TUTTI CON HOLLANDE TRANNE L’ITALIA
LA FRANCIA INCASSA L’APPOGGIO MILITARE DI PUTIN, OBAMA, MERKEL E CAMERON… SI SFILA SOLO RENZI
I Tornado di Berlino voleranno sui cieli della Siria. Londra inizierà a bombardare subito dopo il via libera di Westminster, forse già la settimana prossima. I jet di Mosca continueranno a colpire “il male comune”. Washington rafforzerà l’impegno a “distruggere insieme l’Isis”.
Se non fosse per la posizione di prudenza assunta dall’Italia, la maratona diplomatica di Hollande — da Washington a Mosca, cinque leader mondiali in meno di 48 ore — potrebbe essere definita un en plein.
In misure diverse, infatti, da tutti i bilaterali è uscito un aiuto concreto alla guerra dichiarata da Hollande all’Isis all’indomani degli attacchi del 13 novembre a Parigi.
Da tutti, tranne che dal bilaterale con il premier italiano Matteo Renzi.
Per ora, infatti, l’Italia riesce a restare fuori dalla rosa dei nuovi impegni militari internazionali contro l’Isis.
Nell’incontro di oggi con Francois Hollande all’Eliseo, Matteo Renzi ha messo sul piatto una disponibilità di massima a rafforzare il contingente italiano in Libano per alleggerire il carico militare dei francesi.
Si parla di 100-150 militari in più ma non c’è nulla di deciso e l’ipotesi resta remota a Palazzo Chigi, dove prevalgono nervosismo e riluttanza rispetto a un nuovo impegno militare italiano di qualunque genere.
Renzi non segue Hollande. Non l’ha fatto dall’inizio di questa tragica storia, rifiutando l’uso della parola ‘guerra’, evitando i toni allarmistici, scegliendo una linea diplomatica che tiene l’Italia ferma agli impegni già presi in uno scacchiere internazionale che invece è in movimento e subbuglio dopo i fatti di Parigi. All’Eliseo, nel corso di un bilaterale a colazione durato poco più di mezz’ora, caffè e croissant francesi ad alleviare la pena del momento, Renzi si è trovato di fronte un Hollande senza richieste precise verso Roma.
Segno che la Francia non si aspetta nulla da Roma, se non quello che è stato promesso: collaborazione nei controlli di polizia e intelligence e poi — ma solo se serve — un aiuto in Libano.
Solo se sarà necessario però. La missione del premier italiano in Francia è servita più che altro a ribadire che per l’Italia è necessario un allargamento della coalizione internazionale contro l’Isis alla Russia.
La risposta in effetti arriva a sera dopo l’incontro di Hollande con Putin a Mosca. Ma per Roma non basta.
Perchè il governo italiano chiede una “cabina di regia unica” della coalizione internazionale, per elaborare una strategia comune e lungimirante. E resta scettica rispetto all’iniziativa francese, che Renzi più volte ha paragonato all’attacco unilaterale deciso quattro anni fa in Libia.
“Non vogliamo una Libia bis”, è il mantra del premier italiano, che anche oggi, proprio nella conferenza stampa di fianco a Hollande, non ha mancato di chiedere invece un impegno internazionale vero sulla Libia che “rischia di essere la prossima emergenza…”.
Hollande non ha gradito.
Come non ha gradito la mancanza di nuova iniziativa militare italiana, dopo il 13 novembre. Ma quella di Palazzo Chigi è una linea che serve anche a prendere tempo, in attesa che si chiariscano i veri problemi di una lotta comune contro l’Isis: dal destino di Assad, ai rapporti tesissimi tra Russia e Turchia, fino ai rapporti con i paesi islamici ‘vicini’ ai fondamentalisti, dall’Arabia Saudita al Qatar alla stessa Turchia. Paesi con cui tutto l’Occidente, non solo l’Italia, ha rapporti.
Resta la domanda: come mai l’Italia può permettersi una posizione così immobile laddove invece cominciano a muoversi attori importanti come la Germania e la Gran Bretagna, in aggiunta a Francia, Usa e Russia che già da tempo bombardano in Siria?
Dal governo insistono: il motivo sta nel fatto che l’Italia è il paese europeo con il numero più alto di uomini impegnati nelle missioni militari all’estero.
In totale 5700, quantificano alla Difesa, tra Afghanistan, Kosovo, Iraq, Libano, Africa. Della serie: abbiamo già dato, stiamo già dando.
Italia a parte, il tour de force di Hollande — che in due giorni ha incontrato Obama, Cameron, Merkel, Renzi e Putin — ha dato i risultati sperati.
Nel caso di Berlino, anche meglio delle aspettative.
La cancelliera Angela Merkel, infatti, ha ceduto alle insistenze di Hollande: Berlino fornirà da quattro a sei Tornado da ricognizione, più un aereo da rifornimento in volo e una nave che si aggiungerà alla scorta della portaerei francese Charles de Gaulle.
Ma non è tutto: la Germania ha promesso anche 650 soldati in Mali per alleggerire la Francia dal compito di stabilizzare il Paese africano.
Per Berlino, si tratta di un cambio di rotta decisivo: finora, infatti, gli sforzi tedeschi si sono concentrati sulla formazione e l’equipaggiamento dei combattenti curdi.
Ora, sotto il peso della comune minaccia terroristica, la svolta: sui cieli già affollatissimi della Siria voleranno anche i cacciabombardieri di Berlino.
“Abbiamo preso misure difficili ma necessarie”, sintetizza il ministro della Difesa, Ursula von der Leyen. “Il nostro aiuto si basa su tre componenti: tutela, ricognizione e logistica”. Saranno impegnate una fregata di sostegno alla portaerei francese Charles de Gaulle, Tornado da ricognizione e un sistema satellitare franco-tedesco e aerei da rifornimento per i jet francesi.
Meno sorprendente è l’interventismo militare del premier britannico, David Cameron, che oggi ha chiesto al Parlamento di poter bombardare in Siria perchè il Regno Unito “non può delegare la sua sicurezza ad altri Paesi”.
Il voto di Westminster potrebbe arrivare già la prossima settimana. “Dobbiamo colpire questi terroristi ora”, ha detto Cameron, specificando che non si tratta solo di schierarsi con la Francia, ma anche di perseguire “l’interesse nazionale”.
Quanto al rischio che i raid possano trasformare il Paese in un bersaglio del terrorismo islamico, il premier ha affermato che il Regno Unito è già un bersaglio privilegiato del Daesh.
Al di fuori dell’Europa, la determinazione di Parigi a condurre una guerra totale contro l’Isis ha raccolto il sostegno sia di Washington che di Mosca, alleati impossibili in una partita di cui condividono l’obiettivo — la sconfitta dell’Isis — ma divisi su aspetti fondamentali come il futuro del presidente siriano Bashar al-Assad e l’assetto geopolitico dell’intera area.
La cooperazione tra Francia e Stati Uniti, di fatto, è iniziata fin dal primo bombardamento francese su Raqqa, la città considerata la roccaforte dello Stato islamico in Siria: quei raid, infatti, sarebbero stati impossibili se il Pentagono non avesse messo a disposizione le sue informazioni satellitari e d’intelligence.
Con la sua visita alla Casa Bianca, Hollande ha rinsaldato il patto con Obama, strappando anche la promessa di un’intensificazione dei raid in Siria e in Iraq.
Quanto alla Russia, prove generali di una collaborazione militare sono in corso già da una decina di giorni, ossia da quando il Cremlino ha ordinato all’incrociatore Moskva di cooperare “come alleati” con le forze navali francesi.
Nell’incontro di oggi a Mosca il presidente russo Vladimir Putin ha ribadito la disponibilità della Russia a collaborare con la Francia nella lotta al “male comune” rappresentato da Daesh e dal terrorismo jihadista. “Gli attacchi terroristici ci impongono di unirci nella lotta contro il terrore”, ha detto Putin, ricordando le vittime delle stragi di Parigi e dell’areo russo abbattuto sul Sinai.
Putin ha lodato gli sforzi di Hollande per ampliare la coalizione contro lo Stato islamico. “Credo che questa coalizione sia assolutamente necessaria, su questo le nostre posizioni coincidono”, ha dichiarato il leader russo.
Ciò su cui non coincidono è cosa nota. Sul futuro di Assad, infatti, Hollande la pensa esattamente come Obama; Putin no, e lo ha ribadito anche stasera.
In questa coalizione à la carte — da cui l’Italia, per ora, ha scelto di defilarsi — sembrano contare più le bombe che i progetti comuni.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply