Dicembre 22nd, 2010 Riccardo Fucile
IL PDL APPOGGIA LA POSIZIONE DEL FACCENDIERE MOFFA CHE ESENTA CERTE AZIENDE DAGLI OBBLIGHI PREVISTI IN MATERIA DI REGISTRO DI CARICO E SCARICO DEI RIFIUTI… LA PRESTIGIACOMO AVEVA CHIESTO IL RINVIO IN COMMISSIONE PER TUTELARE L’AMBIENTE E NON GLI INTRALLAZZI… SI ISCRIVERA’ AL GRUPPO MISTO: DAI BANCHI DEGLI ACCATTONI URLANO “DIMISSIONI”: CHI NON INTRALLAZZA NON HA DIRITTO A STARE CON LORO
Nella maggioranza appena uscita per il rotto della cuffia dalla prova di forza con Fli sulla sfiducia scoppia ora la grana Prestigiacomo.
Al culmine di una lunga serie di dissapori e veri e propri incidenti di percorso con vari colleghi del centrodestra e del governo, il ministro dell’Ambiente ha annunciato la sua uscita dal Pdl.
Visibilmente scossa, praticamente in lacrime, la Prestigiacomo parlando con i cronisti in Transatlantico ha spiegato: “Non mi riconosco più nel Pdl, pertanto resterò al governo, ma mi dimetto dal gruppo e mi iscriverò al Misto”.
“Parlerò direttamente a Berlusconi” della vicenda, ha poi aggiunto.
A far traboccare il vaso è stato l’episodio avvenuto oggi a Montecitorio quando il ministro dell’Ambiente ha votato diversamente dalla maggioranza, e non per errore.
Il pronuciamento riguardava la proposta di sospendere l’esame del testo sulla libera imprenditorialità ed il sostegno del reddito (avanzata dal Pd).
Un’ipotesi che aveva trovato il parere favorevole della Prestigiacomo in quanto il testo contiene “disposizioni in materia ambientale”.
In particolare, l’articolo in via transitoria, esonera le imprese costituite da disoccupati e cassintegrati dagli obblighi previsti in materia di comunicazione e catasto dei rifiuti, di registro di carico e scarico dei rifiuti e di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali.
Il ministro ha quindi votato con l’opposizione a favore della sospensione, ma la proposta è stata bocciata per tre voti di scarto.
Dopo il voto, visibilmente contrariata, il ministro ha preso le sue carte e ha lasciato di corsa l’Aula, mentre dai banchi del Pdl sono arrivate urla “dimissioni, dimissioni”. “Resto ministro finchè Berlusconi lo riterrà “, ha aggiunto.
“Il rinvio – ha precisato ancora – doveva essere l’unica cosa saggia da fare per approfondire il tutto e verificarlo. Prendo atto che il capogruppo (Cicchitto, ndr) non ha voluto questo, ha voluto esporre il governo a questo tipo di votazione”.
Quella di oggi più che una sorpresa è però una resa dei conti.
Feroci polemiche tra il ministro e il Pdl si erano ripetute sempre più spesso negli ultimi giorni, anche con colpi proibiti.
Qualche settimana fa ad esempio con i voti della stessa maggioranza Camera e Senato avevano bocciato la candidatura del capo di gabinetto del ministero dell’Ambiente a membro dell’agenzia sulla sicurezza nucleare.
Per tutta risposta il ministro aveva votato qualche giorno dopo con le opposizioni sul decreto rifiuti.
Ora la rottura tra la Prestigiacomo e Pdl, posto che non rientri grazie alla mediazione del premier, torna ad agitare le acque nelle già provata maggioranza.
Un contributo decisivo alla sconfitta del ministro è arrivato infatti dal un “neoacquisto”, l’ex Fli Silvano Moffa.
Le opposizioni hanno avuto quindi gioco facile nel puntare il dito contro il caos che regna tra il Pdl e i suoi cespugli. “La situazione è questa: è evidente che anche il centrodestra non crede a quel che dice cioè che il Paese è governabile e che possono garantire la stabilità . Ogni giorno si testimonia un altro film, dal 14 dicembre è successo qualcosa e aver salvato la pelle non vuol dire aver salvato la prospettiva”, avverte il segretario del Pd, Pierluigi Bersani.
“Prima salviamo il ministro Calderoli con un voto di astensione responsabile (ma non dica cazzate…ndr.); poi la maggioranza vota contro il parere del ministro Prestigiacomo, sfiduciandola politicamente. Non sappiamo più cosa fare” ironizza il deputato Udc Luca Volontè.
“Il teatrino messo in scena in Aula pochi minuti fa supera ogni limite di demenzialità e spiega bene come si sia potuti arrivare ad una situazione politica come quella in cui ci troviamo: Moffa, Pdl, ex finiano, che sfiducia il ministro Prestigiacomo…”.
argomento: Ambiente, Berlusconi, Costume, denuncia, economia, emergenza, governo, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »
Dicembre 22nd, 2010 Riccardo Fucile
NON PASSA LA MOZIONE DI SFIDUCIA CONTRO CALDEROLI, ACCUSATO DI AVER FATTO PASSARE CON UN SOTTERFUGIO LA NORMA SALVA CAMICE VERDI.. ERA STATO ABROGATO UN REATO PER SALVARE 33 LEGHISTI SOTTO PROCESSO… I FINIANI HANNO PERSO UNA GRANDE OCCASIONE PER RIMARCARE LA LORO DIVERSITA’, SALVANDO DI FATTO IL RESPONSABILE DI UNA OPERAZIONE VERGOGNOSA…E A SINISTRA LE COSE NON VANNO MEGLIO
L’Aula della Camera ha respinto la mozione di sfiducia presentata dall’Italia dei valori
nei confronti del ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli.
La mozione è stata bocciata con 188 sì, 293 no e 64 astenuti.
A favore della mozione hanno votato l’Idv e il Pd; Udc e Fli si sono astenuti.
Il governo era al gran completo in Aula: il banco ad esso riservato nell’Emiciclo era gremito di ministri e sottosegretari, precettati per l’occasione.
Quando la vicepresidente Rosy Bindi ha letto l’esito della votazione si è levato un applauso dai banchi del centrodestra.
I dipietristi accusavano di aver mentito «con premeditazione» al Parlamento sulla cosiddetta norma «salva-camicie verdi», sostenendo che il titolare alla Semplificazione normativa l’ha fatta abrogare con un sotterfugio.
Il ministro ha replicato spiegando che la scelta di abrogare il reato di associazione militare di stampo politico – per il quale sono sotto processo 36 camicie verdi – «risponde a una scelta effettuata dal comitato tecnico incaricato della redazione dello schema di codice dell’ordinamento militare».
Ricostruiamo i fatti.
Il 3 ottobre il ministro della Difesa, attraverso il portavoce, rilascia una nota stampa nella quale dice che l’inserimento del reato di associazione militare tra quelli da abrogare è un errore materiale e che il suo ministero si attiverà immediatamente per ottenere la rettifica in Gazzetta Ufficiale.
A quel punto l’Idv nella stessa data presenta una richiesta di rettifica, ma arriva l’8 ottobre e il governo non fa nessuna rettifica, per cui la norma entra in vigore e il reato viene abrogato.
Il consigliere Vito Poli, con un documento ufficiale del Consiglio di Stato, fa sapere che nel testo licenziato dalla commissione scientifica da lui presieduta questo reato non c’era, è stato inserito dopo al ministero della Semplificazione. Quindi una manina lesta lo ha inserito in un secondo tempo.
“E’ una vera ‘porcata ministeriale’ – denunciò l’Idv che ha presentato anche un esposto alla magistratura – Calderoli ha mentito al Parlamento e agli italiani in diretta tv durante il question time alla Camera ed è probabilmente lui la ‘manina’ o l’ispiratore della manina che ha inserito il provvedimento nel testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e che poi ha bloccato la rettifica che era stata proposta dal ministero della Difesa”.
Proprio in ragione della mancata rettifica e, quindi, del cosiddetto ‘favor rei’, i leghisti che avevano in corso un processo a Verona “la faranno franca, alla faccia dell’art. 18 della Costituzione che proibisce le associazioni che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.
Secco il commento del presidente Idv, Antonio Di Pietro: “Non è vero che le leggi ad personam vengano fatte e servano soltanto al presidente del Consiglio, sono fatte e servono anche alla Lega. C’è una vera ‘coalizione a delinquere’ che ha inventato un nuovo sistema per agire: la via legislativa”.
Ritorniamo al voto di oggi.
L’Idv accusa il Terzo polo di aver tenuto un atteggiamento «pilatesco» con l’astensione.
«Il Terzo polo, dopo aver condiviso tutte le nostre censure al ministro Calderoli, si è pilatescamente e contraddittoriamente astenuto».
Ci preme qua esprimere tre tipi di considerazioni.
In primo luogo Futuro e Libertà non può parlare di legalità e poi astenersi su un fatto gravissimo come l’operazione, compiuta da Calderoli, di sottrarre degli imputati a un regolare processo.
Il fatto era così evidente che in altri Paesi avrebbe portato alle immediate dimissioni di un ministro.
In secondo luogo o Fli si mette in testa di diventare al nord l’anti-Lega per retaggio storico e culturale, incalzando la feccia razzista e denunciando gli intrallazzi della “padagna del magna magna”, o è inutile sperare di raccogliere consensi .
In terzo luogo basta fare due conti per evidenziare un fatto.
Calderoli ha avuto 293 voti a favore contro i 314 della fiducia al governo: quindi ha perso 11 voti per strada e sarebbe stato battibile.
Contro Calderoli hanno votato in 188 deputati che anche sommati ai 64 astenuti di Fli, Udc, Mpa e Ad avrebbe portato il totale a 262 rispetto ai 311 della sfiducia al governo.
Non sarebbe servito a nulla in ogni caso anche un negativo voto del Terzo polo.
Vuol dire che ben 49 deputati dell’opposizione di sinistra erano assenti e in cocca coi leghisti.
Di Pietro dovrebbe prendersela con loro e guardarsi in casa: a qualcuno evidentemente fa comodo fare favori alla Lega.
Poi nessuno si lamenti se la Lega sta portando il Paese allo sfascio.
argomento: Berlusconi, Bossi, Casini, Costume, criminalità, denuncia, emergenza, Futuro e Libertà, governo, la casta, LegaNord, Parlamento, PD, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »
Dicembre 22nd, 2010 Riccardo Fucile
DAL PD AL PDL, GLI OMAGGI COSTANO MIGLIAIA DI EURO DI SOLDI PUBBLICI…DALLA TECNOLOGIA AL VINO, DAGLI ANELLI DI BERLUSCONI ALLE PESCHE SCIROPPATE, DAL NAVIGATORE SATELLITARE ALLO SPUMANTE, DAI GEMELLI D’ARGENTO DI CASINI AI TORTELLINI
Lettere smarrite dal Partito democratico: “Caro Babbo Natale, cara Anna Finocchiaro, dov’è finito il mio iPad 64 Gb da 800 euro?”.
Un bel regalo natalizio, con i soldi pubblici, che concilia moda e tecnologia.
Il dono pensato (e annunciato) dal capogruppo Finocchiaro piaceva a ciascuno dei 111 senatori, calmava le decine di correnti interne: ex comunisti, ex popolari, cattolici, agnostici e atei.
Per evitare doppioni sotto l’albero e spese inutili di tasca propria, la Finocchiaro comunicava ai colleghi il lieto evento già il 26 ottobre scorso: “la Presidenza sta trattando con la Apple la fornitura dell’iPad 64 Gb per i membri del gruppo. Non siamo ancora in grado di indicarvi la data della consegna”.
Però “abbiamo ritenuto utile avvisarvi di tale scelta in considerazione dell’approssimarsi delle festività natalizie”.
È così che un partito è compatto, granitico, unico.
Immune (mica tanto) a tentazioni e offerte di compravendite, salti di quaglie, rane pescatrici e mercati di vacche.
Come spesso accade al Pd, all’improvviso tra le mani resta un pacco, vuoto. La Mariapia Garavaglia conosce l’indecisione cronica del Pd: “le polemiche avranno frenato la Finocchiaro…”.
Natale è vicino, cercansi iPad: “A me non serve, l’ho comprato tempo fa”. Quale omaggio per i 206 deputati democratici?
“Al Senato sono più fortunati, sempre — scherza Franco Laratta — Per noi consigli di lettura: Indietro tutta, l’ultimo libro di Laura Boldrini”.
La cultura nel Pd natalizio va forte.
Il senatore Mario Gasbarri, sempre in forma epistolare (sarà un vezzo), distribuisce buoni acquisto per la Feltrinelli: “Da ritirare presso l’amministrazione”.
Il Pdl è davvero il partito del fare: promette, mantiene.
Silvio Berlusconi ha spedito ai parlamentari centinaia di iPad e una cartolina di auguri.
Il presidente del Consiglio ha pure insegnato ai suoi le fasi di stoccaggio per la spazzatura: raccolta, riciclo e conferimento.
Ha imparato bene la lezione un deputato milanese, fiero di sè: “ho ritirato l’iPad, ma l’ho lasciato in auto per girarlo a un mio amico. Faccio un’ottima figura, no?”.
Berlusconi ha riservato alle 37 parlamentari Pdl un anello tricolore, tre fedine create da un gioielliere piemontese: una di oro rosa con rubini, una di oro bianco con brillanti, una di oro giallo tempestata di smeraldini.
Al modico prezzo di 1.400 euro, pagati sull’unghia con i soldi (pubblici) a disposizione del partito.
Il ministro (e coordinatore Pdl) Ignazio La Russa indica la strada ai colleghi con un navigatore satellitare, Mariastella Gelmini ha ordinato casse da sei bottiglie di spumante.
Doni riservati ai funzionari lombardi del Pdl: anche un brindisi fa campagna elettorale.
Ennesima dimostrazione di pluralismo di Futuro e Libertà : i finiani non osano fare un regalo, offrono a scelta un iPhone o un iPad.
Tra chi entra e chi esce, molto sarà più chiaro studiando le preferenze di falchi e colombe.
Attenzione: nel Pdl circolano solo iPad.
E i leghisti? Il deputato Davide Caparini fa la morale: “Non sprechiamo i soldi pubblici per oggetti inutili. Noi ci scambiamo, a nostre spese, prodotti tipici dei paesi padani: la senatrice Rosy Mauro compra biscotti fatti a mano”. Niente regali, i leghisti chiedono: “Caro Gesù bambino, per Natale vorrei l’approvazione del federalismo fiscale”, e il ministro Roberto Calderoli colora il suo bigliettino con i pastelli e disegna un’Italia capovolta.
Non mancano mai per i leghisti cravatte e pochette rigorosamente verdi. Marco Reguzzoni, capogruppo a Montecitorio, custodisce e dispensa con equilibrio pochi esemplari di pesche sciroppate limonate, frutto raro reperibile a stagioni alterne sul lago di Como.
L’Italia dei Valori fa economia: una bottiglia per la Camera, portafogli per il Senato.
L’Udc di Pier Ferdinando Casini spende di più: gemelli d’argento per gli uomini, collane d’oro per le donne.
E un cestino di leccornie : “Tortellini, mortadella, prosciutto…”, elenca il deputato Roberto Rao.
Ma il Natale sarà triste e avaro per decine e decine di parlamentari iscritti al Gruppo Misto.
Nessuno avrà un regalino, un cotechino, un caciocavallo per chi ha sostenuto, con “alto senso di responsabilità nazionale”, il governo di Berlusconi: Antonio Razzi e Domenico Scilipoti ex Idv, Catia Polidori, Maria Grazia Siliquini, Silvano Moffa ex Fli.
E tanti, tantissimi soccorritori estemporanei che scontano con l’albero nudo il voto al governo del 14 dicembre.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Berlusconi, Bersani, Bossi, Casini, Costume, denuncia, Di Pietro, Fini, governo, la casta, LegaNord, PD, PdL, Politica, radici e valori, sprechi, Udc | Commenta »
Dicembre 22nd, 2010 Riccardo Fucile
“VALUTEREMO DI VOLTA IN VOLTA, LA GENTE NON CAPIREBBE UNA OPPOSIZIONE PREGIUDIZIALE”…LO CONFORTA UN SONDAGGIO IPSOS: LA COALIZIONE DEL TERZO POLO SALE AL 20% CON FUTURO E LIBERTA’ AL 9,5%… DA SOLI INVECE I FINIANI AL 6%
Nella sala del Mappamondo – per decenni la stanza più magica di Montecitorio con i suoi
libri secolari rigorosamente ordinati, ma da qualche tempo trasformata in uno dei tanti luoghi da convegni – il Presidente della Camera sta facendo l’elogio della stabilità : «Questa è una legislatura che può durare».
Gianfranco Fini lo dice davanti ai giornalisti parlamentari, radunati per il rito degli auguri e ai quali però si chiede di non fare domande, demandate al presidente dell’Asp Pierluca Terzulli.
Il messaggio «continuista» di Fini, in contrasto con recenti, impegnative profezie («Berlusconi non avrà la fiducia»), va collegato ad una successiva esternazione, quando Fini ha auspicato la modifica dell’attuale legge elettorale, perchè entrerebbe in conflitto con «una diversa configurazione del panorama politico».
Fuor di politichese, Fini vuole dire che se alle prossime elezioni si presentasse il Terzo Polo, allo schieramento vincente potrebbe bastare il 35-40% per conquistare il 55% dei seggi, configurando una truffa politica più seria di quella che si sarebbe consumata se fosse diventata operativa la famosa legge truffa del 1953.
Dunque, il Presidente della Camera fa capire che a lui non dispiacerebbe una legislatura che durasse fino alla scadenza naturale del 2013 e che considera strategica la prospettiva del cosiddetto Terzo Polo.
Fin qui il Fini pubblico.
Ma il Fini privato, quello che ha parlato in serata ad una cena di parlamentari futuristi, si è spinto molto più avanti, delinenando una vera e propria controsvolta, una sorta di «contrordine compagni».
Se fino al 14 Belusconi era il nemico numero uno, da abbattere con una mozione di sfiducia, ieri Fini ha detto: «Basta contrapposizioni Fini-Berlusconi, cerchiamo di lavorare sui contenuti e sulle proposte concrete», sul piano parlamentare, «davanti ad una maggioranza risicata e monca», «valuteremo di volta in volta», anche perchè «l’opinione pubblica non capirebbe una opposizione pregiudiziale».
Certo, Fini ha detto che il nuovo Polo «per il momento non è un partito e neppure un cartello elettorale», ma la linea soft con Berlusconi è la traduzione letterale di quanto già stabilito in un incontro precedente, assieme a Pier Ferdinando Casini.
Una linea nella quale l’Udc si ritroverà naturalmente, ma che per il Fli rappresenta un brusco cambio di marcia.
Da quel che si apprende dai partecipanti alla cena, Fini non avrebbe accompagnato questa svolta con passaggi autocritici, ma semmai avrebbe invitato i suoi parlamentari «a stare tutti un po’ zitti fino al 10 gennaio», «fate che siano gli altri a parlare».
E ancora: «Ho sentito da voi voci interessanti, ma a volte anche strampalate».
In altre parole, Fini ha impliticitamente rimbrottato quei parlamentari che da sei mesi hanno interpretato in prima linea l’oltranzismo finiano.
E anche per gli interpreti più convinti di una linea politica laica Fini ha suggerito prudenza: «Sui temi etici non cadiamo in trappole strumentali».
Un altro implicito segnale che l’alleanza con l’Udc qualche «prezzo» lo comporterà .
Ma proprio sulle potenzialità del Terzo Polo, cominciano ad arrivare segnali interessanti.
Dice Italo Bocchino, braccio destro di Fini: «Gli ultimi studi demoscopici dimostrano che la coalizione ha una capacità attrattiva che va oltre l’appeal dei singoli partiti».
Effettivamente in un complesso sondaggio realizzato per «Il Sole 24 0re» dalla Ipsos di Nando Pagnoncelli il 17 dicembre (tre giorni dopo il voto di fiducia al governo), si scopre che se si sommano le percentuali dei singoli partiti del Terzo Polo (Udc di Casini, Fli di Fini, Api di Rutelli, Mpa di Lombardo) si raggiunge la quota del 13,2%, mentre se ai potenziali elettori si esplicita che quegli stessi partiti sono uniti in coalizione il gradimento sale fino al 20%.
Con una lievitazione che gratifica tutti: l’Udc (passa da un 5,8% in solitaria al 7,4%), ma in special modo il Fli che sale dal 5,9% ad una percentuale di tutto rispetto, il 9,5%.
Dunque, il Terzo Polo sembra far bene al Fli di Fini, anzi si rivela una specie di additivo.
Fabio Martini
(da “La Stampa“)
argomento: Casini, elezioni, Fini, Futuro e Libertà, governo, Politica, radici e valori | Commenta »
Dicembre 22nd, 2010 Riccardo Fucile
IL CODICE DI AUTOREGOLAMENTAZIONE IMPEGNA I PARTITI A NON CANDIDARE ALLE AMMINISTRATIVE INQUISITI O CONDANNATI PER DETERMINATI REATI, MA LA LISTA DEGLI INDEGNI ( CIRCA 50) E’ TUTTORA SEGRETATA… LA FINIANA ANGELA NAPOLI: “IN COMMISSIONE ANTIMAFIA IL PDL SI STA OPPONENDO CON TUTTE LE SUE FORZE ALLA PUBBLICAZIONE DEI NOMI”
“Santi Zappalà è in buona compagnia. Il consigliere regionale della Calabria, arrestato ieri perchè accusato di rapporti con la ‘ndrangheta, è stato candidato (ed eletto) nelle liste del Pdl in violazione del Codice di autoregolamentazione della Commissione Antimafia.
La lista degli “indegni”, come li chiamò lo scorso 12 ottobre lo stesso presidente dell’Antimafia, è pronta (le Prefetture inadempienti, circa 30 due mesi fa, hanno risposto all’appello di Pisanu consegnando i dati di loro competenza) ma non è detto che sia resa pubblica.
Il codice di autoregolamentazione, approvato nel 2007, impegna le forze politiche a non candidare alle elezioni amministrative (per le politiche vale tutto o quasi) “coloro nei cui confronti sia stato emesso decreto che dispone il giudizio o misura cautelare non annullata (…) o che si trovino in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive o condannati con sentenza anche non definitiva” e vale per i delitti di associazione e concorso in associazione mafiosa, estorsione, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, e traffico illecito di rifiuti.
In compagnia di Zappalà ci dovrebbero essere almeno quaranta candidati (non tutti eletti), equamente distribuiti lungo lo Stivale e politicamente trasversali, con una percettibile preferenza per il centro-destra, anche se molti dei candidati si sono presentati con liste civiche o liste civetta la cui collocazione è talvolta di difficile collocazione.
Secondo Walter Veltroni, membro dell’Antimafia, “alla ripresa dei lavori della
Commissione la lista sarà consegnata ai presidenti di Camera e Senato e varrà resa pubblica. C’è già un accordo con il presidente Beppe Pisanu”. Meno ottimista Fabio Granata (Fli), che della Commissione è vicepresidente: “È una decisione che spetta all’Ufficio di Presidenza che in genere delibera all’unanimità . Noi e la sinistra abbiamo chiesto che la lista sia resa pubblica al più presto, ma il Pdl crediamo che si opporrà . Quello che emerge dalle ultime inchieste della magistratura è un quadro gravissimo e allarmante di soggetti indegni che il Parlamento e l’opinione pubblica devono conoscere, e della cui candidatura i partiti devono assumersi la grave responsabilità ”.
La sua collega di partito Angela Napoli conferma: “In Ufficio di Presidenza il Pdl si sta opponendo con tutte le sue forze alla pubblicazione della lista”. Dello stesso parere Laura Garavini del Pd: “Contiamo che a gennaio i nomi vengano resi noti, ma dubito che ci sarà l’unanimità ”.
Beppe Pisanu, per il momento, non si pronuncia.
Secondo Fabio Granata sarebbe sua ferma intenzione dare corso alla pubblicazione dei nomi, ma le delibere dell’Ufficio di Presidenza della Commissione Antimafia sono tradizionalmente adottate all’unanimità e il muro opposto dal Pdl rischia di tenere nascosto il tutto.
Come detto, nella black list ci sarebbero una quarantina di persone, ma c’è chi parla di centinaia: “Ci sono state fughe di notizie – dichiara Garavini – che parlano di centinaia di nomi, ma questo è dovuto al fatto che molte prefetture hanno segnalato anche fattispecie di reato non previste nel Codice dell’Antimafia”.
Insomma un esercito nemmeno troppo piccolo; e se pure qualche prefettura è stata troppo zelante, sempre di reati si tratta.
Le “fughe di notizie”, che poi fughe non sono, perchè a livello locale le liste degli “impresentabili” sono spesso ben note, annoverano esponenti di spicco di molte amministrazioni regionali un po’ in tutta Italia.
In Campania, per esempio – come ha ricordato Sergio Rizzo sul Corriere della Sera – c’è il consigliere regionale Pietro Diodato del Pdl, presidente di Commissione nonostante un’interdizione dai pubblici uffici di cinque anni a causa di una condanna definitiva a un anno e mezzo rimediata per i disordini nei seggi elettorali nel 2001.
O l’ex Margherita Roberto Conte, condannato in primo grado per concorso esterno in associazione camorristica ugualmente candidato nonostante l’opposizione dell’attuale presidente Caldoro.
La Calabria, all’onore delle cronache, annovera tra i candidati alle regionali del marzo 2010 Tommaso Signorelli, ex Pd messo in lista dalla lista di centrodestra Socialisti Uniti, arrestato nel 2008 in quanto assessore del comune di Amantea, sciolto per infiltrazioni mafiose.
Tuttavia l’elenco degli “indegni” non è certo questione circoscritta alle regioni del Sud.
Una cosa è certa: per candidarsi alle elezioni comunali, regionali e circoscrizionali è necessario – almeno formalmente – aderire al Codice di autoregolamentazione dell’Antimafia.
Per ambire a un seggio in Parlamento (con buone probabilità di essere eletti) la fedina penale pulita è una questione al massimo di bon-ton.
Un analogo codice per le politiche, infatti, non esiste.
La proposta di legge per il “Parlamento pulito”, promossa da Beppe Grillo che ha raccolto 350 firme, giace in un cassetto del Senato.
Stefano Caselli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Costume, criminalità, denuncia, emergenza, Futuro e Libertà, governo, mafia, Parlamento, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »
Dicembre 22nd, 2010 Riccardo Fucile
LO SHOW AL SENATO DELLA BADANTE DI BOSSI PER CONTO MANUELA…PIU’ MASSAIA RURALE ADATTA A GOVERNARE I CONIGLI CHE IL SENATO, PIU’ FURIA CHE SAGGEZZA, IERI HA RISCHIATO DI FAR SALTARE LA RIFORMA DELL’UNIVERSITA’
Il Senato affidato alla matriarca leghista Rosi Mauro “è la pucchiacchia in mano a
creatura”.
E’ la sceneggiata, in mezza giornata già un cult di youtube, sul contrasto tra la più sofisticata macchina procedurale e le maniere sbrigative di una volitiva massaia rurale che ha cercato di governare il Senato con la stessa sapienza con cui si governano e si cucinano i conigli.
Ma è anche uno dei momenti probabilmente più maschilisti del nostro Parlamento.
Un maschilismo innocuo ma inesorabile, da cinepanettone, dove gli amici di partito ridacchiano e la sfottono, mentre gli avversari le fanno “buu” come fosse Balotelli.
E intanto la leghista colpisce l’aria con una penna che sembra un matterello, “eh no, colleghi” ripete, poi grida “vergogna”, e sempre agita le braccia e si capisce che vorrebbe far partire tanti sganassoni con le sue grandi mani, mani di fatica, rosse e nodose, con il cerchio all’anulare.
Ma non può farlo e dunque accelera, è presa dalle vampe, mette ai voti un emendamento prima ancora che il precedente sia stato votato, approva e respinge senza guardare e senza capire e finisce per dichiarare approvato anche un emendamento bocciato: era dell’opposizione, di Vincenzo Vita, l’esperto di editoria del Pd, il quale comunque festeggia perchè raramente gli è capitato di essere approvato.
E sempre la presidente ignora il funzionario che elegante e discreto le sta accanto e prova a fermarla o magari solo a calmarla protendendo, per una trentina di volte, una mano inutilmente soccorrevole, “piano, si freni, non corra così”.
Ma Rosi non lo guarda neppure, solo per un momento gli lancia una di quelle occhiatacce che solitamente riserva alle donne che si avvicinano troppo a Bossi, perchè è questo, raccontano i leghisti, l’incarico che ha ricevuto dalla signora Manuela, proteggere non l’esuberanza ma la salute dell’Umberto, e dunque Rosi lo governa, presiede gli incontri come ieri presiedeva il Senato, lo maneggia, lo trasloca, lo guida, lo comanda e mette pure a posto il colletto del “trota”.
E sono tempi, questi, in cui gli occhi di Bossi diventano facilmente lucidi e perciò ci vuole subito la ruvidezza di Rosi e allora Bossi cammina verso di lei come verso un rifugio.
Ma in Senato no, ci vogliono competenze, si fanno mille alambicchi, e ci sono i vecchi e i costituzionalisti, e anche i cronisti sono più sapienti che altrove: è il tempio dell’alchimia…
Attenzione però: non perchè è leghista, Rosi non è all’altezza.
Quel mattacchione di Calderoli, per dire, presiedette con efficace sobrietà , inaspettata in un’estremista spudorato e, per molti di noi, anche razzista.
Il punto è che quel mondo, dove puoi anche arrivare con moltissimi voti, pretende una crescita, richiede una gavetta, e poi continenza e soprattutto studio delle procedure, non si possono assegnare soltanto con il “cencelli” funzioni così speciali come la vicepresidenza del Senato.
E le competenze si possono acquisire, come Rosi tutela il corpo di Bossi i funzionari tutelano la testa dei presidenti, e dunque bisogna attrezzarsi, imparare sul campo perchè, dice il proverbio, è lo stesso morto che insegna a piangere.
La morale, se davvero ce n’è una, è tutta nel contrasto tra il donnone bruno con sul petto il fiore verde da matrimonio paesano e quel funzionario aguzzo e sull’attenti, lei è quadrata e nocchiuta e lui è lieve e sicuro, stanno vicini ma sono lontanissimi, persino fisicamente sono l’uno l’opposto dell’altra, lei con quella chioma folta che si perde in svolazzi e lui con la stempiatura che mette in rilievo le forme distese e i lineamenti di un moderato.
E non c’è rapporto possibile tra loro, ed è persino ovvio che lui non riesca neppure a farsi notare perchè la signora crede solo nell’energia naturale, è la furia che non vede la saggezza, lei è in preda alle smanie e lui rimane pacato, come tutti i funzionari parlamentari ha vinto un concorso difficile, è uno degli uomini di grande dottrina e di infinita pazienza che hanno visto e sperimentato di tutto, e da bravo marinaio si è accorto subito che questa capitana non distingue la rada e il mare aperto.
È così che una della più spiritose parlamentari italiane è diventata su youtube la donna al volante delle barzellette, l’imbranata che imbottigliata nel traffico perde la testa e… via con l’acceleratore, poi il freno e poi di nuovo l’acceleratore, ma non riesce più a ingranare la marcia e qualsiasi cosa fa peggiora la sua situazione, finchè la frizione si brucia e la macchina si ferma, mentre tutti suonano, e qualcuno grida e inveisce e i guidatori maschi e gradassi si accaniscono sul genere femminile…: “Buu”.
Un giorno su questa politica che sempre più finisce su youtube, da Scilipoti alla signora Mauro al povero Bondi che è riuscito anche a votare per il collega assente (un altro “caso umano”?) si scriveranno saggi, sicuramente diventeranno documenti d’epoca.
In passato queste immagini sarebbero finite a Striscia la notizia, oggi c’è youtube che è la curva sud di Internet così come la politica è il nuovo stadio d’Italia.
Francesco Merlo
(da “La Repubblica“)
argomento: Bossi, Costume, denuncia, emergenza, Gelmini, governo, LegaNord, Parlamento, Politica | Commenta »
Dicembre 22nd, 2010 Riccardo Fucile
L’INCHIESTA DI FABRIZIO GATTI SULL’ESPRESSO: SFRUTTATI, PICCHIATI, ABBANDONATI QUANDO SI FERISCONO SUL LAVORO… ADESSO IL REATO DI CLANDESTINITA’ IMPEDISCE LORO ANCHE DI DENUNCIARE GLI AGUZZINI…E IL GOVERNO IMBELLE FA FINTA DI NULLA: CHE DESTRA E’ MAI QUESTA?
Quello che il 17 settembre 2010 Kofi ha imparato sulla sua carne è che se fosse un cane, in Italia vivrebbe meglio.
La legge, infatti, punisce severamente il maltrattamento e l’abbandono di animali: fino a un anno di reclusione e 15 mila euro di multa. Una legge fatta aggiornare nel 2004 da Alleanza nazionale.
Ma Kofi, 24 anni, è un ragazzo nato in Ghana e un’altra legge, votata nel 2009 dalla stessa maggioranza al governo, gli impedisce di portare davanti a un giudice le ferite che ha subito.
Perchè, prima di tutto, verrebbe condannato lui.
Fino a quattro anni di carcere, come immigrato irregolare.
Alla faccia della legalità .
Dodici mesi dopo la rivolta di Rosarno, il favore del governo all’economia sommersa è totale.
Il reato di clandestinità votato l’anno scorso con il Pacchetto sicurezza impedisce di denunciare e perseguire perfino gli incidenti sul lavoro.
Soprattutto dove è massiccio lo sfruttamento di immigrati diventati irregolari per non avere ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato o per avere perso il contratto regolare come effetto della crisi.
Di fronte alla prospettiva del carcere, obbligatoria per legge, i feriti tengono per sè il dolore, le minacce, le botte.
Eppure, secondo il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, del Lavoro, Maurizio Sacconi, e della Difesa, Ignazio La Russa, le nuove misure contro gli stranieri restano efficaci.
Bisogna addentrarsi nell’inferno di campi e industrie tra le province di Napoli e Caserta per capire: Aversa, Giugliano, Castel Volturno, Casal di Principe, Mondragone.
Da queste parti poche settimane fa un ragazzo che chiedeva gli stipendi arretrati è stato immobilizzato e sodomizzato con un bastone dai suoi datori di lavoro: “Noi l’abbiamo saputo dai suoi amici. Ha troppa paura, non farà nessuna denuncia”, dice padre Antonio Bonato, responsabile della missione dei comboniani a Castel Volturno.
Da qui vengono le braccia invisibili che riempiono di frutta e verdura, anche d’inverno, gli scaffali di gran parte dei supermercati italiani.
Da qui erano partiti i braccianti che un anno fa si sono ribellati in Calabria dopo che alcuni di loro erano stati presi a fucilate per gioco.
E qui sono ritornati, ammassati a migliaia nei ghetti di Pascopagano e Destra Volturno, sconfitti dall’indifferenza e da una politica nazionale che sta premiando i metodi camorristi.
Tanto che dall’agricoltura, lo sfruttamento in condizioni di schiavitù si sta trasferendo all’industria e al commercio.
Preclusa dalla legge la via giudiziaria alla difesa dei propri diritti di uomini, non resta che attendere la prossima scintilla, la prossima rabbia.
Il 17 settembre 2010 Kofi è al lavoro in una falegnameria a Caivano. Il suo è tra le centinaia di casi raccolti dallo sportello immigrazione dell’associazione Ex Canapificio di Caserta.
Storie quotidiane di violenza e razzismo che, da quando è entrato in vigore il reato di clandestinità , non hanno più sbocco nelle aule di giustizia.
“Sono così abituati a essere maltrattati”, racconta Mimma D’Amico, tra le responsabili del progetto, “che nemmeno riconoscono i confini dei loro diritti. E non è vero che queste persone possono chiedere il permesso come vittime di reati: l’articolo 18 della legge sull’immigrazione, per loro, non è mai stato riconosciuto”.
Kofi si fa male al suo secondo giorno di lavoro.
Il suo braccio finisce sulla lama di una sega circolare: “Perdevo molto sangue”, ricorda, “un altro operaio mi ha accompagnato in bagno, mi ha disinfettato la ferita e mi ha mandato a casa dicendomi di ritornare non appena fossi guarito. Sono andato da solo al pronto soccorso di Afragola. L’infermiere, vedendo che il braccio era già fasciato, mi ha rimandato alla Asl e lì mi hanno dato dei medicinali senza nemmeno visitarmi”.
Sul referto di Kofi, spiega Mimma D’Amico, hanno scritto “incidente domestico”. Il ragazzo è rimasto invalido, ha forti dolori.
Ma non ha ottenuto lo status di rifugiato e non potrà mai chiedere giustizia.
Saib, 22 anni, anche lui arrivato dal Ghana, aveva trovato un posto in nero in una famosa panetteria della provincia di Napoli.
Nove ore e mezzo ogni notte, senza pausa, 600 euro al mese.
“L’incidente è avvenuto in marzo”, dice Saib, “alla macchina impastatrice. In passato ero stato rimproverato perchè spegnevo la macchina. Io all’inizio la spegnevo quando andava troppo veloce e non riuscivo a reggere il ritmo. Il giorno dell’incidente l’impasto era quasi finito e io ho cominciato a far scendere nel buco dell’impastatrice la farina. Non l’ho spenta, come mi è stato sempre detto di fare”.
Sono le cinque e un quarto del mattino quando la macchina strappa due dita a Saib.
Il proprietario della panetteria lo porta in ospedale a Napoli. Continua »
argomento: Costume, criminalità, denuncia, destra, economia, emergenza, Giustizia, governo, Immigrazione, Lavoro, Napoli, Parlamento, Politica, povertà, radici e valori | Commenta »
Dicembre 22nd, 2010 Riccardo Fucile
SONO 1.300 COLORO CHE HANNO CHIESTO IL CAMBIO DI RESIDENZA, LE ISCRIZIONI ALLE SCUOLE SONO SCESE DI 800 UNITA’….DAL PRIMO GENNAIO INCUBO RESTITUZIONE DELLE TASSE ARRETRATE… I LAVORI SU 12.000 EDIFICI NON SONO MAI INIZIATI, I 14.205 OSPITI DELLE CA.S.E. DA GENNAIO DOVRANNO PAGARE UN AFFITTO…CIRCA 9.000 VIVONO NELLE CASETTE DI LEGNO, 2.246 ANCORA IN ALBERGO, 436 IN CASERMA, 26.000 IN SISTEMAZIONI PROPRIE CON UN CONTRIBUTO AFFITTO (IN RITARDO DI 8 MESI)
L’Aquila, 20 mesi dopo il terremoto, è una città che rischia uno spopolamento
inesorabile: oltre 1.300 persone hanno chiesto il cambio di residenza, le iscrizioni alle scuole sono scese di quasi 800 unità e non ci sono dati certi su chi se n’è andato senza ufficializzarlo.
Fare scelte di vita diverse sta diventando una scelta forzata: non c’è un progetto organico per la città , mancano certezze su tempi, modalità e risorse per la ricostruzione; sul futuro delle attività produttive, economiche e commerciali, sulle tasse
I lavori sulle case gravemente danneggiate non sono mai iniziati.
E parliamo di 10, forse 12mila edifici, molti dei quali nei centri storici.
Non c’è nemmeno la normativa per fare i progetti perchè manca il prezzario cui attenersi per presentarli.
La Regione ne aveva stilato uno a settembre, per ottemperare a un’ordinanza di luglio. Ma è risultato da rivedere perchè aveva portato a progetti di lavorazione con un costo eccessivo, fra i 600 e i 900 euro a metro quadro.
Per quanto riguarda la ricostruzione leggera, sono stati erogati in via definitiva 9.023 contributi per le case classificate A, B e C, quelle con danni minori. Devono ancora essere erogati circa 1.400 contributi, rispetto alle domande che sono state presentate dai proprietari.
Ma per quante abitazioni, i lavori si possono definire conclusi?
La stima è fra il 50% e il 60%”.
Insomma, la ricostruzione, quella vera, è ancora in alto mare.
Allora dove vivono gli aquilani?
Secondo l’ultimo report del Commissario per la Ricostruzione, il progetto C.A.S.E. accoglie 14.205 persone (non sono mai state 30mila, come aveva dichiarato ad agosto del 2009 il premier Silvio Berlusconi) che, probabilmente, da gennaio dovranno contribuire all’ospitalità pagando un affitto.
In che termini e con quali modalità , lo si scoprirà entro il 31 dicembre.
Poi ci sono i Moduli Abitativi Provvisori (M.A.P.) che ospitano 6.945 persone.
A questi si sommano 804 sfollati nel “fondo immobiliare” e 1.410 che alloggiano in appartamenti in affitto concordato con la Protezione civile.
Quindi c’è il nodo non risolto che riguarda i nuclei monofamiliari o alcune coppie: 2.246 persone vivono ancora in albergo, 436 in caserma.
Sono per lo più anziani.
Per loro non si intravedono soluzioni a breve termine.
Infine, ci sono i terremotati che hanno trovato soluzioni abitative a proprio carico e che ricevono il contributo di autonoma sistemazione.
Molti di loro hanno lasciato la città , ma non esiste un dato ufficiale in merito.
I pagamenti del contributo sono in ritardo di cinque mesi, e lo sarebbero di otto, se il Comune dell’Aquila non avesse anticipato 25 milioni di euro.
Un mese fa erano oltre 26.000.
Circa le iscrizioni all’anno scolastico, diminuiscono in tutti gli ordini e gradi.
Per la precisione, 203 iscritti in meno alle scuole per l’infanzia, 267 alle elementari, 161 alle medie, 165 alle superiori.
Parliamo dunque di almeno 2.400 persone, se consideriamo una media di 3 persone per famiglia.
Per la terza volta gli aquilani hanno ottenuto un rinvio del pagamento delle tasse. Altri 6 mesi appena, ossigeno con il contagocce concesso in extremis, quando già sembrava certa la restituzione al 100%.
Ma cosa succederà allo scadere dell’ennesima, temporanea, proroga? “All’Aquila vogliamo un trattamento analogo a quello degli altri territori che hanno subito terremoti o calamità ”, dice Luigi Fabiani, tributarista.
Per esempio?
“In Marche e Umbria hanno avuto riduzioni degli arretrati delle tasse al 40%, ad Alessandria al 10%, in Molise la sospensione durò cinque anni e per analogia non pagarono le tasse nemmeno nella provincia di Foggia, che non era stata colpita dal terremoto”.
Quanto al lavoro, oltre all’aumento dell’800% dei cassaintegrati, il 40% delle attività produttive è fermo.
Le altre hanno riaperto, spesso con un nuovo indebitamento, trovando a proprie spese nuove sedi, e delocalizzando, con forti punti interrogativi sulle future rendite.
Per ovviare al salto nel buio, ci vorrebbe un progetto d’insieme a lungo termine, che ai vertici non è stato ancora pensato dopo quasi venti mesi dal terremoto.
argomento: casa, Comune, Costume, denuncia, emergenza, governo, Lavoro, LegaNord, PdL, Politica, radici e valori, terremoto | Commenta »