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PRIMARIE PD, IL SONDAGGIO SEGRETO SWG CHE RIANIMA I DEM: IL 61% DEGLI ITALIANI E’ DELUSO DAL GOVERNO

Gennaio 23rd, 2019 Riccardo Fucile

RISULTATI UFFICIALI PRIMARIE TRA ISCRITTI: ZINGARETTI 48,5%, MARTINA 35,1%, GIACHETTI 12,8%, BOCCIA 2,3%

C’è un sondaggio segreto che incorona Nicola Zingaretti.
Il Messaggero racconta oggi che la chiusura del congresso dei circoli del Partito Democratico è slittata a sabato causa maltempo mentre il governatore del Lazio — secondo dati ufficiosi — è primo con il 50% e Maurizio Martina sarebbe fermo sotto il 32%. Terzo Roberto Giachetti, quasi al 14%.
Ma se da una parte il Nazareno è restio a dare i numeri dei circoli, dall’altra spunta un sondaggio segreto.
È stato commissionato dal partito alla società  Swg: 30 pagine fitte di percentuali sulla sfida delle primarie, pesando i principali tre competitor.
Non mancano però accenni sulla fiducia in calo nei confronti del premier Conte (47%) e i giudizi sull’efficacia del governo (la somma di «poco» e «per niente» arriva al 61%).
Per rimanere in «casa dem», le rilevazioni non tradiscono il mood che sta emergendo dal voto dei tesserati.
E dunque si dice che Zingaretti (con il 70%) è il più noto del trio, seguito dal segretario reggente nonchè ex ministro Martina (61) e poi c’è il renziano Giachetti(39).
E proprio il presidente della Regione, sempre leggendo il sondaggio, sembra essere colui che riscuota più «fiducia» fuori dal Pd nell’alveo del centrosinistra, distaccando gli altri in scioltezza: 43, 34, 25.
La cosa curiosa — ma nemmeno tanto se ci si pensa — è che Giachetti fa breccia più di tutti nell’elettorato del centrodestra, viceversa il governatore va forte nella platea grillina.
Fondamentalmente le accuse storiche che le due opposte fazioni (o per meglio dire “blocchi”)si scambiano con allegria da saloon da tempo.
Intanto arrivano i risultati ufficiali: “Come stabilito all’unanimita’ dalla Commissione Nazionale, gli uffici del organizzazione del partito hanno fatto la fotografia dei risultati pervenuti dalle Commissioni provinciali entro le ore 18.00 di lunedi’ 21 gennaio, riferiti al voto nei Circoli fino a domenica 20 gennaio.
Gli iscritti interessati al voto sono stati pari al 46.5% della platea congressuale”.
Lo annuncia Gianni Dal Moro, Presidente della Commissione Nazionale per il Congresso.
“L’affluenza sulla platea degli aventi diritto e’ stata del 51.05% pari a 93.000 votanti. I risultati parziali di ogni candidato sono nel ordine: Zingaretti 48,5%, Martina 35,1%, Giachetti 12,8%, Boccia 2.3%, Saladino 0,67% Corallo 0,63%.
Gli iscritti relativi ai congressi svolti e pervenuti alla Commissione fino alle ore 18 di lunedi’ 21 gennaio sono stati nelle diverse regioni: Valle d’Aosta 29.75% Piemonte 68.29% Liguria 64.10% Lombardia 82.37% Veneto 45.87% Friuli V.G. 74.39% Trentino 24.41% Alto Adige 73.08% Emilia Romagna 61.28% Toscana 82.38% Marche 59.32% Umbria 23.40% Lazio 87.79% Molise 24.47% Abruzzo 29.75% Campania 12.87% Puglia 17.78% Basilicata 42.15% Calabria 24.29% Sardegna 14.83% Sicilia 7.43%”
I dati comunicati sono stati riconosciuti all’unanimita’ dalla commissione. L’approvazione definitiva con relativa certificazione avverra’ al termine delle convenzioni e resi ufficiali alla convenzione nazionale. La stessa commissione vista la difficolta’ manifestata da diversi circoli a terminare la propria fase di convenzione, ha deciso all’unanimita’ di prorogare la votazione nei circoli fino a domenica 27 gennaio”.

(da “La Stampa”)

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CONGRESSO PD, TRA GLI ISCRITTI ZINGARETTI SFONDA QUOTA 50%

Gennaio 21st, 2019 Riccardo Fucile

ZINGARETTI 51,2%, MARTINA 31,8%, GIACHETTI 12,9%… RISULTATI ANCORA PARZIALI, MA IL TREND E’ INDICATIVO

La strada di Nicola Zingaretti verso la segreteria del Partito democratico appare sempre più in discesa. L’ostacolo più arduo per lui era rappresentato dalla prima fase del congresso, che si sta svolgendo in questi giorni e vede impegnati solo gli iscritti: essendo ereditati dalla stagione renziana, questi ultimi erano indicati dalle previsioni a vantaggio di Maurizio Martina.
Invece i timori di una vittoria dimezzata, con il possibile successo del Governatore del Lazio alle primarie del 3 marzo (quello che conta per ottenere la leadership), ma gli iscritti a favore dell’ex ministro, si dissolvono ora dopo ora, con l’affluire dei voti provenienti dai circoli.
I dati trapelati dal Nazareno indicano Zingaretti al 51,2%, con Martina staccato di quasi venti punti al 31,8.
Nemmeno sommando il suo risultato a quello (seppur al di sopra delle aspettative) di Roberto Giachetti (12,9%), i due candidati che si spartiscono il sostegno dei renziani riuscirebbero a raggiungere l’avversario in testa.
Più indietro tutti gli altri, che rimarranno fuori dalle primarie, a cominciare da Francesco Boccia, fermo a un deludente 2,8% (ma il suo comitato rivendica un parziale più alto, intorno al 7%), per finire nell’ordine con Dario Corallo e Maria Saladino, entrambi sotto l’1%.
I votanti registrati fino a questo momento sono poco meno di 60mila, un dato tendenziale che si profila deludente rispetto alla partecipazione degli iscritti.
Si tratta di numeri che si aggiornano ora dopo ora.
Il divario, infatti sembrerebbe destinato a diminuire con l’avanzata di Martina nel Sud. In Campania, grazie all’appoggio (seppur non troppo esibito) del Governatore Enzo De Luca, l’ex Ministro dell’Agricoltura potrebbe passare in testa, anche se al momento sarebbe indietro.
Martina è indicato in vantaggio anche in Sicilia, ma nell’isola Zingaretti sembra comunque tenere bene. Gli aggiornamenti che proverranno soprattutto da queste due regioni non sarebbero quindi in grado di sovvertire un quadro ormai stabilizzato.
Zingaretti alla fine dei conti potrebbe scendere al di sotto del 50% del voto nei circoli, ma è un dettaglio poco più che formale.
Anche Renzi, tanto per fare un esempio, si fermò al 46,7% tra gli iscritti in occasione del congresso del 2013, ma ciò non gli impedì nè di trionfare ai gazebo (con il 67,5%) nè di conquistare feudo dopo feudo il partito anche a livello locale.
Sarebbe ben diverso se tale risultato si verificasse il 3 marzo. L’altro dato interessante proveniente dai circoli, infatti, è quello che riguarda Giachetti.
Il suo 12,9% non solo gli consente di conquistare il terzo posto, che vale la possibilità  di “qualificarsi” alle primarie, ma dà  anche un segno chiaro alla campagna che porterà  ai gazebo: un fuoco incrociato contro Zingaretti, che probabilmente costringerà  anche il solitamente pacato Martina ad alzare i toni nei confronti dell’avversario.
Se Zingaretti il 3 marzo dovesse rimanere al di sotto del 50%, un accordo in Assemblea nazionale tra Martina e Giachetti potrebbe scalzarlo dalla poltrona di segretario, a vantaggio del secondo arrivato (cioè, probabilmente, l’ex Ministro). In ogni caso, se anche così non fosse, il Governatore avrebbe bisogno di un’intesa con almeno una parte dei suoi avversari per guidare il partito.
Un’ipotesi che resta sul tavolo ma che i dati di oggi sembrano allontanare. Più probabilmente, il vento della vittoria ormai certa tra gli iscritti potrebbe soffiare nelle vele zingarettiane fino al 3 marzo, aiutandone l’approdo verso la leadership dem.
A maggior ragione, se si considera che la distribuzione dei voti nei circoli appare uniforme in quasi tutto il territorio nazionale. Zingaretti è al momento in testa in quasi tutte le regioni (Basilicata, Campania e Sicilia potrebbero essere alla fine le uniche eccezioni) e in quasi tutte le grandi città : a Roma, Milano e Bologna si avvicina al 50%, a Genova lo supera. Firenze segna invece un punto per Martina.
A parte il trionfo nel “suo” Lazio, dove sfiora al momento il 70%, il Governatore è spinto dalle ormai ex regioni rosse (Emilia-Romagna, Marche, Umbria, ma è di poco avanti anche nel feudo renziano della Toscana) e sfonda in Lombardia (terra natale di Martina), Friuli-Venezia Giulia (qui l’ex presidente Serracchiani era tra i big sponsor martiniani), giù fino a Puglia e Calabria.
In Puglia costruisce buona parte del suo consenso anche Boccia. Per la precisione, è la sua provincia di origine (BAT) a sostenerlo, dato che altrove ha pagato invece il divorzio con il suo ex alleato Michele Emiliano.
La diffusione di dati senza l’imprimatur della commissione congressuale ha naturalmente provocato qualche malumore tra i candidati.
Giachetti avrebbe preferito che i risultati ufficiali venissero divulgati man mano già  nei giorni scorsi, mentre i martiniani contestano la circolazione indiscriminata di numeri: “Per avvalorare tesi numeriche insostenibili — lamenta il coordinatore della mozione, Tommaso Nannicini — sono stati divulgati addirittura grafici non corretti sui risultati parziali del congresso”.
Nemmeno da quelle parti, comunque, si mette in discussione il primo posto dell’avversario, ma solo le percentuali. Un riconoscimento inevitabile del trend che si sta consolidando.

(da agenzie)

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PRIMARIE CIRCOLI PD: ZINGARETTI 48,8%, MARTINA 36,1%, GIACCHETTI 12,8%

Gennaio 14th, 2019 Riccardo Fucile

YOUTREND: SALADINO SOPRA BOCCIA E CORALLO

Secondo i dati parziali dopo il primo weekend di convenzioni (5000 voti), elaborati da Youtrend, Nicola Zingaretti è in testa al momento con il 48,8%, segue Maurizio Martina con il 36,1. Roberto Giachetti, il ‘turborenziano’, si conferma stabilmente terzo con il 12,8 e se i congressi di circolo riservati agli iscritti andranno così sarà  lui il terzo candidato ad accedere alla fase delle primarie del 3 marzo.
Maria Saladino guadagna lo 0,9%, Dario Corallo e Francesco Boccia lo 0,7%.
“Al momento – si legge nel sito di Youtrend – possiamo presentare alcune anticipazioni sui risultati parziali, in seguito alla ricezione di circa 5.000 voti. La maggior parte dei circoli, comunque, si riunirà  nel prossimo fine settimana, quindi è bene sottolineare che si tratta di dati iniziali che potrebbero variare, ed anche di molto. Infatti, la maggior parte dei risultati che ci sono giunti provengono da Emilia Romagna, Toscana, Lombardia e Liguria, mentre dal Lazio in giù ci sono pervenuti solamente i risultati di 6 circoli”.
Nota di colore: nel circolo di Rignano sull’Arno, il candidato renziano Roberto Giachetti ha ottenuto l’83% dei voti, su 100 votanti, per un’affluenza in calo rispetto al congresso del 2017, dove votarono in 120 tesserati.

(da “Huffingtonpost”)

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SONDAGGIO PRIMARIE PD: ZINGARETTI A UN PASSO DALLA VITTORIA CON IL 48,1%

Dicembre 27th, 2018 Riccardo Fucile

MARTINA IN CRESCITA AL 43,2%, GIACHETTI ALL’ 8.7%

Stabilmente sul terzo gradino del podio. Al 17,5% secondo l’ultimo sondaggio realizzato da Demos per Repubblica.
Il Partito Democratico staccato di 8,2 punti percentuale dal Movimento 5 Stelle (25,7%) e di quasi 15 punti percentuale (32,2%) dalla Lega di Matteo Salvini
Eppure i democratici provano a rilanciare la propria azione, soprattutto attraverso l’imminente fase congressuale che precede le primarie fissate per il 3 marzo 2019.
E lo stato di salute elettorale dei dem è analizzato in un sondaggio realizzato dall’Istituto Twig.
Una analisi che si focalizza soprattutto sugli equilibri interni al Pd.
Il primo dato è l’aumento degli militanti indecisi su chi votare alle primarie dopo l’uscita di scena dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti. Se il sei dicembre gli incerti erano il 24,8% degli elettori dem, il 21 dicembre la stessa percentuale sale al 29,5%.
Poi l’analisi dei trend dei candidati alla segreteria. Nicola Zingaretti è stabilmente un passo avanti rispetto agli avversari interni.
E se il 6 dicembre aveva ottenuto il 39,3% delle intenzioni di voto, il 21 dicembre passa al 48,1%. A un passo dalla soglia della maggioranza assoluta che gli consentirebbe di diventare segretario senza un passaggio nell’Assemblea nazionale dei democratici.
Al secondo posto Maurizio Martina che dopo l’uscita di scena di Minniti passa, nello stesso arco temporale dal 27% al 43,2%.
La new entry Giachetti è, per adesso, all’8,7% delle preferenze.
Il sondaggio di Twig ha anche cercato di intercettare il potenziale elettorale di un eventuale “partito di Renzi”.
Il 21 dicembre alla domanda: “Se Matteo Renzi fondasse un nuovo pertito, lei sarebbe disposta a votarlo?” il 10,8% degli intervistati si sono dichiarati interessati e il 2,2% si sono definiti “elettori sicuri” di una forza politica guidata dall’ex premier.
E per Twig la stima di voto di un partito dell’ex segretario dem è fissata al 4,9% degli elettori.

(da agenzie)

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CARO MINNITI, NON SI CORRE SOLO QUANDO SI VINCE

Dicembre 7th, 2018 Riccardo Fucile

SE LA POLITICA E’ PASSIONE SI PUO’ ANCHE ACCETTARE DI PERDERE SE CI SI CREDE VERAMENTE

Fa un effetto strano che Minniti abbia rinunciato a proseguire nella candidatura a segretario del Pd dopo aver scoperto che Renzi non l’avrebbe accompagnato nella corsa e che, anzi, gli avrebbe messo il bastone fra le ruote costruendosi un partito tutto suo.
Perchè Minniti era stato chiaro: la sua candidatura nasceva per dare un futuro al Pd, per salvarlo dai personalismi e dall’odio, per offrirgli la possibilità  di tornare presto al governo esercitando un’opposizione dura e illustrando un’alternativa chiara.
Un partito esiste e resiste a dispetto delle persone che lo animano. Un partito vale più del destino del singolo, proprio come dieci giorni fa diceva Minniti. E se lo diceva dobbiamo immaginare che non fingesse.
E se non fingeva perchè poi, scoprendo che il suo potenziale supporter non era con lui e magari neanche più nel partito, ha cambiato idea?
La revoca della disponibilità  a candidarsi invece che offrire il senso di una misura, di un limite, ha il sapore amaro della fuga dalle responsabilità , della retromarcia davanti a un insuccesso possibile.
Ma la politica è passione, abbiamo detto. E allora non si corre solo per vincere la gara.
Si può persino accettare di perdere se si vuol bene alla ditta.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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MINNITI SI RITIRA, LA ROTTURA CON RENZI E’ INSANABILE

Dicembre 5th, 2018 Riccardo Fucile

“PER PRENDERE IL 20% MEGLIO LASCIAR PERDERE”… MARTINA-RICHETTI POTREBBERO BENEFICIARNE

Marco Minniti ha deciso che no, così non si può andare da nessuna parte, lui molla. La decisione arriva dopo una giornata di incontri e, soprattutto, di riflessione con i fedelissimi. “Non voglio fare la fine di Cuperlo e Orlando — ha confidato l’ex ministro ai suoi — se mi devo candidare per prendere il 20%, meglio lasciar perdere”.
Un incontro pomeridiano con Luca Lotti e Lorenzo Guerini non ha cambiato le cose, così come la proposta di un documento sottoscritto da parlamentari e dirigenti di area renziana per confermare il loro sostegno.
La rottura, anche personale, tra Minniti e l’ex premier è apparsa ormai a tutti insanabile.
L’ex ministro voleva chiudere al più presto la questione, rispondendo così all’ultimatum che gli è stato posto a metà  giornata da Antonello Giacomelli: “Se oggi non ci sono fatti espliciti e conclusivi, da domani, nel rispetto di tutti ma soprattutto nell’interesse stesso del Pd, servirà  ragionare su un nuovo assetto del congresso”. E Minniti, quando si tratta di essere esplicito e conclusivo, non si è mai tirato indietro.
I renziani nel caos studiano la contromossa
Il ritiro dell’ex ministro, seppur nell’aria da qualche giorno, ha gettato nel caos i renziani. Ora per loro si tratta di escogitare un piano B, da perfezionare nel giro di una settimana (il 12 dicembre scadono i termini per le candidature a segretario).
I nomi che circolano, con l’intento soprattutto di provare a fermare l’avanzata di Nicola Zingaretti verso la segreteria, sono quelli di Teresa Bellanova, la cui candidatura come vicesegretario avanzata dai renziani era stata respinta bruscamente da Minniti, di Ettore Rosato, già  sherpa franceschiniano approdato al renzismo militante, e di Lorenzo Guerini, l'”Arnaldo” (come Forlani) che in questi anni ha fatto da segretario-ombra, gestendo di fatto tutti gli affari interni sui quali Renzi non aveva tempo o voglia di mettere testa.
Ma non è ancora escluso anche lo spettro dello sciogliete le righe: nessun candidato di area, nessuna indicazione da parte del leader. I renziani, insomma, non esisterebbero più, almeno in questo quadro.
In tutto questo, lui, Renzi, va avanti per la sua strada.
Imperterrito, apparentemente quasi divertito dal caos che lo circonda. Da Bruxelles, dove ha svolto il suo giro di incontri con i massimi vertici delle istituzioni e di diverse famiglie europee, ribadisce di non volersi occupare del congresso del Pd.
“Non fatevi condizionare da quello che faccio io, voi andate avanti per la vostra strada — ha fatto sapere ai suoi nei giorni scorsi — poi, se vorrete, ci ritroveremo”.
I primi calcoli che circolano nei corridoi di Camera e Senato, però, mostrano un consistente ridimensionamento delle truppe parlamentari renziane in caso di addio al Pd.
Si riaprono le chances per il ticket Martina-Richetti
“Se deciderà  di andarsene, farà  solo del male al partito, più che favorire l’uno o l’altro candidato”. Dalle parti di Maurizio Martina, che oggi in una iniziativa con il suo co-candidato Matteo Richetti in un circolo romano ha presentato le proposte per rinnovare lo Statuto del partito, le mosse di Renzi vengono seguite naturalmente con grande attenzione. E con preoccupazione.
Certo, con il ritiro di Minniti potrebbero allargarsi ancora di più le faglie che stanno portando consensi dall’area dell’ex segretario a quella del suo ex vice. Ma il rischio è che chiunque vinca si troverebbe a guidare un partito ridotto allo stremo.
Nel frattempo, comunque, il ticket Martina-Richetti continua a crescere nei sondaggi, alimentato sempre più proprio da personalità  in uscita dal mondo renziano: Graziano Delrio, Debora Serracchiani, Tommaso Nannicini, Angelo Rughetti, Luca Rizzo Nervo, ex amministratori e dirigenti dal Piemonte e la Lombardia fino a Puglia e Sicilia.
Richetti si sta presentando come garante nei confronti di quei militanti che si sentirebbero a disagio accanto a nomi provenienti da una storia diversa, come lo stesso Martina o Matteo Orfini, ma che, delusi dall’ambiguità  di Renzi, cercano una exit strategy per mantenere vive le proprie idee dentro il Pd.
Le proposte presentate quest’oggi nel dettaglio da Nannicini provano proprio a intercettare anche quelle sensibilità : un governo ombra anti-nazionalpopulista aperto a contributi esterni al partito, referendum annuali tra gli iscritti sui temi identitari, conferma delle primarie aperte, più spazio, candidature e soldi ai territori.
“Per la prima volta in questo congresso non ci sono punti di riferimento prestabiliti — spiega una fonte vicina a Martina — già  i parlamentari sono disorientati, figuriamoci i militanti a livello locale. Si sta verificando un rimescolamento inedito, che apre grandi spazi per noi”.
Qualsiasi previsione sull’esito delle primarie, insomma, appare oggi un salto nel buio.

(da “Huffingtonpost”)

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MINNITI TORNA A RIFLETTERE

Dicembre 4th, 2018 Riccardo Fucile

STAREBBE VALUTANDO IL RITIRO DELLA SUA CANDIDATURA ALLE PRIMARIE A CAUSA DI UN INADEGUATO SOSTEGNO DA PARTE DEI RENZIANI

Marco Minniti sta riflettendo su un possibile passo indietro nella corsa alla segreteria del Partito Democratico.
Secondo alcuni rumors riportati dall’AdnKronos, la sua candidatura attraversa una fase di stallo.
Persino la raccolta di firme nel territorio, necessaria per presentare la candidatura, non procederebbe come dovrebbe.
I motivi dello stop sarebbero legati ad alcune perplessità  dell’ex-titolare del Viminale che non avrebbe riscontrato le condizioni auspicate nel sostegno alla sua candidatura, in particolare da parte dell’area renziana del Pd, riporta l’agenzia di stampa.
Come confermano fonti all’HuffPost, nessuna decisione sul ritiro della candidatura al congresso è stata ancora presa, ma una riflessione è in corso.
Il termine per la presentazione delle candidature è il 12 dicembre, tra appena una settimana.

(da “Huffingtonpost”)

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SONDAGGIO PRIMARIE PD: TESTA A TESTA TRA ZINGARETTI E MINNITI, 40% CONTRO 38%

Novembre 28th, 2018 Riccardo Fucile

NESSUNO DEI DUE SUPERA IL 50%

E’ testa a testa tra Nicola e Zingaretti e Marco Minniti, secondo l’ultimo sondaggio di Bimedia, sulle primarie del Pd.
In base ai dati raccolti i candidati sono sempre sotto il 50%. Il Presidente della regione Lazio, in campo da quasi 5 mesi, raccoglie il 40% dei voti, registrando un calo del 4% rispetto al mese di ottobre.
L’ex ministro dell’Interno Marco Minniti lo segue con il 38% dei consensi con un aumento del 9% rispetto alla precedente rilevazione, quando non era ancora ufficialmente candidato alle primarie.
In terza posizione, ma lontano dalla coppia di testa, debutta Maurizio Martina. L’ultimo segretario del Pd si attesta al 9% dei voti, subito davanti a Matteo Richetti che raccoglie l’8% (-6% rispetto ad ottobre).
Nel prossimo sondaggio – informa la nota di Bimedia – si capirà  se la rinuncia di Richetti alla corsa per la segreteria del partito in favore del ticket con Martina favorirà  quest’ultimo nella risalita.
Più distaccati gli altri tre sfidanti. Cesare Damiano è al 2% dei consensi (-1% da ottobre), stesso valore per Francesco Boccia.
Chiude la rosa dei candidati Dario Corallo che perde il 3% rispetto al mese scorso e si ferma all’1% dei voti. Non è stata sondata Maria Saladino, in quanto ha confermato la propria candidatura solo dopo la chiusura del sondaggio.

(da agenzie)

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VICENZA, ALLE PRIMARIE PD VINCE IL CANDIDATO SBAGLIATO

Dicembre 10th, 2017 Riccardo Fucile

DALLA ROSA CON 2738 VOTI BATTE POSSAMAI CHE HA RACCOLTO 2700 VOTI, SOSTENUTO DAL PARTITO, MA SUI 38 VOTI DI SCARTO SI ACCENDE LA POLEMICA

Le primarie “con il morto” hanno lasciato strascichi a Vicenza, ben oltre il fair play con cui è stato accolto lo scarto di soli 38 voti che ha incoronato il candidato outsider Otello Dalla Rosa.
Una settimana fa sono andati a votare 6.385 vicentini per scegliere il candidato del Pd che correrà  alla successione di Achille Variati, giunto al termine della seconda legislatura da primo cittadino, e quindi non candidabile.
Cosa è accaduto? Che Dalla Rosa ha incamerato 2.738 voti, mentre Giacomo Possamai, sostenuto da buona parte del Pd, si è fermato a 2.700. Distanziato di molto, invece, il vicesindaco uscente Jacopo Bulgarini d’Elce, sponsorizzato da Variati, con cui ha condiviso l’avventura amministrativa.
Che nei seggi non tutto fosse andato per il verso giusto lo si era saputo dalle cronache locale, avvalorate da una seduta fiume (sette ore) del comitato di garanzia che aveva preso in esame le segnalazioni di irregolarità , per sancire alla fine la vittoria di Della Rosa.
Possamai non si è messo di traverso, rinunciando a fare ricorso. E a caldo ha dichiarato: “Non è nel mio stile. Si creerebbe un Vietnam nel partito. Ho perso, per poco, ma ho perso. Finisce qui”.
Ma che non sia finita qui lo dimostrano, invece, due fatti.
Il primo è interno al Pd veneto. Il secondo riguarda il sindaco che ha mal digerito lo schiaffo degli elettori al suo delfino, arrivato mestamente terzo.
A rinfocolare le polemiche scende in campo il capogruppo democratico in Consiglio regionale, Stefano Fracasso, che in quell’incarico è succeduto lo scorso gennaio alla vicentina Alessandra Moretti (pesantemente sconfitta da Luca Zaia nella corsa alla presidenza della Regione Veneto).
“Episodi come questi non si dovrebbero vedere alle primarie”. Le parole di Fracasso (diffuse dall’agenzia di stampa Dire) sono benzina sul fuoco che per qualche giorno è covato sotto le ceneri.
Anche perchè elenca tutte le irregolarità  emerse. “Durante le operazioni di voto l’anagrafe telematica in cui il personale di seggio doveva registrare i votanti si è bloccata per alcune ore, rendendo impossibile controllare la regolarità  dei dati di chi si presentava al seggio. Durante il black-out i dati dei votanti sono stati scritti su registri cartacei, e una volta completate le operazioni di voto ci si è resi conto che ben 19 persone hanno votato senza averne il diritto”.
Di chi si trattava? “Per la maggior parte di persone di nazionalità  differenti, sudamericani o di origini balcaniche, ma c’è anche il caso di una donna che è risultata deceduta, e ciò significa che qualcuno ha usato il suo documento per votare”.
La nota di Fracasso prosegue: “Secondo alcune testimonianze, inoltre, Giuliano Raimondo, membro della commissione di garanzia provinciale e figura nota del Pd, avrebbe tentato di votare nonostante sia residente fuori città  e non ne abbia quindi il diritto. Infine, numerose segnalazioni evidenziano che all’ingresso dei seggi c’erano sostenitori del candidato vincitore che fermavano gli elettori per suggerire chi votare, in qualche caso anche offrendo un rinfresco”.
La sottolineatura di Fracasso è severa: “Coloro che concorrono e i loro sostenitori dovrebbero evitare che succedano cose del genere. In ogni caso mi pare che Possamai abbia reagito nel modo più intelligente, superando le polemiche”.
Eppure rischi di lacerazione nel tessuto del Pd, che esce da dieci anni di maggioranza, ce ne sono, visto che Fracasso conclude: “Ora bisognerà  superare ‘l’incidente’, sarà  possibile nella misura in cui i protagonisti riusciranno a mettere in campo proposte concrete ed efficaci per il governo della città . Purtroppo, rimane ‘amarezza’ per questa macchia su primarie dalla straordinaria partecipazione”.
In realtà  non finisce qui.
Perchè dopo le primarie si è bloccato uno dei più importanti interventi immobiliari pubblici, quello che era stato definito il “risiko dei palazzi”, una delle più complesse operazioni dell’amministrazione Variati.
Si tratta della riqualificazione, trasformazione e vendita di immobili di proprietà  comunale (prevista anche la realizzazione di un albergo, un parcheggio e unità  abitative), in cambio della costruzione della nuova sede della polizia locale, della nuova biblioteca e di altri uffici comunali.
E’ un’operazione da più di 80 milioni di euro. Il giorno dopo le primarie Variati ha rinunciato, dichiarando: “Non ci sono le condizioni politiche per portare avanti l’operazione, come sindaco mi assumo la responsabilità  di bloccare il progetto del fondo immobiliare”.
Che l’affare sia destinato a diventare uno snodo della prossima campagna elettorale a Vicenza lo dimostra l’editoriale firmato l’8 dicembre da Luca Ancetti, direttore de Il Giornale di Vicenza, il quotidiano controllato dagli industriali.
Il titolo è eloquente: In fondo è responsabilità . E’ un attacco diretto a Variati. “È possibile che si dia ‘l’indietro tutta’ alle macchine perchè il candidato sindaco designato dalle primarie, e premiato, per ora, da poco più di duemila cittadini, avanza, peraltro legittimamente, qualche dubbio? Così facendo si profila una situazione paradossale. Quella di un aspirante sindaco che viene investito di un diritto di veto… E quella di un sindaco in carica deluso, ma con pieni poteri, che sceglie di porre la pietra tombale sull’operazione, che lui stesso definisce come grande opportunità  per la città  perchè non c’è unità  nella maggioranza e perchè le minoranze la contestano duramente. Vicenza non ha bisogno di un sindaco disilluso”.
Disilluso, aggiungiamo noi, dall’esito delle primarie con il morto.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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