Dicembre 20th, 2010 Riccardo Fucile
INVECE CHE FARSI PROCESSARE COME TUTTI I COMUNI MORTALI, IL PREMIER ATTACCA FINI E I MAGISTRATI… “FINI E’ PROTETTO DAI MAGISTRATI, MA E’ DESTINATO A SPARIRE”….”CASINI PRENDE VOTI SOLO PERCHE’ PIACE ALLE SIGNORE ED E’ SEMPRE IN TV”… POI IL PREMIER ACCUSA FINI DI AVER BLOCCATO LA LEGGE SULLE INTERCETTAZIONI: SEMMAI E’ UN SUO MERITO… SILVIO PIUTTOSTO PENSI A FERMARE I SUOI AMICHETTI RAZZISTI: SI E’ VENDUTO AI LEGHISTI E HA TRADITO IL PROGRAMMA DEL PDL PER SALVARSI IL CULO DAI PROCESSI
Esplode un nuovo conflitto istituzionale solo pochi giorno dopo la fiducia ottenuta dal governo.
Berlusconi attacca nuovamente Fini, ma nella foga delle accusa coinvolge l’intero corpo della magistratura.
Il premier accusa l’Anm di “proteggere il presidente della Camera” e rilancia le offerte ai finiani e ai parlamentari Udc di passare nella maggioranza: “Un cattolico non può essere alleato delle sinistre”.
Certo che se tutti seguono come Silvio i dettami etici della Chiesa…
Per il premier poi Casini ha il 6% dei voti “perchè piace alle signore” e anche perchè ha una “esposizione televisiva” pari a quella del Pdl a causa della legge sulla par condicio.
In Tv deve andarci solo lui, insomma.
Secondo il premier (che avrebbe fatto questo ragionamento a pranzo con gli europarlamentari) ci sarebbe un accordo tra Fini e Anm in base al quale il presidente della Camera non farà niente contro i magistrati ed in cambio Fini e i suoi uomini “saranno protetti”.
In questo quadro, secondo quanto riferito da diversi partecipanti, si inserisce, a detta del premier, lo stop alla riforma delle intercettazioni.
Stop che l’80% degli italiani ha ritenuto invece opportuno, non avendo nulla da nascondere, neanche i numeri di telefono di minorenni.
Il Cavaliere vede poi un destino nero per Fini.
Che “si è portato in un’area di non voto, un’area che non esiste” ed è destinato a sparire.
E di che ha paura allora?
“Noi andremo in campagna elettorale a spiegare quello che è successo – avrebbe proseguito Berlusconi -, quando la gente capirà ancora di più Fini è destinato a sparire”.
Il premier non ha precisato che in caso in cui conoscessero meglio lui, forse sarebbe destinato a sprofondare.
Intanto potrebbe dare l’esempio agli italiani comuni mortali che ai processi si presentano.
Ma forse è chiedere troppo a chi è in preda a un delirio di onnipotenza.
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Dicembre 20th, 2010 Riccardo Fucile
FINI IRONICO: “CONTINUEREMO A VEDERCI PER GLI AUGURI DI NATALE” ED ESCLUDE POSSIBILI DIMISSIONI… IL FACCENDIERE MOFFA, PASSATO ALLA CORTE DEL CIARPAME SENZA PUDORE, PARLA DI “DISAGIO IN FLI”… FORSE SI RIFERISCE A QUANDO I MILITANTI DI DESTRA VEDONO LUI INSIEME AGLI AMICI DEI CONDANNATI PER MAFIA E DEGLI INQUISITI PER CORRUZIONE
“Fin quando dura la legislatura continueremo a vederci per gli auguri di Natale”. 
Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, in occasione degli auguri ai dipendenti di Montecitorio, smentendo così le indiscrezioni di stampa che lo vorrebbero vicino alle dimissioni dalla presidenza, magari in concomitanza con il congresso fondativo di Futuro e Libertà previsto per metà febbraio a Milano.
“Come passa il tempo, sono già due anni e mezzo, è già la terza volta che ci facciamo gli auguri – ha ricordato Fini – e ci vedremo anche in futuro”, perchè “le istituzioni restano e gli uomini vanno, siamo pro-tempore e tutti dovrebbero ricordarselo, però- ribadisce – finchè dura la legislatura continueremo a vederci per gli auguri di Natale”.
Il leader del Terzo Polo è dunque deciso a tenere testa alle pressioni che arrivano dalla maggioranza affinchè lasci la presidenza della Camera, ma stando a quanto pronostica il suo ex fedelissimo Silvano Moffa per lui si annunciano comunque tempi difficili.
Il parlamentare, fuoriuscito da Fli in occasione del voto di sfiducia a Berlusconi, ha riferito che “domani con la riunione dei deputati del gruppo Misto che hanno votato la fiducia al governo Berlusconi prenderà corpo la terza gamba della maggioranza di centrodestra”.
Quella in pratica già definita “dei venduti”.
“Un gruppo – aggiunge Moffa- che darà una risposta a quell’esigenza di stabilità numerica e politica di cui il Governo Berlusconi ora ha bisogno”.
Ovveri dei voti di qualche utile idiota.
Questa “terza gamba”, secondo Moffa, sarà in grado nei prossimi giorni di attrarre un numero crescente di parlamentari attualmente nelle file di Fli.
Fino ad oggi non ha quindi pescato nulla, il poveretto.
“Oggi – spiega – è innegabile che esiste una vasta area moderata in Futuro e libertà che credo stia patendo moltissimo una situazione che ha portato il treno di Fli in una stazione molto diversa da quella iniziale. C’è uno slittamento di Fli verso il Terzo polo e un’alleanza con il centrosinistra. Il progetto originario è stato snaturato, il gruppo dei finiani è diventato un’altra cosa. Ci sono persone – ragiona ancora Moffa – con una storia politica simile alla mia che avvertono un fortissimo disagio”.
Ora risulta evidente a tutti che Moffa ha avuto un ruolo ben preciso come quinta colonna dei berluscones in Fli, fino al suo squallido comportamento negli ultimi giorni prima del voto sulla sfiducia.
Preparava documenti, li firmava, salvo poi tradire la sua stessa firma.
Ora diventerà capogruppo dell’armata Brancaleone dei voltagabbana o magari ministro.
Eppure sentite ad agosto cosa scriveva di lui “il Giornale” di Feltri sotto il titolo “il Grande Centro degli inquisiti”: “fa parte dell’universo finiano Silvano Moffa, indagato per abuso d’ufficio e corruzione per la costruzione di un capannone a Colleferro (Roma) nel periodo in cui era sindaco e poi prosciolto”.
Prima era un inquisito, ora un eroe per i killer del ciarpame senza pudore.
Che farsa.
Pudore che non dimostra neanche Moffa quando si lancia in una analisi patetica.
Non è lui che tradito, dice, ma chi ha portato Fli verso il Terzo polo e il cemtrosinistra: e ciò crea disagio, parla della sua storia politica come fosse un esempio di coerenza.
Ma vergognati di raccontare palle, Silvano: sei passato dalla destra sociale a Fini, ora da Fini a Berlusconi, ma la poltrona l’hai sempre tenuta ben stretta.
Hai inziato avendo al tuo fianco dei giovani pieni di ideali e sei finito con Cosentino, Dell’Utri e Brancher, hai passato una vita a parlare di socialità e solidarietà per finire accanto ai leghisti.
E ora pretendi pure di dare lezione?
E chi va a sinistra?
Ma vergognati piuttosto, hai svolto un ruolo ben remunerato politicamente, tienitelo e taci.
Vai a fare il capogruppo del partito degli accattoni?
Accomodati, ma ricordati che il disagio non lo provi tu, lo prova piuttosto chi ti incrocia a vederti ridotto così.
Buona questua.
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Dicembre 20th, 2010 Riccardo Fucile
SILVIO IRRITATO PER COLPA DELLA TROPPA FRETTA DI “PROCURATORI TROPPO SOLERTI E SOVRAESPOSTI”… ORA SI FORMERA’ IL GRUPPO GIA’ DEFINITO “DEI COMPRATI”: 22 DEPUTATI DALLE PIU’ STRANE ORIGINI….A GUIDARLI I FACCENDIERI ROMANO O MOFFA… MINISTERO IN VISTA PER CALEARO, SOTTOSEGRETARIE POLIDORI E SILIQUINI
Prima riunione dei 22 deputati del gruppo misto che hanno votato la fiducia all’esecutivo e che si apprestano a dar vita intanto a un coordinamento, ma presto anche al “gruppo di responsabilità “.
Manovra da condurre in porto subito per soccorrere il governo nelle cinque commissioni in cui il centrodestra si trova dal 14 dicembre in minoranza e le quattro in cui è in pareggio.
La prima mossa sarà la richiesta alla Presidenza della Camera di una presenza dei deputati della nuova formazione laddove non sono rappresentati.
Quanto all’iniziativa tenga il premier è confermato dallo sponsor d’eccezione che sovrintende da giorni alle operazioni: il Guardasigilli Angelino Alfano, in stretto contatto con Saverio Romano.
Dentro, con i cinque ex Udc, i sette di NoiSud, i quattro ex Fli (Moffa, Polidori, Siliquini e Catone), i tre “responsabili” Scilipoti, Cesario e Calearo, quindi Nucara, Pionati e Grassano.
A Montecitorio il gruppo c’è.
Al Senato, salvo “prestiti”, è fermo a quota nove.
Il pressing lì è tanto insistente quanto sterile sulla democratica Baio Dossi.
Il fatto è che la campagna acquisti si è subito arenata anche alla Camera. Berlusconi l’ha presa malissimo.
Appena giovedì notte a Bruxelles dichiarava di averne personalmente “recuperati altri otto”, alludendo a finiani e centristi pronti all’esodo dopo la sconfitta.
Degli otto arrivi non vi è più traccia e il Cavaliere attribuisce la colpa a chi, da Pionati ad altri, si sarebbe mosso senza la dovuta accortezza nei contatti.
Il gruppone intanto nascerà , sotto la guida, con molta probabilità , dello stesso Romano – se per lui il mini-rimpasto di fine gennaio non aprirà le porte di un ministero – o del faccendiere Silvano Moffa.
Con un handicap di immagine, però: il rischio di presentarsi col pessimo brand di partenza del gruppo dei “comprati”.
Romano, che dei “responsabili” si definisce “l’ostetrico”, nega: “Non siamo stati comprati da nessuno e siamo qui per sostenere il governo, salvare il Paese in crisi dal voto e trasformarci in polo attrattivo”.
A breve il nuovo gruppo sarà interlocutore di Berlusconi quando si discuterà di nuovi ingressi al governo.
Siliquini, Polidori e Pionati già in pole da sottosegretari.
Nucara e Calearo in corsa per qualcosa di più.
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Dicembre 20th, 2010 Riccardo Fucile
AI TEMPI DI TANGENTOPOLI ERA IN MEZZO AI GIOVANI MISSINI CHE AVEVANO CIRCONDATO LA CAMERA, IMPEDENDO L’ACCESSO AI DEPUTATI… FINI’ INDAGATO PER TURBATIVA DELL’ATTIVITA’ DEL PARLAMENTO… ORA VUOLE ARRESTARE CHI MANIFESTA PER L’UNIVERSITA’ E IMPEDIRE CHE GLI STUDENTI RAGGIUNGANO MONTECITORIO…. CONVERTITO SULLA VIA DI ARCORE
Era il 1 aprile 1993: Maurizio Gasparri era un parlamentare missino di 37 anni, con un
passato di giornalista al Secolo d’Italia e di dirigente giovanile, sempre alla corte delle persone giuste, da Almirante a Fini, a Tatarella.
Quel giorno un centinaio di militanti del Fronte della Gioventù cinge d’assedio la Camera, bloccandone l’ingresso.
Le forze dell’ordine vengono colte di sorpresa, per lunghi minuti gli “assalitori” spadroneggiano.
Le cronache parlano di biglie e monetine contro le vetrate d’ingresso, di insulti, di un tentativo di aggressione ad alcuni deputati, mentre si alzano cori da stadio contro i politici corrotti.
Siamo nel pieno della bufera di Tangentopoli.
Sempre le cronache dell’epoca raccontano che ai contestatori si uniscono diversi parlamentari del Msi: tra questi Gasparri, Buontempo, Pasetto, Nania e altri.
Sotto il giubbotto i manifestanti indossano tutti una maglietta con la scritta: “Arrendetevi, siete circondati”.
Gasparri è in mezzo ai contestori, solo l’intervento dei carabinieri evita che la situazione degeneri quando dai missini si alza il grido “All’attacco”.
Finisce tutto con qualche spintone: giustificazione risibile per la magistratura che indaga Gasparri e colleghi, oltre a 30 attivisti.
L’ipotesi di reato è di turbativa dell’attività del Parlamento, tutto finirà senza conseguenze per i parlamentari missini.
Ma se Gasparri ora vuole arrestare tutti i manifestanti e i dissidenti, quando era presidente del Fuan, l’organizzazione universitaria missina, indicava un’altra strada agli aderenti: “dobbiamo sempre porci come alternativa al sistema e mai perdere gli autobus rivoluzionari”, affermava durante il convegno “La destra e il ’68”.
Ora che si ritrova dall’altra parte della barricata, non gli si chiede certo di scendere in piazza con lo stesso spirito rivoluzionario: ormai è più dedito agli strapuntini di Palazzo Grazioli che alle piazze, più agli stipendi della Casta che ai sacrifici dei militanti.
Ormai la polizia non la contesta, dagli agenti semmai si fa scortare.
Ma per quel minimo di decoro che dovrebbe contraddistinguere chi ha fatto politica a destra in quei tempi, forse sarebbe opportuno conservasse un approccio diverso ai giovani che vogliono migliorare la società italiana.
Coi criteri che ora auspica per gli altri, lui avrebbe trascorso in carcere sicuramente qualche mese.
E pensare che lui contestava allora i “socialisti ladri” e sosteneva che “Di Pietro per me è un mito”, proprio quando il suo attuale sultano invece finanziava Craxi a botte di miliardi.
Strano destino dei piccoli uomini.
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Dicembre 20th, 2010 Riccardo Fucile
IL TRATTENIMENTO NEI CIE SARA’ L’ULTIMA SCELTA E NON PIU’ LA PRIMA….STOP ALLE DETENZIONI INFINITE E AI PROCESSI PENALI PER CHI VIOLA I DECRETI DI ESPULSIONE: IL CLANDESTINO PUO’ ESSERE TRATTENUTO AL MASSIMO 18 MESI
Santa Klaus porta in dono la direttiva europea 2008/115/CE del 16 dicembre 2008, meglio nota come “direttiva rimpatri”, il cui termine per l’applicazione nei paesi membri scade proprio i124 dicembre e finirà per cancellare un bel pezzo della Bossi-Fini.
Detta in maniera spicciola si tratta di un complesso di norme che regolano “il rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare” e che, al momento dell’approvazione, si attirò critiche di ogni genere: una legge dura, insomma, ma rispetto a quella italiana il paradiso dei diritti del migrante.
In questi due anni i singoli Stati avrebbero dovuto adeguare le loro leggi a quelle comunitarie, l’Italia però lo ha fatto a modo suo: coi vari pacchetti sicurezza ne hanno preso solo le parti che potevano peggiorare il trattamento dei clandestini (vedi il prolungamento da due a sei mesi del trattenimento nei Cie).
Adesso, però, non ci sono più deroghe: la direttiva europea sarà pienamente operativa a Natale e, dunque, vincolante anche per noi visto l’articolo 117 della Costituzione.
Procure e Tribunali dovranno applicarla o, se non se la sentono, ricorrere alla Consulta o alla Corte di Giustizia Ue ed è prevedibile che quest’ultima, per lunga giurisprudenza, faccia strame della legge italiana.
E qui viene il bello.
“Il sistema di rimpatrio delineato dalla normativa europea è incompatibile col nostro”, spiega l’avvocato torinese Guido Savio, uno dei membri dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione.
La direttiva Ue, in buona sostanza, finirà per disapplicare, come si dice tecnicamente, parti sostanziose del Testo Unico italiano sull’immigrazione. Vediamo perchè.
Per la Bossi-Fini il clandestino va espulso subito, preso di peso e rimandato a casa.
Se questo non è possibile perchè non si sa da dove viene o non c’è un accordo col suo paese, lo si parcheggia nel Cie fino a soluzione del problema.
Questo sulla carta: i posti nei Centri sono pochi, i soldi per i rimpatri coatti ancora meno e magari il tizio non verrà mai identificato.
Risultato: solo un terzo delle espulsioni “cartacee”, dice la Caritas, sono reali. “La direttiva invece – spiega ancora Savio – prevede l’allontamento forzato solo in casi estremi e punta tutto sul rimpatrio volontario con una sorta di meccanismo premiale: caro migrante, se te ne vai da solo potrai tornare regolarmente, altrimenti scatta il divieto di ingresso per cinque anni (in Italia sono 10, ndr). Di più, il trattenimento nei Cie per la Ue è l’estrema ratio, per l’Italia la regola”.
Ma è un altro, implicito, l’effetto di maggior peso.
La direttiva è incompatibile col trattamento “penale” della clandestinità scelto dal governo Berlusconi, in particolare coi famigerati commi ter e quater dell’articolo 14 della legge sull’immigrazione, che ingolfano i tribunali e ne svuotano le casse essendo inutilmente responsabili di almeno la metà dei processi per direttissima.
In quelle righe si prevede quanto segue: lo straniero che non rispetta l’ordine del questore di andarsene entro cinque giorni si becca da uno a quattro anni di galera e, se insiste dopo il secondo ordine, da uno a cinque anni.
Ancora Savio: “In questo modo si può privare il clandestino della libertà praticamente all’infinito: ti arresto e ti metto in un Cie; non riesco ad espellerti allora ti ordino di andartene; non lo fai, ti arresto e ti do quattro anni; tu resti ancora e te ne do cinque; quando esci si ricomincia dal Cie”.
La direttiva Ue, invece, “stabilisce che il clandestino può essere trattenuto per un massimo di 18 mesi».
Lo sanno tutti che questa è una bomba atomica.
Lo sa pure il governo, che infatti ha provato riparare a modo suo.
Siccome la direttiva consente agli Stati di fare un’eccezione per quegli “stranieri sottoposti a rimpatrio come sanzione penale”, a palazzo Chigi si sono inventati il trucchetto del reato di clandestinità .
Pena: o 10mila euro di ammenda o l’espulsione.
“È una truffa che la Ue non accetterà mai” insiste Savio, perchè così la norma comunitaria in Italia non avrebbe corso, visto che tutti i clandestini commettono il reato di essere quello che sono: questo, hanno spiegato autorevoli studiosi, violerebbe il principio “dell’effetto utile” (sancito dalla Corte di giustizia) perchè vanifica gli intenti stessi della norma comunitaria. Risultato: nuove procedure di infrazione e nuove multe.
Ecco perchè questo 24 dicembre è Natale per i clandestini (e pure per i Tribunali).
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Dicembre 20th, 2010 Riccardo Fucile
CORO DI NO ALLA PROPOSTA DEL DASPO PER I MANIFESTANTI FERMATI… “LA LIMITAZIONE DELLA LIBERTA’ PERSONALE SPETTA ALLA MAGISTRATURA, NON AI QUESTORI”… I PARERI DI VARI DOCENTI UNIVERSITARI
“In nome della sicurezza non si possono espropriare i diritti fondamentali”. 
I costituzionalisti lanciano l’allarme e bocciano l’estensione del Daspo alle manifestazioni di piazza: “Il rischio è di violare le libertà costituzionali”.
Il divieto di assistere a spettacoli sportivi è una misura restrittiva della libertà personale, disposta dall’autorità di pubblica sicurezza (il questore) nei confronti di una persona ritenuta pericolosa.
È una misura di prevenzione – che prescinde cioè dalla commissione di un reato – giudicata legittima dalla Consulta con la sentenza 512 del 2002.
Qual è allora il problema?
“Una cosa è comprimere il diritto di tifare Lazio, un’altra limitare il diritto di manifestare contro una riforma universitaria – risponde Michele Ainis, costituzionalista a Roma Tre – in questo secondo caso, infatti, c’è una tutela costituzionale rafforzata, perchè esistono diritti funzionali ad altri”.
Tradotto: “La democrazia non si limita al voto e se prima delle elezioni non potessi manifestare la mia opinione, verrebbe aggredito un bene costituzionale di valore ben superiore al tifo calcistico”.
Per questo “i beni costituzionali vanno bilanciati e in nome della sicurezza, o della paranoia della sicurezza, non si possono certo espropriare i diritti”.
Sulla stessa linea, il ragionamento di Stefano Merlini, costituzionalista a Firenze: “In base all’articolo 17 della Costituzione, le riunioni in luogo pubblico possono vietarsi “solo per comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica”. Il divieto vale dunque per tutti ed è esclusa la possibilità di impedire a un singolo cittadino di partecipare a riunioni non vietate. Non solo. Sulle misure di prevenzione si discute ormai da anni. Limitare la libertà personale con pronuncia dell’autorità di pubblica sicurezza, e non del giudice, è già al limite della costituzionalità nell’ambito sportivo; se esteso alla piazza travolgerebbe tutto il sistema delle libertà costituzionali, violerebbe la riserva di giurisdizione indicata dall’articolo 13 della Costituzione e rischierebbe di riportarci a una situazione simile a quella originaria del Testo unico di pubblica sicurezza”.
Contro il rischio di generalizzare una misura eccezionale si schiera anche Gaetano Azzariti, costituzionalista alla Sapienza di Roma: “Con una reazione emotiva e poco razionale agli avvenimenti complessi degli ultimi giorni – sostiene il giurista – il governo ancora una volta si contrappone all’autonomia e al ruolo della magistratura, alla quale sola spetta il potere di limitare la libertà di circolazione”.
E ancora: “Tutto questo è segnale di una cultura di governo più attenta alle questioni d’ordine pubblico, che alle garanzie di libertà dei cittadini, col rischio concreto di disattendere il chiaro quadro costituzionale improntato al garantismo”.
Alla cautela invita Federico Sorrentino, docente di diritto costituzionale a Roma, “perchè – premette – vanno comprese le legittime esigenze della sicurezza pubblica”.
Ma non per questo il giurista nasconde la sua “perplessità su una misura grave e di dubbia conformità al quadro costituzionale”.
L’estensione del Daspo al di là del ristretto ambito sportivo, infatti, “non incide tanto sull’articolo 21 della Costituzione relativo alla libertà di manifestazione del pensiero, quanto principalmente sull’articolo 17 che prevede la possibilità di vietare le riunioni per motivi di sicurezza, ma mai fa riferimento al singolo manifestante”.
Vladimiro Polchi
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 20th, 2010 Riccardo Fucile
PARLA ROGNONI, MINISTRO DEGLI INTERNI NEL 1979: “NON C’E’ PIU’ IL CLIMA DEGLI ANNI SETTANTA: E POI NOI NON ABBIAMO MAI FATTO ARRESTI PREVENTIVI”…”QUELLO DI OGGI E’ UN PROBLEMA DI ORDINE PUBBLICO, NON DI TERRORISMO”…”DA GASPARRI SOLO PAROLE STRAMPALATE. I DASPO? ILLIBERALI”
Il 7 aprile 1979, quando il magistrato padovano Pietro Calogero fece scattare la più grande retata di estremisti mai vista in Italia, ministro dell’Interno era il democristiano Virginio Rognoni.
La Dc aveva una sponda importante nella sua linea dura contro la violenza di piazza: il Pci.
E infatti i comunisti approvarono subito il blitz di Calogero.
Insomma c’era un vasto consenso politico all’uso del rigore nei confronti di quell’ambiguo mondo che in qualche modo spalleggiava, proteggeva, nascondeva il terrorismo di estrema sinistra.
Eppure Rognoni, che oggi ha 86 anni e vive a Pavia, sembra non credere alle proprie orecchie quando gli riferiamo che il presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri ha chiesto «arresti preventivi» citando proprio il blitz del 7 aprile.
«Ha detto proprio così? Ma che cosa c’entra il 7 aprile?».
Ha detto proprio così, ministro. Ha detto che bisogna fare come allora.
«Ma noi non abbiamo mai fatto arresti preventivi. Sono provvedimenti che non hanno senso».
Neanche in situazioni di particolare emergenza?
«Guardi, noi a un certo punto, per contrastare il terrorismo avevamo introdotto il fermo di polizia. Consentiva appunto di fermare persone sospettate di avere commesso reati e di trattenerle per due o tre giorni, non ricordo bene, prima di consegnarle all’autorità giudiziaria, cioè al magistrato. Ma era una cosa ben diversa dagli arresti preventivi. La polizia poteva fermare persone che, come ho detto, erano sospettate di avere già commesso un reato: non di essere in procinto di commetterlo».
Il fermo di polizia funzionò?
«Non servì a niente. E infatti a un certo punto lo levammo».
Torniamo agli arresti preventivi.
«Quelle di Gasparri mi paiono parole strampalate. Il 7 aprile la magistratura ordinò l’arresto di persone che si riteneva si fossero rese responsabili di gravi reati. C’era di mezzo anche un omicidio. E poi il sequestro Moro: Toni Negri era sospettato di essere stato uno dei telefonisti delle Brigate Rosse. Negri da questa accusa fu poi assolto, perchè risultò che la voce non era la sua. Ma fu condannato per altro. Così come furono condannati altri estremisti dell’Autonomia».
Dove sbaglia Gasparri?
«Nel non distinguere tra la punizione per reati già commessi e il processo alle intenzioni. L’inchiesta di Calogero era un’inchiesta seria, con imputazioni precise, moltissimi arrestati. Calogero indagava su attività illegali precise e diffuse. Gasparri fa una confusione totale, gli arresti preventivi non c’entrano niente. E sarebbero provvedimenti illiberali».
E dei «Daspo» proposti dal sottosegretario Mantovano che cosa pensa?
«Sono contrario anche a quelli. Mi sembrano provvedimenti illiberali anche quelli. I cortei sono libere manifestazioni di pensiero, non si può impedire a nessuno di parteciparvi».
Anche se poi va a spaccare vetrine, incendiare auto e tirare pietre ai poliziotti?
«Se lo fa, lo si arresta e lo si mette in carcere. Ma non si può intervenire prima sulla base di una supposizione».
Ma lei non rivede, in quello che sta accadendo in questi giorni, il clima terribile che visse da ministro dell’Interno?
«Quello di oggi è un problema di ordine pubblico. Quello dei miei tempi era terrorismo».
Allora si cominciò con l’ordine pubblico, e poi si finì con i killer delle Br. Non teme che la storia possa ripetersi?
«No. Non si può fare un parallelo tra allora e oggi. Sono situazioni completamente diverse. Non temo il ritorno del terrorismo, non c’è il clima degli anni Settanta e Ottanta».
Michele Brambilla
(da “La Stampa“)
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Dicembre 20th, 2010 Riccardo Fucile
LA LEGA SI DIMENTICA DELLA SICUREZZA: NEL BILANCIO DELLA REGIONE VENETO NON VIENE DESTINATO UN EURO… EPPURE IL VENETO E’ LA REGIONE DEL NORD CON IL LIVELLO DI PAURA PIU’ ELEVATO TRA I CITTADINI.. MA LA LEGA HA DECISO PER TUTTI: NON ABBIAMO SOLDI, QUINDI IL VENETO E’ SICURO
Nel bilancio della regione Veneto la sicurezza scompare dai capitoli di spesa. 
Emergenza finita?
Per i politici sì, ma in realtà sono i soldi ad essere finiti.
Nella patria dei sindaci sceriffi, delle ronde, delle campagne elettorali passate più a parlare di immigrati che di politica, la sicurezza non è più un problema. Almeno, non lo è per la Lega.
Siamo in Veneto e, dopo l’approvazione di un bilancio “lacrime e sangue”, come l’ha definito il governatore (leghista) Luca Zaia, che assegna zero euro al tema della sicurezza, a dare l’annuncio di un problema che non esiste più è il capo del partito, la Liga Veneta, Gian Paolo Gobbo, ascoltato come un vate in Nordest e secondo per preferenze (quando c’erano) solo a Umberto Bossi.
“Soldi non ce ne sono”, ha detto Gobbo.
“La madre di tutto è il federalismo e tutto il resto va da sè, per cui si cerca di fare il meglio con quello che si ha. Non so se verranno tempi migliori, ma oggi come oggi la situazione è questa. Per cui quello che si può fare, si fa. Per il resto invece, se non ce n’è, non ce n’è. Sociale e sanità sono stati salvaguardati e credo che già questo sia molto importante. Dopodichè evidentemente la sicurezza non è più un’emergenza in Veneto”.
Un cambio storico per la Lega.
Difficile, nella prossima campagna elettorale, continuare a stuzzicare gli umori col problema della sicurezza, con questi immigrati che rubano e sono un peso per la società .
E singolare è che a dirlo sia proprio Gobbo che, per colpa dei “ladri” venuti da lontano ha sulle spalle un’imputazione per banda armata.
Ma Gobbo non è il solo.
Gobbo, a gennaio è stato rinviato a giudizio insieme a 36 militanti e esponenti della Lega Nord nell’inchiesta della procura della Repubblica di Verona riguardo le Camicie Verdi e la Guardia Nazionale Padana.
L’inchiesta è stata avviata per indagare su fatti risalenti al periodo 1996/97, secondo l’accusa quella delle Camicie Verdi sarebbe stata un’associazione a carattere militare e quella cosa chiamata Guardia nazionale padana sarebbe stata istituita con il solo scopo di organizzare la secessione del Nord dal resto d’Italia”.
Ma i 36 della Lega probabilmente non verranno mai condannati, visto che dallo scorso 9 ottobre il reato di banda armata è stato depenalizzato.
Se Gobbo lascia un piccolo margine d’interpretazione alle sue parole (“evidentemente non è più un problema”) è molto più esplicito Gianpaolo Vallardi, il leghista che i pattugliamenti dei cittadini se li è praticamente inventati: “La sicurezza per noi sarà sempre uno dei temi principali. Ma dopo due anni di governo Berlusconi possiamo dire che il Veneto adesso vive una situazione felice”.
Tutti parlano, nessuno presenta dati credibili.
Ma è politica, of course.
Sicuramente la Lega, “il partito della gente”, non ha fatto i conti con quello che ha detto l’Istat dieci giorni fa durante la presentazione del rapporto su “Reati, vittime e percezione della sicurezza”, secondo cui è diminuito negli ultimi anni il numero di italiani che si sentono “molto sicuri”, e le zone di maggiore criticità risultano Campania, Lazio e Puglia al sud e, appunto, il Veneto per le regioni del nord.
“Nel territorio”, spiega l’Istat, “emergono alcuni luoghi di maggiore criticità : la Campania, il Lazio e la Puglia si posizionano sempre nei livelli più alti della graduatoria sia rispetto ai reati subiti, che al timore di subirli nonchè in relazione alla percezione di insicurezza e al degrado della zona.
Tra le regioni del nord invece è il Veneto a mostrare i “livelli più elevati di paura tra i cittadini“.
I reati per cui è cresciuta la preoccupazione sono rapine e aggressioni, scippi e borseggi, e soprattutto le violenze sessuali, di cui ha paura più del 50% delle donne.
E’ cresciuta l’influenza della criminalità sulle abitudini di vita, salita dal 46,3% al 48,5%.
Tra i cambiamenti di questi anni, il miglioramento del giudizio sul lavoro delle forze dell’ordine, apprezzate in egual misura da nord a sud.
Di conseguenza, se ne deduce, che non siano le ronde a risolvere i problemi nè Berlusconi con la bacchetta magica, ma forse qualche merito ce l’hanno le forze dell’ordine, nonostante anche loro siano alla canna del gas e in aperta contestazione di questo governo.
E comunque la percezione della sicurezza in Veneto è un problema che rimane serio.
D’altronde Zaia è stato chiaro fin dall’inizio nel presentare il bilancio ai suoi alleati: “Soldi non ce ne sono, riduciamo tutto, ma la sanità non si tocca”.
La sicurezza, che ha anche un assessorato, avrebbe dovuto prendere qualche fondo in meno, ma alla fine, con una coperta corta, è finita a zero euro.
E come per magia si è risolto il problema.
Emiliano Liuzzi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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