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DELIRIO DI BELPIETRO SU “LIBERO”: “PREPARANO FALSO ATTENTATO A FINI PER FAR RICADERE LA COLPA SU BERLUSCONI”

Dicembre 27th, 2010 Riccardo Fucile

SECONDO IL QUOTIDIANO PSICHIATRICO, QUALCUNO OFFRIREBBE 200.000 EURO PER COLPIRE FINI AD ANDRIA IN PRIMAVERA E FAR RICADERE LA RESPONSABILITA’ SU BERLUSCONI… FINI DOVREBBE USCIRNE FERITO PER POTER COSI’ CONDIZIONARE LE ELEZIONI…. MA BELPIETRO, ESPERTO DI BALLE, PERCHE’ NON CI CI SPIEGA PIUTTOSTO CHE FINE HA FATTO IL SUO MISTERIOSO ATTENTATORE?

La procura presso il tribunale di Trani aprirà  un’indagine conoscitiva (senza ipotesi di reato) dopo l’editoriale firmato dal direttore di Libero, Maurizio Belpietro, secondo il quale vi sarebbe un progetto per colpire il presidente della Camera, Gianfranco Fini, durante una visita istituzionale ad Andria, grosso comune della neo provincia Barletta-Andria-Trani.
Lo si apprende da fonti giudiziarie.
Secondo il direttore di Libero, chi vorrebbe colpire Fini «si sarebbe rivolto a un manovale della criminalità  locale, promettendogli 200mila euro».
Il prezzo – riporta Libero – comprenderebbe «il silenzio sui mandanti, ma anche l’impegno di attribuire l’organizzazione dell’agguato ad ambienti vicini a Berlusconi, così da far ricadere la colpa sul presidente del Consiglio».
Secondo il quotidiano, «l’operazione punterebbe al ferimento di Fini e dovrebbe scattare in primavera, in prossimità  delle elezioni, così da condizionarne l’esito».
Il procuratore di Trani Carlo Maria Capristo in mattinata dovrebbe esaminare l’articolo di stampa e affidare alla polizia giudiziaria una delega di indagine, all’esito della quale deciderà  come procedere.
L’editoriale di Belpietro ha intanto suscitato la dura reazione dei finiani. «Maurizio Belpietro non deve preoccuparsi: la credibilità  di “Libero”, il quotidiano da lui diretto, è già  perduta da tempo, non c’è bisogno di metterla in discussione. Difatti, l’ultimo suo delirio su un possibile attentato a Gianfranco Fini, a scopo propagandistico, la dice lunga sulle condizioni psichiche di questo giornalista che ha fatto dell’ingiuria e della calunnia il leitmotiv della sua carriera», ha dichiarato Nino Lo Presti, segretario amministrativo di Futuro e libertà .
Secondo Lo Presti, «l’instabilità  di Belpietro è ormai un dato acquisito, così come è acclarata la sua totale mancanza di coraggio nell’accettare un confronto con il sottoscritto, che ancora attende soddisfazione dopo essere stato definito insieme agli altri colleghi finiani “traditore”. Il vero traditore di quella che dovrebbe essere la regina delle professioni intellettuali è proprio lui – continua il deputato finiano – che ha ridotto il giornalismo ad un suk di pettegolezzi e falsità ».
Da parte nostra vorremmo solo sollecitare l’esperto in attentati tarocco a comunicarci piuttosto l’esito delle indagini circa il misterioso personaggio che avrebbe mesi fa attentato alla sua vita e di cui si è persa ogni traccia e notizia sula rampa delle scale di casa sua, essendosi volatilizzato in giardino.

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LEGITTIMO IMPEDIMENTO: LA PROPOSTA DEL RELATORE DAREBBE IL “VIA LIBERO CONDIZIONATO” A NON PRESENTARSI AI PROCESSI

Dicembre 27th, 2010 Riccardo Fucile

SULLO STOP AI PROCESSI DEL PREMIER SI PREPARA UNA “SENTENZA INTERPRETATIVA DI RIGETTO” DEL RICORSO DEL PM MILANESE DE PAQUALE…LA PROPOSTA DEL GIUDICE RELATORE: L’ESSERE PREMIER O MINISTRO DI PER SE’ NON DAREBBE DIRITTO AL LEGITTIMO IMPEDIMENTO, IN QUANTO DIVENTEREBBE UNA IMMUNITA’…LA VALUTAZIONE CASO PER CASO QUINDI ANDREBBE AFFIDATA AL GIUDICE ORDINARIO DI COMPETENZA

Nemmeno i termini tecnico-giuridici, stavolta, riescono ad attutire la portata della notizia.
Che è la seguente: con «sentenza interpretativa di rigetto», la Corte Costituzionale si accingerebbe a respingere il ricorso proposto dal pm milanese De Pasquale circa la costituzionalità  della legge sul legittimo impedimento.
Questa, almeno, è la soluzione che il giudice relatore del caso (Sabino Cassese) proporrà  agli altri membri della Corte, che torneranno a riunirsi per la sentenza l’11 o il 12 gennaio.
La relazione istruttoria di Cassese dovrebbe essere già  da qualche giorno a disposizione di tutti i membri della Corte, che la studieranno e ne discuteranno prima di dar via libera ad un verdetto dal cui tenore – secondo molti – dipenderebbero addirittura le sorti della legislatura.
Ma che vuol dire «sentenza interpretativa di rigetto»?
E qual è – nella sostanza – il parere che la Corte Costituzionale starebbe maturando sul legittimo impedimento?
Proviamo a spiegare nella maniera più semplice possibile l’orientamento maturato dal relatore e, quindi, quel che la sentenza di gennaio dovrebbe affermare.
Nella sostanza, il sottile confine che fa del legittimo impedimento una norma costituzionale oppure incostituzionale, sta tutto in una parola-chiave: automatismo.
Secondo il relatore, infatti, se si ritenesse (interpretasse) che l’essere ministro o presidente del Consiglio costituisse di per sè un legittimo impedimento a rispondere alla convocazione in tribunale da parte dei giudici, questo equiparerebbe di fatto lo «scudo» ad una vera e propria (e automatica) «immunità » che, in quanto tale, andrebbe disciplinata con legge costituzionale.
Se, al contrario, la valutazione del legittimo impedimento invocato dall’imputato (in questo caso si parla di Berlusconi) venisse di volta in volta affidata al giudice di competenza, allora nulla osterebbe a che la materia fosse regolata (come è nel caso, appunto, del legittimo impedimento) con legge ordinaria.
Ed è precisamente così, secondo la «sentenza interpretativa» che la Corte si accingerebbe ad emettere, che la legge andrebbe dunque intesa e, quindi, applicata.
L’orientamento del relatore – se confermato dal «plenum» della Corte – potrebbe sembrare il solito bizantinismo giuridico o, peggio ancora, somigliare ad una decisione pilatesca, che rigetta la patata bollente nel campo in cui litigano da anni Silvio Berlusconi e i magistrati che provano a processarlo.
In realtà , è possibile anche un’altra interpretazione: e cioè che si tratti del tentativo da parte dei giudici della Corte di tenere assieme diritti e doveri fondamentali e costituzionalmente garantiti.
In sostanza: da una parte salvaguardare il principio secondo il quale tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, e dall’altra il diritto-dovere dei membri dell’esecutivo a governare e ad assolvere le loro funzioni senza impedimenti e turbative.
In realtà , stante il fatto che il legittimo impedimento è regolato con legge ordinaria, è apparso fin da subito evidente che la sua applicazione avrebbe richiesto serietà  di comportamento da parte dei soggetti in causa.
Serietà  o – meglio ancora – quello spirito di «leale collaborazione» tra autorità  politica e giudiziaria invocato dal presidente Napolitano all’atto della firma della legge, nella primavera scorsa.
Uno spirito di collaborazione che dovrebbe evitare che il premier o i suoi ministri invochino un legittimo impedimento in ragione di impegni irrilevanti e rinviabili; e che, contemporaneamente, porti il giudice a riconoscere serenamente il diritto a ricorrervi, nei casi seri e comprovati.
Nulla a che vedere, insomma, con quanto accadde nel caso di Aldo Brancher che, nominato ministro, invocò subito il legittimo impedimento in quanto occupato a «organizzare il ministero»: e dovette intervenire il Quirinale per affermare che, visto che si trattava di un ministero senza portafoglio, Brancher non aveva un bel nulla da organizzare…
Occorrerà  attendere ancora un paio di settimane per vedere come finirà  questa spinosissima questione e se la Corte farà  propria in toto l’impostazione proposta dal relatore.
Quel che invece è certo fin da ora, è che i giudici sono attesi da un lavoro tutt’altro che facile, sottoposti come sono da giorni agli attacchi preventivi del presidente del Consiglio e sul cui capo si vorrebbe addirittura far pendere la responsabilità  di una crisi di governo o addirittura di elezioni anticipate nel caso di bocciatura del legittimo impedimento.
In un Paese normale, l’interpretazione della legge che la Corte si accingerebbe a proporre e lo spirito di «leale collaborazione» invocato da Napolitano sarebbero del tutto inutili: perchè scontati e dunque superflui.
Ma sono anni che l’Italia appare quanto di più distante vi sia da un Paese normale.
E non è detto, purtroppo, che l’avvio del 2011 – con tutto quel che rappresenta quest’anno celebrativo – faccia uscire il Paese da questa insopportabile anomalia, piuttosto che tenerlo prigioniero della guerriglia politico-giudiziaria che lo soffoca da ormai vent’anni…

Federico Geremicca
(da “La Stampa“)

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I VENTI “RESPONSABILI” GIA’ LITIGANO TRA LORO: LA RUOTA DI SCORTA DI SILVIO SI E’ GIA’ AFFLOSCIATA

Dicembre 27th, 2010 Riccardo Fucile

LA CREAZIONE DI UN GRUPPO PARLAMENTARE AUTONOMO DEI VENTI DEPUTATI DEL GRUPPO MISTO CHE HANNO SALVATO IL GOVERNO E’ GIA’ A RISCHIO… TUTTI SI SENTONO LEADER E IL FACCENDIERE EX FINIANO MOFFA NON LO VOGLIONO: LUI IN FONDO SI E’ SOLO ASTENUTO, NON HA VOTATO PER IL GOVERNO… IN BALLO CI SONO SOLDI, UFFICI E PERSONALE DA SISTEMARE

Berlusconi ostenta sicurezza quando dice che ce la farà  a governare per tutta la legislatura.
E quindi l’interrogativo è: come?
Come può una maggioranza che il 14 dicembre ce l’ha fatta per il rotto della cuffia pensare di tener duro per altri due anni?
Il tam-tam è sempre il solito: altri parlamentari sarebbero in procinto di passare dall’opposizione al soccorso della maggioranza.
Se non direttamente nel Pdl, in un gruppo neonato, una sorta di stanza di compensazione.
Nei giorni scorsi si sono visti in venti, tutti deputati del Gruppo misto, tutti quelli che hanno votato la fiducia al governo, più Silvano Moffa che il 14 è stato l’unico ad astenersi, e hanno programmato i prossimi passi.
Tra loro si chiamano i «Responsabili».
Come primo obiettivo, c’è la voglia di costituire un gruppo parlamentare autonomo, con un proprio capogruppo, un simbolo, e un notevole peso nei lavori parlamentari.
A costituire un gruppo, infatti, s’ottengono contributi economici, si possono assumere segretarie e collaboratori, si ha diritto a un ufficio, si partecipa alle riunioni sul calendario dell’Aula.
Ma c’è un ma. Tra i venti deputati del Misto praticamente tutti si ritengono capigruppo in pectore.
E così i personalismi rischiano di rendere molto più accidentato il cammino dei «Responsabili».
«Non essendoci alle spalle un partito, nè un leader naturale, costruire l’organigramma del futuro gruppo sarà  un’impresa meno facile di quanto si pensi», spiega un deputato che ci tiene all’anonimato.
«E di sicuro non sarà  Silvano Moffa, l’ex finiano, che non potrà  avere tutto quel ruolo che gli accreditano i giornali».
Già , Moffa. In Parlamento, nei corridoi, in diversi spiegano che siccome Moffa è l’unico tra i venti a non avere votato la fiducia al governo e che il suo «strappo» s’è fermato a metà  strada, è assai difficile che altri, che si sono esposti molto più di lui al momento del voto, accetteranno di sottoporsi alla sua leadership.
Si aggiunga che Moffa a caldo aveva immaginato di poter attrarre a sè diverse «colombe» del Fli, allontanandole da Fini e riportandole nell’alveo della maggioranza, e per questo motivo era stato persino immaginato uno slogan («Nè con Fini, nè con Berlusconi»).
La strategia, però, a quanto pare, non sta funzionando.
E immediatamente il peso politico di Moffa è calato.
Le Festività , in ogni caso, hanno congelato ogni movimento in Parlamento. Tutti quanti, a destra come a sinistra, ipotizzano che i movimenti non siano finiti qui.
Ma il pallino di ipotetiche trattative è tutto nelle mani del Cavaliere, così come le aperture a Casini.
E intanto Pier Ferdinando se n’è andato in vacanza due settimane lontano dall’Italia.
Se i 35 deputati dell’Udc davvero andranno a rinforzare la maggioranza, ebbene, la legislatura potrà  davvero ripartire.
Altrimenti, addio aiuti episodici dell’Udc, come accade ora, e addio legislatura.

Francesco Grignetti
(da “La Stampa“)

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ORA BONDI PENSA ALLE DIMISSIONI: LA SCELTA EVITEREBBE UN KO PARLAMENTARE, MAGARI ORCHESTRATO DA TREMONTI E LEGA

Dicembre 27th, 2010 Riccardo Fucile

BONDI SI E’ VISTO NEGARE DAL MINISTRO DELL’ECONOMIA I FONDI PER LO SPETTACOLO: ” IN ME AMAREZZA E DISINCANTO”… “COSI’ RAFFORZEREI IL GOVERNO”, EVITANDO ELEZIONI ANTICIPATE E NON PRESTANDOSI   AL GIOCO DI TREMONTI

E adesso Sandro Bondi.
Dopo Carfagna e Prestigiacomo, tocca al ministro dei Beni culturali.
Il coordinatore Pdl – ad alto rischio sfiducia, alla ripresa, dopo la mozioni da Fli, Pd e Idv – le dimissioni non le minaccia, ma l’intenzione di lasciare la lascia trapelare in queste ore.
Il pretesto: l’ultimo smacco subito col mancato reintegro del Fondo per lo spettacolo. Confessa “grande amarezza”, perfino “disincanto” a chi gli ha parlato durante il week end festivo.
Concreta la volontà  di farsi “da parte: anche per rafforzare il governo”, sottrarre se stesso e l’esecutivo alla “campagna stampa denigratoria e immeritata” di questi mesi.
La controparte non è il presidente del Consiglio, figurarsi, ma gli stessi avversari esterni e interni che non gli hanno perdonato la serie di insuccessi o che non lo hanno difeso a sufficienza.
I crolli a Pompei e la falcidia ai fondi per la cultura, le assunzioni sospette dei “casi umani” familiari e il discusso premio all’attrice Michelle Bonev, amica del premier, alla Mostra del cinema di Venezia.
Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti risulta nella lista nera, frequenti gli scontri con lui in Consiglio dei ministri.
A indurre Bondi a ventilare il gesto più plateale, in ultimo, lo stralcio del Fondo unico per lo spettacolo dal decreto “Milleproroghe” approvato nei giorni scorsi. Tante promesse di reintegro per riportare il Fus a 398 milioni di euro e infine l’ennesimo stop dall’Economia: il budget resta a quota 258 milioni.
Registi e attori ancora una volta sulle barricate a chiedere le dimissioni del responsabile della Cultura   e lui costretto sulla difensiva: “Eppure mi sono battuto”.
In privato la decisione, già  comunicata, sembra, al presidente del Consiglio:”Ora basta”.
Ma la scelta sarebbe dettata anche da ragioni di opportunità  politica.
La sfiducia individuale ha infatti alte probabilità  di essere approvata alla Camera, considerati i numeri risicati della maggioranza.
E il premier Berlusconi teme, a cavallo del pronunciamento della Consulta dell’11 sul legittimo impedimento, di subire una plateale sconfitta a Montecitorio.
In secondo luogo – come spiega un dirigente Pdl in queste ore – la poltrona di un ministro comunque indebolito nell’immagine, spintosi fino a chiedere dal “Foglio” clemenza ai “cari compagni”, tornerebbe utile in vista del minirimpasto annunciato per gennaio per allargare la maggioranza.
Una somma di ragioni che potrebbe indurre il Cavaliere stavolta ad accettare il forfait del più fedele dei collaboratori.
Tutto questo accade mentre ancora resta aperto il caso Prestigiacomo.
Il ministro dell’Ambiente conta di chiarire con un contatto diretto col premier Berlusconi la vicenda legata alla norma (cassata) sulla “tracciabilità ” dei rifiuti che l’ha portata all’uscita dal Pdl, la scorsa settimana.
Vicenda che per la Prestigiacomo “resta aperta” nonostante le rassicurazioni del presidente del Consiglio durante la conferenza stampa di fine anno (“Caso chiuso”).
Un magma in ebollizione, tra i pidiellini di governo.
Con l’affare Carfagna appena archiviato e altri ministri insoddisfatti.
Il responsabile dei Rapporti col Parlamento Elio Vito – raccontano i pidiellini che gli hanno parlato – per nulla contento della gestione del ddl Gelmini al Senato da parte della “straripante” collega.
Lui si tiene fuori dal dibattito politico da oltre un mese e il 14 dicembre si è presentato in aula solo al momento della chiama per uscire subito da Montecitorio.
Il ministro dell’Agricoltura Giancarlo Galan invece lamenta la guerra quotidiana con gli “avversari” leghisti che a marzo lo hanno sfrattato dalla Regione Veneto. Sulla gestione della Sanità  nella sua ex Regione come sulle quote latte e infine sull'”opa” del Carroccio sulle banche venete, negli ultimi tre mesi è stato un muro contro muro continuo.
La Lega non perde occasione per attaccarlo sulle politiche agricole.
Lui resiste. Per ora.

Carmelo Lopapa
(da “la Repubblica“)

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FEDERALISMO FISCALE: STANGATA PER I COMUNI, OLTRE 445 MILIONI DI EURO IN MENO, CI PERDE IL SUD, CI GUADAGNA IL NORD

Dicembre 27th, 2010 Riccardo Fucile

IL BLUFF FEDERALISTA DIMOSTRA QUELLO CHE ERA CHIARO DA TEMPO: PORTERA’ A UN TAGLIO DI RISORSE E QUINDI AD UN AUMENTO DELLE TASSE LOCALI… LA FILOSOFIA LEGHISTA, COMPLICE IL PARTITO DEGLI ACCATTONI, AUMENTERA’ IL DIVARIO TRA PARTE DEL NORD RICCO E IL SUD SEMPRE PIU’ POVERO

Comuni a rischio stangata con il nuovo fisco previsto nel federalismo fiscale. Secondo uno studio del Pd, messo a punto dal senatore Marco Stradiotto, infatti, i municipi, con il passaggio dai trasferimenti statali all’autonomia delle imposte perderebbero complessivamente 445 milioni di risorse l’anno da destinare ai servizi.
La proiezione è fatta utilizzando dati della Copaff, la commissione paritetica sul federalismo fiscale che lavora al ministero del Tesoro e dimostra che l’Aquila, ma anche Napoli come molti comuni del sud perderebbero consistenti fette di entrate (fino a oltre il 60%) con il nuovo fisco.
Va meglio, invece ai municipi del nord o a quelli come Olbia con un alto tasso di seconde case avvantaggiati dalla base immobiliare delle nuove imposte.
La perdita di risorse per i servizi per i capoluoghi di provincia è pari a 445.455.041 milioni di euro.
Il dato emerge mettendo a confronto i trasferimenti relativi al 2010 e il totale del gettito dalle imposte devolute in base al decreto attuativo sul fisco comunale (tassa di registro e tasse ipotecarie, l’Irpef sul reddito da fabbricati e il presunto introito che dovrebbe venire dalla cedolare secca sugli affitti). Tra i 92 comuni presi in esame 52 otterrebbero benefici dalla proposta di riforma e 40 ne verrebbero penalizzati.
Un taglio drastico delle risorse risulta per il comune dell’Aquila (-66%) che perde 26.294.732 milioni, seguito di poco da Napoli (-61%) che perde quasi 400 milioni (392.969.715), essendo però il comune che riceve i trasferimenti statali più alti rispetto a tutti gli altri capoluoghi italiani (668 euro per abitante di fronte a una media di 387 euro).
Se il nuovo fisco previsto nel federalismo municipale andrà  in vigore il capoluogo abruzzese incasserà  13.706.592 di euro di tasse a fronte di 40.001.324 di trasferimenti avuti nel 2010.
Si tratta di -360 euro all’anno per abitante.
I cittadini aquilani pagheranno, infatti 188 euro di Imu, mentre attualmente per ognuno di loro vengono dati al Comune 548 euro.
Non va meglio a Napoli che con grazie all’autonomia impositiva incassa 252.054.150 euro, ma nel 2010 ha avuto trasferimenti per 645.023.865.
E ancora Roma perde 129.540.902 euro (il 10% delle entrate).
Olbia, tra tasse di registro e ipotecarie, Irpef sul reddito da fabbricati e cedolare secca sugli affitti raggiungerebbe 25.212.732 di euro di entrate a fronte di trasferimenti che nel 2010 sono stati 8.988.534 con un saldo di più 180%.
Va bene anche a Imperia che vede un gettito dalle tasse devolute per 18.047.194, segnando un più 122% rispetto ai trasferimenti che quest’anno sono stati 8.131.993 milioni.
Bene anche Parma (+105%); Padova (+76%); Siena (+68%) e Trevi.
Milano avrà  il 34% di risorse in più, Bologna il 40%, mentre tra i capoluoghi del Nord perderanno Torino (-9%) e Genova (-22%).

Federalismo: I capoluoghi, chi perde o guadagna

……………………. Imu                   Trasferim.                       Differenza             Percentuale
L’Aquila         13.706.592       40.001.324       -26.294.732                   -66%
Potenza           11.680.583       26.591.682       -14.911.099                   -56%
Catanzaro     16.733.178       30.899.074       -14.165.896                   -46%
Napoli           252.054.150   645.023.865       -392.969.71                 -61%
Bologna       208.199.304   148.323.570       59.815.734                     +40%
Roma         1.188.852.8       1.318.393.7         -129.540.90                     -10%
Genova         204.874.528     261.160.556   -56.286.027               -22%
Milano           668.900.317       499.195.506     169.704.812           +34%
Ancona             31.337.273             28.538.215           2.799.058             +10%
Campob.         11.171.989       10.649.507                   522.482                     +5%
Torino           311.014.795       365.549.542       -34.534.747           -9%
Bari                 102.139.488       115.569.438       -13.429.950           -12%
Cagliari           51.414.857           50.241.018       1.173.839                     +2%
Palermo     154.485.090       340.212.421       -185.727.33           -55%
Firenze     213.736.372       160.492.897       53.243.475               +33%
Perugia         47.669.193         48.456.022                 -786.830             -2%
Venezia     124.631.463       99.016.787       25.614.676                   +26%

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BLUFF PADANO: PER IL PERMESSO DI SOGGIORNO CI VUOLE IL TEST DI ITALIANO, MA NON CI SONO I CORSI PER IMPARARLO

Dicembre 27th, 2010 Riccardo Fucile

DAL 9 DICEMBRE IL RILASCIO DEL DOCUMENTO E’ SUBORDINATO AL SUPERAMENTO DI UN ESAME DI CONOSCENZA DELLA LINGUA ITALIANA….LA PRENOTAZIONE SI PUO’ FARE ON LINE, PECCATO CHE NON ESISTA UN PIANO DI INSEGNAMENTO…E LA BUROCRAZIA FA IL RESTO

Sai distinguere la pubblicità  di un aspirapolvere da quella di un divano?
Sei in grado di dare o comprendere delle indicazioni stradali?
Se la risposta è no, scordati la carta di soggiorno.
La novità  risale al 9 dicembre scorso: da quel giorno, infatti, il rilascio del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo (ex carta di soggiorno) è subordinato al superamento di un test di conoscenza della lingua italiana.
Come funziona la nuova procedura?
I cittadini stranieri possono prenotare on line la prova d’esame attraverso la pagina dedicata sul sito del ministero dell’Interno.
La richiesta viene acquisita dal sistema e trasferita alla prefettura competente.
Se la domanda risulta regolare, la prefettura convoca l’immigrato entro 60 giorni, sempre per via telematica, indicando giorno, ora e luogo del test.
Le prime prove d’esame non si dovrebbero dunque tenere prima di febbraio 2011.
Il test richiede una conoscenza elementare della lingua italiana e in caso di bocciatura si può rifarlo, presentando una nuova domanda.
Dove viene svolta la prova? Presso i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti, presenti sul territorio nazionale.
Chi è esentato? Non deve sostenere la prova d’esame chi ha degli attestati che certifichino la conoscenza dell’italiano a un livello non inferiore all’A2 del Quadro comune di riferimento europeo; chi ha titoli di studio o titoli professionali (diploma di scuola secondaria italiana di primo o secondo grado oppure certificati di frequenza relativi a corsi universitari, master o dottorati); chi è affetto da gravi limitazioni alla capacità  di apprendimento linguistico.
“Di fatto questo test – avverte il responsabile del servizio immigrazione del Patronato Acli, Pino Gulia – aggrava il lavoro già  oneroso dell’amministrazione pubblica e rischia di prolungare ulteriormente le procedure per il rilascio dell’ordinaria documentazione necessaria ai cittadini stranieri, creando problemi a quanti hanno oggi in scadenza il permesso di soggiorno e sono in possesso dei requisiti per richiedere il permesso per lungo-soggiornanti”.
“L’anomalia di questa procedura – aggiunge Antonio Russo, responsabile immigrazione per le Acli – è quella di istituire una prova della conoscenza della lingua, senza aver prima previsto e progettato un piano articolato per l’insegnamento della lingua italiana. Chiediamo cioè agli immigrati di fare i test senza avergli mai fatto fare i corsi, se non quelli affidati all’iniziativa dei soggetti di volontariato”.

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RESA DEI CONTI NELL’IDV: DE MAGISTRIS SULLA QUESTIONE MORALE ATTACCA DI PIETRO

Dicembre 27th, 2010 Riccardo Fucile

LETTERA DELL’EURODEPUTATO SONIA ALFANO E DI GIULIO CAVALLI E SU INTERNET PARTE IL SONDAGGIO DI MICROMEGA CHE ACCUSA DI PIETRO… IL PRESIDENTE CONTRATTACCA: “VUOLE IL MIO POSTO”

E’ stato un Natale non proprio tranquillo per l’Italia dei valori.
Dopo le improvvise “conversioni” dei deputati Domenico Scilipoti e Antonio Razzi, già  antiberlusconiani di ferro che poi hanno votato la fiducia a Berlusconi lo scorso 14 dicembre, era inevitabile che sul banco degli imputati finisse nuovamente la gestione del padre-padrone del partito, quello cioè che aveva redatto le liste, Antonio Di Pietro.
Un’occasione servita sul piatto d’argento per il maggior competitor interno dell’Idv, Luigi De Magistris.
Che insieme a Sonia Alfano e Giulio Cavalli aveva scritto una lettera, durissima, all’ex pm.
Lettera presa non bene da Di Pietro che ha risposto attraverso un video pubblicato su internet.
La lettera a Di Pietro citava Enrico Berlinguer: “Nell’Idv oggi c’è una spinosa e scottante questione morale, che va affrontata con urgenza, prima che la stessa travolga questo partito. Senza rese dei conti e senza pubbliche faide, crediamo che mai come adesso il presidente debba reagire duramente e con fermezza alla deriva verso cui questo partito sta andando per colpa di alcuni”. Poi De Magistris e compagni rilanciavano “la necessità  di una brusca virata” chiedendo a Di Pietro “di rimanere indifferente al mal di mare che questa provocherà  in chi un cambiamento non lo vuole. In chi spera che l’Idv torni un partito del 4% per poterlo amministrare come meglio crede. Gente che non ha più alcun contatto con la base e rimane chiusa nelle stanze del potere, cosciente che senza questa legge elettorale mai sarebbe arrivata in Parlamento e che se questa cambiasse mai più ci tornerebbe”.
Prima il capogruppo alla Camera Massimo Donadi aveva parlato di “pugnalata alle spalle”.
Dopo la risposta dell’ex pm di Mani Pulite, che ha sì fatto mea culpa, ma poi ha contrattaccato: “Chi critica non ha sempre ragione. A volte chi critica è interessato a prendere lui stesso il posto di chi viene criticato”.
Un modo insomma per ribadire la leadership e allontanare le pretese dell’eurodeputato: “Voglio rassicurare tutti sul fatto che c’è un impegno preciso del partito per una militanza trasparente del quale parleremo in un esecutivo nazionale a gennaio”.
Il sondaggio di MicroMega: la rivista diretta da Paolo Flores d’Arcais, sempre attenta ai temi e alle vicende dipietriste, è tornata a parlare della gestione dell’Idv e ha lanciato un sondaggio sul proprio sito.
Risultato: l’80% dei lettori opta per due delle quattro opzioni possibili che più o meno puntano il dito contro Di Pietro.
Che i cavalli su cui di volta in volta ha puntato Di Pietro si siano spesso rivelati inaffidabili non è una novità .
In passato ci fu Valerio Carrara: venne eletto con l’Idv al Senato e, veloce come un lampo, il primo giorno di legislatura passò col centrodestra.
Poi Sergio De Gregorio, uno di quelli che fece cadere il secondo governo Prodi.
Poi Pino Arlacchi. Poi Americo Porfidia.
Tutti ri-finiti a vario titolo con Berlusconi. Infine Scilipoti e Razzi.
Senza dimenticare che dei 29 eletti alla Camera nel 2008 con l’Idv ben sette se ne sono andati, direzione gruppo misto (a parte uno, Touadi, finito nel Pd). Per un movimento che fa della durissima opposizione al premier la propria ragion d’essere, non è il massimo.
In mezzo a questo marasma ci sono i sondaggi che arrivano sul tavolo dell’ex pm. E non fanno presagire nulla di buono.
Praticamente tutti gli istituti dicono che Sinistra Ecologia e Libertà  è diventato il secondo partito di un ipotetico Nuovo Ulivo, con picchi dell’8%.
La flessione dell’Idv è evidente e le ultime vicende non hanno certamente fatto bene: il partito viaggia tra il 4,5 e il 7%.
Segno che secondo l’opinione pubblica l’alternativa a sinistra del Pd, in questo momento, non è più quella rappresentata da di Di Pietro.

argomento: Di Pietro, finanziaria, Giustizia, la casta, Parlamento, Politica | Commenta »

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