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FORMIGONI DOPO LA SENTENZA DELLA CONSULTA SULLA SPAZZACORROTTI: “I MIEI MESI DI CARCERE ERANO INGIUSTIFICATI”

Febbraio 13th, 2020 Riccardo Fucile

SENZA LA RETROATTIVITA’ BOCCIATA DALLA CONSULTA, DIVERSI CASI GIUDIZIARI AVREBBERO PERMESSO L’AFFIDAMENTO AI SERVIZI SOCIALI

Sono molti i casi che, alla luce del pronunciamento dell Corte Costituzionale sulla legge n.3 del 2019 — la cosiddetta Spazzacorrotti -, dovranno essere rivalutati.
Si parla di alcune condanne (quelle minori) relative al processo Mondo di Mezzo che, alla luce della sentenza della Consulta, porteranno a una scarcerazione quasi immediata, ma anche di Roberto Formigoni che, per via della riforma firmata M5S e Alfonso Bonafede, ha visto aumentato il suo tempo passato dietro le sbarre di un carcere.
L’ex governatore della Regione Lombardia è stato condannato per il caso Maugeri a 5 anni e dieci mesi di carcere.
La sentenza arrivò nel febbraio del 2019, a un mese dall’entrata in vigore delle legge Spazzacorrotti. Non appena varcata la soglia del carcere di Bollate, potè richiedere la detenzione ai domiciliari come tutti gli over 70. La richiesta venne accettata e, ancora oggi, sta scontando la sua pena nella sua abitazione.
«Apprendo   con soddisfazione che la Corte ha ritenuto incostituzionale la retroattività  della Spazzacorrotti in forza della quale, purtroppo, ho subito alcuni mesi di ingiustificata detenzione», ha dichiarato Roberto Formigoni che, poi, ha lanciato anche un duro attacco al Movimento 5 Stelle, padre di questa riforma: «C’è da augurarsi che il pronunciamento della Consulta freni una linea di politica penale giustizialista presente nei governi di questa legislatura».
Senza la legge Spazzcorrotti, infatti, l’ex governatore della Regione Lombardia avrebbe potuto richiedere l’affidamento ai servizi sociali al posto della detenzione in carcere, con l’ordine di detenzione in cella che sarebbe comunque arrivato dopo la valutazione dei giudici sulla possibilità  di affidare il condannato.
Insomma, senza la Spazzacorrotti — con particolare riferimento alla retroattività  della legge che, secondo la Consulta, viola l’articolo 25 della Costituzione -, non avrebbe mai trascorso quei mesi in carcere.

(da agenzie)

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DOPO AVER REGALATO L’IMPUNITA’ A SALVINI, I GRILLINI TORNANO FORCAIOLI CON FORMIGONI CHE NON CONTA PIU’ NULLA

Febbraio 22nd, 2019 Riccardo Fucile

MANETTARI SECONDO CONVENIENZA

Che Formigoni fosse colpevole ormai è assodato dopo la sentenza della Cassazione.
Che Formigoni fosse a capo di una Giunta che insieme con quelli della Lega, oggi alleati di Governo dei grillini, spesso al centro di inchieste e scandali giudiziari è altrettanto noto. Formigoni adesso andrà  in galera e ci rimarrà  un bel po’.
Quello che fa rabbia è vedere come i camerieri grillini che hanno appena salvato Salvini per motivi di pura convenienza da un processo per sequestro di persona, oggi siano tornati forcaioli e manettari, fino a rivendicare politicamente l’arresto di Formigoni
Un inaccettabile doppio pesismo morale che dimostra come il M5s diventa innocentista quando gli conviene, mentre infierisce in maniera volgare quando tra i condannati finisce qualcuno che ormai è fuori dal giro della politica e non può servire loro per mantenere la poltrona, l’unica cosa a cui loro tengono.
Infatti leggete qui: ”Ho iniziato il mio cammino nel Movimento per combattere contro personaggi come Mr. B e contro il Celeste ed il suo impero. Oggi mentre gli italiani ci hanno mandato al Governo del paese Formigoni andrà  in carcere per corruzione dopo che solo qualche mese fa abbiamo anche approvato la legge ‘spazzacorrotti’ che non lo farà  scappare dalle sbarre dati i gravi reati! Il Cambiamento”.
Così in un post su facebook il sottosegretario Stefano Buffagni, in merito alla sentenza sul caso Maugeri.
Nessuna parola di conforto per i migranti della Diciotti segregati per giorni in condizioni terribili nè per per le tante persone costrette a dormire in mezzo alla strada a causa del famigerato decreto sicurezza.

(da Globalist)

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I GIUDICI: “FORMIGONI CORROTTO CON ALMENO SEI MILIONI DI EURO”

Giugno 20th, 2017 Riccardo Fucile

CASO MAUGERI, LE MOTIVAZIONI DELLA CONDANNA A SEI ANNI

Nessuna attenuante. Sono durissime le parole dei giudici che hanno condannato a sei anni Roberto Formigoni per il caso Maugeri.
Nessuna attenuante, perchè dal processo sono emersi “gravi fatti posti in essere dalla più alta carica politica della Regione Lombardia per un lungo periodo di tempo, con particolare pervicacia”, con “palese abuso delle sue funzioni” e “in modo particolarmente callido e spregiudicato, per fini marcatamente di lucro e con grave danno per la Regione”.
In cinque anni, sei milioni di euro.
Il Tribunale di Milano “ritiene che le utilità  corrisposte a Formigoni in esecuzione dell’accordo corruttivo, tra il 2006 ed il 2011, siano stimabili nell’ordine di almeno sei milioni di euro, a fronte di circa 120 milioni di euro e di circa 180 milioni di euro che, nello stesso periodo, vengono erogati dalla Regione rispettivamente a Fondazione Salvatore Maugeri e Ospedale San Raffaele”.
La cronologia della corruzione.
Secondo i giudici “sotto il profilo cronologico si sottolinea il quasi parallelismo tra le erogazioni” a Fondazione Maugeri e al San Raffaele e “le erogazioni delle utilità “. Il Tribunale fa una serie di esempi come “le vacanze di Capodanno 2006/2007 (…) coeve all’intervento di Formigoni per la reintroduzione delle funzioni non tariffabili” che hanno comportato un incremento dei rimborsi alla Maugeri.
Oppure, sostiene il collegio, l’ex governatore “fruisce del grosso delle utilità  (vacanze e viaggi, contanti, villa in Sardegna) dal Capodanno 2007 in poi.
Proprio in quell’anno (…) – si legge sempre nelle motivazioni –   si verifica l’intervento di Formigoni per garantire che la legge no profit venga approvata con un testo favorevole” all’ente con sede a Pavia e al San Raffaele “che avevano, all’epoca, più pressanti necessita finanziarie.
E’ significativo, in particolare – proseguono i giudici – che la giunta regionale recepisca le modifiche alla legge sui no profit favorevoli alle due fondazioni in data 22.6.2007 e che Daccò acquisti Ojala (imbarcazione poi utilizzata quasi esclusivamente da Formigoni) proprio in data 28.6.2007”.
Pagato con viaggi e vacanze di lusso.
“Gli ingenti capitali investiti”, sottolinea il Tribunale parlando del faccendiere Pierangelo Daccò e dall’ex assessore Antonio Simone “per garantire a Formigoni vacanze in località  esclusive, disponibilità  di imbarcazioni di lusso, uso di dimore di pregio, un altissimo tenore di vita, cene di rappresentanza e viaggi su aerei privati sono del tutto esorbitanti un qualsiasi normale rapporto di amicizia (sia pure con persone molto facoltose) e trovano, viceversa, sotto il profilo quantitativo e temporale, una logica spiegazione proprio nella remunerazione che i privati riconoscono al pubblico ufficiale quale corrispettivo al mercimonio delle funzioni”. Per i giudici, “l’evidenza delle prove raccolte smentisce in radice la tesi della difesa di Formigoni, secondo cui le c.d. ‘utilita del Presidente’ non sarebbero aItro che omaggi e regalie rientranti nell’ambito di un normale rapporto di amicizia tra Formigoni e Daccò”.
Formigoni, anni di vacanze dorate sugli yacht di Daccò: le riviste di gossip negli atti del processo
L’inventario delle regalie. In un capitolo delle quasi 700 pagine di motivazioni, vengono esaminate una ad una “le utilità  percepite dal Presidente Formigoni, suddividendole in alcune macrocategorie per comodità  espositiva: imbarcazioni; vacanze di Capodanno ed altri viaggi; villa in Arzachena – Località  Li Liccioli; denaro contante; finanziamento elettorale di 600.000 euro”.
A differenza di quanto sostenuto dall’accusa, che ha contestato all’ex governatore una corruzione da oltre 8 milioni, per i giudici (che hanno confiscato a suo carico 6,6 milioni come prezzo delle presunte tangenti) “non rientrano nel novero delle utilità  di Formigoni le cene in ristoranti di lusso organizzate da Daccò in onore del Presidente della Regione”.
“Pur avendo tali cene, indubbiamente, un ritorno in termini di immagine per Formigoni – si legge nelle carte – esse rispondevano anche al tornaconto di Daccò, che in questo modo accreditava (soprattutto agli occhi dei funzionari della Regione e dei Direttori Generali) la sua immagine di imprenditore del settore Sanità  molto vicino al Presidente”.
Le altre condanne e le assoluzioni.
Il 22 dicembre la decima sezione penale (giudici La Rocca-Minerva-Formentin) hanno condannato l’ex Governatore a 6 anni per corruzione, mentre i pm chiedevano nove anni. I giudici hanno condannato anche il faccendiere Pierangelo Daccò (9 anni e 2 mesi), l’ex assessore lombardo Antonio Simone (8 anni e 8 mesi), l’ex direttore amministrativo della Maugeri Costantino Passarino (7 anni) e l’imprenditore Carlo Farina (3 anni e 4 mesi). Assolti invece l’ex direttore generale della sanità  lombarda Carlo Lucchina, l’ex segretario generale del Pirellone Nicola Maria Sanese, l’ex dirigente regionale Alessandra Massei, l’ex moglie di Simone Carla Vites e Alberto Perego, amico storico dell’ex presidente lombardo.

(da agenzie)

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SEI ANNI A FORMIGONI PER CORRUZIONE, CONFISCATI BENI PER 6,6 MILIONI DI EURO

Dicembre 22nd, 2016 Riccardo Fucile

“HA FAVORITO MAUGERI IN CAMBIO DI REGALI E VACANZE”

Sei anni di condanna e 6,6 milioni confiscati: per i giudici della decima sezione penale del Tribunale di Milano, Roberto Formigoni è colpevole.
Colpevole del reato di corruzione nel processo con al centro la fondazione pavese Maugeri che si occupa in particolare di riabilitazione in campo sanitario. Ma non di quello di associazione per delinquere.
“Ritengo ingiusta la sentenza e la impugnerò – è il commento del Celeste – convinto che la mia piena innocenza sarà  alfine riconosciuta”. E ancora: “Sono amareggiato ma sereno, una volta di più consapevole della assoluta correttezza del mio operato in tutti i lunghi anni di presidenza di Regione Lombardia. Mai, in nessun modo e in nessuna occasione, ho lasciato che interessi personali influissero sulle scelte di governo della cosa pubblica”.
L’abbraccio dei pm.
La condanna comprende anche sei anni di interdizione dai pubblici uffici e il versamento (in solido con il faccendiere Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio Simone, suoi coimputati) di una provvisionale di tre milioni alla Regione (parte civile), una sorta di acconto in attesa che il giudice stabilisca l’entità  del risarcimento. La sentenza è stata letta nella maxi aula della prima corte d’assise d’appello, la stessa dei processi a carico di Silvio Berlusconi. I pm che hanno sostenuto l’accusa, Laura Pedio e Antonio Pastore, non hanno voluto rilasciare commenti.
Ma fuori dall’aula, subito dopo la lettura della sentenza, si sono abbracciati.
I giudici gli sequestrano 6,6 milioni.
A Formigoni i giudici hanno confiscato beni per 6,6 milioni di euro: tra questi c’è il cinquanta per cento della celebre villa in Sardegna, il cui acquisto è stato uno dei punti centrali dell’inchiesta; nella sentenza si stabilisce il trasferimento dell’altra metà  delle quote della proprietà  ad Albergo Perego, amico e coinquilino nella residenza dei Memores Domini. Perego, invece, è stato assolto.
La confisca più alta è quella disposta, però, per Pierangelo Daccò: oltre 23 milioni di euro. Per Simone la confisca è pari a 15,9 milioni, per l’ex direttore amministrativo della Fondazione Maugeri Costantino Passerino la confisca è per beni pari a 8 milioni. In totale i beni confiscati agli imputati hanno un valore di oltre 53,8 milioni.
Cinque condanne e cinque assoluzioni.
Insieme all’ex governatore, sono stati condannati anche i presunti collettori delle tangenti: Daccò (9 anni e 2 mesi) e Simone (8 anni e 8 mesi). Condannati anche l’ex direttore amministrativo della Maugeri, Costantino Passerino (7 anni) e l’imprenditore Carlo Farina (3 anni e 4 mesi). Assolti invece Nicola Sanese, Alessandra Massei, Carla Vites (moglie di Simone), Alberto Perego e Carlo Lucchina, ex direttore generale della Sanità .
Le accuse: favori/vantaggi.
In base alla ricostruzione dell’accusa, Formigoni sarebbe stato il “promotore e organizzatore” dell’associazione a delinquere (ma da questa accusa è stato assolto “per non aver commesso il fatto”) e avrebbe garantito stabilmente tra il 1997 e il 2011 favori alla Maugeri (per questo dalle casse della fondazione sarebbero usciti circa 61 milioni di euro) e tra il 2002 e il 2011 al San Raffaele (in questo caso dalle casse dell’ospedale sarebbero usciti 9 milioni di euro, ma questo era un altro filone del processo).
Soldi confluiti su conti e società  di Daccò e Simone, che poi avrebbero garantito a Formigoni circa otto milioni di euro in benefit di lusso, tra cui l’uso di yacht e il pagamento di vacanze. Il politico avrebbe ricambiato favorendo la Maugeri e il San Raffaele con atti di giunta, garantendo rimborsi indebiti per circa duecento milioni.
I pm: “Milioni sottratti per i sollazzi di Formigoni”.
Il sistema corruttivo al centro del caso Maugeri ha portato a sottrarre “milioni di euro pubblici finiti in una percentuale del 25 per cento nelle tasche di Daccò e Simone per finanziare i sollazzi di Formigoni, dei suoi familiari e dei suoi amici”. E’ stato questo uno dei passaggi più duri delle repliche della pm Pedio.
Le vacanze in barca.
Per dieci anni – aveva sostenuto in aula ancora Pedio – “Formigoni non ha speso un euro dei suoi soldi”, utilizzando contante ottenuto da Daccò e Simone in tagli da 500 euro e facendo vacanze faraoniche e viaggi in barca.
“Dal 2002 al 2012 – aveva anche sottolineato la pm – il conto bancario di Formigoni è stato silente”, nel senso che non risultava essere uscito dal quel conto un solo euro. E lui in cambio, sempre secondo l’accusa, avrebbe favorito la Maugeri e il San Raffaele con atti di giunta garantendo rimborsi indebiti.
Le richieste di condanna.
Per Formigoni, i pm Pedio e Pastore – in aula con loro per la sentenza c’era anche il procuratore capo Francesco Greco – avevano chiesto una condanna a nove anni di carcere, con un impianto di accuse che l’ex governatore definì: “Roba da fiction”.
La Procura aveva chiesto anche altre nove condanne, tra cui quelle a otto anni e otto mesi per i presunti intermediari delle tangenti, Daccò (già  in carcere per il crack del San Raffaele) e l’ex assessore regionale Simone; 5 anni e mezzo era la richiesta per l’ex direttore generale della Sanità , Lucchina, e l’ex segretario generale della Regione, Sanese.
Ancora, otto anni e tre mesi era la richiesta per l’ex direttore finanziario della Maugeri, Costantino Passerino; mentre 5 anni era quella per l’ex membro dei Memores Domini (l’associazione cattolica di cui fa parto lo stesso Formigoni), Alberto Perego.

(da agenzie)

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“FORMIGONI CAPO DEL GRUPPO CRIMINALE”: IL PM CHIEDE 9 ANNI DI CARCERE PER L’EX GOVERNATORE

Aprile 15th, 2016 Riccardo Fucile

PROCESSO PER IL CRAC DELLA MAUGERI, CHIESTE ALTRE NOVE CONDANNE: TRA LORO DACCO’ E L’EX ASSESSORE SIMONE… “CORRUZIONE SISTEMATICA, SPERPERATI 70 MILIONI”

Chiesti nove anni di reclusione per Roberto Formigoni.
“Capo di un gruppo criminale” — secondo l’accusa — e al centro di “fatti gravissimi di corruzione sistemica durata dieci anni”, nei quali sono stati “sperperati 70 milioni di denaro pubblico, con due enti al tracollo, la Maugeri e il San Raffaele“.
E beneficiario — sempre secondo la ricostruzione dei magistrati — di “circa otto milioni di euro in benefit di lusso” arrivati dalle tasche degli imprenditori Daccò e Simone in cambio di rimborsi indebiti.
“Quello del pubblico ministero è un teorema fantascientifico, una vera fiction senza alcun riferimento alla realtà  e senza alcuna prova”, ha commentato a caldo il senatore di Ncd.
“Formigoni capo del gruppo criminale”
Tutt’altro secondo i pm di Milano Laura Pedio e Antonio Pastore, che hanno usato parole forti durante la requisitoria finale nella quale hanno chiesto la condanna per l’ex presidente della Regione Lombardia, imputato per associazione per delinquere e corruzione nel caso Maugeri.
Secondo i magistrati era proprio Formigoni “il capo e il promotore” del “gruppo criminale” che ha fatto “commercio privato delle funzioni pubbliche”.
Senza la sua adesione — sostengono Pedio e Pastore — non sarebbe esistita neppure la presunta associazione per delinquere. I pm hanno chiesto altre nove condanne, e in particolare 8 anni e 8 mesi per il faccendiere Pierangelo Daccò e per l’ex assessore lombardo Antonio Simone.
“Corruzione sistemica”
I magistrati hanno descritto il sistema emerso dalle indagini partite nel 2012 e hanno illustrato ai giudici quanto approfondito nel corso del processo.
Dove “abbiamo ricostruito dei fatti gravissimi di corruzione, una corruzione sistemica durata dieci anni. Questo processo — ha aggiunto il pm Pedio — dimostra quanto la corruzione sia devastante per il sistema economico, abbiamo avuto qua 70 milioni di euro di denaro pubblico sperperati, con due enti al tracollo, la Maugeri e il San Raffaele, con imprenditori che hanno depredato questi enti e un danno enorme al sistema sanitario”.
“Otto milioni di benefit di lusso al governatore”
Secondo l’accusa, infatti, dalle casse della Maugeri sarebbero usciti circa 61 milioni di euro tra il ’97 e il 2011 e dalle casse del S. Raffaele tra il 2005 e il 2006 altri nove milioni di euro. Tutti soldi che sarebbero confluiti sui conti e sulle società  di Daccò e Simone, presunti collettori delle tangenti, i quali poi avrebbero garantito circa otto milioni di euro in benefit di lusso, tra cui vacanze, l’uso di yacht e finanziamenti per la campagna elettorale, all’allora governatore lombardo Formigoni.
E lui in cambio, sempre secondo l’accusa, avrebbe favorito la Maugeri e il S. Raffaele con atti di giunta garantendo rimborsi indebiti (circa 200 milioni di euro per la Maugeri).
“Ordini e pressioni per enti amici in cambio di tangenti”
“Se non ci fosse stato l’arresto di Daccò per il caso San Raffaele e se il fiduciario Grenci non avesse portato la contabilità  in Procura, la corruzione sistematica che durava da oltre 10 anni sarebbe proseguita”, hanno spiegato i pm.
Secondo l’accusa, “senza l’adesione di Formigoni l’associazione per delinquere non sarebbe nata” e da lui ci furono “ordini e pressioni” per favorire gli enti ospedalieri amici in cambio di tangenti. I pm hanno sottolineato anche che tra il settembre del 2009 e lo stesso mese del 2011 “ci furono 861 contatti telefonici” tra l’allora presidente della Regione, il faccendiere Daccò e lo stretto collaboratore di Formigoni, Villa.
Secondo i magistrati, Formigoni, così come Daccò, Simone e altri imputati, non merita la concessione delle attenuanti generiche e deve essere condannato a nove anni di carcere.
Pm: “Senatore ha mentito in aula”
Il pm Pedio ha voluto sottolineare che Formigoni “gestisce ancora la cosa pubblica e le dichiarazioni che è venuto a fare qua in Aula le ha fatte da senatore della Repubblica e da presidente della Commissione Agricoltura”.
Il magistrato ha evidenziato più volte come Formigoni “non ha risposto ad alcuna domanda nemmeno dei suoi giudici” perchè in Aula ha reso dichiarazioni spontanee presentando “una storia sua, una tesi risibile, ci è venuto a dire che il rapporto con Daccò era normale e che il problema è dei giornalisti che vanno a cercare gli scontrini”.
Il pm ha sottolineato in più passaggi che Formigoni nella sua ricostruzione “ha mentito” e ha spiegato poi che “chiederemo anche la confisca dei quadri che gli sono stati sequestrati, uno del valore di 50 mila euro”.
“Teorema fantascientifico”
Per l’ex numero uno della Regione Lombardia, però, quello dei pm “è un teorema fantascientifico, una vera fiction senza alcun riferimento alla realtà  e senza alcuna prova. Il teorema dei pm raggiunge le vette del ridicolo quando si sofferma sulle cosiddette utilità . Basti un esempio — ha commentato Formigoni — essere ospitato su una barca per alcuni giorni ha coinciso, per i pm, con il diventare proprietario della barca stessa. Non sarà  difficile per le mie difese smontare punto per punto questa assurda e irrazionale costruzione”.
Il suo avvocato, Luigi Stortoni, ha definito le richieste “molto forti, molto intense e che si confanno a un teorema che noi siamo convinti non sia provato da risultanze”.
Il legale ha aggiunto che le pene proposte dai pm possono essere considerate “congrue” solo se l’accusa “regge”.

(da agenzie)

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RISCHIA LA GIUNTA MARONI: “DISSOCIATI DA SALVINI O ADDIO”

Novembre 10th, 2015 Riccardo Fucile

FORMIGONI: “BASTA INSULTI A NCD O TOGLIAMO APPOGGIO IN REGIONE”…”A MILANO VOTEREMO SALA”

La manifestazione leghista a Bologna è stata la goccia che rischia di far traboccare il vaso. Roberto Formigoni, esponente di Ncd, non ha tollerato gli insulti ad Angelino Alfano rivolti a piazza Maggiore da Matteo Salvini: “Un cretino”.
E così in una intervista al quotidiano La Stampa chiede al governatore Roberto Maroni di dissociarsi dalla linea di Salvini per salvare la giunta in Lombardia.
Una minaccia in piena regola che potrebbe mettere in seria difficoltà  Maroni, per il quale l’appoggio di Ncd è molto prezioso.
Formigoni va oltre e annuncia di essere pronto a sostenere Rodolfo Sala, l’ex commissario per Expo che il Partito democratico vorrebbe candidare a Milano.
Maroni dice che a Bologna si è aperto “un capitolo nuovo”.
“Allora c’è un problema che riguarda Regione Lombardia”.
Siete pronti a staccare la spina?
“Beh, se la linea è quella emersa domenica, sarà  difficile continuare insieme. La nostra maggioranza si regge sugli accordi del 2013, su un programma moderato, riformatore, popolare, in continuità  con le mie giunte. Ora ci sembra che Maroni abbia cambiato idea, visto che parla di “una giornata importante” e di “una svolta”. Dunque anche per lui siamo dei traditori? Anche lui considera Alfano un cretino?”.
È vero che a Milano siete pronti a sostenere Sala con il Pd?
“Il suo nome non può che destare sentimenti positivi in noi. Ricordiamoci che fu scelto dalla Moratti. Anzi, da Bruno Ermolli. E io, da governatore, ne avallai la nomina ad amministratore delegato di Expo”.
Questo è un endorsement..
“Bisogna vedere in che contesto matura la sua candidatura. Noto che ha già  creato molti mal di pancia a sinistra del Pd”.

(da “Huffingtonpost“)

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VACANZE DI LUSSO, FORMIGONI: “DACCO’ PAGAVA, L’AMICIZIA NON FA CALCOLI”

Luglio 8th, 2015 Riccardo Fucile

PRIMA APPARIZIONE DAVANTI AI GIUDICI

«La legittimità  dei miei atti da presidente della Regione Lombardia è incontestabile».
Lo ha detto Roberto Formigoni nelle dichiarazioni spontanee al processo Maugeri, nel quale è imputato per associazione per delinquere e corruzione assieme, tra gli altri, all’ex assessore regionale Antonio Simone e al faccendiere Pierangelo Daccò.
Formigoni ha aggiunto di non aver «mai emanato atti in favore» di alcuno e che la Procura «si è concentrata sui rapporti personali con Daccò e Simone»: «Non si tratta di utilità  ma di scambi tra persone che sono amiche».
Formigoni all’inizio delle dichiarazioni ha voluto rivendicare la legittimità  delle delibere regionali in materia sanitaria, «tutti atti sottoposti a plurimi controlli» da parte del Tar, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, «magistrature» che hanno sempre «dato sostanzialmente ragione a Regione Lombardia».
«Io ero il presidente della Regione e avevo un ruolo politico, dovevo occuparmi di politica e delle modalità  tecniche si occupavano i dirigenti come Sanese».
«Se non avessi conosciuto Daccò e Simone questo processo non sarebbe mai iniziato – ha sottolineato Formigoni -, l’accusa si è concentrata sui miei rapporti personali».
L’ex governatore lombardo ha poi iniziato a raccontare l’origine del suo rapporto con Daccò che è «personale e amicale e che inizia nei primi anni del 2000».
Le accuse
È la prima volta, da quando è scattata l’inchiesta sul caso Maugeri, che Formigoni decide di presentarsi davanti ai giudici per rispondere alle accuse.
Secondo l’ipotesi accusatoria, dalle casse della fondazione Maugeri sarebbero usciti circa 61 milioni di euro in 10 anni, soldi da cui sarebbe stata creata la provvista per concedere benefit di lusso all’ex governatore per circa 8 milioni di euro, tra cui viaggi aerei, vacanze ai Caraibi e un maxi sconto sull’acquisto di una villa in Sardegna.
In cambio, attraverso l’opera dell’ex assessore Simone e del faccendiere Daccò, la fondazione avrebbe ottenuto con delibere di Giunta favorevoli, circa 200 milioni di euro di rimborsi indebiti. Secondo l’accusa, Formigoni, difeso dai legali Mario Brusa e Luigi Stortoni, avrebbe promosso un’associazione per delinquere per 14 anni tra il 1997 e il 2011.
L’amicizia con Daccò
«Ho conosciuto Pierangelo Daccò nel 2001 e con il tempo è diventato un amico: è una persona con cui è simpatico stare e con cui trascorrevo periodi di vacanza», ha detto Formigoni. L’incontro con Daccò, che all’epoca collaborava con l’ospedale Fatebenefratelli, avvenne durante il Meeting di Cl a Rimini.
«Mi presentò Daccò padre Schiavon – ha proseguito – e lo rividi l’anno successivo durante un incontro con l’allora presidente del Cile, quando si rafforzò la sua immagine come collaboratore del Fatebenefratelli».
«Negli anni successivi si sviluppò un rapporto – ha sottolineato – e spesso passava nel mio ufficio per un saluto e per uno scambio di chiacchiere tra amici».
Formigoni ha spiegato inoltre di aver conosciuto l’ex assessore regionale Antonio Simone, anche lui imputato, «negli anni ’70 quando entrambi eravamo responsabili del Movimento popolare».
«I periodi di vacanza con Daccò non sono mai, ripeto mai, serviti per parlare dei suoi interessi, non è mai stato architettato o pianificato alcunchè», ha detto Formigoni a proposito dei cinque giorni di «vacanza ai Caraibi».
«Anche Daccò sapeva che un conto sono i rapporti personali, un conto la mia funzione di amministratore, questa era la mia regola», ha aggiunto.
«Siamo amici e ci comportiamo da amici, l’amicizia è la tipica cosa in cui non ci sono calcoli. Io accettavo i suoi inviti per i viaggi e Daccò si faceva carico delle spese e non ha mai chiesto nulla, anzi io ho provato a pagare e forse una volta ci sono riuscito e poi cercavo di sdebitarmi con delle cene a casa mia o con visite in località  turistiche».
Le barche e la villa
Formigoni ha voluto ribattere all’accusa di aver ottenuto benefit di lusso, tra cui l’uso esclusivo di yacht.
«Le barche erano di Daccò, che non le ha comprate per me ma per se stesso. Daccò mi invitava a bordo delle sue barche – ha sottolineato – e la mia unica colpa è quella di aver accettato l’invito di un amico. Ma tra amici ci si scambiano gli scontrini, le ricevute? Io allora avrei dovuto calcolare quanto spendevo per le cene in cui era ospite a casa mia e presentargli il conto?».
«Il mio uso esclusivo della barca di Daccò – con riferimento alle parole dei pm nell’imputazione – si riduce a 10-12 giorni di agosto e uno o due 2 weekend nei mesi di luglio e settembre, e quella barca Daccò la metteva a disposizione degli amici, delle sue figlie, sei loro fidanzati, delle figlie di Simone e di alte amiche e amici».
E ha raccontato di essere andato spesso dal 2006 in poi in vacanza in Sardegna «quando Daccò e Simone mi invitavano».
«I giornali di gossip dell’epoca ogni estate pubblicavano foto del presidente della Regione Lombardia ed ogni anno mi veniva attribuita una fiamma diversa, ma non erano che le figlie o le amiche dei miei amici».
Formigoni, inoltre, ha voluto respingere anche le accuse su un presunto maxi sconto per l’acquisto di una villa in Sardegna.
Ha chiarito che ad acquistare la villa fu il suo amico Alberto Perego da Pierangelo Daccò e che lui avrebbe fatto soltanto «un prestito» a Perego perchè «mi disse che non aveva 3 milioni a disposizione e che la banca gli faceva un mutuo soltanto di 1,5 milioni».
Per l’ex governatore, dunque, le «cosiddette utilità » contestate dai magistrati «non esistono e non mi riguardano o sono solo segni di amicizia».
«Sarei stato un fesso»
Formigoni ha spiegato di essere «finito in uno scenario kafkiano, di totale fantasia».
«Secondo l’accusa avrei cominciato a percepire le utilità  dieci anni dopo l’inizio della mia attività  delinquenziale a favore della Maugeri – ha aggiunto – e nonostante la mia capacità  diabolica di corrompere sarei così fesso da non portare a casa nessun vantaggio nell’immediato».
Formigoni poi ha definito come «assolutamente legittime» le delibere di Giunta finite sotto la lente di ingrandimento della Procura di Milano.
«Alla Maugeri sono stati dati dei bei soldi – ha sottolineato – a mio avviso in modo del tutto legittimo. In 18 anni di presidenza non ho mai accettato che una delibera non venisse approvata all’unanimità  – ha ribadito – ma gli atti secondo la Procura sono criminosi solo nel mio caso». Riferendosi all’accusa di associazione per delinquere, l’ex governatore lombardo si è difeso sostenendo di essere «accusato di aver creato un’associazione con un mucchio di gente che non conosco o che, nel 1997, ancora non conoscevo».
Il senno di poi
«Con il senno di poi posso imputarmi che mi sono esposto con leggerezza in un rapporto personale di confidenza, che all’esterno è stato visto malamente, ma questa amicizia non si è mai riverberata sulle mie scelte politiche»: questa la conclusione delle dichiarazioni spontanee di Formigoni, durate tre ore.
Il processo è stato aggiornato al 6 ottobre, quando verrà  ascoltata Carla Vites, imputata e moglie di Antonio Simone.

(da “il Corriere della Sera”)

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FORMIGHINI

Maggio 21st, 2015 Riccardo Fucile

NON SI RENDE CONTO CHE NON E’ PIU’ NESSUNO, LA COMPAGNIA AEREA LO HA LIQUIDATO CON UNA NOTA COME UN INSETTO MOLESTO MA INNOCUO

La disavventura aeroportuale di colui che fu Formigoni sta deliziando senza tregua i sadici frequentatori della Rete.
Nel video, ripreso a Fiumicino da un solerte passeggero, il senatore di Aviazione e Liberazione attinge alla sua esperienza di attaccabrighe televisivo per esprimere al funzionario Alitalia tutto il suo disappunto per il fatto che l’ultimo aereo per Milano abbia avuto l’ardire di non aspettarlo.
Il commovente episodio rivela l’antichità  del protagonista.
Formigoni non si rende conto che, nell’era dei telefonini, nulla di pubblico può restare impunito, e infatti i giovani scafati alla Renzi parlano ormai tutti con la mano sulla bocca come i calciatori.
Non si rende nemmeno conto di essersi sempre spacciato per cattolico presso i suoi incomprensibili elettori e inanella insulti da fare impallidire un cine-panettone.
Poi non si rende conto che, nonostante da qualche tempo abbia attenuato le smargiassate in tv e le tonalità  delle camicie, rimane uno dei simboli più detestati della Casta, per cui termina lo sproloquio con una sfumatura di arroganza: del genere «lei non sa chi ero io».
Ecco, soprattutto non si rende conto che ormai non è più nessuno.
Lo dimostra la reazione dell’Alitalia (da lui definita, con linguaggio da Crociato, compagnia «italo-araba») che con malcelato fastidio ha emesso un breve comunicato per sbugiardare Formighini come fosse un insetto molesto ma in fondo innocuo.
Se fosse stato ancora Formigoni, gli avrebbero regalato un aereo o almeno una divisa da steward.

Massimo Gramellini
(da “la Stampa”)

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FORMIGONI: “SONO SPARTANO, HO 18 EURO SUL CONTO E ASPETTO LO STIPENDIO”

Aprile 11th, 2014 Riccardo Fucile

“HANNO SEQUESTRATO UNA VILLA CHE NON E’ MIA E UN CONTO IN ROSSO”

“Per i pm sarei un re Mida al contrario”.
Torna a difendersi il senatore Ncd ed ex governatore lombardo Roberto Formigoni.
E, a due settimane dal rinvio a giudizio per associazione a delinquere e corruzione in merito allo scandalo Maugeri, convoca oggi una conferenza stampa nella sede milanese della fondazione ciellina ‘Europa Civiltà ‘, della quale è presidente onorario.
Sul terrazzo con vista su quel palazzo Lombardia da lui stesso voluto, Formigoni chiarisce: “Mi hanno sequestrato una Panda, una Multipla, una villa in Sardegna — che non è mai stata mia — e un conto corrente in rosso”, continua Formigoni in riferimento ai sequestri a suo carico disposti ieri dal tribunale di Milano, che congiuntamente ai sequestri disposti per le altre persone sotto processo ammonterebbero a 49 milioni di euro.
“Sull’altro mio conto ho 18 euro”, continua il senatore di Ncd, che spiega di attendere lo stipendio da parlamentare che arriverà  il 21 del mese.
“Nel frattempo ho chi mi dà  da mangiare e a Roma mangio alla buvette”.
Più spartano di un grillino, facciamo notare.
“E’ vero — conferma Formigoni — sono abbastanza spartano”

Franz Baraggino

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