Novembre 11th, 2010 Riccardo Fucile “MA NESSUN GIORNALE AVREBBE IL CORAGGIO DI PUBBLICARLE” PRECISA FABRIZIO CORONA… LA PM FIORILLO: “AVEVO DATO DISPOSIZIONE DI TRATTENERE LA RAGAZZA MAROCCHINA IN ATTESA DI TROVARLE UN POSTO IN UNA COMUNITA'”
“Maroni è andato in Parlamento a calpestare la verità e questo non lo posso
permettere”.
Il pm del tribunale dei minori di Milano Annamaria Fiorillo, alla quale è stato affidato il caso di Ruby, la notte in cui venne accompagnata in questura, ribadisce le accuse nei confronti del ministro dell’Interno, e conferma di essersi rivolta al Csm.
Il Csm ha già trasmesso a propria volta al procuratore generale della Cassazione la lettera del pm Fiorillo, visto che questi ha “avviato accertamenti conoscitivi sulla vicenda”.
Lo rende noto un comunicato del Csm.
“Il Comitato di Presidenza del Csm – dice il comunicato – letta la nota inviata dalla Dott.ssa Annamaria Fiorillo in data 10 novembre 2010, considerato che il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione comunica di aver avviato, fin dal 2 novembre 2010, accertamenti conoscitivi sulla vicenda con richiesta al Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Milano, delibera di trasmettere copia della citata nota al P.G. presso la Cassazione, riservandosi all’esito successive determinazioni”.
Come già aveva detto ieri a Repubblica, il magistrato nella lettera smentisce punto per punto la ricostruzione di Maroni: “Non ricordo di aver autorizzato l’affidamento della minore El Mahrouk Karima a Minetti Nicole”, scrive nella relazione inviata al Csm.
Fiorillo sostiene di aver disposto di accompagnare la ragazza “presso una comunità protetta, eventualmente trattenendola durante la notte presso gli uffici finchè una tale struttura non fosse stata reperita”.
E intanto Fabrizio Corona, parlando con i cronisti in una pausa del processo milanese d’appello sui fotoricatti, assicura che le feste ad Arcore sono state regolarmente documentate da servizi fotografici: “Certo che ci sono le fotografie delle feste ad Arcore, e se io avessi continuato a lavorare…”.
L’agente fotografico ha aggiunto che però “non c’è nessun giornale che le avrebbe mai pubblicate, nè ci sono agenzie che le avrebbero proposte, perchè nessun direttore ha il coraggio di pubblicarle, perchè in Italia non c’è una vera libertà di stampa”.
Infine, Corona ha però spiegato che “quelle foto sono scattate in un ambiente privato e quindi per legge non sono pubblicabili”.
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Novembre 11th, 2010 Riccardo Fucile FUMATA NERA DAL VERTICE BOSSI-FINI: “NON SI E’ RISOLTO NULLA”…BOSSI: “ANDREBBE BENE ANCHE UN BERLUSCONI-BIS MA IL PREMIER NON SI VUOLE DIMETTERE”…FINI: ” ABBIAMO FATTO PRECISE RICHIESTE A PERUGIA, ATTENDIAMO RISPOSTA”
Gianfranco Fini non arretra.
«Mi ha riferito le stesse cose che ha detto da Perugia» ha spiegato il leader della Lega, Umberto Bossi, lasciando Montecitorio dopo il faccia a faccia con il presidente della Camera.
Ovvero l’esortazione alla maggioranza a compiere un salto di qualità nell’azione politica con la richiesta, come condizione per l’avvio di una nuova fase, le dimissioni di Silvio Berlusconi.
Quest’ultimo, impegnato in Corea del Sud per il vertice del G20, non ha nascosto nei colloqui con gli altri leader di avere qualche difficoltà sul fronte interno.
Ma fino ad oggi ha sempre respinto l’ipotesi di dimissioni spontanee.
Dal mini-summit Bossi-Fini sembra essere emerso dunque un nulla di fatto che ha subito spinto il leader del Pd Pier Luigi Bersani ad immaginare un governo di transizione anche con Fli e Lega.
Le agenzie di stampa hanno cercato di ricostruire, attraverso varie fonti, il contenuto dell’incontro.
«Noi potremmo anche ragionare di Berlusconi bis – avrebbe detto Umberto Bossi – , il problema è che Berlusconi non vuole dimettersi».
Il leader leghista avrebbe riconosciuto le difficoltà della mediazione, considerata da più parti una «mission impossibile», e avrebbe fatto presente la «difficoltà » del suo movimento ad accettare l’ipotesi di un nuovo esecutivo allargato all’Udc.
Durante l’incontro, avrebbe poi spiegato Fini ai vertici di Fli, la Lega non si è fatta latrice di specifiche proposte, ma ha cercato di capire quanto i punti cardine del discorso di Bastia Umbra fossero intoccabili, ricevendone «ovvia risposta».
A Fini è parso che la Lega volesse capire cosa potrebbe succedere se la situazione dovesse precipitare e Fli dovesse ritirare i ministri, per ragionare su un suo ruolo nella crisi e capire quali scenari alternativi potrebbero a quel punto aprirsi.
Che non ci siano stati passi avanti concreti lo confermano i commenti di alcuni esponenti finiani.
Il vicecapogruppo Giorgio Conte dice che «non si è risolto nulla».
Fabio Granata, dai microfoni di Cnrmedia, è invece convinto che «si apre una fase piena di incognite per la politica italiana». I
finiani hanno deciso di aspettare il rientro di Berlusconi da Seul prima di formalizzare la loro uscita dal governo, annunciata proprio dalla convention in Umbria.
L’impressione è che Fini marci ormai deciso e che Bossi cerchi di riposizionare la Lega, in caso di una crisi di governo, per non essere tagliato fuori da futuri sviluppi post-berlusconiani.
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Novembre 11th, 2010 Riccardo Fucile LA CIFRA E’ PARI A 10 VOLTE LA SOMMA SOLITAMENTE CONSENTITA… IMBARAZZO DEI CONSIGLIERI DI CENTRODESTRA DEL CDA…LA CORTE DEI CONTI HA CHIESTO GLI ATTI RELATIVI ALLE SPESE EFFETTUATE DA MINZOLINI CON LA CARTA AZIENDALE DELLA RAI
Sessantaseimila euro in un anno, 5.500 euro al mese: più o meno cinque volte la paga
mensile di un operaio metalmeccanico.
Ammonterebbero a tanto le spese che il direttore del TG1, Augusto Minzolini, avrebbe fatto, utilizzando la carta di credito aziendale della Rai.
Delle “spese pazze” del “direttorissimo” si è occupato ieri il Consiglio di amministrazione della Rai.
Con qualche forte imbarazzo da parte dei membri nominati nel cda dalla maggioranza di centrodestra che fino ad ora hanno sempre difeso a spada tratta l’ex notista politico dela Stampa.
Ma ora il fatto riguarda il bilancio in crisi, un saldo negativo dei conti pubblici della Rai che ha convinto la Corte dei Conti a mettere il naso nelle riunioni del cda, come consente la legge.
E le cose si complicano.
E’ noto che la Rai mette a disposizione dei propri direttori di testata e di rete una carta di credito aziendale per affrontare le spese di rappresentanza.
Una prassi seguita da tante aziende private e pubbliche.
Funziona così anche nel governo per i ministri.
A viale Mazzini il plafond per pagare pranzi e cene o fare dei regali ad ospiti, fonti o autorità istituzionali sarebbe fissato tra i 6.000/7.000 euro l’anno, circa 500 euro al mese.
Un limite storicamente rispettato da (quasi) tutti gli interessati.
Ma, secondo quanto riferisce una fonte interna alla Rai, Minzolini avrebbe speso dieci volte la cifra massima consentita.
E non certo per mangiare banane che, com’è noto, rivestono una parte importante della sua dieta alimentare.
Del profilo contabile della vicenda ora però potrebe occuparsi la magistratura contabile che tiene sott’occhio i disastrosi conti della Rai.
Luciano Calamaro, il magistrato della Corte dei Conti che da qualche settimana partecipa alle sedute del cda Rai, ha ascoltato con pazienza il rendiconto, avrebbe annotato lo stupore dei consiglieri alla lettura del conto e avrebbe immediatamente chiesto gli atti della pratica al direttore generale Masi.Toccherà ora a Calamaro accertare se Minzolini ha speso correttamente o meno il denaro prelevato con la carta di credito.
In Rai il caso è invece già esploso perchè ieri, a viale Mazzini, non si parlava altro che di questo.
Antonio Beccadelli
(da “il Secolo XIX“)
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Novembre 11th, 2010 Riccardo Fucile “DI COSA STAI PARLANDO? NON MI SONO MESSO IN GIOCO PER DUE MINISTERI, BERLUSCONI FACCIA UN PASSA INDIETRO”… SOLO SE IL GOVERNO FOSSE PRESIEDUTO DA UN ALTRO, FINI POTREBBE DISCUTERNE…CADE L’IPOTESI DI UNA BREVE CRISI PILOTATA CHE PERALTRO BERLUSCONI TEME… OGGI TOCCA AI TRE MAGI PADANI BOSSI, MARONI E CALDEROLI
Ieri Gianni Letta, ha deciso di tentare l’ultima mediazione, l’estrema trattativa con Gianfranco Fini.
Una mossa concordata poco prima con Silvio Berlusconi in partenza per il G20 di Seul.
“Se si tratta di fare una crisi pilotata, solo un passaggio rapido al Quirinale e una compagine governativa rinnovata – queste le condizioni dettata dal Cavaliere al suo braccio destro – allora se ne può parlare”.
Il rapporto tra Letta e l’inquilino di Montecitorio, anche in questa fase di maggior attrito nel centrodestra, è peraltro sempre scivolato sui binari della cordialità .
Letta ha prospettato alcune offerte: tre dicasteri a Fli, il siluramento degli ex colonnelli di An come La Russa e Matteoli, la riforma elettorale e il quoziente familiare per invogliare i centristi dell’Udc. E, se fosse possibile, il coinvolgimento diretto di Fini e Casini nella “squadra”.
Ma la risposta ricevuta è stata raggelante: “Ma di che stai parlando? Questa è una cosa che non sta nè in cielo nè in terra. Non mi sono messo in gioco per due ministeri in più”.
Fini vuole la “svolta”. Un nuovo equilibrio nella politica italiana.
E, infatti, l’unica ipotesi che i finiani prendono in considerazione per ricucire con “questo centrodestra”, è il “passo indietro del Cavaliere”.
“È chiaro, che se il nuovo governo fosse presieduto da un altro, tutto cambierebbe. Sarebbe un’altra partita”.
Un’opzione, però, inaccettabile per il presidente del consiglio.
Non a caso il suo sottosegretario l’ha deliberatamente scartata in anticipo: “È chiaro – ha spiegato a Fini – che il capo del governo sarebbe Silvio. Lui non ha alcuna intenzione di ritirarsi. Su questo nessuna trattativa è possibile”.
Subito dopo, Letta ha riferito a Berlusconi l’esito della missione.
Facendo cadere il castello di certezze costruito nelle ultime ora dagli ambasciatori lumbard che oggi, come i Re magi andranno in visita da Fini.
Oggi tocca a Bossi, Maroni e Calderoli fare offerte irricevibili: il summit di oggi viene considerato una sorta di formalità .
L’ultimo capitolo del rapporto tra Fini e Berlusconi, quindi, verrà scritto solo quando sarà stata votata la sfiducia.
Fino a quel momento il Cavaliere vuole tirare avanti e prendere tempo.
Per dare corpo ad una nuova campagna acquisti che impedisca la nascita di un esecutivo tecnico.
E in attesa del 14 dicembre, data in cui la Corte Costituzionale si esprimerà sul legittimo impediemento.
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Novembre 11th, 2010 Riccardo Fucile CONTRASTI E URLA IN PROCURA: INTERROGANDO LA FIORILLO AVREBBE DOVUTO APRIRE UN FASCICOLO CONTRO FUNZIONARI DELLA QUESTURA E A QUEL PUNTO L’INCHIESTA, COINVOLGENDO UN MAGISTRATO, SAREBBE STATA TRASFERITA A BRESCIA… SE LA MINETTI FOSSE ACCUSATA DI ABBANDONO DI MINORE E FALSE DICHIARAZIONI PER IL PREMIER SCATTEREBBE IL CONCORSO NEL REATO….SONIA ALFANO: “BRUTI LIBERATI DEVE PAGARE IL CONTO DELLA SUA NOMINA?”
Negli ambienti di Palazzo di Giustizia circola solo una versione: è stata la paura di
perdere l’inchiesta a spingere il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati a chiudere la tranche del caso Ruby relativo al comportamento della questura.
E soprattutto a non voler ascoltare il magistrato dei minori Anna Maria Fiorillo che ora contesta le conclusioni di Maroni e del procuratore.
Se fosse emerso infatti che la Fiorillo era stata raggirata, l’intero fascicolo avrebbe dovuto finire in un’altra procura, quella di Brescia.
Sono in molti ad avere udito urla violentissime provenienti dagli uffici di Ilda Bocassini, lo storico pm milanese che ha raccolto la deposizione del questore, e altrettanti ricordano la freddezza tra “la rossa” e il procuratore nei giorni successivi.
Per arrivare alla decisione sofferta di dichiarare che “almeno per una parte del caso, quella relativa alle procedure seguite in questura, nessuna norma è stata violata” in realtà c’è stata una forte spaccatura alla Procura milanese. Bruti Liberati è stato irremovibile nel non voler ascoltare la versione della Fiorillo: salva la questura, salvo (per ora) il premier.
Ma sono in tanti a contestare questa scelta e a chiedersi perchè Nicole MInetti non sia stata accusata di false dichiarazioni e di abbandono di minore.
Reati che permetterebbero di contestare al premier quegli stessi reati in concorso, come ispiratore e istigatore.
L’europarlamentare Idv Sonia Alfano è andata oltre: “Bruti Liberati deve forse pagare il conto?”.
Il riferimento è al 10 giugno, quando il magistrato è stato nominato dal Csm procuratore della Repubblica di Milano.
Lui, esponente di spicco della corrente di sinistra di “Magistratura Democratica”, raccolse in quell’occasione anche i voti dei laici del Pdl: 21 voti totali su 25, un plebiscito piuttosto insolito.
Rimane il motivo di fondo: c’è una norma precisa che impone lo spostamento di tutte le carte ad altri magistrati e ad altra sede se un pm diventa parte lesa. Se la Fiorillo avesse affermato di essere stata raggirata e ingannata sarebbe stato impossibile negarle lo status di vittima di un reato.
Quindi meglio non sentirla, così la Procura di Milano non ha perso l’inchiesta.
Ma per evitare un terreno scivoloso, Bruti Liberati, magistrato di sinistra, ha davvero reso un servizio alla ricerca della verità o non ha finito, in ultima analisi, per insabbiarla?
Perchè o la Fiorillo mente ( e non ci sembra questo il caso) o qualcuno ha avuto interesse a farla tacere.
Solo per non perdere l’inchiesta?
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Novembre 11th, 2010 Riccardo Fucile IN UNA INTERVISTA A “REPUBBLICA” IL MAGISTRATO DEI MINORI PARLA DEL CASO RUBY…. “BALLE L’ASSENZA DEI POSTI IN COMUNITA’, LA FUNZIONARIA DELLA QUESTURA ERA SOTTO PRESSIONE, GLI ATTI CI FURONO TRASMESSI DOPO GIORNI, NON SONO MAI STATA SENTITA DALLA PROCURA”…”MAI DATO AUTORIZZAZIONE ALL’AFFIDAMENTO”
“Ma tutte queste telecamere sono qui per cosa?”.
Esce Annamaria Fiorillo e sorprende i cronisti, compresi quelli delle testate tedesche.
Sono in attesa davanti al tribunale dei minorenni di Milano, c’è un’udienza che riguarda una madre, Marinella Colombo, accusata da Berlino di sottrazione di minori.
“Se volete, avrei da dirvi io qualcosa. Mi chiamo Annamaria Fiorillo, sono sostituto procuratore dei Minori e quello che ha dichiarato in aula Maroni non mi va giù”.
La notte di Ruby, quando il premier telefonò in Questura per perorare la causa della diciassettenne, si riaccende all’improvviso:
“Ho investito del caso il Consiglio superiore della magistratura…”, rilancia Fiorillo. “È una mia iniziativa, non l’ho concordata con il mio capo nè con nessun altro – aggiunge dopo qualche ora – ma so che dovevo farlo. Ho chiesto al Csm di chiarire le discrepanze tra la spiegazione del ministro in aula e la mia esperienza personale”.
È mai è stata sentita dalla Procura sul punto?
“Mai. E siccome ho leale rispetto per la magistratura, ho detto ciò che dovevo dire, e mi affido con fiducia. Mi sentivo circondata da un imbarazzato isolamento, so dai giornali che c’è un procedimento penale in corso. Capisco, ma a non mi è sembrato possibile che un ministro vada in Parlamento a dire queste cose. Io che ero là non posso permetterlo”.
Lei ce l’ha con qualcuno?
“Non ho rapporti negativi con il sistema, o i colleghi, non mi sento in conflitto. E non sto a badare alla politica, o al governo che cade o resta”.
Cos’è che non l’ha convinta della ricostruzione di Maroni?
“Il passaggio in cui il ministro sostiene che io avrei dato il consenso all’affidamento alla Minetti. È stato quello che mi ha fatto sobbalzare. Ho un ricordo ancora vivo di quella notte così agitata, ci sono state sei o sette telefonate… Ma non ricordo di aver mai dato quell’autorizzazione”.
E quando le hanno detto che Ruby era la nipote di Mubarak, lei cos’ha risposto?
“Non me la sono bevuta, non sono mica scema. “E io sono Nefertiti, la regina del Nilo”, gli ho detto. Poi dopo le loro insistenze ho aggiunto: “Se è proprio così, che facciano mandare una conferma scritta dall’ambasciata egiziana””.
Secondo lei gli agenti che si occupavano del caso erano sotto pressione?
“Assolutamente sì. Quella sera ho commesso un solo errore che forse ha cambiato il corso degli eventi. Non ho rassicurato la funzionaria che se ne occupava, la dottoressa Iafrate. Era tutta irrigidita, parlava come se recitasse seguendo un copione. Sembrava combattuta”.
Che poteva fare?
“Avrei dovuto dirle: “Non ti preoccupare, parlo io con il tuo superiore”, per comprendere meglio che cosa stesse succedendo. E invece con lei ho usato toni forti. Ho pensato: “Come si permette di essere così testarda? Si assumerà tutte le responsabilità “. Non ho fatto un’analisi psicologica e ora me ne pento, perchè quella notte lei dev’essere stata molto male. Si capisce che hanno mandato avanti lei”.
Cos’altro l’ha insospettita il 27 maggio?
“Anche l’espressione che hanno usato per riferirsi alla Minetti. Credo che l’abbiano definita “consigliera presidenziale” o qualcosa del genere. Al che io risposto: “Scusi, io per un po’ di tempo ho insegnato anche diritto costituzionale alle superiori, questa carica non l’ho mai sentita prima””.
E la ricerca di una comunità che accogliesse Ruby? Maroni ha sostenuto che è stata fatta, ma non c’era posto.
“Quella notte i posti disponibili in comunità c’erano, eccome. Una vera balla. Non è mai stata avviata una richiesta del genere”.
Insomma, le incongruenze sarebbero secondo lei numerose. Ma è anche sulla base della sua relazione che il procuratore Bruti Liberati ha ritenuto corretto l’operato degli agenti.
“Si è basato sulla relazione del mio capo, la dottoressa Frediani, che è stata di gran trasparenza, e a quella relazione è allegata la mia. Non so, non conosco le motivazioni sulla base delle quali il dottor Bruti Liberati ha tratto quelle conclusioni. Forse avrà avuto altri documenti. Tutto può essere equivocato”.
In una relazione si usano frasi formali…
“E così ho fatto io, l’ho scritto in un italiano moderato. Ho detto di aver avuto un tono assertivo. In realtà ho avuto un vero e proprio alterco con la Questura. E quanto alla ricostruzione di Maroni, c’è un’altra cosa che non è vera”.
Quale?
“Ha detto che gli atti di quella notte ci sono stati trasmessi. In realtà , sono arrivati con moltissimo ritardo, dopo giorni, e dopo che Ruby s’era picchiata con la brasiliana. Altrimenti, non sarebbero arrivati mai, temo”.
E Berlusconi? Gliel’hanno nominato?
“No, non se la saranno sentita”.
Lei perchè “punta i piedi”?
“Perchè se non lo faccio, entro in conflitto con me stessa. Sul rispetto delle leggi ho fatto un giuramento. E non posso considerare tutti gli equilibri del sistema, devo badare alla minima parte, la mia. Io, nella mia vita, che cosa sto facendo?”.
È una domanda generale?
“Ammiro molto Martin Luther King e Mandela. Diceva Luther King, “se non io, chi”? E “se non adesso, quando?”. E poi, come saprete, “non basta non commettere ingiustizia, ma bisogna opporsi all’ingiustizia”. È una frase che viene citata come se fosse un bigliettino nei cioccolatini, ma se uno ci crede davvero?”.
Davide Carlucci e Piero Colaprico
(da”La Repubblica“)
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Novembre 11th, 2010 Riccardo Fucile IL PD AL 23,4%, STABILI LEGA 11,6%, IDV 7,6%, UDC 5,8%…5 STELLE AL 4%, RIFONDAZIONE 2,5%, LA DESTRA 1,4%…TRA I LEADER IL PREMIER PERDE 3 PUNTI IN 10 GIORNI E SCENDE AL 37% DI FIDUCIA, FINI SALE DI 2 PUNTI E ARRIVA AL 48%… IN CASO DI UNA NUOVA COALIZIONE DI GRANDE CENTRO : CENTROSINISTRA AL 37%, PDL, LEGA E LA DESTRA AL 36%, E A SORPRESA UN GRANDE CENTRO AL 22%
Nel corso di “Ballarò”, il consueto sondaggio di Pagnoncelli sulle intenzioni di voto degli
italiani, oltre a rilevare la solita alta percentuale di indecisi, ha indicato una trend interessante, soprattutto se si paragonano i dati alle precedenti rilevazioni del 26 ottobre e del 2 novembre scorso, a cura dello stesso istituto Ipsos.
Il Pdl in due settimane è sceso dal 29% al 26,5% e la Lega dall’ 11,8% all’11,6%, mentre la Destra è ferma all’1,4%.
Futuro e Libertà è volata invece in 15 giorni dal 5,3% al 7,7%.
A Sinistra invece il Pd è calato dal 24,2% al 23,4% e l’Idv dall’8,3% al 7,6%.
Balzo in avanti di Sinistra e Libertà di Vendola, dal 6,1% al 7%, del Movimento 5 Stelle di Grillo dal 3,7% al 4%.
Stabili Prc-Pdci al 2,5% e Udc al 5,8%.
Pagnoncelli ha sondato anche la fiducia degli italiani nei leader, con i seguenti risultati: Napolitano 82%, Tremonti 50% (+1%), Montezemolo 50% (+2%), Marcegaglia 50% (+2%), Fini 48% (+2%), Vendola 42%, Draghi 44%, Bersani 43%, Casini 40%, Berlusconi 37% (-3%), Marchionne 40%, Grillo 38%, Di Pietro 36%, Schifani 32%, Bossi 29%.
Infine Pagnoncelli ha testato le intenzioni di voto nel caso gli italiani si trovassero di fronte a un “terzo polo” composto per ora da Fini, Casini, Rutelli e Mpa siciliano, in contrapposizione agli altri due blocchi.
Ed ecco la sopresa: vincerebbe con il 37% la coalizione di centrosinistra, Pdl, Lega e la Destra arriverebbero solo al 36%. Mentre il terzo polo che sulla base della somma dei singoli partiti non avrebbe dovuto superare il 15% arriverebbe addirittura al 22%, erodendo voti sia a destra che a sinistra.
Insomma molti italiani vorrebbero trovare nuovi punti di riferimento.
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