Aprile 8th, 2010 Riccardo Fucile IN VENETO PANE E ACQUA, A BRESCIA VIETANO ANCHE L’INGRESSO IN MENSA: I SINDACI LEGHISTI NON COPRONO I DEBITI DELLE MENSE SCOLASTICHE…. VIOLATA LA LEGGE 176 SULL’OBBLIGO DI FREQUENZA DEL TEMPO MENSA…MA QUESTI SINDACI SANNO CHE ESISTONO I SERVIZI SOCIALI NEI COMUNI?
Sono talmenti radicati nel territorio, sono così sensibili alle esigenze dei propri amministrati, rappresentano così bene i ceti operai e le categorie più deboli, che molti sindaci leghisti della nuova generazione si stanno distinguendo in mirabili iniziative sociali.
Dopo la vicenda di Montecchio Maggiore, nel vicentino, in cui la giunta comunale leghista aveva lasciato gli scolari a pane e acqua, in una scuola elementare di Adro, nel bresciano, il comune ha negato il pranzo ai figli delle famiglie in arretrato coi pagamenti.
In attesa che questo governo trovi la rotta giusta per fare finalmente qualcosa di utile per la collettività e non solo per pochi, la preoccupazione dei leghisti pare sia quella di tagliare i panetti ai bimbi non in regola con la retta.
Ad Adro sono arrivati al punto di impedire l’ingresso nella mensa agli alunni non a posto coi pagamenti, in quanto il sindaco non intende più coprire i debiti della mensa scolastica gestita da un’associazione di genitori.
Si tratta di poche migliaia di euro e l’iniziativa è partita dallo stesso sindaco famoso per le sue iniziative contro gli immigrati: anni fa mise una taglia sui clandestini e ad Adro gli extracomunitari in regola sono pure stati esclusi dal bonus a favore delle famiglie bisognose, a dimostrazione del latente razzismo che sta alle origini di tante deliberazioni della giunta.
In verità più che di morosi, qua si tratta di famiglie che pagano la retta in ritardo o che si trovano in una situazione momentanea di difficoltà , magari a causa della perdita del lavoro o di una messa in cassa integrazione. Continua »
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Aprile 8th, 2010 Riccardo Fucile I DESTINI DELLA NAZIONE SI DECIDONO ORMAI AD ARCORE TRA UN PREMIER INTERESSATO SOLO ALLA GIUSTIZIA E UN CONDANNATO DA TANGENTOPOLI CHE SI PORTA DIETRO IL FIGLIO DISOCCUPATO… L’ITALIA DIVENTERA’ UNA “ESPRESSIONE GEOGRAFICA” A TUTTO VANTAGGIO DELLE FAMELICHE TRUPPE PADANE INTERESSATE SOLO AL CORTILE DI CASA E AI QUATTRINI…DOV’E’ FINITA LA VERA DESTRA?
Probabilmente quando Berlusconi decise di allearsi con Bossi (ai tempi, per capirci, in cui il
senatur si era trovato anche la casa pignorata, dopo la condanna a risarcire il magistrato Papalia per 400 milioni di lire), pensava di farlo da una posizione dominante: credeva di aver stipulato forse un atto d’acquisto di una ditta in fallimento.
A distanza di anni si trova invece ad essere l’azionista di minoranza, ricattato ogni giorno dall’avidità leghista, persino nella sostituzione di un ministro dell’agricoltura.
L’accordo infatti prevedeva Galan al posto di Zaia, ma i leghisti, nonostante l’elezione anche di Cota, non intendevano mollare il ministero dove hanno fatto più marchette di una vecchia prostituta di strada.
Che Berlusconi non si fidi troppo del “fraterno amico” Bossi, lo dimostra peraltro la notizia che esisterebbe addirittura un atto notarile con l’impegno, firmato da Bossi, di cedere il ministero al Pdl, in caso della scontata vittoria di Zaia in Veneto.
E al rispetto della firma, più che alla lealtà alla parola data, ha dovuto appellarsi il premier l’altra sera, alla cena del caminetto ad Arcore, per averla vinta.
Bossi è una vita che ricorre all’arte dell’imbroglio, di cui si è dimostrato maestro in passato, tra ribaltoni e controribaltoni.
Da uno che usciva di casa, secondo la testimonianza della prima moglie, dicendo che andava a lavorare in ospedale, senza essere neanche medico, c’è da aspettarsi di tutto.
Ma che i destini di una nazione debbano essere decisi ad Arcore, invece che in Parlamento, durante le cene del lunedì in cui Bossi si presenta con la quinta colonna Tremonti, il dotto Calderoli, il fighetto Cota e ora pure col figlio ex disoccupato, ci pare troppo.
Anche per un premier a cui di riforme ne interessa solo una: quella che lo tolga dai guai con la giustizia, del resto sai che gliene frega.
Presidenzialismo alla francese o all’inglese, modello tedesco o americano, per lui va tutto bene: che gli altri facciano come gli pare, l’importante è trovare il modo di non presentarsi in tribunale e magari spianarsi la strada per un settennato al Quirinale che è sempre meglio del palazzo di Giustizia di Milano.
L’importante, dicono tutti, sono le riforme.
Non quelle che eliminino la corruzione nella pubblica amministrazione, non quelle antievasione, non la riduzione delle tasse, non la ristrutturazione degli ammortizzatori sociali, non riforme che diano fiato al’occupazione e una casa ai giovani, ma “il federalismo” e il “presidenzialismo”.
Due aspetti a cui all’italiano medio non frega ua mazza. Continua »
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