Luglio 5th, 2022 Riccardo Fucile INTERVISTA A TETIANA KHARKO, LA SORELLA DEL SERGENTE DEL BATTAGLIONA AZOV SERGEI VOLYNA: “ERANO GRIGI COME SE NON FOSSERO APPARTENUTI A QUESTO MONDO. SEMBRAVANO DEI FANTASMI. CREDO SIANO STATI TRATTATI MOLTO MALE”
Sa che è vivo, «di sicuro è ferito». Vedere i suoi compagni arrivare mutilati, al
più grande scambio di prigionieri della guerra, l’ha fatta piombare in un incubo: quello di non poter riabbracciare mai più suo fratello, il sergente Sergei Volyna.
Tetiana Kharko è una delle due persone che hanno assistito alla liberazione dei difensori dell’Azovstal: 144 per parte ucraina, lo stesso numero per parte russa. È la rappresentante dell’Associazione dei parenti dei combattenti di Mariupol. Li ha accolti a Zaporizhzha, pochi minuti dopo la scarcerazione, la scorsa settimana.
Ma dal 20 maggio, questa 30enne vive settimane di angoscia, nel silenzio totale che avvolge il destino del comandante della 36a Brigata dei marines, forse l’eroe più umanizzato della lunga e dolorosissima battaglia dell’acciaieria.
Quel volto con la barba, suo fratello, che tutto il mondo ha imparato a conoscere nei tanti appelli video dai social, in cui chiedeva aiuto. Per i comandanti Azov, i russi potrebbero prevedere la pena di morte, e quella scure potrebbe capitare anche al sergente Volyna. La stessa sorte la teme Katerina, la moglie del comandante del Reggimento Denis Prokopenko.
Signora Kharko, ci racconta lo scambio dei prigionieri?
«Quasi ogni soldato che era dentro l’Azovstal era ferito. Loro chiamavano “feriti” quelli che non riuscivano ad alzarsi e non potevano prendere il fucile. Gli altri continuavano a combattere. Delle 144 persone liberate, 95 erano combattenti Azov e il 90 per cento di loro è arrivato mutilato: senza gambe, braccia, tanti di loro sono sordi o hanno perso la vista. Io ero presente all’accoglienza a Zaporizhzha, a mezz’ora dal luogo della trattativa, un lungo ponte su cui hanno scambiati i prigionieri. È stato molto pesante».
Come sono stati trasportati?
«Sono arrivati sulle ambulanze, una per ciascun prigioniero liberato. Allo scambio era presente solo la Croce Rossa ucraina e i rappresentanti delle due parti. Li hanno liberati nella zona grigia, ma non posso dire il nome della località per ragioni di sicurezza. Abbiamo avuto dieci minuti per salutarli. Non abbiamo chiesto loro se erano stati torturati, piangevamo tutti, anche se loro provavano a trattenere le lacrime».
Erano dimagriti, segnati? Quali sono state le prime frasi che hanno pronunciato?
«È molto difficile trovare le parole per raccontare cosa ho visto. Forse non le hanno ancora inventate. Oltre alla menomazione fisica, erano grigi come se non fossero appartenuti a questo mondo. Sembravano dei fantasmi. Credo siano stati trattati molto male, nei giorni di permanenza in prigione. Era doloroso guardarli».
Ha parlato con loro?
«Sì. Uno mi ha riconosciuto e ha detto che mio fratello gli aveva salvato la vita. Poi è venuto fuori che le amputazioni risalgono al periodo dentro l’acciaieria. Ai feriti tagliavano gli arti senza anestesia, questo ci hanno raccontato».
Quand’è l’ultima volta che ha sentito suo fratello, il sergente Volyna?
«Il 20 maggio. Ci ha informato dell’evacuazione. Ci ha detto che da quel momento non avrebbe più comunicato perché si consegnavano ai russi».
Comunicavate, mentre lui era nelle viscere dell’Azovstal?
«Scriveva più che altro a sua moglie. Per alcune settimane non si faceva vivo. Scriveva sempre le stesse parole: “normale”, oppure “sono intero”. Niente di più. Ma a noi bastava».
Quanti prigionieri dell’Azovstal mancano all’appello? Le trattative sono in piedi?
«Il presidente Zelensky aveva annunciato che erano 2000-2500 i soldati che si erano consegnati. Faremo di tutto per liberarli, le trattative sono appese a un filo, ma io sono fiduciosa che mio fratello tornerà. I russi stanno violando ogni giorno la Convenzione di Ginevra, non ci permettono di comunicare con loro. Non sappiamo neppure dove siano. Dicono a Olenivka, Rostov sul Don, Lufortovo, ma non abbiamo certezze. Non possono ucciderli o non rimandarli a casa. Però prego, perché ho molta paura».
Chi era il sergente Volyna?
«Un viso sempre sorridente. Un padre e un marito modello. Aveva studiato all’Accademia nazionale delle forze di terra Hetman Petro Sahaidachnyi, era andato in Cimea, poi era tornato subito per difendere il Donbass, nel 2014. Prima della guerra, da settimane era a Mariupol. Viaggiava tanto, faceva sei mesi in Donbass e sei mesi a casa a Kiev. Sergei ama suo figlio, chissà quanto soffre a non vederlo».
Se ci fossero pressioni per trattare, voi di Azov accettereste di perdere il Donbass, che tanto avete difeso?
«Vi faccio un esempio per capire cosa ci sta capitando: questa guerra, per noi, è come se nella vostra casa entrasse una persona e prendesse una stanza e dicesse “è mia, se non me la dai uccido la tua famiglia”. È una cosa assurda, ingiusta, inaccettabile. Per come la vedo io, la situazione si potrebbe definire con un referendum, dove la gente potesse decidere se vuole restare nella parte ucraina o diventare Russia. Ma senza armi, senza pressione».
(da La Stampa)
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Luglio 5th, 2022 Riccardo Fucile LA FEDERAZIONE DI MILANO LO CACCIA PER DISACCORDI SULLA LINEA POLITICA E LUI FA ESPELLERE LORO
Marco Rizzo espulso dal Partito Comunista? Non proprio. O meglio: la Federazione di Milano ha in effetti annunciato su Facebook l’espulsione del segretario e di tutto il gruppo dirigente.
«Noi ci prendiamo la responsabilità politica di questa decisione, consci di essere in minoranza in un CC svuotato di tutte le sue funzioni e prerogative, ma in enorme maggioranza nel corpo sociale del nostro paese. Un corpo sociale che può e deve essere recuperato alla lotta per il socialismo, senza scorciatoie opportunistiche che conosciamo bene da decenni», hanno scritto gli ex “compagni” di Rizzo.
Ma qualche ora dopo è arrivata la risposta del comitato centrale del partito. Che ha espulso a sua volta chi aveva provato ad espellere Rizzo.
Le “zecche” e il destriero
La risposta del comitato centrale è stata affidata a Canzio Visentin, presidente e rappresentante legale. Che ci è andato giù durissimo: «In questo mondo dei social basta impossessarsi della password di Facebook di una federazione del Partito e decidere che il segretario nazionale è espulso. Di questi bontemponi si sta occupando la Commissione Centrale di garanzia e, per rimpinzare le casse, la tesoreria e gli avvocati. Il segretario generale Marco Rizzo sta bene e gode della fiducia (certificata col voto ad ampia maggioranza – 7 voti contrari ed 1 astenuto – del Comitato Centrale del 25 Giugno) di tutto il Partito, che approva la scelta di unire le forze reali del dissenso in questo Paese». E poco importa che il post sia intitolato “Zecche sulla criniera di un destriero”, utilizzando una terminologia cara all’estrema destra e al fascismo.
Dietro la querelle che rischia di finire in tribunale c’è un aperto dissenso politico. La Federazione di Milano guidata da Luca Ricaldone contesta la svolta populista del segretario da tempo. Lui da qualche tempo ha deciso di adottare le parole d’ordine della contestazione: No Green Pass , No vax e così via.
L’alleanza Pci-Pdf
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’annuncio dell’accordo elettorale con il Popolo della Famiglia di Mario Adinolfi. Valido solo in Sardegna, ma abbastanza per far saltare i nervi di molti degli iscritti. «Noi stiamo costruendo una forza di vero dissenso e solo il 12-13% nel partito è contrario alle scelte fatte», ha risposto Rizzo al Corriere.
«Il 18 giugno abbiamo organizzato manifestazioni contro la guerra e contro Draghi in 22 città (definite un flop dagli avversari, ndr), così come da indicazione dell’Ufficio politico che è l’organo esecutivo. Il Comitato centrale ha poi deciso in maggioranza per le alleanze, che sono in corso. Milano è una minoranza».
Ora la grana può essere risolta con l’espulsione della Federazione dal partito. Oppure con le dimissioni e la nascita di un nuovo Partito Comunista (l’ennesimo). Con una postilla. Se quarant’anni fa la Federazione di Milano del Partito Comunista Italiano avesse chiesto l’espulsione del segretario nazionale la notizia sarebbe stata l’apertura di tutti i giornali, Unità compresa. Oggi, meno.
(da agenzie)
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Luglio 5th, 2022 Riccardo Fucile SCENDONO LEGA E M5S
Da giorni ormai si fanno sentire le fibrillazioni che agitano la maggioranza. Le
minacce della crisi arrivano da più fronti e sia il Movimento Cinque Stelle che la Lega stanno iniziando a mettere nero su bianco le loro condizioni per la permanenza nel governo. Intanto il Partito democratico ha messo in chiaro che se qualcuno deciderà di staccare la spina non si proverà a formare un nuovo esecutivo, ma si andrà al voto. Vediamo quindi come si comporterebbero gli italiani se fossero chiamati oggi alle urne.
Secondo il sondaggio Swg, andato in onda questa ieri sul telegiornale di La7, la prima forza politica nel Paese è ancora Fratelli d’Italia, in crescita rispetto alla scorsa settimana.
Se a fine giugno il partito di Giorgia Meloni era infatti dato al 23,4%, ora arriva al 23,6%, con lo 0,2 di punti percentuali in più.
Al secondo posto troviamo il Partito democratico al 21,8%: anche i dem sono in lieve rialzo (sempre dello 0,2%) rispetto alla precedente rilevazione, ma rimangono comunque dietro FdI di quasi due punti percentuali
Crolla invece la Lega, al 14,3%. Il Carroccio scende di 0,4 punti percentuali e finisce distantissimo dalle due prime forze politiche secondo i sondaggi.
In discesa anche il Movimento Cinque Stelle, che in una settimana passa dall’11,5% all’11,2%.
Forza Italia è invece in leggero aumento al 7,4%, sul 7,2% rilevato lunedì scorso.
Tra le forze politiche minori, invece, quella ad aver maggior fortuna è la federazione rappresentata da Azione e +Europa, che arriva al 5,2%, in leggerissimo calo rispetto a una settimana fa.
A seguire Sinistra italiana al 2,7%, in aumento di 0,2 punti percentuali, i Verdi al 2,6%, Mdp Articolo 1 al 2,5% e infine Italia Viva stabile al 2,4%.
(da agenzie)
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Luglio 5th, 2022 Riccardo Fucile GLI INSODDISFATTI LAMENTANO CHE IL CARROCCIO HA PAGATO UN PREZZO TROPPO ALTO PER IL SUO SOSTEGNO A DRAGHI… NON HANNO ANCORA CAPITO CHE GLI ITALIANI SI SONO ROTTI I COGLIONI DI SALVINI
La Lega è inquieta e sempre più agitata. Cerca di darlo a vedere il meno possibile, ma le distanze tra l’ala governista (rappresentata da ministri e governatori) e i parlamentari e gli esponenti di partito si stanno allargando.
§Anche se la versione ufficiale parla di un confronto pacato e costruttivo su temi concreti, all’insegna della compattezza e dell’unità di intenti, il vertice convocato ieri pomeriggio in via Bellerio da Matteo Salvini con tutto lo stato maggiore del partito (dai vicesegretari ai ministri ai capigruppo parlamentari) ha reso ancora più plastica la faglia che attraversa il Carroccio.
I leghisti di Camera e Senato sono sempre più insofferenti verso la maggioranza (specie dopo che Pd e M5S hanno rilanciato su ius scholae e cannabis) e lo stesso governo. Chiedono uno smarcamento, risposte ferme alle fughe in avanti altrui. Sono disposti a concedere ancora un po’ di tempo a Draghi, ma non troppo.
Salvini, che si è complimentato con i governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga risultati in vetta al gradimento degli italiani per Il Sole 24 ore , lo traduce così: «Mi avete chiesto di entrare al governo, lo abbiamo sostenuto finora e dobbiamo continuare a farlo per portare a casa le nostre battaglie su pensioni, taglio delle tasse, pace fiscale e autonomia differenziata. Se entro la fine dell’estate non avremo le risposte che aspettiamo decideremo». Un impegno con l’occhio rivolto al raduno di Pontida, previsto per il 18 settembre.
Per contro, i ministri non vedono ragioni per abbandonare l’esecutivo al suo destino. Giancarlo Giorgetti lo pensa da sempre. L’ingresso nel governo è stata una scelta senza ritorno.
Il ministro lo ripete e di fronte alle contestazioni dell’altra ala sbotta: «Se il problema sono io mi tolgo subito di mezzo». E che il clima interno nei confronti di chi lavora per Palazzo Chigi non sia dei migliori lo conferma una frase pronunciata all’uscita dalla ministra Erika Stefani: «Il mandato dei ministri della Lega è in mano a Salvini, non ad altri. È lui che deciderà che cosa fare».
E Giorgetti ha aggiunto, riferito ai capigruppo di Camera e Senato: «Io faccio parte del governo ma sono loro che decidono se io resto». Gli «insoddisfatti» lamentano che la Lega ha pagato un prezzo troppo alto per il suo sostegno al governo. «Abbiamo dato, adesso basta» è stato l’altolà del fronte della protesta. Ai quali Giorgetti ha replicato: «Non tutto quello che abbiamo in mente di fare possiamo farlo. Poi ci saranno le elezioni, la Lega le vincerà e farà tutto quello che vorrà».
Salvini ha ascoltato e promesso che rifletterà, anche dopo aver ascoltato, cosa che farà oggi, le valutazioni dei senatori. Intanto, ieri mattina ha incontrato il governatore lombardo Attilio Fontana per riconfermargli che sarà lui il candidato del centrodestra la prossima primavera (ma Letizia Moratti resta in pista).
L’agitazione della Lega, che si aggiunge a quella del M5S, impensierisce anche Silvio Berlusconi. «Siamo fortemente preoccupati per le fibrillazioni che vengono scaricate sul governo, in un momento nel quale sono invece necessarie stabilità e dialogo» ha spiegato il leader di Forza Italia al termine di un vertice in Sardegna con Antonio Tajani e i capigruppo al Senato Annamaria Bernini e alla Camera Paolo Barelli.
(da agenzie)
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Luglio 5th, 2022 Riccardo Fucile IL FISICO VALERIO ROSSI ALBERTINI, COSTRETTO A CONFRONTARSI CON UN SOVRANISTA IGNORANTE IN MATERIA, LO GELA: “LEI HA STUDIATO? MI MOSTRI I TESTI CHE SOSTENGONO LA SUA TESI”… GIORDANO TACE, FACENDO L’ENNESIMA FIGURA DI MERDA
Da una parte c’è un fisico, divulgatore scientifico, saggista. Dall’altra c’è un
giornalista che dice a uno scienziato di smetterla di fare terrorismo.
Il tutto nonostante la siccità dei nostri giorni e le tragedie, come quella sulla Marmolada, provocate da temperature ben oltre sopra la media della stagione che hanno provocato distaccamenti di ampie porzioni di ghiacciaio come quello di Punta Rocca.
Da una parte, dunque, c’è Valerio Rossi Albertini e dall’altra c’è Mario Giordano (già noto per le sue posizioni contrarie all’allarme sul clima).
Nello studio di Zona Bianca, su Rete 4, il fisico e il giornalista si sono scontrati proprio su questi temi relativi agli effetti devastanti del cambiamento climatico. E Valerio Rossi Albertini sottolinea un aspetto che non può essere sottovalutato: “Adesso possiamo esprimere tutte quante le opinioni che vogliamo, ma ci sono dei dati scientifici incontrovertibili e inequivocabili”.
Perché la scienza si basa su dati e non su pensieri che sono molto in voga tra chi, anche dopo l’attuale situazione visibile a occhio nudo, parla di ciclicità della storia sostenendo: “Io penso che nel passato facesse caldo”. Insomma, il fisico vuole far prevalere – nel suo discorso – i riscontri tangibili della scienza e non i pensieri basati sul “si dice che”. Ma questa narrazione, ovviamente, non piace a Mario Giordano che ha replicato piccato (puntando il dito): “Nel passato ci sono state delle evoluzioni climatiche che non dipendono solo dall’uomo, non sono delle opinioni”. Parole che hanno dato il via a un acceso confronto. Il fisico Rossi Albertini, infatti, chiede al giornalista: “Ma lei ha studiato? Mi citi quali sono gli articoli scientifici”. Una domanda senza risposta, perché Mario Giordano cambia argomento e torna a cavalcare un vecchio cavallo di battaglia: “Vorrei evitare che si riproponesse con l’emergenza climatica la stessa oscenità degli scienziati che abbiamo visto sull’emergenza Covid, che hanno detto un sacco di fesserie e imporre il loro terrorismo mediatico. Vorrei che voi evitaste questo. Ho visto quello stesso atteggiamento di arroganza insopportabile. La scienza è dubbio”.
Valerio Rossi Albertini, allora tenta di riprendere la parola sottolineando un aspetto: “È l’arroganza della scienza. Non è l’arroganza della supponenza o quella dell’improvvisazione. È l’arroganza degli esperti dei competenti”.
Potrebbe finire qui e, invece, il giornalista accusa il fisico di aver perso l’umanità mentre ci sono ancora persone sotto il ghiaccio e la neve della Marmolada, sostenendo che Rossi Albertini le stesse colpevolizzando. Ovviamente, accusa rispedita al mittente.
Perché si sa, Mario Giordano è fatto così: non ama sentir parlare degli effetti del cambiamento climatico e degli allarmi lanciati da anni da attivisti ed esperti. Lo fece in passato quando invitò la giovane Greta Thunberg a tornare a studiare invece di manifestare (e coinvolgere un’intera generazione in problemi che, oggi ancor di più, stanno mostrando tutti i loro devastanti frutti). E continua a farlo oggi, sostenendo che gli scienziati stiano facendo del terrorismo: prima sulla pandemia, ora su quanto successo domenica pomeriggio sulla Marmolada.
(da NextQuotidiano)
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Luglio 5th, 2022 Riccardo Fucile INGIURIARE GLI AMBIENTALISTI PER TUTELARE LE SPECIULAZIONI CRIMINALI DELLE LOBBY ECONOMICHE CHE PORTERANNO ALLA DISTRUZIONE DELL’ECOSISTEMA: I SOLITI SERVI SOVRANISTI
I giornalisti che orbitano nell’area del centrodestra proseguono, nonostante le evidenze tangibili, nella loro battaglia contro chi da anni lotta contro l’inquinamento, l’emissione di gas serra e tutti quei comportamenti umani che hanno provocato un inequivocabile cambiamento climatico e a un surriscaldamento globale.
L’hanno fatto, per anni, accusando e insultando la giovane Greta Thunberg e lo fanno, anche oggi, additando tutti quegli esperti che hanno reso pubblico il loro pensiero dopo la crisi idrica (nel nostro Paese e non solo), la siccità e la tragedia avvenuta domenica sulla Marmolada.
E oggi, seguendo questo grande filone, la prima pagina de “Il Giornale” è dedicata a quelli che vengono definiti (con un titolo a nove colonne) “Gli sciacalli dei ghiacci”.
Un titolo in prima pagina che fa pensare a una serie di approfondimenti interni in cui si smentisce la narrazione di tutti quegli esperti che nelle ultime ore hanno parlato di come i cambiamenti climatici siano alla base della siccità, dell’emergenza idrica e di eventi come quello sulla Marmolada, con quell’ampio seracco di ghiaccio che si è staccato dal ghiacciaio Punta Rocca travolgendo tutto e tutti. E, invece, sfogliando le pagine dell’edizione cartacea del quotidiano diretto da Augusto Minzolini, ecco la sorpresa.
A pagina due si racconta, sotto forma di cronaca, il prosieguo delle operazioni di ricerca sulla Marmolada.
A pagina 3, invece, c’è un approfondimento in cui si provano a spiegare tutti i fattori che possono aver provocato quel distaccamento sulla cima di Torre Rocca: “Il caldo anomalo, le escursioni iniziate tardi e niente allerte: le cause possibili (oltre la fatalità)”.
A pagina 4-5 le storie delle vittime e dei dispersi, con il racconto – a mo’ di intervista – dell’alpinista esperto Simone Moro.
Ma proprio dal taglio basso di pagina 5 e nell’intera pagina numero 6, il capolavoro che smentisce la tesi scritta nel titolo in prima pagina “Gli sciacalli dei ghiacci”: “Le estati estreme e l’impatto sulle montagne. Ma non è solo il caldo a far soffrire i ghiacciai” (la cui tesi finale, però, sostiene che siano proprio le alte temperature a dare lo schiaffo finale a una situazione precaria); “La fragilità della montagna anticipa sconvolgimenti. E riguarda le vite di tutti noi” (in cui lo scrittore alpinista Enrico Camanni spiega come la causa di tragedie come quella della Marmolada sia da ricercare nei comportamenti e nelle scelte dell’essere umano, in termini di ambiente e clima); “Tra 20 anni i ghiacciai saranno spariti”, un articolo in cui vengono ripresi gli appelli di moltissimi esperti.
Insomma, bisogna arrivare a un taglio alto di pagina 7 per trovare una critica a quelli definiti “sciacalli dei ghiacci”, senza però mai spiegare perché – secondo “Il Giornale” – sia sbagliato sollevare questioni ambientali.
Insomma, un titolo in prima pagina per cercare lo strillo, ma senza alcun riferimento tangibile alla attualità e, soprattutto, senza portare al mulino della contestazione dell’acqua potabile. Un po’ come ciò che è accaduto lunedì sera a Zona Bianca, con la discussione tra Mario Giordano e il fisico Valerio Rossi Albertini.
(da NextQuotidiano)
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Luglio 5th, 2022 Riccardo Fucile LA TEMPERATURA E’ AUMENTATA DI DUE GRADI, IL DISASTRO E’ ALLE PORTE
Il disastro della Marmolada ci mette di fronte a un fatto: i ghiacciai sono sempre
più deboli, e sempre meno estesi.
Al momento del distacco del seracco sulla regina delle Dolomiti c’erano 10 gradi sopra lo zero. Solo una delle manifestazioni di una temperatura eccessiva che mette a rischio buona parte dei 903 ghiacciai italiani, molti dei quali sotto i 4000 metri di quota.
In Italia la superficie totale dei ghiacciai è 369 chilometri quadrati, il 13% in meno che nel 2010. Rispetto al 1970, la diminuzione è del 30%. A metà 1800 era di oltre 700 chilometri quadrati.
Negli ultimi 10 anni, il ritiro medio è stato dell’1,1% annuo, spiega La Stampa. Dal 1850, la temperatura lungo l’arco glaciale alpino è aumentata di 2 gradi. «Se pensiamo alle Alpi orientali, alla Marmolada, sono tutti ghiacciai che andranno irrimediabilmente a sparire», spiega il glaciologo del Cnr Carlo Barbante.
Entro il 2050 la portata dei fiumi sarà dimezzata
Il problema si ripercuoterà inevitabilmente anche sulle riserve idriche – riporta La Stampa – che senza l’approvvigionamento dei ghiacciai si riducono.
Stime indicano che entro il 2050 le portate dei fiumi che hanno origine sulle Alpi potrebbero essere la metà di quelle odierne. Con danni incalcolabili sulla disponibilità di acqua potabile, per la produzione di energia elettrica e per scopi industriali.
Un’insieme di condizioni esasperatesi quest’anno ha messo a dura prova il ghiacciaio della Marmolada, che mostra cosa accadrà a quasi tutti gli altri ghiacciaio dell’Arco alpino se il cambiamento climatico continuerà ai ritmi odierni. Evitabile o meno, le cause della tragedia sono principalmente la siccità e le temperature record, entrambe legate al cambiamento climatico.
La siccità
Un inverno senza precipitazioni, che in alta quota vuol dire senza neve, non ha rimpinguato le riserve del ghiacciaio, che quindi è arrivato alla stagione calda già in difficoltà.
Inoltre, la neve fresca si sarebbe trasformata in ghiaccio bianco, molto riflettente e quindi non particolarmente soggetto allo scioglimento. Per lo meno non tanto quanto il più antico ghiaccio blu, che a causa del suo colore si scalda molto rapidamente, si scioglie, e mette a rischio l’intera massa, spiega Carlo Brabante. Questo fenomeno innesca un circolo vizioso, meno ghiaccio c’è, meno luce solare viene riflessa, e più aumenta lo scioglimento.
Il grande caldo
Alla siccità che continua tutt’oggi si sono aggiunte le temperature record di maggio e giugno. Lo zero termico, che normalmente in questo periodo si raggiunge intorno ai 2300 metri di quota, nel mese di giugno, sulla Marmolada è stato sopra i 3000 metri. Il 20 giugno, sulla cima della montagna a 3343 metri, è stato toccato il record di 13 gradi, riporta la Repubblica. Lo zero termico si sarebbe raggiunto solo a 4.400 metri d’altitudine: un’altezza che pochissimi ghiacciai italiani raggiungono.
Le infiltrazioni d’acqua
Questi fattori hanno determinato uno scioglimento repentino del ghiacciaio, nel quale si sono aperti crepacci e sotto il quale si è cumulata moltissima acqua. Questa ha man mano eroso la base del ghiacciaio – “piede” come viene definita – e ne ha compromesso la stabilità fino al crollo. Il Corriere della Sera indica che il volume del ghiacciaio è diminuito del 30% dal 2004 al 2014, passando da 25,2 milioni di metri cubi a 17,5.
Gli altri ghiacciai osservati speciali
Quello della Marmolada non è un caso isolato. «Tutti i ghiacciai sono in una fase di ritiro e questo è verso soprattutto per quelli che si trovano alle quote più basse, sotto i 3.500 metri, più sensibili all’innalzamento della temperatura», spiega all’Ansa il glaciologo Massimo Frezzotti dell’Università Roma Tre. Oltre alla questione ambientale, questo mette a repentaglio la vita degli alpinisti che si avventurano alla scalata. Tra i sorvegliati speciali si trovano il ghiacciaio dell’Adamello in Val Camonica – il maggiore delle Alpi italiane, che si estende tra i 3530 e i 2550 metri d’altitudine – quello della Fradusta, a 2.900 metri, su una delle vette delle Pale di San Martino.
Anche sotto il ghiacciaio del Belvedere, sul Monte Rosa, si stanno formando un piccolo lago. Il ghiacciaio del Canin, in Friuli Venezia-Giulia è passato da uno spessore di 90 metri un secolo e mezzo fa a uno di 11 metri oggi. Non sono al sicuro nemmeno i ghiacciai sulla vetta più alta d’Europa, il Monte Bianco: quello della Brenva, del Brouillard, e del Freney. Anche sul Re delle Alpi da tempo si staccano seracchi, seppur di dimensione minore di quello della Marmolada. L’intera massa di ghiaccio scende a valle anche di un metro al giorno. A un ritmo che di solito si registra a tra agosto e settembre, non a luglio.
(da agenzie)
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Luglio 5th, 2022 Riccardo Fucile SEGUACE DI TRUMP E ADERENTE AL PATRIOT FRONT
Si chiama Robert “Bobby” E. Crimo III l’uomo sospettato di aver ucciso sei persone e di averne ferite trenta a Highland Park in Illinois.
Crimo avrebbe aperto il fuoco durante la parata per il 4 luglio alla periferia di Chicago.
La polizia lo ha fermato mentre si trovava alla guida della sua auto nella zona di Lake Forest, a nord della metropoli dell’Illinois, ed è stato subito portato in centrale per essere interrogato. Sembra che Crimo abbia pubblicato diverse canzoni rap autoprodotte usando il nome d’arte “Awake The Rapper“.
Un video di Awake The Rapper mostra un disegno di una figura stilizzata che tiene un fucile davanti a un’altra figura distesa a terra. In una foto del suo profilo Facebook, ora oscurato ma rilanciato da molti utenti di Twitter, il giovane è ritratto con un elmetto e una piccola telecamera in testa e il volto coperto.
Sempre sul suo profilo compare un’immagine di una manifestazione del Patriot Front, un’organizzazione suprematista bianca. Crimo era alla guida di una Honda Fit color argento del 2010, targa Illinois DM80653. Il padre è stato candidato sindaco di Highland Park. Nel video della sua cattura si vede la polizia che circonda l’automobile e poi Crimo che esce dal veicolo con le mani in alto. Viene messo a terra prima che lo polizia lo prenda in custodia.
Uno zio di Robert Crimo, Paul, ha descritto il nipote come un giovane silenzioso, tranquillo, solitario, che non aveva mai manifestato comportamenti violenti e stava spesso su YouTube. Parlando con la Cnn, l’uomo ha detto di aver visto il 22enne la sera prima del massacro, domenica. «Era al computer in camera sua», ha raccontato. «Siamo brave persone, questa cosa è devastante», ha aggiunto.
Bobby, come lo chiamano in famiglia, vive in un appartamento dietro la casa del padre Robert Crimo Jr.», ha spiegato ancora Paul. Lo zio ha detto anche di non aver mai visto amici a casa del giovane. Per quanto ne sa, non aveva un lavoro. Anche se si era impiegato in una panetteria locale, Panera Bread, prima della pandemia di Covid-19.
(da agenzie)
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Luglio 5th, 2022 Riccardo Fucile FEDEZ ANNUNCIA DI AVER RACCOLTO 130.000 EURO CON L’EVENTO “LOVE MI” DA DESTINARE AI BAMBINI MALATI, MA C’E’ CHI GLI ROMPE PURE I COGLIONI
L’evento in piazza Duomo di martedì 28 settembre aveva uno scopo benefico:
la musica utilizzata per diffondere la solidarietà. Attraverso gli sms, infatti, Fedez è riuscito a raccogliere ben 130mila euro che saranno devoluti all’Associazione Amici di Tog che si occupa delle terapie per i bambini affetti da lesioni al Sistema Nervoso Centrale. Ad ufficializzare la cifra è stato lo stesso rapper che ha organizzato il concerto Love Mi della scorsa settimana. Ma, come spesso accade, non sono mancate le polemiche.
Perché poco dopo l’annuncio della cifra raccolta attraverso gli sms solidali, qualcuno ha polemizzato con lo stesso Fedez. E in un tweet, poi cancellato (così come la risposta del Fedez), il classico atto di accusa nei suoi confronti e nei confronti di sua moglie Chiara Ferragni.
“Comunque Fedez e la Ferragni sono top. Fanno eventi di beneficenza e poi donano soldi degli altri. Pazzesco”.
Accusa rispedita al mittente nel giro di pochissimi minuti: “Tranquilla, doniamo anche i nostri soldi. Se vuoi ti mando un resoconto. Ma sai se in Italia dici quanto dai di tasca tua non va bene perché non si dice, se dai delle raccolte benefiche lo fai con i soldi degli altri. Insomma, non va mai bene un caz*o, vero?”.
E non è la prima volta che vengono mosse accuse analoghe alla coppia. Accadde già nel corso della prima ondata della pandemia Covid, quando avviarono una campagna di crowdfunding per finanziare nuovi posti letto in terapia intensiva al San Raffaele di Milano.
(da agenzie)
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