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INTERVISTA DI FINI A PORTA A PORTA: “SUL CASO RUBY NON VOTO, IL GOVERNO SI PREOCCUPI PIUTTOSTO DELLA OCCUPAZIONE DEI GIOVANI E DELLE DONNE”

Marzo 3rd, 2011 Riccardo Fucile

“IL VERO PREMIER E’ BOSSI, SILVIO E’ UN SIGNORE CHE HA BISOGNO VITALE DI LUI”…”IL PROCESSO BREVE? LA NORMA TRANSITORIA E’ UNA VERGOGNA”..”LA DESTRA C’ERA PRIMA DI BERLUSCONI E CI SARA’ ANCHE TRA CENTO ANNI”

Il vero presidente del Consiglio non è Silvio Berlusconi ma Umberto Bossi.
È l’opinione del presidente della Camera, Gianfranco Fini, intervistato a Porta a Porta.
«Bossi – ha osservato – non è diverso da quello di ieri ma oggi non c’è più chi come Fini contrastava Bossi quando diceva cose lesive dell’identità  nazionale, cose che potevano incrinare l’unità  nazionale. Il problema non è Bossi ma Berlusconi che gli ha concesso la possibilità  di essere il dominus della maggioranza. Il vero premier è Bossi non Berlusconi. Berlusconi è un signore che ha un bisogno vitale di Bossi».
Silvio Berlusconi «non ha dimestichezza col dissenso: se qualcuno non è d’accordo con lui, immediatamente gli scatta la sindrome del complotto. «Berlusconi dice che mi sono messo d’accordo con l’Anm (e all’epoca della Bicamerale con D’Alema) alle sue spalle: penso che non abbia dimestichezza con il dissenso, gli scatta la sindrome del complotto» ha detto Fini nell’intervista registrata.
Poi aggiunge: «La destra c’era prima e, quando tra cento anni Berlusconi sarà  uscito dalla vita politica, ci sarà  ancora pure dopo».
Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, torna poi a criticare il ddl sul processo breve che arriverà  in Aula a Montecitorio il prossimo 28 marzo: «È una vergogna una norma transitoria che cancella i processi in corso, togliendo alle parti lese il sacrosanto diritto di vedersi riconosciuto il diritto alla giustizia».
Invece sul caso Ruby il presidente della Camera ha affermato che non voterà  sul conflitto attribuzione.
Poi risponde con una domanda alla domanda sulla casa di Montecarlo: «fra qualche giorno si pronuncia in via definitiva la magistratura e ci sarà  la parola fine anche a questa storia».
«Leggeremo il testo e poi ne discuteremo in Parlamento» risponde Fini ad una domanda sulla riforma della giustizia che sarà  portata in Consiglio dei ministri la prossima settimana.
«Resto favorevole alla separazione delle carriere», dice Fini, che sottolinea di non cambiare idea solo perchè la riforma è quella del governo Berlusconi.
Ma poi aggiunge che il Consiglio dei ministri la prossima settimana dovrebbe piuttosto occuparsi «della reale condizione meridionale o di un piano di rilancio dell’occupazione giovanile».
«Ieri è stata presa la decisione saggia di chiedere quattro mesi in più per il federalismo».
«È una decisione che allunga la legislatura: Non si voterà  più quest’anno». Poi sui problemi degli italiani: «Spero che nell’agenda del governo ci siano, quanto prima, i problemi degli italiani. L’inflazione è tornata quella del 2008, una donna su due non ha lavoro. Questi sono i problemi»

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BUTTATI 300 MILIONI: NO AI REFERENDUM INSIEME ALLE AMMINISTRATIVE, BERLUSCONI HA PAURA DEL POPOLO

Marzo 3rd, 2011 Riccardo Fucile

ELEZIONI LOCALI A META’ MAGGIO, REFERENDUM SU ACQUA PUBBLICA, NUCLEARE E LEGITTIMO IMPEDIMENTO IL 12 GIUGNO… OBIETTIVO: FAR SALTARE IL QUORUM ED EVITARE LA SFIDUCIA POPOLARE SULLE LEGGI AD PERSONAM

Il ministro dell’Interno annuncia la separazione tra elezioni e quesiti referendari.
L’opposizione attacca: “Soldi sprecati solo per sfuggire al voto sul legittimo impedimento”
Ci penserà  il calendario ad affossare i referendum.
E’ questo il senso della scelta fatta oggi dal consiglio dei ministri. “Ho comunicato la decisione di firmare nei prossimi giorni il decreto per l’indizione delle elezioni amministrative il 15 e 16 maggio” ha spiegato il ministro dell’Interno Roberto Maroni nel corso di una conferenza stampa.
Il cdm, ha aggiunto il ministro, non ha ancora deciso la data per i referendum, Maroni ha tuttavia precisato che la data più probabile è quella del 12 giugno, due giorni dopo la chiusura delle scuole, e giusto tre giorni prima della chiusura della finestra utile per il voto, il 15 giugno.
Quanto alla motivazione della separazione, Maroni si è giustificato invocando “una tradizione”.
Tradizione o meno, la scelta di scorporare le date elettorali suona come l’ennesimo favore al presidente del Consiglio Berlusconi.
Il premier teme infatti che la chiamata alle urne diventi un plebiscito pro o contro il suo governo.
Peggio, contro la sua persona.
Oltre ai due referendum sull’acqua pubblica e a quello sul nucleare, infatti, nella tornata elettorale ci sarà  anche il voto referendario sul legittimo impedimento.
Il quesito voluto dall’Italia dei Valori, in realtà , vale poco o niente dal punto di vista formale, dopo che la Consulta ha di fatto svuotato la legge con la decisione di gennaio.
Ma ha un grande valore dal punto di vista simbolico e comunicativo.
Per Berlusconi sarebbe infatti una caduta di proporzioni devastanti se l’opposizione riuscisse a portare alle urne il 51% degli italiani.
Il premier voluto dal popolo, che governa in nome del popolo e sfugge alla giustizia sempre in nome del mandato popolare si ritroverebbe di fatto sfiduciato dalla maggioranza degli elettori.
Molto peggio di una semplice sconfitta elettorale alle amministrative che chiameranno al voto non più di 18 milioni di elettori, Berlusconi si ritroverebbe di fronte al giudizio di almeno metà  del Paese.
Con buona pace della retorica che in questi giorni anima la difesa ad oltranza portata avanti dalla sua maggioranza parlamentare, quindi, il governo sceglierà  il vecchio adagio di craxiana memoria.
“Andate al mare” disse nel 1991 il leader del Psi di fronte al referendum voluto da Mario Segni sulla legge elettorale.
Si sa come andò a finire.
Per Berlusconi, del resto, i dati continuano ad essere sconfortanti.
Il caso Ruby ha picchiato duro sul suo consenso.
E se l’opposizione non riesce, almeno nelle intenzioni di voto, ad acciuffare nuovi voti, per il premier è una continua emorragia di gradimento personale.
In ogni caso, sottolinea l’opposizione, la tradizione che Maroni vuole rispettare è decisamente costosa per le tasche dei cittadini.
Dire no all’election day significa buttare dalla finestra 300 milioni di euro in un momento di crisi economica per le famiglie e i lavoratori”.
Franceschini va diritto al punto: “Il governo ha anticipato il no alla nostra richiesta di election day unicamente per impedire che il referendum sul legittimo impedimento raggiunga il quorum”.
Sulla stessa linea il segretario dell’Idv Antonio Di Pietro: ”Il Governo è impaurito, truffaldino e anche un pò ladro poichè, decidendo di mandare a votare gli elettori una settimana dopo l’altra, spende il doppio dei soldi quando, invece, potrebbe concentrare il tutto nella stessa settimana”. ”.
Dai comitati promotori dei referendum arriva invece la richiesta di ripensamento.
Associazioni ambientaliste e promotori presidiano, con banchetti e striscioni, l’area davanti a Montecitorio.
Tra le sigle presenti, Legambiente, Wwf, Lipu, Greenpeace e Fare Verde. “Siamo qui per chiedere l’accorpamento del voto per i due referendum con le elezioni amministrative che si dovranno tenere a maggio — spiega Paolo Cassetti, del Comitato referendario ‘Due sì per l’acqua bene comune’ — per garantire la partecipazione popolare al voto e il contenimento della spesa pubblica”.

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FECCIA PADANA BRUCIA IL FANTOCCIO DI GARIBALDI A VICENZA: ROGO SIMBOLICO DAVANTI A UNA DISCOTECA

Marzo 3rd, 2011 Riccardo Fucile

TIEPIDO IMBARAZZO LEGHISTA: C’E’ SEMPRE CHI LANCIA IL SASSO E POI RITIRA LA MANO…GARIBALDI DEFINITO “L’EROE DEGLI IMMONDI” DA   RIFIUTI UMANI CHE VIVONO DI   SNIFFATE COI SOLDI DI PAPA’… ERANO PRESENTI E ULULANTI ANCHE CONSIGLIERI REGIONALI, PROVINCIALI E COMUNALI DELLA LEGA…SONO I COMPAGNI DI MERENDA SI SILVIO

«Fate scrivere la biografia di Garibaldi al suo peggior nemico e vi apparirà  come il più sincero, il più disinteressato e il meno dubbioso degli uomini…», scrisse il Times dopo la morte sfidando a mettere in dubbio la statura morale del condottiero.
Sottovalutava il fanatismo dei talebani venetisti.
Che l’altra sera, davanti a una discoteca vicentina, hanno bruciato una sagoma barbuta in camicia rossa che portava appeso al collo il cartello: «L’eroe degli immondi».
Il governatore Luca Zaia ha penosamente cercato di smarcarsi: «Mi ritengo venetista ma bruciare una sagoma è un segnale a cui stare attenti. Dietro a una figura “c’è una persona”, non bisogna minimizzare e trasmettere messaggi sbagliati ai giovani».
Pochino, dirà  qualcuno.
Molto, risponderà  lui, che cerca di barcamenarsi tra i doveri istituzionali e i mal di pancia dei duri e puri del suo partito e dintorni.
Come quelli del sedicente “Presidente Movimento Veneti” che, in una lettera al quotidiano locale ha spiegato esultante che il rogo «è solo una scintilla, dal 17 marzo aspettiamoci i fuochi d’artificio». Firmato: Riondato Patrik.
Con la “k”.
“Very polenton”, per un difensore della cultura veneta.
Come “very polentons” erano i nomi che portavano i figli di due del commando dei Serenissimi che anni fa assaltarono il campanile di San Marco: Buson Desirèe (très rèvolutionnaire), Contìn Christian & Contìn Genny. Wow!
Una goliardata folcloristica?
Scrive il Giornale di Vicenza che a far la festa al feticcio dell’eroe di Caprera c’erano 200 persone tra cui «numerosi consiglieri comunali, provinciali e regionali della Lega Nord ma anche della Liga Veneta per l’autonomia e di altri partiti» con l’aggiunta di sindaci del padovano e del veronese.
Di più, il giorno dopo il deputato regionale Roberto Ciambetti sdrammatizzava: «Sono arrivato più tardi e il rogo non l’ho visto. Però non vorrei si strumentalizzasse la cosa. È un gesto scaramantico, che vuole esorcizzare non la figura del generale che fu, per primo, bandito dagli stessi Savoia, quanto chi continua a negare dignità  alle storie regionali».
Ma come: chiama a supporto, lui, proprio i Savoia?
Pexo el tacòn del buso.
Da non perdere le discettazioni di Giorgio “Xorxi” Roncolato, informatico alla Asl, consigliere comunale leghista di Arzignano e membro di “Raixe Venete” (radici venete) l’associazione che aveva acceso il falò: «Gli storici seri hanno dimostrato che Garibaldi era un bandito vissuto di espedienti e ladrocini in Sud America. E che anche i famosi Mille erano una accozzaglia di sbandati e predoni».
E chi sarebbero questi “storici seri”?
Non Denis Mack Smith, che scrive: «Garibaldi era la persona vivente più conosciuta e amata del mondo».
Non Christopher Duggan, secondo il quale «il suo stile di vita anti-convenzionalmente modesto, la semplicità  dei modi e l’immenso coraggio personale, e infine l’apparente invulnerabilità  sul campo di battaglia (…) concorrevano a fare di Garibaldi un personaggio venerato, con una capacità  d’attrazione senza precedenti».
Non Max Gallo, Rosario Romeo, Giovanni Spadolini… Perfino Indro Montanelli, che pure non perdeva occasione per punzecchiare qua e là  i protagonisti del Risorgimento, nel libro scritto con Marco Nozza chiuse il discorso: «Nel disperato bisogno che l’Italia dell’Ottocento aveva di eroi, è giusto che il posto di proscenio e il piedistallo più alto siano toccati a lui».
Macchè, Bortolino Sartore, proprietario della discoteca Hollywood teatro del rogo e consigliere provinciale della Liga autonomista, mica si fa incantare da chi ha letto libri e studiato documenti: «Garibaldi era un mercenario che non amava i veneti, questo è un dato storico».
Fine.
Avrà  ben diritto di dire ciò che vuole?
In realtà , spiega ne “La storia negata” Mario Isnenghi, sempre lì si finisce: nell’idea sventurata che, con o senza documenti a supporto, un’opinione vale un’altra e ognuno ha il diritto di pensare quel che gli pare: «La coscienza che tutto passi attraverso un punto di vista e un’interpretazione, e finisca in uso pubblico e strumentalizzazione politica, invece che più lucidi, ci rende solo più fatui. E una versione sbracata e facilona di “relativismo” o storia “fai da te” finiscono per imperare. Nulla è vero, tutto è vero».
E invece, scrive, «nossignori, gli avvenimenti storici si sono svolti in una certa maniera e non in un’altra».
Possono essere messi sullo stesso piano i lavori, ad esempio, di Rosario Romeo e le ricostruzioni allucinate e apocalittiche su “Civiltà  cattolica” del gesuita Antonio Bresciani, uno che dedicò la vita a gonfiare l’odio contro Garibaldi per conto del Vaticano?
Per quanto ci riguarda il problema di duecento fighetti che si fanno di coca coi soldini di paparino lo avremmo già  risolto applicando la legge italiana e reintroducendo i lavori socialmente utili come alternativa alla pena detentiva.
A spaccare le pietre dieci ore al giorno si raddrizzano anche le schiene dei coglionazzi e dei loro magnaccia.

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“RUBY LAVORO’ IN MEDIASET A 17 ANNI”: LA TESTIMONIANZA DELL’ASSISTENTE SOCIALE

Marzo 3rd, 2011 Riccardo Fucile

ANCORA MINORENNE, OSPITE PAGATA DI CHIAMBRETTI…PER LA GIOVANE MAROCCHINA UNA CORSIA PREFERENZIALE ANCHE NELLE EMITTENTI DEL PREMIER…IL RUOLO DELL’IMMANCABILE EMILIO FEDE E LA STRANA FINE DELLA SUA SCORTA

Esiste un rapporto tra un programma Mediaset, il Chiambretti night, e Ruby-Karima.
Al format del Biscione, la marocchina sarebbe stata ospite, più volte, e anche pagata.
Ma c’è un problema che dimostra come alla ragazza scappata dalle comunità  e dalla famiglia, sembra essere stato garantita una corsia preferenziale dalle emittenti di proprietà  del presidente del Consiglio.
Quando si entra negli studi televisivi, infatti, si lascia un documento.
O, comunque, si viene identificati.
E che cosa racconta Ruby, oltre quello che già  sappiamo?
L’assistente sociale P. G. ricorda che il 7 giugno la diciassettenne le chiede di essere “inserita in una comunità  di Milano, perchè lavora in città “.
P. G. aggiunge che “la ragazza mi chiese di essere collocata della città  perchè lavorava in un bar e inoltre per il “Chiambretti night” tre volte alla settimana”.
Ad E. G. altra assistente sociale, dice: “Ci parlò in particolare delle sue frequentazioni a Villa San Martino di Arcore, della sua conoscenza con Lele Mora ed Emilio Fede, dei suoi contatti con Mediaset”.
E ai pm racconta: “Quando ho ripreso i contatti con Mora, questi mi ha fatto lavorare sia al Chiambretti night, sia in sfilate di moda”.
Ruby, dunque, entra in un programma Mediaset.
E a differenza di quanto dice, non è che ci lavora davvero, ma viene fatta accomodare tra il pubblico.
Sembra che nelle settimane scorse, alcuni dirigenti televisivi abbiano controllato:
Ruby c’era, eccome. Almeno quattro volte.
È stata pagata? L’ha portata Mora, l’ha aiutata Emilio Fede ad entrare?
Ruby spiega che a spingerla a Milano è stato proprio il direttore del Tg4: “Ci disse che abitava in Sicilia – prosegue nel ricordo l’assistente sociale – che aveva partecipato a un concorso di bellezza dove aveva raccontato la sua storia… Emilio Fede rimase così colpito da dirle :”Se vuoi far televisione io ti posso aiutare””.
I detective troveranno il filmato della manifestazione (era il 3 settembre 2009), con Fede che sottolinea la storia della minorenne Karima, nata nel novembre 1992.
Il direttore è spesso al centro dell’inchiesta.
Come si sa è lui che viene accusato di aver portato Ruby la prima volta ad Arcore e, qualche settimana fa, in diretta, se la prese con il suo ex caposcorta, Luigi Sorrentino, minacciandolo di querela perchè aveva parlato di ragazze in babydoll rosso durante la festa di San Valentino del 2010 ad Arcore.
Ma c’è di più.
Che cosa ha detto Sorrentino nel verbale?
“Io sino all’aprile 2010 ero inserito nell’apparato fisso di sicurezza del direttore”, dice. Per circa tre anni. Con lui c’erano i colleghi P. e B., i quali non parlano. Strana storia, la loro.
Scortavano Fede a Milano Marittima, è scoppiato l’airbag della macchina ed entrambi sono “in cura da uno psicologo” e ora non ricordano nulla delle serate ad Arcore.
E come mai Sorrentino non è stato più la scorta di Fede?
“La mia rimozione dal servizio si è verificata a seguito di una discussione avuta una sera dopo averlo accompagnato in un ristorante. Poichè pioveva e faceva anche freddo, io e i miei colleghi ci siamo tutti e tre messi in macchina. A un certo punto, Fede è uscito, io immediatamente mi sono portato presso di lui, però ho subito capito che si era contrariato del fatto che noi non eravamo rimasti fuori in piedi ad aspettare che uscisse. Lo abbiamo accompagnato poi a casa sino all’ascensore, in quel frangente il signor Fede era in compagnia di due sue amiche e mentre eravamo in attesa dell’ascensore lui fece la battuta: “Vedi come mi scortano bene queste persone”. Lui aggiunse che avrebbe immediatamente chiamato il generale per comunicare che l’apparato di sicurezza non aveva funzionato. Il giorno dopo venni rimosso”.
Un altro pilastro accertato dall’inchiesta è che le parentele di Ruby con Hosni Mubarak (a differenza di quanto dichiara ancora oggi il presidente del Consiglio), erano false.
E la questura se ne è accorta subito.
La verità  emerge da un verbale sinora in parte segreto, quello di Ivo Morelli, e cioè il superiore della poliziotta (Giorgia Iafrate) che affidò la minorenne marocchina a Nicole Minetti.
“La minore – ricorda Morelli – sin dai primi accertamenti non risultava imparentata a Mubarak, ma si trattava di una cittadina marocchina scappata da una comunità  di Messina”.
Ieri sera, intanto, è scattata una bonifica nella sede Fli di Milano per   vedere se, come prospettava il padre della starlette Barbara Guerra in una telefonata intercettata, vi erano state collocate microspie.

Piero Colaprico e Emilio Randacio
(da “La Repubblica“)

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FURIBONDA LITE PER LE POLTRONE: IL MINISTERO DELL’AGRICOLTURA PROMESSO A SAVERIO ROMANO, MA LA LEGA LO VUOLE PER BRICOLAGE

Marzo 3rd, 2011 Riccardo Fucile

ALT DELLA LEGA: “NON PUO’ ANDARE A UN MINISTRO DEL SUD”… ROMANO MINACCIA DI ABBANDONARE IL GRUPPO…VETI INCROCIATI TRA I RESPONSABILI CHE SONO GIA’ DIVISI TRA LORO… GALAN VERSO LE POLITICHE COMUNITARIE, ENTRA BONAIUTI

“Saverio, tu sei ministro dell’Agricoltura. Sereno. Con Umberto ci parlo io, devi solo pazientare” sussurra in serata il premier Berlusconi a Montecitorio all’orecchio del fedele Romano.
In quell’esatto momento, il co-fondatore (con Moffa) dei Responsabili, artefice dello strappo dei cinque ex Udc, ha capito che l’agognato riconoscimento per ora si allontana.
Per lui come per gli altri pezzi acquisiti di maggioranza, pronti a passare all’incasso.
Pesa il veto di Bossi sul dicastero più pesante tra quelli in ballo.
Il Senatur al premier suggerisce di “prendere tempo”, quando si chiude con Calderoli, Cota e Bricolo nella saletta del governo adiacente all’aula per festeggiare l’approvazione del federalismo municipale.
Il Carroccio non molla la presa sull’Agricoltura, poltrona finora occupata da Galan e dalla quale pendono le sorti dei ladroni delle quote latte.
Ma se l’operazione rimpasto data per imminente addirittura per il consiglio dei ministri di oggi, è poi slittata a martedì se non oltre, è perchè in 48 ore sulle seggiole in gioco si è scatenata la guerriglia.
C’è mezzo gruppo dei Responsabili, da Moffa alla Polidori fino a Pionati pronti ad alzare barricate sull’ascesa al collega siciliano.
E così, prigioniero della “tribù degli Scilipoti” – come in Transatlantico bollano la terza gamba della maggioranza – il presidente del Consiglio è costretto a soprassedere per ora.
Un rinvio strategico, che fa molto gioco al premier impelagato nella partita politico-giudiziaria legata allo scandalo Ruby.
“Non posso permettermi di correre rischi, di perdere pezzi di maggioranza a pochi giorni dal probabile voto in aula sul conflitto di attribuzione” ha ragionato con i suoi il Cavaliere, chiuso tutto il giorno a Palazzo Grazioli prima di spostarsi alle 19 a Montecitorio.
Fini è intenzionato a rimettere all’aula la decisione sull’apertura del conflitto coi giudici di Milano davanti alla Consulta.
Ma se il rimpasto si chiuderà  prima – con l’assegnazione di tre ministeri e altrettanti vice e una sfilza di sottosegretariati – i troppi scontenti si trasformerebbero in altrettanti pericolosi disertori.
I mal di pancia serpeggiano, in Transatlantico, e Berlusconi ne è informato. “Per quanto tempo ci dovranno prendere in giro? Sta rinviando di settimana in settimana questi incarichi, non è più tollerabile” alza la voce Mario Pepe (Responsabile) con i colleghi di gruppo nei quali si imbatte.
Gli artefici della fiducia del 14 dicembre stanno perdendo la pazienza. “Il presidente faccia come vuole, ma io gli ho suggerito di ragionare bene sull’Agricoltura – racconta a un collega Francesco Pionati – Ma vi pare che si possa dare un ministero così pesante a un siciliano non pidiellino, di un partito mini che ha perso pure Mannino e Cuffaro?”.
Eppure, in giornata Berlusconi aveva provato a mettere a posto i tasselli. Incontrando il ministro (uscente) all’Agricoltura Giancarlo Galan a Palazzo Grazioli e provando a convincerlo ad accettare le Politiche comunitarie.
Sandro Bondi lo considera già  dimissionario e Paolo Bonaiuti è stato allertato.
A Bossi e Calderoli che hanno continuato a sponsorizzare Bricolo per l’Agricoltura (“Ha pure la faccia da contadino” hanno ironizzato col Cavaliere) il premier ha assicurato che tre sottosegretari saranno loro, compreso uno “di sentinella” all’Agricoltura, il piemontese Fogliato, qualora il ministero più delicato dovesse andare davvero al “siciliano”.
Ma ai leghisti ha garantito soprattutto la cosa che a loro sta più a cuore: il voto di fiducia anche per i prossimi decreti in arrivo sul federalismo, a cominciare da quello regionale.
E tanto basta al Senatur per stringere la mano e incoraggiare per ora l’amico sulla tenuta dell’asse: “Per adesso teniamo”.
Prendere tempo, rinviare le grane, tenere serrate le file.
Eccole le priorità  di un Berlusconi che ha altro a cui pensare.

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META’ CAMERA FESTEGGIA IL “PIU’ TASSE PER TUTTI”: APPROVATO IL FEDERALISMO MUNICIPALE

Marzo 3rd, 2011 Riccardo Fucile

SILVIO SFOGGIA POCHEZZA POLITICA E “POCHETTE” VERDE: APPENA 314 FAVOREVOLI, ALTRO CHE QUOTA 325… I NOMI DEGLI ASSENTI E DEGLI ASTENUTI, TRA RICATTI E MALUMORI NELLA MAGGIORANZA

La Camera conferma la fiducia al governo approvando la risoluzione di maggioranza relativa al testo sul federalismo fiscale municipale, come da desiderata della Lega.
La risoluzione è passata con 314 sì e 291 no e 2 astenuti.
Silvio Berlusconi era in aula alla Camera con il fazzoletto verde della Lega nel taschino della giacca.
Subito dopo il voto di fiducia, racconta Giacomo Stucchi, «Maroni mi ha preso il fazzoletto e l’ha messo nel taschino di Berlusconi».
Cosi il premier è passato dalla pochezza politica del suo governo alla pochette verde nel taschino.
Berlusconi ha ostentato poi la solita apparente soddisfazione per il risultato ottenuto, anche se 314 non rappresenta la maggioranza assoluta dell’Aula:
«Sono tranquillo, sapevamo che c’erano alcuni malati e due in missione – ha detto il premier -. Altrimenti saremmo a quota 322».
Anche se in realtà  i voti mancanti all’appello sono stati solo 5 (un leghista non ha votato, due pidiellini erano assenti e due in missione) e quindi anche se fossero stati tutti presenti la maggioranza sarebbe stata di 319 voti e non 322.
Ad astenersi sono stati i due deputati delle Minoranze linguistiche, Brugger e Zeller.
I deputati in missione erano sette, di cui due del Pdl (i presidenti di commissione Gianfranco Conte e Paolo Russo), Salvatore Lombardo e Carmelo Lo Monte dell’Mpa (che pure aveva svolto la dichiarazione di voto per il suo partito), la Liberaldemocratica Daniela Melchiorre, Luca Volontè dell’Udc e Mario Brandolini del Pd.
A non partecipare al voto sono stati in 15.
Per la maggioranza erano assenti Giancarlo Abelli e Giuseppe Palumbo del Pdl, Daniele Molgora della Lega, Antonio Gaglione e Calogero Mannino del gruppo Misto.
Quanto all’opposizione, non hanno risposto alla chiama Andrea Ronchi e Giulia Cosenza di Fli, Roberto Commercio e Ferdinando Latteri dell’Mpa, Sergio Piffari di Idv, Marco Fedi e Maria Paola Merloni del Pd e Anna Teresa Formisano e Luca Volontè dell’Udc.
Alla chiama non ha risposto neppure il liberaldemocratico Italo Tanoni. L’unico gruppo presente con il 100% dei suoi deputati è stato Iniziativa Responsabile.
Solo all’ultimo momento il governo ha recuperato il dissenso dei 10 deputati di Noi Sud di Miccichè, impegnandosi a non tagliare le risorse sull’eolico, altrimenti l’esito del voto sarebbe stato disastroso.
Senza contare che anche nel gruppo dei Responsabili sono in diversi ormai a manifestare palese malumore per le mancate nomine a ministri e sottosegretari.
Una situazione di disagio che non promette nulla di buono per il futuro.
Nel frattempo Silvio e i suoi compagni di merende leghisti hanno festeggiato al motto “più tasse per tutti”, sventolando le bandiere verdi miseria.

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ONOREVOLI, ECCO I FANNULLONI: GHEDINI, ANGELUCCI E VERDINI TRA I PIU’ ASSENTI A MONTECITORIO

Marzo 3rd, 2011 Riccardo Fucile

MA IN SENATO TRA GLI SCANSAFATICHE CI SONO DUE PD, TEDESCO E CRISAFULLI… IL RAPPORTO OPENPOLIS SULL’ATTIVITA’ DEI PARLAMENTARI: L’AVVOCATO DEL PREMIER ASSENTE IN OCCASIONE DEL 77% DELLE VOTAZIONI, IL COORDINATORE DEL PDL NEL 70%

Sarà  che hanno altro da fare, sarà  che in Parlamento si annoiano, sarà  che sono fannulloni, ma eccolo qui: Niccolò Ghedini, Denis Verdini, Antonio Angelucci del Pdl alla Camera, Sebastiano Burgaretta Aparo (Pdl), Alberto Tedesco e Vladimiro Crisafulli del Pd al Senato si sono conquistati la palma di parlamentari meno produttivi degli ultimi anni, calcolata attraverso il nuovo Indice di Produttività  dell’associazione Openpolis.
Dopo aver scosso il mondo politico con le classifiche di presenza e il monitoraggio attento dell’operato di deputati e senatori (resta negli annali il tentativo della Carlucci di accreditarsi come parlamentare da record, firmando 241 disegni di legge in un giorno) Openpolis ha affinato ancora le sue armi: l’ultima creatura del gruppo di volontari è l’indice di produttività  parlamentare, un parametro che stabilisce l’entità  e l’impegno dell’onorevole durante la legislatura, considerando fattori diversi come la sua presenza in aula, i disegni di legge firmati e presentati, le mozioni, gli emendamenti e altro ancora.
Una ricerca che non serve però ad alimentare antipolitica e demagogia, come ci tengono a precisare da Openpolis: «Non siamo alla ricerca della formula magica per calcolare la buona politica. Non pretendiamo, nè vogliamo far credere, che il lavoro, e in particolare quello politico, possa essere ridotto a unità  fisiche omogenee e misurato a chili o a metri. La nostra ambizione è di mettere a disposizione strumenti che aiutino a leggere e interpretare una realtà  complessa come quella dell’attività  parlamentare partendo, però, dai dati ufficiali, quelli forniti dal Parlamento stesso, invece che da giudizi e opinioni preconfezionati», spiega uno dei responsabili del progetto, Ettore Di Cesare..
La domanda adesso è quanto mai lecita: perchè gli italiani pagano Niccolò Ghedini?
L’avvocato di Berlusconi è a tutti gli effetti troppo impegnato a seguire i processi del suo cliente per poter svolgere qualunque altra attività .
I numeri di Openpolis parlano chiaro; in più di due anni e mezzo di legislatura, Ghedini non è mai stato primo firmatario di un disegno di legge, di un emendamento, di una mozione: solo otto volte risulta cofirmatario di atti parlamentari, tra cui il disegno di legge per realizzare un museo borbonico. Se questo non bastasse, Ghedini è assente al 77 per cento delle votazioni (quando la media dei deputati è del 15 per cento circa).
A seguire nella graduatoria si trova un altro big del centrodestra, il re delle cliniche e dell’editoria Antonio Angelucci.
Rimasto a casa nel 72 per cento delle votazioni, può contare su circa una quarantina di atti in cui compare la sua firma, solo una volta da primo firmatario (un’interrogazione in Commissione di 8 righe esatte).
Non è ancora dato sapere come Angelucci reagirà  alla sua seconda posizione, ma ad Openpolis farebbero bene a preoccuparsi visto che l’anno scorso lo stesso Angelucci chiese venti milioni di euro a Wikipedia per diffamazione.
Soldi che potrebbero tornare comodi per mettere una pietra sopra ai problemi con la Guardia di Finanza, collegati a quelle “decine di milioni di euro” ricevute da Libero e dal Riformista come finanziamento di stato all’editoria, senza però averne diritto.
Depurando la classifica da chi è stato bloccato a lungo per malattia, al terzo posto sale un altro colonnello del Pdl, Denis Verdini.
Sette volte su dieci non alle votazioni, ha messo la sua firma su soli otto atti parlamentari tra interrogazioni e mozioni.
Pochi ma buoni verrebbe da dire, visto che una delle sue (poche) interrogazioni puntava il dito contro la procura di Bari e la fuga di notizia legata al caso D’Addario, dipingendo scenari complottistici architettati da D’Alema e dalle toghe rosse in Puglia. I problemi del paese prima di tutto insomma.
Qualche posizione più giù tra i fannulloni della Camera si possono trovare degli habituè delle graduatorie di improduttività , come mister assenteismo Antonio Gaglione (nove volte su dieci rimasto a casa al momento del voto) o Italo Tanoni, uno dei nomi più gettonati quando si parla di cambiare casacca in Parlamento (prima Pdl, poi misto, per qualche ora tornato con Berlusconi, poi nel terzo polo, adesso tentato di tornare da B.).
Se alla Camera è il centro destra a fare filotto, con sette suoi deputati tra i peggiori dieci, al Senato è invece il centrosinistra a vincere per 6 a 4 la poco prestigiosa gara dell’improduttività .
Il primo posto resta comunque in mano al Pdl grazie a Sebastiano Bulgaretta Aparo, senatore siciliano subentrato in Senato a fine 2009, e che può essere parzialmente giustificato proprio dal numero inferiore di giorni passati alle Camere.
Al secondo posto c’è invece il Pd Alberto Tedesco, raggiunto in queste ore da un’ordinanza di custodia cautelare collegata all’inchiesta sulla sanità  pugliese. Dietro di lui Vladimiro Crisafulli, quattro volte su dieci assente al momento delle votazioni, che precede gli altri democratici Zavoli, Latorre e Agostini.

Mauro Munafò
(da “L’Espresso“)

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L’AUTORITHY DENUNCIA: NON PUO’ ESSERE BERLUSCONI A FIRMARE UNA LEGGE CHE FAVORISCE SE STESSO

Marzo 3rd, 2011 Riccardo Fucile

SEGNALAZIONE DELL’AUTORITA’ A FINI E SCHIFANI: E’ INOPPORTUNO ALLA LUCE DEL CONFLITTO DI INTERESSI… SENZA UNA PROROGA SAREBBE AUTOMATICA L’APERTURA DI UN’INCHIESTA A CARICO DEL PREMIER

Non può essere il Silvio Berlusconi premier a firmare la legge chiamata a decidere se il Silvio Berlusconi imprenditore possa estendere il suo impero mediatico con l’acquisto di altri giornali.
Sembra scontato, ma nell’Italia del Cavaliere serve uno specifico intervento dell’Antitrust per sancire un principio messo in discussione dal Milleproroghe approvato (con la fiducia) la scorsa settimana.
Colpa di un blitz della maggioranza che all’ultimo momento, nel decreto ha inserito la fine del divieto di acquisto di quotidiani da parte dei proprietari di televisioni in posizione dominante.
In una lettera inviata a Berlusconi e ai presidenti delle Camere Fini e Schifani l’Antitrust afferma che «attribuire al premier il potere di prorogare o no il divieto di incroci proprietari tra giornali e tv successivamente al 31 marzo 2011 è inopportuno».
La vicenda inizia al Senato, che aveva deciso di prolungare il divieto di incroci per due anni, andando incontro alla richiesta dell’Autorità  per le comunicazioni (Agcom) giunta dopo un esposto del deputato del Pd Paolo Gentiloni.
Poi alla Camera il blitz della maggioranza: prima il divieto viene tagliato di un anno (fine 2011).
Poi arriva una nuova modifica – scritta a penna poco prima del voto in aula – secondo cui l’embargo scadadrà  il prossimo 31 marzo.
Tra un mese.
Di più, si prevede che sarà  proprio il premier Silvio Berlusconi a decidere se reintrodurre o meno il divieto.
Una scelta inaccettabile per l’Antitrust, per il quale «senza una modifica della norma, l’adozione o la mancata adozione dell’atto di proroga» porterebbe automaticamente all’apertura di un’inchiesta per «conflitto di interessi» a carico del Cavaliere per «verificare» se il suo «patrimonio» ne sia stato arricchito e l’eventuale «danno per l’interesse pubblico».
L’Antitrust, inoltre, ricorda che il 20 gennaio l’Agcom aveva richiesto di confermare il divieto «per tutelare il pluralismo dell’informazione».
«La segnalazione – commenta Gentiloni – è ineccepibile: qualsiasi cosa Berlusconi faccia in questa materia configurerebbe un conflitto di interessi perfino secondo la inutile legge Frattini».
Sulla stessa linea l’Idv e Futuro e libertà  (Briguglio).
A questo punto servirà  un atto collegiale del governo, e non unilaterale del premier, per decidere l’eventuale proroga al divieto.

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“SIAMO SPUTTANATE A VITA”: DAI VERBALI DEI PM LE PREOCCUPAZIONI DELLE RAGAZZE DEL BUNGA BUNGA

Marzo 3rd, 2011 Riccardo Fucile

“ABBIAMO ILCOLTELLO DALLA PARTE DEL MANICO” DICE LA FAGGIOLI…”NON ABBIAMO UN CAZZO” RISPONDE LA MINETTI… DOPO L’USCITA DELLA NOTIZIA DEI FESTINI, LE RAGAZZE TEMEVANO DI AVER PERSO LA LORO FONTE DI ENTRATE

Dopo una cena ad Arcore si diffonde la notizia della pubblicazione sul Fatto delle prime notizie sull’inchiesta-Ruby.
“Abbiamo il coltello dalla parte del manico”, dice la Faggioli.
“Non abbiamo un cazzo”, risponde Nicole Minetti.
E Marysthell Polanco prepara la lettera di “rivendicazioni sindacali” da inviare al premier
Il 26 ottobre 2010 è una data che fa da spartiacque nella vicenda Ruby.
Quel giorno, infatti, le storie di festini e ricatti delle notti di Arcore diventano di dominio pubblico.
Le 782 pagine di verbali consegnate dai pm di Milano per chiedere l’autorizzazione a procedere contro Silvio Berlusconi aiutano a ricostruire i retroscena di quella notte.
E c’è subito una sorpresa: la sera che precede la pubblicazione della notizia a villa San Martino c’è una “cena”, con molte delle ragazze che diventeranno protagoniste della vicenda.
Nel corso di quella serata l’umore del premier subisce un cambiamento, inizia a girare la voce che sta per uscire la notizia.
Nelle 24 ore successive accadrà  di tutto.
E, come vedremo in seguito, Marysthell Polanco si improvviserà  “delegato sindacale” delle ragazze annunciando una lettera di rivendicazioni da far avere al premier tramite Nicole Minetti.
Le intercettazioni della notte del 26 ottobre raccontano proprio il cambiamento di stato d’animo tra l’ingresso “allegro” ad Arcore, intorno alle 22, e gli scambi di sms preoccupati per la vicenda “devastante” che le ragazze si scambiano dopo l’una di notte, quando evidentemente la notizia della pubblicazione è circolata tra gli interessati.
Insomma, tutti sapevano che quell’articolo avrebbe dato il via a una serie di rivelazioni potenzialmente distruttive per loro.
“Abbiamo il coltello dalla parte del manico”, prova a dire Barbara Faggioli. “Non abbiamo in mano un cazzo”, risponde Nicole Minetti: “Non lo vedremo più per un sacco di tempo”.
Poi la stessa Faggioli cambia idea: “Siamo sputtanate a vita”.
Non solo: le ragazze fanno chiaramente riferimento alle preoccupazioni di Silvio Berlusconi. E si regolano di conseguenza.
Ecco allora lo scambio di battute all’una e trentanove minuti del 26 ottobre tra Nicole Minetti e Barbara Faggioli.
Minetti: Amo qui c’è proprio da ammazzare amore. qua la cosa è devastante
Faggioli: lo so
Minetti: devastante! Ma tu lo sai che… guarda che…
Faggioli: lo so, ma sai…
Minetti: guarda che lui è così perchè sa che sta uscendo, lo sa
Faggioli: lo so, lo so, lo so… no ma non puo passare cosi e
Minetti: Amo vuoi sapere una cosa? Ha detto una cosa saggia la Marysthell
Faggioli: a?
Minetti: la Marysthell ha detto parole sacre
Faggioli: sì
Nicole Minetti: noi per tanto non lo vediamo più fidati
Faggioli: ah ma Niki ma noi abbiamo il coltello dalla parte del manico, ricordatelo sempre
Minetti: Tesoro non abbiamo un cazzo noi fidati. Non abbiamo un emerito cazzo noi! Fidati, nulla
Faggioli: Ma te ne rendi conto che siamo sputtanate a vita?
Passata la notte, inizia la giornata più lunga per le ragazze protagoniste dei festini del premier.
Da un lato lo stupore di chi ha scoperto “da Lele” che la notizia è uscita sul Fatto Quotidiano.
Dall’altro iniziano le rivendicazioni sindacali, con Maryshtell Polanco che si lamenta del momento economico difficile e scrive una lettera che Nicole Minetti dovrà  consegnare a “lui”.
Ecco la sua telefonata della Polanco con Aris Espinoza del 26 ottobre 2010 alle 12:54, in cui si parla di una lettera di rivendicazioni
Polanco: Adesso Nicolo (prob ha voluto dire Nicole) passerà  da qui perchè io manderò una lettera a “lui”
Aris: Ah, certo, ok
Polanco: Di parte di tutte noi. Praticamente gli dirò ce stamattina alle 7 si è presentato il ragazzo per andare a comprare il mixer e abbiamo fatto una figura di merda…gli scriverò questo
Aris: Ah
Polanco: Ed un’altra cosa…che nè Diana nè tu nè io abbiamo per muoverci…per mangiare…io gli scriverò tutto…Che noi stiamo passando per un momento molto difficile e che…
Aris: Io sto male di salute, io sto male di salute
Polanco: Certo io glielo dirò di parte nostra
Aris: Certo
Polanco: Nicole passerà  da qui, da Colorado…io scriverò la lettera così gliela porta e la legge. Hai capito?
Aris: Certo, scrivigli anche del mio dente che mi sta ammazzando.
Polanco: No, guarda io sono incazzata con “lui” se sapessi…L’ho chiamato oggi là  tre volte e dicono che non c’è.
Aris: Ah, Nicole lo ha chiamato tutta la mattina…e non le ha risposto….
Che il 26 ottobre non sia proprio una giornata tranquilla per tutto il clan che ha preso parte alle feste di villa San Martino, lo testimonia anche la telefonata delle 13:07 tra Annina e Barbara Faggioli, che citano esplicitamente lo scoop de Il Fatto.
Barbara: Ma senti un po’, ma è uscito qualcosa? Di quella roba lì?
Annina: Ehmmm, perchè?
Barbara: Perchè a me il Lele ha detto che è uscito
Annina: Eh, leggi il Fatto Quotidiano
Barbara: Il? Che quotidiano?
Annina: Il Fatto Quotidiano. Il fatto
Barbara: Sì però non è…non esiste che non avvisa..anche lui! Cioè io l’ho chiamato stamattina si…Boh, cioè non…è allucinante sta storia dai Anna!
Annina: Eeee lo so.
Barbara: Col bene che gli voglio però…cioè…va bè dopo lo compro e poi…poi…
Annina: Va bè no, ma tanto non è niente diii…vedrai. Dopo capirai.
Barbara: Beh, ma ci sono i nomi?
Annina: No! No no no
Barbara: No?
Annina: No, no!
Barbara: Ah ok
Annina: Va bè, dopo vedi.
L’articolo che ha scatenato le preoccupazioni delle ragazze, in effetti, non rivelava nomi e dinamiche rese note nei giorni e nei mesi successivi.
Ma lasciava intravedere, e faceva chiaramente intendere, che non si trattava di una vicenda marginale: “Una ragazza, appena diciottenne, sta raccontando di avere avuto incontri con lui quando era ancora minorenne”, si legge nell’articolo del 26 ottobre:
“Un nuovo caso Noemi Letizia? No, una vicenda ancor più spinosa, perchè questa volta la ragazza racconta fatti, incontri, conte- sto, particolari. Fa i nomi di protagonisti e comprimari”.
Forse questa è la frase che ha fatto tremare Minetti, Faggioli e Polanco. O forse, più semplicemente, la consapevolezza che di lì a poco anche loro sarebbero state tirate in ballo.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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