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MATTEO RENZI: “MELONI VUOLE I PIENI POTERI. PER FARLO HA BISOGNO DI TOGLIERE DI MEZZO UN GALANTUOMO COME MATTARELLA. LA PREMIER VUOLE ANDARE AL COLLE PER NON AVERE LIMITI”

Novembre 21st, 2025 Riccardo Fucile

“L’ATTACCO A GAROFANI DA PARTE DI BIGNAMI? MELONI SAPEVA TUTTO – QUESTA SCENEGGIATA DEL CENTRODESTRA CHE URLA AL COMPLOTTO UNA VOLTA AL GIORNO SERVE SOLO A MASCHERARE I VERI PROBLEMI DEL PAESE: IL PIANO CASA DA 15 MILIARDI DOVE È FINITO? IL PIANO DAZI DA 25 MILIARDI DOVE È FINITO? L’AUMENTO DELLE PENSIONI DOVE È FINITO? LE MISURE PER L’IMPRESA CHE FINE HANNO FATTO? E MI DOMANDO COME MAI CONFINDUSTRIA STIA SEMPRE ZITTA. TRA IL 2025 E IL 2026 SIAMO QUELLI CHE CRESCONO MENO IN EUROPA”

Matteo Renzi, cosa pensa del caso di questi giorni? Crede che Galeazzo Bignami abbia attaccato il consigliere del Quirinale senza che Giorgia Meloni lo sapesse?
«Ovviamente no. Meloni sapeva tutto e infatti ha messo il carico spostando la polemica da Garofani a Mattarella. In FdI non si muove foglia senza che una Meloni non voglia. Una delle due: in questo caso Giorgia sapeva tutto. E ci ha messo la faccia chiedendo un incontro lei a Mattarella».
C’è chi dice che FdI volesse indebolire il Colle così da non aver problemi sulla riforma elettorale.
«Peggio. Lei vuole il Quirinale, è ingorda, non fa nulla ma vuole tutto. Abbiamo la pressione fiscale che sfiora il 43%, il debito pubblico che cresce, il record della fuga di cervelli, l’aumento degli alimentari, delle bollette, del gasolio, delle sigarette, dei
mutui. E la premier attacca Mattarella? Su, siamo seri. Sulla legge elettorale è vero che Meloni vuole cambiarla, ma lo fa solo perché sa che con la legge vigente lei al prossimo giro perde e torna a fare opposizione: sui collegi per loro sarà uno sfacelo».
C’è chi invece sottolinea che il caso è scoppiato all’indomani del Consiglio Supremo di Difesa.
«Mi sembra un’analisi troppo complottista. Ormai in questo Paese si dà sempre colpa alle interferenze russe su tutto. Per favore! Garofani ha commesso una leggerezza nel parlare a ruota libera a una cena di romanisti. Ma questa sceneggiata del centrodestra che urla al complotto una volta al giorno serve solo a mascherare i veri problemi del Paese».
Lei continua a dire che Meloni vuole andare al Quirinale.
«Meloni vuole i pieni poteri. Per farlo ha bisogno di togliere di mezzo il Quirinale e soprattutto un galantuomo come Sergio Mattarella. La premier che acquista Paragon e che scarcera torturatori libici regalando loro un volo di Stato ha bisogno di non avere argini. Vuole andare al Colle per non avere limiti. Ma se avesse coraggio allora dovrebbe fare la riforma costituzionale che aveva promesso, il presidenzialismo, e che ha cancellato.
Se vuole il Quirinale ci vada con i voti degli italiani, non con il voto parlamentare che da sempre indica nel Presidente un uomo di mediazione e non un leader politico. Questa ingordigia è un’ulteriore chiamata alla responsabilità per il centrosinistra: chi si tirasse fuori dalla coalizione dell’alternativa o mettesse veti sugli alleati sarebbe moralmente responsabile dei pieni poteri
Quali sono i punti della manovra che le piacciono di meno?
«Il piano casa da 15 miliardi dove è finito? Il piano dazi da 25 miliardi dove è finito? L’aumento delle pensioni dove è finito? Le misure per l’impresa che fine hanno fatto? E mi domando come mai Confindustria stia sempre zitta. I dati dicono che tra il 2025 e il 2026 siamo quelli che crescono meno in Europa. E meno male che abbiamo avuto il Pnrr, altrimenti saremmo stati in recessione da mesi. Bisogna svegliarsi, questo Governo non ha una visione economica, non ha una politica industriale, non ha una strategia politica che non sia quella di tirare a campare».
Intanto nel centrosinistra non sembra emergere un progetto politico alternativo.
«Non sono d’accordo. La “sinistra sinistra” è presente ed è organizzata dal Pd ai 5 Stelle. Ora tocca a noi creare un polo come la Casa Riformista Il progetto sta prendendo forma. Pd, Avs e Cinque Stelle servono ma non bastano. Se vogliamo vincere serve anche una gamba riformista, una nuova Margherita, la Casa Riformista».
Ci vuole anche un candidato premier.
«Quello arriverà. [Io non sono preoccupato del nome [Sono preoccupato dei contenuti».
In che senso?
«La sinistra non deve inseguire ideologie ma incalzare la Meloni sulle promesse non mantenute. Vale per le tasse certo o per industria 4.0. Ma vale anche per la sicurezza».

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ALLA PRIMA DELLA STAGIONE LIRICA ALLA FENICE DI VENEZIA, CON “LA CLEMENZA DI TITO” DI MOZART, È ANDATA IN SCENA UNA NUOVA PROTESTA CONTRO LA NOMINA DELLA “BACCHETTA NERA”, BEATRICE VENEZI

Novembre 21st, 2025 Riccardo Fucile

PRIMA DELLO SPETTACOLO GLI ORCHESTRALI SONO RIMASTI IN PIEDI VENTI MINUTI SULLE SCALINATE DEL TEATRO. POI, COME NEL FILM “SENSO” DI LUCHINO VISCONTI, IL PUBBLICO HA LANCIATO I VOLANTINI DISTRIBUITI DA CORO E ORCHESTRA IN CUI ERA SCRITTO: “LA CULTURA NON SI IMPONE DALL’ALTO”

Uno scrosciare di applausi e altrettanti volantini hanno inaugurato la stagione lirica della Fenice. Come in Senso di Luchino Visconti, anche ieri parte del pubblico ha voluto mostrare la propria solidarietà ai lavoratori e lavoratrici del teatro che da due mesi sono in stato di agitazione, lanciando i volantini distribuiti da Coro e Orchestra prima dello spettacolo.
La distanza tra Coro e Orchestra del teatro veneziano e il sovrintendente Nicola Colabianchi è ormai siderale.
Lo si è visto ieri, alla prima della stagione lirica inaugurata con La Clemenza di Tito di Mozart, diretta da Ivor Bolton con la regia di Paul Curran. Da due mesi Rsu (Cgil, Cisl, Uil e Fials) e Usb della Fenice protestano contro la nomina di Beatrice Venezi a direttrice musicale chiedendone la revoca: il suo profilo professionale non è ritenuto all’altezza rispetto al ruolo assegnatole per uno dei teatri considerati migliori al mondo, abituato a nomi come Myung-Whun Chung; in più, la nomina di Colabianchi, non è mai stata condivisa come promesso.
Dopo aver ricevuto da Colabianchi il divieto di leggere il comunicato sul palco, Coro e Orchestra, avvolti nei cappotti per il gran freddo, sono rimasti in piedi una ventina di minuti sulle scalinate del teatro, sotto lo stemma della Fenice.
Tra le mani il volantino distribuito al pubblico in cui si ribadisce che «le scelte fondamentali di un teatro pubblico, quindi un bene comune, devono nascere dal dialogo, dal merito e dalla condivisione. La cultura non si impone dall’alto: si costruisce, giorno dopo giorno, insieme». Dentro, Colabianchi accoglieva il pubblico.
Forte dell’appoggio del ministro Giuli e del sindaco Brugnaro, ma consapevole dello stallo in corso, il sovrintendente ha auspicato che la tensione possa sciogliersi quando Orchestra e Coro conosceranno Venezi e potranno «prima apprezzarne le qualità umane e poi quelle professionali».
L’incontro dipenderà dall’agenda di Venezi, ma potrebbe anche avvenire prima della fine dell’anno o comunque al più presto.
(da agenzie)

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SOVRANISTI E PPE AL PARLAMENTO UE BLOCCANO DUE MISSIONI IN ITALIA PER MONITORARE LO STATO DI DIRITTO E LA LIBERTA’ DI STAMPA: HANNO PAURA DELLA VERITA’

Novembre 21st, 2025 Riccardo Fucile

CANCELLATA LA MISSIONE IN ITALIA PROPOSTA DAL GRUPPO DI MONITORAGGIO

Sta facendo discutere la decisione del Parlamento europeo di bloccare due missioni che alcuni eurodeputati avrebbero dovuto svolgere in Italia, per compiere un’azione di monitoraggio e controllo sullo stato di diritto e sulla libertà di stampa. In un momento tra l’altro molto delicato per il giornalismo italiano, visto il recente attentato al conduttore di Report Sigfrido
Ranucci, che avrebbe potuto avere conseguenze letali, e visto gli sviluppi del caso Paragon, lo spionaggio attraverso lo spyware Graphite che ha colpito anche il direttore Francesco Cancellato e il capo della cronaca di Napoli di Fanpage.it, Ciro Pellegrino.
In pratica il Parlamento Ue non ha autorizzato una prima missione della Commissione Libertà civili, e un’altra della Commissione Occupazione e Affari sociali. La decisione è stata presa ieri dalla Conferenza dei presidenti, con il voto favorevole del Ppe e dei gruppi di destra, Ecr, Patrioti e Esn. La missione avrebbe dovuto tenersi prima della fine dell’anno, ma non avrà luogo, per la contrarietà espressa anche da. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, che come sappiamo in Europa appartengono a famiglie europee differenti.
La missione sulle libertà civili, ha spiegato l’eurodeputato M5s Gaetano Pedullà, era stata già approvata dai coordinatori della Commissione Libertà civili, “con il voto favorevole dell’eurodeputata tedesca Lena Dupont”, e “dava seguito all’audizione dello scorso mese di maggio promossa dal working group sulla democrazia, lo stato di diritto e i diritti fondamentali presieduto dall’ex premier belga Sophie Wilmès. Adesso capiamo perché Fratelli d’Italia e Lega stanno votando tutte quelle marchette alle multinazionali proposte dal Ppe: in cambio vogliono metter una museruola sulla progressiva contrazione in Italia dell’indipendenza della stampa, della magistratura e delle libertà civili, sociali e democratiche”
Secondo la senatrice Barbara Floridia, presidente della commissione di Vigilanza Rai, quello che è accaduto a Bruxelles è “gravissimo”: “Proprio mentre nel nostro Paese si discute delle querele contro i giornalisti, delle pressioni politiche e dell’attentato contro Sigfrido Ranucci. Proprio mentre alla Camera viene esaminata una mozione che denuncia criticità sempre più evidenti. Proprio mentre si discute una riforma della Rai che non va minimamente incontro al Media Freedom Act europeo e con la commissione di vigilanza Rai bloccata dalla maggioranza. Censurare il monitoraggio europeo in un momento così delicato è un segnale politico intimidatorio. Se Giorgia Meloni non ha niente da nascondere dica ai suoi in Europa di evitare questa vera e propria censura, o magari invece le fa comodo?”.
Secono Nicola Zingaretti, “La destra italiana sta fallendo i suoi obiettivi di governo, ha paura e cerca continui nemici. Oggi blocca la missione del Parlamento europeo per monitorare la situazione dello stato di diritto e della stampa in Italia. Di cosa ha paura?”, ha detto il capodelegazione Pd al Parlamento europeo.
(da Fanpage)

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L’INCREDIBILE CASO DELLA DONNA PICCHIATA DAL VICINO A PAVIA: “ASSURDO CHE LEI DEBBA ANDARE VIA E LUI CHE E’ ABUSIVO RESTI”

Novembre 21st, 2025 Riccardo Fucile

LA CONSIGLIERA REGIONALE DEL PD ROZZA: “INTOLLERABILE CHE LA POLIZIA NON FACCIA NULLA, DOVE STA LA LEGALITA’ DI CUI PARLANO I SOVRANISTI?”

“Il video con l’aggressione e il racconto-denuncia della signora Reine Atadieu mi ha lasciata sgomenta, non potevo restare in silenzio”, dichiara a Fanpage.it la consigliera in quota Pd di Regione Lombardia Carmela Rozza, riferendosi al servizio pubblicato dal nostro giornale nelle scorse ore sulla 36enne che per le sue origini camerunensi da oltre quattro anni subisce
violenza fisica e verbale da parte di un inquilino dello stesso stabile popolare a Pavia.
I fatti sono presto detti: Reine Atadieu Djomkam ottiene un alloggio popolare da parte di Aler, azienda lombarda di edilizia residenziale e vi si trasferisce a gennaio del 2021 insieme alle figlie, oggi di 19 e 12 anni. È separata e non può permettersi una casa sul libero mercato, ma dai primi giorni in quel palazzo della periferia nord di Pavia la vita per lei e le due ragazze diventa un incubo a causa di un altro inquilino che vive proprio sotto di loro.
“Africane di m*, tornate nel vostro Paese!”, “Vi ammazzo!”, sono, stando a quanto riferisce a Fanpage.it Reine, frasi urlate ogni giorno, al solo passaggio sulle scale. “Ma mi segue anche fuori: al supermercato, per strada, mi picchia sulla macchina”, dice Reine, che inizia a documentare le varie aggressioni, comprese quelle fisiche, e a denunciare tanto alle forze dell’ordine quanto al proprietario dello stabile, cioè Aler.
L’ultima denuncia risale al 4 agosto, dopo che Reine è stata picchiata con un porta giornali davanti alla figlia più piccola: “Se sali ancora di qui ti scanno come un maiale, sono nel mio Paese”, dice l’aggressore prima di chiudersi la porta di casa alle spalle.
Rozza, “Lui abusivo, perché non lo sfrattano?”
La storia di Reine ha sconvolto e commosso l’opinione pubblica e forse, dopo quattro anni, la donna e le sue figlie potrebbero ottenere un nuovo alloggio da Aler, nonostante a tal proposito dalla richiesta urgente presentata dall’Assemblea per il Diritto
alla casa siano passati diversi mesi.
“Il paradosso – sostiene Rozza – è che sia la signora Reine a doversene andare. Mi sono informata da fonti certe – continua la consigliera – e l’aggressore che vive al piano sotto a quello di Reine non dovrebbe stare in quell’appartamento, è abusivo. Lì era stato ospitato dal reale intestatario, persona con fragilità, che poi è stato costretto ad abbandonare la propria casa a causa della violenza dell’ospite”.
“Quello che mi chiedo – commenta Rozza – è dove siano in questo frangente la sicurezza e gli sgomberi veloci, vessilli della destra che governa la Regione. Perché qui abbiamo una donna con due ragazzine che da anni stanno rischiando l’incolumità. Al tempo stesso c’è un inquilino abusivo che rimane dov’è”.
Una tragedia annunciata?
La storia di Reine Atadieu tocca tanto la ferita aperta dell’odio razziale quanto il tema della violenza di genere, che tale rimane anche quando non perpetrata in ambito strettamente familiare. E proprio il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, Carmela Rozza annuncia di voler portare in Consiglio regionale questa vicenda con un ordine del giorno urgente.
“Abbiamo i codici rossi – precisa la consigliera Pd – e poi una donna può essere tranquillamente picchiata nell’androne di un palazzo di proprietà pubblica, senza che nessuno faccia niente. In questa storia – aggiunge – si compendiano razzismo, misoginia e assoluta noncuranza delle persone che stanno pagando l’affitto,
perché non solo Reine ma tutto il palazzo, abitato soprattutto da persone anziane, è terrorizzato dalla presenza di questo inquilino molesto”.
(da Fanpage)

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L’INCREDIBILE CASO DELLA DONNA VITTIMA DI ODIO RAZZIALE A PAVIA, ALER: “L’AGGRESSORE E’ ABUSIVO MA OSPITE, NON POSSIAMO SFRATTARLO”

Novembre 21st, 2025 Riccardo Fucile

LA POLIZIA HA RICEVUTO LA PRIMA DENUNCIA 4 ANNI FA MA NONOSTANTE SOLLECITI DA COMUNE E ISTITUTO CASE POPOLARI, NON HA ANCORA PROVVEDUTO A BLOCCARE L’AUTORE DI REATI

Dopo che la storia di Reine Atadieu Djomkam, pubblicata da Fanpage.it, ha sconvolto l’opinione pubblica e mobilitato la politica locale e regionale, arriva la replica dell’Azienda lombarda di edilizia residenziale (Aler), proprietaria dello stabile
di Pavia dove da oltre quattro anni la 36enne camerunense e le sue due figlie subiscono violenza razziale, fisica e verbale, da parte di un altro inquilino del palazzo, che però non è ufficialmente intestatario di nessun appartamento.
“Ci chiama ‘africane di mer*’ – ha raccontato Reine a Fanpage.it -, ogni volta che passiamo sul pianerottolo ci intima di tornarcene al nostro Paese e spesso arriva alle mani, lo ha fatto anche con la mia figlia più grande mentre andava a scuola. Le ha detto che poi sarebbe andato ad ammazzare me”. Nell’ultimo video, girato proprio da una delle figlie di Reine, si sente l’uomo inveire dopo aver picchiato Reine con un porta giornali: “Se sali ancora di qua ti scanno come un maiale. Sei nel mio Paese”.
Aler: “Non possiamo sfrattarlo, è ospite”
Aler chiarisce la sua posizione in una nota: “Il caso della signora Reine Atadieu è stato sottoposto ad Aler Pavia-Lodi nell’agosto di quest’anno e da quel momento l’azienda si è occupata non solo di trovare un nuovo alloggio all’inquilina, ma anche di gestire un caso di violenza e sopraffazione nei confronti di un altro inquilino, contattando ufficialmente le autorità competenti”.
Nella stessa comunicazione Aler conferma che l’aggressore di Reine Atadieu vive, senza averne titolo, nell’alloggio di un altro inquilino del palazzo, che ne è invece ufficialmente intestatario. Quest’ultimo “è seguito dai servizi sociali per gravi difficoltà personali” e ha accettato di ospitare quello che poi si è rivelato un uomo violento “solo in quanto minacciato e intimorito dallo stesso”. Fino a non poter più restare nella propria casa, oggi di
fatto abitata dal solo “ospite”.
In passaggi dettagliati e datati, l’azienda di edilizia pubblica elenca le azioni messe in atto da agosto 2025 per tutelare tanto Reine quanto l’intestatario dell’appartamento, con una precisazione in riferimento all’uomo violento: “Non si tratta di occupante abusivo, ma di un ospite senza titolo di permanenza . Per questo motivo Aler non può sfrattare il soggetto violento che vive in casa di un suo affittuario regolare. Piuttosto potrebbe essere preso in carico dalle Forze dell’Ordine dopo svariate denunce”.
Le precedenti denunce di Reine
Per quanto riguarda il trattamento riservato a Reine, Aler precisa di essersi attivata in “tempi rapidissimi per cercare un nuovo alloggio alla signora Atadieu”, che aveva fatto richiesta di cambio urgente di appartamento il 5 agosto 2025, cioè il giorno successivo all’ultima denuncia.
“Ultima” perché preceduta da altre, tutte regolarmente depositate presso gli uffici di Aler. Tra queste almeno due denunce della figlia più grande di Reine, che la mattina del 26 maggio 2022 era stata bloccata nell’androne del palazzo dal noto inquilino violento, il quale, leggiamo nella denuncia, le diceva: “Taglio la testa prima a te poi a tua madre”.
Il 5 novembre 2024 è Reine a denunciare ancora il vicino molesto, dopo essere stata colpita dallo stesso con un ombrello. E ancora, il 17 marzo 2025 la figlia maggiore denunciava nuovamente in Questura un’aggressione verbale: “Il signor X alla
mia richiesta di non urlare si arrabbiava ulteriormente e mi ha minacciata di uccidermi, in particolare mi ha detto che mi avrebbe ucciso venerdì quando sarebbe arrivato un suo cugino […] Il signor X inoltre riferiva di non aver paura di ritornare in galera e che avrebbe ucciso anche mia madre e mia sorella di 11 anni, specificando che avrebbe iniziato da me”.
Episodi segnalati e trasmessi ad Aler, tanto che il 19 marzo 2025, in una mail indirizzata ai colleghi e consegnata in copia cartacea anche a Reine, un funzionario dell’ente scrive: “Buongiorno, stamani ho ricevuto nuovamente la signora Atadieu (vicina del signor X, occupante senza titolo dell’alloggio del signor Y), che mi ha portato una nuova denuncia contro il signor X (vedi allegati). La signora mi diceva che la situazione è diventata oltremodo intollerabile e pericolosa, il signor X ha minacciato recentemente di morte la signora Atadieu e la figlia, e sempre con loro ha atteggiamenti aggressivi e minatori, anche in luoghi pubblici come supermercati o locali nelle vicinanze dell’abitazione. […] La Atadieu si dice molto preoccupata per la sua incolumità e quella della figlia e chiedeva da parte nostra un procedimento risolutivo per allontanare l’occupante senza titolo”.
Il sindaco di Pavia: “Voglio incontrarla”
Nel frattempo sul tema è intervenuto ai microfoni di Fanpage.it anche il sindaco di Pavia, Michele Lissia: “Sebbene il teatro della vicenda sia più di competenza regionale, essendo Aler proprietario e gestore dello stabile in cui sono accaduti questi fatti incresciosi, appresa la notizia ho subito allertato i servizi
sociali del Comune, i quali hanno redatto una relazione che è poi stata mandata all’autorità giudiziaria”.
“Oltre a questo – aggiunge il primo cittadino – mi sono anche confrontato con Aler e con il questore e il prefetto, al fine di garantire la massima sicurezza per la signora Atadieu e le sue figlie. Nei prossimi giorni vorrei incontrarle per far sentire loro la vicinanza del Comune e delle istituzioni”.

(da Fanpage)

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PICCHIANO 12ENNE SULLO SCUOLABUS, SOSPESI DAL SERVIZIO PER TRE GIORNI, MA I GENITORI DEI BULLI CHIAMANO L’AVVOCATO

Novembre 21st, 2025 Riccardo Fucile

AUTISTI ESASPERATI, RISCHIANO PURE LA DENUNCIA SE RIMPROVERI UN TEPPISTELLO… MA CACCIATELI GIU’ DAL BUS A CALCI IN CULO E SE LA FACCIANO A PIEDI LA STRADA COSI’ IMPARANO A ROMPERE I COGLIONI AL PROSSIMO

Un dodicenne è stato picchiato da tre coetanei sullo scuolabus diretto alla scuola media. I ragazzi sono stati sospesi dal servizio per tre giorni, ma le loro famiglie hanno incaricato un avvocato per contestare il provvedimento. È quanto successo a Treviso.
Il pestaggio è avvenuto durante il tragitto verso una scuola media, quando tre studenti di classe prima si sono scagliati contro un compagno, colpendolo con pugni e spintoni. L’autista è intervenuto per sedare la lite e ha poi raccontato quanto accaduto alla scuola. L’istituto ha a sua volta informato il comune, che ha applicato la sospensione dal trasporto scolastico
prevista in questi casi. I genitori dei tre ragazzini, però, non hanno preso bene la decisione e si sono rivolte a un avvocato, chiedendo con una lettera il reintegro dei figli bulli sul servizio.
Gli autisti: «Siamo stanchi, serve collaborazione con le famiglie»
«Siamo stanchi, con le famiglie serve collaborazione», denunciano al Gazzettino gli operatori del servizio scuolabus del territorio. «Le nostre aziende associate mettono a disposizione dei comuni costosi mezzi di ultima generazione e si trovano sempre più spesso a dover fare l’inventario dei danni causati dagli studenti, segno che le stesse “piaghe sociali” che affliggono il trasporto pubblico si stanno insinuando sempre più anche in quello scolastico. Eppure, questo lavoro resta tra i meno riconosciuti e tutelati, sia sul piano economico che sul piano del prestigio professionale», denuncia Davide Baldoin, presidente degli autobus operator di Confartigianato Imprese Marca Trevigiana. «Capita che – racconta – l’autista alzi la voce all’interno dello scuolabus per rimproverare i ragazzi quando c’è qualche problema. I ragazzini poi si lamentano coi genitori, che segnalano il fatto al Comune, il quale, avendo comunque le mai legate, poi chiede di cambiare l’autista. Non sorprende – conclude – che facciamo difficoltà a reperire il personale».
(da agenzie)

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CHI HA REGISTRATO GAROFANI IN TRATTORIA? “C’E’ ODORE DI 007 RUSSI”

Novembre 21st, 2025 Riccardo Fucile

SECONDO CICCHITTO IL SEGRETARIO DEL CONSIGLIO SUPREMO DI DIFESA ERA ATTENZIONATO DA MOSCA… LA PRESENZA DELL’EX CRONISTA DI LIBERO: QUALCUNO CI FISSAVA, NEI RISTORANTI CI SONO LE CIMICI

Uno juventino a una cena di romanisti non può che insospettire. Per questo oggi Francesco De Dominicis, classe ‘76, ex giornalista di Libero ai tempi della direzione di Alessandro Sallusti e poi, per 6 anni, di Maurizio Belpietro, è indicato sui giornali come “la talpa” che durante l’incontro alla Terrazza Borromini ha registrato le parole di Francesco Saverio Garofani. Lui però smentisce.
E intanto c’è chi dice che a rivelare il presunto “piano del Quirinale” per fermare Giorgia Meloni siano stati gli 007 russi. «Garofani è il segretario del Consiglio supremo di Difesa, quel consesso che si riunisce al Quirinale con Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, ministri, e vertici delle forze armate. E in questa veste il segretario del Consiglio supremo di Difesa è ovviamente all’attenzione dei russi», dice Fabrizio Cicchitto
I russi e il Quirinale
Cicchitto, che è stato parlamentare nel Psi e in Forza Italia, è stato membro del Copasir e ha lavorato sul dossier Mitrokhin. Oggi a La Stampa dice che «Garofani è stato imprudente a parlarne in pubblico, ma il problema vero è che qualcuno deve aver registrato segretamente le sue parole. Perché ai miei occhi è evidente che è stato registrato. Infatti non ha potuto smentire lo scoop del quotidiano La Verità. Ma gli aspetti di politica interna sono soltanto un pezzo di questa storia e nemmeno la più importante».
Chi ha registrato Garofani?
Chi ha registrato, naturalmente, Cicchitto non può saperlo: «Ma intuisco che Garofani, per la sua posizione al Consiglio supremo di Difesa, dove è di prassi che ci sia un militare e invece lui è un uomo politico, per il sostegno che il Quirinale con Sergio Mattarella non sta facendo mancare alla Nato, all’Europa, e all’Ucraina, è automaticamente un target dei russi. Ricordiamoci le varie uscite della portavoce Maria Zakharova. Come si dice in gergo, Garofani sarà stato “attenzionato”. E quando il dossier è stato maturo, ecco la mail anonima e un canale sicuro: è evidente che il quotidiano La Verità cavalca posizioni putiniste e perciò è anche il più critico con il Quirinale».
La riunione del Consiglio supremo di Difesa
Cicchitto ricostruisce che la settimana scorsa Matteo Salvini aveva polemizzato sull’Ucraina. E in quell’occasione al
Quirinale si era «tenuta una riunione del Consiglio supremo di Difesa che ha rimesso in carreggiata la nostra politica estera. Era di lunedì pomeriggio e Garofani era al tavolo a gestire i lavori. Ebbene, un attimo dopo che è stato emesso il comunicato che riduceva Salvini all’angolo, ecco che parte la botta. Martedì mattina esce lo scoop del direttore Maurizio Belpietro, che giornalisticamente ci sa fare. Ed è da notare che il pranzo incriminato avveniva diversi giorni prima». Quindi, secondo Cicchitto, Garofani, era seguito. E le sue conversazioni sono state registrate: «È stato creato a tavolino un dossier che poi è arrivato sulla scrivania giusta».
Lo zampino russo
Dietro tutto questo, conclude Chcchitto, ci sarebbe lo zampino russo: «Guardi, in Italia si fa proprio finta di non vedere. Il ministro Guido Crosetto che cosa ha appena denunciato? Che i russi si muovono dentro l’Italia e contro l’Italia. Nella denuncia di Crosetto c’è già tutto. Ci sono spie russe all’opera, italiani insospettabili che vengono arruolati dall’intelligence di Mosca, operazioni di disinformazione e di provocazione, tentativi di minare la solidità delle nostre istituzioni. Il ministro della Difesa quel che doveva dire, l’ha detto».
Il cronista di Libero
Repubblica e Corriere invece puntano il dito su Francesco De Dominicis. «Io la talpa? Ma figuriamoci, non sapevo chi fosse Garofani, l’ho scoperto il giorno dopo quando mi hanno inoltrato l’articolo, non avevo nemmeno letto La Verità. A tavola ci
eravamo presentati solo per nome», dice lui oggi. De Dominicis è l’unico a suggerire che accanto al tavolo da 18 ospiti ci fossero altri avventori. «Quattro o cinque tavoli». Mentre c’è chi dice che se Belpietro ha copiato e incollato in prima pagina un articolo ricevuto via mail del mittente reale si fidava. E lo conosceva. Lui, invece, sostiene: «C’erano molti tavoli intorno a noi, non eravamo gli unici nel ristorante. Per esempio proprio dietro a noi c’era un tavolo di persone strane».
Servizi segreti?
De Dominicis parla di «uomini eleganti in giacca e cravatta che ci osservavano di continuo». Quanti erano? «Tre o quattro». Erano agenti segreti? «Questo non lo so, ma ho il ricordo di questo strano tavolo che ci fissava». E conclude: «Certi ristoranti, quelli frequentati da gente importante, politici e imprenditori, a volte sono tappezzati di cimici. La cronaca è piena di questi casi in locali di un certo tipo». Ancora i servizi segreti, dice? Magari esteri, russi? «Non lo so. I miei sono ragionamenti in libertà. Ipotesi senza riscontri oggettivi. La verità è che non riesco ancora a darmi una spiegazione valida».
(da Open)

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NEL PIANO PATACCA DI TRUMP IL PUNTO PIU’ ESILARANTE E’ QUELLO IN CUI GLI USA “GARANTISCONO” IN FUTURO “LA SICUREZZA DELL’UCRAINA

Novembre 21st, 2025 Riccardo Fucile

MA SE E’ UNA VITA CHE PARTECIPANO A CONFLITTI PER POI ABBANDONARE GLI ALLEATI AL LORO DESTINO (VALLO A DIRE AL POPOLO AFGHANO)

Russia, Ucraina ed Europa sigleranno un patto di non aggressione. Lo stabilisce il piano di Donald Trump per la pace in Ucraina di cui Axios ha preso visione.
Tutte le ambiguità degli ultimi 30 anni saranno considerate risolte, si sottolinea nel piano in 28 punti. Ucraina e Russia otterranno un’amnistia per tute le loro azioni compiute durante la guerra. Questa clausola impedirà che Mosca sia perseguita per
crimini di guerra. La centrale nucleare di Zaporizhzhia sarà avviata sotto la supervisione dell’AIEA e l’elettricità prodotta sarà distribuita equamente tra Russia e Ucraina.
Il piano include una garanzia di sicurezza modellata sull’articolo 5 della Nato. Che impegnerebbe gli alleati statunitensi ed europei a trattare un attacco all’Ucraina come un attacco all’intera “comunità transatlantica”. Emerge da una seconda bozza del piano, diffusa da Axios che gli Usa hanno presentato agli ucraini.
Il programma in 28 punti
Un programma in 28 punti, alcuni dei quali già anticipati. Come la cessione del Donbass alla Russia o la riduzione dell’esercito ucraino a 600.000 unità. E che la Casa Bianca ha definito “in evoluzione” e su cui adesso emergono ulteriori dettagli. Al punto numero uno c’è la sovranità dell’Ucraina, una condizione imprescindibile per Volodymyr Zelensky, come le garanzie di sicurezza per il suo Paese da parte degli Stati Uniti, stabilite dal punto numero cinque ma senza dettagli. Il piano di Washington prevede, inoltre, un patto di non aggressione tra Russia, Ucraina ed Europa e sottolinea che «tutte le ambiguità degli ultimi 30 anni saranno considerate risolte».
L’articolo 5 della Nato
Nel testo si afferma che qualsiasi futuro «attacco armato significativo, deliberato e sostenuto» da parte della Russia contro l’Ucraina «sarà considerato un attacco che minaccia la pace e la sicurezza della comunità transatlantica» e che Usa e alleat
risponderanno di conseguenza. «Gli Stati Uniti – si legge nel testo pubblicato da Axios – affermano che un attacco armato significativo, deliberato e prolungato da parte della Federazione Russa attraverso la linea di armistizio concordata in territorio ucraino sarà considerato un attacco che minaccia la pace e la sicurezza della comunità transatlantica».
Dieci anni
«In tal caso, il presidente degli Stati Uniti, nell’esercizio dell’autorità costituzionale e dopo immediate consultazioni con l’Ucraina, la Nato e i partner europei, determinerà le misure necessarie per ripristinare la sicurezza. Tali misure possono includere l’impiego di forze armate, assistenza logistica e di intelligence, azioni economiche e diplomatiche e altre misure ritenute appropriate. Un meccanismo di valutazione congiunto con la Nato e l’Ucraina valuterà qualsiasi presunta violazione». La garanzia di sicurezza avrebbe una durata iniziale di 10 anni e potrebbe essere rinnovata di comune accordo, scrive Axios.
Un alto funzionario della Casa Bianca e un’altra fonte a conoscenza diretta hanno confermato la legittimità del documento. L’alto funzionario ha affermato che la proposta dovrà essere discussa con i partner europei e potrebbe ancora cambiare. Il funzionario ha affermato che l’amministrazione Trump considera la garanzia di sicurezza proposta come una grande vittoria per Zelensky e per la sicurezza a lungo termine dell’Ucraina.
La legge russa
Non solo, Mosca dovrà sancire per legge la sua politica di non aggressione nei confronti dell’Europa e dell’Ucraina. Si afferma anche che «ci si aspetta» che la Russia non invaderà i paesi vicini e che la Nato non si espanderà ulteriormente. A garanzia di tutto questo si terrà un dialogo tra Mosca e l’Alleanza Atlantica con la mediazione degli Stati Uniti, «per risolvere tutte le questioni di sicurezza e creare le condizioni per una de-escalation al fine di garantire la sicurezza globale e aumentare le opportunità di cooperazione e di futuro sviluppo economico». A proposito di Nato, l’Ucraina dovrà accettare di sancire nella propria Costituzione che non vi aderirà mai e l’Alleanza dovrà inserire nel proprio statuto che Kiev non sarà ammessa in futuro. Durante il processo, inoltre, sarà concesso a Kiev un accesso preferenziale a breve termine al mercato europeo.
I jet della Polonia
La Nato accetterà di non dislocare truppe in Ucraina. Saranno, invece, stanziati jet europei in Polonia a protezione di Kiev. Per quanto riguarda la ricostruzione, sarà creato un Fondo di Sviluppo per l’Ucraina per investire in settori in rapida crescita, tra cui tecnologia, data center e intelligenza artificiale. Gli Stati Uniti coopereranno per ricostruire, sviluppare, modernizzare e gestire congiuntamente le infrastrutture del gas ucraino, compresi gasdotti e impianti di stoccaggio. Saranno investiti 100 miliardi di dollari di asset russi congelati e Washington riceverà il 50% dei profitti derivanti da questa iniziativa. L’Europa aggiungerà 100 miliardi di dollari e la parte rimanente dei fondi
russi congelati sarà investita in un accordo separato tra Stati Uniti e Russia.
Elezioni entro 100 giorni
Mosca sarà reinvitata a fare parte del G8 e dovrà accettare di estendere la validità dei trattati sulla non proliferazione e il controllo delle armi nucleari, incluso lo START I. Anche l’Ucraina deve accettare di L’Ucraina accetta di essere uno Stato non nucleare in conformità con il Trattato di non proliferazione. La centrale di Zaporizhzhia sarà avviata sotto la supervisione dell’AIEA e l’elettricità prodotta sarà distribuita equamente tra Russia e Ucraina. Infine, a tutte le parti coinvolte nel conflitto sarà concessa un’amnistia, il che vuol dire che la Russia non potrà essere perseguita per crimini di guerra come chiesto da più parti. Entro 100 giorni dall’accordo l’Ucraina dovrà tenere nuove elezioni, una condizione che Zelensky aveva accettato a patto di un cessate-il-fuoco totale.
/da agenzie)

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BLUFF SU ILVA, CONDONI E MANCE: SOVRANISTI A CACCIA DEGLI ULTIMI VOTI

Novembre 21st, 2025 Riccardo Fucile

I FONDI VENGONO SBLOCCATI A RIDOSSO DELLE ELEZIONI REGIONALI

Soldi o promesse di finanziamenti per cercare di acciuffare i voti last minute in vista delle regionali. Una strategia consolidata con la destra di Giorgia Meloni. All’elenco si è aggiunto il quarto decreto in tre anni per salvare l’ex Ilva, approvato nel Consiglio dei ministri di ieri
Il testo prevede di usare i «108 milioni residui del finanziamento ponte fino a febbraio 2026», quando è attesa la conclusione della procedura di gara per l’individuazione dell’aggiudicatario. I restanti 92 milioni di euro sono già a disposizione per interventi su altoforni e manutenzioni ordinarie e straordinarie. A questi si sommano 20 milioni di euro per farsi in parte carico della cassa integrazione
La premier Meloni non vuole pagare dazio al disastro sull’acciaio. Il provvedimento è arrivato sul gong, a pochi giorni dal voto in Puglia in cui comunque il centrodestra, capitanato da Luigi Lobuono, che ha colto l’occasione di rivendicare il decreto: «Dal governo c’è grande attenzione sull’ex Ilva».
Peccato sia solo una soluzione tampone, mentre il Pd con la segretaria Elly Schlein ha chiesto un «intervento delle grandi aziende a partecipazione pubblica».
Modello Zes
La destra insomma tira dritto. Nei giorni precedenti c’erano state la pantomima delle pre-intese sull’autonomia per accontentare il Veneto e addirittura la riesumazione di un vecchio condono a uso e consumo della Campania. In mezzo c’era stata una pioggia di risorse pubbliche cadute, o sbloccate, a ridosso del voto per le regionali. Una strategia tipica del governo Meloni: usare finanziamenti pubblici, presenti o futuri(bili), in campagna elettorale.
Il modello è quello della Zes nelle Marche. Se ne parlava da anni, c’erano state proposte in parlamento di vario tipo. Ma a poche settimane dal voto, ecco che viene annunciato il disegno
di legge per andare a meta e istituire la Zes in salsa marchigiana. Facendo arrivare un messaggio ben chiaro agli elettori. «Meloni come Achille Lauro», aveva detto il candidato del centrosinistra, Matteo Ricci, in riferimento all’ex sindaco di Napoli che in campagna elettorale dava una scarpa prima del voto e l’altra dopo.
In Campania, la madre di tutte le battaglie per la destra meloniana, non sono state messe in ballo calzature, ma 30 milioni di euro in due anni per l’America’s cup. Il governo vuole usarla come vetrina, intestandosi la mediaticità dell’evento. ci si è spinti a promettere un condono. La proposta di riprendere la sanatoria edilizia del 2003 è solo il caso più clamoroso di fare campagna elettorale locale, usando la leva del governo nazionale.
Gli emendamenti di Fratelli d’Italia alla manovra sono arrivati con un tempismo perfetto, anche se dal partito di Meloni parlano di una proposta di legge presentata già a marzo. Più che una difesa sembra l’ammissione della strategia: quel disegno di legge, fino a pochi giorni fa, era uno dei tanti testi lasciati a prendere polvere nei cassetti del parlamento. Il rilancio nella legge di Bilancio ha una tempistica significativa.
Gli effetti sul consenso di Edmondo Cirielli, il viceministro degli Esteri candidato presidente, restano da vedere. Ma l’operazione “acchiappa-voti” è stata portata al termine. E fa il paio con quanto ha portato orchestrato Antonio Tajani, nelle vesti di ministro degli Esteri e responsabile del progetto Turismo delle
radici. In Campania, direzione provincia di Avellino, sono arrivati in totale 70 milioni di euro nell’ambito dell’iniziativa curata dalla Farnesina.
La versione del ministero degli Esteri è quella di una pura casualità temporale tra l’arrivo dei fondi e la campagna elettorale. Fatto sta che la situazione è stata cavalcata con tanto di evento istituzionale, nella prefettura di Avellino, con il vicepremier Tajani e il ministro dell’Interno, l’irpino Matteo Piantedosi.
Mance elettorali
Dallo stesso progetto sono arrivati 70 milioni di euro in Puglia, che hanno interessato al comune di Brindisi, di Ginosa (Taranto) e di Santa Cesarea (Lecce). Anche in questo caso la versione racconta di programmi previsti da tempo e sbloccati a ridosso delle elezioni. I dirigenti pugliesi di Forza Italia sono corsi a rivendicare i propri meriti. Il coordinatore regionale, Mauro D’Attis, ha messo il cappello al finanziamento (37 milioni di euro) a Brindisi, e non sono stati da meno i due corregionali, Andrea Caroppo e Vito De Palma, che hanno sventolato la bandiera del turismo delle radici, che fa capo al leader del loro partito.
In Veneto la corsa alle promesse e agli stanziamenti è stata dettata dalla concorrenza interna alla destra: tra Fratelli d’Italia e Lega è in atto la corsa a essere la lista più votata. Così il senatore Matteo Gelmetti ha fatto inserire tra gli emendamenti segnalati della manovra quello dell’«istituzione museo nazionale del vino
presso il comune di Verona», chiedendo fondi per 10 milioni di euro.
La Lega, invece, ha incassato la pre-intesa sul trasferimento di alcune funzioni dallo stato alle regioni nell’ambito dell’autonomia differenziata. E in questo caso non si può nemmeno evocare, come ha fatto il Pd, il vecchio Achille Lauro e i suoi metodi: la scarpa (dell’autonomia) ancora non c’è.
(da editorialedomani.it)

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