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TROVATE SUL CELLULARE FOTO DI BARBARA GUERRA VESTITA DA SEXY-POLIZIOTTA AD ARCORE, A CONFERMA DELLE TESTIMONIANZE SUI BUNGA BUNGA

Marzo 6th, 2011 Riccardo Fucile

BARBARA GUERRA “NUDA E IN VARIE SITUAZIONI”, BACI SAFFICI E ALTRE FOTO DELLA CAMERA DA LETTO DEL PREMIER: SONO UNA PARTE DELLA FOTO RINVENUTE SUI CELLULARI DELLE “OLGIETTINE”…LA PROCURA NON UTILIZZERA’ LE FOTO IN QUANTO “NON PROCESSUALMENTE RILEVANTI”

È vero, non saranno «processualmente rilevanti», come ha sempre detto il procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati.
Però le foto delle Olgettina girl’s ci sono e non sono castigate. Diciamo che in alcuni casi non lasciano molto spazio alla fantasia.
Gli inquirenti le hanno estratte da alcuni cellulari delle giovani starlette mettendole, in fotocopia, agli atti del processo a Silvio Berlusconi: 15 faldoni per un totale di circa 12 mila pagine.
Si tratta di immagini scattate non sempre ad Arcore e in date diverse. In alcuni casi, come hanno ricostruito pazientemente i poliziotti dello Sco, cui sono state affidate le analisi degli apparecchi telefonici e dei computer sequestrati il 14 gennaio scorso durante le perquisizioni nelle abitazioni delle varie animatrici di Arcore, gli scatti sono avvenuti nell’abitazione di Lele Mora, o durante cene in compagnia di Emilio Fede.
Ci sono, ad esempio, quelle esaminate dai backup dell’apparecchio di Barbara Guerra, dove vengono immortalati istanti di una cena con il direttore del Tg4, Florina Marincea, Marianne Puglia e altre amiche e amici la sera di sabato 3 marzo 2010 nella casa di Mora, in viale Monza 9.
Niente di imbarazzante, se non la prova della conoscenza tra le varie persone.
Si entra un po’ più nel mondo a luci rosse di Arcore descritto da alcune testimoni, esaminando le 9 foto estratte dal computer sempre di Barbara Guerra.
«Da un esame Metadati inoculati nei files risultanti gli scatti fotografici – è scritto nella relazione della polizia – si evince che le immagini sono state ritratte utilizzando un iPhone il 24 ottobre 2010 a partire dalle ore 4,51 sino alle ore 4,56», cioè in piena notte.
«Da una verifica circoscritta a tale data e orario, emerge che l’utenza in uso alla Guerra quel giorno impegna la cella ubicata in Arcore, via Buonarroti», ovvero all’indirizzo di Villa San Martino.
Circostanza confermata anche da successive intercettazioni del 25 ottobre tra Iris e Eleonora De Vivo (una delle due gemelle napoletane) in cui si parlava proprio della cena in casa del premier la serata precedente, alla quale era presente anche la Guerra.
Ebbene, scrivono gli agenti, «nel prosieguo delle analisi si riscontravano numerose istantanee che ritraggono la Guerra, da sola, nuda in varie situazioni».
Quali, non è dato di sapere.
Ma, tra le immagini, ve n’è una che ritrae un paio di gambe nude incrociate, sopra un letto davanti a uno schermo a cristalli liquidi.
Nel file «Annina», che, essendo inserito negli atti del processo, riguarda evidentemente la stessa serata di Arcore, all’allegato 12 si vede un bacio tra donne, abbastanza osè, mentre al file «Immag0130.jpg» «la stessa Guerra si scatta un’istantanea con una finta divisa «Police nera», con cappello con visiera e nella mano sinistra un paio di manette ai polsi.
La divisa comprende una camicetta scura, apparentemente in lattex, con una generosa scollatura.
D’altronde, sia la testimone Maria Makdoum sia T.N. avevano proprio descritto nei particolari le scene del «bunga bunga», durante la quale «le ragazze si travestivano da infermiere o da poliziotte».
Nelle altre immagini, decisamente più innocenti, altre ragazze in atteggiamenti un po’ provocanti (ma vestite) e poi un rincorrersi di scatti nelle sale da pranzo, addirittura i lampadari della villa di Arcore e in un paio di occasioni in una camera con il letto disfatto che si direbbe quella del premier, dove alcune sue immagini da giovane campeggiano sulle mensole di una libreria.

Paolo Colonnello
(da “La Stampa“)

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LA TOTI ALLA MADRE: “UNA SETTIMANA CON LUI E MI HA DATO 6.000 EURO”

Marzo 6th, 2011 Riccardo Fucile

MADRI INTERESSATE, FIDANZATI COMPIACENTI, RAGAZZE INTENTE A REALIZZARE QUATTRINI E A MONETIZZARE LA LORO DISPONIBILITA’…UN QUADRO PENOSO DELLA FAUNA ARCORINA, TRA INVIDIE E MALDICENZE TRA PAPI GIRL MILANESI E ROMANI

La ragazza racconta al telefono delle feste di Arcore e quanto è riuscita a guadagnare in pochi giorni: “Ma ora sono davvero distrutta”
Per ”una settimana” trascorsa con “lui”, assieme ad altre ragazze, Elisa Toti ha portato “a casa” seimila euro, “dodici milioni” di vecchie lire.
Lo racconta la stessa giovane in una telefonata alla madre, che si trova tra le molte intercettazioni depositate insieme alla richiesta di giudizio immediato per Silvio Berlusconi nell’ ambito del caso Ruby.
Conversando con la mamma, lo scorso 9 gennaio, la ragazza, una delle ospiti alle feste di Arcore, spiega di essere “appena tornata a casa” e dice di essere “preoccupata per la salute di lui”.
La madre, invece, sembra preoccuparsi di altro: “Senti e quanto v’ha dato?”.
La figlia: “Cinque più quegli altri mille quindi, quindi sei”.
La madre è contenta: “Dici niente? Capito? e poi che vi ha detto quando lui vi ripotrà  vedere”.
Risposta: “Ce lo dirà  lui”.
La ragazza racconta di essere stata “una settimana (…) alcune sono arrivate martedì io mercoledì (…) mamma mia una cosa allucinante”.
E ora è stanca: “Non ti puoi immaginare in che condizioni sono guarda (…) sono in condizioni pietose, pietose proprio (…) ora mi ci vorrà  un mese per ora quei, quei soldi che ho preso mi (…) serviranno per rimettermi a posto dopo questa settimana”.
La mamma fa due conti: “Sono dodici milioni”, di vecchie lire.
E la Toti: “Si ma no, non dire niente è”.
La signora, quindi, la saluta: “Ti lascio perchè ti devi, devi andare a riposare”.
Ma non è l’unica tra le intercettazioni.
Ne esiste una tra una delle gemelle De Vivo, Imma, che parla con il suo ragazzo. Sono quasi le 4 del mattino al telefono, il giovane interlocutore, preme perchè si faccia “dare” i “vestiti” come compenso per la sua presenza alla “cena”, ma lei, Imma De Vivo, risponde, da Villa San Martino, che probabilmente non prenderà  nulla perchè “mi ha dato da poco”.
L’ 8 gennaio scorso, verso le 22:45, la De Vivo parla al telefono con tale “Ale”, che lei chiama “amore”.
Lui le chiede: “Dove stai andando a dormire?”.
La showgirl: “Non posso dire”.
Ale: “Stai andando a cena?”.
Lei: “Sì”. Lui: Ah, va bene! Sono contento. E dormi lì?”.
Risposta: “Sì”.
Qualche ora dopo, alle 3:56, la soubrette, con un passato all’Isola dei Famosi, chiama Ale da Arcore e gli racconta “come era vestita dicendo che aveva tenuto i jeans ed aveva messo i tacchi e la canotta grigia con i brillantini”.
Il ragazzo si informa: “T’ha dato i vestiti o no?”.
La De Vivo: “Ma io sono ancora qui, ma se me li da, me li da quando, prima di andare via. Ma io penso che non mi da niente”.
Il giovane si altera: “No, perchè no scusa? Mi incazzo! Oh!”.
E lei prova a chiarire: “Eh amore, ma che ne so. Ma tanto non faccio niente”.
Ale: “Ma cos’è non fai niente? Cosa significa?”.
Imma: “Che comunque… non faccio niente con lui (…) però, siccome mi ha dato da poco…”.
Il giovane: “Eh, ma sei scema? Ma anche se fai non fai, fatti dare! Vaffa….”.
Gli inquirenti dovranno accertare se per “vestiti” si intendano davvero gli abiti, oppure se non sia un linguaggio in codice usato al telefono per parlare di soldi.
Poi è la volta di Iris Berardi, la ragazza di origine brasiliana, ma residente a Forlì, prima di trasferirsi a Milano e finire nella scuderia di Lele Mora e Arcore.
Anche ”quelle di Roma hanno detto cavolo noi pensavamo che voi di Milano eravate più unite rispetto a noi ma invece voi non siete unite per un c…”.
Così Iris che avrebbe partecipato alle feste nelle residenze del premier anche quando era minorenne, in una telefonata del 9 gennaio scorso, agli atti della richiesta di processo per Silvio Berlusconi, descrive la rivalità  che serpeggia tra le ospiti alle serate di Arcore.
“Si ammazzerebbero tra di loro”, spiega Iris al telefono con Aris Espinosa, in una intercettazione.
La giovane modella, stando agli accertamenti degli investigatori, sarebbe stata presente ad una festa a Villa San Martino il 13 dicembre 2009, quando non aveva ancora 18 anni, e, nel novembre dello stesso anno, anche a Villa Certosa.
Stando alle sue parole, anche “quelle di Roma” si sarebbero accorte delle divisioni interne nel ‘frontè delle ragazze di Arcore. Iris, tra le altre cose, commenta con Aris il comportamento di un’altra ragazza di cui non fa il nome: “Comunque mi sta troppo sui c…. (…) io le ho detto no perchè sai lui fa la ce.. fa 4 sere però in..in.. però magari la prima sera ti ha già  fatto un piccolo regalo non pensare che se vai là  tre sere… per tre sere ti fa degli altri regali perchè non è così”.
E Aris replica: “Ma sai quello che mi da fastidio amò, che mò pretende la casa della Madonna. Oh, ma chi ti credi di essere!”.
La Berardi, parlando sempre della ragazza: “No infatti sei l’ultima arrivata devi solo dir grazie che (sei, ndr) tornata li che lui non ti voleva neanche più (…) lui ti può dare anche un milione di euro e a me mi può dare mille euro e allora, mica mi incazzo con te”.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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BERLUSCONI TRA LA PROVA DI FORZA CON I GIUDICI, LE TROPPE PROMESSE DI POSTI DI GOVERNO E LE FAMELICHE TRUPPE

Marzo 6th, 2011 Riccardo Fucile

IL CAVALIERE SI PREPARA ALLA BATTAGLIA DEL 6 APRILE IN VISTA DELLA PRIMA UDIENZA SUL CASO RUBY, MA E’ IN DIFFICOLTA’… RINVIA IL RIMPASTO DI GOVERNO PERCHE’ LE RICHIESTE SONO TROPPE, I POSTI POCHI E IL GRUPPO DEI RESPONSABILI RISCHIA DI IMPLODERE

Berlusconi sta preparando tutto il suo arsenale in vista del 6 aprile quando si aprirà  il processo sul caso Ruby.
Arma i bombardieri, dispone in campo la fanteria, manda avanti alla spicciolata singoli soldati come Luigi Vitali che lancia la prescrizione breve e poi fa una mezza marcia indietro.
Intanto viene annunciato un Consiglio dei ministri straordinario per varare le riforme costituzionali sulla Giustizia.
Un Cdm, guarda caso, convocato il 10 marzo: il giorno prima dell’udienza del processo Mills.
E proprio quel giorno il premier ha il perfetto legittimo impedimento (sarà  a Bruxelles per il Vertice Ue sulla Libia).
Come se non bastasse ci sono in canna il processo breve e il giro di vite sulle intercettazioni.
Messaggi chiari, segnali di forza alle «toghe rosse». Ma è soprattutto il voto sul conflitto di attribuzione, che il Cavaliere vuole in aula: il primo obiettivo strategico per ribaltare il tavolo dei magistrati milanesi che il 6 aprile, appunto, apriranno le danze.
I finiani sostengono che l’iter avviato a Montecitorio è prematuro. «La Camera sia come assemblea sia, eventualmente, come ufficio di presidenza – sostiene Nino Lo Presti, deputato Fli e componente della Giunta per le autorizzazione – non può pronunciarsi sino al 6 aprile quando i giudici milanesi esamineranno la preannunciata eccezione di incompetenza da parte degli avvocati di Berlusconi».
Figuriamoci se il premier intende aspettare oltre.
Sostiene che quello di Fini è un atto dovuto, e non una gentile concessione calata dall’alto: deve passare subito la parola ai deputati. «E non mi venga a fare moralista» (ha parlato il killer seriale   n.d.r.) , è stato il commento del Cavaliere dopo aver sentito il suo avversario a Porta a Porta.
«L’unico arbitro è l’aula», insiste il capogruppo Cicchitto a proposito del voto sul conflitto di attribuzione.
E’ qui che il presidente del Consiglio si sente forte con numeri sufficienti a portare a termine la legislatura. Tuttavia potrebbe avere dei contraccolpi a Montecitorio se dovesse sbagliare la mossa delle nomine al governo.
Ha fatto molte promesse per allargare la maggioranza.
Fin troppe, e ora si trova a corto di posti da elargire nell’esecutivo.
Dovrebbe fare un decreto per aumentare il numero dei sottosegretari, ma deve fare un decreto ben motivato perchè non è detto che passi al Quirinale.
Gli stessi berlusconiani dicono in giro che il capo dello Stato si sia già  messo di traverso (dato non confermato, tuttavia).
Rimane il fatto che il premier deve rinviare il cosiddetto rimpasto perchè di grane ne ha tante.
C’è la vicenda di Saverio Romano, sostenuto dal ministro corregionale Alfano, che dovrebbe andare all’Agricoltura.
Questa è una postazione che in termini elettorali consentirebbe all’ex Udc di costruirsi un partito. E ciò scatena l’ira di un altro corregionale, Gianfranco Miccichè, che sta costruendo la sua Forza del Sud.
Ma suscita anche l’ira delle altre componenti del gruppo dei Responsabili che non sanno ancora cosa avranno in cambio della loro fedeltà .
La Lega inoltre non vuole un «siculo» all’Agricoltura, ma non vuole nemmeno che Galan rimanga in questo dicastero.
Altra incertezza il destino del portavoce Bonaiuti le cui quotazioni per un incarico ministeriale sembrano in calo (almeno così dicono gli stessi berlusconiani informati).
Insomma, incastri e aspirazioniche è meglio far aspettare. Berlusconi vuole arrivare a 325 deputati da scodellare quando si voterà  per il conflitto di competenza.
E per non mettere a rischio questo fondamentale voto, magari fatto a scrutinio segreto, non può fare prima il rimpastino che inevitabilmente scontenterà  tante persone.
E allora meglio far slittare tutto alla fine di marzo e mobilitare intanto l’arsenale sulla giustizia.

Amedeo La Mattina
(da “La Stampa“)

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DIECI MILIONI DI FIRME CONTRO IL PREMIER? IL RE DEI PATACCARI BELPIETRO ACCUSA BERSANI DI AVERLE TAROCCATE

Marzo 6th, 2011 Riccardo Fucile

“MASCELLA DI TOLLA” BELPIETRO, SCAMPATO RECENTEMENTE A UN FINTO ATTENTATO SENZA ATTENTATORE HA IL CORAGGIO DI PARLARE DI PATACCHE ALTRUI… MA NEI 5 MILIONI DI FIRME TAROCCO CONTRO PRODI RISULTAVANO ANCHE GAMBADILEGNO, MARX E PROVENZANO… SONO SEMPRE STATE FIRME SENZA DOCUMENTI E NOTAI E LASCIANO IL TEMPO CHE TROVANO

Gambadilegno, Cetto la Qualunque, Hitler, Marx, Indro Montanelli.
E non solo.
Attenzione: queste non sono le firme false comparse, tra le molte vere, nella raccolta organizzata dal Pd per mandare a casa Silvio Berlusconi.
L’elenco di nomi di personaggi storici morti o di fantasia salta fuori da un’altra raccolta.
Questa volta organizzata proprio da chi ora accusa il Partito democratico di aver messo in piedi una sorta di truffa mediatica.
Infatti se oggi Bersani dice di aver messo in fila 10 milioni di firme, per spingere il premier alle dimissioni, nel 2007 Forza Italia sosteneva di averne raccolta 5 milioni per pensionare Romano Prodi.
Allora fu persino aperto un sito chiamato rivotiamo.it e sul web comparvero anche le firme di mafiosi come Vittorio Mangano e Bernardo Provenzano.
“Gli italiani ne hanno abbastanza. Firma anche tu per tornare subito al voto”. Questo era l’invito rivolto ai navigatori, seguito da una valanga di “firme patacca”, senza che arrivasse nessuna denuncia dal Giornale, il quotidiano di Paolo Berlusconi che ora accusa il Pd di aver “toccato il fondo”.
Bersani è stato infatti attaccato dal giornale diretto da Alessandro Sallusti.
E anche Maurizio Belpietro non ci è andato per il sottile: su Libero il titolo “Questo signore è un pataccaro” sopra la foto in prima pagina del segretario del Pd.
Senti chi parla: colui che ha speculato per settimane su un finto attentato tarocco a suo danno, salvo poi scoprire che non c’è mai stato un attentatore.
A quando il nome di chi aveva organizzato il finto attentato patacca?
Bersani giovedì scorso ha annunciato “obiettivo raggiunto”, in riferimento all’iniziativa ‘Berlusconi dimettiti’: “L’8 marzo presenteremo le prime milionate di firme che stiamo raccogliendo — ha spiegato Bersani — Continuano ad arrivare moduli, i banchetti li teniamo ancora aperti”.
Ma i due quotidiani hanno contestato i risultati: “Peccato che i sottoscrittori siano al massimo un milione. I loro nomi? Lenin, Mao, Hitler, Wojtila, Pippo, Paperino e persino lo stessa Cav”, ha scritto Libero.
Pronta la replica dei democratici: ”Le firme ci sono. Che online ci sia sempre qualche falso purtroppo è inevitabile — commenta Matteo Orfini, responsabile Cultura e Informazione del Pd -. Ma l’8 marzo le firme le vedrete. Un dato di massima? 10 milioni”.
Non essendo accompagnate da documenti identità  e autenticazioni, sono tutte raccolte con scarso valore, se non per avere un riscontro pubblico per il partito che le propone.
E questa volta a firmare contro il premier in effetti ai banchi del Pd c’era la coda non solo degli iscritti ma anche di gente di altra area politica che ne ha le scatole piene del partito degli accattoni.

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INTERVISTA A UMBERTO CROPPI: “LE IDEE ATTORNO ALLE QUALI VOGLIAMO COSTRUIRE FUTURO E LIBERTA”

Marzo 6th, 2011 Riccardo Fucile

“UN PARTITO LAICO, PRIVO DI PREGIUDIZIALI IDEOLOGICHE, ATTENTO AI TEMI DELLA LEGALITA’, A QUELLI ETICI, ALLA NUOVA CITTADINANZA,AI DIRITTI CIVILI, ALL’INNOVAZIONE”… “OCCORRE DEFINIRE LE PRIORITA’ DEL PAESE E LA POLITICA DEVE SAPERLE AFFRONTARE”…”NON CONTANO SOLO PARLAMENTARI E DIRIGENTI, E’ IMPORTANTE LA BASE E LA CAPACITA’ DI PARLARE AL PAESE”

Croppi è la nuova figura di spicco dell’intellighenzia finiana.
Classe 1956, un lungo passato che va dal Msi (ma era era contro Almirante) fino alla recente defenestrazione dalla giunta Alemanno: che, data la scarsa popolarità  del sindaco di Roma, probabilmente gli ha più giovato che nuociuto, politicamente parlando.
Ma a far salire le quotazioni di Croppi nel nascente partito di Fini ha contribuito anche altro: ad esempio, il graduale allontanamento dal presidente della Camera di Alessandro Campi e Sofia Ventura, che fino a poche settimane fa erano considerati gli intellettuali di riferimento del gruppo, ma ora ne sono diventati critici.
Così Croppi è diventato capo della commissione cultura: una delle sei che animano l’assemblea costituente di Fli, a Milano dall’11 al 13 febbraio.
Ma quando gli si porge la domanda, semplice e complessa, di tratteggiare l’identità  culturale di Futuro e Libertà , Croppi chiede del tempo per pensarci: «La richiamo tra dieci minuti». Il tempo passa, i minuti diventano trenta.
Poi Croppi però richiama davvero: «Ci ho pensato un attimo, per cercare di riassumerla in una formula».
Precisione, dunque, non una volontà  di evitare il quesito.
Dica.
«Dovrebbe essere un partito non identitario, che nasca dal superamento delle logiche delle appartenenze. Laico, anche come approccio metodologico, privo da pregiudiziali ideologiche. E che si ponga come soggetto della transizione. Che deve costruire la propria fisionomia sulla individuazione dei problemi dell’attualità  e far derivare da questo eventuali scelte di coalizione. Senza adeguare la propria fisionomia a esigenze tattiche».
Un po in politichese, ma capisco che il momento è delicato. Comunque, quasi sarebbero questi ‘problemi dell’attualità ‘?
«La nuova cittadinanza, compreso il discorso sulle regole e sulla legalità . I temi etici, purtroppo ostaggio di un uso strumentale che ne viene fatto a fini di schemi artificiali. La tematica dell’innovazione, di cui ha parlato Fini a Bastia Umbra e a Mirabello”
Per temi etici intende anche bioetici?
«Sì, e i diritti civili anche. Di fronte ai quali Fini ha mosso molto le acque, uscendo dal conformismo del Pdl. E l’ha fatto con uno spirito laico: affrontiamo il problema delle coppie di fatto, ha detto, contestualizziamolo nella nostra società . Senza porci di fronte al problema con una visione pregiudiziale, ideologica».
Con Casini e Rutelli?
«L’esigenza di una nuova formazione si avverte sulla spinta di una richiesta fortissima che c’è nel Paese di far seguire le tattiche e le scelte di coalizione alla definizione dei temi. Intanto Fli deve dire come si colloca rispetto ai temi, ai problemi, e poi far seguire a questo i rapporti di coalizione. Altrimenti resterebbe come unico collante l’antiberlusconismo. E non è questo l’orizzonte in cui ci si deve muovere».
Quindi condivide le critiche di Alessandro Campi a Fini…
«Non esattamente. Lui muove queste critiche da un punto di vista diverso, cioè mettendo a fuoco il discorso delle coalizione. Invece il problema è che la posizione rispetto allo scenario politico deve derivare da una definizione delle priorità . Certo quando tra di esse ci sono la difesa della legalità  e la richiesta di un atteggiamento libero verso i temi dei diritti civili, ne consegue necessariamente una posizione di contrasto con Berlusconi».
Come valuta le prese di distanza di Campi e Ventura?
«Ne faccio un discorso generale, perchè è inutile andare ad analizzare le posizioni singole. La difficoltà  che sta attraversando il nascituro partito dipende dall’ampiezza delle opportunità  che gli si prospettano. Ovvio che ognuno ci mette le proprie pulsioni ed emozioni. Ma debbono poi coagularsi». Sembrano abbiate dei problemi, a coagularvi.
«Questo di definizione di una fisionomia è stato un processo abbastanza breve rispetto ai tempi a cui è abituata la politica italiana, ma forse troppo lungo rispetto all’urgenza delle cose. Ed è chiaro che possono essere emerse delle disillusioni. Ma credo che siamo ancora nel pieno di una fase costitutiva, e quindi molte delle dissociazioni rientreranno. Perchè le sensibilità  di queste persone sono comuni, c’è un nucleo di omogeneità  sufficientemente forte. E al dil là  delle posizioni di uno, due, dieci, il processo costitutivo comporta l’immissione anche di nuove energie. Se la scommessa riesce significa che da qui a qualche mese ragioneremo con decine di Campi, Croppi e Ventura»
Tipo?
«Gli intellettuali, per usare una parolaccia, coinvolti in questo processo sono moltissimi, non c’è solo Campi. Da Giuliano Compagno a Beppe Nanni, a Monica Centanni, a Lanna, Filippo Rossi e tanti altri. Campi è una voce di un coro molto vasto e complesso»
Cosa non ha funzionato dal 14 dicembre in poi?
«Se un errore è stato fatto è stato quello psicologico, non politico, di puntare tutte le fiche sul voto di sfiducia. E questo ha comportato un disorientamento. Ma i problemi del governo sono restati immutati. E le ragioni costitutive di Fli sono altrettanto immutate. Si tratta solo di superare questa fase di disorientamento, e le tre giornate del congresso sono lo strumento che dovrebbe metterci in grado di superare questa fase e aprirne una nuova».
E un errore politico?
«Un errore a cavallo di quella data è stato un eccesso di tatticismo. Ormai la fase della conta dei parlamentari si è chiusa, ed era quella che imponeva forse dei passaggi tattici. Oggi Fini deve parlare invece al Paese, libero da condizionamenti».
Come?
«I parlamentari certo hanno un ruolo importante nella nascita di un soggetto nuovo. Ma il soggetto non può essere soltanto le sue adesioni in posizioni dirigenziali, non può ridursi a un vertice preesistente che chiede il consenso agli altri. Oggi bisogna veramente rimescolare chi ha costituito l’avanguardia rispetto a tutti quelli che chiedono di partecipare a questo progetto di rinnovamento».
Fini deve dimettersi da Montecitorio?
«No, l’unico motivo che potrebbe spingerlo a farlo potrebbe essere dare più forza politica alla sua figura di leadership con un gesto clamoroso. Ma di fronte a una situazione particolare che non è ancora in atto. Da un punto di vista istituzionale in questo momento sarebbe una sorta di abdicazione, e non c’è nessun motivo per cui dovrebbe farlo. Oggi è più utile anche alla politica che resti là ».
Perchè?
«Perchè il conflitto istituzionale che si sta ventilando dimostra che un ruolo di garanzia in una posizione come quella è necessario. Perchè immaginiamo cosa comporterebbero le dimissioni di Fini: che la maggioranza si eleggerebbe un presidente della Camera confacente alle proprie esigenze. Nel momento in cui il primo ministro contesta al presidente della Camera attuale la sua autonomia, contesta il potere giudiziario, contesta addirittura il presidente della Repubblica, cioè contesta tutte le garanzie, figuriamoci cosa significherebbe avere due presidenti dei due rami del Parlamento omologhi a questa volontà  del premier».
Rischia di finire come nel film ‘Il Caimano’…
«Più o meno».
Tutta “colpa” del Rubygate. Lei che ne pensa?
«Mi astengo da giudizi di tipo morale, anche se nel nostro paese, soprattutto dalla destra, della morale si è fatto un uso e un abuso negli anni scorsi. Sotto questo aspetto rilevo soltanto la contraddizione. Sul piano della credibilità  delle istituzioni, invece, il complesso di queste cose comincia a diventare davvero imbarazzante. Basta spostarsi oltre i confini nazionali per rendersene conto».

Fabio Chiusi
(da “L’Espresso“)

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L’ASSESSORE LEGHISTA LICENZIA IL SUO PORTAVOCE CHE HA SCRITTO UN LIBRO SUL BUNGA BUNGA

Marzo 6th, 2011 Riccardo Fucile

“LA LEGA E’ SUCCUBE DEL PDL, UN POLTRONIFICIO CHE TREMA PER UN LIBRO SUL BUNGA BUNGA, SIAMO ALLA CENSURA”…MARCO MARSILI, GIORNALISTA E DIRETTORE DE “LA VOCE D’ITALIA” E’ STATO LICENZIATO DALL’ASSESSORE ALLO SPORT DELLA REGIONE LOMBARDIA PER AVER DATO ALLE STAMPE “ONOREVOLE BUNGA BUNGA”

La tesi del libro? Nulla che già  non sapessimo: la ricostruzione in 480 pagine del legame tra sesso e potere, dalla figlia segreta di Mitterand alla condanna per stupro di Moshe Katsav, corredato dalle intercettazioni del Ruby gate che dipingono, come leggiamo sulla pagina Facebook, “il ritratto di un Berlusconi grottesco, solo, circondato da ruffiani ed escort, gente pronta a tutto pur di sfruttare la sua solitudine”.
Marsili pubblica il libro all’inizio di febbraio e il 25 dello stesso mese viene licenziato dopo soli 10 giorni nel ruolo di portavoce.
Nessuna motivazione e nessuno, l’assessore Rizzi incluso, che gli spiegasse le ragioni della revoca immediata del contratto.
“E’ una forma di ritorsione, di censura a posteriori”, spiega Marsili.
“Intervistato da Il Giorno, il capo della segreteria della Rizzi Alessandro Pedrini [figlio di Renato Pedrini, dirigente della Asl in Valcamonica in quota Lega] ha ammesso che con la pubblicazione del libro sarebbe venuto meno il ‘rapporto di fiducia’ con l’entourage.
Pedrini ha detto che se avessi scritto un libro su Bossi avrebbero fatto lo stesso, ma non è vero.
Di fatto, questo licenziamento lampo non è dovuto ad alcuna ragione professionale. Hanno violato l’articolo 21 e i miei diritti di lavoratore”.
Il rapporto tra l’autore e Monica Rizzi è iniziato a maggio dell’anno scorso quando “ha iniziato a parlare del federalismo con le mie parole con tutti i discorsi che le ho scritto”, puntualizza Marsili.
“I leghisti vogliono difendere i diritti dei popoli padani e sono sudditi del Pdl e di Roma ladrona.
‘Guarda che bravi che siamo, Silvio’, vorrebbero dirgli, e allora colpiscono uno per educarne cento”.
Ma l’entourage della Lega, come lo stesso Renzo Bossi che Marsili sentiva decine di volte al giorno “via mail o sms”, non ha letto nulla del libro.
Un caso, insomma, di censura al buio.
“La telefonata per stralciare il mio contratto è partita da Davide Caparini, deputato del Carroccio e padrino politico della Rizzi, che ha ordinato a Pedrini di procedere.
L’assessore ha semplicemente avallato, ma non è stata lei a decidere. Io non l’ho più sentita e anche Renzo Bossi è sparito”.
E ora per Marsili è arrivato il momento di sparare anche altre cartucce: “Devono ancora pagarmi da giugno scorso per il sito di Miss Padania a cui ho lavorato. Ma io non ho il problema diei mestieranti della politica, svolgo altre attività . Le mie due lauree sono vere, non come quella della Rizzi”.
Infatti l’assessore allo Sport è al centro delle indagini della Procura di Brescia per la laurea in psicologia che compare sul curriculum ma non è, pare, provata dalle carte.
“La Lega fa scuola nel campo dei titoli mai presi. Umberto Bossi ha fatto un paio di feste di laurea in Medicina senza averla mai conseguita e il figlio Renzo dice di essere iscritto all’università  ma non dice quale”.
In campagna elettorale alle scorse regionali, inoltre, la candidatura di Bossi jr. a Brescia al posto della Rizzi aveva destato molti malumori.
“Renzo è stato imposto dall’alto e allora tutti a pancia a terra a lavorare per lui. Doveva essere il candidato con più voti in assoluto, altrimenti che figura ci faceva suo padre? Il malumore era tanto che i bresciani militanti cominciarono a cancellare i graffiti di ‘Padania libera’ per la città . Chi lavorava per il partito sul territorio è rimasto disgustato dal suo sorpasso in lista”.
E il collegio di Brescia era l’unico dove poteva presentarsi visto che, prosegue Marsili, “Bergamo è di Calderoli, anche se non è un ortodosso bossiano visto che, dopo l’ictus del Senatùr, aspirava alla successione. E Varese non si tocca, lì Maroni è troppo potente”.
E ora che ha perso il suo contratto con la Regione Lombardia cosa farà  Marsili? “Da lunedì riprenderò le lezioni all’Università  dell’Insubria, dove insegno giornalismo”, conclude.
“Come tutti gli anni farò vedere ai miei studenti ‘Quarto potere’, affinchè capiscano i legami tra informazione e politica. Non voglio contribuire ad alimentare la cultura dello slogan che si limita a gridare ‘Padania libera, viva Bossi’. A proposito: “la Lega ha mai spiegato che differenza c’è tra il federalismo fiscale e quello municipale?”.

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LE LEGA PROPONE LO STOP ALLE PENSIONI PER LE GIOVANI VEDOVE, MA NON PER QUELLA DEL FIGLIO DI BOSSI

Marzo 6th, 2011 Riccardo Fucile

IL CARROCCIO SI PREOCCUPA SOLO DELLE BADANTI E VIVE NELL’INCUBO CHE QUALCUNA POSSA SPOSARE UN ITALIANO E PERCEPIRE LA PENSIONE DI REVERSIBILITA’… MA NON SI INDIGNA CHE UN CONSIGLIERE REGIONALE, DOPO SOLO UNA LEGISLATURA, PERCEPISCA UN ASSEGNO MENSILE DI 2.984 EURO… E DOPO DUE MANDATI DI 4.476 EURO MENSILI

La Lega ha presentato un disegno di legge per negare la pensione di reversibilità  alle giovani vedove.
L’obiettivo, non dichiarato ma altrettanto chiaro, sono tutte quelle badanti, per lo più dell’est, che si sposano con anziani uomini italiani e che poi per anni, dopo la loro morte, usufruiscono della pensione dei mariti defunti (assegno ridotto rispetto a quello di vecchiaia, al 60% se non ci sono figli).
Ovviamente, però, per colpirne alcune si colpiscono tutte.
Il disegno di legge, secondo quanto scrive ‘La Stampa’, è stato presentato da un deputato della Lega Nord, Matteo Bragantini.
Il testo propone che “nel caso di morte del pensionato o dell’assicurato con un’età  superiore ai cinquant’anni, qualora non vi siano figli, se il coniuge superstite ha un’età  anagrafica inferiore ai quarant’anni, l’erogazione della pensione di reversibilità  sia sospesa fino al compimento da parte del medesimo di un’età  anagrafica pari a quella che aveva il defunto al momento del decesso o fino al compimento del sessantesimo anno di età ”.
Ma diamo un’occhiata alle pensioni dei consiglieri regionali, con un occhio di riguardo al futuro previdenziale di Renzo Bossi.
Chi ha completato una legislatura, non è più consigliere regionale,   incassa dalla Regione un assegno mensile di 2.984 euro.
Con due legislature si ha diritto a 4.476 euro mensili .
Con tre legislature a 5.968 euro mensili.
Oltre le tre legislature il compenso di 6.267 euro al mese.
Ma in pensione si può andare anche prima rinunciando a qualcosa: chi non è più consigliere regionale in carica, può percepire la somma di 2.269 euro mensili.
E se non si è riusciti a completare la fatidica legislatura?
Niente paura: si può acquisire il diritto al vitalizio versando una integrazione per i mesi necessari .
Le somme mensili da sborsare sono 1.114 euro per il vitalizio e 278 euro per avere diritto alla reversibilità .
Un affarone.
Forse

Riccardo Romandini

argomento: Bossi, Costume, denuncia, finanziaria, Giustizia, governo, Immigrazione, LegaNord, Politica | 1 Commento »

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