Destra di Popolo.net

A PIAZZA PULITA TUTTE LA BALLE DI GIORGIA MELONI SULL’IMMIGRAZIONE

Febbraio 21st, 2020 Riccardo Fucile

UN DELIRIO DI IGNORANZA DELLE LEGGI: DAL BLOCCO NAVALE AI LAGER LIBICI CHE SI “POSSONO SPOSTARE IN TUNISIA”, DAL DIRITTO INTERNAZIONALE CHE NON CONOSCE ALLE CAZZATE SUI PROFUGHI CUBANI

Ieri sera a Piazza Pulita Giorgia Meloni ha detto che non è affatto vero che Fratelli d’Italia sta cercando di fregare i voti alla Lega di Matteo Salvini.
Un minuto dopo però eccola lì a ribadire che c’è una profonda differenza tra l’andare a citofonare ad un ragazzino accusandolo di essere uno spacciatore (come ha fatto Salvini) e mettere alla gogna dei cittadini stranieri solo perchè hanno la casa popolare (come hanno due consiglieri comunali di Fratelli d’Italia).
A precisa domanda sull’essere o meno moderata la Meloni non risponde, anzi rilancia: «sinceramente non so cosa significhi la moderazione in politica, se lei parla di pedofilia è moderato?». E per carità , pure se parliamo di gattini e cagnolini maltrattati probabilmente è difficile trovare dei moderati (non così se invece parliamo di animali selvatici, vero?).
Poi però non appena si parla di qualcosa di più concreto come ad esempio la gestione dei flussi migratori la Meloni si inalbera, dice che le domande di Corrado Formigli sono sbagliate (?) solo perchè le aveva fatto notare che con la sua proposta di blocco navale (in più occasioni la Meloni ha dimostrato di non sapere cosa sia) bambini e migranti rimarranno bloccati in Libia un paese in guerra dove FdI propone di creare degli hot spot. «In alternativa si possono fare in Tunisia» dice la Meloni, che forse ignora qualche dettaglio: non è detto che la Tunisia li voglia e i migranti sono nei campi in Libia.
Ed in effetti tutta questa moderazione e differenza con Salvini non è che si veda. Ad esempio quando la Meloni afferma «io penso che le ONG facciano qualcosa che non esiste nel diritto internazionale».
Le si fa notare che la Cassazione ha detto che l’arresto della comandante della Sea Watch 3 Carola Rackete era illegittimo perchè aveva agito nel rispetto della Convenzione di Amburgo la Meloni spedisce la palla in tribuna dicendo che «la Cassazione tempo fa disse anche se non sei vergine lo stupro è meno grave per cui non sempre io condivido le sentenze della Cassazione».
Ma si tratta di una bufala, perchè la Cassazione (è una sentenza del 2006) non l’ha mai detto o scritto.
Ma non finisce qui, perchè per dimostrare che il diritto internazionale non contempla questa possibilità  di salvataggio la Meloni dice «perchè non lo hanno fatto i cubani che volevano andare negli Stati Uniti?». A
nche qui la Meloni gioca sull’ignoranza del pubblico, perchè durante gli anni dell’emigrazione di massa — via mare — da Cuba verso la Florida gli USA adottarono (e rimase in vigore fino al 2017) la politica del wet feet, dry feet.
Chi riusciva ad arrivare in Florida senza essere intercettato aveva il diritto di restare. Chi invece veniva intercettato in mare veniva deportato verso un paese terzo (Panama, ad esempio) oppure — in base ad accordi con Cuba — riportato sull’isola.
È evidente quindi che in quel contesto (e parliamo del periodo tra gli anni ’80 e gli anni ’90) era assolutamente differente da quello attuale in Italia.
Ora questo giocare sulla paura e sull’ignoranza degli elettori, il banalizzare le questioni, il proporre soluzioni semplici a problemi complessi (il blocco navale per rispondere alle sfide dell’immigrazione) e stabilire indebite analogie è proprio l’essenza del populismo sovranista.
Quello stesso populismo della Lega o del MoVimento 5 Stelle. Con la differenza che la Meloni e il partito di Salvini sono stati già  al governo del Paese, hanno già  avuto modo di mettere alla prova le loro ricette di governo, e non hanno funzionato.

(da “NextQuotidiano”)

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LA MELONI QUERELA REPUBBLICA PER L’ARTICOLO “LA PERONISTA DELL’ALTRA DESTRA PIU’ AMATA DI SALVINI”

Ottobre 24th, 2019 Riccardo Fucile

ALLA MELONI E’ SALTATA LA MOSCA AL NASO PER UN ARTICOLO CHE NON DICE NULLA DI NUOVO RISPETTO A TANTI ALTRI, SALVO UN DETTAGLIO

A Giorgia Meloni non è piaciuto affatto il ritratto disegnato questa mattina da Francesco Merlo sulle pagine de La Repubblica.
Il titolo dell’articolo, che inizia a pagina 10 dell’edizione del 24 ottobre del quotidiano di Carlo Verdelli, è abbastanza emblematico: «La peronista dell’altra destra più amata di Salvini».
Il giornalista fornisce una descrizione della sorpresa di ascoltare toni tanto forti e «violenti» pronunciati da una donna che, all’apparenza, sembra essere molto meno cattiva rispetto a ciò che dice.
E poi si ripercorrono tutte le sue parole su Sea Watch altri casi ormai famosi. Per questo motivo, Giorgia Meloni querela Repubblica per diffamazione.
«A seguito della pubblicazione dell’articolo ‘Meloni la peronista dell’altra destra più amata di Salvini’ ho dato mandato ai miei legali di sporgere querela per diffamazione nei confronti del giornalista Francesco Merlo e del direttore del quotidiano Repubblica, Carlo Verdelli — ha detto la leader di Fratelli d’Italia nell’annuncio della sua denuncia -. Di rado, nella mia vita, ho letto un articolo così violento, così lesivo della dignità  di qualcuno, così palesemente volto a istigare odio verso quella persona e considero gravissimo che molte delle affermazioni a me attribuite per giustificare il disprezzo del giornalista siano totalmente inventate o volutamente manipolate».
Secondo le leader di Fratelli d’Italia, il ritratto fatto di lei da Francesco Merlo non ha nessun connotato del diritto di cronaca, ma si configura con la piena diffamazione. Per questo motivo Meloni querela Repubblica e di tutto questo «Merlo e il direttore Carlo Verdelli risponderanno in tribunale».
Cosa dice il ritratto di Merlo
Nel suo articolo, oltre alle cose già  citate, si sottolinea come le parole pronunciate in piazza e sui social da Giorgia Meloni strizzino l’occhio a quel clima di odio tanto diffuso in Italia.
Si sottolinea, non senza punzecchiature, come il linguaggio da lei usato sia una delle cause dell’aumento dell’intolleranza nel nostro Paese.
Ma, nonostante questo, è lei a essere la più amata dagli italiani. Più di Salvini.
Nulla di nuovo rispetto a quanto sostenuto in migliaia di altri articoli, insomma.
Salvo il riferimento al suo compagno che sarebbe di sinistra.
Meditate gente…

(da agenzie)

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LA MELONI HA BISOGNO DI CURE: “QUANDO SAREMO AL GOVERNO, CACCEREMO IL DIRETTORE DEL MUSEO EGIZIO DI TORINO”

Febbraio 11th, 2018 Riccardo Fucile

SI ACCONTENTI DELL’OLIO DI RICINO, IL MUSEO EGIZIO E’ UN MUSEO PRIVATO, IL DIRETTORE LO SCEGLIE LA FONDAZIONE… MA QUESTA, SOLO FIGURE DI MERDA RIESCE A RIMEDIARE?

Fratelli d’Italia annuncia che in caso di vittoria elettorale caccerà  il direttore del Museo Egizio di Torino, Christian Greco, colpevole di aver compreso, tra le tante iniziative promozionali, anche una agevolazione per tre mesi ai torinesi che parlano arabo. Secondo Fratelli d’Italia la campagna del museo “è il sintomo del pensiero debole dell’Occidente” e addirittura “una iniziativa ideologica e anti-italiana”.
A far infuriare gli eredi di Alleanza nazionale anche l’appello dei Comitati tecnici del Mibact, il ministero dei beni culturali, che in un documento hanno espresso “solidarietà  all’iniziativa del direttore Greco” condannando “le strumentalizzazioni e gli attacchi politici”.
Venerdì Giorgia Meloni e i militanti del partito di destra avevano inscenato una manifestazione di fronte al Museo.
Il direttore Greco era sceso in strada e aveva ribattuto alle teorie dei politici che tenevano il comizio. La Meloni, a detta di tutti, ne era uscita male, dimostrando una grande ignoranza in materia.
Ora   arriva la minaccia del responsabile della comunicazione di Fratelli d’Italia, Federico Mollicone: “Una volta al governo Fratelli d’Italia realizzerà  uno spoil system automatico di tutti i ruoli di nomina del ministero della Cultura”.
Neanche sa che il museo Egizio di Torino non è un museo statale, ma è retto da una Fondazione che nomina il direttore in base a un bando.
Quindi il ministero non c’entra una mazza, come peraltro aveva cercato già  di spiegare Greco alla smemorata Meloni.
Non contenta della prima, oggi seconda figura di merda.

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A GENOVA FRATELLI D’ITALIA COME AMBRA CON BONCOMPAGNI: TELEGUIDATI DAL REGISTA, DA SOLI NON SONO CAPACI DI DECIDERE

Gennaio 17th, 2018 Riccardo Fucile

IL SINDACO COSTRETTO A RINVIARE UN VOTO PERCHE IL GRUPPO DELLA MELONI PRIMA APPONE LA FIRMA E POI LA RITIRA: NON APPROVANO NEANCHE UNA MOZIONE CHE CHIEDE IL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE E IL SINDACO SI INCAVOLA

Maggioranza di centrodestra in tilt in Sala Rossa per le posizioni che ancora una volta dividono Fratelli d’Italia e alleati.
È accaduto ieri in consiglio comunale, dove sindaco e maggioranza hanno fatto mancare il numero legale, rinviando così alla prossima settimana il voto sulle due mozioni che, nonostante le prove di mediazione, sono rimaste contrapposte.
Da una parte quella di Pd e Lista Crivello – condivisa anche da M5S e Chiamami Genova – che chiede alla giunta di non concedere spazi pubblici a chi professa e/io pratica “comportamenti fascisti, razzisti, omofobi, transfobici e sessisti”, dall’altra quella del centrodestra che fa le stesse richieste per chi non rispetta e Costituzione e norme statali e comunali, senza alcun riferimento, però, al fascismo.
Le divergenze nel centrodestra sono emerse nel lungo confronto – durato circa un’ora e mezza – fra sindaco e capigruppo di maggioranza e di minoranza, per cercare di definire un testo condiviso da tutti.
A proporre la mediazione era stato, a sorpresa, in aula il sindaco ma il tentativo è fallito. «Ci hanno chiesto di eliminare tutti riferimenti al fascismo e alla Resistenza, lasciando solo un riferimento al reato di apologia di fascismo: per noi è inaccettabile» hanno spiegato i consiglieri del Pd lasciando la riunione.
Ma anche se avessero accettato, l’unanimità  non ci sarebbe stata: i consiglieri di FdI, dopo aver consultato i vertici nazionali del partito – si racconta di una telefonata con Ignazio La Russa – hanno fatto sapere che non avrebbero votato un testo con riferimenti al fascismo.
Ma il vero colpo di scena dietro le quinte, è stato il cambiamento di posizione di FdI sulla mozione della maggioranza che prima avevano firmato ma della quale ieri non erano più convinti.
In realtà  la decisione di far mancare il numero legale è stata determinata proprio dal timore della maggioranza di non riuscire a far approvare la sua mozione.
E le indiscrezioni raccontano anche che questo atteggiamento non sia piaciuto al sindaco. Anche perchè già  una volta il gruppo di FdI aveva prima firmato e poi bocciato in aula una mozione della maggioranza, in quel caso sull’autonomia regionale.

(da “il Secolo XIX”)

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GIORGIA MELONI E IL MAIALE DEI CASAMONICA

Gennaio 17th, 2018 Riccardo Fucile

IN UN POST LA LEADER DI FDI LO AVEVA INDICATO COME EMBLEMA DEL DEGRADO DI ROMA, MA ORA SI SCOPRE CHE ERA SFUGGITO DA UNA PROPRIETA’ DEL CLAN E I GRILLINI ACCUSANO LA MELONI DI AVER VOLUTO SPORCARE L’IMMAGINE DELLA CITTA’

“Mi spiace che la campagna elettorale abbia spinto Giorgia Meloni a rilanciare l’immagine di un maiale in strada. La politica dovrebbe essere altro. Abbiamo scoperto che quel il maiale è di proprietà  di un membro della famiglia Casamonica che ha ammesso alla polizia locale di averne perso il controllo il giorno precedente”.
La sindaca di Roma, Virginia Raggi, chiude così la polemica cominciata nei giorni scorsi da Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia aveva rilanciato sulla propria pagina Facebook prima la foto di un maiale tra i cassonetti dei rifiuti e poi un video dello stesso animale che attraversava la strada nel quartiere della Romanina, alla periferia della Capitale.
“Il fallimento dell’amministrazione Raggi è ormai ben noto a tutti, tranne che al M5S, che invece di risolvere il problema rifiuti, continua a dare la colpa alle precedenti amministrazioni”, scriveva Meloni nel primo post, pubblicato l’11 gennaio, incolpando la sindaca di “rovinare l’immagine di Roma”.
Un’accusa rilanciata anche il giorno dopo: “Il M5S ha ragione: non è vero che con la Raggi a Roma nulla è cambiato. In questo video si vede bene che l’asfalto è stato rifatto”.
Un’ironia che ha finito per ritorcersi contro la leader di Fratelli d’Italia, visto che, spiega la stessa Raggi   nel corso della presentazione di un protocollo per aumentare la differenziata, la gestione dei rifiuti non c’entra nulla.
“Per sporcare l’immagine della Capitale, è stato utilizzato un animale che il clan Casamonica ha dichiarato, guarda caso, essere sfuggito al loro controllo il giorno precedente. Lo stesso maiale che, prontamente, è stato postato sul profilo Facebook della Meloni per denigrare l’amministrazione Raggi”, afferma in una nota il parlamentare M5s, Danilo Toninelli.
“Per la penosa Meloni — continua — che non ha argomenti politici validi per attaccare l’amministrazione della Capitale, e che usa questi mezzucci squallidi, è diventato un boomerang“.
Rincara la dose la parlamentare dei 5 stelle, Federica Daga: “Cosa non si fa in campagna elettorale – afferma -. Pur di sporcare l’immagine della giunta Raggi si utilizza un maiale, che poi è risultato essere di proprietà  del clan dei Casamonica e che, singolarmente, è sfuggito al controllo dei suoi padroni. Al di là  delle considerazioni e delle congetture che si possono fare, è stata un’operazione squallida, di cui la Meloni dovrebbe chiedere scusa a tutta la città “.
Il proprietario del maiale sarebbe dunque un membro della famiglia Casamonica.
Coinvolto nell’inchiesta su Mafia capitale, indicato come uno dei quattro clan che regnano su Roma dall’inchiesta del settimanale Espresso, il clan dei Casamonica è composto da famiglie sinti, etnia nomade ormai presente da decenni in Italia, originario dall’Abruzzo.
Negli Settanta le famiglie si trasferiscono a Roma, dove iniziano a specializzarsi nel racket e nell’usura nella periferie sudest della Capitale.
Negli anni Novanta fanno il salto di qualità , s’inseriscono nel mercato degli stupefacenti, prendono il sopravvento nella zona tra Anagnina e Tuscolano, si alleano con i clan dei Castelli, con alcuni affiliati alla ‘Ndrangheta dei Piromalli e Molè, con uomini della Banda della Magliana. Negli anni duemila il clan viene preso di mira dalle indagini della magistratura: decine di arresti tra il 2004 e e l’operazione Mondo di Mezzo, sequestri patrimoniali da decine di milioni.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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PIROZZI FURIBONDO CON LA MELONI: “NON MI VUOLE CANDIDATO A GOVERNATORE DEL LAZIO”

Ottobre 26th, 2017 Riccardo Fucile

“INTERCETTATO” MENTRE PARLA CON TOTI, SI SFOGA: “E’ COLPA SUA” E SEGUONO PAROLACCE SULLA LEADER DI FRATELLI D’ITALIA… LA MELONI LO RITIENE TROPPO VICINO A SALVINI E STORACE

Giorgia Meloni non vuole (più) Sergio Pirozzi candidato governatore del Lazio.
A dirlo è lo stesso sindaco di Amatrice in un colloquio con Giovanni Toti “intercettato” dal Messaggero, che ne parla oggi in un articolo di Simone Canettieri:
«È lei, è colpa sua». Seguono parole non proprio gentili di Sergio Pirozzi nei confronti di «lei»: Giorgia Meloni. Il sindaco è arrabbiatissimo.
E si sta sfogando con Giovanni Toti — arrivato ad Amatrice per donargli 50mila euro in segno della vicinanza della regione Liguria — dentro al prefabbricato dove ha sede il Comune.
Non sono passate nemmeno 24 ore dalla presentazione del libro di Pirozzi all’Eur, evento politico più che letterario al cospetto di tutti i big del centrodestra sovranista, Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Il sindaco è una furia. Pensa di non essere ascoltato durante il colloquio con il governatore ligure. «E’ colpa della Meloni — urla-: non mi vuole, preferisce perdere. Ma deve dirlo». Seguono parolacce.
Toti, che prima di buttarsi in politica è stato un giornalista, mette in guardia Pirozzi: «Piano, qui fuori è pieno di telecamere».
Il colloquio suona strano perchè era stata proprio la Meloni una delle fautrici della candidatura di Pirozzi a via della Pisana.
Nell’articolo si spiega però che i motivi del curioso ostracismo postumo sarebbero fondamentalmente due: il fatto che Pirozzi sia troppo vicino a Salvini e Storace, considerati competitors dall’ex “Draghetta di Usenet” e una non meglio precisata somiglianza nei modi tra Pirozzi e la Polverini:
L’incontro tra i due è dettato dalla solidarietà  della Liguria per il paese terremotato, ma ha una forte valenza politica. Toti è il grande fautore, dentro Forza Italia, del centrodestra a trazione sovranista per via — tra le altre cose — dell’ottimo rapporto con Salvini. Proprio «Matteo» l’altra sera all’Eur è stato “sparato” sull’ipotesi di Pirozzi candidato governatore nel Lazio: «Fosse per me anche domani. Ma forse Sergio dà  fastidio perchè non lo controllano».
Chi? Gli indizi potrebbero portare anche a Giorgia Meloni, così tiepidissima da essere quasi fredda.
Nonostante tecnicamente il sindaco-mister sia iscritto a FdI. Dentro Fratelli d’Italia hanno annusato l’opa di Salvini (ma anche di Francesco Storace) su Pirozzi.
E forse, senza saperlo, certi colonnelli meloniani parlano proprio come gli azzurri che l’altra sera non si sono presentati: «Con Pirozzi rischiamo un’altra Polverini, poi avete visto chi si porta dietro?».

(da “NextQuotidiano”)

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FRATELLI D’ITALIA BOCCIATO ANCHE DAL TAR: NIENTE LISTA A MILANO

Maggio 11th, 2016 Riccardo Fucile

DOPO IL NO DELLA COMMISSIONE ELETTORALE, ANCHE IL TAR RESPINGE IL RICORSO

Fratelli d’Italia e Fuxia People restano fuori dalla corsa per le elezioni comunali.
Il Tar lombardo ha bocciato le istanze di riammissione presentate dai due gruppi, l’ultima spiaggia per tentare di rientrare nella partita elettorale dopo gli errori materiali riscontrati dalla commissione e riconosciuti anche dai rappresentanti delle liste.
Fratelli d’Italia appoggia la candidatura a sindaco di Stefano Parisi per il centrodestra, mentre Fuxia People sostiene quella di Maria Teresa Baldini, la consigliera regionale nota per le sue crociate contro i migranti.
I due gruppi si erano rivolti ai giudici amministrativi dopo che la commissione elettorale   – l’organo misto che ha il compito di controllare la regolarità  delle firme e dei documenti – aveva ribadito l’esclusione delle loro liste, respingendo le istanze di riammissione.
Proprio la mancanza di alcuni moduli aveva   creato problemi alla formazione di Fratelli d’Italia, che ha schierato l’ex vice sindaco sceriffo Riccardo De Corato, ma anche la soubrette Simona Tagli.
Alcuni degli stessi candidati di Giorgia Meloni, però, erano   convinti di poter ancora rientrare in partita, presentando o integrando i documenti che mancherebbero all’appello. In particolare quelli relativi alle disposizioni che regolamentano l’incandidabilità .
Ma il Tar stasera ha bocciato il loro rientro.
Ora è possibile che gli interessati facciano appello al Consiglio di Stato.

(da agenzie)

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LA MELONI CERCA L’ASSIST DA DEL PIERO, MA SBAGLIA CLAMOROSAMENTE LA PORTA

Agosto 29th, 2014 Riccardo Fucile

DEL PIERO VA A GIOCARE IN INDIA, LA MELONI: “RIFIUTI PER I MARO'”… MA PERCHE’ NON LO HA DETTO ALLE 150 IMPRESE ITALIANE CHE LAVORANO IN INDIA DA ANNI? … BASTA SPECULARE SUI MARO’ DOPO AVER AVUTO CON LA RUSSA LA RESPONSABILITA’ POLITICA DEL LORO ARRESTO

“Sono felice di comunicare che da oggi sono un giocatore del Delhi Dynamos e ambasciatore della nuova Super Lega indiana”. Così, su Twitter, Alessandro Del Piero ha annunciato il suo passaggio alla squadra indiana del Delhi Dynamos.
Del Piero – che aveva ricevuto anche un’offerta dagli ungheresi dell’Honved – prenderà  parte alla nuova Indian Super League, il campionato a otto squadre in programma dal 12 ottobre al 20 dicembre
Del Piero si aggiunge alle altre stelle del football che hanno scelto l’India, a cominciare dal suo ex compagno di reparto David Trezeguet, che ha firmato con l’FC Pune City di proprietà  dei Della Valle e allenato da Franco Colomba, passando agli ex Arsenal Robert Pires e Freddie Ljungberg.
Ma l’approdo del calciatore si incrocia con la polemica mai sopita legata al caso dei marò.
“Rivolgo un appello ad Alex Del Piero affinchè rifiuti l’offerta di giocare in India fin quando i nostri marò non torneranno in Italia” ha scritto su Facebook il presidente di Fratelli d’Italia- Alleanza nazionale, Giorgia Meloni.
“Del Piero è un’icona mondiale del calcio, una simile presa di posizione da parte sua potrebbe essere un importante segnale nei confronti del governo indiano e della comunità  internazionale”.
Parole cui Del Piero ha risposto con un messaggio sullo stesso social network: “So che la mia scelta di andare a giocare in India ha sollevato qualche perplessità  in merito ai rapporti tra Italia e India, legati alla vicenda dei due marò detenuti là . Detto che non credo di essere l’unico italiano che intrattiene relazioni con l’India per motivi professionali, so bene però che quello che faccio io ha un impatto mediatico più ampio: accetto volentieri le responsabilità  che il mio ruolo comporta. Nel caso specifico sono consapevole e soddisfatto della mia scelta, non sto andando in un Paese ‘ostile’ e l’ultima cosa che vorrei è una strumentalizzazione del mio ruolo, e soprattutto che lo sport diventi un mezzo utilizzato per dividere al posto che per unire. Da italiano, come tutti i miei connazionali, non sono insensibile alla vicenda dei nostri marò e spero si arrivi presto ad una conclusione positiva per loro, e soprattutto che sia la più giusta”.
E ancora: “Io sono un giocatore di calcio, andrò in India per giocare a calcio, per onorare il mio sport e fare ciò che in questo momento più sono felice di fare: portare un messaggio positivo abbinato ai valori dello sport e alla diffusione del calcio in Paesi lontani dai percorsi tradizionali del pallone. Come l’India con la sua ‘Indian Super League'”.
Con la classe che lo ha distinto in campo, Alex ha dribblato la speculazione demagogica di chi da anni tace sulle 150 aziende italiane che operano in India e che sono alla base del forzato ritorno dei due marò a Dheli in attesa di un processo farsa.
Come mai la Meloni non ha a suo tempo chiesto a queste aziende (anche statali) un analogo ritiro per protesta?
Facile fare demagogia sulle scelte di un calciatore noto che dà  visibilità  persino a una come lei, ma ci voleva ben altro coraggio a inimicarsi il ghota del capitalismo italiano.
La politica manda al massacro i nostri militari facendogli scortare beni privati con la leggina ad hoc voluta da La Russa, e la sua “sorella di partito” pretende che sia lo sport a toglierle le castagne dal fuoco.
Facce da photoshop.

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IL GIOCO DELLE PARTI, STORACE ATTACCA LA MELONI: “NO EURO E FUORI DAL PPE? DUE ANNI FA VOTAVA ANCORA LA FIDUCIA A MONTI”

Marzo 11th, 2014 Riccardo Fucile

ORA SI CONTENDONO UN ELETTORATO “CRITICO” VERSO BERLUSCONI PER POI ALLEARSI O METTERSI IN LISTA CON LUI: SONO ANNI CHE NON SI SMUOVONO DALLA SILVIODIPENDENZA E AL CAVALIERE FANNO GIOCO

Francesco Storace, grande assente di Fiuggi…
«No, guardi, se cominciamo così lasciamo perdere, non mi va più di fare l’intervista».
Il leader de La Destra non è persona che perda facilmente il sorriso. Ma stavolta il tono delle sue parole è amaro, scontroso, con nessuna voglia di scherzare.
«Se non c’ero a Fiuggi non è stato certamente per mia volontà  – spiega – ma perchè non mi hanno voluto. Non che pretendessi di avere qualche ruolo in particolare. Mi bastava un invito, alla stregua di Quagliariello o del rappresentante di Sel».
Come si è spiegato il mancato invito?
«Non me lo sono spiegato. Probabilmente non c’è nessun interesse a tentare una ricomposizione, ma è difficile chiarirsi certi meccanismi. Pssa la voglia persino di fare polemiche, meglio chiuderla qui».
Cosa si aspettava da Giorgia Meloni?
«Avrei voluto un appello sincero all’unità . Invece c’è stato solo un dire e un non dire. Condito da diverse insinuazioni su quelle che sarebbero le mie intenzioni per il futuro. Si preoccupi del futuro dell’Italia, non del mio».
C’è invece qualcosa che l’ha colpita positivamente?
«Il discorso pronunciato da Giorgia è largamente condivisibile. Il problema è che sono solo parole. Mentre la credibilità  si basa sui fatti».
A cosa allude?
«Penso alla presa di posizione contro l’euro. Eppure loro sono gli stessi che hanno votato la fiducia al governo Monti. Noi la battaglia contro la moneta unica l’abbiamo fatta in tempi non sospetti. Era il 3 marzo 2012 e portammo in piazza ventimila persone. Proprio mentre loro in Parlamento sostenevano il governo tecnico. Altro che Marine Le Pen. Per non parlare della faccenda del Ppe…».
Parliamone.
«In passato la Meloni ammoniva: “Guai a tornare nostalgicamente indietro”. Ora invece hanno cambiato idea. Il che è legittimo se però si risparmiano prediche agli altri. La verità  è che se le parole di adesso fossero state identiche ai fatti di ieri non avrebbero avuto problemi a invitarci. Invece hanno avuto paura del richiamo della coscienza, per questo non ci hanno voluti».
L’unità  della destra è definitivamente compromessa?
«La Meloni, con la replica di domenica, certamente non ha aiutato. Ma il discorso va allargato. Questo nuovo partito come si pome con il tema delle alleanze? Vuole o non vuole stare con il centrodestra? Anche parlare di Berlusconi in quella maniera non è stato carino…».
In che senso?
«Sono stati per quattro anni nel suo stesso partito, sono stati ministri con lui e ora lo attaccano. Ma così l’elettorato di destra non te lo riprendi. An valeva il 15%. Adesso quei voti sono almeno per metà  in Forza Italia. Sperano di riconquistarli insultando il leader di quel partito? Vuole sapere i motivi dello scontro con Fini? Sono diventati concorrenti nell’antiberlusconismo».
Berlusconi non può essere messo in discussione?
«Guardi, io con il Cavaliere ho avuto anche scontri duri. Penso a quando, nel 2008, subì il veto di Fini alla presenza de La Destra nella coalizione. Anche noi, in quel contesto, facemmo un “miracolo” in quaranta giorni, conquistando il 2,5% dei voti. Ma quella storia è indicativa anche sotto un altro punto di vista».
Quale?
«Quando convinsi la Santanchè a guidare quella battaglia non le dissi “se ti va, vieni”. La corteggiai, ci fu un’opera di avvicinamento. In politica, a volte, bisogna anche saper essere garbati. Dall’altra parte, invece, c’era Fini che ci attaccava e la Meloni che lo spalleggiava contro di noi. Anche lei, all’epoca, tuonava contro i partitini. E adesso?».
È vero che andrà  con Berlusconi?
«Intanto la Direzione de La Destra, prima del congresso di Fiuggi, aveva varato la doppia tessera. Anche quello voleva essere un segnale distensivo. Ma non è stato colto. Ora convocherò il comitato di presidenza, ascolterò i vari orientamenti e decideremo. Un’idea me la sono fatta, ma ne parlerò solo quando diventerà  qualcosa di più concreto».

Car. Sol.
(da “il Tempo”)

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