LETTA E L’INCONTRO CON MATTEO: “NON MI SCHIACCIARE SU ALFANOâ€
SISTEMA DI VOTO E CONTRATTO DI COALIZIONE… VERRA’ ABOLITO IL VOTO DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO
L’appuntamento è a giorni, prima della ripresa.
Il faccia a faccia con Matteo Renzi forse già questo fine settimana in Toscana, dove il premier Enrico Letta potrebbe ritirarsi prima di rimettere piede a Palazzo Chigi, da martedì 7.
Telefonata di auguri tra i due in questi giorni, ma ora si fa sul serio. E fare sul serio per il sindaco di Firenze vuol dire mettersi al lavoro e subito sulla legge elettorale. Sulla riforma il suo sprint, ma sfiderà Grillo di nuovo sui costi della politica e l’abolizione del Senato.
Entro domenica 12 Renzi vuole chiudere la sua proposta sul sistema di voto.
Due le ipotesi ancora aperte sulla sua scrivania. La prima, il ritorno al Mattarellum utilizzando come premio di maggioranza il 25 per cento di proporzionale previsto nello schema originario.
La seconda, il doppio turno di coalizione per l’elezione del cosiddetto «sindaco d’Italia».
Il presidente del Consiglio Letta non ha alcuna voglia di stare a guardare. La settimana prossima insedierà a tamburo battente il tavolo formato dalle tre delegazioni che compongono la maggioranza.
C’è da mettere nero su bianco l’ormai famoso contratto coalizione sul quale sarà riscritto l’accordo di governo. Si risolverà in una dozzina di schede, ciascuna contenente un impegno concreto da realizzare nell’arco di 10-12 mesi.
Sollevato, il premier, ancor più che soddisfatto, dal discorso del presidente Napolitano.
«Ormai so che questo governo andrà avanti – è una delle considerazioni fatte – Ma nella definizione del nuovo programma dovremo prendere in considerazione solo impegni che possiamo mantenere davvero. Il resto si risolverebbe in un boomerang». Occhio ai passi falsi, insomma. Lo spettro del voto anticipato a maggio assieme alle Europee – che Silvio Berlusconi agita ancora come spauracchio al quale nemmeno lui mostra ormai di credere – è destinato a restare tale.
Seppure la legge elettorale dovesse essere approvata in tempi più che rapidi, non ci sarebbero poi quelli necessari a mettere a punto i collegi. Un lavoro di settimane, se non di mesi.
Su un punto premier e sindaco avrebbero trovato già un’intesa: abolire, con la riforma elettorale, il voto degli italiani all’estero, che necessiterà però di un passaggio costituzionale.
Il nodo a questo punto diventa tutto politico. Se davvero nei prossimi giorni Letta e Renzi stringeranno il loro patto di ferro – è il ragionamento fatto a Palazzo Chigi – allora per gli altri partiti di governo i margini si faranno strettissimi, difficile che il Nuovo centrodestra di Alfano piuttosto che i centristi di Mauro possano fare la voce grossa.
La tolda di comando Pd si blinderebbe fino alle elezioni. «Se invece mi volessero schiacciare su Alfano, allora sì, tutto diventerebbe più difficile» è l’avvertimento del presidente del Consiglio.
Si tratterà di capire da martedì quali saranno le reali intenzioni di Renzi. Se attraverso i suoi per esempio insisterà per un rinnovamento della compagine di governo, dalla poltrona della Giustizia a quella del Lavoro, per cominciare.
Per noi le priorità «sono le cose da fare ma il confronto che si aprirà in maggioranza sarà a 360 gradi» è quanto precisano da Palazzo Chigi. Come dire, tutto è in gioco, rimpasto compreso.
Tanto più che a rivendicarlo è anche Mario Monti, rimasto fuori squadra dopo l’ammutinamento dei «suoi» ministri.
Molto dipenderà anche dal livello di coinvolgimento da parte di Renzi di Berlusconi (e Grillo) nella partita della riforma elettorale.
Non è un mistero che Letta, come Alfano, lo vorrebbero fuori dai giochi, almeno nella prima fase. Anche perchè il Cavaliere ha già iniziato una campagna elettorale tutta sua e mirata alle Europee. Finita la pausa festiva, in questi giorni riprenderà il battage delle telefonate ai club.
Mentre ieri sputava fuoco e fiamme contro Napolitano: «Col suo discorso ha voluto archiviarmi, mai un cenno alla mia decadenza, al nodo della giustizia, alle larghe intese fallite» si lamentava da Arcore coi suoi.
«Si conferma un presidente di parte, prima ce ne liberiamo, meglio è».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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