Novembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
VA DATO ATTO CHE I FINIANI SI SONO BATTUTI PERCHE’ LA RIFORMA FOSSE IN MINIMA PARTE FINANZIATA: FOSSE DIPESO DA TREMONTI NON AVREBBE AVUTO UN’EURO… MA NON E’ UNA RIFORMA CHE PREMIA IL MERITO: LA GELMINI APPARE SOLO COME IL CURATORE FALLIMENTARE DELL’ISTRUZIONE PUBBLICA ITALIANA…. I BARONI LI HA RESUSCITATI LEI
Mentre una gran parte del mondo universitario è ancora in mille piazze d’Italia a manifestare contro la riforma del ministro Gelmini, alla Camera si discutono emendamenti in un clima da assedio.
Non solo perchè le manifestazioni lambiscono le sedi del potere e delle isitituzioni, ma perchè lo stesso governo è andato in minoranza anche oggi su una proposta simbolica di modifica di Futuro e Libertà .
Al di là dei tatticismi, avremmo consigliato ai finiani una posizione più netta: chiedere che la riforma tornasse in commissione.
Non solo perchè questo è ormai un governo dai giorni o dalle settimane contate e non ha molto senso approvare riforme (meglio sarebbe dire tagli) quando il tempo è scaduto.
Ma anche per un atto “futurista” di coraggio: un atto politico che riportasse non ai giochini sui numeri, ma a una visione di fondo sul futuro della cultura italiana.
I finiani hanno avuto certo il merito di ottenere qualche minimo finanziamento alla riforma, fosse dipeso da Tremonti l’avrebbe accantonata.
Hanno fatto approvare qualche modifica che garantisce il lavoro a qualche migliaio di ricercatori, questo è certo.
Ma non hanno avuto non tanto il coraggio, quanto la visione strategica e ideale che invece avrebbe potuto premiare una scelta di campo.
Se Futuro e Libertà non vuole avere nulla a che fare con il Pdl e il governo degli spot, doveva avere l’intelligenza di smarcarsi.
Perchè questa non è una riforma seria, è un bluff.
Se si va al di là della lezioncina imparata a memoria che la Gelmini recita ogni sera ai Tg in tono dimesso: “Gli studenti sono con i baroni, la riforma premia la meritocrazia” è il caso di dire che “sotto lo spot c’è il nulla”.
Qualche verità andava detta.
I baroni non ci sono più dal post-sessantotto, perlomeno nella accezione vasta del termine, esiste qualche caso di parentopoli che era sufficiente estirpare con un semplice decreto.
Stessa cosa per le vergognose troppe sedi con più docenti che studenti.
Ma i baroni in realtà li ha fatti rinascere la Gelmini con la riforma dei concorsi due anni fa, mettendo nelle commissioni soltanto gli ordinari ed escludendone gli associati e i ricercatori.
Come andava detto che non di riforma enfatizzata si tratta, ma di un semplice dispositivo di tagli di spesa: basti pensare che ad oggi gli atenei non hanno ancora ricevuto il fondo di finanziamento ordinario per l’anno in corso e non ne conoscono neppure l’ammontare.
Come si fa a parlare di meritocrazia quando di taglia in misura di 100 e poi si destina solo il 7% della cifra tagliata per premiare (almeno in teoria) i più meritevoli?
Come si fa a parlare di futuro se si concede un sei anni di ricerca a stipendi da fame senza le garanzie finanziarie per poter poi assumere i meritevoli alla fine dei sei anni?
Si sta solo tracciando una futura università pubblica di basso livello e dal basso costo per lo Stato.
Rientreremo così nella media europea dei laureati, ma l’eccellenza la si troverà solo nelle università private.
Chi non potrà permettersele, resterà un laureato di serie B, questa è la strada su cui ci siamo incamminati.
Cosa ha tutto questo a che vedere con la mentalità “futurista”, con una visione non economicista della cultura, con la volontà di cambiamento reale?
Nulla.
Per questo oggi i finiani hanno perso un’occasione per far intendere la loro diversità .
Se la perdessero anche il 14 dicembre, dando magari retta a qualche “colomba” incline all’inciucio, tanto valeva che continuassero a fare le comparse nel Pdl.
Rivoluzionari in parte si nasce, ma lo si può anche diventare: se non si vive di tatticismi, ma con dei punti di riferimento culturali e ideali.
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Novembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
PASSA UN EMENDAMENTO DI FABIO GRANATA E IL GOVERNO VA SOTTO…APPROVAZIONE PREVISTA PER LE 20, MA IN TUTTA ITALIA CRESCE LA PROTESTA CONTRO LA RIFORMA GELMINI…A MILANO TENTATA IRRUZIONE A PALAZZO MARINO, A BARI OCCUPATO IL PETRUZZELLI, ROMA IN STATO D’ASSEDIO, A BOLOGNA INVASE AUTOSTRADE
Proteste in tutta Italia contro la riforma dell’Università , mentre la Camera ha ripreso l’esame del ddl Gelmini.
Il via libera sul testo, secondo accordi presi in conferenza dei capigruppo, potrebbe giungere verso le 20 mentre centinaia di cortei di studenti e ricercatori si riversano per le strade dei capoluoghi italiani.
A Roma almeno 50mila studenti si sono diretti in piazza Montecitorio e ad attenderli una fila di camionette delle forze dell’ordine si è disposta a semicerchio per circondare piazza Montecitorio ed impedire che gli studenti possano fare irruzione davanti al portone della Camera.
Presidiata anche via del Plebiscito, davanti alla abitazione privata del Premier.
A Brescia mattinata di tensione per gli scontri in piazza Loggia e l’occupazione dell’aula magna della facoltà di Economia e Commercio. Intorno alle 10 il corteo degli studenti ha cercato di forzare il cordone di sicurezza che si trovava di fronte a palazzo Loggia, per entrare nella sede dell’amministrazione comunale. Ne sono nati dei tafferugli in cui i manifestanti hanno lanciato bottiglie contro le forze dell’ordine e gli agenti hanno fatto ricorso al manganello.
A Torino, mentre i cortei paralizzano il centro città , alcune decine di studenti si sono staccati e hanno effettuato un blitz negli uffici del Ministero dell’istruzione università e ricerca (Miur), in via Pietro Micca.
Dapprima hanno colpito il portone d’ingresso dell’edificio con un lancio di uova, poi hanno sfondato due portoni e sono saliti al secondo piano, dove si trovano gli uffici, rompendo una sbarra. Si sono fermati soltanto davanti ai vetri antiproiettile che proteggono i dipendenti del ministero.
A Genova circa 3.000 manifestanti gridano «Ci bloccano il futuro, noi blocchiamo la città » gridano, mentre nell’atrio del rettorato universitario di via Balbi alcuni ricercatori precari dell’ateneo hanno installato un maxi schermo per seguire in diretta dalla tarda mattina la discussione della riforma in Parlamento.
A MilanoI manifestanti hanno occupato per una ventina di minuti i binari della stazione Cadorna e Garibaldi, causando il ritardo di alcuni convogli. Una decina di studenti ha cercato, senza riuscirci, di entrare a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano.
A Napoli lanci di uova, sacchetti di immondizia e vernice rossa contro il portone della sede dell’Unione degli industriali di Napoli, in piazza dei Martiri.
A Palermo gli universitari di Lettere e Filosofia e Scienze hanno occupato simbolicamente la Cattedrale di Palermo. Un troncone della protesta si è poi mosso verso viale Regione siciliana, paralizzando il traffico dell’arteria che si immette nell’autostrada, all’altezza di corso Calatafimi.
All’Aquila tante le adesioni, nonostante la neve caduta copiosa stanotte e le temperature rigide. Per la città dell’Aquila, l’occupazione di facoltà universitarie rappresenta un evento straordinario: gli ultimi episodi, ad eccezione di qualche caso sporadico, risalgono a quindici anni fa.
A Firenze «Blocchiamo la riforma, blocchiamo la città ». Questi i cori dei manifestanti.
A Bari gli studenti hanno occupato il ponte di corso Cavour, nel centro cittadino. L’occupazione sta creando notevoli disagi alla circolazione dei veicoli. Un’altra parte del corteo si sta dirigendo invece verso il teatro Petruzzelli.
A Foggia, questa mattina un centinaio di studenti della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Ateneo di Foggia sono saliti sul tetto della sede di via Arpi.
Intanto il Governo è stato battuto in aula alla Camera.
Le opposizioni e il Fli hanno votato a favore di un emendamento presentato da Fabio Granata.
Si tratta dell’articolo 19 sugli assegni di ricerca che vieta «oneri aggiuntivi» anzichè «nuovi o maggiori oneri».
Il testo, su cui c’era il parere contrario di governo, commissione e commissione Bilancio, è stato approvato con 277 sì e 257 no.
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Novembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
INTERVISTA A CIANCIMINO: “ERO IN LIZZA PER OTTENERE L’APPALTO, POI TUTTO FINI’ IN MANO A FALLICO E A GENTE VICINA AL PREMIER”… “UN GUADAGNO DI 30 DOLLARI OGNI 1000 METRI CUBI DI GAS: 10 DOLLARI AVREMMO DOVUTO RITORNARLI A UNA FONDAZIONE VICINA A CHI VENDEVA”…”FALLICO ERA LA CHIAVE PER LAVORARE CON GAZPROM E IL MARGINE DI GUADAGNO E’ ENORME”
Quando ha letto i report dell’ambasciata americana pubblicati da Wikileaks sugli affari di Berlusconi e Putin con l’energia, Massimo Ciancimino ha sorriso. “Da sei anni dico queste cose e nessuno mi ascolta: la verità è che gli amici di Berlusconi hanno usato gli stessi canali e mi hanno soffiato l’affare”.
Ciancimino, non esageri: dopo la trattativa Stato mafia, ora ci vuole spiegare pure la trattativa Putin-Berlusconi sul gas, non le sembra un po’ troppo?
Io sono stato prima un protagonista e poi una vittima di quella trattativa. Wikileaks riporta la nota degli americani in cui si parla del mediatore italiano che parla russo? Tutti si chiedono chi sia. Bene, io “il mediatore” lo conosco bene, si chiama Antonio Fallico, e chi me lo ha presentato lo definiva ‘la chiave per Gazprom’.
Perchè ‘il mediatore’ sarebbe Fallico e qual è il suo ruolo?
Il Fatto ne ha già parlato: è un siciliano che è stato nominato presidente di Zao Bank, la filiale di Banca Intesa a Mosca. Io l’ho conosciuto prima del mio arresto quando per primo avevo capito le potenzialità del buisiness dell’energia e trattavo con Gazprom per importare il gas dalla Russia. Ero a un passo dalla conclusione, poi mi hanno indagato e l’affare se lo sono preso gli amici di Berlusconi. Se il contratto fosse andato in porto nella sua interezza, avremmo guadagnato 180 milioni di euro di utili all’anno. Tutti soldi che permettono di far guadagnare tante persone, sia in Italia che in Russia.
Andiamo per ordine. Ci spieghi come pensava di importare il gas e qual era il ruolo di Fallico
Per importare il gas dalla Russia ci vuole l’accordo di Gazprom. Grazie proprio ad Antonio Fallico ero riuscito ad agganciare i vertici di Gazprom, in particolare Alexander Medvedev, che è il direttore generale della Gazprom Export e che non va confuso con Dmitri Medvedev, attuale presidente russo.
Ciancimino, Gazprom fattura 4 mila e 25 miliardi di euro e fa utili per 450 miliardi. Scusi la domanda ma perchè doveva mettersi in affari con voi?
Voglio ricordarle che la Fingas del professor Lapis aveva appena incassato 120 milioni di euro dalla vendita agli spagnoli della Società che aveva metanizzato i paesi siciliani. E la nostra forza era proprio questa: solo una piccola società come la nostra poteva agire in maniera “agile” e meno burocratica nella seconda fase degli accordi, quella che prevedeva il ritorno di parte dei soldi in Russia alle fondazioni vicine agli uomini di Gazprom. Non presentavamo i rischi connessi all’inserimento di società pubbliche e grandi come dimostra il recente caso Finmeccanica.
Quando ha incontrato Fallico e Medvedev?
Medvedev lo ha incontrato, con Falllico, il professor Lapis a Vienna mentre io ho incontrato il suo collaboratore Nelson insieme a Fallico sempre a Roma in un hotel di via Veneto e poi nello studio dell’avvocato Ghiron. In quella occasione abbiamo messo a punto tutti i dettagli dell’operazione che prevedeva la possibilità per noi di importare dalla Russia in Europa 6 miliardi di metri cubi all’anno attraverso la Slovacchia e la Slovenia. Il nostro guadagno sarebbe stato di 30 dollari ogni mille metri cubi.
E quanto sarebbe stato il “ritorno” per i russi, del quale ci spiegava prima?
L’accordo raggiunto a Vienna prevedeva che noi pagassimo per ogni mille metri importati una somma di dieci dollari, sui trenta incassati, alla Fondazione.
Quale Fondazione?
L’uomo della Gazprom, Nelson, ci disse che lui ci avrebbe indicato a quale Fondazione versare i soldi.
E cosa le disse Fallico?
Lui ci consigliò di seguire le indicazioni dei manager di Gazprom e comunque mi disse di finanziare con una piccola somma la Fondazione Putin per un balletto a Roma. Cosa che puntualmente abbiamo fatto. Insomma tutto procedeva per il meglio. Ad ognuno dei partecipanti all’operazione era stato garantito un ritorno. Stavamo andando a parlare con la Geoplin della Slovenia quando è uscita la notizia dell’indagine, anzi a dire il vero gli sloveni lo hanno saputo un giorno prima e si è bloccato tutto. Poi l’affare con Gazprom lo hanno fatto gli amici di Silvio Berlusconi.
Si rende conto che questa storia è basata solo sulle sue parole?
Mica tanto. Nell’anomala perquisizione in cui non aprirono la cassaforte mi fu sequestrato un bigliettino che stupì i carabinieri nel quale c’era il ringraziamento della Fondazione Putin e i biglietti da visita di Alexander Medvedev, di Nelson e Fallico.
Fallico è un siciliano come lei e si dice che abbia frequentato lo stesso liceo di Marcello dell’Utri. Ne avete parlato?
No. Fallico era certamente legato a Gaetano Miccichè di Banca Intesa. Probabilmente è una persona vicina al mondo berlusconiano ma non abbiamo mai parlato di politica, con lui parlavo di affari.
Hillary Clinton, secondo Wikileaks, chiede se Berlusconi abbia interessi in comune con Putin nell’energia. Lei cosa pensa alla luce della sua esperienza?
Il contratto dell’Eni per l’importazione del gas è un segreto di stato e il margine di guadagno è enorme. Secondo me Berlusconi sta aiutando società a lui vicine e non mi stupirei se ci fosse una fondazione russa finanziata da qualche impresa coinvolta nell’affare.
Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
LA CLINTON CHIESE DI SCOPRIRE I POSSIBILI INTERESSI PRIVATI TRA BERLUSCONI E PUTIN….LA MALEDIZIONE DEL GAS RUSSO: UN TEMPO SERVI’ A FINANZIARE IL PCI, ORA TUTTI POSSONO IMPORTARE GAS NEI TUBI DELL’ENI…LA GAZPROM VENDE DIRETTAMENTE TRE MILIARDI DI MC DI GAS ALL’ ITALIA, ATTRAVERSO LA CENTREX CON SEDE A VIENNA…IL RUOLO DI SCARONI E DI NICOLAZZI
Occhio alle date.
Il 16 aprile 2009 David Thorne, appena nominato ambasciatore a Roma, afferma davanti alla Commissione esteri del Senato americano, che deve dare il via libera al suo incarico: “Anche se Usa e Italia cooperano strettamente su numerosi temi, ci sono, comunque, alcune posizioni della politica estera italiana che continuano a preoccuparci”.
Quattro mesi dopo Maurizio Caprara, che lo intervista per il Corriere della
Sera, riferisce: “Tra i suoi obiettivi rientra quello di evitare che il nostro Paese dipenda troppo dalla Russia per la fornitura di gas e petrolio”.
Se dunque il segretario di Stato Hillary Clinton, negli stessi mesi, chiede
alla sua rete diplomatica di capire se tra Silvio Berlusconi e Vladimir
Putin ci siano anche rapporti di affari privati non è certo per interesse
alla moralità pubblica.
E non è una sorpresa la sua curiosità rivelata da Wikileaks: in gioco ci sono interessi corposi, che vanno al di là di Berlusconi.
Il gas russo è un’antica maledizione della politica italiana.
Quando sull’Eni regnava Eugenio Cefis, il gas dell’Unione Societica serviva a
finanziare il Pci, come ha raccontato l’ex dirigente di Botteghe Oscure Gianni Cervetti, nel libro “L’oro di Mosca”.
Nel nuovo secolo sono gli amici di Berlusconi a subire l’attrazione fatale.
Il gas russo arriva in un tubo alla frontiera di Tarvisio ed è l’Eni che lo distribuisce lungo la penisola: rappresenta un terzo delle importazioni
italiane di gas.
Ma con la liberalizzazione altri operatori possono portare gas in Italia nei tubi dell’Eni. E si scatena la corsa.
C’è Massimo Ciancimino che progetta addirittura un nuovo gasdotto, prima
di essere fermato dalle inchieste sul tesoro di suo padre.
C’è Marcello Dell’Utri che va e viene da Mosca, “per occuparsi di gas”, racconta nel 2005 il sottosegretario all’Interno Michele Saponara, subito corretto dall’interessato che precisa di occuparsi come sempre di libri, ancorchè in cirillico.
Ma subito Gianni Pilo, ex sondaggista di fiducia di Dell’Utri, inizia la sua attività di import di gas con la sua Enoi.
Anche la Gazprom, la società russa che ha il gas, vuole venderlo direttamente in Italia, per guadagnare di più.
E’ la vicenda più significativa dell’intreccio affaristico tra l’Italia di Berlusconi e la Russia di Putin.
Nella primavera del 2005 la Gazprom strappa al numero uno dell’Eni, Vittorio Mincato, un vantaggioso contratto per la vendita diretta in Italia di 3 miliardi di metri cubi di gas (su circa 80 del consumo totale nazionale).
Lo farà attraverso la sua società commerciale per l’Europa, situata a Vienna, che si chiama Centrex (oggi guidata dall’italiano Massimo Nicolazzi, figlio dell’ex ministro Franco, quello delle carceri d’oro: com’è piccolo il mondo).
Si scoprì allora che socio della Centrex nell’operazione era Bruno Mentasti, ex proprietario della San Pellegrino, amico per la pelle di Berlusconi. fin da quando inondava le tv Fininvest di spot dell’acqua minerale.
Dissero i maligni che Mincato firmò il contratto per agevolare il rinnovo del suo mandato in scadenza.
Berlusconi invece lo fece fuori e mise al suo posto Paolo Scaroni, manager di antiche ascendenze craxiane. E curiosamente fu proprio Scaroni, appena nominato, a segnalare l’operazione ai sindaci revisori dell’Eni e a farla saltare.
Mancavano pochi mesi alle elezioni politiche del 2006, che videro la
vittoria di Romano Prodi.
Scaroni sembrò ai berlusconiani fedeli mettersi a giocare in proprio. E fu proprio con il governo Prodi, nel 2007, che Scaroni firmò l’accordo con Gazprom per il nuovo gasdotto Southstream, che attraverserà il Mar Nero per giungere direttamente in Europa aggirando l’Ucraina.
Un’ operazione di ampia portata geopolitica, nella quale sta non a caso per entrare anche la Francia di Nicolas Sarkozy.
Southstream è la cosa che piace meno agli Stati Uniti, sponsor del Nabucco,
gasdotto che verrebbe dall’area caucasica, escludendo la Russia.
Non è solo l’amicizia con Putin che agita la diplomazia americana. Sicuramente a Washington sobbalzano quando scoprono che il colonnello
Gheddafi è diventato socio, con la Libyan Investment Authority, della
società televisiva Quinta Communication, costituita da Tarek Ben Ammar e
dalla Fininvest di Berlusconi.
Proprio mentre la statale Finmeccanica, guidata da Pierfrancesco Guarguaglini, oggi nei guai per l’inchiestagiudiziaria su sua moglie Marina Grossi, come lui manager di Finmeccanica, costituisce una società paritetica con Tripoli per inondare di armi Africa e Medio Oriente.
E intanto la Impregilo dell’amico Ligresti aspetta impaziente di costruire con soldi italiani la mitica autostrada verso l’Egitto .
Anche qui la diplomazia americana fatica a distinguere gli affari e le relazioni private di Berlusconi dalle inclinazioni del sistema Italia. Oggi i fondi sovrani libici sono azionisti decisivi di Unicredit, e risultano sempre al centro di voci che li vogliono in procinto di assumere partecipazioni azionarie importanti nei pezzi di maggior pregio dell’industria e della finanza italiane: non esclusi la stessa Fin-meccanica e l’Eni.
Il tema dei rapporti con la Libia attraversa tutti gli schieramenti politici, ed è ¨ per il governo americano un antico busillis: in fondo, non si è sempre ipotizzato, tra le cause della fine politica di Giulio Andreotti, l’eccessivo filo-arabismo messogli in conto, al crepuscolo della Prima Repubblica, dagli analisti di Washington?
Giorgio Meletti
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
“CHE TENDA A COMPORTARSI DA CLOWN NON E’ CERTO UNA NOVITA'”…”A WASHINGTON TUTTI SANNO CHE I RAPPORTI CON LUI SONO FONTE DI IMBARAZZO”…”SUI SUOI RAPPORTI CON PUTIN ORA SCELGA LA STRADA DELLA TRASPARENZA”…L’INTERVISTA AL CORRIERE DELLA SERA
«Wikileaks è un’organizzazione di irresponsabili che, per il modo in cui sta diffondendo le informazioni riservate in suo possesso, oltre che per la loro natura, ha scelto di massimizzare il suo atteggiamento irresponsabile e destabilizzante. Detto questo, in un solo caso – quello del colloquio tra il generale David Petraeus e il presidente dello Yemen sulla partecipazione americana ai raid contro Al Qaeda, che era sempre stata negata da Saleh – i documenti fin qui pubblicati contengono notizie originali che possono avere conseguenze gravi. Nel caso specifico rischiano di compromettere la lotta contro il terrorismo in un’area cruciale del mondo. Il resto sono valutazioni che possono creare imbarazzi o anche seri danni politici e diplomatici, ma che non contengono novità sostanziali: già si sapeva che i governi arabi del Golfo vedono nell’Iran nucleare una minaccia mortale e vorrebbero un atteggiamento più deciso degli Usa. Così come si sapeva che Silvio Berlusconi viene considerato un leader inaffidabile e incapace. Certo, adesso è scritto nero su bianco in un rapporto diplomatico e questo può avere conseguenze».
Sidney Blumenthal, il consigliere più vicino a Bill Clinton durante i suoi ultimi quattro anni alla Casa Bianca, che è stato anche il «braccio destro» di Hillary Clinton durante la campagna elettorale del 2008, è un osservatore privilegiato del caso Wikileaks che può permettersi di usare un linguaggio particolarmente tagliente, dato che oggi non ha alcun incarico pubblico.
Dal suo ufficio di Washington analizza con freddezza il caso che sta scuotendo la politica estera americana, mettendo a dura prova i rapporti di Washington con alcuni suoi alleati chiave.
Berlusconi alleato inaffidabile? Lei usa parole forti.
«Non parlo del Paese, l’Italia. Parlo della persona. Che il premier italiano tenda a comportarsi da “clown” non è certo una novità . Chiunque gira per Washington sa che i rapporti con lui sono generalmente considerati fonte di imbarazzo. Non trovo affatto strano che questo clima si rifletta anche su note diplomatiche che erano destinate – per la loro stessa natura – a restare riservate. È chiaro che quella non è la posizione del governo americano, ma quelle parole fanno riferimento a preoccupazioni reali».
I sospetti sono incentrati soprattutto sui rapporti di Berlusconi con il vertice politico della Russia. Viene avanzato anche il sospetto di un interesse economico privato del presidente del Consiglio italiano negli affari con Mosca nel settore dell’energia.
«Anche in questo caso di tratta di voci che, come riferito più volte dalla stampa, circolano da tempo. Questa è una buona occasione per Berlusconi per dare risposte chiare, per mostrare un po’ di quella trasparenza che fin qui è mancata. Quali sono state le reazioni del governo italiano?».
Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha definito il caso Wikileaks l’«11 settembre della diplomazia», mentre i collaboratori del premier dicono che Berlusconi ha reagito con una risata alla pubblicazione dei documenti.
«Non so giudicare il paragone con l’11 settembre. Ognuno, del resto, sceglie la metafora che trova più efficace. La risata, invece, mi pare un modo di sottrarsi, di non rispondere».
Le note diplomatiche sono di parecchio tempo fa e accusano Berlusconi di avere rapporti talmente stretti con Putin da sembrare il suo portavoce in Europa. Poi, però, la Casa Bianca di Obama ha cambiato rotta nei rapporti con Mosca, cercando di creare relazioni più distese e una collaborazione più fruttuosa: il cosiddetto «reset» dei rapporti Usa-Russia che ha portato, tra l’altro, al nuovo accordo Start sul disarmo nucleare.
«Washington considera Putin e Medvedev due realtà distinte da trattare con due approcci ben diversi».
Certo, Washington punta su Medvedev, ma i diplomatici Usa descrivono il presidente come il Robin del Batman-Putin
«Non sopravvaluterei il significato di una delle tante informative diplomatiche inviate quotidianamente».
Che, però, hanno conseguenze gravi, una volta rivelate.
«Non c’è dubbio. È per questo che ho parlato di rivelazioni irresponsabili. Danneggiano i rapporti tra gli alleati del mondo libero, quello nel quale Wikileaks può operare. Ci saranno conseguenze politiche e diplomatiche, forse anche danni elettorali. E il governo Usa dovrà cambiare radicalmente il modo di trasmettere informazioni riservate. Ci sarà un prezzo da pagare anche in termini di trasparenza: paradossalmente un’organizzazione che dice di voler fare luce ovunque provocherà un effetto opposto».
Massimo Gaggi
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
IL VIMINALE FINANZIA IL “PATTO PER LA SICUREZZA” TRA 19 COMUNI DEL BRESCIANO, UN REGALINO DI 361.000 EURO E I SOLDI FINISCONO ALLA MUNICIPALE… CHE SE NE FANNO I VIGILI URBANI DI UN AEREO A DUE POSTI?
Tutti con il naso all’insù, ad ammirare il biposto acquistato qualche mese fa grazie al contributo del ministero dell’Interno e dato in dotazione alle polizie municipali.
Un “regalino” di 361 mila euro su cinque anni (un centinaio di migliaia quelli serviti a comprare il velivolo) arrivato direttamente da Maroni in base al “patto per la sicurezza” sottoscritto con 19 comuni del bresciano, quelli al confine con la provincia di Bergamo.
Ma che se ne fa la polizia municipale di un aereo a due posti?
“Serve a controllare cantieri importanti come quello della Tav e cave abusive — si difende Sandro Mazzatorta, sindaco di Chiari, senatore e (guarda caso) collega di partito del titolare del Viminale — In più ci permette un lavoro di sinergia con i carabinieri, che finora ci ha fatto scoprire campi di marijuana in mezzo a piantagioni di mais. Sei vigili hanno fatto il corso e ottenuto il brevetto da pilota, è un’esperienza innovativa”.
Forse troppo per i sindacati di polizia (di Stato), che paragonano quanto vedono, alzando gli occhi al cielo, alle gomme delle auto della stradale o al serbatoio della benzina non proprio pieno.
“Non vogliamo fare la guerra a nessuno — spiega Santo Barbagiovanni, segretario regionale del Silp — per noi possono regalare anche 25 mila aerei. Il problema è che noi continuiamo ad andare a piedi. E questo non garantisce la sicurezza dei cittadini, a differenza di quanto Maroni va raccontando in televisione” . I
l sindacato snocciola qualche dato.
L’organico degli uomini è ancora fissato da un decreto ministeriale del 1989: dopo oltre vent’anni, nonostante la crescita dei reati e delle indagini, a fronte delle 6.384 unità previste in Lombardia ce ne sono circa 6.000.
I numeri più significativi sono quelli che riguardano la polizia stradale, un servizio che tocca da vicino ogni cittadino (e non solo per gli autovelox): sotto-organico di oltre cento uomini, con un parco macchine di 96 auto contro le circa 270 previste da un decreto del 2002 del capo della Polizia (una pattuglia ogni quattro poliziotti).
“Passiamo le giornate a trasferire le macchine da un ufficio all’altro, pur di consentire l’uscita delle pattuglie sul territorio — prosegue Barbagiovanni — che a volte addirittura non escono. I veicoli dovrebbero essere non solo cambiati, ma almeno sottoposti a revisione: presso il distaccamento di Boario (Brescia) c’è una macchina che ha superato i 340 mila chilometri”.
Non a caso tutte le organizzazioni sindacali torneranno in piazza il 13 dicembre per sottolineare ancora una volta come il governo della sicurezza non mantenga gli impegni assunti proprio col comparto che dovrebbe valorizzare.
Silvia D’Onghia
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
NUOVE RIVELAZIONI SU “GOODBYE MAMA”, DOPO LA TRASFERTA PAGATA DAL GOVERNO ALLA DELEGAZIONE BULGARA A VENEZIA… MASI CHIESE DI COMPRARE IL FILM A UN PREZZO SPROPOSITATO PERCHE’ RIENTRAVA IN UN ACCORDO ITALO BULGARO
Non solo premiato con un riconoscimento patacca calato dall’alto.
Non solo portato al Lido di Venezia a spese del “paese ricevente” (l’Italia): Goodbye Mama, il film di Dragomira Michelle Bonev per il quale si è molto adoperato il ministro della Cultura Sandro Bondi, è stato finanziato da Rai Cinema con 1 milione di euro.
La richiesta di acquistare i diritti del lungometraggio è arrivata nel 2009 dal direttore generale della Rai, Mauro Masi.
Che con una lettera inviata a Caterina D’Amico, allora amministratore delegato di Rai Cinema, chiese formalmente di comprare quell’opera. “La direzione spiegò che quel contratto si doveva fare perchè rientrava in un accordo strategico di coproduzione televisiva Italia-Bulgaria – dice Caterina D’Amico – un accordo che era stato firmato dai ministri dei due paesi. Il film non l’ho neanche visto. E comunque non era importante se mi piacesse o no. Io ero amministratore delegato di una controllata Rai. Se il mio azionista, attraverso la direzione generale, mi chiede di acquistare un film, io lo devo fare”.
Sulla non imperdibile opera prima della Bonev – l’attrice-imprenditrice presentata da Bondi come una cara amica del premier Berlusconi e del primo ministro bulgaro Boyko Borisov – l’ex a. d. di Rai Cinema aggiunge: “Perchè la Rai lo ha voluto comprare bisogna chiederlo a loro. Io ho solo eseguito ciò che mi è stato chiesto”.
Un’ulteriore conferma dell’investimento fatto dalla tv di Stato arriva da Paolo Del Brocco,
il manager che dirige oggi Rai Cinema. “Abbiamo acquistato i diritti del film dalla Romantica Entertainment (la società di produzione di Michelle Bonev nella quale figura anche Licia Nunez, un’altra amica di Berlusconi, attrice e show girl finita nell’inchiesta sul giro di ragazze inviate a pagamento da Gianpaolo Tarantini alle feste del premier, ndr).
Chi c’era nella produzione di quel film – spiega Del Brocco – non sono tenuto a saperlo”.
Altro discorso è il futuro che attende il film e il guadagno che Rai Cinema ne ricaverà (se ne ricaverà ). “E chi lo sa? – risponde – non so neanche se andrà nelle sale…”.
In effetti del cammino di “Goodbye Mama”, fin qui, tutto si può dire tranne che non sia ancora da decifrare.
Se la Rai e il ministro della Cultura ci hanno investito molto (fu Bondi a ordinare a Nicola Borrelli, direttore generale del suo ministero, di portare la Bonev a Venezia perchè Berlusconi glielo aveva promesso; all’attrice bulgara fu poi assegnato un premio che tutto compreso è costato all’Italia 400mila euro), in Bulgaria non tutti credevano così ciecamente nei meriti artistici della Bonev.
“Il film è costato 2 milioni e 750 mila euro”, ha dichiarato lei alla tv bulgara Btv.
Centocinquantamila sono arrivati dal centro nazionale per la cinematografia bulgara; tutto il resto – ha spiegato – dall’Italia.
Prima di ottenere quell’esiguo contributo bulgaro, Bonev ha bussato alla National Film Kommission del suo paese.
Ma l’istituto le rispose picche, non ritenendo il progetto meritevole di un finanziamento.
La Rai ha pensato diversamente.
Ora i maligni fanno notare come Bonev – forse anche per la sincera amicizia con Berlusconi – sia sempre stata nelle grazie dei direttori generali della Rai. Prima Agostino Saccà , che nel 2003 la impose a Sanremo.
Poi Mauro Masi, che ordinò di comprare il suo film.
Paolo Berizzi e Leandro Palestrini
(da “La Repubblica“)
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Novembre 30th, 2010 Riccardo Fucile
DOPO IL PIANO DA 90 MILIARDI PER IL SUD APPROVATO DAL GOVERNO, LA BASE PADAGNA SI RIBELLA ALLE SCELTE DI VIA BELLERIO… “NIENTE SOLDI AL MERIDIONE: DEVONO LAVORARE, PRODURRE, SUDARE, ALTRO CHE FINANZIARE TRASPORTI E SCUOLE”…”BASTA SOLDI AL SUD, E’ UN’INFAMIA: E LA LEGA STA A GUARDARE”
I messaggi postati manifestano tutto il disappunto: “Solo una guerra ci salverà !“, esclama Luigi.
Marius, subito dopo, se la prende con i leader di partito: “Come vi permettete di votare per i fondi per il sud se voi dite che non ci sono soldi? Ma che votate in parlamento il capestro per il nord? Federalismo e secessione subito o fuori dalla coalizione“.
Non vuole sentire ragioni nemmeno Iperboreo75: “Ma stiamo scherzando? ma i nostri che ci stanno a fare? è ora di finirla di sostenere cazzate come questa!!! Nemmeno un milione senza ragione deve arrivare giù! Dicono che contribuiscono, che lavorano, che non hanno bisogno di noi?? Lo dimostrino! Lavorare, produrre, sudare e la parola che odiano di più: faticare! Comunque non esiste….non lo accetto…e stavolta mi incazzo pure con la Lega se gli danno sta marchetta multimiliardaria, e poi piangono se c’è da dare 300 milioni maledetti per i veneti disgraziati!”
Pittix non vuole che le proteste del Nord al piano vengano respinte tirando in ballo il federalismo caro alla Lega: “Si dà per scontato che il Nord si incazzerà , e quindi si cerca di farglielo digerire dicendo: mandate giù questa “ultima” pillola amara che “in cambio” avrete il federalismo. Ma questo è scritto nel programma di un governo espressione di una stragrande maggioranza elettorale, è già stato approvato dal parlamento e deve solo essere “messo in pratica” mediante decreti attuativi. Non è merce di scambio per un’altra pioggia di miliardi di assistenzialismo! Nord, non lasciarti fregare un’altra volta!“.
Il Carroccio ha fallito anche per l’utente Robinhood: “Non ci credo. Un conto è varare uno stanziamento, un conto è scucire i soldi. Fosse vero saremmo già alla bancarotta. Purtroppo quelli che abbiamo dato veramente sono i soldi per Roma, Catania, Napoli e tanti tanti altri. Spero in una conferma dai vertici … che però non ci vedono nemmeno“.
E’ sulla stessa lunghezza d’onda anche Maxx che scrive: “C’è sempre troppo meridione in questo Stato. E’ un’altra frustata al Nord, vergognosa, macchiata d’infamia. E la Lega sta a guardare impotente, imbarazzata“.
“Nemmeno negli incubi peggiori… Più del salvataggio dell’intera Irlanda”, dice teiko.
Polemiche anche sul forum del Movimento Giovani Padani.
Scrive malpino: “Cari amici mi dispiace ammetterlo ma secondo me la Lega al governo ha fallito, ha fallito dal momento che il governo (nazionale) ha chiesto per la seconda volta alle regioni di farsi carico dell’immondizia di napoli. Poi il fatto che gli amministratori leghisti non abbiano accolto questa richiesta è un altro discorso, rimane sempre il fatto che un governo di cui la Lega fa parte abbia fatto questa richiesta per ben 2 volte in 2 anni. E’ inutile parlare di federalismo, secessione se poi si cade in queste cose…. decentramento un corno va bene uno stato centralista dove ci sia un minimo di giustizia tra nord e sud. Infine concludo con il messaggio che manda questo governo: Napoletani non fate la raccolta differenziata lasciate i rifiuti lì in mezzo, tanto poi gli scemi del nord raccolgono con le loro tasse, sono proprio scemi!“.
Sulla monnezza gli risponde Danige: “E cosa ti aspettavi da uno come Fitto? E’ un uomo che dell’assistenzialismo ha fatto una bandiera da sempre, già è un miracolo che non obblighino le regioni a prendersela“.
Leggendo questi commenti emerge evidente come costoro vivano in un altro mondo e capiscano poco del Paese che “li ospita”.
Oltre che nel merito del provvedimento tarocco del governo che in realtà non ha stanziato nulla che non fosse già da tempo destinato al Sud.
argomento: Bossi, Costume, economia, federalismo, la casta, LegaNord, Politica | Commenta »
Novembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
IL PREMIER: “MAI PARTECIPATO A FESTINI SELVAGGI, SONO CHIACCHIERE DI FUNZIONARI DI TERZO GRADO” E GLISSA SUL RESTO…FRATTINI VEDE LA CATASTROFE MONDIALE, GIANNI LETTA LA VEDE LUNGA: “SE QUESTI SONO I COSTUMI…”…NEI FREQUENTI INCONTRI CON PUTIN E GHEDDAFI, PAOLO GUZZANTI INVECE VEDE “UNA ZONA GRIGIA”, Il FINIANO BRIGUGLIO “UN’ANOMALIA”
Ieri, davanti alle rivelazioni di WikiLeaks, aveva riso.
Oggi, però, reagisce in modo molto meno allegro. “Non frequento festini selvaggi, quelle notizie arrivano da funzionari di terzo grado” tuona Silvio Berlusconi.
Parlando a Tripoli a margine del summit Ue-Africa il premier aggiunge che le nuove rivelazioni “sono riportate dai giornali di sinistra” e “danneggiano l’Italia”.
In quei rapporti si parla di un premier che si lascia andare a “party selvaggi”. Berlusconi, però, non ci sta. E si chiede, polemicamente, chi “chi paga” le ragazze che stanno raccontando come si svolgevano le serate dal Cavaliere. A partire dalla escort emiliana Nadia Macrì.
Per Berlusconi, invece, non c’è nulla da nascondere. “Una volta al mese offro delle cene nelle mie case, dove tutto avviene in modo corretto, dignitoso ed elegante” taglia corto il premier.
Cerchiamo di analizzare le affermazioni del premier con ordine.
Chi è Elizabeth Dibble, la dipomatica americana che ha definito Berlusconi “un incapace, un vanitoso e un inefficiente dedito a festini”?
Una fantozzi a stelle e strisce? I fatti dicono l’opposto: per 4 anni è stata la num.2 dell’ambasciata americana a Roma, il vero capo diplomatico, visto che il num. 1 è sempre un ambasciatore “politico”.
Oggi la Dibble ricopre un importante incarico al Dipartimento di Stato: è la deputaty assistant Secretary of State per gli affari europei, partecipa ad alto livello alla elaborazione della politica americana per l’Europa.
Insomma, non è finita sotto un ponte per incompetenza, come vorrebe far credere il buon Silvio.
Che Silvio non frequenti festini, al di là della interpretazione soggetiva del termine, è smentito da numerose testimonianza convergenti, quindi negare ci sembra “poco elegante”.
I fatti parlano di ragazze che hanno avuto accesso alle sue dimore, compreso Palazzo Grazioli, di diverse escort che si sono intrattenute con lui, come da testimonianze rese alla magiastratura.
Quindi la domanda su “chi le paga” ci sembra retorica, visto le regalie in denaro e monili che hanno dichiarato di aver ricevuto.
E la stessa Ruby ( e non è la sola) ha parlato di festini.
Questi fatti danneggiano l’immagine dell’Italia?
Siamo d’accordo, per quello avrebbe dovuto evitarli, facendo apparire in modo negativo il nostro Paese.
Il problema non è che certe notizie vengono diffuse dai giornali di sinistra, ma che sono patrimonio comune ormai di tutta la stampa internazionale, quella di destra compresa.
Bastava non prestarvi il fianco e nessuno avrebbe potuto scrivere nulla, lapalissiano.
Esposte le nostre considerazione su quanto dichiarato dal premier, prendiamo atto che per il catastrofista Frattini “WikiLeaks vuole distruggere il mondo”.
Oggi attribuisce addirittura al fondatore del sito, Julian Assange, una volontà criminale: “esorto la comunità internazionale a reagire compatta senza commentare e senza retrocedere sul metodo della diplomazia” attacca il titolare della Farnesina.
Più cauta la reazione di Gianni Letta. “Queste cose inducono allo sconforto e allo sconcerto perchè se questi sono i costumi della vita politica c’è da essere atterriti”.
Ma non possiamo non pensare che la risposta di Berlusconi abbia volutamente puntato sui “festini” per far dimenticare la seconda parte delle accuse a lui rivolte, ovvero di avere degli interessi personali nei rapporti di collaborazione con Putin e Gheddafi, su cui la stessa Clinton a gennaio aveva chiesto indagini da parte dell’ambasciata americana.
Nel merito dei rapporto tra Berlusconi e Putin (“il premier sembra il suo portavoce” si legge nei rapporti) entra oggi Paolo Guzzanti.
L’ex senatore del Pdl, da tempo in rotta di collisione con il Cavaliere ed autore di due libri sui possibili affari privati del premier in Russia, parla di “una zona grigia di scambi, di regali e di affari, non soltanto tra Berlusconi e Putin, ma tra un gruppo di persone che comprende Berlusconi, Putin, l’ex presidente tedesco Schroeder (oggi titolare di Gazprom Germania), il primo ministro turco Erdogan, Gheddafi naturalmente e di striscio anche il venezuelano Chavez”.
E anche per il finiano Carmelo Briguglio “I vertici troppo ripetuti fra Berlusconi e Putin, fra Berlusconi e Gheddafi, molto più frequenti degli incontri con gli alleati e con gli Usa costituiscono un anomalia”.
Ma su questi argomenti il premier oggi ha usato non a caso i suoi mezzi di distrazione di massa.
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