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PIU’ DI UN MILIONE DI GIOVANI IN ITALIA VIVONO IN POVERTA’ ASSOLUTA: IL RAPPORTO DI SAVE THE CHILDREN

Giugno 7th, 2021 Riccardo Fucile

IL FATTO DOVUTO ALL’AUMENTO DI GENITORI CHE HANNO PERSO IL LAVORO

Gli effetti del Covid si fanno sentire su una larga percentuale di giovani. In poco più di dieci anni, la povertà minorile in Italia è aumentata di 10 punti percentuali e ha raggiunto nel 2020 il suo massimo storico degli ultimi 15 anni.
Un milione e 346mila minori, cioè il 13,6% dei bambini e degli adolescenti del Paese, risulta infatti in condizioni di povertà assoluta.
E’ quanto emerge dall’indagine di Save the Children pubblicata in occasione della campagna “Riscriviamo il futuro”.
Gli effetti della pandemia
Si tratta di un dato destinato a crescere con la crisi economica generata dal Covid e dovuto, in larga parte, all’aumento consistente del numero di genitori che hanno perso temporaneamente o definitivamente il lavoro, 345mila durante l’anno trascorso, e la conseguente diminuzione delle loro disponibilità economiche. Rispetto all’anno precedente i minori in povertà sono 209mila in più.
La campagna di Save the Children
Per far ascoltare la loro voce Save the Children rilancia la campagna “Riscriviamo il Futuro”, che quest’anno vede proprio bambine, bambini e adolescenti come protagonisti assoluti, attraverso un Manifesto elaborato con il contributo dei ragazzi del Movimento Giovani Sottosopra, all’interno del quale si chiede agli adulti di provare finalmente a guardarli e che tutti possono firmare sul sito di Save the Children.
“E’ il momento di agire”
“Ora è il momento di agire in maniera decisa per rilanciare il futuro dell’Italia ripartendo dalle giovani generazioni. L’ascensore sociale che fino a qualche anno fa era fermo, ora sembra addirittura avere invertito la rotta e rischiamo che i nostri ragazzi debbano abdicare al loro domani. Non possiamo permettere che questo accada e per invertire la rotta è necessario partire dal sistema educativo e dalle diseguaglianze che contribuisce a generare”, afferma Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children.
Il 29,3% dei minori non sa scaricare file dalla piattaforma della scuola – Inoltre, secondo quanto emerge dalla prima indagine pilota sulla povertà educativa digitale, realizzata sempre da Save The Children, ben il 29,3% dei ragazzi cosiddetti “nativi digitali”, che quest’anno a causa del Covid hanno lavorato soprattutto in Dad, non è in grado di scaricare un file da una piattaforma della scuola. Il 32,8% non sa utilizzare un browser per l’attività didattica; l’11% non è infine capace di condividere uno schermo durante una chiamata con Zoom.
(da agenzie)

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“A 25 ANNI A CAUSA DEL COVID HO PERSO CASA E LAVORO”: A MILANO LA FILA DEI POVERI E’ SEMPRE PIU’ LUNGA

Aprile 11th, 2021 Riccardo Fucile

CENTINAIA DI METRI DI FILA DAVANTI ALLA ONLUS “PANE QUOTIDIANO”

Una fila lunga centinaia di metri sul marciapiede di viale Toscana, a Milano: è la scena che si ripete da mesi fuori dalla sede della onlus ‘Pane Quotidiano’, che distribuisce pasti ai bisognosi. Molte delle persone in coda fino a qualche mese fa lavoravano, ma ora si trovano in difficoltà. “Mi trovo in un dormitorio perché ho perso casa dopo che ho perso il lavoro con il Covid”, racconta a Fanpage.it una ragazza di 25 anni.
“Vengo qua per un aiuto in più. Attualmente non lavoro e mi trovo in un dormitorio perché ho perso casa dopo che ho perso il lavoro con il Covid. Dall’inizio della pandemia mi sono trovata piegata in questa situazione”. A parlare è una ragazza di 25 anni, che come tantissime altre persone è in coda il sabato mattina fuori dalla sede di “Pane Quotidiano”, la onlus che distribuisce ogni giorno migliaia di pasti a chi ne ha necessità.
Una fila lunga centinaia di metri sul marciapiede: questa la scena che si ripete ormai da mesi in viale Toscana, a Milano. Il serpentone di nuovi poveri si allunga sempre più man mano che il tempo passa e gli effetti della pandemia si fanno sentire.
“Da tre mesi a questa parte abbiamo avuto un aumento dei nostri ospiti, da 3.000-3.500 siamo passati a circa quattromila”, spiega Luigi Rossi, vicepresidente della onlus.
Un aumento tra il 10 e il 15 per cento in pochi mesi, spia di un disagio che cresce nel capoluogo lombardo. “Però purtroppo temo che il vero problema lo dovremo andare a monitorare questo autunno, quando ci sarà lo sblocco dei licenziamenti e termineranno gli ammortizzatori sociali”.
Pane Quotidiano si sostiene con le donazioni dei privati e delle aziende che regalano gli alimenti prodotti in eccedenza, con l’impegno quotidiano dei volontari. Nel sacchetto ci sono pane, latte, yogurt, pasta, sugo, formaggi, frutta e verdura e a volte anche dolci.
Tra le persone in coda molti milanesi che fino a qualche mese fa lavoravano e ora si trovano in difficoltà a pagare l’affitto, comprare i vestiti e anche da mangiare. “Non ho più niente e sono costretto a venire qua a chiedere un pezzo di pane”, spiega un uomo di 55 anni, “e non è roba per me”.
(da Fanpage)

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LOTTA ALLA POVERTA’: IL PIU’ CONCRETO E’ PAPA FRANCESCO

Marzo 15th, 2021 Riccardo Fucile

A SINISTRA SOLO RETORICA, A DESTRA SE E FOTTONO

Il più lucido e concreto resta sempre papa Francesco. Basta leggere l’anticipazione sulla Stampa di ieri di un brano del libro-intervista con il vaticanista Domenico Agasso, Dio e il mondo che verrà , in uscita domani.
Ancora una volta, il pontefice insiste su ambiente e poveri e indica una strada pragmatica per arginare il capitalismo famelico. Cioè, quattro criteri “per scegliere quali imprese sostenere: inclusione degli esclusi, promozione degli ultimi, bene comune e cura del Creato”. Chè ormai “è tempo di rimuovere le ingiustizie sociali e le emarginazioni”.
Le parole di Francesco — che sabato ha festeggiato i suoi otto anni di pontificato — sovente si scontrano con la mera retorica di governi e politica. Per restringere il discorso all’Italia, l’ultimo a fare un esercizio di stile su povertà  e ambiente è stato il premier Mario Draghi.
Meno di un mese fa, in occasione del voto di fiducia alle Camere, l’ex capo del Bce ha citato proprio Francesco sulla necessità  di proteggere l’ambiente e poi ha menzionato la Caritas per quanto riguarda l’impoverimento degli italiani in questa guerra pandemica. Ma da allora il nuovo Mite, il ministero per la Transizione ecologica, ha pensato soprattuttto a distribuire incarichi e consulenze, mentre i richiami all’emergenza sociale sono stati controbilanciati dalla pletora di turbo-liberisti sbarcati a Palazzo Chigi.
Certo, un mese è poco per giudicare, ma il draghismo non sembra avere tanta voglia di disturbare i padroni del vapore
Ovviamente, una citazione di papa Bergoglio l’ha fatta ieri anche il “nuovo” Enrico Letta, neosegretario del Pd dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti. Pure l’ex premier tornato dopo sette anni di esilio francese si è interrogato sulla povertà : “Penso al mezzo milione di italiani che hanno perso il lavoro, a loro noi guardiamo cercando le migliori soluzioni per il loro futuro. Mi viene in mente la frase di Papa Francesco che dice che vorrebbe un mondo che sia un abbraccio fra giovani e anziani”.
Indi ha promesso “misure per la povertà ”. Troppo generico per essere efficace e dare la sensazione di far uscire il Pd dalle comode e benestanti Ztl dei centri urbani.
Al contrario di quello che ha detto l’ex tesoriere ds Ugo Sposetti, fortemente critico con Draghi e Letta, in una conversazione con l’Espresso: “Il popolo, qui a Roma, è per esempio Torpignattara, Cinecittà , è tutto il lungo nastro della Tuscolana. Se tu percorri quella strada e ti fermi a ognuno dei semafori, guardi a destra e a sinistra, tutti quei palazzi. Chi ci parla, con quelli che stanno lì dentro, con tutte quelle persone?”.
L’unico leader politico che in questi anni ha detto di aver seguito le indicazioni di Francesco è stato Beppe Grillo. Indovinate con che cosa? Con il turpe e odiato reddito di cittadinanza, à§a va sans dire.

(da agenzie)

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LA BOMBA SOCIALE DEI NUOVI POVERI

Marzo 5th, 2021 Riccardo Fucile

SONO RADDOPPIATE LE RICHIESTE DI AIUTI ALIMENTARI PRESSO CARITAS E ASSOCIAZIONI

Chi c’è, oggi, a ritirare il sacchetto con dentro un piatto di pasta al sugo? C’è un avvocato penalista con le scarpe inglesi comprate nove anni fa, quando tutti gli pronosticavano una carriera brillante. C’è un ingegnere marittimo di 54 anni che si è rotto un ginocchio, così da tempo non può più imbarcarsi per fare ispezioni. C’è una badante polacca, si chiama Eva: «Ho lavorato 25 anni per voi. Sempre in nero. Quando è scoppiato la pandemia ho spedito 9 mila euro a casa. E adesso guardami qui». C’è un’estetista con un mutuo insormontabile: «Le donne fanno la ceretta a casa. Ho dovuto chiudere».
Poi un ex bancario, che si trascina dietro un trolley rosso: «Dopo 22 anni da impiegato alla Bnl, mi sono bruciato la vita facendo trading online». Ecco una pensionata da 490 euro al mese, e dietro di lei un padre di famiglia che non può più contare sulla pensione dei suoi genitori perchè sono entrambi morti di Covid: «Senza quel sostegno non stiamo in piedi». Un decoratore con la partita Iva. Un migrante della Costa d’Avorio. Un padre separato. Una donna che parla da sola e maledice qualcuno.
Davanti alla mensa cittadina di Genova, quella gestita dalla Caritas con la Comunità  di Sant’Egidio in piazza Santa Sabina, oggi ci sono anche due fidanzati di vent’anni. Lei tira per la mano lui, e lui ogni volta che si avvicina a tutta quella gente in coda, la strattona via: «Andiamocene! Non voglio stare qui».
Invece, un altro ragazzo di nome Luis aspetta paziente il suo turno. Ha origini peruviane, ma è in Italia da quando era bambino. Adesso ha 26 anni, è iscritto al terzo anno della Facoltà  di Lingue e porta sulle spalle lo zaino di Deliveroo. «Studiando riesco a fare poche consegne. Divido i soldi con mia madre e prendo il pranzo qui».
Il pranzo, per la verità , è anche la cena. Un solo pacco al giorno: pasta, carne, pane, un’arancia. Consegna dalle 16 alle 19. «Erano in media 450 sacchetti al giorno, adesso siamo a 900», dice il condirettore della Caritas di Genova Franco Catani.
«C’è un aumento esponenziale della povertà . Rispetto alla crisi del 2008, questa sembra avere punte più alte. Perchè incrociamo storie che un tempo sarebbero state impensabili. Ristoratori che hanno investito tutto prima della pandemia, baristi che non riescono a pagare le rate. Molte persone sono andate sotto perchè non hanno ricevuto la cassa integrazione o l’hanno ricevuta troppo tardi».
La metà  di questi poveri non si era mai rivolta prima alla Caritas. Al centro d’ascolto c’è la signora Lucia Foglino: «Sono lavoratori fra 40 e 50 anni. Sentiamo spesso dire questa frase: “Ero in prova”. Hanno contratti a termine, subappalti. Impieghi a chiamata. Molti ce la facevano perchè arrotondavano con altri lavoretti. E così è emerso il peso del lavoro nero nella nostra economia».
In coda ci sono anche altri studenti universitari. Il Nord sta soffrendo. In Piemonte il 6,1% delle famiglie ha dovuto chiedere il reddito di cittadinanza, il dato più alto del settentrione. Secondo i dati di Eurostat, il 4,2% dei piemontesi vive in condizioni di «grave deprivazione materiale». Anche a Torino i pacchi di sostegno alimentare distribuiti dal Comune sono passati da 17 mila a 28 mila in questi primi mesi del 2021. E tutti hanno visto la coda infinita di persone in attesa di prendere del cibo davanti alla sede di «Pane Quotidiano» a Milano. Una coda che fa il giro dell’isolato.
«Le persone stanno aumentando. Temiamo quello che potrebbe succedere nei prossimi mesi, quando verrà  tolto il blocco dei licenziamenti». Luigi Rossi è il vicepresidente di questa associazione che da più di cent’anni distribuisce cibo a chi ha fame: «Negli ultimi mesi arrivano più italiani. Segno che i risparmi stanno finendo. Uomini di mezza età  che ormai, purtroppo, sono andati oltre alla rabbia e al risentimento. Uomini rassegnati, vinti dallo sconforto. L’impatto psicologico di questi mesi è devastante, dalle conseguenze ancora incalcolabili. Vediamo persone che non hanno più la forza di reagire. È molto difficile tornare in sella quando si arriva a questo tipo disperazione».
Persino a Como, una delle città  più ricche d’Italia, ci sono delle avvisaglie. «In coda per del cibo ora si trovano persone con problemi estremamente diversi», spiega Alessio Cantalupi della Caritas. «Migranti usciti dal percorso di protezione, accanto agli alcolisti, ai senza tetto, a persone che non avevano mai visto prima. Italiani di mezza età , che hanno perso il lavoro quando non erano lontani dalla pensione. È questa differenza di bisogni a preoccuparmi. C’è tensione. Dobbiamo evitare che scoppi una guerra fra poveri».
Anche a Vicenza, nel profondo Veneto, sono in aumento le richieste d’aiuto. «Padri di famiglia, uomini sui 45 anni che vogliono da mangiare ma ancora di più ci chiedono di aiutarli a trovare un lavoro», dice don Enrico Pagliarin. I dati della Confindustria della città : «Reggono e tirano le imprese che hanno saputo puntare sulle esportazioni, soffrono le poche altre. In particolare il settore orafo e quello dell’abbigliamento di lusso».
Così tutti guardano al caso del marchio «Pal Zileri», una storica azienda tessile con 400 operai acquistata sette anni fa da un fondo del Qatar. Il Covid è stata l’ultima mazzata. «La produzione non è più sostenibile», hanno già  fatto sapere i proprietari. Cosa succederà  appena verrà  revocato il blocco dei licenziamenti?
Chi sta fuori capisce bene l’aria che tira. Per esempio, il direttore della filiale del Carrefour di corso Lodi a Milano. Quando si è trovato davanti un uomo anziano e spaventato che aveva rubato del pane, ha pagato di tasca sua e l’ha lasciato andare: «Se hai fame, la prossima volta vieni da me».

(da “La Stampa”)

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ISTAT: LA POVERTA’ ASSOLUTA TORNA A CRESCERE E TOCCA IL RECORD DAL 2005

Marzo 4th, 2021 Riccardo Fucile

NEL 2020 SONO 335.000 LE FAMIGLIE IN PIU’

La povertà  assoluta torna a crescere e tocca il record dal 2005. Le stime preliminari Istat del 2020 indicano valori dell’incidenza di povertà  assoluta in crescita sia in termini familiari (da 6,4% del 2019 al 7,7%), con oltre 2 milioni di famiglie, sia in termini di individui (dal 7,7% al 9,4%) che si attestano a 5,6 milioni.
Nell’anno della pandemia si azzerano i miglioramenti registrati nel 2019. Dopo 4 anni consecutivi di aumento, si erano infatti ridotti in misura significativa il numero e la quota di famiglie (e di individui) in povertà  assoluta, pur rimanendo su valori molto superiori a quelli precedenti la crisi del 2008.
Secondo le stime preliminari, nel 2020 le famiglie in povertà  assoluta sono oltre 2 milioni (il 7,7% del totale, da 6,4% del 2019, +335mila) per un numero complessivo di individui pari a circa 5,6 milioni (9,4% da 7,7%, ossia oltre 1milione in più rispetto all’anno precedente).
A eccezione delle famiglie unipersonali, che presentano un’incidenza di povertà  stabile (5,7%), una più ampia diffusione della povertà  assoluta riguarda tutte le famiglie, ma in misura più rilevante quelle con un maggior numero di componenti. Se, infatti, fino a quattro componenti l’incremento si mantiene sotto i due punti percentuali o poco più (per le famiglie di due persone passa dal 4,3% al 5,7%, per quelle con tre dal 6,1% all′8,6%, per quelle con quattro dal 9,6% all′11,3%), per quelle con almeno cinque persone peggiora di oltre quattro punti, passando dal 16,2% al 20,7%.
A veder peggiorare la propria condizione sono soprattutto le famiglie mono-genitore (l’incidenza passa dall′8,9% all′11,7%), le coppie con un figlio (da 5,3% a 7,2%) e quelle con due (dall′8,8% al 10,6%). La presenza di figli minori espone maggiormente le famiglie alle conseguenze della crisi, con un’incidenza di povertà  assoluta che passa dal 9,2% all′11,6%, dopo il miglioramento registrato nel 2019.
L’incidenza di povertà  tra gli individui minori di 18 anni sale, infatti, di oltre due punti percentuali – da 11,4% a 13,6%, il valore più alto dal 2005 – per un totale di bambini e ragazzi poveri che, nel 2020, raggiunge 1 milione e 346mila, 209mila in più rispetto all’anno precedente. La situazione peggiora anche tra gli individui nelle altre classi di età , ad eccezione degli ultra sessantacinquenni per i quali l’incidenza di povertà  rimane sostanzialmente stabile.
Anche nell’anno della pandemia, la presenza di anziani in famiglia – per lo più titolari di almeno un reddito da pensione che garantisce entrate regolari – riduce il rischio di rientrare fra le famiglie in povertà  assoluta. La percentuale di famiglie con almeno un anziano in condizioni di povertà  è pari al 5,6% (sostanzialmente stabile rispetto al 2019 in cui era pari al 5,1%); quelle dove gli anziani non sono presenti l’incidenza passa invece dal 7,3% al 9,1%.
L’incremento della povertà  assoluta registrato nel 2020 è poi maggiore nel Nord del Paese e riguarda 218mila famiglie (7,6% da 5,8% del 2019), per un totale di 720mila individui. Peggiorano anche le altre ripartizioni ma in misura meno consistente. Il Mezzogiorno resta l’area dove la povertà  assoluta è più elevata: coinvolge il 9,3% delle famiglie contro il 5,5% del Centro.
In generale l’incidenza di povertà  assoluta, spiega l’Istat, cresce soprattutto tra le famiglie con persona di riferimento occupata (7,3% dal 5,5% del 2019). Si tratta di oltre 955mila famiglie in totale, 227mila famiglie in più rispetto al 2019.
Tra queste ultime, oltre la metà  ha come persona di riferimento un operaio o assimilato (l’incidenza passa dal 10,2 al 13,3%), oltre un quinto un lavoratore in proprio (dal 5,2% al 7,6%).
Nel 2020 si è poi registrato un calo record della spesa per consumi delle famiglie.   L’aumento della povertà  assoluta si inquadra nel contesto di un calo record della spesa per consumi delle famiglie (su cui si basa l’indicatore di povertà ). Secondo le stime infatti, nel 2020 la spesa media mensile torna ai livelli del 2000 (2.328 euro; -9,1% rispetto al 2019). Rimangono stabili solo le spese alimentari e quelle per l’abitazione mentre diminuiscono drasticamente quelle per tutti gli altri beni e servizi (-19,2%).

(da agenzie)

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SOLO GRAZIE ALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO SI E’ RICONOSCIUTO A CENTINAIA DI SENZATETTO IL REDDITO DI CITTADINANZA

Febbraio 21st, 2021 Riccardo Fucile

“COSI’ POSSONO AFFITTARE UNA STANZA E A VOLTE TROVARE LAVORO”… “MOLTI NON SANNO NEMMENO CHE ESISTA, LI ASSISTIAMO IN TUTTE LE PRATICHE BUROCRATICHE E A SUPERARE IL PROBLEMA DELLA CAPARRA PER LA CASA”

“Sono centinaia, solo su Roma, le persone fragili che abbiamo aiutato a ottenere il reddito di cittadinanza“. Così “hanno potuto affittare una stanza o pagare una piccola pensioncina e sono riusciti anche a trovare un lavoretto”.
Filippo Sbrana, volontario della Comunità  di Sant’Egidio e coordinatore del progetto Housing First, racconta le storie e le testimonianze di chi, grazie al loro aiuto, è riuscito a lasciare la strada e trovare una sistemazione, seppure precaria.
La misura di contrasto alla povertà  introdotta dal M5s ad oggi riguarda circa 2,8 milioni di cittadini. Durante la pandemia il numero dei beneficiari è aumentato, ma proprio chi si trova in condizioni di povertà  estrema spesso fatica di più a ottenere l’aiuto.
“Quando sei in strada neanche lo sai che esiste il reddito”, racconta Sbrana, che spiega come servirebbero dei navigator per l’accompagnamento burocratico. In assenza dello Stato, al momento ci pensano i volontari della Comunità  di Sant’Egidio e di altre associazioni.
I risultati sono le storie di persone come Francesco e Claudio, romani, tra i 40 e i 50 anni. “Quando arrivi a combattere per la sopravvivenza, quando ti manca il cibo e il tetto, non ce la fai neanche a cercarlo, un lavoro”, spiega Sbrana.
I circa 480 euro al mese del reddito, più l’integrazione di 280 euro per chi paga l’affitto, permettendo di superare questa fase, favoriscono la ricerca del lavoro o almeno di qualche ora di occupazione retribuita.
Un sostegno decisivo, quindi, anche se non mancano altre criticità , come lo scoglio rappresentato dalla firma del contratto di locazione: “E’ necessaria per ottenere il contributo integrativo per l’affitto — afferma Sbrana — ma per chi sta in strada avere quei 1000 euro per pagare la caparra di 2-3 mesi diventa un ostacolo insormontabile”.
Francesco, dal dormitorio a un nuovo impiego
Poco più di cinquanta anni, un passato in una ditta informatica chiusa per crisi, da un giorno all’altro si è ritrovato a dormire in giro: “Un po’ ospite da qualcuno, un po’ sul bus e poi, per mesi, in un dormitorio”.
Questa è in breve la storia di Francesco. Grazie all’intervento della Comunità  di Sant’Egidio è riuscito a ottenere il reddito di cittadinanza. “Dormire in un dormitorio implica che si rientri tra le 18 e le 19, questo rende quasi impossibile lavorare: soprattutto gli impieghi precari generalmente non permettono di staccare alle 17”, spiega Sbrana. “Grazie al progetto Housing First abbiamo superato il problema della caparra di una stanza in una casa in condivisione, che ora Francesco sta pagando grazie al contributo integrativo che reddito di cittadinanza prevede per chi paga l’affitto”. “Proprio di recente — aggiunge — si è rimesso in cerca e nonostante il periodo difficile ha trovato un impiego: fa alcune ore nell’assistenza di una persona con disabilità ”.
Antonio e lo scoglio della caparra
Anche Antonio, 45 anni, dopo la morte dei genitori e la perdita del lavoro era finito in strada. Solo e senza entrate, ha dormito in giro solo per pochi giorni perchè il reddito gli ha permesso di pagarsi una piccola pensioncina.
“Lo scoglio principale che incontriamo quando una persona fragile, in povertà  estrema, vuole affittare una casa con il reddito è quello della firma dell’affitto e della caparra — ribadisce Sbrana — perchè il contributo integrativo per l’affitto viene dato solo a chi ha già  il contratto firmato. E per farlo servono quei 2-3 mesi pagati cui i più poveri non arrivano”.
“Sarebbe importante se questo ostacolo si potesse superare”, aggiunge. “Ora speriamo che Antonio possa presto mettere da parte i soldi per pagare la caparra e accedere così alla quota aggiuntiva del reddito, perchè l’affitto è quello che garantisce la sicurezza per potersi rimettere in gioco”, sottolinea il volontario.
Quello che manca: il “navigator di strada”
Dalla testimonianza della Comunità  di Sant’Egidio emerge quindi con forze l’esigenza di un “accompagnamento” al reddito. “Noi lo proponiamo a tutte le persone con cui entriamo in contatto: li aiutiamo a fare la residenza virtuale, poi i documenti, poi la misura di supporto”, racconta Sbrana.
“Un clochard da solo non riesce a seguire le pratiche burocratiche”. E ha bisogno di un aiuto che, per quanto riescono, danno i volontari di Sant’Egidio, come di altre associazioni. “In questo periodo abbiamo ospitato tanti senzatetto a seguito dell’emergenza freddo e grazie a questa occasione siamo riusciti ad avviare le pratiche per il reddito a diverse persone”, racconta Sbrana.
Servirebbero navigator dedicati a questo ruolo di sostegno: “Sarebbe bello se alcuni di loro fossero formati anche per l’accompagnamento burocratico per chi non ce la fa”, si augura Sbrana. Soprattutto a Roma, dove ci sono migliaia di appartamenti sfitti e altrettante persone che ancora vivono per strada.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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DRAGHI SI OCCUPI DEL DRAMMA DELLA POVERTA’

Febbraio 11th, 2021 Riccardo Fucile

QUANDO FEDERICO CAFFE’, MAESTRO DI DRAGHI, DICEVA: “PENSATE AI POVERI”

Colpisce una frase pronunciata da Caffè a proposito di un libro che elogiava Stuart Mill sullo stato stazionario, ossia una situazione senza crescita economica. “Come si fa — disse — a dimenticare l’esistenza dei poveri?”. E raccontò che quella mattina aveva dovuto soccorrere una signora crollata per terra appena scesa dall’autobus perchè digiuna da giorni.
In queste ore di fervida attesa, i giornali dedicano ampio spazio al totoministri, al ritorno di Berlusconi e al migliore amico dell’ex presidente Bce, il suo bracco ungherese.
Certo, ci si occupa anche dei “nodi del programma”, con approfondimenti su fisco, migranti, giustizia e previdenza.
Sulla povertà , invece, solo qualche cenno sparso malgrado l’emergenza assoluta se si tiene conto che, secondo l’Istat, nel 2019, 1,7milioni di famiglie vivevano in povertà  assoluta. Ovvero: 4,6 milioni di persone equivalenti al 7,7% della popolazione.
Un disastro diventato una catastrofe visto che durante e dopo il lockdown la Caritas da sola ha soccorso 450mila persone in condizioni di indigenza assoluta. Quel piatto di minestra che la rete del volontariato, la nostra eccellenza umanitaria, ha cercato di non far mancare alla moltitudine di famiglie che la pandemia ha gettato letteralmente sul lastrico.
Leggiamo anche che se la situazione non è andata del tutto fuori controllo si deve a quel Reddito di cittadinanza, fortemente voluto dal M5S e fortemente contestato da quelli che se ne stanno con il culo al calduccio.
Ecco, quando dopo il colloquio con il presidente incaricato, Beppe Grillo dice “sembra uno di noi” vorremmo tanto non fosse solo una battuta. Ma, al contrario, il segno di una sintonia tra persone e mondi apparentemente lontani ma concordi sul sostegno indispensabile, e sulle risorse economiche da distribuire a favore degli ultimi.
Su questo impegno di governo, sul rilancio del Reddito e su tutte le misure necessarie a risollevare la condizione di quei milioni di cittadini dimenticati vorremmo che la base 5stelle soprattutto si pronunciasse. Affinchè, come avrebbe detto il professor Caffè, non esistano più donne e uomini che crollano a terra per la fame. E sotto i nostri occhi.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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GENNY LO ZIO, L’EX CARCERATO CHE AIUTA I POVERI: IL RISCATTO DI CHI HA FATTO NOVE ANNI DI GALERA

Febbraio 7th, 2021 Riccardo Fucile

UNA EX OFFICINA DI ROZZANO, NELL’HINTERLAND MILANESE E’ DIVENTATA RIFERIMENTO DI MIGLIAIA DI POVERI: PACCHI ALIMENTARI E TANTA UMANITA’

Qualche settimana fa le immagini della gente in fila fuori da Pane quotidiano, una onlus di Milano che distribuisce aiuti alimentari a chi ne ha bisogno, avevano suscitato molte reazioni, sbattendo davanti agli occhi di chi non l’aveva ancora visto il problema dei nuovi poveri, o poveri del Covid.
Si tratta di tutti coloro che, a causa dell’emergenza Coronavirus, si sono trovati improvvisamente in difficoltà  economica. Col passare dei giorni l’ondata emotiva legata alle file chilometriche davanti alla onlus (file che, è bene precisarlo, c’erano anche prima della pandemia, chè la povertà  non è certo un sintomo del virus) si è acquietata, ma il problema naturalmente rimane.
E anzi alcuni provvedimenti che potrebbero arrivare a breve, come la revoca del blocco dei licenziamenti o del blocco degli sfratti, potrebbero far deflagrare ancora di più una bomba sociale i cui effetti già  si vedono nelle nostre città .
Le conseguenze economiche del Coronavirus hanno colpito in misura maggiore coloro che, anche prima della pandemia, avevano meno diritti. I lavoratori in nero, gli irregolari, gli immigrati.
C’è chi, davanti a gente che non sa cosa mangiare o far mangiare alla propria famiglia, trova il modo di polemizzare e di puntare il dito contro queste categorie, scrollando le spalle
Naturalmente, non tutti godono o godevano nel trovarsi in quelle condizioni, ma c’è chi vi è semplicemente costretto dalle circostanze della vita. E c’è chi non fa domande sul perchè una persona sia in difficoltà , ma semplicemente si prodiga per aiutarla.
C’è anche chi ha iniziato ad aiutare gli altri per riscattarsi da un passato difficile: è il caso di Gennaro Speria, conosciuto come “Genny Lo Zio”
Gennaro ha molti precedenti alle spalle e un passato diviso tra la strada e il carcere, dove ha scontato nove anni. Dal carcere è però iniziata la sua redenzione: non appena uscito, grazie a un meccanico e a un’officina nota come Area 51, ha iniziato aiutando gli ex detenuti e le loro famiglie, offrendo un posto per reinserirsi nella società  e distribuendo saltuariamente pacchi alimentari.
La sua Area 51 aveva chiuso dopo alcune vicissitudini, ma tra febbraio e marzo dello scorso anno Gennaro stava per riaprirla e inaugurarla nuovamente, sempre a Rozzano. Quando il Covid ha travolto l’Italia, e in particolare la Lombardia, Genny ha dismesso la sua officina, iniziando ad accumulare derrate alimentari e vestiti da donare ai più bisognosi.
“Quando è scoppiato il Covid ho tolto l’attrezzatura, ma pensavo che sarebbe stato per poco”
Invece, in poco tempo le persone che si rivolgevano ogni giorno a lui sono diventate centinaia, poi migliaia. Adesso l’Area 51 è diventata un punto di riferimento, un servizio che nei mesi è cresciuto ed è diventato fondamentale per Rozzano e l’hinterland: “Rozzano sta vivendo tante storie. Tante famiglie non ce la fanno perchè la maggior parte vivevano con lavori saltuari, tanti in nero. È da un anno che non riescono a guadagnare”, racconta Genny.
Tra coloro che si rivolgono a Genny ci sono anziani e meno anziani: “Non abbiamo mai avuto bisogno di nessuno, ma questo è un periodaccio — dice un ragazzo appartenente a una numerosa famiglia di giostrai -. Abbiamo anche i banchi dei panini ambulanti, ma siamo tutti fermi”, spiega. C’è chi si confida con Genny e non gli nasconde la tentazione di cedere al crimine: “I giovani che ho io mi dicono ‘Zio, il nostro futuro qual è? Se non spaccio, se non vado a rubare come faccio, come vivo?'”.
Gennaro però in merito ha le idee chiare: “Io ero un ladro prima, mi drogavo, spacciavo. Dall’ultima carcerazione di nove anni fa ho detto basta. Oggi c’avevi mille euro, poi quando andavi in galera eri più morto di fame di prima. Ho capito tante cose, ho detto: ma chi me lo fa fare?”.
Genny sembra aver trovato la sua redenzione nell’aiutare gli altri: “La gente è arrivata allo stremo, e mi dicono che si sentono abbandonati”. Ad aiutarlo sono i privati che donano generi alimentari e vestiti. E c’è anche una rudimentale forma di finanziamento, un cestello in cui chi può tra coloro che si rivolgono a lui lascia qualcosa: “Qui dentro ci sono anche le lire, monete, bulloni, viti — dice facendo tintinnare il contenuto del cestello — Parecchie famiglie pur di far vedere che mettono qualcosa mettono medagliette o altro. Ma io li ammiro: quando finirà  tutto per me questo sarà  un ricordo”, dice Genny.
Quella che doveva essere la riapertura della sua officina è ormai un lontano ricordo, cancellato dal Covid: “Gli ultimi attrezzi li ho scambiati con una cella frigorifera. Dovevamo fare l’inaugurazione dell’Area 51, invece abbiamo fatto inaugurazione della sofferenza, delle famiglie che soffrono”.

(da Fanpage)

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SANZIONATO DURANTE IL LOCKDOWN, CLOCHARD VINCE IL RICORSO: “NON SI MULTA LA POVERTA'”

Dicembre 10th, 2020 Riccardo Fucile

“NON SI PUO’ MULTARE UNA PERSONA PER IL FATTO CHE NON HA UNA CASA”

In pieno lockdown, per paura del contagio da Coronavirus, aveva deciso di lasciare il dormitorio in cui trascorreva la notte insieme ad almeno altri quattro senzatetto, ma mentre era in sella alla sua bici era stato intercettato e sanzionato da una pattuglia della polizia municipale.
Ma Francesco (nome di fantasia), clochard di quaranta anni, ha fatto ricorso e ha vinto. La storia di questo clochard multato durante il lockdown arriva da Bologna.
Quando è stato intercettato dalla polizia municipale l’uomo viaggiava in bicicletta con guanti, mascherina e gel disinfettante. La paura del contagio lo aveva convinto ad allontanarsi dal dormitorio di Bologna dove c’erano anche altre persone. Temeva che quel posto potesse trasformarsi in un focolaio di Covid-19 e sperava di poter trovare una sistemazione più sicura andando via.
Quando i vigili lo hanno fermato ha avuto una multa di 533 euro per aver violato le norme del governo per il contenimento del Coronavirus. Nelle scorse settimane il ricorso presentato al Prefetto è stato vinto, uno dei primi casi in Italia. Multa cancellata, quindi, “lo spostamento del ricorrente” è da ritenersi “legittimo” ai sensi della normativa Covid-19.
“Non si può multare una persona per il fatto che non ha una casa”
La storia di Francesco “è solo la punta di un iceberg che fotografa un fenomeno. Non si può multare una persona per il fatto che non ha una casa. Non si può sanzionare la povertà . Situazioni come queste si stanno ripetendo. Pensiamo siano centinaia i casi simili in tutta Italia”: ha commentato con l’Agi il presidente dell’Associazione Avvocato di strada, Antonio Mumolo, che ha difeso il clochard impugnando la sanzione.
“Ci sono stati altri casi a Roma, Milano, Napoli, Como, Genova ma purtroppo chi ha il coraggio e la forza di presentarsi ai nostri sportelli rappresenta solo una piccola parte dei senza tetto ‘sanzionati’. In molti la multa la strappano perchè tanto non hanno i soldi per pagare. Ma poi se riusciranno ad uscire dalla strada e a trovare un lavoro si troveranno lo stipendio pignorato, per un quinto, con il rischio di ricadere nella povertà “, ha aggiunto Mumolo.

(da Fanpage)

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