Settembre 27th, 2010 Riccardo Fucile MARCELLO, PERCHE’ NON RICORDIAMO I TEMPI DEL “NON E’ MAI STATO ISCRITTO AL PARTITO” O DI QUANDO I NOTABILI SI CONTENDEVANO LE BARE DEI RAGAZZI DI DESTRA?….REMUNERATI DALLE “CASE” EDITRICI DI SILVIO, ORA ACCUSANO FINI DI AVER SVENDUTO “I SACRIFICI DEI NOSTRI GIOVANI MARTIRI”
Abbiamo letto dalle colonne de “il Giornale” il pezzo di Marcello Veneziani, una delle tante
speranze della giovane cultura di destra degli anni ’80, passato dal denunciare “il male americano” alla fase senile del compiacimento nel potersi sedersi alla corte di un sovrano che notoriamente ama la cultura a stella e strisce più di ogni altra cosa (veline a parte).
Nessuno vieta di cambiare idea nella vita, come di farsi nominare, a suo tempo, in quota An nel non certo gratuito posto di consigliere di amministrazione della Rai.
Sono scelte personali.
Ma proprio per la stima che avevo (e che non ho più) per Marcello, avrei preferito che il suo passaggio tra i berluscones avvenisse senza che dovesse trovare ad ogni costo una giustificazione che non fosse l’italico “tengo famiglia”.
Avrei accettato persino che la sua abile penna dipingesse le forme e i colori delle gioiose feste a Palazzo Grazioli per renderle meno patetiche agli italiani, piuttosto che cercare una liaison con il nostro passato di “maledetti”.
Se uno sceglie di fare il pittore di corte non cerchi almeno alibi per rimpiangere i tempi in cui usava il pennello per tracciare la via dei sogni.
Si limiti a prendere atto che non ha più il tratto vitale, non accusi altri di essere ladri di sogni.
Scrive Marcello: ” lo confesso: il mandante delle accuse a Fini sono io. Io e tutti quei ragazzi che hanno creduto nella destra, investendoci la vita. Noi, che possiamo comprendere i trasformismi, ma che non gli perdoneremo mai di aver svenduto i nostri sacrifici al “cognato””
E via ai ricordi: “Quel ragazzo sognava un’Italia migliore, amava la tradizione quanto la ribellione, detestava l’arroganza dei contestatori almeno quanto la viltà dei moderati, e si sedette dalla parte del torto, per gusto aspro di libertà “.
In questo improvviso amarcord, Marcello è in buona compagnia: da Storace in giù, giù in tutti i sensi, è un fiorire di ex intellettuali, ex autisti, ex militanti presunti, ex “duri e puri” che si indignano di fronte a una casa ereditata “grazie al sangue di tanti nostri giovani caduti”.
Forse si riferiscono ai tempi del Msi, quando molti di coloro che ora straparlano di valori e ideali traditi, stavano nel ruolo o dalla parte di chi, in caso di arresto di un nostro ragazzo, tiravano fuori, nelle federazioni, dal cappello a cilindro il famoso comunicato che “non era mai stato iscritto al partito” ?
Forse a coloro che appoggiarono la legge Reale?
Forse a coloro che in tante città d’Italia segnalavano alla polizia chi faceva legittimamente politica fuori dal partito?
O forse a quei notabili che, quando un ragazzo di destra veniva massacrato sotto casa, correvano a contendersi il trasporto della salma dopo averlo sputtanato da vivo?
Eh no, caro Marcello, sei troppo intelligente per cavartela così.
Quando i valori del Msi furono messi in soffitta o per molti “traditi” da tutta la classe dirigente di allora, come mai il giovane che era in te non si ribello’?
Come mai Storace gioiva, insieme a tanti altri portaborse?
Dov’erano i rivoluzionari duri e puri?
A fare la coda per la nuova tessera?
E quando da An si passò al Pdl, dimmi Marcello, quante mani si alzarono al congresso di scioglimento per votare contro?
Perchè anche allora il giovane che era in te non si ribellò e non scrisse parole di fuoco?
Alcuni fanno finta di scandalizzarsi adesso, ma per 20 anni hanno seguito Fini per interesse e convenienza, come prima seguivano Almirante per lo stesso motivo.
E infatti io e te non eravamo con Almirante, insieme a tanti altri.
Non discuto le scelte successive di tanti: ognuno è giusto che faccia quello che gli suggerisce la propria coscienza.
Ma non ci fare lezioni di coerenza: chi è rimasto con certe idee nel cuore e nel cervello non può stare con chi è ultraliberista, con chi è razzista, con chi nomina pure i deputati, con chi vuole ridurre la libera informazione, con chi vuole l’impunità dai processi.
Proprio noi che non avevamo neanche i mezzi per propagandare le nostre idee e respiravamo l’inchiostro dei ciclostili dovremmo diventare i “boia della libertà “?
Come si può stare con la casta, con i killer dell’infomazione, con chi vuole dividere gli italiani?
Lascia stare i ragazzi di allora, goditi il tuo posto a tavola, ma risparmiaci i tuoi sermoni da frate gaudente al banchetto dei potenti.
Vogliamo parlare di “case” o magari di “casa” editrice?
O vogliamo sottolineare che se un uomo è disposto a “svendersi” al potente, è probabile che non valgano nulla sia il potente che lui?
Per qualcuno la dignità è ancora un valore non commerciabile.
Buona vita Marcello, riposati nel lettone di Putin, ma lasciaci continuare a sognare in pace.
E quando esci spegni la luce.
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Settembre 27th, 2010 Riccardo Fucile MENTRE BOSSI DA’ FUORI DI TESTA E CHIAMA “PORCI” I ROMANI E LA RUSSA GLI LECCA IL CULO, MONTEZEMOLO ATTACCA: “LA LEGA E’ CAPACE SOLO DI PROCLAMI: E’ CORRESPONSABILE DI 16 ANNI DI PROMESSE NON MANTENUTE”… “DUBITIAMO CHE GLI ELETTORI ABBIANO MANDATO BOSSI IN PARLAMENTO PER DIFENDERE COSENTINO E BRANCHER”
La Fondazione ItaliaFutura, vicina a Luca Cordero di Montezemolo, ex presidente degli industriali, alza la voce.
Ieri il leader del Carroccio Umberto Bossi aveva replicato alle critiche mosse da Confindustria al governo, liquidandole con un “è facile parlare”.
Oggi ItaliaFutura contrattacca col testo che riproduciamo.
Ha ragione Bossi. È facile parlare e più difficile agire.
Bisogna ascoltarlo quando discetta sul valore dei proclami perchè si tratta di un vero esperto in materia.
Negli ultimi sedici anni ha costruito il successo della Lega sul lavoro di organizzazione del partito ma anche sulle provocazioni (e ultimamente su qualche gesto).
Di fatti invece se ne sono visti ben pochi. Se non la corresponsabilità della Lega in questi sedici anni di non scelte che hanno portato il paese ad impoverirsi materialmente e civilmente.
Anche sul fronte delle rivendicazioni specifiche del suo elettorato, Bossi ha combinato ben poco (guardare alle promesse sul federalismo per credere). Dubitiamo infatti che i suoi elettori l’abbiano mandato in Parlamento per difendere Cosentino o Brancher.
Ha ragione Bossi: in Italia (e in particolare nella sua Padania immaginaria) la chiacchiera va per la maggiore e delle parole a vanvera di una classe politica screditata gli italiani ne hanno piene le tasche.
In particolare quelli che lavorano e producono (e al convegno di Genova della Confindustria ce n’erano tanti). Quegli italiani che, a differenza di Bossi, tengono in piedi il paese con i fatti e non con le parole.
Il primo a correre a difendere il Senatur non è stato neanche un leghista, ma il lecchino coordinatore del Pdl La Russa: “Montezemolo si candidi e così potremo vedere qual è il suo consenso”.
Parla lui che aveva garantito: “Mi impegnerò personalmente in Veneto e vedrete che il Pdl alle regionali avrà più voti della Lega”.
E non ha avuto neanche la dignità di dimettersi dopo la figura che ha fatto.
Ieri sera poi Bossi è andato fuori di testa completamente.
Parlando in tarda serata, nel corso di un’iniziativa a Lazzate, il leader del Carroccio si è scagliato contro l’ipotesi di spostare il Gran Premio di Formula Uno da Monza nella capitale.
“I romani se lo possono dimenticare – ha detto – Monza non si tocca e a Roma possono correre con le bighe”.
Ma non è stato, questo, l’unico riferimento “storico” del leader leghista.
Che se l’è presa anche con la sigla SPQR, ovvero l’acronimo del latino Senatus Populusque Romanus, “il Senato e il popolo romano”.
“Basta con quella sigla, io dico ‘sono porci questi romani'”, ha detto Bossi fra gli applausi del pubblico.
Feccia sul palco e feccia sotto.
Mentre la destra italiana o dorme o è collusa, mentre il presidente del Consiglio riceve questi “segnati da Dio” alle cenette del lunedì con tutti gli onori, mentre la Lega è sommersa di scandali, ma nessuno a destra (a parte noi da anni e i finiani da poco) osa sollevare la questione morale della padagna ladrona.
Il partito affaristico leghista che governa l’Italia sta esalando l’ultimo rutto.
Gled aria nuova.
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Settembre 27th, 2010 Riccardo Fucile NON SOLO: LE DUE SOCIETA’ NON SONO REGISTRATE A ST. LUCIA, DOVE HANNO SOLO LA CORPORATE AGENT, QUINDI ERA MATERIALMENTE IMPOSSIBILE INDAGARE DA PARTE DELLE AUTORITA’ LOCALI… L’OPPOSIZIONE AL GOVERNO CARAIBICO: “IL NOSTRO GOVERNO ORA DEVE CHIARIRE”
St. Lucia è un paradiso fiscale che rischia di diventare un inferno per le centinaia di
imprenditori e finanzieri, italiani e non, che hanno parcheggiato i loro beni in quest’isola fino a pochi giorni fa tranquilla e riservata.
Uno dei massimi esperti italiani di centri off-shore segnala la “procedura estremamente anomala” con cui il governo locale ha gestito il caso dell’appartamento ex An di Montecarlo.
Printemps e Timara sono state iscritte ai registri locali due anni fa: un’operazione semplicissima, seguita dalla sede di Castries dell’americana Corpag, specializzata nei servizi finanziari nei Paesi fiscali.
Secondo la norma, i fiduciari (legal owner) sono tenuti a identificare in un registro riservatissimo, con nome e cognome, il proprietario reale (beneficial owner) per poterne comunicare le generalità alle autorità , ma solo in caso di indagine penale.
In realtà questo nome e cognome non appare mai su alcun documento ufficiale, “tutte le attività vengono seguite dagli amministratori fiduciari cui sono intestati conti correnti, contratti, proprietà ed azioni, il cui business è fondato sulla riservatezza”.
Secondo l’esperto, la prima anomalia è che l’esecutivo si sia mosso in piena autonomia.
La legge prevede invece che le indagini possono essere rese pubbliche, solo su richieste motivate da un Paese terzo, in merito a crimini che hanno risvolti penali anche nell’isola.
L’altro aspetto sorprendente è la gestione operativa del caso.
“Le indagini sulle società off-shore sono eseguite dalla Financial services supervision unit che fa capo al ministero delle Finanze, mentre in questo caso il regista della verifica sarebbe stato il ministero della giustizia che non ne aveva titolo”.
Il risultato, patacca o non patacca, è ora il rischio di un fuggi- fuggi di capitali, non più garantiti dal principio di riservatezza di St. Lucia.
Ma vi sono due importanti novità a complicare la vicenda: il ministro della Giustizia Francis, avvocato fiscalista, ha il suo studio legale allo stesso indirizzo delle società Timara e Printemps.
Uno studio legale che vive sulle società offshore, incredibile.
Non solo: le due società non sono registate a St. Lucia, dove hanno solo la Corporate Agent come società registrata che agisce per loro, quindi non è materialmente possible indagare da parte delle autorità locali.
Gli intrecci diventano sempre più atipici e l’opposizione parlamentare di St. Lucia pretende ora “che il governo chiarisca e renda pubblici i documenti che avrebbe in mano, prima che questa vicenda crei seri problemi alla nostra economia”.
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Settembre 27th, 2010 Riccardo Fucile SULLE VICENDE DI UN CONTO CANADESE E UNO SCANDALO AMERICANO, POCHI ANNI FA, NEGARONO OGNI INFORMAZIONE, NONOSTANTE RICHIESTE UFFICIALI…. STRANAMENTE PER LA PRIMA VOLTA IL GOVERNO DI ST.LUCIA FORNISCE UNA DICHIARAZIONE NON RICHIESTA, SENZA ALLEGARE LE PROVE PERALTRO
Rudolph Francis, ministro della Giustizia del paradiso fiscale caraibico, qualche giorno fa ha spiegato come tutta la gestione del dossier Tulliani-Printemps-Timara-casa di Montecarlo rientri “nella prassi normale isolana”.
In realtà , tutto questo interesse del governo di St. Lucia a scoprire chi si nasconda dietro le due società offshore proprietarie dell’appartamento in cui vive il Tulliani è una prassi inedita, così come la presunta fuga di notizia.
Lo dimostra la gestione di due scandali della storia recente di St.Lucia.
Il primo caso risale a maggio 2005 e il governo reagì ben diversamente.
Il vicepresidente di un’agenzia governativa canadese, Antonius Gibson, denunciò l’esistenza di un conto segreto della National Conservation Authority, l’ente per cui lavorava e che l’aveva appena licenziato.
Secondo Gibson, l’agenzia utilizzava un conto segreto presso la filiale di Santa Lucia della Royal Bank of Canada.
In quel caso il responsabile della Royal Bank ai Caraibi ha tempestivamente negato di essere a conoscenza di alcun particolare in merito.
E il governo di St. Lucia inquel caso non si preoccupò del “buon nome dell’isola”, ma fece muro intorno alla banca e nulla uscì: dall’esecutivo, disse l’allora premier Kenny Anderson, non sarebbe arivata alcun tipo di collaborazione.
Nessun scrupolo ebbe il governo neanche nel 2004 a difendere il proprio buon nome di fronte al duplice scandalo con al centro proprio due immobili. L’ambasciatore di St.Lucia a New York, Earl Huntley, trasferisce la proprietà di un immobile del governo a Brooklyn.
Il nuovo intestatario è l’organizzatore delle attività di una associazione culturale di St Lucia che lavora nel palazzo.
Una volta privatizzato l’immobile, viene usato come garanzia per ottenere da uan banca un prestito di 150.000 dollari, finiti nelle tasche dell’ambasciatore. L’indagine arrivò a dimostrare che aveva avuto complici nell’esecutivo, ma da St Lucia nessuna collaborazione anche in quel caso.
E ancora: sempre a New York, lo Stato ha contestato al governo di St.Lucia di aver evaso 30.000 euro di tasse in una compravendita immobiliare nel 2000.
Per inciso: l’attuale ministro degli esteri, una ventina di anni fa era stato pure arrestato per aver falsificato il passaporto.
Tutti precedenti che dimostrano come il presunto documento, senza prove allegate, del ministro della Giustizia rappresenta in ogni caso una eccezione.
Chissà , in questa occasione, cosa avrà fatto cambiare prassi al governo di St. Lucia …
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Settembre 27th, 2010 Riccardo Fucile L’ESPERIMENTO SPACCIATO DAL MINISTRO COME LA SOLUZIONE AI PROBLEMI DI SICUREZZA NEGLI AEROPORTI E’ GIA’ FINITO DOPO SOLI SEI MESI…. BOCCIATI DAI TECNICI: NON SONO INFALLIBILI E I CONTROLLI SONO TROPPO LUNGHI
A sollecitare l’impiego delle apparecchiature che avrebbero risolto, molto in teoria, il problema
della sicurezza negli aeroporti era stato il ministro Maroni in persona.
Fedele alla linea della politica non della sicurezza, ma degli spot sulla sicurezza, aveva assicurato che con i body scanner gli italiani sarebbero stati al sicuro dal rischio attentati.
Preso dalla parte, si era anche fatto fotografare il 15 marzo scorso alla Malpensa in camicia bianca e cravattina d’ordinanza verde , mentre veniva “radiografato dallo scanner” tra scene di giubilo degli astanti.
Tutto aveva avuto origine dal fallito attentato di Natale sul volo Amsterdam-Detroit della Delta Airlines, quando un nigeriano beffò i controlli dell’aeroporto di Schiphol portando con sè un rudimentale ordigno nascosto nei pantaloni. Un episodio che aveva allarmato gli apparati di sicurezza di tutta Europa, accelerando le procedure per l’installazione dei controlli .
La decisione di installare gli scanner in Italia doveva rappresentare una svolta, ma dopo appena sei mesi di prova e uno stanziamento di 2 milioni di euro, ecco che vanno già in rottamazione.
Niente più scanner negli aeroporti: lo hanno confermato i tecnici del Comitato interministeriale sulla sicurezza.
Un verdetto formale che prende atto in realtà di una situazione già esistente. A Venezia il macchinario è già stato spento, così come a Palermo dove è stato addirittura sostituito.
Si è deciso di fermarsi anche a Roma e tra breve toccherà a Milano.
Una delle principali cause della bocciatura sono stati i disagi causati ai passeggeri, ma non solo.
In questi mesi si è accertato quello che peraltro era noto anche prima, ovvero come alcune parti del corpo che devono essere rese “non visibili”, per rispetto della privacy, potrebbero essere proprio i punti dove nascondere armi o materiale esplosivo.
Già la Federal Aviation Administration aveva ammesso a suo tempo come i body scanner a raggi X non possono escludere il rischio attentati in quanto il sistema non è infallibile.
Una settimana fa, il Comitato ha confermato: sugli scanner i risultati non sono buoni, ci vuole più tempo a esaminare una persona che attraverso un’ispezione manuale.
Finito lo spottone: nel frattempo milioni di italiani che non viaggiano mai in aereo continueranno a pensare, dopo aver visto la silhouette di Maroni al Tg1, che il nostro governo tuteli i cittadini negli aeroporti con l’infallibile body scanner.
Parola di Maroni.
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