Novembre 18th, 2010 Riccardo Fucile E’ QUANTO EMERGE DA UNO STUDIO DELLA BANCA MONDIALE: IL PESO DEI TRIBUTI COMPLESSIVI IN ITALIA E’ DEL 68,6% CONTRO UNA MEDIA EUROPEA DEL 44,2% E QUELLA MONDIALE DEL 47,8%… SU 18 PAESI ESAMINATI, L’ITALIA RISULTA AL 167° POSTO…LE TASSE SUL LAVORO RAPPRESENTANO IL 43,4% DEL CARICO…PER ADEMPIERE AI DOVERI FISCALI IN ITALIA SI IMPIEGANO 285 ORE L’ANNO, CONTRO LE 225 ORE DELLA MEDIA EUROPEA
Un altro record negativo per il nostro Paese: Italia al primo posto in Europa per peso delle tasse sulle imprese.
Il peso complessivo di tributi nazionali e locali e dei contributi sociali è del 68,6%, il più alto tra i Paesi europei e tra i più alti al mondo.
La media europea è del 44,2% e quella mondiale del 47,8%.
E’ quanto emerge dallo studio “Paying Taxes 2011” realizzato dalla Banca Mondiale e dalla società di consulenza PwC (PricewaterhouseCoopers).
Su 183 Paesi esaminati dal dossier, l’Italia risulta al 167° posto, ovvero tra i Paesi in cui complessivamente è più pesante il carico del prelievo.
A pesare particolarmente sono le tasse sul lavoro che rispetto al tasso complessivo del 68,6% rappresentano il 43,4% del carico.
Ma non c’è solo il fisco a vessare le imprese italiane: ogni azienda in Italia impiega 285 ore l’anno per adempiere ai propri doveri fiscali, oltre 60 ore in più della media europea, attesta lo studio “Paying Taxes 2011”.
In Europa solo cinque Paesi hanno meccanismi più complicati mentre il minor numero di ore per pagare tasse e contributi si registra in Lussemburgo (59 ore).
Se si considerano tutti i 183 Paesi del mondo analizzati dal dossier della Banca Mondiale e PwC, l’Italia occupa la 123° posizione, calcolando che ai primi posti figurano i Paesi dove la burocrazia è più snella.
A conti fatti, senza contare le notti, un’azienda italiana impiega mediamente quasi 24 giorni per essere in regola con tutti i pagamenti all’erario e agli istituti
di previdenza.
Eppure nel programma del centrodestra era indicato come obiettivo quello di riportare il nostro Paese nel’ambito della media europea, sia in termini di tassazione che di snellimento delle procedure burocratiche.
Che Fini non abbia tutti i torti quando si lamenta che molti punti del programma non solo non sono stati attuati, ma neppure seriamente affrontati e analizzati?
E poi ci si lamenta della perdita di credibilità di questo governo a trazione forza-leghista, solo a parole sensibile alle istanze della media e piccola imprenditoria.
Dopo 18 anni di promesse e di spot, il tempo è ormai scaduto.
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Novembre 18th, 2010 Riccardo Fucile SCOPPIA IL CASO DEI RIMBORSI E DEI SERVIZI SPECIALI DEL TG1….MASI COSTRETTO A ORDINARE UN’INDAGINE INTERNA SUI RIMBORSI SPESE DI 64.000 EURO DI MINZOLINI….LA SUA POLTRONA COMINCIA A SCRICCHIOLARE: RISCHIO 650 MILIONI DI EURO DI DEBITI CHE DOVRA’ RIPIANARE IL GOVERNO
Giornata nera.
Un colpo dietro l’altro: la sfiducia dei giornalisti, il duello tra Saviano e Maroni, le spese pazze di Augusto Minzolini.
Per uscire dall’angolo, Mauro Masi ha mollato il direttore del Tg1: il dg ha ordinato un’indagine
interna su Minzolini, accertamenti sui rimborsi per le trasferte e i servizi sulla Royal Caribbean (c’è puzza di pubblicità occulta).
Il Tg1 ha organizzato un concorso per famiglie con la multinazionale americana per il varo di una nave “gigante dei mari” e, in otto mesi, ospitato per sei volte un alto dirigente della Royal.
In più: Minzolini ha usufruito di uno sconto nel lussuoso albergo “Terme di Saturnia”, poco prima il Tg1 aveva intervistato il responsabile marketing.
Masi non s’è fatto pregare: “Abbiamo una società che può controllare chi e come promuove i marchi nei passaggi televisivi. Saranno efficienti e veloci”.
A sua volta Masi, per far tacere voci inconsulte, alza le mani: “Mi rivolgo al Collegio dei sindaci: avete i miei dati, sono a disposizione per verifiche sulla mia carta di credito”.
Un’operazione trasparenza volontaria per frenare pettegolezzi, mostrarsi casto e puro con i conti aziendali e distinguersi con Minzolini che, senza scusarsi nè pentirsi, in un anno ha speso 64 mila euro con una revolving di viale Mazzini, dieci volte in più di Mario Orfeo del Tg2.
E sulla bocciatura dei giornalisti?
Passa, nemmeno guarda.
Anche se la poltrona scricchiola e la reputazione pure: “Alla luce delle politiche aziendali esprimi fiducia al direttore generale Masi?”.
Il sindacato Usigrai l’ha chiesto a tutti i 1.878 giornalisti Rai: tra i 1.438 votanti, il 95% (1.391) ha risposto no.
L’indice di impopolarità di Masi rasenta lo zero tra i dipendenti (sondaggi, proteste, scioperi), ma il dg rifiuta il dissenso: “Come tutte le cose prive di rilevanza formale e sostanziale, il voto può essere solo o una manifestazione politica o un tentativo di intimorire”.
Ma sembra avere pochi dubbi: “Obiettivo fallito in entrambi i casi. Il primo perchè non c’era bisogno di questo costoso evento per sapere come è schierata politicamente l’Usigrai e soprattutto nel secondo caso perchè ci vuole ben altro e ben altri personaggi per provare soltanto ad intimorirmi”.
Il segretario Usigrai, Carlo Verna, alza la posta e invoca le dimissioni: “Masi deve lasciare. Il direttore generale ha messo in atto una serie di azioni negative. Il mancato accordo con Sky, mai spiegato in modo convincente, che ci fa perdere decine e decine di milioni di euro, un piano industriale che non prende corpo”.
La Federazione dei giornalisti (Fnsi) è con l’Usigrai : “I dati sono di una chiarezza impressionante. Masi si è aggrappato all’assenza di rilevanza formale del voto. Ma la sostanza del risultato fischia nelle sue orecchie come un tempo che è scaduto”.
Masi prova a restare in piedi tra le buche, la più grossa, una voragine sono i conti: senza tagli e manovre, entro tre anni, la Rai rischia 650 milioni di euro in rosso.
Viale Mazzini cerca uscite d’emergenza perchè l’ora è disperata, Masi cerca una scialuppa di salvataggio — come scrive Milano Finanza — nelle casse del governo: il contratto di servizio che lega la Rai al ministero dello Sviluppo economico e giustifica la tassa chiamata canone di abbonamento.
Il palinsesto Rai è diviso tra “programmi commerciali” (finanziati dalle pubblicità ) e “programmi di servizio pubblico” (coperti con il canone): la gestione separata del bilancio ha provocato perdite di circa un miliardo di euro in tre anni e dunque, per scongiurare tagli di personale e settori, l’azienda presenta il conto al ministro Paolo Romani.
Il ministero ha le chiavi per aprire una fonte vitale per la Rai: in una riunione con i dirigenti, aspettando un piano industriale, Masi aveva lanciato l’allarme per i creditori e le banche.
Chi ha voglia di scommettere sulla Rai di oggi?
Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 18th, 2010 Riccardo Fucile “SEMBRA DI ESSERE A WALL STREET” COMMENTA UN DEPUTATO DI FRONTE ALL’OFFENSIVA DEI SODALI DI SILVIO NEL TENTATIVO DI RAGGIUNGERE QUOTA 316… MA PER ORA IL PDL PERDE MISURACA CHE STAREBBE PER PASSARE ALL’UDC…ANCHE SCELLI E FRASSINETTI TENTATI DI LASCIARE IL PDL PER FINI… LA SANTANCHE’ AVEVA DETTO: “MOLTI FINIANI MI STANNO CHIAMANDO”: FORSE LE COSE CHE LE HANNO DETTO SONO IRRIFERIBILI?
“Offerte, rialzi, ribassi, sembra di stare a Wall Street” la butta lì in Transatlantico, a metà giornata, il finiano Aldo Di Biagio.
Ci sono liste che passano di mano, deputati avvicinati dai colleghi pidiellini, telefonini che trillano, parlamentari che entrano ed escono dallo studio di Gianfranco Fini al primo di piano di Montecitorio.
Deputati e ministri del Pdl si riuniscono al gruppo con Cicchitto e tirano le somme: oggi contano su 305 deputati rispetto ai 316 necessari: parte la caccia agli undici.
Ma ne potrebbero bastare anche 4-5 in meno se altrettanti centristi o finiani, contrari alla sfiducia, il 14 dicembre se ne stessero a casa, abbassando il quorum.
Tra i falchi berlusconiani parte così la rincorsa alla mezza dozzina.
Quattro i finiani ritenuti quanto meno “avvicinabili” dalla corte del Cavaliere, un paio gli udc, tentano anche con un dipietrista, ma a fine giornata il carniere resta a secco.
Anzi, la maggioranza perde altri pezzi, anche di peso.
Dovrebbe annunciare ad ore il passaggio dal Pdl all’Udc di Casini il siciliano Dore Misuraca.
Deputato un tempo vicino a Miccichè, sta per fare armi e bagagli col suo carico di voti: la sua famiglia è titolare di una clinica e punto di riferimento politico del potente mondo della sanità privata nell’isola. Sono segnali.
Come lo sono i giuramenti di fedeltà a Casini degli udc pur avvicinati, da Alberto Compagnon (“Sto col leader, non ho crisi di coscienza”) ad Angelo Cera, che si schermisce: “Il corteggiamento lo detesto, sto bene dove sto”.
Il leader centrista si tiene stretti i suoi, ma anche Gianfranco Fini ha il suo bel da fare, in queste ore.
Il senatore Giuseppe Valditara gli ha portato in studio il senatore pidiellino Piergiorgio Massidda, da tempo in rotta col partito, ma ancora in bilico. Esce da Montecitorio e nicchia: “Non ho ancora deciso, c’è tempo fino al 14 dicembre”. Anche se i finiani si dicono ottimisti.
La vera partita si è aperta sulle resistenze dei 4-5 futuristi a votare la sfiducia. Carmine Patarino, indicato tra gli incerti, diventa responsabile organizzazione per il Sud di Fli.
Catia Polidori, finita nel toto “abbordabili”, diventa capogruppo in commissione Attività produttive.
È una guerra psicologica, in aula e fuori.
A un certo punto della giornata, un ministro Pdl mette in giro la voce che l’ormai ex ministro Andrea Ronchi non voterebbe la sfiducia. Lui stronca l’indiscrezione: “Non c’è alcuna possibilità di defezione”.
Restano tuttavia almeno un paio di ossi duri da convincere, tra i finiani. Giampiero Catone, da poco transitato dal Pdl, si dice pure d’accordo con la sfiducia “ma bisogna prima sapere cosa accade, al buio non si può andare”. E ancor più incerto Giuseppe Consolo: “Non ho ancora deciso, in Fli non siamo una caserma, ma sono baggianate le voci di compravendita che mi riguardano”.
Dal Pdl bussano anche alla porta di Ferdinando Latteri, l’ex rettore di Catania già transitato dal Pd all’Mpa di Lombardo.
Lui resiste, “tranquilli, è blindato” assicura il senatore Giovanni Pistorio.
I berlusconiani tornano alla carica del dipietrista Antonio Razzi, che continua a rispondere come già a settembre: “Ho una mia dignità “.
Ma le opposizioni sotto attacco mantengono le posizioni e ne conquistano. Voteranno la sfiducia Giorgio La Malfa, con un piede in Fli (il Pri di Nucara ne ha chiesto ieri l’esclusione dalla Delegazione Nato in quota Pdl), e Paolo Guzzanti.
“Campagna acquisti, chiedete alla nostra Paola Frassinetti” sbotta il ministro La Russa a chi gli chiede del pressing.
Tra lei e Fini sembra abbia fatto da tramite sempre Valditara. La deputata ammette e taglia corto: “È vero, ci sono contatti bilaterali, ma resto nel mio partito”. Un altro possibile deputato che potrebbe abbandonare il Pdl per Futuro e Liberta’ è Scelli, ex responsabile della Croce Rossa.
Da segnalare il ruolo mediatico che si è ritagliata la Santanchè che sembra faccia tutto lei: la voltagabbana che ha cambiato tre partiti in tre anni è esperta di trattative, ma finora ha solo riferito che “sono molti i finiani che mi cercano al telefono”.
Senza precisare cosa le dicono, forse si tratta di insulti irripetibili…
Il mercato continua.
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Novembre 18th, 2010 Riccardo Fucile ARRESTATO IL CAPO DELLA CAMORRA: SILVIO E BOBO SGOMITANO PER PRENDESI IL MERITO, MA LA PROCURA PRECISA E LI GELA: “GRAZIE ALLE INTERCETTAZIONI”… QUELLA LEGGE CHE IL GOVERNO VOLEVA CAMBIARE E CHE FINI HA FATTO PER FORTUNA SALTARE….GLI INQUIRENTI RINGRAZIANO SOLO MAGISTRATI E POLIZIA
Ieri sera è suonata la grancassa mediatica della premiata ditta “forzaleghista” e dai Tg di regime
è stato letto l’editto del sovrano al popolo non più acclamante : “Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ha chiamato il Ministro dell’Interno Roberto Maroni e si e’ congratulato con lui per la cattura del boss Antonio Iovine che figurava tra i 30 piu’ pericolosi latitanti. L’operazione odierna, ha sottolineato il Presidente Berlusconi, conferma il successo del Governo nella battaglia contro la criminalita’ organizzata”, ha chiosato il premier, con la sua tipica coda di paglia.
Lo spottone (che strana coincidenza) è capitato a fagiolo per il duo musicale (Bobo al sax, Silvio solista), dopo le polemiche sollevate dalle affermazioni di Saviano a “Vieni via con me”, circa la collusione tra mafia e politica.
Ma gli è andata male, perchè i magistrati hanno subito precisato che sono state fondamentali proprio quelle intercettazioni che l’esecutivo voleva (e vuole ancora) cambiare, progetto fatto saltare dalla ferma opposizione di Fini.
“Questo giorno lo attendevamo dal 6 dicembre del 1995: in quella data ci fu la prima ordinanza di custodia cautelare del cosiddetto procedimento Spartacus”, ricorda il Procuratore aggiunto della Dda di Napoli Federico Cafiero De Raho.
“Gli strumenti investigativi utilizzati sono stati intercettazioni telefoniche e ambientali, strumenti tradizionali e sofisticati ma costosi: piu’ vengono utilizzati per successi come questo, piu’ si assottigliano le risorse indispensabili per questo tipo di indagini”.
“Ridurli significa diminuire la possibilita’ di vittoria dello Stato”, dice chiaramente De Raho, puntando il dito contro i tagli alle forze dell’ordine effettuati dall’attuale esecutivo.
“Da parte mia”, dice il Procuratore aggiunto, “un grazie sincero a Vittorio Pisani, capo della Mobile di Napoli, e al questore Santi Giuffre’. Iovine era tutt’altro che una scheggia impazzita nell’organizzazione dei Casalesi. Anzi, ne era il capo. Ecco perche’ oggi possiamo dire di aver decapitato il clan”.
Dal canto suo, il vicequestore Vittorio Pisani sottolinea le lunghe e delicate indagini svolte, rivolgendo un sentito “grazie ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia, chiamati giorno e notte per avere le autorizzazioni necessarie”.
Anche per il questore Santi Giuffre’ “le intercettazioni restano uno strumento fondamentale per capire anche che spesso i capoclan non vanno all’estero, ma restano nei loro territori”.
Stavolta il gioco di prendersi i meriti del lavoro altrui non è ben riuscito, qualcuno con zapping è riuscito a cambiare canale in tempo.
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Novembre 18th, 2010 Riccardo Fucile IN CALO LA LEGA AL 10,1%, SALGONO UDC AL 6,7%, IDV AL 6,8%, SINISTRA E LIBERTA’ AL 6,6%…PER LA PRIMA VOLTA SI PROFILA UN RIBALTAMENTO DEI RAPPORTI TRA DESTRA E SINISTRA: CENTROSINISTRA 40,2%, TERZO POLO 16%, CENTRODESTRA 37,3%
I dati dell’Atlante Politico, realizzato da Demos, e pubblicati oggi segnalano come i giudizi positivi sull’esecutivo, in netta flessione dopo l’estate, siano rimasti sui livelli di settembre (30%).
Si è invece ulteriormente contratto (- 5 punti) il gradimento del premier, ampiamente superato, nel suo stesso schieramento, da Tremonti (46%).
In caso di caduta del governo, la maggioranza degli elettori chiede un ritorno immediato alle urne (49%).
Per una porzione non trascurabile del campione intervistato, tuttavia, sarebbe preferibile formare un altro governo (39%).
L’esito di eventuali elezioni anticipate appare oggi meno scontato rispetto alle previsioni espresse, ripetutamente, negli ultimi due anni.
Quasi metà degli intervistati ritiene ancora probabile una vittoria del centrodestra, ma un terzo del campione intravvede possibilità di successo per il centrosinistra.
Questi cambiamenti non si traducono per ora in una crescita delle intenzioni di voto per il Pd (24,8%), mentre crescono i consensi per i suoi alleati: l’Idv (6,8%) e, soprattutto, Sinistra e libertà (6,6%).
La progressione del partito di Vendola, che peraltro guida la classifica dei politici più apprezzati (48%), mantiene aperti i problemi sulla leadership della coalizione, caratterizzata proprio dalla competizione tra il segretario del Pd e il governatore pugliese, con quest’ultimo in vantaggio di qualche punto. Interrogata sulla strategia delle alleanze, la maggioranza degli elettori di centrosinistra opta per un fronte elettorale ampio, che spazi dalle forze di centro fino a quelle della sinistra radicale (54%).
Ottengono minori preferenze sia l’ipotesi di una coalizione proiettata (esclusivamente) verso sinistra (29%), sia un progetto di alleanze limitato al centro (16%).
La possibile costituzione di un polo autonomo di centro – soluzione particolarmente gradita, peraltro, agli elettori dei partiti che si riconoscono in quest’area – sembra rendere lo spazio elettorale molto più concorrenziale.
Le quotazioni della nuova formazione guidata da Fini appaiono in continua ascesa (dal 6,1% di settembre all’8,1%), attraendo ex-elettori del Pdl ma anche significativi consensi provenienti da altre aree politiche. Complessivamente (considerando anche Udc, Mpa e Api), l’ipotetico “terzo polo” raggiungerebbe oggi il 16%, con un incremento di tre punti negli ultimi due mesi.
Ciò determinerebbe, indirettamente, il sorpasso del centro-sinistra (40,2%) ai danni del centro-destra (37,3%).
Si tratta, naturalmente, di somme di intenzioni di voto per partiti appartenenti alle stesse aree: il quadro potrebbe cambiare in prossimità del voto, in relazione al tipo di coalizioni e ai leader che si confronteranno.
Ma è la prima volta, da diversi anni, che si profila un cambiamento nei rapporti di forza fra le coalizioni.
Vediamo il trend dei principali partiti.
Il Pdl crolla in due mesi dal 29,8% al 23,6%, la Lega Nord scende dall’ 11% al 10,4%.
Futuro e Libertà sale in due mesi dal 6,1% all’ 8,1% e l’Udc dal 6,3% al 6,7%.
Vediamo la situazione a sinistra.
Il Pd scende dal 26,5% al 24,8%, ma diventerebbe lo stesso il primo partito.
L’Idv sale dal 5,5% al 6,8%, Sinistra e Libertà dal 4,7% al 6,6%.
Stabili Prc-Pdci al 2% e Movimento 5 Stelle al 3,6%.
Nella corsa a ritroso a chi perde di più, rispetto alle politiche 2008, il Pdl lascerebbe per strada il 14% di consensi, mentre il Pd l’8%.
Guadagnerrebbero 1 punto l’Udc, 2 la Lega, 2,5 l’Idv, 3 Sinistra e Libertà .
Non erano presenti nel 2008 nè Futuro e Libertà nè i grillini.
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Novembre 18th, 2010 Riccardo Fucile SFATATO IL LUOGO COMUNE DEGLI STRANIERI CHE VIOLENTANO LE ITALIANE: IL 50% DELLE VITTIME SONO STRANIERE E NEL 23% GLI AUTORI SONO ITALIANI… OTTO SUICIDI SU DIECI PROVOCATI DA ABUSI SESSUALI, A RISCHIO SEPARATE E DIVORZIATE
Uno stupro al giorno.
È quanto emerge dal report “Violenza sessuale e domestica” stilato dalla clinica Mangiagalli e
presentato a Milano durante l’84° congresso della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo).
Dal 1° gennaio al 31 ottobre 2010, al Soccorso Violenza Sessuale (Svs) sono arrivate 314 donne.
Un numero in aumento rispetto all’anno scorso: in tutto il 2009 i casi sono stati infatti 333.
Il centro, fondato nel 1996 dalla ginecologa Alessandra Kustermann, è il termometro degli abusi sessuali compiuti a Milano.
Ma ci sono più donne che denunciano o più stupri in città ?
Difficile stabilirlo, anche se i dati rielaborati dalla Sigo sulle denunce alla Questura e ai carabinieri arrivano a parlare addirittura di 480 violenze, solo a Milano, nel 2009.
Una cosa è, comunque, certa: le statistiche della Mangiagalli rovesciano il luogo comune degli stranieri che violentano le italiane.
«In realtà , la metà delle vittime sono donne straniere stuprate, nel 23% dei casi, da italiani», spiega Kustermann, autrice della relazione con la collega Marina Ruspa.
La violenza sessuale colpisce nel 45% dei casi donne separate o divorziate. Rincarano la dose gli esperti della Sigo: «Milano detiene il primato nazionale degli stupri».
Ci sono, poi, gli abusi che si consumano tra le mura domestiche: 142 quelli seguiti nei primi 10 mesi dell’anno dal Soccorso di Violenza Domestica sempre della Mangiagalli.
«La sfida è far emergere il sommerso per intervenire anche sui tanti, prolungati, abusi che avvengono in famiglia e non solo» ha ricordato il ginecologo Mauro Buscaglia, primario del San Carlo.
Sono violenze devastanti: «L’81% delle protagoniste di atti di suicidio ha alle spalle episodi di abuso», avverte Alessandra Graziottin, alla guida del Centro di Ginecologia e Sessuologia del San Raffaele Resnati di Milano.
Insomma: in strada oppure tra le mura domestiche le violenze contro le donne restano un’emergenza.
Una piaga che vede, in una città come Milano, violentate – soltanto tra gennaio e il 31 ottobre – 130 ragazzine tra i 14 e i 17 anni, e picchiate a sangue dal partner altre 70 donne.
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