttavia, secondo il giudice Monica Velletti della I sezione civile, molte storie narrate sono infondate e “diffamatorie”.
Sono diversi gli episodi contestati dall’ex pm, a partire dal “caso Pazienza”, faccendiere coinvolto nel crac del Banco Ambrosiano scappato alle Seychelles.
L’autore sostiene che il pm “si sarebbe recato nel 1984 nell’arcipelago dell’Oceano indiano ‘sulle tracce di Pazienza all’insaputa del Procuratore capo dell’Ufficio di Bergamo’ e rientrato avrebbe redatto un rapporto informativo consegnato al Procuratore capo della Procura di Bergamo.
Secondo l’autore del libro tale condotta sarebbe indice del coinvolgimento dell’odierno attore nei servizi segreti militari”.
Di Pietro era sì alle Seychelles, ma in viaggio con la moglie, e quando apprese che lì si trovava il latitante inviò una rapporto al suo superiore.
Nessun collegamento con gli 007, come già  accertato nel 1996 da una sentenza del Tribunale di Milano.
Non ne ha tenuto conto Di Domenico, che “ha utilizzato espedienti narrativi tali da indurre il lettore a desumere collegamenti tra Di Pietro e i servizi segreti”, si legge nella sentenza.
Altra vicenda riguarda “il caso Pacini Battaglia”, banchiere poi condannato che parzialmente collaborò con il pool Mani pulite.
“Secondo l’autore… Di Pietro non avrebbe inquisito Francesco Pacini Battaglia, pur avendo appreso fatti costituenti reato — sostiene il giudice -. La circostanza è falsa”.
A certificarlo, due sentenze di proscioglimento per l’ex pm che Di Domenico non ha considerato, come molte altre sentenze a lui favorevoli “non compiendo approfondita analisi delle fonti”.
Di Domenico non teneva neanche conto dell’archiviazione della sua denuncia sulla presunta sparizione di 1,1 milioni di euro dai bilanci dell’Idv, secondo lui finiti alla famiglia Di Pietro per l’acquisto di immobili.
Una denuncia infondata e archiviata nel 2009 perchè “i finanziamenti effettuati da Di Pietro quale socio della An.To.Cri. srl (la società  di famiglia, ndr) risultavano pienamente giustificati”,   ricorda oggi il Tribunale.
Tuttavia quell’informazione fasulla, contenuta nel libro del 2011 e ripresa da molti giornali dopo il servizio di Report, aveva dato origine a una campagna mediatica contro l’ex pm: per tutti, Di Pietro e famiglia avevano acquistato 56 immobili, che in realtà  erano 56 particelle catastali per un totale di 11 immobili, tra cui le case della moglie, del suocero e dei due figli maggiorenni, i terreni di campagna e la masseria paterna a Montenero di Bisaccia. Non proprio un impero.
Ora, quattro anni dopo il libro e la campagna che ne seguì, una sentenza punisce l’autore della bufala.
“Se da una parte — commenta l’ex pm al Fatto — sono contento che venga fuori la verità , dall’altra resta l’amarezza per il danno provocato. Il contenuto del libro è stato ripreso da tanti media. La mia figura dava fastidio. Nella mia vita mi sono dovuto dimettere da magistrato, poi da ministro, poi lasciare definitivamente la politica. Sempre per accuse che si sono poi rivelate false. Ma troppo tardi”.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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DI PIETRO SI CANDIDA SINDACO DI MILANO: “CHIEDO A GRILLO DI SOSTENERMI”

Marzo 17th, 2015 Riccardo Fucile

“IO AVVOCATO DI CASALEGGIO? I CLIENTI SONO SEMPRE RISERVATI”

Sessantacinque anni, due repubbliche dopo, Antonio Di Pietro è di nuovo a Milano. Dopo aver dominato quel momento di svolta della storia politica italiana che fu Mani Pulite, ha deciso di voler fare il sindaco.
A che punto è la sua candidatura, avvocato?  
«Mi sto confrontando con il tessuto civico e sociale di Milano per vedere se ci sono le realtà  culturali e le persone per bene per portare avanti il progetto».
Ora ce lo dica in dipietrese.  
«Non mi candido tanto per candidarmi. Se ci metto la faccia e parto così presto non è solo per partecipare».
Si sussurra che avrebbe già  l’accordo con Casaleggio.  
«Bisogna essere in due per sposarsi. Il M5S per definizione non appoggia persone che abbiano già  ricoperto un mandato politico. C’è scritto nel loro non-statuto e non li voglio tirare per la giacca».
Dipendesse da lei sarebbe cosa fatta?  
«Apprezzo che si sia affermato il M5S quando è andato in declino l’Idv. Hanno la stessa ragion d’essere. Sono molto contento che il cittadino abbia potuto sfogare nelle urne la rabbia e la delusione contro un sistema corrotto».
Ma?  
«Ma caro Beppe, non basta limitarsi alla protesta, bisogna passare alla proposta. Anche se credo che ultimamente l’abbia capito».
Altri consigli?  
«Grillo farebbe bene a farsi eleggere in Parlamento. È bene che il comandante stia al timone».
È vero che Casaleggio è un suo assistito?  
«I clienti, per definizione, sono riservati».
C’è chi giura di aver ricevuto lettere come suo legale.  
«Io difendo i miei clienti».
Se dice così però conferma.  
«Dice?».
Torniamo a Palazzo Marino. Lei col rinnovamento che “c’azzecca”?  
«Milano è l’espressione più chiara del fatto che non è cambiato nulla dalla prima Repubblica. La city milanese tesse gli stessi intrighi di potere che c’erano durante Tangentopoli».
Vuole fare il sindaco sceriffo?
«No, non mi candido per fare lo sceriffo. Non conosco il milanese ma conosco i milanesi. È so quel che ci vuole».
Chi è Matteo Renzi?  
«È il più abile venditore di elettrodomestici di questo paese».
Questa l’aveva già  detta su Berlusconi.  
«Renzi vende fumo dando per realizzato tutto ciò che è un’aspirazione. Coniuga i verbi solo al futuro. Vorrei ricordargli che seguendo solo quel tempo verbale non ci sarebbero più figli».
Per ora in Parlamento non ha perso una battaglia.  
«Intanto ha trasformato il suo partito in qualcosa d’altro, poi toccherà  al Paese. Ma le pare normale che in Parlamento la sua opposizione interna dica che non è d’accordo con lui ma finisca sempre per votare quello che vuole Palazzo Chigi?»
Non le piace la rottamazione?  
«Ma quale rottamazione? Ha portato dentro il potere degli yes men».
Anche Raffaele Cantone è uno yes man?  
«Cantone, poverino, con i poteri che ha fa quel che può».
E Mattarella?  
«Lo aspetto al varco della prima firma su Italicum. Se lo firma dopo aver bocciato il porcellum da giudice costituzionale allora è tutto fumo e niente arrosto».

Francesco Maesano

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LA TERZA VITA DI DI PIETRO: ORA BATTE I DETRATTORI IN TRIBUNALE

Dicembre 2nd, 2014 Riccardo Fucile

TONINO VINCE LE CAUSE CONTRO DUE SUPER MAGISTRATI CHE LO ACCUSAVANO

Il giudice Corrado Carnevale, ex presidente della Cassazione, e il suo collega della Corte Costituzionale, Paolo Napolitano, hanno rincontrato Antonio Di Pietro.
In un’aula del tribunale di Roma. Ed entrambi sono stati condannati in primo grado: il primo per aver “dichiarato il falso” sostenendo di aver favorito l’ex pm agli esami di magistratura e il secondo a pagare le spese processuali perchè la richiesta di risarcimento danni per diffamazione presentata contro il fondatore dell’Italia dei Valori è stata rigettata.
I fatti relativi alla querela risalgono al giugno 2009.
Peter Gomez su L’Espresso racconta di una cena privata poco prima della discussione sulla costituzionalità  del lodo Alfano, cui partecipano due giudici della Consulta, Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano, Silvio Berlusconi, il sottosegretario Gianni Letta, il guardasigilli Angelino Alfano, i presidenti delle commissioni Affari costituzionali della Camera Donato Bruno e del Senato, Carlo Vizzini.
I commensali parlano anche di una bozza di riforma costituzionale della giustizia, redatta da Mazzella.
L’allora leader dell’Idv commenta la notizia così: “Ci sono due giudici della Corte che fanno i ‘consigliori’ del principe e si mettono al suo servizio per dargli le migliori indicazioni per fare leggi che gli facciano mantenere l’impunità ”.
C’è, aggiunge, “una grave incompatibilità  e un conflitto d’interessi. La Corte non si pronunci sul lodo Alfano fino a quando i due giudici non si saranno dimessi”. Intervento poi ampliato in uno scritto pubblicato il primo novembre 2009 sul blog di Di Pietro dal titolo “Facce toste”.
Napolitano querelò per diffamazione l’ex magistrato chiedendo, fra l’altro, un risarcimento danni per 500 mila euro.
Il 18 novembre scorso è stata depositata la decisione del giudice Daniela Bianchini che non ho solo ha escluso la diffamazione riconoscendo il diritto di critica e “l’assoluta inopportunità  di quella partecipazione”, ma ha condannato Napolitano al pagamento in toto delle spese per otto mila euro.
A Carnevale è andata ancora peggio.
Oltre alle spese per la lite processuale è stato condannato a pagare 15 mila euro di danni a Di Pietro.
Il giudice è noto con il soprannome di “ammazza-sentenze” perchè, con la carica di presidente della prima sezione penale della Corte suprema di Cassazione, assunse di fatto il monopolio del giudizio di legittimità  sulle sentenze di mafia cancellandone circa cinquecento per vizi di forma tra cui gli ergastoli per i fratelli Michele e Salvatore Greco, ritenuti i mandanti dell’omicidio del magistrato Rocco Chinnici, o le condanne a carico dei componenti della banda della Magliana, nonchè, tra gli altri, l’arresto di Giuseppe Greco figlio del boss Michele.
Nel luglio 2008 Carnevale inizia a rilasciare interviste in cui racconta di aver agevolato l’ex ministro alle Infrastrutturre (il governo Prodi era caduto da due mesi, nel maggio 2008) a entrare in magistratura.
Carnevale nel 1980 presiedeva la commissione di esame del concorso per uditore giudiziari cui partecipava anche Di Pietro.
“Mi pento di aver fatto diventare Di Pietro un magistrato, non mi sarei dovuto far intenerire”, disse Carnevale a un’agenzia di stampa.
L’intervista rimbalzò sui quotidiani sino ad entrare persino in un libro .
Nel gennaio 2010 ripete le stesse affermazioni, aggiungendo particolari: Di Pietro avrebbe beneficiato di “due aiutini. Io “rimasi toccato” dalla nota informativa nella quale si illustravano le umili origini del candidato, la sua permanenza in seminario, il credo religioso, il periodo di emigrazione in Germania.
Di Pietro querela. E i giudici scoprono che “le affermazioni di Carnevale sono risultate false”. Non solo, ma il fascicolo di cui fa menzione non esiste.
Quindi, ha concluso il giudice Monica Velletti, “accertata la falsità  delle dichiarazioni rese dal Carnevale, deve essere evidenziato come le stesse siano lesive dell’onore e della reputazione” dell’ex ministro.
Che ora, lasciata la politica, incassa qualche rivincita e alcune migliaia di euro da investire in trattori.

Davide Vecchi
(da “il Fatto Quotidiano”)

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DI PIETRO SI CANDIDA A SINDACO DI MILANO: CON I CINQUESTELLE?

Ottobre 17th, 2014 Riccardo Fucile

“VEDREMO, CASALEGGIO E’ UN’OTTIMA PERSONA”

È in forma come mai negli ultimi tempi.
I suoi ex compagni di strada gli hanno sfilato da sotto il naso partito e cordoni della borsa? Lui non fa una piega:
“Sbagliate ad appiattirvi sul Pd”, saluta cortesemente e se ne va. La sua è un’altra strada. La spiegò un paio d’anni fa: “Mi diceva di andare contro la partitocrazia, di forzare la legge elettorale e andare alle elezioni da soli. Io pensavo che l’essere nelle istituzioni era decisivo, e dunque era necessario stringere alleanze. Devo dire che oggi i fatti sembrano dare ragione a lui”.
Quel lui era Gianroberto Casaleggio, all’epoca consulente per l’Italia dei Valori. Consigli che dopo anni hanno dato i suoi frutti: “Mi candido a sindaco di Milano, un progetto rivolto ai cittadini. Chi mi conosce sa che non posso interloquire con il sistema, ma solo con chi ne sta fuori”.
Qualche giorno fa due parlamentari del Movimento 5 stelle ragionavano: “Dovrebbe candidarsi con noi. Da un lato sarà  un problema, non possiamo presentare chi è stato eletto con altri partiti, dall’altro sarebbe una fortuna, nelle amministrative ci serve qualche nome forte da spendere”.
Lui non conferma ne smentisce, anche se quel che dice sembra portare in un’unica direzione. Parla volentieri al telefono, e quando pensa di non riuscire a farsi capire premette: “Questa gliela dico in dipietrese”.
Dunque si candida a sindaco o no?
Va bene, a lei glielo dico. Mi candido. Faccio una proposta alla città  per tempo. Lo diceva mia nonna: avviandoti per tempo cerchi di arrivare in orario.
Sì ma scusi, lei ha rotto con l’Idv, chi la sostiene?
Mi rivolgo ai cittadini fuori dai partiti, è con loro che voglio aprire un dialogo. Chi conosce la mia storia personale, quella di magistrato, sa perfettamente che non posso dialogare con chi rappresenta il sistema, ma solo con chi ne è fuori.
Va bene, ma in concreto?
l sistema dei partiti tradizionali si sta superando. Oggi non si guardano più le tessere, ma la persona. Io sto iniziando in questi giorni una serie di incontri, perchè serve un sindaco libero di muoversi non più un ostaggio. Serve una candidatura che nasca dai cittadini.
Alternativa a Pisapia dunque.
Mi lasci cogliere l’occasione per salutarlo, lo ammiro è una brava persona. Ma sì, serve una novità . Io mi propongo per un mandato, ho 65 anni, a settanta mica posso ricandidarmi. Voglio dare il mio contributo alla città .
Bene. Ma cerca l’appoggio del M5s? Senza di loro sarebbe dura. Tra l’altro lunedì è pure relatore a un convegno organizzato da loro, su appalti, corruzione, Expo.
Non voglio strumentalizzare nessuno. Quell’incontro è stato fissato prima della mia decisione, fa parte di una serie di incontri che faccio con i cittadini, la prossima settimana vado anche dagli anziani…
Eh appunto, una serie di incontri per fare rete in vista della sua candidatura. Il M5s risponde all’identikit da lei fatto: fuori dal sistema, non un partito tradizionale…
Guardi, sono andato alla loro tre giorni al Circo Massimo e ho visto una realtà  poliedrica. C’erano cittadini non interessati alla collocazione politica, ma ai temi. Destra e sinistra sono ormai superate. Ma ho visto anche che si ponevano una domanda. Lasci che gliela dica in dipietrese: “E mo’ che abbiamo vinto, siamo in Parlamento, che facciamo?”. Ecco, con i risultati che hanno avuto ora devono affrontare la scelta di una classe dirigente capace, se no fanno l’errore che ho fatto io con l’Italia dei Valori.
E qui arriva appunto Di Pietro.
Guardi nel Non Statuto la regola è chiara sulla possibilità  di candidare chi ha fatto già  politica. Non li sto a tirare per la giacchetta. Io mi presento come cittadino comune però, poi vediamo che succede.
Proprio antipatici non gli sono i grillini.
Oggi tutti gli sparano addosso. Guardi le prime pagine dei giornali su Genova. Tutti a massacrare Grillo. Ma la colpa mica è loro, mi sarebbe piaciuto vedere prime pagine che attaccavano quelli che hanno sempre governato, che hanno le vere responsabilità .
Con Casaleggio siete rimasti in buoni rapporti?
C’è da fare una doppia valutazione. Una personale e una professionale. Quella personale è ottima. Gianroberto è una persona per bene, appassionata, che crede in quello che fa spassionatamente, senza secondi fini.
E quella professionale?
È ottima. È un qualificatissimo professionista che si occupa di informatica. Lui viene accusato, gliela dico in dipietrese, di cose oscure. Di poca trasparenza, ecco. Ma chi lo dice non conosce come funziona internet. Se io ho un file e ti ci faccio mettere le mani c’è il rischio che lo rovini, che si perda. Ecco, chi lo accusa non sa come funziona il suo mestiere.
Lei una volta si è rammaricato di non aver dato ascolto ai suoi consigli al tempo in cui ancora lavorava per lei.
Ma io ho sempre seguito le strategie di Casaleggio. Non è stato quello il mio errore, ma quello della selezione della classe dirigente. Ecco vede, io ho avuto il mio Scilipoti, loro oggi hanno il loro Orellana. Ma nessuno si ricorda che in quella legislatura in 159 cambiarono casacca. E tutti a parlare di Razzi e Scilipoti.
Diciamo che i due non si sottraggono.
Sì, vero. Per quello il M5s non deve fare l’errore che feci io nella selezione della classe dirigente.
Questo a Casaleggio l’ha fatto presente? Voglio dire, vi continuate a sentire?
Sì ci sentiamo, l’ultima volta è stato al Circo Massimo. Sono andato a salutare lui e Grillo, 5 minuti tra i vecchi amici. Ma è una persona con cui prendo volentieri il caffè, diciamo.
Qualcuno dice che i vostri contatti derivano anche da questioni economiche rimaste ancora in sospeso.
Sono fesserie. Non ho conti in sospeso con Casaleggio. È stato un professionista che ha lavorato per noi ed è stato pagato in modo congruo al suo lavoro.
Tornando a Milano: si candida con il Movimento 5 stelle?
Ma io devo ancora individuare la squadra. Poi insieme a tutti i cittadini devo costruire un programma, le priorità . Certo che l’intento è quello di coinvolgere tutti.

(da “Huffingtonpost“)

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INTERVISTA A DI PIETRO: “IO, I MIEI ERRORI E LE EUROPEE: HO ANCORA UNA VITA DAVANTI”

Dicembre 31st, 2013 Riccardo Fucile

DALLA PUNTATA DI REPORT L’INIZIO DEL DECLINO: “TANTE NOTIZIE COSTRUITE AD ARTE CONTRO DI ME, MA MI DIFESI MALE”

“Mi candiderò alle Europee, perchè voglio riportare l’Italia dei Valori in tutte le istituzioni. Ma ci aspetta un 2014 difficile: un anno di rabbia e vetrine rotte”.
Il presidente onorario dell’Idv, Antonio Di Pietro, parla dalla sua Montenero di Bisaccia. Assicura: “Trascorro giorni sereni, facendo il contadino”. Ma per il futuro ha anche altri progetti.
L’anno che sta finendo è stato davvero duro per l’Idv, rimasta fuori del Parlamento. Di certo hanno inciso due fatti, dell’autunno 2012: la puntata di Report sul suo presunto impero immobiliare (“le 56 case di Di Pietro”) e l’arresto per peculato dell’ex capogruppo Idv presso la Regione Lazio, Vincenzo Maruccio.
Innanzitutto, io non provo rancore verso Report. Loro riportarono delle informazioni così come gliele avevano riferite certe persone, in parte già  condannate. Io rilasciai alla trasmissione un’intervista in cui non mi dimostrai all’altezza della situazione. Feci una battuta ridicola, “mia moglie non è mia moglie”. Ora siamo in una fase di mediazione legale: ho chiesto in udienza a Report di poter fornire un’altra versione sulla base di nuovi documenti, con un’intervista. Vorrei una nuova trasmissione per spiegare come sono state costruite ad arte tante notizie contro di me. Per difendermi dal 1994 a oggi ho intentato 353 cause civili e penali, tra quelle definite con sentenza e i procedimenti in corso.
Maruccio, accusato di aver sottratto fondi per oltre un milione al partito, era un dipietrista doc. A molti è parsa la conferma della sua tendenza a sbagliare nella scelta dei dirigenti.
Ho commesso diversi errori. Alcuni madornali, come per De Gregorio: nel suo caso ho dimostrato di non aver letto i fondamentali di Lombroso. Detto questo, tutti parlano di Maruccio, ma io so che in tutti i consigli regionali ci sono tutti i partiti coinvolti in casi simili. E ancora: Razzi e Scilipoti cambiarono casacca, ma perchè non ricordano mai gli altri 9 che votarono per il governo Berlusconi? E Calearo (ex deputato Pd, ndr) con chi stava? Era sempre e solo Di Pietro a sbagliare le scelte?
Ma serviva più attenzione
Io mi prendo tutte le mie responsabilità . Tornassi indietro, certi candidati scelti solo perchè avevano un po’ di voti non li ripresenterei. Prima che facessero il boom alle scorse Politiche, lo dissi a Grillo e Casaleggio: fate in modo che non capiti a voi quello che è capitato a me. Ovvero, nella fretta di creare una classe dirigente, di occuparvi più del risultato che del conoscere bene sul campo i candidati. Approvo la loro idea di farsi le pulci tra di loro prima di rivolgersi all’esterno.
Gran parte dei voti dell’Idv sono andati a Grillo.
Certo, è così. Quando fondai Rivoluzione civile con Antonio Ingroia, brava persona ma poco scafata in politica, io ci credevo. Ma il cittadino vide in Rc un insieme di facce divergenti tra loro, ammucchiate, e alle Politiche andò male. Dopodichè, quando ho visto il risultato di Grillo, mi sono tranquillizzato.
Lei provò a fare un patto elettorale con lui?
Per sposarsi bisogna essere in due. A me avrebbe fatto piacere, ma rispetto la scelta di Beppe di non allearsi con nessuno.
Vi sentite spesso con lui e con Casaleggio?
Certo, ci siamo anche fatti gli auguri. Gianroberto è una persona seria e preparata, ha conosciuto la politica gestendo il sito dell’Idv: questo gli ha permesso di imparare pure dai nostri errori.
Le chiedono consigli?
No, non c’è bisogno. Non voglio mettere il cappello sui risultati altrui.
Ora lei vuole presentarsi alle prossime Europee. Ma la politica ha ancora bisogno di Di Pietro?
Ogni vita ha la sua storia, e io ne ho avute tante, di vite e di storie. Ora voglio fare il consigliere della nuova generazione dell’Idv, aiutarla a crescere. Il partito l’ho consegnato ai giovani con il congresso del giugno scorso che ha eletto Ignazio Messina segretario.
Chi sceglierà  i vostri candidati?
Un comitato elettorale di 5 persone, di cui faccio parte, sottoporrà  i nomi al segretario. I 72 nomi verranno poi messi sul nostro sito due mesi prima del voto, così il web ci aiuterà  a fare un ulteriore controllo sui candidati.
Alle primarie lei voleva votare Renzi. Spera in un’alleanza tra il suo Pd e Idv?
Ho espresso la preferenza per Renzi perchè c’è un bisogno di ricambio generazionale. Non ho parlato mai di politica con lui, ma il segretario dell’Idv sta dialogando con il nuovo segretario del Pd.
Renzi farà  saltare il governo?
Purtroppo no. Io penso che sarebbe meglio andare a votare il prima possibile, ma questo è un Parlamento di nominati: ci sono più Razzi e Scilipoti che mosche, lì dentro. Non gli permetteranno di dare lo stop.
Lei è sempre stato contrario alle larghe intese. Ma non c’è nulla da salvare?
Questo è solo un governo di abili venditori. Dicono sempre quello che faranno domani, mai quello che hanno fatto ieri. Quando parlano sembra di sentire la voce di Berlusconi.
A proposito: per il capo di Forza Italia politicamente è proprio finita?
Sì, anche se lui non ne vuole prendere atto, e sta ridicolizzando la propria figura.
Grillo invoca l’impeachment per Napolitano: è d’accordo?
Fui il primo a non condividere, anche da dentro il Parlamento, la posizione arrogante del presidente della Repubblica sul processo sulla trattativa Stato-mafia a Palermo, e nel sostenere che doveva dare il buon esempio presentandosi a testimoniare . Fu una delle ragioni per cui mi buttarono fuori dal centrosinistra: misero un veto sull’Idv per fare un piacere a Napolitano.
Ma da un punto di vista normativo, ci sono gli estremi?
Lo si è visto in queste ultime ore, sul decreto Salva Roma: di fatto, il presidente svolge anche un’attività  di governo. Mi pare che questo non sia rispettoso della Costituzione. Al netto delle parole di Grillo un po’ sopra le righe, vorrei che si riflettesse sulla sostanza delle cose. Ma l’informazione blasonata elogia solo il grande vecchio che ha preso per mano l’Italia.
Il Paese brucia di rabbia: lei che ne pensa dei Forconi?
Mi dispiace molto vedere come sia stato rovinato un movimento spontaneo di persone e categorie disperate. Io andai alla prima manifestazione dei Forconi, in Sicilia, e mi sentivo a casa. Ma ora sono stati infiltrati da bande che li stanno trasformando in qualcosa di indecifrabile.
Che 2014 sarà ?
Ci sarà  un aumento esponenziale di rabbia, e sarà  l’anno delle vetrine rotte e delle auto incendiate. Diranno che esaspero gli animi, ma questa è la fotografia. Purtroppo.

Luca De Carolis

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DI PIETRO JR ESCE DAL GRUPPO IDV: 800 EURO IN PIU’ AL MESE

Giugno 9th, 2013 Riccardo Fucile

IL FIGLIO DEL FONDATORE FINISCE AL “MISTO” IN CONSIGLIO REGIONALE… E AUMENTA LA SUA BUSTA PAGA

«Bisogna fare di più», incitava Antonio Di Pietro dal proprio blog il 30 settembre dello scorso anno.
Erano i giorni in cui il governo tecnico preparava il giro di vite sui politici locali, imponendo tagli ai finanziamenti e controlli della Corte dei conti sui bilanci dei gruppi dei consigli regionali per evitare il ripetersi di scandali come quelli che stavano esplodendo in tutta Italia, a partire dal Lazio.
La vicenda di Franco Fiorito, alias il Batman di Anagni, ricordate?
E avendo spronato Mario Monti ad affondare il bisturi con ancora maggior decisione, una volta appreso del coinvolgimento del capogruppo dell’Italia dei Valori Antonio Maruccio nella vergognosa vicenda laziale, tuonava «Non ci possono essere sconti per nessuno!».
Quale sarà  ora la reazione dopo la notizia arrivata dalla sua terra, il Molise?
Perchè i magistrati della Corte dei conti, cui spetta da qualche mese il compito di passare al setaccio i bilanci dei gruppi del Consiglio regionale, hanno debuttato bersagliando proprio quello dell’Idv.
«Non regolare», l’hanno dichiarato i controllori.
Secondo loro la rendicontazione di ben 89.733 euro e 99 centesimi, cioè quasi il 40 per cento dei 230.836,49 euro di fondi pubblici incassati dal gruppo dipietrista nel 2012, non può essere considerata «ammissibile».
Per prima cosa, afferma la delibera approvata nell’adunanza del 3 aprile scorso (alla quale i responsabili del gruppo non si sono presentati), ci sono 15.894 euro di spese prive di giustificativi.
Cui si devono aggiungere 73.939 euro di altre spese che i giudici incaricati dei controlli hanno ritenuto non ammissibili, pur ricordando come la legge regionale con la quale sono stati stabiliti i contributi ai gruppi consiliari molisani considera quei soldi, pensate un po’, «spendibili senza vincolo di destinazione».
I magistrati argomentano che questa singolare assenza di limiti all’impiego dei denari dei contribuenti non può comunque prescindere dai «più elementari criteri di ragionevolezza»: dunque non possono essere accettabili «le spese assistite dai giustificativi» che non riguardino il gruppo, i consiglieri o il personale di supporto dello stesso gruppo.
Per esempio, i denari che sono stati girati direttamente al partito.
In questo caso non c’è legge regionale che tenga: il decreto ministeriale del 21 dicembre 2012 con cui è stata attuato quel giro di vite voluto dal governo Monti, lo esclude esplicitamente. Eppure di quei 230.836 euro destinati al gruppo ben 36.100 sono finiti nelle casse del partito. Prova provata che i contributi ai gruppi sono a pieno titolo una delle tante voci del finanziamento pubblico dei partiti.
Il bello è che il rendiconto era stato redatto secondo le regole previste proprio da quel decreto, senza che per l’esercizio 2012 fosse ancora obbligatorio.
Ma la Corte dei conti ha escluso dalla rendicontazione anche un certo numero di semplici scontrini del Pagobancomat per 439 euro (che cosa era stato acquistato?), rimborsi spese per 16.408 euro a chi prestava attività  volontaria, rimborsi dei pasti di oltre 1.800 euro per cui erano state presentate pezze d’appoggio illeggibili se non doppie, rimborsi di carburante al personale del gruppo mancanti dei dati sui tragitti e le auto, tre biglietti aerei emessi a favore di personale estraneo allo stesso gruppo…
Va da sè che tutto questo non sarebbe accaduto se non fossero arrivati tutti quei soldi.
Perchè 230.836 euro sono una cifra enorme.
Considerando che il gruppo Idv era costituito da tre persone, sono 76.945 euro procapite, quasi 20 mila in più rispetto ai finanziamenti concessi ai gruppi parlamentari della Camera, pari nel 2012 a 57.539 euro per ogni eletto.
Calcolando poi che fino allo scorso anno i consiglieri molisani erano 30, significa che ai gruppi politici di una Regione con circa 320 mila abitanti sono andati 2,3 milioni di euro. Una cifra senza senso.
Per inciso, di quel gruppo faceva parte anche Cristiano Di Pietro, figlio del leader del partito, approdato finalmente nella precedente tornata elettorale al consiglio regionale, dopo essere passato per il consiglio provinciale e per quello comunale.
Il 2 novembre 2012, mentre infuriava lo scandalo del Lazio, dichiarava risoluto: «Dopo i tristi esempi provenienti da alcune Regioni possiamo andare controcorrente e dimostrare che non tutti i consiglieri sperperano il denaro pubblico».
Faceva parte del gruppo, abbiamo detto, perchè ne è uscito qualche settimana fa dopo che un candidato dell’Idv rimasto fuori dal Consiglio alle ultime elezioni ha presentato un ricorso al Tar. Lui non ha gradito e ha imboccato la porta.
Uscendo dal gruppo ma non dal partito, beninteso.
È soltanto emigrato al gruppo misto, che prima non esisteva.
Lui l’ha costituito, ne è l’unico componente nonchè il presidente: incarico, per inciso, che vale 800 euro netti in più al mese.
Tanto per Di Pietro junior come per altri suoi 15 colleghi. Perchè con la nascita del misto i gruppi politici della Regione Molise sono infatti diventati 16, per 21 consiglieri.
In media, 1,31 per ogni gruppo.

Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera“)

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IDV, CONGRESSO A FINE GIUGNO: 5 CANDIDATI E IN PALIO ANCHE IL TESORETTO DI DIECI MILIONI

Giugno 9th, 2013 Riccardo Fucile

TESSERE E IMBROGLI, C’ERA UNA VOLTA ‘IDV, IL PARTITO DELLA LEGALITA’

Rabbioso ma non afflitto, il pugnace veneto Antonio Borghesi sigilla così la sua lettera aperta agli iscritti dell’Italia dei Valori: “Siamo stati il partito della legalità . Ma se non riusciamo a farla rispettare neanche dentro casa nostra, allora niente ha più senso”.
La legalità  è coniugata al passato prossimo, “siamo stati”.
Il caos, i sospetti su affarismo e imbrogli e soldi, l’omologazione al sistema della casta, sono tutti al presente.
È la sintesi dell’ultima Idv, quella scomparsa dal Parlamento eletto a febbraio.
Nel caso specifico Borghesi si riferisce al tesseramento gonfiato e fasullo per il congresso straordinario dell’Idv di fine giugno.
Tre giorni, dal 28 al 30, in un centro di piazza di Spagna.
Sì, il partito di Antonio Di Pietro riunisce i suoi iscritti per eleggere il nuovo leader e nessuno ne parla. Segno triste dei tempi.
Appena tre anni fa, nel 2010, il congresso dell’Idv tenne banco sulle prime pagine dei giornali per il duello tra Luigi de Magistris e Vincenzo De Luca del Pd, il sindaco di Salerno che chiese e ottenne l’appoggio dei “giustizialisti” per le regionali in Campania, e per le polemiche su una foto del ’92 di Antonio Di Pietro che cena con il famigerato poliziotto Contrada.
Oggi de Magistris, sindaco di Napoli, non è più nell’Idv.
Leoluca Orlando, ritornato da trionfatore a Palermo, c’è ancora, invece, ma diserterà  il congresso.
Resta solo un ammaccato Di Pietro, auto-nominatosi padre nobile.
Il già  citato Borghesi è uno dei cinque candidati alle segreteria e nella sua lettera aperta nota: “Alle amministrative, abbiamo presentato le nostre liste in soli 19 comuni su 700, ebbene com’è possibile che in alcune regioni non ci siamo presentati per mancanza di persone da mettere in lista e improvvisamente, in quelle stesse regioni, compaiono centinaia di iscritti?”.
Già , come è possibile? Soprattutto in Campania, dove si racconta di tesserati che interpellati per telefono dai garanti hanno risposto: “Ma che cos’è l’Italia dei Valori?”.
Il nuovo segretario sarà  eletto direttamente dai 13.994 iscritti accertati al 27 maggio scorso.
Si voterà  al computer domenica 30 giugno, dalle 8 alle 13.
Tre le modalità : al congresso, nelle federazioni locali, da casa.
Per disinnescare le tessere false, impossibili da eliminare pena lo slittamento del congresso, è stato messo a punto un complesso sistema di codici, una combinazione tra pc e telefonino.
Nella graduatoria dei favoriti, Borghesi è al quarto posto.
Dopo di lui solo Nicola Scalera.
Il pronostico della vigilia vede in testa Ignazio Messina, seguito da Matteo Castellarin e l’eurodeputato Niccolò Rinaldi.
Messina è il sospettato numero uno per lo scandalo degli iscritti falsi. È stato il braccio di Di Pietro per le operazioni più imbarazzanti di questi anni. Cioè l’arrivo nell’Idv di riciclati dell’Udc, dell’Udeur e così via.
Gente poi finita anche in galera.
Messina ha in mano l’organizzazione e ha in mente un partito che uno dei suoi avversari a microfoni spenti descrive in questo modo: “Il ragionamento di Ignazio è questo: ‘Visto che abbiamo perso il voto dell’opinione pubblica, facciamo il modello Udeur con i pacchetti di tessere e pensiamo a sopravvivere’”.
In pratica, la completa democristianizzazione del fu partito della legalità .
A contrastarlo sarà  soprattutto Castellarin, funzionario dell’Idv, che si batte per un ritorno alle origini.
Castellarin è il Renzi dipietrista perchè ha lo stesso nome e la stessa età  del sindaco di Firenze: “Sì, mi chiamo Matteo e ho 37 anni”.
La sua mozione è “un urlo di rabbia contro l’attuale dirigenza”.
Il leader ufficialmente non parteggia per nessuno ma sono in molti a giurare che “in cuor suo si augura una vittoria di Matteo”.
Il duello investe anche il tesoretto rimasto nelle casse del partito: almeno dieci milioni di euro, di cui otto in titoli e il resto liquidi.
Una cifra cui però bisogna sottrarre i 100mila bruciati inutilmente per le amministrative di Roma.
La storia è andata così. A due giorni dalla presentazione delle liste, Ignazio Marino, candidato del centrosinistra, ha scaricato l’Idv, ormai in caduta libera.
Risultato: manifesti e liste da buttare e vendetta violenta di Di Pietro: “Marino è stato scorrettissimo, a Roma non farò votare per lui al ballottaggio”.
Gli attuali sondaggi danno all’Idv percentuali irrisorie, tra l’uno e il due per cento. L’otto per cento registrato nell’autunno scorso è un ricordo diafano, trasparente.
La nuova marcia è una traversata nel deserto senza più la bussola del leader fondatore. Come dimostra l’ultima riunione nazionale sull’affaire del tesseramento.
Chiusa da Di Pietro con queste parole: “Fate come volete, l’importante è che non mi tirate in mezzo e mi garantite un esito regolare”.
Amarezza, tanta amarezza. E qualche piccola speranza: “Adesso che i grillini stanno crollando, la gente mi cerca di nuovo su Face-book”.
Speranza o rimpianto?

Fabrizio d’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano“)

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L’IDV NON SI SCIOGLIE PIU’: IN GIOCO UN TESORETTO DI 16 MILIONI

Aprile 7th, 2013 Riccardo Fucile

STOP AI RIMBORSI E SEDI CHIUSE…IN UN ANNO PATRIMONIO DIMEZZATO

Per Antonio Di Pietro sono settimane di fuoco.
Prima, appena addolcita dall’elezione di suo figlio Cristiano nel consiglio regionale del Molise, la batosta elettorale.
Un danno incalcolabile anche dal punto di vista economico, al quale si è aggiunta pure la beffa.
Quale beffa? Che mentre la sua stella tramontava fra scontri e veleni interni al partito, saliva prepotentemente quella di Beppe Grillo: del quale, ai tempi che furono, aveva condiviso il sodalizio con il fornitore di servizi informatici Gianroberto Casaleggio.
Poi, subito dopo la mazzata, la dolorosa prospettiva di una notte dei lunghi coltelli nell’Italia dei valori.
«Fallimento dell’Idv, scatta la resa dei conti», titolava venerdì il Giornale della famiglia di Silvio Berlusconi. E va bene che il quotidiano di proprietà  del fratello del Cavaliere non è mai stato tenero con l’ex pm di Mani Pulite.
Ma la cosa sembra davvero seria, visti gli stracci che stanno volando da un po’ di tempo nel partito.
Fra i tanti aspetti che presenta questa vicenda ce n’è uno, tuttavia, che rischia di avere strascichi maleodoranti.
Come purtroppo accade in ogni famiglia i cui componenti decidono di separarsi. Parliamo dei soldi.
Perchè nonostante i tagli, il partito fondato da Tonino Di Pietro ha ancora in pancia un bel tesoretto: almeno a giudicare dal bilancio del 2012, che è stato già  pubblicato, con sorprendente efficienza e solerzia.
Al 31 dicembre del 2012 il patrimonio netto era di 16 milioni 604.830 euro.
Certo, rispetto a un anno prima, quando toccava 35 milioni 763.265 euro si era ridotto di oltre la metà : per colpa soprattutto della rinuncia all’ultima tranche dei ricchissimi rimborsi elettorali relativi alle elezioni politiche del 2008.
In ogni caso, però, una cifra ancora consistente e soprattutto ben investita.
E non per i 4 milioni 451 mila euro depositati in banca, anche qui meno della metà  rispetto al 2011 (più di 9 milioni).
Soprattutto, per gli 8 milioni di investimenti finanziari, fra cui i 7,3 milioni di titoli della Eurizon Capital, società  di gestione del risparmio che fa capo al gruppo Intesa Sanpaolo.
Rendimento totale: 285.603 euro.
Che su 8 milioni tondi fa il 3,56 per cento netto.
Un risultato coi fiocchi, di questi tempi. Anche in confronto ai Buoni del Tesoro.
A proposito, «È fatto divieto ai partiti di investire la propria liquidità  derivante dalla disponibilità  di risorse pubbliche in investimenti finanziari diversi dai titoli emessi da Stati membri dell’Unione Europea»: non dice così l’articolo 9 della legge 96 del 2012, quella che a luglio ha dimezzato i rimborsi elettorali e ha comportato la famosa rinuncia all’ultima tranche delle elezioni 2008?
Si tratta con ogni probabilità  di investimenti precedenti a quella legge, visto che già  nel bilancio del 2010 figuravano titoli Eurizon Capital Sgr per 3 milioni 983.284 euro. Ma è un fatto che nei conti al 31 dicembre 2012 risultavano raddoppiati in confronto a due anni prima.
Va detto che il bilancio dello scorso anno non fotografa esattamente la situazione attuale.
Non dice, per esempio, quanto l’Italia dei valori abbia speso (e incassato) per l’ultima sventurata campagna elettorale, ma fa chiaramente capire che dopo il taglio del finanziamento pubblico l’aria è cambiata.
E sarebbe cambiata, eccome, anche se Di Pietro e i suoi non fossero stati trombati.
Un segnale inequivocabile, la risoluzione anticipata dei contratti d’affitto della sede di Milano, di quella di Bergamo, e di uno dei due appartamenti della sede nazionale di Roma.
Altri tempi, rispetto a quando la sede del partito, come ha raccontato recentemente Libero , era in un immobile di proprietà  della società  di Di Pietro, la An.To.Cri.
Un appartamento, ha ricordato questo quotidiano mai particolarmente generoso con l’ex magistrato, acquistato poi un giorno dalla Immobiliare estate due, una srl riconducibile al senatore di un partito, il Popolo della libertà  di Berlusconi, che più lontano dal leader dell’Idv non avrebbe potuto essere.
Il suo nome, Riccardo Conti: assunto a improvvisa notorietà  un anno fa quando La7 ha rivelato che nell’arco di una stessa giornata aveva acquistato un palazzo a Roma per 26,5 milioni di euro rivendendolo in poche ore all’Ente di previdenza degli psicologi per 44.
E tracce di quel rapporto fra Di Pietro e il senatore del Pdl esistono ancora nel bilancio della An.To.Cri., dove figura un credito di 2.598 euro verso la Immobilare estate due.
Altri tempi anche rispetto al 2001, quando l’ex pm era rimasto, esattamente come ora, fuori dal Parlamento: il suo partito non aveva superato la soglia di sbarramento.
Senza seggi e senza denari.
Finchè arrivò, qualche mese dopo, la provvidenziale leggina che oltre a moltiplicare l’importo dei rimborsi elettorali ne consentiva l’erogazione anche ai partiti che pur non avendo superato il 4 per cento necessario ad avere posti in Parlamento nella quota proporzionale, avessero comunque raccolto almeno l’un per cento dei suffragi.
Dissero che serviva a far avere i soldi al Ccd, che pur essendo entrato in Parlamento insieme alla coalizione guidata da Berlusconi non aveva raggiunto la fatidica soglia del 4 per cento.
L’effetto collaterale, comunque, fu che pure il partito fondato da Tonino ebbe accesso ai finanziamenti pubblici.
Insieme ad altre formazioni minori, come per esempio i Comunisti italiani.
La leggina venne astutamente approvata a tempo di record negli ultimi giorni di luglio perchè entrasse in vigore 48 ore prima del 31 di quel mese: la scadenza prevista per il pagamento dei contributi, che vennero quindi prontamente versati anche nelle casse dell’Italia dei valori.
Inutile sperare adesso in una eventualità  del genere.
Di Pietro potrà  contare ancora su una manciata di rimborsi per le elezioni europee e regionali: nel bilancio 2012 sono contabilizzati crediti per 4 milioni.
Spiccioli, confrontati alla valanga di denaro cui tutti si erano abituati.
Poi più niente, a meno di qualche miracolo.
Si consolino: il denaro non è tutto.
È così che si dice, no?

Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)

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