ENNESIMA MORTE SUL LAVORO IN PORTO A GENOVA.
QUANDO LA MANCANZA DI REGOLE FANNO COMODO A TUTTI…
L’ultimo gol lo aveva segnato il giorno prima con la maglia della Major nel torneo amatori: un dribbling secco e palla in rete, per l’esultanza del figlio di 4 anni che assisteva a bordo campo, nella periferia genovese. Il calcio era la passione di Fabrizio Cannonero, il portuale 40enne morto due giorni fa nell’incidente a Calata Sanità , nel porto di Genova. Solo pochi mesi prima era toccato a Enrico Formenti, addetto alla sicurezza di 35 anni, morire schiacciato da un carico di cellulosa a Ponte Somalia, Terminal Forest. Anche allora il porto si era fermato e tutti promisero più severità nella prevenzione e nei controlli in banchina e nei terminal, nella movimentazione delle merci e a bordo nave. “Nulla è stato fatto davvero…solo promesse” denunciano i lavoratori dopo l’ennesima morte di un “figlio di un dio minore”.
Fabrizio era entrato nella Compagnia dei portuali genovesi diretta da Paride Batini ( CULMV) in sostituzione del padre, morto 30 anni fa sempre in porto per un malore, un tragico destino che li ha voluti unire. Quella notte era a bordo della portacontainer “Mol Renaissance”, bandiera liberiana, armatore tedesco, rotte sull’estremo Oriente. Stava procedendo alle operazioni di “derizzaggio” dei container da scaricare. I container, impilati su cinque livelli, sono assicurati da barre di acciaio, tiranti metallici tenuti in tensione da una sorte di vite che, stringendosi, tira a sè le due parti in cui è suddiviso il cavo. Qualcosa di anomalo è accaduto in questa fase determinando un’improvvisa perdita di equilibrio del portuale, forse un colpo della barra di acciaio, Fabrizio cade oltre la ringhiera gialla che delimita la “baia” e precipita con un urlo giù nel vuoto, un volo fatale di 20 metri sul selciato della banchina, morendo sul colpo.
Ci si chiederà : doveva essere assicurato in qualche modo? La ringhiera di protezione aveva una altezza sufficiente? Ringhiere che dovrebbero esserci e a volte non ci sono, più o meno alte, più o meno efficaci…ma tutti fanno finta di nulla, dalle autorità preposte ai controlli, a coloro che dovrebbero adottare misure di sicurezza, ai committenti e alle compagnie, per finire ai politici che non dettano regole chiare sui moli. Una strana commistione di poteri e interessi, anche sindacali, dove ci si gioca l’ultimo container, l’ultima nave, in una tragica corsa al ribasso, al profitto, dove la “vita umana” non conta più nulla. Armatori, terminalisti, controllori e controllati, commissioni UE, Culmv divenuta impresa, Autorità portuali, legislatori…una grande ammucchiata accumunata dallo sfruttamento di giovani che lavorano magari un’ora di più in piena notte per pagarsi il mutuo della casa e che godono di un basso livello di protezione sociale.
Da diversi mesi, esattamente nel maggio scorso, era stato firmato in pompa magna a Genova un “Protocollo per la sicurezza in banchina”, alla presenza del sottosegretario Patta. Mai stato attuato… Il documento prevedeva il coordinamento di tutti i soggetti che a vario titolo si occupano di sicurezza all’interno del porto: ispettori dell’Autorità portuale, ASL, Inail, Capitaneria di Porto. Insieme a questi, raggruppati sotto la sigla SOI (Sistema operativo integrato), dovevano lavorare 8 portuali (4 della CULMV e 4 dipendenti dei terminal), con compiti di vigilanza all’interno di tutto il porto. Con la possibilità di entrare per ispezioni all’interno dei terminal. Oggi questi 8 uomini sono stati scelti ma non sanno a chi rivolgersi, perchè il Soi è un “fantasma”. I terminalisti non gli permettono di entrare nei piazzali, mancano di mezzi, automobili, telefono e sede per essere operativi. Il fatto è che il protocollo contiene regole che non hanno corrispettivo nella legge nazionale, così i terminalisti, temendo di essere penalizzati solo a Genova, ma non in altri porti, si oppongono in mancanza di “legge nazionale uguale per tutti”. Chi dissente dall’altra parte viene sospeso, come è accaduto a un paio di portuali che, con la sigla “Fronte del Porto”, contestavano, proprio sulla sicurezza, i metodi dei dirigenti della CULMV, troppo arrendevoli alle logiche di mercato. Anche la Compagnia di Batini ora è “impresa” e sta sul mercato globale…addio battaglie di una volta a tutela della sicurezza …chi dissente viene emarginato…E che dire della Regione ( “rossa” anch’essa) che ha ridotto recentemente le “funzioni operative” degli ispettori dell’ARPAL, agenti di polizia giudiziaria che potevano prima intervenire in porto e ora si dedicano invece al “contraddittorio” ?
Quando sulla cultura del lavoro e della organizzazione si fanno prevalere accordi sottobanco e al ribasso, intrecci di potere e corruzione, si minano le basi della sicurezza. Genova, celebrata un tempo come la più accorta e nobile delle scuole portuali, oggi conta le morti sui moli. C’è chi da una parte invoca tolleranza zero, ma poi chiude contratti integrativi che premiano chi non rispetta le norme di sicurezza. Ma c’e’ anche chi sbandiera i sacri valori del movimento operaio e poi chiude gli occhi in nome delle rese, degli incentivi, dei doppi e tripli turni. Genova deve recuperare la cultura della professionalità e della sicurezza, della prevenzione e dei controlli, semmai imponendola a tutti gli altri porti europei.
Perchè al centro delle iniziative legislative deve stare non la merce ma la vita, non solo il profitto ma anche il rispetto dei lavoratori…
Fabrizio, lo diciamo solo a conclusione di queste righe, non apparteneva certo alla nostra “area politica”, era un militante di Rifondazione, sezione di San Teodoro, quartiere operaio e portuale, sviluppatosi nel dopoguerra, non certo una zona ricca di verde e servizi…abitava a Prà , altro quartiere che ha subito pesanti trasformazioni con l’avvento del porto che si è mangiato le spiagge dove una volta ( S. Pietro ad es ) esistevano le spiagge. Sono stati entrambi i quartieri, nel passato, punti di riferimento anche per me… per averci vissuto a lungo o per averci trascorso qualche giornata al mare da ragazzino…
Volevo dirti Fabrizio che, anche nelle scelte politiche diverse, c’e’ sempre qualcosa che accomuna… il rispetto delle proprie radici.
Sono certo che anche lassù non ci farai mancare i tuoi dribbling. Un abbraccio… quello che probabilmente le idee diverse non ci avrebbero mai permesso di darci in vita …
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