Gennaio 31st, 2011 Riccardo Fucile
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Gennaio 31st, 2011 Riccardo Fucile
IL CARROCCIO PRONTO A MOLLARE IL PREMIER, MARONI SUONA IL DE PROFUNDIS: “ALLE URNE ALLEATI DEL PDL, MA IL CENTRODESTRA HA ALTRI NOMI”…. TUTTE LE OPPOSIZIONI RESPINGONO LA PROPOSTA DELLE RIFORME BIPARTISAN DEL CAVALIERE: “TROPPO TARDI, IL TEMPO E’ SCADUTO”
Il passaggio sul federalismo segna il traguardo del premier.
Il Carroccio è pronto a mollare il Cavaliere che, ridotto ai telemessaggi, invia una lettera per invocare l’aiuto del Pd.
“Proposta tardiva, discuteremo con un altro premier”, ribatte Enrico Letta
La Lega ha deciso: il tempo di Berlusconi è finito.
Nonostante abbia seguito l’invito di Umberto Bossi: “Vada in vacanza, qui ci pensiamo noi”.
Di fatto il Cavaliere da due settimane è rintanato nel bunker di Palazzo Grazioli, ridotto ad apparire solo con dei video messaggi.
La lettera che ha inviato al Corriere della Sera è l’ultimo gesto di un politico in evidente difficoltà .
Nella missiva Silvio Berlusconi si rivolge al “comunista” Pierluigi Bersani, invocandone l’aiuto.
“Agire insieme in parlamento, in forme da concordare, per discutere senza pregiudizi ed esclusivismi un grande piano bipartisan dell’economia italiana”. Il Pd, per una volta, risponde in coro: “Tempo scaduto, discutiamo ma con un altro premier”.
Per il Cavaliere del resto il nemico oggi è l’ex alleato di ferro.
Roberto Maroni, in un’intervista sempre al quotidiano di via Solferino, formalizza la posizione del Carroccio.
Condivide le preoccupazioni di Giorgio Napolitano (“se decide di sciogliere le Camere ne prenderemo atto”), ricorda che ciò che conta è solo approvare il federalismo e annuncia: “Alle urne saremo con il Pdl e se il premier non si candiderà più, il centrodestra ha altri nomi”.
Il senatùr ha dettato la linea, durante il vertice di oggi pomeriggio nel quartier generale di via Bellerio sarà confermata: blindiamo l’accordo con il Terzo polo per far passare il federalismo subito e impegniamoci con loro e con il Colle a sostenere un percorso condiviso per creare un governo alternativo a Berlusconi.
Le urne? Se passa il federalismo la Lega è pronta a sostenere un eventuale esecutivo guidato da Giulio Tremonti o anche da Gianni Letta.
Le elezioni anticipate rimangono una eventualità concreta, ma c’è il rischio di veder morire il federalismo: se si votasse, infatti, la data utile è il 15 maggio. La legge delega scade il 21 maggio e, per quanto le commissioni lavorino anche a Camere sciolte, sarebbe impossibile tornare al governo per approvare in via definitiva il federalismo.
Per questo il Carroccio sta valutando l’alternativa proposta dal Terzo polo: posticipare la validità della legge delega di sei mesi.
La certezza è che Berlusconi non esiste più neanche nei calcoli leghisti.
Il Pdl reagisce in modo a dir poco scomposto.
Gianfranco Rotondi, ministro per l’Attuazione del programma, si scaglia contro il collega Maroni: “Non daremo alla Lega nessuna emozione nuova, Berlusconi è il nostro premier e in caso di elezioni sarà il nostro candidato”. Franco Frattini, ministro degli Esteri fino a venerdì impegnato a produrre documenti in linea con le tesi de Il Giornale sulla proprietà della casa di Montecarlo, si rimangia la richiesta di dimissioni di Gianfranco Fini da presidente della Camera: “Abbiamo detto più volte che questa è una valutazione che l’interessato può fare”.
Parlando poi della sua informativa sulla vicenda, ha aggiunto: “Ho avuto il dovere istituzionale di rispondere al Parlamento. Non sta a me trarre le conclusioni”.
E se Maurizio Gasparri, scoprendosi moderato, invita ad accettare il confronto proposto dal governo, l’iperberlusconiano ministro della Cultura, Sandro Bondi, invoca “la collaborazione nell’interesse del Paese” del Partito Democratico.
“Siamo alla farsa”, commenta David Sassoli.
Per il Verde, Bonelli, quella di Berlusconi è “la provocazione di un disperato”, mentre Beppe Fioroni non prende neanche in considerazione la proposta del Cavaliere.
“A Berlusconi non può sfuggire che dopo aver demolito, ora bisogna che altri ricostruiscano”.
Fioroni poi cita la Bibbia, il libro del Qoelet: “Per ogni cosa c’è il suo momento: c’è un tempo per demolire e un tempo per costruire. E’ un passo della Bibbia su cui Berlusconi dovrebbe meditare”.
Complice la Lega, a breve il premier avrà tempo anche per i vangeli. “Maroni lo ha licenziato”, dice Fioroni.
Opinione condivisa da Italia dei Valori, Api e Futuro e Libertà .
Adolfo Urso bolla il premier come “confuso e poco credibile”, Italo Bocchino sostiene che “dovrà dimettersi come Ben Ali” mentre per Nichi Vendola di Sel, gli appelli del Cavaliere sono “tardivi e patetici”.
A leggere i commenti appare evidente il punto su cui opposizione e Lega sono in accordo: Berlusconi ha fatto il suo tempo.
Come sosteniamo da tempo alla fine chi avrebbe tradito Berlusconi sarebbe stato Bossi, non certo Fini che ha solo cercato di porre dei problemi politici reali.
argomento: Berlusconi, Bossi, Costume, economia, elezioni, emergenza, governo, LegaNord, Parlamento, PdL, Politica | Commenta »
Gennaio 31st, 2011 Riccardo Fucile
L’ULTIMA PAROLA SPETTERA’ AL GIP, CRISTINA DI CENSO: AVRA’ CINQUE GIORNI DI TEMPO PER DECIDERE…DOVRA’ VALUTARE 600 PAGINE DI ATTI, INVIATI ANCHE ALLE CAMERE, MA ANCHE ALTRE “IMPRECISATE CARTE”…. GIOVEDI IL VOTO IN AULA ALLA CAMERA SULL’AUTORIZZAZIONE
Sarà formalizzata in settimana la richiesta di processo con rito immediato per Silvio Berlusconi.
E’ quanto si apprende da fonti della Procura di Milano in relazione all’inchiesta sul caso Ruby che vede indagato il premier per prostituzione minorile e concussione.
L’interrogatorio di Nicole Minetti, avvenuto ieri, ha rappresentato dunque l’ultimo atto di indagine prima della richiesta di giudizio per il premier.
La richiesta dei pm comprende sia le 600 pagine di atti inviati in due successive tranche alla Camera ma anche altre imprecisate ‘carte’.
L’ultima parola sul destino processuale del premier spettera’ proprio al Gip: sara’ Cristina Di Censo a decidere se accogliere la richiesta della Procura o se predisporre un processo a rito ordinario nei confronti del presidente del Consiglio.
Avrà cinque giorni di tempo per decidere ma il termine non è perentorio.
L’interrogatorio della consigliera regionale è un atto istruttorio giudicato da fonti giudiziarie al momento esaustivo.
L’ex igienista dentale del premier, insomma, al momento non sarà risentita. Durante l’interrogatorio di ieri, Nicole Minetti avrebbe risposto alle domande del pm soprattutto in relazione ai suoi rapporti personali con Berlusconi. Secondo quanto si è appreso, Nicole Minetti si sarebbe avvalsa della facoltà di non rispondere relativamente ai rapporti con le cosiddette ragazze di via Olgettina e sull’organizzazione delle feste nella residenza del premier ad Arcore.
ll voto dell’aula è stato fissato per le ore 19 di giovedi, con trasmissione in diretta televisiva.
La giunta della Camera, a maggioranza, aveva chiesto la restituzione degli atti al tribunale di Milano ritenendo competente il tribunale dei ministri come proposto dal centrodestra.
L’aula, con ogni probabilità , si esprimerà a voto palese.
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Gennaio 31st, 2011 Riccardo Fucile
“SOLO COSI’ POTRA’ INDICARE IL SUO SUCCESSORE, ORMAI E’ INCOMPATIBILE CON PALAZZO CHIGI”…”FACCIA UNA ROSA DI NOMI E SI TROVERA’ UN’AMPIA CONVERGENZA ANCHE DA PARTE DEL CENTROSINISTRA PER UN GOVERNO DI RESPONSABILITA'”
“L`alleanza costituente evocata da D`Alema scatterà in caso di emergenza democratica. Ma non ci siamo ancora».
Ne è convinto, onorevole Italo Bocchino? Lo scenario è da scontro istituzionale.
«Siamo appena un gradino sotto. Quell`appello avrebbe senso se il premier non si dimettesse, ma Berlusconi a breve sarà costretto a farlo. Ormai l`inquilino è incompatibile con Palazzo Chigi. Se si fa da parte, ha la possibilità di indicare al capo dello Stato una rosa di nomi e su uno di quei papabili si può trovare una convergenza ampia. Siamo certi che ci sarebbe un atteggiamento diverso anche da parte del centrosinistra per dar vita a un governo di responsabilità e affrontare tre-quattro riforme strategiche».
Cosa la rende così sicuro? Il presidente del Consiglio ripete che non si farà da parte.
«Quando tra dieci giorni sarà imputato in un processo per prostituzione minorile, allora dovrà farlo, rispettando così la volontà del 60 per cento degli italiani ormai convinto che la situazione sia insostenibile. Anche Ben Alì non avrebbe voluto lasciare, anche Mubarak non vorrebbe farlo».
Evoca scenari da Maghreb, crisi traumatiche, rivolte di piazza?
«Ma no. L`Italia è una democrazia solida, non arriveremo a tanto. Confidiamo sul fatto che Berlusconi responsabilmente si dimetta. Questo gli consentirà anche di evitare reazioni persecutorie».
Anche Rutelli garantisce che non ci sarà vendetta, che il premier non farà la fine di Ben Ali, che vuol dire?
«Che Berlusconi ha in mano la soluzione della crisi e il proprio destino. Se pensa invece di scatenare una guerra civile, senza piombo ma con armi mediatiche, e trascinare il Paese al voto, allora saremmo di fronte a quell`emergenza democratica di cui parla D`Alema e ci comporteremmo di conseguenza. È accaduto in Germania, può succedere in Italia. Mi auguro non accada».
L`impressione è che stiate saltando un passaggio. II ministro Matteoli sostiene che il premier andrà avanti anche in caso di condanna, in nome della presunzione d`innocenza fino alla Cassazione.
«E un assunto che non tiene conto del tipo di reato per il quale andrà sotto processo Berlusconi. Essere imputato per prostituzione minorile sarà una cosa devastante. E un paio dipassaggi complicheranno la sua posizione».
Quali?
«Il primo, quando l`opinione pubblica prenderà atto che la Minetti, organizzatrice delle cene e “manager” delle ragazze dell`Olgettina, percepirà in cinque anni 800 mila euro, tutti soldi dei contribuenti. Il secondo è l`elemento droga: la Polanco ha frequentato Arcore anche dopo che il suo fidanzato è stato fermato perla detenzione di dodici chili di cocaina, in parte nascosto nell`auto della Minetti. È inaudito che il presidente del Consiglio abbia continuato a riceverle nella sua residenza. Sono elementi destinati ad aggravarsi e a scavare una voragine nei consensi».
L`apprensione del Colle. Possibile uno scioglimento delle Camere anche in assenza di una sfi ducia in Parlamento?
«Ipotesi molto forte, ma percorribile, Costituzione alla mano.Mossa obbligata se il premier continuerà a fuggire ai suoi giudici, se preferirà attaccare i pm, se il ministro degli Esteri anzichè occuparsi dell`Egitto farà ancora il fattorino, se tutto salterà per aria».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 31st, 2011 Riccardo Fucile
LA LETTERA DEL PREMIER AL “CORRIERE DELLA SERA”: “PIANO BIPARTISAN PER LA CRESCITA”…ORA PER CONVENIENZA DICE QUELLO CHE FINI GLI RIPETE DA MESI: TEME CHE LA LEGA LO MOLLI E CERCA DI STARE ATTACCATO ALLA POLTRONA… COSI’ DIMOSTRA DI AVERE PAURA DELLE ELEZIONI TANTO MINACCIATE
La lettera di stamane del premier al Corriere della Sera
Gentile direttore,
il suo giornale ha meritoriamente rilanciato la discussione sul debito pubblico mostruoso che ci ritroviamo sulle spalle da molti anni, sul suo costo oneroso in termini di interessi annuali a carico dello Stato e sull’ostacolo che questo gravame pone sulla via della crescita economica del Paese.
Sono d’accordo con le conclusioni di Dario Di Vico, esposte domenica in un testo analitico molto apprezzabile che parte dalle due proposte di imposta patrimoniale, diversamente articolate, firmate il 22 dicembre e il 26 gennaio da Giuliano Amato e da Pellegrino Capaldo.
Vorrei brevemente spiegare perchè il no del governo e mio va al di là di una semplice preferenza negativa, «preferirei di no», ed esprime invece una irriducibile avversione strategica a quello strumento fiscale, in senso tecnico-finanziario e in senso politico.
Prima di tutto, se l’alternativa fosse tra un prelievo doloroso e una tantum sulla ricchezza privata e una poco credibile azione antidebito da «formichine», un gradualismo pigro e minimalista nei tagli alla spesa pubblica improduttiva e altri pannicelli caldi, staremmo veramente messi male.
Ma non è così.
L’alternativa è tra una «botta secca», ingiusta e inefficace sul lungo termine, e perciò deprimente per ogni prospettiva di investimento e di intrapresa privata, e la più grande «frustata» al cavallo dell’economia che la storia italiana ricordi.
Il debito è una percentuale sul prodotto interno lordo, sulla nostra capacità di produrre ricchezza.
Se questa capacità è asfittica o comunque insufficiente, quella percentuale di debito diventa ingombrante a dismisura.
Ma se riusciamo a portare la crescita oltre il tre-quattro per cento in cinque anni, e i mercati capiscono che quella è la strada imboccata dall’Italia, Paese ancora assai forte, Paese esportatore, Paese che ha una grande riserva di energia, di capitali, di intelligenza e di lavoro a partire dal suo Mezzogiorno e non solo nel suo Nord europeo e altamente competitivo, l’aggressione vincente al debito e al suo costo annuale diventa, da subito, l’innesco di un lungo ciclo virtuoso.
Per fare questo occorre un’economia decisamente più libera, poichè questa è la frustata di cui parlo, in un Paese più stabile, meno rissoso, fiducioso e perfino innamorato di sè e del proprio futuro.
La «botta secca» è, nonostante i ragionamenti interessanti e le buone intenzioni del professor Amato e del professor Capaldo, una rinuncia statalista, culturalmente reazionaria, ad andare avanti sulla strada liberale.
La Germania lo ha fatto questo balzo liberalizzatore e riformatore, lo ha innescato paradossalmente con le riforme del socialdemocratico Gerhard Schrà¶der, poi con il governo di unità nazionale, infine con la guida sicura e illuminata di Angela Merkel.
E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: la locomotiva è ripartita.
Noi, specialmente dopo il varo dello storico accordo sulle relazioni sociali di Pomigliano e Mirafiori, possiamo fare altrettanto.
Non mi nascondo il problema della particolare aggressività che, per ragioni come sempre esterne alla dialettica sociale e parlamentare, affligge il sistema politico.
Ne sono preoccupato come e più del presidente Napolitano.
E per questo, dal momento che il segretario del Pd è stato in passato sensibile al tema delle liberalizzazioni e, nonostante qualche sua inappropriata associazione al coro strillato dei moralisti un tanto al chilo, ha la cultura pragmatica di un emiliano, propongo a Bersani di agire insieme in Parlamento, in forme da concordare, per discutere senza pregiudizi ed esclusivismi un grande piano bipartisan per la crescita dell’economia italiana; un piano del governo il cui fulcro è la riforma costituzionale dell’articolo 41, annunciata da mesi dal ministro Tremonti, e misure drastiche di allocazione sul mercato del patrimonio pubblico e di vasta defiscalizzazione a vantaggio delle imprese e dei giovani.
Lo scopo indiretto ma importantissimo di un piano per la crescita fondato su una frustata al cavallo di un’economia finalmente libera è di portare all’emersione della ricchezza privata nascosta, che è parte di un patrimonio di risparmio e di operosità alla luce del quale, anche secondo le stime di Bruxelles, la nostra situazione debitoria è malignamente rappresentata da quella vistosa percentuale del 118 per cento sul Pil.
Prima di mettere sui ceti medi un’imposta patrimoniale che impaurisce e paralizza, un’imposta che peraltro sotto il mio governo non si farà mai, pensiamo a uno scambio virtuoso, maggiore libertà e incentivo fiscale all’investimento contro aumento della base impositiva oggi nascosta.
Se a questo aggiungiamo gli effetti positivi, di autonomia e libertà , della grande riforma federalista, si può dire che gli atteggiamenti faziosi, ma anche quelli soltanto malmostosi e scettici, possono essere sconfitti, e l’Italia può dare una scossa ai fattori negativi che gravano sul suo presente, costruendosi un pezzo di futuro.
Silvio Berlusconi
presidente del Consiglio
Chiuso nel bunker con lo scandalo Ruby che gli erode fette di consensi, con il Terzo Polo che si attrezza per andare alle urne per una “vera alternativa”, con Massimo D’Alema che lancia un’alleanza costituente ai moderati, con la morsa della Bicamerale che giovedi rischia di far naufragare il federalismo e quindi lo stesso governo per la conseguente reazione della Lega, Berlusconi si sente ormai accerchiato e ha cercato il solito colpo di teatro: un patto con l’opposizione, dove averne detto peste e corna per anni.
Non solo, dopo aver ripetuto per settimane “il governo va avanti, abbiamo i numeri, i “responsabili” saranno la terza gamba del centrodestra”, ora si ritrova azzoppato dalla sua spocchia.
Per aver chiesto, oltre ad una maggiore democrazia interna, un confronto costante e sereno con le opposizioni, qualche mese fa Fini è stato cacciato dal Pdl.
Per aver sostenuto che la crisi economica è grave e va affrontata con l’impegno e la collaborazione di tutte le forze politiche, non con i diktat e la litania del “tutto va bene, la crisi è passata”, Fini è stato ritenuto un disfattista.
Ora Berlusconi, solo per misero interesse personale, finisce per dargli ragione, chiedendo “collaborazione” a Bersani.
Come non ricordassimo la prepotenza e la supponenza sua e della sua corte dei miracolati quando bollavano qualsiasi critica come un delitto di lesa maestà .
Improvvisamente ora il premier lancia una proposta “nell’interesse del Paese” e per “salvare l’economia”: “facciamo insieme le riforme per uscire dalla crisi”.
Tutto per evitare una campagna elettorale “che il Paese non può permettersi” o che forse lui sa che non lo porterebbe più a Palazzo Chigi.
Un “colpo di teatro” di cui si parlava da giorni, suggeritogli dal moderato Letta, per evitare una deriva ormai inarrestabile.
Un modo per oscurare lo scandalo Ruby e tamponare l’operazione Tremonti-Lega che vogliono scalzarlo in modo indolore e senza farsi beccare col pugnale dei sicari in mano.
“Passare la mano” il premier? Non può permetterselo a causa dei suoi guai giudiziari.
Occorre “resistere” e non mollare la poltrona, altrimenti non la ritrova mai più, questa l’unica motivazione dell’offerta di oggi.
Dpo aver sfasciato il Pdl, dopo aver ceduto ai quotidiani ricatti leghisti, portando il governo su posizioni affaristico-razziste, dopo essere stato sommerso da scandali pubblici e privati, ora il premier pensa di fare l’ennesimo numero da “illusionista”, facendo uscire il coniglio dal cappello.
Ossessionato da chi “vuole farmi fuori e togliermi il potere”, come se non fosse legittimo che in una democrazia l’opposizione faccia le sue critiche e si ponga come alternativa, accorgendosi che la sua “fedele alleata” Lega sta ormai guardando oltre questo governo, il premier non sa più come uscirne.
O forse spera, forte della sua esperienza nel mondo dello spettacolo, che un colpo di teatro possa ancora salvarlo?
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Gennaio 31st, 2011 Riccardo Fucile
FINORA SI ERA SOLO PARLATO DEL DENARO RICEVUTO DA SPINELLI PER PAGARE AFFITTI E BOLLETTE..DURANTE L’INTERROGATORIO DI IERI I PM AVREBBERO CONTESTATO ALLA MINETTI VERSAMENTI DIRETTI DI DENARO, PARTITI DAI CONTI BANCARI DEL PREMIER CHE PROVEREBBERO LA VESTE DI ARRUOLATRICE DELLE PROSTITUTE
Versamenti di denaro diretti. Partiti da uno dei conti bancari del presidente del Consiglio (amministrato dal ragioniere personale Giuseppe Spinelli), beneficiario Nicole Minetti.
Gli importi? Svariate decine di migliaia di euro.
L’amara sorpresa il consigliere regionale del Pdl l’ha avuta ieri, durante le quasi tre ore di interrogatorio davanti ai pm di Milano Ilda Boccassini e Antonio Sangermano.
Un asso che la procura, dopo le dichiarazioni pubbliche dell’ex igienista dentale del Cavaliere, ha sfoderato come ulteriore tassello che rafforza l’intero quadro accusatorio.
Dunque, da ieri nel fascicolo dell’inchiesta sul Rubygate non c’è più solo il denaro che la Minetti avrebbe ottenuto dal ragioniere di Berlusconi.
Quel fiume di soldi che sarebbero serviti per pagare affitti e bollette alle più assidue frequentatrici del bunga bunga presidenziale.
Ora spuntano versamenti che avrebbero, sempre seguendo la linea dell’accusa, un’unica ragion d’essere: arruolare prostitute.
Fino a oggi, di contributi diretti del premier si erano scoperti quelli indirizzati alla stellina Alessandra Sarcinelli, destinataria di oltre 130mila euro, in parte bonificati direttamente da Silvio Berlusconi, con la causale: “Prestito infruttifero”.
Ora anche l’esponente regionale del Pdl è chiamata a spiegare il motivo di tanta generosità .
Nicole Minetti emerge dalle intercettazioni come la “factotum” delle serate allegre del Cavaliere.
Capace di rispondere a ogni esigenza delle invitate, delle prescelte.
Di chiamare Spinelli per assicurarsi che le pratiche per pagare gli affitti dei sette appartamenti in via Olgettina 65 fossero a posto.
Capace di rimanere attaccata al telefono con l’agente immobiliare dello stabile per ore, per sistemare le pratiche, ottenere in pochi minuti la disponibilità di un trilocale, far spostare una ragazza che soffre di vertigini da un appartamento all’ultimo piano a quello al piano terra.
Non solo.
Visto che il pacchetto prevedeva anche le spese delle bollette di energia elettrica e gas, con cadenza trimestrale la premurosissima Minetti si accollava l’onere di andarle a ritirare di persona in via Olgettina e di portarle personalmente nelle mani di Spinelli.
Il ragioniere, ottenuto il preventivo e indispensabile via libera direttamente dal presidente del Consiglio, obbediva.
Fino all’interrogatorio di ieri, però, un canale diretto di denaro tra il premier e la consigliera regionale non era mai emerso.
Anche se, sempre stando a quanto captato dagli investigatori, tra le carte emerse fino a oggi si intuiva che per tutto questo disturbo la Minetti aspettasse il momento giusto per passare all’incasso.
Il 15 ottobre scorso, comunicando attraverso sms con il padre, la ragazza manifestava tutta la sua ira contro il premier. “Sono molto arrabbiata perchè ho scoperto che ha comprato a una ragazza una casa da 1,2 milioni di euro”. Lei, oltre ai circa 10mila euro di compenso ottenuto con l’incarico nel Consiglio del Pirellone, non risultava avere altri canali di approvvigionamento. Anzi.
Durante una conversazione, la Minetti confidava di essere in rosso in banca “perchè ho prestato 35mila euro a mia sorella che doveva comprarsi casa”.
Ma che, in realtà , la venticinquenne riminese puntasse anche a un gesto di estrema generosità da parte del suo padrino politico lo si poteva dedurre da altre telefonate registrate dagli investigatori.
Come quando, il 23 settembre scorso, all’amica e compagna di serate ad Arcore, Barbara Faggioli confidava: “Io mi sto già muovendo adesso, sto cercando… mi sono fatta mandare via email tutti i dettagli di uno stabile a Milano, però intero, chiaramente”.
Minetti e Faggioli, solo quattro mesi fa, avevano l’intenzione di individuare “due progetti qualsiasi, due a cazzo… con la mia faccia da culo io gli dico (al Cavaliere, ndr) “guarda, abbiamo trovato questi, ci aiuti?””.
Un prezzo, insomma, la riminese sembra pretenderlo da Berlusconi.
Anche perchè, come con rabbia confidava alla vigilia delle perquisizioni in via Olgettina, l’11 gennaio scorso al telefono alla sua segretaria, questo “brutto stronzo mi ha rovinato la vita”.
“Tu – e il riferimento è diretto a Berlusconi – mi hai rovinato la reputazione”.
Emilio Randacio
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 31st, 2011 Riccardo Fucile
IL GOVERNO REGGE MA AL RIBASSO: FIDUCIA AL 30%, QUELLA NEI PARTITI IN GENERALE AL 10%…. 13 ELETTORI DEL PDL SU 100 CRITICI VERSO IL PREMIER, GLI ALTRI CONTINUANO A CREDERE ALLE SUE PALLE… IL 41% DEGLI ELETTORI LEGHISTI E IL 92% DI QUELLI FINIANI INVECE NON SE LE BEVONO PIU’
Tutte le principali istituzioni del nostro paese sono partecipi in questi giorni di violente polemiche, spesso mirate l’una contro l’altra.
Il Presidente del Consiglio è messo sotto il mirino dai giudici milanesi con imputazioni gravissime, sino all’abuso di minorenni.
A sua volta, la Magistratura viene accusata di illazioni pretestuose e di un eccesso di accanimento contro Berlusconi.
Quest’ultimo, al tempo stesso, invoca le dimissioni del presidente della Camera, Fini, cui si imputa di avere perduto la propria indipendenza politica (oltre che la vicenda della casa di Montecarlo).
L’opinione pubblica risponde a questo scenario drammatico (come ha osservato Stefano Folli sul Sole 24 Ore non si era mai assistito, dal dopoguerra ad oggi, ad una situazione di tale conflitto tra i poteri dello Stato) con tre tipi di reazioni differenti e solo apparentemente contraddittorie tra loro. Da un verso, si conferma il trend di erosione della fiducia nella persona del Cavaliere, i cui primi segnali erano già stati rilevati nei giorni scorsi.
Oggi solo poco più di un quarto (27,5%) degli italiani dichiara di avere «molta» o «moltissima» fiducia in Berlusconi.
Tutti gli altri si dividono tra l’espressione di «poca» o «pochissima» fiducia (70%) ed una quota assai esigua di persone senza un’opinione precisa (2%). Naturalmente, la gran parte (87%) degli elettori per il Pdl conferma il consenso per il proprio leader (sebbene anche tra costoro, il 13%, esprima a suo riguardo una posizione critica).
Ma la sfiducia è presente nella quasi totalità degli elettori dei partiti di opposizione (compreso il 92%dei votanti per Fli) e anche, in misura significativa, (41%) in quelli leghisti.
Il fenomeno era forse inevitabile, dati il rilievo sui media e la gravità delle accuse rivolte al Presidente del Consiglio.
Ma– è questa la seconda caratteristica significativa delle reazioni dell’opinione pubblica– la diffusione delle critiche alla persona non ha comportato una diminuzione significativa del consenso verso le istituzioni che a lui fanno riferimento.
Si è già rilevato la scorsa settimana come il livello delle intenzioni di voto per il partito del Cavaliere non abbia subito sin qui, secondo quanto rilevato dalla gran parte degli istituti di ricerca, un crollo significativo, forse per mancanza di alternative.
Lo stesso andamento si manifesta per l’opinione sull’operato dell’esecutivo.
La percentuale di cittadini che esprimono una valutazione positiva sul Governo rimane bassa (supera di poco il 30%, corrispondente dunque a meno di un terzo degli italiani), ma non mostra variazioni rilevanti.
Anche in questo caso, al consenso elevato (88%) rilevabile tra i votanti per il Pdl (e, in questa circostanza, anche tra i leghisti, sia pure in misura lievemente inferiore) si contrappone l’atteggiamento critico di tutti gli altri elettori (compresi quelli di Fli, ove l’approvazione per l’operato del Governo è pari al 25%).
Va detto, comunque, che i giudizi positivi sull’azione dell’opposizione sono ancora minori, collocandosi nel complesso della popolazione poco sopra il 15%.
Tuttavia, se il consenso per l’esecutivo e per il Pdl rimangono pressochè invariati, cala, in modo molto significativo, la fiducia generale nelle principali istituzioni politiche del Paese, con l’esclusione del Presidente della Repubblica.
Quest’ultimo vede anzi accrescere il proprio seguito dal 79 all’84%.
Ma il Parlamento, che già godeva di una fiducia popolare piuttosto modesta, subisce l’andamento opposto: oggi solo un italiano su quattro (era uno su tre l’ottobre scorso) esprime un giudizio positivo al riguardo.
Ancora peggiore è l’opinione espressa in questo momento dai cittadini nei confronti dei partiti politici nel loro insieme.
Dal 15%di fiducia manifestato in ottobre, si è crollati sotto il 10%.
Insomma – questo è il terzo fenomeno rilevabile nell’opinione pubblica – si allarga fortemente la disistima per le istituzioni politiche.
Uno scenario siffatto può dar luogo, specie se la crisi istituzionale prosegue e si acuisce, ad un ancora maggiore allontanamento degli italiani dalla politica e dai suoi rappresentanti.
Con conseguenze, in questo momento, imprevedibili.
Renato Mannheimer
(da “Il Corriere della Sera“)
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Gennaio 31st, 2011 Riccardo Fucile
IL GOVERNO PUNTA SULL’OK DEI COMUNI CHE POI POTRANNO AUMENTARE LA PRESSIONE FISCALE LOCALE….IL TERZO POLO: “FARA’ AUMENTARE LE TASSE, E’ UN BLUFF DELLA LEGA, SE LO VOTINO DA SOLI”…”I SINDACI SARANNO I NUOVI GABELLIERI PER CONTO DELLO STATO”
Il Terzo Polo spara a palle incatenate contro il federalismo.
Dalle assise di Todi Casini, Rutelli, Lombardo non hanno usato mezzi termini e, in vista del voto sul filo del rasoio della prossima settimana, si preparano all’attacco.
«La Lega è preoccupata ma questo federalismo fa aumentare le tasse, non lo possiamo votare», ha detto il leader dell’Udc.
«E’ un bluff della Lega se lo votino da soli se ci riescono», ha aggiunto il segretario Lorenzo Cesa.
«Il feticcio cadrà e potrebbe porre le condizioni perchè sia la Lega a staccare la spina al governo», ha auspicato Francesco Rutelli leader dell’Api.
Duri anche Raffaele Lombardo e Carmelo Lo Monte dell’Mpa: «E’ contro il Sud e noi diremo di no».
Intanto il presidente dell’Anci Chiamparino è stretto tra più fuochi: mentre il Pd è espressamente contro la decisione dell’associazione dei municipi, Bossi impugna strumentalmente il semaforo verde dei Comuni per forzare la mano ai partiti.
A condire l’analis anche un nuovo rapporto della Cgia di Mestre: secondo lo studio, che calcola l’incidenza percentuale del debito sulle entrate correnti dei 118 comuni capoluogo di provincia, Torino (di cui Chiamparino è sindaco) è il comune capoluogo più indebitato d’Italia con una percentuale di debito sulle entrate correnti pari a 252,2 per cento.
Seguono Carrara con il 223,1 per cento, Milano, con il 209,9 per cento, Teramo con il 192,1 e Fermo con il 181,5.
Tra i più oculati, invece, l’Aquila (9,1 per cento), Vibo Valentia (8,2 per cento), Brescia (7 per cento) e Caltanisetta (5,4 per cento).
Allarmate le conclusioni del segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi: taglio dei trasferimenti e aumento delle competenze dei Comuni, unite alla possibilità di aumentare le addizionali Irpef e introdurre le tasse di soggiorno, creano il rischio che i sindaci si trasformino in «nuovi gabellieri per conto dello Stato centrale».
Severo anche il giudizio dell’«Avvenire» secondo cui c’è il rischio che «il federalismo produca un aumento del carico fiscale invece della sua promessa graduale riduzione», se le imposizioni concesse ai Comuni verranno messe in atto in modo «generalizzato e simultaneo».
Fa discutere anche l’introduzione della cedolare secca.
Secondo i calcoli del sindacato inquilini Sunia, l’imposta sulle locazioni, così come prevista dalle bozze sul federalismo municipale, potrebbe provocare una perdita di gettito rispetto alle attuali entrate pari a 500 milioni per le casse dello Stato.
Le aliquote sulla cedolare secca, infatti, nelle diverse bozze circolate sul federalismo municipale «variano di continuo mentre sembra essere sparito il fondo di sostegno con cui finanziare gli sgravi fiscali per le famiglie con figli».
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Gennaio 31st, 2011 Riccardo Fucile
IL PREMIER UTILIZZA I VIDEOMESSAGGI ALLA BIN LADEN PERCHE’ IL BAGNO DI FOLLA E’ SEMPRE PIU’ A RISCHIO FISCHI….DAL VIDEO DELLA SUA “DISCESA IN CAMPO” ALLE ULTIME DAL BUNKER: SI MOLTIPLICANO GLI INTERVENTI A DISTANZA DI SICUREZZA E SENZA CONTRADDITTORIO
Bandiere, cipria e niente critiche ecco il videoserial del Cavaliere.
“Care amiche e cari amici”. Stessa tenda come sfondo, stesse bandiere, stessa scrivania con stessa argenteria, stessa maschera incipriata.
In quel sogno carnale, spettrale e pagliaccesco che è la vicenda pubblica, il videomessaggio di Berlusconi occupa un posto tutto particolare nella sua straniante assiduità .
L’ha riconosciuto lui stesso nell’ultima o penultima clip: “Ormai sta diventando un appuntamento fisso”. Già .
E a voler rincorrere gli inesorabili effettacci che si tirano appresso le cose troppo ripetute, si può azzardare che quelle interminabili allocuzioni sono la versione edulcorata dei video, pure a senso unico, che da dieci anni si propagano da certe caverne sulle montagne del Pakistan.
Solo che Osama Bin Berlusconi li mette in scena da Palazzo Chigi, dove c’è un efficiente anche se non bellissima sala stampa, da lui stesso ristrutturata secondo canoni estetici tipo antichi romani, in ogni caso dotata di podi e podietti, e svariate telecamere, e adeguati microfoni, e poltroncine per i giornalisti, oltre che di un impegnativo fondale pittorico di Giambattista Tiepolo, “La Verità svelata dal Tempo”, ma si vede che non è più tempo di disvelamenti, nè di assunzioni di responsabilità pubblica.
Molto meglio infatti un videomessaggio, che in tempi di riemersioni ricorda un po’ il modo in cui si manifestava l’idolo; o una telefonata, che fa pensare alla voce di Dio mentre detta i dieci comandamenti.
E però. La prima cosa che viene da pensare di questo sistema di comunicazione unilaterale è che il Cavaliere l’ha adottato perchè è comodo, perchè gioca in casa, perchè non ci sono domande, nè interruzioni, nè fischi, nè altre volgari, ridicole e quindi temutissime risonanze di vario ordine, grado e riproducibilità digitale.
E questo vuol dire già parecchio.
L’uscita per strada è a rischio, il bagno di folla comincia a diventare problematico, l’insulto e il gestaccio sono nell’aria, le telecamere sempre in agguato.
L’altro giorno un ragazzetto gli ha gridato una brutta parola, il Cavaliere ha risposto pronto qualcosa tipo “senti chi parla!”, e per una volta passi, ma non è che la scenetta si può replicare ogni volta: il potere ha bisogno di mistero, di distacco, di operazione dalla folla, ma nessun presidente del Consiglio può permettersi il lusso di disertare i funerali di un soldato morto in Afganistan per paura di contestazioni.
E tuttavia questa particolare e poco invidiabile esigenza spiega perchè si moltiplicano gli interventi a distanza di sicurezza.
Così come il loro intensificarsi – ed è strano che proprio Berlusconi non se ne renda conto – indica una complessiva condizione di difficoltà , inutile spedire gli uomini e le donne del Pdl a combattere nelle arene televisive e poi lui restarsene al calduccio, o al massimo movimentare la scena alzando la cornetta del telefono per sottolineare che ci sono le intercettazioni.
E ci sono sì!
Il sospetto è che la video-serializzazione, pardòn, del Cavaliere sia un alibi o un espediente per mascherare quella che appare a occhio nudo come una crisi seria, forse terminale: perciò egli ha tanto più bisogno di esserci, ovvero di farsi vedere, quanto più in realtà è assente sugli affari di governo; mentre è fin troppo visibile e presente nelle narrazioni degli scandali, sempre più sconci e dolorosi per lui, che si ritrova dato in pasto non dall’opposizione, figurarsi, ma da quelle che riteneva le sue giovani amiche, le sue “vitamine”, e che invece ne parlano tra loro e adesso anche all’opinione pubblica come lui mai avrebbe voluto, nè immaginato, “che palle, ‘sto vecchio” e altri graziosi riconoscimenti che vengono fuori dalle intercettazioni.
Così non c’è fine di regno senza un mezzo tecnologico che ne accompagni il compimento o la consumazione.
E viene da pensare ai fax che Craxi spediva dall’esilio o dalla latitanza, comunque dalla remota Tunisia.
Ma con uno di quei brividi che solo le enigmatiche coincidenze procurano a chi si lasci visitare da queste suggestioni, viene anche da pensare che la storia politica di Berlusconi, la sua discesa in campo, fu annunciata con un videomessaggio, anche se allora se ne parlò come di una “cassetta”, girata con un filtro speciale, la calza, che ne rendeva soffuse e vagamente oniriche le immagini.
Se ne ricorda tuttora l’esordio: “L’Italia è il paese che amo”.
Ma al netto dell’aspetto autobiografico e della video-retorica da sogno, c’è qualche argomento per dimostrare che l’Italia, con i suoi potenti, si comporta spesso come una autentica e crudele canaglia – e prima loro lo capiscono, e meglio è per tutti.
Filippo Ceccarelli
(da “La Repubblica“)
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