Settembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
SE LA LEGA E’ ARRIVATA AL GOVERNO CON LA CLASSE DIRIGENTE CHE SI RITROVA E’ ANCHE GRAZIE AD UN’OPPOSIZIONE FANTOCCIO, INCAPACE DI COGLIERE LE OCCASIONI PER METTERLA ALL’ANGOLO…DI PIETRO E BERSANI ALZANO LA VOCE E POI FLIRTANO CON I SECESSIONISTI…E ALEMANNO FA SOLO TEATRO
Il leader della Lega Nord e ministro per le Riforme, Umberto Bossi, dopo due giorni ci ripensa e, per mera convenienza, fa finta di fare marcia indietro e si scusa per la sua interpretazione della storica sigla SPQR (“Per me vuol dire sempre Sono Porci Questi Romani”).
Al tempo stesso ha pure il coraggio di denunciare “la strumentalizzazione” di quella che nelle sue intenzioni doveva essere “solo una battuta”.
“Chiedo scusa ai cittadini se si sono sentiti offesi, ma era una battuta. La cosa è stata strumentalizzata, sono stato impiccato per una frase”.
Solo una battuta, dunque, che volete che sia, aveva ragione Berlusconi, costata al Senatùr la mozione di sfiducia presentata dal Pd che però, di fronte alla retromarcia del leader del Carroccio, decide di evitare il passaggio parlamentare che si presentava difficile per il Senatur e per la tenuta della maggioranza visto che anche i finiani, oltre alle opposizioni, erano pronti a votare contro il ministro.
Poteva essere messo in difficoltà e chi corrono a salvarlo?
Non Fini, ma Bersani e Di Pietro, la finta opposizione che abbiamo in Italia.
“Abbiamo già ottenuto il risultato perchè, rispetto alle altre volte, ci sono state scuse formali”, spiega il capogruppo Dario Franceschini. “Un risultato e una vittoria di una mozione – aggiunge – che metteva molta paura sia nel merito sia per le modalità di votazione”.
Forse metteva paura anche al Pd, si vede.
Non si sa mai che cada il governo.
E questa sarebbe l’opposizione?
Anche l’Idv si mostra conciliante. “Prendiamo atto delle scuse formali di Bossi – ha detto Antonio Di Pietro – proprio per non alimentare ulteriori polemiche, le accettiamo nella speranza che questa storia possa servirgli da lezione”.
Pure i duri e puri preferiscono non rischiare che Bossi venga sfiduciato e il governo cada.
Si unisce alla compagnia anche Alemanno che pigola: “Scuse accettate, ma venga in Campidoglio”.
“Tutte le strumentalizzazioni su questa vicenda devono terminare – dice il primo cittadino di Roma -. Però vorrei che ci fosse chiarezza anche politica per il futuro in maniera tale che ci sia, come era nel patto iniziale, rispetto per Roma Capitale, in sintonia col progetto del federalismo fiscale”.
Doroteo, l’ex contestatore di Bush.
E buon ultimo arriva il patetico sagrestano Bondi: “Bossi ha nuovamente testimoniato di essere non solo un leader politico autorevole ma anche un galantuomo raro nella vita politica italiana” .
Mancava solo che si inchinasse davanti all’altarino.
Il presidente del gruppo Idv alla Camera Massimo Donadi, forse non avvisato da Di Pietro, dice invece l’opposto : “Le scuse di Bossi sono tardive, poco convinte e assolutamente insufficienti. Non risolvono in alcun modo il problema della violenza verbale della Lega e dei quotidiani attacchi all’unità nazionale, alle istituzioni e alla Costituzione. La politica è stata sino ad oggi troppo condiscendente nei confronti della Lega. E’ il momento di dire basta”.
Condividiamo.
Peccato che queste parole avrebbe dovuto dirle una destra seria, mandando a casa, con un sì al voto di sfiducia, l’ultimo segretario di partito della prima Repubblica ancora in attività , beccato con una mazzetta da 200 milioni.
argomento: Bossi, denuncia, emergenza, federalismo, Giustizia, governo, LegaNord, Parlamento, PD, PdL, Politica, radici e valori, Roma | Commenta »
Settembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
FAR RIDERE TUTTO IL PARLAMENTO E FARSI SMENTIRE PURE DAL PROPRIO MINISTRO DEI TRASPORTI NON E’ STATA UNA GRANDE USCITA…SOPRATTUTTO SE, IN COMMISSIONE, IL GOVERNO AVEVA APPENA TAGLIATO I FONDI PER IL COMPLETAMENTO DELL’AUTOSTRADA CHE GLI ITALIANI ATTENDONO DA 14 ANNI…11 ANNI PER COSTRUIRLA , FORSE 20 PER AMMODERNARLA
Ieri mattina erano in tanti alla Camera a ridere a crepapelle, quando il premier, tra gli impegni di governo, ha indicato che “la Salerno-Reggio Calabria sarà completata nel 2013”.
In molti sapevano, tranne chi ha incautamente scritto il testo del suo intervento, che, in Commissione, il governo aveva appena tagliato i fondi del progetto di ben 145 milioni di euro.
Il rischio di vivere di spot, di annunci e di promesse è di “finire sommersi da una risata”.
La Salerno-Reggio Calabria è l’emblema del cialtronismo della nostra classe politica, senza distinguo tra destra e sinistra.
Risale al 1996 l’apertura dei primi cantieri di ristrutturazione dell’A3: sono 90 i chilometri (su 443) in cui si viaggia su una sola corsia.
Già nel 1998 l’allora sottosegretario diessino Borgese prometteva la fine dei lavori nel 2003.
Nel 2001 arriva Lunardi e garantisce che termineranno nel 2005.
Poi nel 2005 lo stesso Lunardi sposta la data al 2008, dicendo che “il precedente ministro si era sbagliato”.
Si era dimenticato che era sempre lui.
Poi Berlusconi nel 2006 giurò che i lavori sarebbero terminati nel 2009.
A febbraio del 2009 ecco Matteoli che garantisce che tutto sarà completato entro il 2012.
Fino all’umorismo involontario del premier di ieri, con precisazione seccata nel pomeriggio di Matteoli: “il 90% del tratto sarà pronti nel 2014”.
Danno tutti i numeri ormai.
Vediamo cosa dice l’Anas ufficialmente: “I lavori su 209 km sono ultimati e fruibili e rappresentano circa il 40% del tracciato. I lavori in esecuzione (151 km) o in fase di gara (14 km) interessano circa 165 km e si prevede la fruibilità al 31 dicembre 2014. Restano 69 km in fase di mera progettazione : per questi servono 2,6 miliardi di euro, di cui solo 537 deliberati”.
Mancano quindi ancora 2,1 miliardi di euro, anche se Matteoli dichiarò un anno fa che tutto era stato finanziato.
Il costo complessivo arriverebbe così a 9,7 miliardi, 0,7 in più di quanto dichiarato, pari a ben 22 milioni a chilometro, 4 volte di più, a parità di valore di denaro, di quando l’autostrada venne costruita.
Per realizzarla ci misero 11 anni, per ammodernarla se va bene arriveremo a 18-20 anni.
Non sappiamo se sia meglio ridere o piangere.
argomento: Berlusconi, denuncia, emergenza, governo, Parlamento, PdL, pedofilia | Commenta »
Settembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
NELL’INCHIESTA CHE HA PORTATO ALL’ARRESTO DEL PRESIDENTE PD DEL PARCO DELLE CINQUE TERRE CI SONO STRANI INTRECCI… ABUSI EDILIZI NELLA RISTRUTTURAZIONE DEL RUSTICO, IL VECCHIO PROPRIETARIO CHE DISPONE I LAVORI CHE POI VENGONO PAGATI DA BRUNETTA, UN COMPROMESSO FIRMATO UN ANNO PRIMA DAL MINISTRO…BRUNETTA POTEVA NON SAPERE CHE QUALCUNO GLI STAVA VENDENDO UN IMMOBILE A 1/8 DEL SUO REALE VALORE?
E’ di ieri il comunicato di Renato Brunetta: “il mio nome viene evocato nell’ambito di una vicenda cui sono totalmente estraneo, come chiarito dagli stessi inquirenti: non permetterò che la mia persona venga strumentalizzata”. Preso atto di quanto sopra, non si può nascondere che la vicenda abbia più di un aspetto poco chiaro.
Secondo accreditate fonti giornalistiche, gli accertamenti sul rustico ristrutturato a Riomaggiore, nelle Cinque Terre, e acquistato dal ministro, avrebbero preso avvio sulla base di qualche elemento emerso a Roma durante l’indagine sulla casa di Scajola.
Le successive indagini in Liguria si sono collegate poi a quelle già in corso che, due giorni fa, hanno portato all’arresto di Franco Bonanini (Pd), presidente del Parco, del sindaco di Riomaggiore e di tutto il suo staff, compreso il comandante dell polizia municipale.
In tutto si tratta di 12 ordinanze di custodia cautelare con accuse gravissime che vanno dalla truffa aggravata ai danni dello Stato per 1 milione di euro, al falso ideologico, dalla corruzione alla concussione, dalla violenza privata all’associazione a delinquere.
Torniamo alla vicenda del rustico ristrutturato: era di proprietà di Stefano Pecunia, il quale viene avvicinato dal geometra del Comune di Riomaggiore che gli chiede se volesse vendere il rustico a Brunetta.
Proposta subito accettata perchè “a gente come me non avrebbero mai dato il permesso di ristrutturarlo, per noi era inutilizzabile”.
Il giorno della firma del contratto preliminare di vendita era presente anche il presidente del Parco Bonanini che, pur essendo del Pd, è buon amico del ministro.
Sembrava avesse il ruolo di garante dell’operazione.
Chi ha fatto eseguire i lavori ora è indagato per abusi edilizi e falso, ovvero violazioni edilizie e certificazioni alterate.
Secondo gli inquirenti, la cricca locale perseguiva lo scopo di trovare a Brunetta un rustico a buon prezzo, di ristrutturarlo anche incorrendo in abusi e di reperire finanziamenti pubblici per poi compensare il valore delle spese dell’immobile.
Degli abusi edilizi ne risponde il proprietario di allora, ma è anche vero che quei lavori sono stati fatti in quanto Brunetta intendeva acquistarlo in buone condizioni.
Ne risponde certamente Stefano Pecunia, il vecchio proprietario, ma esiste anche un atto di compromesso tra costui e Brunetta che risale ad un anno prima.
I lavori vengono effettuati dal costruttore Carpanese che all’epoca della verifica aveva detto che non era stato ancora pagato da nessuno per l’importo concordato di 40.000 euro e di non aver alcun contratto scritto.
Oggi cambia versione e dice che sarebbe stato pagato con 40.000 euro attraverso due assegni e bonifici .
Pagato dal vecchio proprietario che gli ha ordinato i lavori?
No, dal ministro Brunetta che quindi sarebbe colui che ha realmente disposto i lavori.
Il tutto mentre Bonanini avrebbe cercato di dirottare dei finanziamenti pubblici per coprirne le spese.
Riepilogando: il presidente del Parco propone a Brunetta un rustico a prezzo scontato, chiede a Pecunia la disponibilità a venderlo, il Pecunia fa fare i lavori a una ditta scelta da lui, ma poi li paga Brunetta.
Alla fine risulta versata solo una cifra di 40.000 euro a fronte di un rustico valutato ora 300.000 euro.
Prendiamo atto che Brunetta non sapesse nulla del regalo che qualcuno voleva fargli per ingraziarselo, in vista di non si sa bene cosa.
Ci chiediamo: come può un ministro e docente di economia pensare che l’immobile gli venga venduto a 40.000 euro ovvero a un ottavo del suo valore?
Possibile che non sia chiesto il motivo di quel prezzo stracciato?
Poteva non sapere Brunetta che il prezzo era completamente fuori mercato?
Attendiamo che Feltri approfondisca…
argomento: Ambiente, Brunetta, casa, Costume, governo, PdL, Politica | 2 commenti presenti »
Settembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
E’ IL TRIONFO INASPETTATO DEI FINIANI, ORMAI DETERMINANTI PER LA TENUTA DELL’ESECUTIVO: “SENZA DI NOI NON SI VA DA NESSUNA PARTE”… L’ANALISI DE “IL FATTO QUOTIDIANO”
Governo fermo a quota 342 voti.
Il risultato conclusivo della giornata di ieri è un trionfo, quasi inaspettato, per i finiani che diventano determinanti per la tenuta dell’esecutivo
Riguardatela bene. L’immagine che resta e che racconta meglio di tutto le geometrie della giornata e i nuovi rapporti di forza nel centrodestra, è quella in cui Silvio Berlusconi chiede aiuto contro Antonio Di Pietro che gliene sta dicendo di tutti i colori (l’epiteto più leggero è “piduista”).
Richiesta d’aiuto.
Il Caimano, per una volta volta con i denti limati — in visibile difficoltà — si volta con la mano aperta in segno di preghiera verso Gianfranco Fini.
Come per dire: intervieni tu.
Riguardatela con attenzione, quella foto.
Se c’è un ribaltamento nell’iconografia che può raccontare cosa sta accadendo in una sfida all’ultimo sangue è tutto racchiuso in quel fotogramma.
Nel giorno del duello mortale all’Auditorium, in fondo (solo prima dell’estate) era accaduto l’esatto contrario:
Fini sotto il palco, in piedi, con il dito levato a contestare e Berlusconi alla tribuna, con il viso stravolto dalla rabbia, ma pur sempre sovrano.
Ma ora a ben vedere è peggio: ora è il premier che chiede protezione, con l’espressione corrucciata, a quello stesso presidente della Camera che solo pochi giorni fa voleva destituire ed è Fini che dietro la facciata di un impeccabile galateo parlamentare, si gode lo spettacolo della guerriglia d’aula anti-berlusconiana e dei suoi effetti sui nervi del premier.
Fini richiama Di Pietro, certo. Ma non se ne accorge nessuno.
Il re — ancora una volta — sembra nudo.
Rapporti di forza. Risultato conclusivo della giornata campale?
Una disfatta per il Pdl, un trionfo — quasi inaspettato — per i finiani.
Il governo si ferma a quota 342 (ancora ieri la maggioranza vagheggiava di ottenere 350 voti!), i finiani diventano determinanti.
Di più: ottengono di poter aggiungere in calce alla loro mozione i 5 voti dell’Mpa di Lombardo.
Ovvero: Berlusconi ha fatto fino all’ultimo di tutto per non riconoscere al capogruppo Italo Bocchino lo status di alleato e — di conseguenza — assegnare al movimento di Fini il ruolo di “terza gamba” che rivendica da mesi.
Invece si è ritrovato con un micro-polo formato da due partiti alleati che sarà determinante in qualsiasi voto di fiducia e che da domani è padrone di Montecitorio in ogni commissione e in aula (dove se vota con l’opposizione può ribaltare la maggioranza).
Ecco, il premier che chiede aiuto a Fini: forse non la leggeremmo in questo modo la geometria di quel fotogramma, se non fosse incontestabile il fatto che — come osservava Flavia Perina alla fine della giornata più lunga di Futuro e libertà — “Ieri Berlusconi le ha sbagliate proprio tutte”.
Che il Cavaliere avesse deciso di giocare con prudenza (per i suoi standard) si era capito fin dalla prima mattina.
Berlusconi decide di evitare ogni casus belli e nel suo discorso di apertura si tiene alla larga dai due temi che i finiani avevano dichiarato irricevibili. Ovvero: le intercettazioni e il processo breve.
È un Berlusconi che non rischia, che si limita a qualche punzecchiatura sui temi della bioetica.
All’ora di pranzo gli uomini di Futuro e libertà sono a metà fra l’euforia e la delusione: “Abbiamo imposto la nostra egemonia gramsciana al Cavaliere — sorride Fabio Granata appoggiato a un pomello nell’atrio di Montecitorio — anche la sua lingua è cambiata. Pacato, prudente… che il nostro dissenso gli abbia fatto bene?”.
Ancora più ironici Italo Bocchino e Carmelo Briguglio, che si aggiungono al capannello: “Lo abbiamo costituzionalizzato”, sorridono.
Anche il fotogramma dei discorso del premier — persino nella diretta — contiene una chiave di lettura: Berlusconi parla in piedi, seduto al suo fianco c’è la faccia (a tratti pietrificata, a tratti ironica) di Giulio Tremonti, sul banco più indietro, quasi in ombra, c’è Roberto Calderoli: quasi una trinità , quasi la certificazione di un commissariamento.
In realtà Berlusconi fino all’ultimo vuole fare di tutto per non dover riconoscere lo status di “partito di maggioranza” a Futuro e libertà .
E questo è il suo principale errore, quello che si porta dietro tutti gli altri.
Tra i 9 assenti di ieri, infatti, uno solo era del Pdl.
Per di più, 38 dei 342 voti a favore sono quelli dei finiani e dei lombardiani. Futuro e libertà infatti fra l’altro conta su 35 voti, ma Fini per prassi non vota e ben due deputati, Mirko Tremaglia e Fabio Granata (che viene subito convocato dal leader e dice: “Il mio è un no simbolico”) votano addirittura contro.
Insomma, un’ecatombe.
Briguglio non ricorre a diplomatismi: “Senza di noi il governo non esiste più”, dice, facendo infuriare gli azzurri.
In un angolo del Transatlantico La7 intercetta una dichiarazione sconfortata di Maroni: “A marzo si vota”.
Ma il secondo errore di Berlusconi è quello di consentire (sempre per non dare riconoscimenti a Fli) il proliferare delle mozioni.
Ne vengono presentate quattro (una di opposizione, quella del Pdl, quella della Lega e quella dei filo-lombardiani).
Ma consentire al Carroccio di smarcarsi, significa allargare i ranghi e facilitare lo sganciamento del partito del presidente della Camera.
Commenta Adolfo Urso: “Nel momento del massimo attacco contro di noi, nel pieno della campagna contro Fini, siamo rimasti uniti e determinanti. Adesso marciamo spediti verso il nuovo partito. Siamo noi che dettiamo l’agenda”. Già , la costituzione del partito viene annunciata da Fini, non a caso, in questa giornata.
“Appena lo avremo fatto — conclude la Perina — saremo ancora più forti. Dopo di stasera è chiara una cosa. Senza noi non si va da nessuna parte”.
Luca Telese (da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: Berlusconi, Bossi, elezioni, Fini, governo, Parlamento, PdL, Politica | Commenta »
Settembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
SILVIO NON HA PIU’ UNA MAGGIORANZA AUTONOMA, DIPENDE DALL’APPOGGIO DEGLI ODIATI FINIANI…LA CAUTELA DEL PREMIER DIMOSTRA CHE LE ELEZIONI NON SOLO NON LE VUOLE, MA LE TEME… L’ANALISI DEL “CORRIERE DELLA SERA”
Aveva chiesto «un sì o un no» ed ha ottenuto una risposta formalmente, solo formalmente, positiva.
In realtà , il governo ha ricevuto un viatico gonfio di insidie.
Silvio Berlusconi non ha più una maggioranza autonoma. Dipende dall’appoggio degli odiati finiani e dalla pattuglia di Raffaele Lombardo, che risponde a logiche siciliane, slegate da quelle del Pdl.
E Umberto Bossi già addita le elezioni anticipate come «la strada maestra». La cautela meritoria usata da Berlusconi nel suo discorso dimostra che il presidente del Consiglio non solo non le vuole ma le teme.
I 342 «sì» a favore del governo, però, avvicinano pericolosamente la fine della legislatura.
Viene sancita la sconfitta della linea muscolare perseguita negli ultimi mesi da Palazzo Chigi; e la rivincita, almeno in Parlamento, dei «ribelli» di Gianfranco Fini.
L’ombra pesante del contrasto col presidente della Camera era stata rimossa da Berlusconi, con un fugace accenno al «passo indietro» provocato dalla creazione della corrente Futuro e Libertà .
Ma l’annuncio in tempo reale della nascita del partito di Fini, e soprattutto il responso del voto di fiducia, l’hanno riallungata su tutta la coalizione. L’atteggiamento della Lega chiude il cerchio. Conferma il profilo del Carroccio come vero azionista di riferimento della maggioranza; ed avanguardia del «partito delle elezioni».
È il paradosso di un Fini che pensando di contrastare l’«asse del Nord» ha rafforzato i lumbard. Era prevedibile.
Le cose sono andate così avanti, che l’istinto autolesionistico del Pdl rischia di sovrastare la lucidità politica e gli interessi del Paese.
I rancori viscerali fra il premier e il presidente della Camera, e le pressioni per far dimettere il cofondatore del Pdl dal vertice di Montecitorio sono stati tappe di una guerriglia sfibrante.
E in Parlamento la stanchezza e le tensioni represse a fatica erano palpabili. Non è da escludersi che presto Fini si dimetta davvero: ma anche in quel caso sarà non tanto per motivi istituzionali, quanto per guidare meglio lo scontro contro il suo ex partito.
Si tratta di uno sfondo di macerie, per il centrodestra.
E non può bastare come consolazione un’opposizione percorsa da un malessere parallelo.
A colpire, ed anche a sorprendere sono il tentativo apprezzabile di prendere coscienza dei pericoli di una situazione esasperata; e il difetto di autocritica per il brutto spettacolo offerto ultimamente.
Ora la maggioranza vuole accreditare il momento della maturità e della consapevolezza; e la volontà di fermare una spirale capace di portare governo e legislatura sull’orlo del precipizio, senza offrire altro se non il vuoto. Aggrapparsi a questa eventualità è quasi obbligatorio: per il momento non esistono alternative alla coalizione berlusconiana. Ma senza rendersene conto, proprio il centrodestra negli ultimi tempi l’ha picconata: al punto che il premier ha ammesso una «lesione» fra gli alleati.
Si capirà presto se esistono volontà e forza per curarla; oppure se sono scattate dinamiche tese ad aggravarla ed a renderla irreversibile.
Massimo Franco (dal “Corriere della Sera“)
argomento: Berlusconi, Bossi, elezioni, Fini, governo, PdL, Politica | Commenta »
Settembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
FINI SALDA UN PATTO CON GLI ELETTORI, NON PIU’ CON IL PREMIER…SI E’ ROTTA LA COSTRUZIONE IDEOLOGICA CHE HA INTERPRETATO L’ITALIA PER SEDICI ANNI… L’ANALISI DE “LA REPUBBLICA”
Dopo due mesi di esibizione muscolare virtuale, cacciando i finiani, invocando le elezioni immediate, annunciando l’autosufficienza della maggioranza, alla resa dei conti Silvio Berlusconi ieri ha dovuto prendere atto che non ha i voti senza Fini, che la compravendita dei deputati non è bastata, che le elezioni lo spaventano.
Ha chiesto i voti ai suoi nemici mortali, ha evitato ogni polemica, ha dribblato tutte le asperità , volando basso.
Pur di galleggiare, tirando a campare come un doroteo, fingendo davanti a se stesso e al Paese che dopo la spaccatura del Pdl tutto sia come prima.
E invece tutto è cambiato, tanto che il Premier rimane in sella ma in un paesaggio politico completamente diverso: con Fini che vara il suo nuovo partito e si allea con Lombardo, moltiplicando fino a quattro i gruppi di maggioranza, che volevano essere due – Pdl e Lega -, senza bisogno di spartire con altri.
Così, potremmo dire che ieri è nato il Berlusconi-bis, perchè a numeri intatti la forza elettorale si è trasformata due anni dopo in debolezza patente della leadership.
Il Presidente del Consiglio non è stato capace di accettare la sfida politica che lo tormenta, e invece di saltare l’asticella alzata davanti al suo cammino dai finiani ha preferito passarci sotto, scegliendo il basso profilo, la dissimulazione, la finzione.
Soprattutto, non ha voluto o non ha potuto portarsi all’altezza della cornice drammatica di una crisi conclamata e irreversibile nella sostanza politica, anche se rattoppata temporaneamente nei numeri.
La frattura radicale della destra, di cui vediamo solo i primi effetti, manca ancora di una lettura ufficiale e di un interprete responsabile.
Il Paese ne ha diritto.
Si possono ingannare i telespettatori del tg1 e del tg5, com’è abitudine, ma non si può ingannare la politica, che da ieri assedia Berlusconi con una maggioranza posticcia e instabile, costruita com’è su alleati-rivali, impastata di ricatti, dossier, intimidazioni e paure.
È la strategia del dominio, la mitologia della sovranità assoluta che vanno in pezzi con la fiducia avvelenata di ieri.
Berlusconi ha bisogno del salvacondotto, e dunque dei voti di un avversario che prova ad uccidere politicamente e mediaticamente ogni giorno, e che da parte sua lavora non più nel lungo termine, ma nel medio, per far saltare tutto l’equilibrio berlusconiano del comando, costruito per sedici anni.
L’esito di questo conflitto sarà politicamente mortale.
Con la fiducia, Fini salda un patto con gli elettori (non più col Premier e con il Pdl), e guadagna tempo per costruire il partito che ha annunciato ieri. Berlusconi può fingere di guardare ai numeri e non alla rottura irrimediabile del suo partito, alla crisi plateale dell’ipotesi di autosufficienza dell’asse tra il Premier e Bossi.
Dove lo portano dunque quei numeri? Verso quale approdo politico? Per quale progetto? Con quali alleati?
La realtà è che non si è rotta soltanto la macchina politica del ’94, ma anche la costruzione ideologica che ha interpretato l’Italia – salvo brevi parentesi – per sedici anni.
La svolta è dunque enorme, e noi vediamo oggi solo il primo atto.
La propaganda compilativa in cui si è rifugiato ieri il Premier non può nascondere la realtà .
Diciamolo chiaramente: a luglio, con la cacciata di Fini, è finito il Pdl.
Ieri, con questa fiducia malata, è finito addirittura il quadro politico di centrodestra così come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi: con un signore e padrone assoluto retrocesso a capo di un quadripartito ostile e minaccioso, come all’epoca del peggior Caf, nell’agonia della prima repubblica.
Ezio Mauro ( da “la Repubblica”)
argomento: Berlusconi, Bossi, Fini, Parlamento, PdL, Politica, Stampa | Commenta »
Settembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA CAMERA: “MAI PIU’ CON BERLUSCONI”….L’ANALISI DE “LA STAMPA” DI TORINO
Fli di lotta e di governo. I finiani da una parte votano la fiducia a Berlusconi, dall’altra accelerano nella formazione del partito (o «soggetto politico», come Gianfranco Fini preferisce chiamarlo ancora oggi).
Per loro il Cavaliere ha perso la sua partita: dimostrare l’irrilevanza dei “futuristi” e l’autosufficienza della maggioranza senza la “terza gamba” di “Futuro e Liberta”. Loro, al contrario, hanno dimostrato di essere «indispensabili», chiosa a sera il capogruppo dei deputati Italo Bocchino.
La sorpresa del giorno è l’accelerazione sul nuovo partito di Fini, che convoca i gruppi per un frugale pranzo a base di pizza nella sede di FareFuturo, tra il discorso di Berlusconi e la replica. «Notoriamente l’indole di Berlusconi è incline al confronto», esordisce il Presidente della Camera tra le risate dei suoi, parafrasando il Cavaliere in Aula.
Poi l’annuncio: «Martedì sono convocati i gruppi parlamentari che costituiranno il comitato promotore per avviare il processo politico verso il nuovo soggetto politico».
Scoppia l’applauso e, in pochi minuti, si liquida quindi la questione del voto di fiducia. «Il nostro sì è inevitabile», dà la rotta Fini, aggiungendo che sui diversi capitoli di programma si valuterà di volta in volta, lasciando ai capigruppo in commissione il compito di incalzare il governo.
Sulla giustizia in particolare. «Le parole di Berlusconi non sono particolarmente nuove, si tratta ora di verificare come concretamente verranno tradotte in iniziative legislative» non firma in bianco Fini.
Nel discorso del premier non c’erano attacchi a Fini o particolari accuse ai finiani, ma neppure l’esplicito riconoscimento di Fli come ‘terza gambà della coalizione.
Lo sottolinea velenoso Ignazio La Russa, un attimo dopo la fine del discorso del premier.«Non si tiri per la giacchetta il Presidente – afferma La Russa – ufficialmente e da coordinatore dico che quando Berlusconi parla di una maggioranza che si riarticola, fa riferimento a forze politiche come l’Udc. I finiani non li rigetta nè li riconosce. In natura non esistono animali a tre gambe. E se avessimo voluto riconoscere loro di essere la terza gamba della maggioranza lo avremmo fatto accettando la loro firma sotto la risoluzione o concedendogli il vertice che ci chiedevano».
Forse è anche questo che spinge Fini a bruciarsi i ponti alle spalle, strattonando le colombe che avrebbero preferito far passare ancora del tempo prima dell’annuncio del partito, lasciando risaltare oggi solo il sì dei finiani al governo e la confermata lealtà a programma ed elettori. L’annuncio del comitato costituente non è che un primo passo, ma è un segnale preciso al territorio, dove c’è parecchia effervescenza.
Poi ci sarà la mega-convention del 6-7 novembre a Perugia e l’Assemblea Costituente, probabilmente non prima di Gennaio.
Nulla che abbia a che fare con imminenti dimissioni di Fini dalla Presidenza della Camera (ipotesi che circola e che Bocchino smentisce seccamente: «Lunare»).
Ma il dado è tratto, e Fini lo dice esplicitamente ad un parlamentare d’opposizione che oggi va a parlare con lui sul da farsi sul voto di sfiducia a Bossi. «Che si voti tra sei mesi o tra sei anni – confida il Presidente della Camera – io non potrò mai più andare alle elezioni insieme a Berlusconi».
Del resto, anche il Cavaliere in Aula dice chiaro che le strade sono ormai divaricate, che il Pdl è vivo e vegeto pur senza i finiani (e non morto come aveva invece affermato Fini a Mirabello).
Poi il voto di fiducia (con il no di Mirko Tremaglia e quello a sorpresa di Fabio Granata, che fa infuriare Fini ed i suoi). «Senza Fli il governo non esiste», chiosa Carmelo Briguglio.
Intanto Bocchino – nell’annunciare il sì di Fli sulla fiducia al governo – sottolinea non a caso l’asse con i «colleghi dell’Mpa», con i quali i finiani si muovono di concerto.
Un pacchetto di 40 voti che peseranno di volta in volta e fin dai prossimi delicati appuntamenti, a partire dalla sfiducia a Umberto Bossi.
da La Stampa
argomento: Berlusconi, Bossi, Fini, governo, Parlamento, Politica, Stampa | Commenta »
Settembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
IL GOVERNO SI SAREBBE FERMATO A 304: SOLO GRAZIE A 38 DEPUTATI TRA FINIANI E MPA IL PREMIER SI SALVA DAI TRIBUNALI… LE LEGA PARLA DI ELEZIONI: NON HA CAPITO CHE DA DOMANI SI ATTACCA AL TRAM… RITORNA UNA DESTRA CIVILE IN ITALIA
La Camera ha dato la fiducia al governo Berlusconi: su 620 presenti, i sì sono stati 342, i no 275.
L’esito era scontato dopo l’annuncio dei finiani del proprio sostegno all’esecutivo.
Ma il dato evidente è che tolta la pattuglia finiana e l’Mpa di Raffaele Lombardo l’esecutivo non raggiunge i 316 voti che garantiscono la maggioranza assoluta.
Con l’esecutivo si sono schierati 342 deputati, contro 275 (i presenti al voto sono stati 620, i votanti 617, la maggioranza richiesta di 309).
E per di più tra i 9 assenti uno solo era del Pdl.
Inoltre c’è un dato da tenere in assoluta evidenza: 38 dei 342 voti a favore sono dei finiani (hanno 35 deputati ma in due hanno detto no a Berlusconi) e degli uomini di Lombardo (5).
I primi protagonisti da mesi di uno scontro interno al Pdl, i secondi fortemente critici nei confronti dell’esecutivo.
Senza di loro, infatti, il governo non avrebbe ottenuto la fatidica ‘quota 316’, cioè la metà più uno dei componenti dell’assemblea di Montecitorio, ma si sarebbe fermato a quota 304, appena 8 in più della somma Pdl + Lega e ben 12 in meno del necessario.
Una situazione che mette Berlusconi in una situazione davvero difficile da un punto di vista politico.
La campagna acquisti alla fine ha portato solo 8 deputati, quelli che da mesi già votavano per il governo.
argomento: Berlusconi, Bossi, destra, Fini, Giustizia, governo, LegaNord, Parlamento, PdL, Politica, radici e valori | 1 Commento »
Settembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
SCONFITTO DAI NUMERI E COLONNELLO ORMAI PROSSIMO AL PENSIONAMENTO, MANIPOLA ANCHE I DATI…. PREOCCUPATO CHE UNA “TERZA GAMBA” SIA QUELLA DESTINATA A DARGLI UN CALCIO NEL CULO, METTE IL POSTERIORE AVANTI…. FINO A IERI BERLUSCONI VOLEVA RAGGIUNGERE QUOTA 316 SENZA FINIANI, ORA PER NOSFERATU ANCHE 309 ANDREBBERO BENE
Mentre tra un’ora si saprà se il governo avrà raggiunto l’obiettivo prefissato dal premier, ovvero quota 316 senza l’apporto dei finiani (35) e dell’Mpa di Lombardo (5), grazie alla campagna acquisti in grande stile dei giorni scorsi, segnaliamo in tempo reale il primo tentativo di taroccamento preventivo dei risultati da parte dell’esilarante La Russa, colonnello in congedo e attualmente distaccato alla corte del sovrano.
Con l’onestà intellettuale che lo contraddistingue ha dichiarato ai giornalisti che al momento non c’è nessuna terza gamba”.
Anzi, “forse, al momento, non è indispensabile”.
Dopo aver fatto un ultimo check sui numeri con Altero Matteoli e Denis Verdini, La Russa è pronto a scommetterci: “La maggioranza reale oggi sarà di 309 voti”.
Numero, spiega, a cui si arriva “togliendo il presidente della Camera che non vota e le astensioni, che abbiamo calcolato saranno almeno 5″.
In questo modo, l’asticella scende a 309.
”Avere 309 voti significa avere la maggioranza e quindi essere autosufficienti”, spiega La Russa, che aggiunge: ”Questo risultato aiuterebbe anche a raggiungere un’intesa con i finiani, perchè non nascerebbe dalla necessità “.
Fino a ieri era questione di vita o di morte arrivare a 316 (infatti solo quella quota darebbe una garanzia reale) senza i finiani.
Oggi La Russa mette il posteriore avanti temendo che la terza gamba di assesti il calcio nel culo, manipolando i dati in quanto:
1) la quota resta di 316
2) non esistono assenti giustificati, salvo che per malattia grave
3) l’astensione in questo caso rappresenta un voto contrario, non da scomputare
4) sono 40 i voti da togliere da chi voterà sì alla fiducia (35 finiani e 5 Mpa) per dimostrare di essere autosufficienti.
Povero Nosferatu, dopo essere finito sui giornali per essere in società con un estorsore condannato a sei anni di carcere, pensa pure di fare il furbetto…
Il colonnello è ormai prossimo al pensionamento, forse sarebbe meglio optasse per il congedo anticipato.
argomento: Berlusconi, Bossi, governo, Parlamento, PdL, Politica | Commenta »