Novembre 8th, 2010 Riccardo Fucile SUI GIORNALI STRANIERI, AMPIO SPAZIO AL NUOVO AFFONDO DI FINI: “L’INIZIO DELLA FINE DI BERLUSCONI”…”PREMIER SOTTO PRESSIONE”… “ATTACCANDOSI ALLA CORDA DI FINI, IL PREMIER POTREBBE SALVARSI”…”LEADER COLPITO DAGLI SCANDALI”… “BERLUSCONI OGNI GIORNO PIU’ FRAGILE”
“Un ultimatum che potrebbe segnare l’inizio della fine per Silvio Berlusconi”. Questo il
giudizio del quotidiano Guardian di Londra sul discorso di ieri di Gianfranco Fini e la possibilità che i suoi sostenitori si ritirino dal governo.
Il primo ministro, scrive il Guardian, appare “sotto pressione”.
Che Berlusconi stesso dia le dimissioni, come gli ha chiesto di fare Fini per formare un nuovo governo con un nuovo programma, o che il governo venga sfiduciato in parlamento nel prossimo futuro, la decisione su come proseguire la crisi, nota il quotidiano londinese, spetterà al presidente della Repubblica Napolitano, che potrebbe ridare il mandato a Berlusconi, ma potrebbe anche affidarlo a un altro leader, se questi apparirà in grado di poter formare una maggioranza, oppure potrà convocare elezioni anticipate.
Secondo il Financial Times, l’ultimatum di Fini contiene tuttavia anche una corda attaccandosi alla quale Berlusconi potrebbe salvarsi, almeno per un po’.
Sebbene ufficialmente il premier abbia respinto con sdegno la richiesta del suo ex alleato, osserva il quotidiano finanziario, vari uomini politici “sono convinti che il premier stia considerano un rimpasto di governo”.
Resta da vedere se questo basterebbe a Fini per continuare a far parte dell’esecutivo, o almeno a sostenerlo dall’esterno.
Anche il Times di Londra e l’Independent dedicano servizi alla sfida di Fini a Berlusconi: “L’ex alleato chiede a Berlusconi di dimettersi, rinnovando i suoi attacchi su un leader colpito dagli scandali”, titola il quotidiano di proprietà di Rupert Murdoch.
Nella pagina degli editoriali, il Financial Times pubblica anche una recensione di John Lloyd all’ultimo libro di Bill Emmott, l’ex direttore dell’Economist, intitolato “Forza, Italia: come ripartire dopo Berlusconi”, già pubblicato in Italia e in corso di stampa nei prossimi mesi in Gran Bretagna.
Lloyd nota che Emmott guarda con ottimismo alla possibilità che il nostro paese possa uscire dalla stagnazione e fare le riforme necessarie a rimettersi in sesto, grazie a un rinnovamento generazionale e alla creatività di imprenditori privati e uomini di stato, una volta che sarà riuscito a liberarsi di Berlusconi.
Anche il New York Times dedica un articolo al discorso di Fini, intitolato “L’ex alleato esorta Berlusconi a dimettersi”.
Una mossa che, seppur non implicherà la caduta automatica del governo, “di certo lo indebolisce”.
“Fini chiede a Berlusconi di dimettersi”, è il titolo in prima pagina del quotidiano francese Le Figaro, con un lungo articolo sullo scontro istituzionale tra il presidente della Camera e il premier.
La richiesta di dimissioni a Berlusconi è sul sito del Nouvel Observateur e del Parisien.
Anche Libèration dedica un articolo a tutta pagina alla sfida del leader di Fli. “Dopo lo scandalo di Ruby e ora le parole di Fini – commenta il corrispondente del giornale francese – il destino del Cavaliere è appeso a un filo”.
Dalla Spagna, La Vanguardia sostiene che “Il paese è a una svolta”. “Berlusconi ogni giorno un po’ più fragile” scrive l’argentino La Nacion.
“Crisi di governo in Italia – Fini chiede a Berlusconi di dimettersi”. Così stamane la Sueddeutsche Zeitung, il più diffuso quotidiano di qualità tedesco, annuncia in prima pagina le notizie da Roma.
All’Italia dedica poi due servizi.
Uno sull’attualità , in cui spiega che secondo Fini è necessaria una nuova fase, e che ciò crea una nuova difficoltà al premier.
Uno in fogliettone della terza pagina, titolato ‘Smettiamola!’. In cui si scrive: “Niente di nuovo, il 74enne trasforma gli affaire in uno show, pronuncia scherzi sul suo debole per le belle donne, ammicca al macho che si annida negli uomini in Italia. Egli è la misura di tutte le cose, e cerca di fornire all’opinione pubblica solo quanto gli serve personalmente. Anche da imprenditore aveva lo stesso metodo”, scrive la corrispondente Andrea Bachstein.
“Il suo programma è la ripetizione. Dal 1994… Berlusconi promette sgravi fiscali, un’Italia con un’economia fiorente, un’amministrazione più snella, una giustizia riformata. E’quanto tutti si auspicano, e tutti ancora aspettano”. “Questo è l’elemento per lui pericoloso dello scandalo Ruby. Berlusconi non ha notizie di successi da fornire, che suonino più forte di quelle notizie. E la pazienza di molti è alla fine. La gente vede la stagnazione economica dell’Italia, l’aumento della disoccupazione, il calo del prodotto interno…. l’Italia non versa insomma in buone condizioni, e il governo è azzoppato dai problemi personali di Berlusconi. La sua stessa maggioranza è divenuta incerta”.
Eppure molta gente non guarda all’opposizione, ma piuttosto riflette se non sia il caso di non andare a votare.
“Il Silvio-show si mostra efficace”, conclude l’articolo.
Secondo Der Tagesspiegel di Berlino, adesso, con la sfida di Fini, per Berlusconi la situazione si fa più difficile.
E lo scontro tra i due sembra aver passato il punto di non ritorno: Berlusconi deve decidersi, se dimettersi o no.
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Novembre 8th, 2010 Riccardo Fucile GLI AMMINISTRATORI DEL SITO IN IMBARAZZO: “NON RIUSCIVAMO PIU’ A CONTROLLARE I MESSAGGI”….E’ ARRIVATA LA CENSURA: GUAI A PARLARE MALE DEL PREMIER NELLA PADAGNA DEL MAGNA MAGNA.. I GIOVANI RESTANO SENZA IL LORO FORUM: “SIETE PEGGIO DEL PCUS” INSORGE LA BASE MILITANTE
Era lo storico punto di ritrovo virtuale dei Giovani padani.
Dal 2004, lo spazio ufficiale, riconosciuto dal partito, sul quale gli iscritti al : “movimento giovanile della Lega si confrontavano, quasi sempre su temi politici.
Ma su quel forum, adesso, sembra essere calata la scure delle censura: è stato chiuso e tutte le discussioni cancellate.
Una decisione presa dopo che si era diffusa la notizia relativa agli sfoghi dei leghisti contro Silvio Berlusconi dopo la vicenda Ruby.
Critiche, a volte insulti, contro un presidente del consiglio cui veniva rivolto l’invito a dimettersi.
Un malumore che, in realtà , covava da mesi.
Da quel forum si levavano, sempre più spesso, appelli ad Umberto Bossi, affinchè si smarcasse dal Pdl e da Berlusconi.
La decisione di chiudere le pagine virtuali del movimento che si batte per una “Padania libera, sovrana e indipendente”, viene presa in maniera repentina.
Il 5 novembre, con la pubblicazione della notizia della rabbia del popolo leghista, i moderatori devono gestire quanti condividono pubblicamente quello stato d’animo.
“Finalmente qualcuno dice le cose come stanno”, commentano alcuni.
Ma dopo poche ore, l’intera discussione sulla vicenda di Ruby (a proposito della quale molti avevano definito il premier “indecente”) viene cancellata. Una mossa che, però, non fa altro che scatenare le ire degli iscritti al forum. “Siete dei censuratori. Io sono un leghista e penso esattamente quelle cose che sono scritte là “, scrive qualcuno.
Altri accusano: “Siete peggio del Pcus, cancellate i thread scomodi”.
Ma anche quei commenti finiscono nel cestino.
L’ultima discussione si apre nella serata di venerdì, e ha per oggetto la rabbia dei giovani padani.
Gli attacchi al premier non diminuiscono affatto.
Il giorno dopo, è il 6 novembre, l’amministratrice del Forum (Padanina è il nickname), decide di far sparire tutto.
Lo sconcerto di molti utenti è grande.
Così come è grande l’imbarazzo. “Non facciamo circolare troppo la voce, è meglio che la notizia non esca”, dicono alcuni moderatori.
Alcuni utenti si fanno vivi con l’amministratrice.
La spiegazione ufficiale suona come una resa. “Non riuscivamo più a controllare le discussioni – dicono ai militanti -. Siamo contro i commenti anonimi”.
In realtà , per iscriversi al forum era necessario, come generalmente avviene per queste aree di discussione, abilitare la propria e-mail (associata, quindi, ad un indirizzo Ip).
Ma che ci sarebbe stato qualche cambiamento, era già stato chiaro il 31 ottobre, quando l’amministratrice Padanina aveva inviato un’e-mail a tutti gli iscritti, sulle procedure di registrazione alle aree riservate.
Per continuare a leggerle, bisognava necessariamente fornire, oltre al nome e cognome, il numero di tessera di iscrizione alla Lega Nord (incluso il nome della sezione di appartenenza).
Un modo per disincentivare anche gli utenti dallo scrivere commenti non in linea con le idee politiche della Lega.
Adesso la svolta, con la chiusura definitiva.
Una decisione che, secondo quanto riferiscono i responsabili Internet dei giovani padani, è stata presa d’intesa con Paolo Grimoldi, deputato e coordinatore federale del movimento giovani padani.
“Ne abbiamo parlato e abbiamo deciso di chiuderlo. Vogliamo una forma di comunicazione più sicura, che ci permetta di sapere chi sta scrivendo dietro allo schermo – osserva l’amministratrice che ha chiuso la pagina – Magari torneremo, non lo sappiamo ancora”.
Di spiegazioni ufficiali ancora non ce ne sono.
Guai a parlare male di Berlusconi: questa è la libertà nella Padagna del magna magna.
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Novembre 8th, 2010 Riccardo Fucile L’ASSESSORE ALLA CULTURA DI ROMA, REDUCE DA BASTIA UMBRA: “NON HO ANCORA ADERITO , MA PENSO CHE LO FARO'”…POSSIBILI MOLTI ALTRI PASSAGGI DAL PDL: AIUTI HA GIA’ FATTO TOGLIERE DAL SUO SITO LA FOTO CON BERLUSCONI
A Bastia Umbra, ad applaudire l’intervento nel quale Gianfranco Fini ha chiestO, tra le
ovazioni della platea, a Silvio Berlusconi di dare le dimissioni ed aprire la crisi parlamentare, c’era anche un ospite «particolare»: Umberto Croppi, assessore alla Cultura del Comune, amico di vecchia data dal sindaco Gianni Alemanno.
Che Croppi, l’inventore dei famosi «Campi Hobbit» della destra anni ’70, fosse vicino a Fini non è certo una novità : da diverse settimane, infatti, il suo nome compare nella lista dei “futuristi”.
Però, il week end umbro dell’assessore ha un sapore diverso: è quasi l’ufficializzazione del suo passaggio a Fli.
Lui, però, spiega: «Non ho firmato nessun manifesto e non ho ancora aderito a Fli. Quando si aprirà il tesseramento, è quasi certo, o naturale, che lo farò». Croppi, poi, non si è limitato a fare l’ospite di passaggio.
A Bastia Umbra è stato due giorni interi, alloggiando nello stesso albergo di Fini e dei vari deputati.
E ieri, dopo il discorso del presidente della Camera, c’era anche lui in un brindisi ristretto nel padiglione dal quale ha parlato Fini: una quindicina di persone, in tutto, con lo stato maggiore di Fli (i vari Bocchino, Buonfiglio, Urso, Ronchi, Salatto, Perina…).
Il discorso di Fini, con il passaggio sulle dimissioni del premier?
«L’ho applaudito. È stato lucido, esauriente. Sono d’accordo con lui: la crisi era già aperta da luglio ed è giusto che il cofondatore del Pdl chieda un nuovo patto. Quel progetto politico è finito, potremmo dire anche fallito, nel momento in cui Fini è stato espulso dal partito».
Croppi ed Alemanno sono amici da tempo.
Che dice il sindaco del passaggio dell’assessore a Fli?
«Ne abbiamo parlato – dice Croppi – sia prima che dopo l’appuntamento di Perugia. Ho spiegato a Gianni che il mio rapporto di lealtà con lui viene prima di tutto: lui mi ha nominato, lui mi può revocare».
Lo farà ? «Ha detto che anche per lui non cambia niente. Poi le situazioni politiche le valuteremo insieme».
Qualcuno pensa che Croppi, adesso, si metterà a fare «campagna acquisti » per Fli dentro al Campidoglio: «Non è questo il mio ruolo. E, non essendo stato eletto, non darò neppure vita al gruppo consigliare».
È chiaro, però, che le fibrillazioni non mancheranno.
E che qualcuno possa chiedere la «testa» di Croppi: «È probabile che accada. Ma non lo posso preventivare».
Il coordinatore romano di Fli, Potito Salatto, mette le mani avanti: «Se il sindaco sostituisse Croppi, la considereremmo una mossa strumentale. E quindi ne trarremmo le dovute conseguenze».
Anche perchè, al Comune, gli uomini vicini a Fini sono molto attivi.
E si parla di altri possibili passaggi a Fli.
Uno degli indiziati è Fabrizio Santori, che ha lasciato la componente di Fabio Rampelli.
Un altro è Fernando Aiuti, eletto come capolista Pdl al Campidoglio: «Alemanno mi ha chiesto che cosa voglio fare, ma il mio referente resta il sindaco».
Il caso Ruby, però, ha scosso il professore: «Sul mio sito c’era una mia foto con Berlusconi. L’ho fatta togliere. Fini ha ragione: certi comportamenti, da un punto di vista etico, sono fondamentali».
Ernesto Menicucci
(da il “Corriere della Sera“)
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Novembre 8th, 2010 Riccardo Fucile I CONDIZIONAMENTI DI UNA SOCIETA’ CHE FINGE DI DARTI LA MASSIMA LIBERTA’ E INVECE TI DA’ IL MASSIMO CONDIZIONAMENTO… L’INCONTRO DELLO SCRITTORE CON GLI STUDENTI AL FESTIVAL DI ROMA: “IN RAI HO LAVORATO SENZA CENSURE, OGGI E’ PIU’ DIFFICILE”
«Si può dire ad un giovane solo di essere se stesso, di farsi condizionare il meno possibile da una società che finge di darti la massima libertà , e invece ti dà il massimo condizionamento. Io sotto il fascismo ero più libero di voi oggi».
Lo ha detto lo scrittore Andrea Camilleri nell’incontro con i ragazzi, organizzato dalla sezione `Alice nella città `, al Festival di Roma.
Durante la conversazione, alla quale ha partecipato anche Michele Riondino, l’attore che interpreterà il giovane Montalbano in una fiction Rai, l’autore siciliano ha anche parlato della Rai, rispondendo ad una domanda dal pubblico: «Ho lavorato in Rai 35 anni, ho esordito come funzionario ed ho sempre rifiutato di esserne dirigente. Vuole che le dica che era meglio ieri di oggi? Sì, era meglio ieri, anche con Bernabei. Io ero comunista tesserato e non ho mai avuto fastidi da Bernabei. Ho sempre lavorato senza censure, oggi è un pò più difficile».
Lo scrittore, che durante l’incontro ha parlato del suo rapporto con il cinema commentando le scene di vari film legati alla sua giovinezza, ha aggiunto: «Quando mi è stato detto che volevano fare una fiction su Montalbano giovane ho provato un minimo di commozione, era come se il personaggio non ringiovanisse ma avesse creato un erede e che continuasse a vivere attraverso la mia scrittura. E questo mi ha commosso».
Invece Michele Riondino ha detto di essersi «molto spaventato quando mi è stato offerto il ruolo, come quando esci da scuola di recitazione e ti offrono subito Amleto. L’idea di poter avere a che fare con Camilleri, le sue storie e il fatto che approvasse la mia scelta, però, mi hanno convinto a buttarmi. Anch’io mi sono commosso».
Lo scrittore ha anche accennato all’attuale situazione del cinema italiano: «L’altro giorno mi hanno fatto vedere `Noi credevamo’ il film sul Risorgimento di Mario Martone, e si ha l’impressione che il cinema italiano sia in ottima salute, ma non è vero. La fatica di produttori e registi è duplice, non solo per fare i loro film, ma per le difficoltà che si frappongono, la scarsità dei mezzi e una certa sottovalutazione dell’importanza della cultura”.
In `Noi credevamo’, un film straordinario che considero uno dei migliori che ho mai visto, si mostrano già le crepe di questa apparente unità d’Italia.
Poi si arriva a `La scomparsa di Pato’` (il film di Rocco Mortelliti), tratto da un romanzo dell’autore, presentato al Festival di Roma, ndr), dove il potere gia’ cerca di bloccare un’inchiesta. Anche se non c’è una telefonata alla questura, c’erano già gli ordini dall’alto».
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Novembre 8th, 2010 Riccardo Fucile DA FINI UN ATTO DI GRANDE CORAGGIO POLITICO E UN ABILE POSIZIONAMENTO STRATEGICO…NESSUNA “INTELLIGENZA CON IL NEMICO” O CONGIURA DI PALAZZO, MA ANCORAMENTO A DESTRA E L’AMBIZIONE DI ESSERE IL LEADER DI UNA DESTRA MODERNA ED EUROPEA…IL PRUDENTE GIANFRANCO STAVOLTA HA ROTTO GLI ORMEGGI PER NAVIGARE IN MARE APERTO
Sembra impossibile, eppure il 25 aprile è arrivato davvero. 
Gianfranco Fini chiude il sipario, su Berlusconi e sul berlusconismo.
Scaduto il tempo delle segrete trame di palazzo, gli oscuri riti bizantini, i vecchi tatticismi da Prima Repubblica.
Esaurito lo spazio per i giochi del cerino, le partite a scacchi, lo sfoglio dei tarocchi.
Quello che va in scena non è più il solito “teatrino della politica” che il Cavaliere esecra abitualmente a parole, rappresentandolo quotidianamente nei fatti.
È invece il dramma pubblico di una maggioranza che si dissolve.
L’ultimo atto, esibito sul palcoscenico delle tv, di un governo che muore.
La cerimonia degli addii collettivi ad un partito mai nato. Non sappiamo esattamente come e quando cadrà il Berlusconi IV. Stavolta sappiamo però che la fine è imminente. Questione di ore, tutt’al più di giorni.
E il Paese si libererà anche di questa ennesima, fallita messinscena cesarista. Di questo ulteriore, disastroso esercizio di leaderismo populista.
Dovrà ricredersi, chi da Perugia si aspettava un Fini ambiguo e attendista sul destino del governo, o prudente e possibilista sul futuro della maggioranza. Il presidente della Camera è stato netto e inequivoco, sul primo e sul secondo.
Il famoso “Patto di legislatura” che Berlusconi gli ha riproposto mercoledì scorso durante la direzione del Pdl è una cambiale in bianco che nessuno potrebbe firmare, perchè ormai palesemente scaduta.
Era stato lo stesso Fini a fare al premier un’analoga offerta, a Mirabello, in un estremo tentativo di ricucire uno strappo che già allora si intuiva non più ricomponibile.
Anche questo risibile ping pong, adesso, è finito. Il leader di Futuro e Libertà chiede al premier di prenderne atto. Di salire al Quirinale per rassegnare le dimissioni, di riconoscere di fronte all’Italia che il governo non ce l’ha fatta e che ne serve un altro, con una nuova agenda, un nuovo programma e soprattutto con una maggioranza più ampia e allargata all’Udc.
Pena il ritiro della delegazione del Fli dall’esecutivo.
Quello di Fini è stato, innanzi tutto, un atto di coraggio politico.
Non era facile, per l’erede di Giorgio Almirante, consumare fino in fondo la rottura con l’alleato che, dal 1994, ha definitivamente sdoganato la destra post-missina nell’arco costituzionale, ha fatto entrare An nella stanza dei bottoni e il suo capo nell’ufficio di presidenza della Camera dei deputati.
Non era scontato, per il co-fondatore del Pdl, decretarne unilateralmente la definitiva bancarotta politica, addebitandone tutta intera la responsabilità al fondatore.
Era il 17 novembre di tre anni fa, a Piazza San Babila, quando il Cavaliere lanciava la Rivoluzione del Predellino. Non erano le “comiche finali”, come le liquidò troppo frettolosamente lo stesso Fini.
Era invece l’inizio di una “commedia politica” che lui stesso avrebbe contribuito a rappresentare nei molti mesi successivi, dentro il Partito del popolo delle Libertà .
Ma oggi è proprio questo progetto che è fallito, perchè non è stato capace di dare anima e corpo alla “rivoluzione liberale” che aveva promesso, e perchè ha esaurito la sua missione nel momento in cui ha costruito se stesso sull’illusione che l’intera destra italiana potesse riflettersi e riassumersi in Silvio Berlusconi, e che tutto il resto fosse un orpello ridondante, quando produceva condivisione, o un intralcio ingombrante, quando esprimeva dissenso.
Fini lo ha capito e lo ha detto, facendo mea culpa.
L’uomo è il messaggio: su questa scorciatoia falsamente carismatica e smaccatamente populista è fallito il Pdl.
E con il partito è fallito il governo.
Non “governo del fare”, piuttosto “governo del fare finta”. Governo che “non ha più il polso del Paese”, che galleggia sulle emergenze, che “vive alla giornata”.
Senza vedere, ma anzi spesso contribuendo a creare l’indebolimento dell’identità nazionale, la caduta della coesione sociale, il crollo di competitività dell’economia, la diffusione della cultura dell’arbitrio e dell’illegalità , il decadimento morale e la perdita di decoro delle istituzioni infangate dal Ruby-gate.
Di nuovo: Fini lo ha capito e lo ha detto, denunciando lo scandalo pubblico che interroga e pregiudica la nostra democrazia.
Raccontando agli italiani tutto quello che sta accadendo sotto i loro occhi, e che solo un sistema televisivo addomesticato dal regime finge di non vedere e si sforza di nascondere.
E ha avuto la forza di dire basta.
Ma quello di Fini è stato anche un atto di posizionamento strategico.
Il leader futurista sapeva di correre un rischio mortale.
Che il suo obiettivo di “staccare la spina” al governo, cioè, potesse esser letto come una banale manovra di palazzo.
Una disinvolta forma di “intelligenza col nemico”, per far fuori il “Tiranno” e sostituire il suo governo con una nuova e un po’ spuria “macchina da guerra” guidata da molte, troppe mani: Fli e Pd, Udc e Idv, Mpa e Sinistra e Libertà . Una specie di “Cln”, che desse effettivamente corso a un atteso 25 aprile, ma che avesse un respiro troppo corto e un orizzonte troppo confuso.
Anche su questo, Fini ha mostrato coraggio, raccogliendo una sfida allo stesso tempo più circoscritta, ma più alta.
La sfida è più circoscritta, perchè il presidente della Camera ha tracciato con nettezza assoluta i confini di una forza politica, la sua, che nasce, cresce e si consolida rigorosamente nella metà campo del centrodestra.
Certo, un centrodestra che si rifà al popolarismo europeo, e dunque costituzionale, repubblicano, laico. Ma pur sempre un centrodestra.
Cioè una forza politica che rivendica i suoi valori fondativi, e che per questo non vuole essere nè la zattera di tutti i naufraghi dell’indistinto anti-berlusconiano.
Ma la sfida è anche più alta.
Quando ripete che Futuro e Libertà è una formazione che punta a raccogliere il consenso dei moderati italiani, confermando che la sua costituency politica è e resta la destra italiana e che a quel mondo vuole parlare e in quel mondo vuole prendere voti, Fini osa l’inosabile.
Si candida ad esserne il leader.
Dunque il prudente Gianfranco, sempre incline all’attacco e poi al ripiegamento, stavolta rompe gli ormeggi.
E si lancia subito, qui ed ora, “oltre Berlusconi”. È un passaggio cruciale.
Che lo vedrà in mare aperto, forse a navigare insieme ai Bersani e ai Di Pietro contro il “vascello fantasma” del Cavaliere.
Ma è e resta pur sempre un passaggio provvisorio.
Affondata la nave berlusconiana, Fini riprenderà la sua rotta, che è quella di dare forma e sostanza a “un’altra destra” italiana, finalmente risolta e compiutamente europea.
Apertamente anti-leghista e naturalmente post-berlusconiana.
È importante che il leader futurista l’abbia chiarito.
Per sgombrare il campo dagli equivoci, sul durante e sul dopo crisi di governo.
Ci potrà essere un nuovo esecutivo, tecnico, istituzionale, di salute pubblica, sostenuto da una maggioranza eterogenea che vari una nuova legge elettorale e tenga salda la barra del timone dell’economia.
Ma sarà molto più difficile che, in caso di voto anticipato e sotto le stesse insegne multi-partitiche, nasca un “cartello elettorale” che veda insieme Fini da una parte, e i Vendola, i Ferrero e i Bonelli dall’altra.
Vedremo ora come, quando e dove precipiterà la rottura.
Il premier non può accettare l’ultimatum finiano, che lo inchioda ben al di là del “compitino dei cinque punti” richiesto in Parlamento agli “scolaretti” del centrodestra.
Per questo ha già risposto picche. Sia pure chiedendo, com’è logico e giusto, che l’eutanasia del governo si realizzi comunque in Parlamento. Andreottianamente parlando: Berlusconi non può più tirare a campare, può solo tirare le cuoia.
Capiremo presto se dopo la crisi arriveranno altri governi o elezioni anticipate. Nel frattempo ci sarebbe da brindare a champagne, a questo 25 aprile imminente.
Ma c’è poco da festeggiare: il “conto” di questi rovinosi due anni e mezzo, purtroppo, li ha pagati e li pagherà l’Italia.
Massimo Giannini
(da “la Repubblica“)
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Novembre 8th, 2010 Riccardo Fucile HA PARLATO DA UOMO DI DESTRA, LANCIANDO LA SFIDA ALLA BORGHESIA DEL NORD: DESTRA NON VUOL DIRE DIFENDERE SOLO IL PROPRIO PORTAFOGLIO….HA PARLATO COME UN CAPO FORTE E CORAGGIOSO CHE NON DEVE RISPONDERE A NESSUNO, RESTITUENDO A MOLTI L’ORGOGLIO DI ESSERE DI DESTRA
Ieri Fini ha avuto il suo giorno da leone.
Non che prima abbia vissuto anni da pecora, ovvio: ma ieri è stato leader vero, amato e acclamato come non mai.
Ancor più di quando a Roma il suo Msi diventò il primo partito e sui colli si risentì cantare, dopo quarant’anni, «sole che sorgi libero e giocondo»; e ancor più persino di quel giorno recente in cui osò alzare il dito in faccia a Berlusconi: «Che fai, mi cacci?».
Un’ombra – quella del raccomandato, o quella del numero due, o perfino quella del traditore e opportunista – aveva sempre un po’ sporcato il rapporto tra Fini e il suo popolo.
Leader del Fronte della Gioventù, ad esempio, il ventenne Gianfranco lo era diventato non per volontà degli iscritti, ma per imposizione del suo padrino politico Giorgio Almirante.
Alle elezioni per il nuovo segretario del Fronte stravinse infatti Marco Tarchi, che portava finalmente libri e pensiero in un mondo di muscoli e teste rasate. Fini arrivò quinto, ma Almirante decise che il capo del Fronte l’avrebbe scelto il segretario del Msi, cioè lui, tra uno dei cinque più votati. I giovani camerati non hanno mai perdonato a Fini quella spintarella: lo chiamavano «dietro gli occhiali niente» e gli preferivano Rauti, che era vecchio ma volava più alto, parlava di Evola, di Brasillach, di Drieu La Rochelle, di Cèline.
Proprio Rauti, all’inizio degli Anni Novanta, strappò poi a Fini la segreteria del Msi, che al giovane «raccomandato» era stata lasciata in eredità da Almirante. Fini se la riprese poco dopo.
Ma il suo destino pareva quello del liquidatore di un partito destinato all’estinzione.
Poi, nel 1993, l’imprevedibile svolta: Fini si candidò sindaco della capitale e sfiorò l’elezione.
Ma anche qui un’ombra, quella di Berlusconi, il Cavaliere nero che aveva fatto endorsement («Se fossi cittadino romano voterei per Fini») manifestando una potenza devastante perchè con una battuta era riuscito a sdoganare un mondo che da quarant’anni stava chiuso in un ghetto.
Certo: poi Fini è diventato vicepresidente del Consiglio, ministro degli Esteri e tante altre belle cose ancora.
Ma sempre sotto l’ombrello di Berlusconi, il vero, indiscusso leader.
Di Fini si diceva che parlava bene, anche se non quanto Almirante; e qualcuno ironizzava sul suo look da impiegato di banca o rappresentante.
Anche quando ha sciolto il Msi e fondato Alleanza Nazionale, Fini non ha avuto tutto il consenso del suo popolo: in quanti gli hanno dato del rinnegato, dell’apostata.
Ma ieri no.
Anche se la grisaglia era sempre quella dell’uomo Facis, Fini ha parlato come un capo forte e coraggioso, e come un capo che non ha nessuno cui rendere conto. E’ vero: il suo è stato, più che un proporre, un opporre, nel senso che è stato soprattutto un parlare «contro» Berlusconi.
Ma il leader di Futuro e Libertà – e qui sta forse il dato più significativo di ieri – ha parlato come un uomo di destra, non come un convertito al «politically correct» quale lo dipingono i giornali vicini al Cavaliere.
Ha voluto dire che la destra può essere anche qualcosa di altro rispetto a quella incarnata dal berlusconismo e dalla Lega, lanciando così una sfida alla borghesia, soprattutto a quella del Nord.
E’ come se avesse detto: vediamo se possiamo dimostrare che non è vero che essere di destra vuol dire soltanto difendere il proprio portafogli dai comunisti, dalle tasse, dagli immigrati.
Vediamo se c’è davvero in Italia una borghesia conservatrice e liberale che sa guardare avanti e all’interesse collettivo.
Fini ha così restituito a molti dei suoi l’orgoglio di essere di destra.
Mirko Tremaglia ha detto dal palco che grazie a Fini è tornato giovane: e la giovinezza di Tremaglia è Salò, non la sinistra.
Può darsi che tra qualche mese della giornata di ieri resterà solo un pallido ricordo.
Fini rischia molto, forse tutto.
Ma è anche per questo che, fosse anche solo per un giorno, è diventato leader come mai era stato prima.
Michele Brambilla
(da “La Stampa“)
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Novembre 8th, 2010 Riccardo Fucile NE’ SCIURE INGIOIELLATE NE’ VELINE, SOBRIETA’ E ORGOGLIO FEMMINILE…LA CASERMA E’ FINITA, LIBERI TUTTI: LA CONVIVENZA DI TANTE ANIME.. I FUTURISTI PER LA DIGNITA’ NAZIONALE
Impertinenti, i futuristi. 
Una lunga, lunghissima fila porta al banchetto delle magliette cult dell’evento: faccia di Fini, dito alzato e scritta «che fai, mi cacci?».
Sorride, la giovane militante: «Dieci euro per sostenere la causa».
Ribelli, antiberlusconiani, irriverenti: «In quel momento – spiega la biondina con piglio sicuro – è finita l’azienda ed è ricominciata la politica».
La caserma è finita, liberi tutti.
Niente cianfrusaglie della memoria. Qualche spilla tricolore. E poi libri, tanti.
Destra europea, addio An e addio Silvio. Destra che va oltre. Guai a parlare di anti-berlusconismo.
Alessandro Campi, l’ideologo, sorseggia un caffè con Sofia Ventura, colei che tradusse in politologia l’invettiva di Veronica contro il ciarpame senza pudore: «L’antiberlusconismo – parlottano – ha rovinato la sinistra, noi dobbiamo costruire il dopo Berlusconi. È evidente che il premier è nella sua fase terminale, ma dobbiamo essere post e non anti».
E in attesa che qualcuno stacchi la spina, l’oltre è nelle parole, nei simboli, nei vestiti. In quelli delle donne, soprattutto. Femmine sì, ma senza gonne.
Nè sciure ingioiellate da vecchio Msi nè veline. Abiti sobri, ovunque.
Non è un dettaglio, il pudore.
Quando si diffonde la notizia che Patrizia D’Addario è stata avvistata nei paraggi, l’ufficio stampa diffonde una nota per dire che «non è gradita».
Perchè passa anche attraverso l’orgoglio femminile lo strappo futurista.
Angela Napoli teorizza che la rottura passa per un nuovo femminismo: «Gli scandali del premier, dalle escort a Ruby, sono il segno che un universo si sta sfarinando. Mi auguro ci sia un sussulto di dignità delle donne del Pdl. Non basta la legge antiprostituzione se se ne vanno dalle strade e vanno ad Arcore».
E quando la governatrice umbra del Pd Catiuscia Marini urla «la dignità delle donne italiane» viene giù la sala.
Parlano senza perifrasi, i futuristi.
Di velinismo ha parlato anche Fini nella notte bianca coi giovani. La rivoluzione parte dai costumi. Nuovo inizio, anarchico nella forma, leaderistico nella sostanza.
Sotto il capo, convivono gli opposti.
Un garofano enorme campeggia nello stand di Socialismo e Libertà , la corrente di Chiara Moroni.
Socialista convinta, ostenta sorrisi pure alla pattuglia dei «compagni futuristi» di Filippo Rossi che distribuiscono Caffeina, l’adrenalinica rivista della destra che riscopre la sinistra.
Numero speciale, per l’occasione, con intervista al vate dell’antiberlusconismo Eugenio Scalfari e un pezzo al vetriolo di Peter Gomez sull’illusione berlusconiana.
È il futurismo, bellezza!
Ronald Reagan dalle parti del gruppo liberal di Benedetto della Vedova e vecchio Msi tra i fedelissimi di Roberto Menia.
Alberto Arrighi è stato parlamentare di An, poi ha fondato con Storace la Destra. Oggi è futurista perchè antiberlusconiano: «Storace ha iniziato un percorso berlusconiano, Dio, Patria, Cavaliere. Qui c’è una nuova destra con il segno della dignità nazionale».
Passa Lucia, una biondona con croce celtica al collo e sigaro in bocca. Scusi, ma che identità avete? «Io non sono di destra, vado oltre».
È la nuova stagione finiana.
Sparisce il politburo dal palco, e la sala pare una piazza rock tra maxischermi e musica sparata.
I nuovi colonnelli sono in prima fila: Italo Bocchino, Carmelo Briguglio, Fabio Granata, gli epurati del Cavaliere.
Scusi Granata una domanda… «Dopo, se mi alzo non ritrovo il posto, non sono assegnati». Dentro An sarebbe stato un affare di Stato.
Nuova stagione, appunto.
L’annuncia Luca Barbareschi quando sale sul palco per recitare il nuovo manifesto di valori. Sullo sfondo le immagini, il Pantheon. Enzo Ferrari e Rita Levi Montalcini, Cannavaro e gli eroi di Berlino, i vigili all’Aquila e Fini a Mirabello.
Quando si fermano le note di Ennio Morricone, è standig ovation di fronte a Falcone e Borsellino.
Birbanti, i futuristi. Vanno in estasi di fronte al manifesto della nuova stagione, la loro.
«Siamo l’Italia della legalità – urla l’attore alto e abbronzato – contro tutte le mafie, l’Italia del merito senza privilegi, l’Italia solidale, attenta ai più deboli, vogliamo l’Italia rispettosa, che investe nella cultura, nella ricerca, che promuove l’innovazione».
Manda baci a tutti Barbareschi, citando Whitman: «Annuncio il trionfo della giustizia, della uguaglianza e della libertà senza compromessi».
Per realizzarlo, il trionfo, andrebbe, forse, cambiato governo. Ecco che, colpo di teatro, entra Fini. Tocca a lui la decisione irrevocabile.
E lui, da consumato politico, infiamma l’attesa: «Tutto questo – dice – dimostra che c’è ancora la possibilità di una politica ideale, senza interessi, correntismi, fatta di bene comune. Nessun traguardo può esserci precluso, ogni obiettivo può essere raggiunto e abbiamo, lo dirò meglio domani, obiettivi ambiziosi». Ambiziosi, i futuristi.
Il popolo finiano vuole l’ordalia finale. Quasi tutti i nuovi colonnelli pure.
E quando Patrizia D’Addario compare in sala, la ignorano tutti.
Anche se nelle prime file i sospetti vanno verso gli ex compagni di partito: «Ci sono infiltrati, provano a rovinarci l’evento» dice la Napoli.
La escort di Gradisca presidente cerca i cronisti per annunciare che sta valutando di aderire. Attorno, gelo e imbarazzo. Benedetto Della Vedova a domanda sulla escort risponde: «Ma chissenefrega».
Altri ci vanno pesanti: «Vattene, non è il Pdl». Lei va via.
I futuristi sono intransigenti.
Quando sotto il palco compare per pochi minuti, durante il saluto di Fini, l’ex moglie Daniela Di Sotto, molti la salutano con affetto. Aderirà , forse.
Altre donne.
Futuriste.
Alessandro De Angelis
(da “il Riformista“)
argomento: destra, Fini, Futuro e Libertà, governo, Politica, radici e valori | Commenta »