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COMMOZIONE IN GRAN BRETAGNA: RIENTRA DA KABUL LA SALMA DEL CAPORALE CON IL SUO CANE MORTO DI CREPACUORE

Marzo 11th, 2011 Riccardo Fucile

LIAM TASKER AVEVA PERSO LA VITA IN UNO SCONTRO A FUOCO E POCHE ORE DOPO ERA DECEDUTO ANCHE THEO….

Giovedì è stata rimpatriata in Gran Bretagna la salma del caporale Liam Tasker, ucciso in Afghanistan, e con lui sono giunte anche le ceneri del cane con il quale lavorava, Theo.
Ad accoglierli un corteo di persone in lacrime, tante rose e tantissimi cani.
La loro storia ha fatto il giro del mondo, suscitando commozione e tenerezza: Tasker, originario di Kirkcaldy in Scozia, è stato ucciso in uno scontro a fuoco nel primo giorno di marzo di quest’anno, mentre stava compiendo un pattugliamento nella regione afghana di Helmand, roccaforte dei talebani.
Il ventiseienne militare dell’unità  veterinaria dell’Esercito britannico era accompagnato dal suo cane Theo, uno springer spaniel di 22 mesi specializzato nella ricerca di esplosivi.
Il cane, rimasto illeso nella sparatoria che è costata la vita al suo conduttore, è morto tre ore dopo a causa di un attacco cardiaco.
I due, descritti da colleghi e parenti del militare come inseparabili, erano in Afghanistan da cinque mesi e la loro sintonia li aveva resi una coppia di successo: durante la loro permanenza nelle zone di guerra avevano scoperto 14 ordigni esplosivi IED (Improvised Explosive Device, bombe costruite artigianalmente) e numerosi depositi di armi.
Forse la loro abilità  ha infastidito i talebani o forse entrambi hanno avuto la sola colpa di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Fatto sta che la mattina dell’1 marzo, nel corso di una perlustrazione nel distretto di Nahr-e Saraj, il convoglio del quale facevano parte è stato attaccato dai ribelli afghani.
Nel corso del conflitto a fuoco il caporale Tasker è stato gravemente ferito ed è deceduto ancora prima di essere trasportato a Camp Banion, la base nella quale era di stanza.
Tasker era stato per sei anni un meccanico dell’esercito, prima di entrare a far parte dell’unità  cinofila nel 2007.
«Amo il mio lavoro e mi piace farlo con Theo», dichiarava il soldato al sito del Ministero della Difesa britannico, che li aveva segnalati per il numero di vite salvate grazie al loro record di ordigni ritrovati e che ne aveva lodato le preziose doti: «Ha uno splendido carattere e non si stanca mai. Non vede l’ora di uscire in missione e non si ferma davanti a nulla».
E proprio in conseguenza dell’efficienza del duo, il loro soggiorno in Afghanistan era stato prolungato di un mese.
Giovedì mattina un Hercules dell’aviazione britannica ha riportato in patria la salma del ventiseienne militare e le ceneri di Theo.
Dalla base della Royal Air Force di Lyneham, situata nel sud-ovest del Paese, dove è atterrato il velivolo, è partito il corteo funebre, salutato lungo il percorso da centinaia di militari e civili accompagnati dai propri cani.
I genitori, la fidanzata e i parenti del giovane soldato hanno deposto una rosa rossa sulla bara.
«La mia opinione è che quando Liam è stato ucciso – ha dichiarato il padre di Liam Tasker, Ian – a Theo è venuto a mancare il sostegno di mio figlio. Credo davvero che per il cane il rientro alla base senza Liam che lo tranquillizzasse abbia avuto un effetto devastante».
Le ceneri dell’animale sono state consegnate alla famiglia da funzionari del ministero della Difesa durante una cerimonia privata.
Ora Theo è stato candidato a ricevere la Dickin medal, l’onorificenza militare inglese destinata agli animali che si sono particolarmente distinti nel corso di azioni di guerra.

Emanuela Di Pasqua
(da “Il Corriere della Sera“)

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L’ASSALTO MEDIATICO DEI GIORNALI DEL PREMIER AL NEMICO PUBBLICO BOCCHINO: CHE LI CONOSCE BENE

Marzo 11th, 2011 Riccardo Fucile

BERLUSCONI LO ODIA, I SUOI GIORNALI KILLER OGNI GIORNO SPARANO CONTRO DI LUI E LA SUA FAMIGLIA ACCUSANDOLO DI OGNI NEFANDEZZA… E LUI RIBATTE: “SALLUSTI, DIMMI QUANTO TI PAGA BERLUSCONI PER FARE IL SERVO”…LA CACCIATA DALL’EDEN PERCHE’ SOSPETTATO DI AVER INFORMATO LA STAMPA DELLA PRESENZA DI SILVIO ALLA FESTA DI NOEMI: FORSE CHE AL PREMIER   GLIELO AVEVA ORDINATO IL MEDICO DI ANDARCI?

Se per due giorni di seguito sia Libero che Il Giornale ti dedicano la prima pagina (e una intera dentro il quotidiano) qualcosa vuol dire.
Se per mesi finisci nel titolone come un bersaglio fisso, un motivo ci deve pur essere.
C’è qualcosa di interessante nell’epifania mediatica rovesciata e nell’assurgere di Italo Bocchino a nemico pubblico del centrodestra italiano, in un corollario di polemiche giornalistiche, denunce per stalking (dell’interessato) e nell’appendice collaterale di una disputa d’onore al coltello con (l’ex) amico di un tempo Roberto D’Agostino.
Lo stereotipo a cui Bocchino viene crocifisso dalla stampa di ispirazione berlusconiana (la contesa con il sito del re del gossip ha implicazioni diverse e più complesse) è quello del “Giuda”, del “rinnegato”, del “traditore infame” (se non del corrotto arricchito con pubbliche commesse).
Un politico che, in questa iconografia dilatata, diventa addirittura artefice del peccato originale, se è vero che Il Giornale lo imputa persino per essere stato l’uomo che ha “soffiato” a Dagospia (nientemeno!) la notizia delle notizie, quella della festa a Casoria in cui Berlusconi andò a visitare Noemi Letizia.
Per Il Giornale quella soffiata è come la cacciata dall’Eden, lo sfregio inemendabile al berlusconismo, che già  in sè giustifica il calvario successivo. Allo stesso tempo va detto che la denuncia di Bocchino per stalking giornalistico non ha precedenti giuridici, e che se la campagna contro di lui non avesse dei contorni di accanimento quasi grottesco, potrebbe persino suggerire domande sulla liceità  di una risposta giudiziaria a una campagna di stampa.
Ieri Vittorio Macioce scriveva: “Non nominare il suo nome invano”, con il corredo di 36 foto dei cronisti martiri vittima della denuncia.
Ma Il Giornale ha pubblicato anche la nota minuziosa dei rimborsi a cui aveva diritto da capogruppo, lo ha accusato di voler fare le scarpe a Fini, lo ha ritratto come un ras violento e arrogante, scavando nei dissidi interni al partito con metodo.
Maurizio Belpietro ha sparato in prima pagina il titolo più surreale probabilmente più scioccante della sua gestione (“Bocchino amaro”), ed entrambi i giornali (a partire dal Giornale quando era diretto da Vittorio Feltri) hanno trasferito ed esteso la battaglia “anti-italica” (nel senso di Italo) all’intera famiglia.
Per non essere da meno Chi pubblicò in piena estate una foto di Bocchino in t-shirt che parla sulla piazzetta di Capri con Paolo Mieli nemmeno fossero le prove di un complotto giudaico massonico (“Ecco i consiglieri segreti di Fini!”), il che doveva far presagire che o Mieli o Bocchino erano cortesemente tallonati (o “attenzionati”) da paparazzi volenterosi, il gossip sulla presunta relazione con Mara Carfagna diventa una clava contudente (da cui persino la ministra viene sollecitata a emanciparsi con intervista “riparatrice” ).
E siccome nel sistema di comunicazione berlusconiano tutti i vasi sono comunicanti, persino su Canale 5, nel contenitore apparentemente svagato di Kalispèra, il vicepresidente di Fli è stato irriso — nientemeno! — per una comparsata cinematografica giovanile, quando (poco più che ventenne) accettò di recitare un ruolo da cameriere ne La bruttina stagionata: un cammeo in uno dei film prodotti dalla moglie, e faceva una certa impressione assistere alla spensierata gogna signoriniana che quella particina — a vent’anni di distanza — poteva produrre.
Ma siccome Bocchino non ha proprio il physique du rà’le della povera vittima, bisogna anche aggiungere che l’uomo macchina di Fini conosce bene questo meccanismo e in parte lo ha anche sfruttato, se è vero che adesso approfitta della sua nuova aura mediatica per fare il salto in serie A, e a giorni si prepara a provare la scalata alla classifica con la sua autobiografia politica (“Una storia di destra”) che la Longanesi ha deciso di mandare in Libreria con una tiratura-monstre (20 mila copie, quella da cui di solito parte un ottimo best-seller italiano ).
Vuole diventare primo in classifica e potrebbe persino riuscirci con la sua “Storia di destra”, prefatta dall’amico (oggi separato dall’antifinismo) Pietrangelo Buttafuoco.
Ma detto questo, la domanda rimane.
Perchè proprio lui, e perchè con tanta violenza?
La prima risposta è semplice: evidentemente perchè sta sulle palle a Silvio Berlusconi.
Il che non toglie la libertà  di iniziativa dei direttori interessati, ma di sicuro spiega che c’è un mood, un comune sentire su cui riposa l’assalto.
La seconda risposta forse è più complessa.
È come se il possente apparato comunicativo del Cavaliere avesse un continuo bisogno di carne fresca.
Serve come il pane un nemico pubblico da additare agli elettori-tifosi, e Bocchino ha la massa critica e la presenza scenica per interpretare il ruolo. Era amico di Belpietro, per dire, ma questo non gli ha risparmiato gli strali.
In fondo, il meccanismo di generazione del nemico, nell’immaginario berlusconiano, segue degli stilemi molto comunisti e molto “sovietici”.
La necessità  fisiologica nel nemico esterno per quadrare le proprie legioni, produce “il Kulako”, il traditore, il servo dei complottatori, esattamente come l’immaginario staliniano aveva bisogno di queste figure fino ad arrivare all’invenzione.
L’ultima risposta, invece, è di tipo per così dire “tecnico”.
Bocchino viene da dentro il sistema e quindi ne conosce i talloni d’Achille e i punti deboli.
Mentre gli uomini del centrosinistra cedono come ricotte ai guastatori del Cavaliere, Bocchino è sempre all’attacco.
Restò memorabile la sua battuta sulle povere vittimelle dell’Olgettina a Ballarò (“Ma fra queste beneficiate dalla generosità  di Berlusconi non ce n’è nemmeno una che abbia sessant’anni).
Non meno ficcante è stato il duello a In Onda (finito ovunque su Youtube) in cui, ospite del mio programma, Bocchino per un’ora esatta ha continuato a bersagliare Sallusti con una domanda (rimasta senza risposta): “Perchè non dici quanto ti pagano per fare il killer?”.
La polemistica anti-italica (nel senso di Italo), dunque, è destinata a pareggiare quella anti-finiana.
Perchè nel duello senza tregua, gli highlander di B. non conoscono la tregua. Come suona bene, in bocca a Sallusti, la belligerante battuta di Cristopher Lambert: “Alla fine ne resterà  uno solo”.

Luca Telese
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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“PRONTI A COLPIRE LA LIBIA DA SOLI”: SARKOZY HA LE PALLE, FRATTINI LE RACCONTA SOLO

Marzo 11th, 2011 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE FRANCESE E IL PRIMO MINISTRO INGLESE CAMERON SI SCHIERANO PER AIUTARE GLI INSORTI PRIMA CHE I CIVILI SIANO TUTTI MASSACRATI DA GHEDDAFI…FRATTINI SI PRECIPITA A PRECISARE: “NOI NON PARTECIPEREMO”… IL GOVERNO DEGLI ACCATTONI ASPETTA DI VEDERE PRIMA CHI VINCE: SE VENGONO TRUCIDATI OGNI GIORNO DEI GIOVANI COMBATTENTI PER LA LIBERTA’ SE NE FOTTONO, ALTRO CHE POPOLO DELLA LIBERTA’

La Francia va avanti da sola, spacca il fronte dell’Ue riconoscendo il Consiglio degli oppositori di Gheddafi e fa balenare l’idea di andare in Libia per «raid aerei mirati».
Nella serata di ieri anche il primo ministro inglese Cameron si è allineato alla posizione della Francia.
L’Europa si interroga sul da farsi, lo fa anche con gli Stati Uniti in seno al Patto Atlantico, e si risponde d’essere pronta a tutto, a proclamare una «no fly zone» come a mandare le navi davanti al Golfo della Sirte, purchè ciò sia legittimato dal Consiglio di Sicurezza Onu.
La politica del “prendere tempo” però non paga: tra pochi giorni Gheddafi riprenderà  il controllo della Libia e continuerà  a massacrare il proprio popolo, forte dell’aviazione e di migliori armamenti.
Sarkozy avrà  modo di spiegarsi oggi ai colleghi leader dell’Unione, convocati in conclave straordinario a Bruxelles.
Ma già  in serata, una lettera congiunta Francia e Gran Bretagna in cui si diceva che «Muammar Gheddafi e il suo clan devono andarsene per evitare ulteriori sofferenze al popolo libico», dava il senso di come l’asse si stia spostando sulla linea dell’Eliseo.
Stesso concetto espresso nella bozza del vertice.
Ma nella lettera Parigi e Londra fanno un passo in avanti: chiedono alla Ue di riconoscere subito l’opposizione e promettono impegno per la creazione di no fly zone a protezione dei ribelli.
La posizione italiana è diversa da quella francese, «certe decisioni è meglio discuterle nel quadro Ue».
E Frattini precisa che l’Italia “non parteciperà  a eventuali bombardamenti mirati” contro le forze di Gheddafi.
Il coraggioso governo nostrano prima aspetta di vedere chi vince, come al solito.
Il governo, aggiunge Frattini, è stato il primo a inviare mandare una missione umanitaria a Bengasi, dove ora riaprirà  il consolato: «Gli altri valutino cosa abbiamo fatto e seguano l’esempio».
Per Frattini in pratica il nostro compito non è quello di prendere decisioni da nazione sovrana, ma solo quello di adempiere al ruolo della Croce Rossa o dei becchini.
L’Italia ipotizza al massimo di mettere a disposizione i propri aeroporti.
«Ai bombardamenti non abbiamo mai pensato – precisa il ministro della Difesa Ignazio la Russa – è esclusa ogni operazione terrestre».
Che fare se Gheddafi dovesse prevalere?
L’Ue ha ancora la ricetta per l’emergenza e per questo guarda a Oriente.
Se capitasse il peggio, si fa capire, potrebbe essere la Lega Araba a fornire la scorciatoia per rompere gli indugi.
La sponda dell’Unione Africana – organizzazione presieduta da Gheddafi nel 2009 – invece è saltata.
Nessun appoggio a un intervento militare, dicono in serata dalla Ua che invece ha costituito un comitato di cinque capi di Stato che si recheranno in Libia per tentare di porre fine alle ostilità .
Tutti che si nascondono dietro mille giustificazioni e pretesti, onore a Sarkozy (e a Cameron) che almeno hanno fatto capire che un governo di destra, di fronte a un criminale internazionale, le palle deve mostrale, non solo raccontarle come è d’uso in Italia.

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CAMORRA, ARRESTATO SINDACO DEL PDL NEL CASERTANO: E’ CONSULENTE DI ALEMANNO

Marzo 11th, 2011 Riccardo Fucile

L’ACCUSA PER GIORGIO MAGLIOCCO, SINDACO DI PIGNATARO MAGGIORE, E’ DI CONCORSO ESTERNO IN ASSOCIAZIONE MAFIOSA… E’ NELLO STAFF DELLA SEGRETERIA DI ALEMANNO, ASSUNTO PER CHIAMATA DIRETTA CON LA QUALIFICA DI DIRIGENTE

Il sindaco di Pignataro Maggiore (Caserta), Giorgio Magliocca, del Pdl, è stato arrestato mattina dalla polizia con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
Magliocca, che ha 37 anni, è avvocato ed è stato consulente del ministero delle Telecomunicazioni quando era retto da Mario Landolfi; recentemente è stato nominato consulente anche dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno: dal 2010 è nello staff delle segreteria assunto per chiamata diretta con qualifica di dirigente.
Secondo l’accusa, avrebbe consentito al clan camorristico Ligato-Lubrano di continuare a gestire beni che erano stati confiscati e che erano stati dati in gestione proprio al sindaco.
In particolare, anzichè destinare una villa e alcuni appezzamenti di terreno a scopi sociali, avrebbe permesso che l’edificio fosse devastato, anche con l’asportazione degli infissi, e che i terreni fossero coltivati.
A Magliocca gli agenti della squadra mobile hanno notificato ordinanze emesse su richiesta del procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho e dei sostituti Giovanni Conzo, Alessandro Milita e Liana Esposito.
Giorgio Magliocca è entrato giovanissimo in politica.
Nel 1998, a 23 anni, è stato eletto consigliere comunale di Pignataro Maggiore.
Nel 2000 è stato eletto consigliere provinciale di Caserta.
Nel 2002 la prima elezione a sindaco di Pignataro Maggiore con la lista «Alleanza Civica».
«In questa gestione – è scritto sul suo sito, Giorgiomagliocca.it – ha portato avanti le acquisizioni al patrimonio indisponibile dell’ente dei beni confiscati alla camorra».
Nel 2005 è stato riconfermato consigliere provinciale.
Nel 2006 è stato rieletto sindaco di Pignataro Maggiore con la lista «Alleanza Civica per le libertà » .
Ha ricoperto la carica di capogruppo di Alleanza Nazionale al Consiglio Provinciale di Caserta dal 8 maggio 2005 al 24 marzo 2009.
Sul sito del sindaco arrestato compare una fotografia dei pm Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, sotto cui c’è la scritta «L’Italia impariamo ad amarla come loro».

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ORA IL GOVERNO SI ACCORGE CHE SERVONO PIU’ IMMIGRATI: “NE OCCORRONO DUE MILIONI IN DIECI ANNI”

Marzo 11th, 2011 Riccardo Fucile

IL DOCUMENTO DEL MINISTERO DEL LAVORO DI SACCONI: “L’ITALIA DEL FUTURO   SI REGGERA’ SUI LAVORATORI STRANIERI”… UN FABBISOGNO DI 100.000 PERSONE IN PIU’ L’ANNO NEL 2011-2015 E DI 260.000 FINO AL 2020

Il governo ora chiede più immigrati “Ne servono due milioni in dieci anni”
L’Italia ha bisogno di nuovi immigrati?
Certo: “Nel periodo 2011-2015 il fabbisogno medio annuo dovrebbe essere pari a circa 100mila, mentre nel periodo 2016-2020 dovrebbe portarsi a 260mila”.
Tradotto: nei prossimi dieci anni avremo bisogno di “importare” un milione e 800mila lavoratori.
A metterlo nero su bianco non è un sindacato, nè un’associazione di categoria. Bensì il ministero del Lavoro, diretto da Maurizio Sacconi.
E così mentre dal Viminale si lancia l’allarme contro “l’esodo biblico” pronto a scatenarsi dalle coste del Nord Africa, i tecnici incaricati dal ministero del Welfare lavorano concretamente alle “previsioni del fabbisogno di manodopera”.
In un dettagliato rapporto del 23 febbraio scorso, la Direzione generale dell’immigrazione ragiona, infatti, sul numero di lavoratori stranieri necessari a reggere il “sistema Italia”.
La stima è cauta e si basa su diverse variabili.
“Il fabbisogno di manodopera è legato contemporaneamente alla domanda e all’offerta di lavoro – si legge nel Rapporto “L’immigrazione per lavoro in Italia” – dal lato dell’offerta si prevede tra il 2010 e il 2020 una diminuzione della popolazione in età  attiva (occupati più disoccupati) tra il 5,5% e il 7,9%: dai 24 milioni e 970mila del 2010 si scenderebbe a un valore compreso tra i 23 milioni e 593mila e i 23 milioni circa nel 2020. Dal lato della domanda, gli occupati crescerebbero in 10 anni a un tasso compreso tra lo 0,2% e lo 0,9%, arrivando nel 2020 a quota 23 milioni e 257mila nel primo caso e a 24 milioni e 902mila nel secondo”.
Ciò detto, qual è il numero di immigrati di cui l’Italia avrà  bisogno?
“Nel periodo 2011-2015 il fabbisogno medio annuo dovrebbe essere pari a circa 100mila, mentre nel periodo 2016-2020 dovrebbe portarsi a circa 260mila”.
Insomma da qui a dieci anni il nostro Paese dovrà  aprirsi a poco meno di due milioni di lavoratori stranieri.
“Questi dati smascherano la demagogia di chi continua a ripetere che gli immigrati sono una minaccia – commenta Andrea Olivero, presidente nazionale Acli – senza di loro il Paese imploderebbe e accoglierli civilmente non è solo atto umanitario, ma intelligente strategia per il futuro. Per questo è giusto chiedere che cambi la politica dei flussi, andando al più presto a prendere atto di chi già  oggi lavora utilmente nel Paese e ancorando le cifre dei nuovi permessi alle reali necessità . Ci fa piacere che il ministero del Lavoro guardi ai dati con realismo, perchè soltanto in questo modo sarà  possibile avviare finalmente quel governo del fenomeno immigrazione che è mancato in questi anni, dominati da un’ottusa logica di mero contenimento, che peraltro è fallita. Nessuno, la Lega si metta il cuore in pace, può fermare un flusso che ha ragioni così forti sia nei Paesi di provenienza, sia nel nostro, come ci dicono i dati. Perciò l’integrazione è la scelta insieme più civile e più realistica”.

Vladimiro Polchi
(da “La Repubblica”)

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RIMPASTO: LITI, MORTE E MIRACOLI DELLA FOLLA DEGLI ASPIRANTI MINISTRI

Marzo 11th, 2011 Riccardo Fucile

UN RICCO SOTTOBOSCO, TROPPE POCHE POLTRONE..E RAZZI SI LAMENTA: “VOLEVO SOLO UN POSTICINO”… I RESPONSABILI SI CONTROLLANO A VICENDA E PARLANO AL PLURALE…MA LE POLTRONE NON ARRIVANO E IL NERVOSISMO SALE

Aspettano. Ma soprattutto: si aspettano.
«Qua sono tutti a chiedere qualcosa, io mica avevo chiesto un ministero o un sottosegretariato», piagnucola Antonio Razzi, il dipietrista che giurò «non cambierò mai casacca» – l’uomo che rivelò che gli avevano proposto di pagargli il mutuo – e poi alla fine, com’è come non è, la cambiò.
Povero Razzi, si accontentava del posto di segretario d’aula e invece no, l’hanno dato a Michele Pisacane.
Questi ir-Responsabili, «un kindergarten», lamenta, un asilo.
Dove tutti aspirano a tutto e nessuno difende più nessuno, in attesa di un problematico rimpasto.
Non parliamo, ovvio, di quelli che comunque vada avranno un posto di spicco, i Galan (che si sposterebbe alla Cultura, o alla presidenza dell’Enel), i Bonaiuti (ora lo vorrebbero alle Politiche comunitarie), le Santanchè; cerchiamo quello che s’agita sotto, un gradino più in basso.
Trattasi di universo fantasmagorico, metafisico, uomini che vivono in una dimensione che ancora non esiste, ma presto potrebbe.
Sono pure possibilità : la potenza contro l’atto.
Saverio Romano (dato ministro dell’Agricoltura, «io al governo non entro dalla finestra, entro dalla porta») l’aveva detto con sintomatiche parole: «Per i Responsabili voglio , oltre a un ministero, che siano individuati diversi posti da sottosegretario». Anche cinque.
Romano, antico democristiano palermitano, allievo di Calogero Mannino, indagato e poi archiviato dal gip per concorso esterno in associazione mafiosa, casiniano un tempo ma poi in rotta con Casini, lombardiano (nel senso di Raffaele) ma poi in rotta con Lombardo, infine fondatore del movimento «Noi sud», è uomo d’ingegno.
Alla Camera, nel dibattito del 13 dicembre sulla fiducia al premier, Fini lo spronava a concludere, e lui: «Presidente, mi dia trenta secondi dell’onorevole Iannaccone, il collega del mio partito è d’accordo».
Fini glieli dà , Romano conclude e solo allora il presidente della Camera s’accorge: «Ma onorevole, qui non c’è nessuno Iannaccone iscritto a parlare…».
Non è colpa loro: è che devono saper fare il gioco delle tre carte, e il Cavaliere lo sa e ci gioca a sua volta, gatto col topo, rinviando e rinviando (stavolta alla prossima settimana) per tenerli sulle spine.
Così son costretti a ingannare: anche l’Attesa.
Bossi prende in giro Romano, «per l’Agricoltura c’è già  Bricolo, che ha la faccia da contadino».
C’è Bruno Cesario che venendo dal Pd sostiene di aver fatto un salto più arduo, e dunque di meritare più di Aurelio Misiti, e oltretutto di poter portare altri tre democratici a Silvio: invece Misiti rischia di papparsi più di lui.
C’è Catia Polidori che – per citare le antipatiche parole risuonate contro di lei a Montecitorio – tradì i finiani, e aspetta.
C’è Nello Musumeci che, dice il suo leader Francesco Storace, «fa politica da una vita e aspetta ciò che è giusto», forse qualcosa alla Protezione civile.
C’è Elio Belcastro, da sindaco di Rizziconi a Palazzo Chigi, forse.
Udite il democristiano calabro: «Altro che tre, siamo di più. Ma non è la poltroncina che ci serve, quanto un’idea travolgente di sviluppo».
Nel deserto della politica agognano l’arrivo dei tartari, per l’ultima battaglia berlusconiana.
Mario Pepe, deputato eletto nel Pdl unitosi ai Responsabili per fare numero per il gruppo alla Camera, elenca dal foglietto: «Misiti viceministro alle Infrastrutture, per l’Agricoltura c’è già  Romano, Galan trasloca ai Beni culturali».
Solo che gli aspiranti a volte negano, mentre aspettano.
Misiti giura: «Vediamo quello che arriva».
Già  presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, dipietrista finito al Mpa di Lombardo, a settembre metteva la mano sul fuoco: «L’Mpa ha già  dato con la scissione dei quattro di Noi Sud».
S’è visto.
Quasi sempre, prendete Arturo Iannaccone – chirurgo avellinese, democristiano avìto, poi Ccd, quindi assessore di Rastrelli in Campania, poi Udc, infine (per poco) Mpa -, l’aspirante «si rimette a», in sublime burocratese: «La copertura degli incarichi resisi vacanti spetta unicamente al presidente Berlusconi. Siamo certi che valorizzerà  il nostro apporto».
Parlano al plurale, non aspirano in proprio, non sia mai.
Anna Maria Bernini, ultima fiamma mediatica di Silvio, che di lei ha detto in giro «questa qui è un genio», solo un anno fa a Bologna si portava addosso l’etichetta: «deputata finiana». Hai voglia.
Ora questo brillante avvocato, che difende tra l’altro la Nicoletta Pavarotti, e a Ballarò ha rifolgorato il Cavaliere con coda di cavallo, giacca bianca, calze scure e stivali neri, potrebbe fare il viceministro alle Attività  produttive.
Ma lei va assicurando: «Non cerco posti».
Cercano semmai serenità  interiore. Pace.
Realtà , oltre la mera possibilità .
E hanno una sola parola.
A ottobre 2009 diceva «mi sono innamorata del lavoro di parlamentare».
Tre mesi dopo tentò, perdendo, di fare il governatore in Emilia.

Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa“)

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PECORARO SCANIO PROTETTO DAI SUOI AVVERSARI: ECCO LE CARTE DELL’INCIUCIO

Marzo 11th, 2011 Riccardo Fucile

VANNO IN ONDA LE PROVE GENERALI PER SALVARE BERLUSCONI E INIZIA LO SCAMBIO DI FAVORI…ANCHE LUNARDI E SGARBI MIRACOLATI DALLA CAMERA… IL TRUCCO DEL TRIBUNALE DEI MINISTRI E LE PROPRIETA’ DI PECORARO SCANIO

Leader dell’ambientalismo italiano dal dicembre 2001 al luglio 2008, ministro delle Politiche agricole nel governo Amato e dell’Ambiente nell’ultimo governo Prodi.
Candidato alle primarie come leader del centrosinistra nel 2006, Pecoraro Scanio non era un politico qualsiasi.
Lunedì scorso la Camera lo ha salvato negando al tribunale dei ministri la possibilità  di usare le intercettazioni telefoniche del pm Henry John Woodcock per processarlo.
Eppure la politica ha rimosso il problema.
In suo favore hanno votato il Pdl e i radicali più – con il trucchetto dell’astensione – Udc, Lega, Fli.
Contro l’ex ministro del centrosinistra si son ritrovati solo i partiti del centrosinistra: Pd e Idv.
Il dibattito successivo è stato lo specchio di questo ribaltamento.
Come se il caso dell’ex ministro fosse una prova generale del salvataggio del premier nel caso Agcom-Trani oggi e magari domani nel caso Ruby.
Nessuno si è curato del merito della richiesta del Tribunale dei ministri. Eppure quelle carte, che imbarazzano destra e sinistra, meritano di essere lette.
A partire dalla motivazione della richiesta del Tribunale dei ministri: “Dalle intercettazioni emerge che l’imprenditore Mattia Fella si è interessato al reperimento di una sede (nel centro di Roma) per una fondazione che sarebbe stata intitolata al ministro nonchè all’acquisto per conto del ministro, di un terreno nei pressi di Bolsena dove quest’ultimo avrebbe dovuto realizzare un complesso agrituristico dotato di piscina ed eliporto.
lnfine, dalle predette telefonate risulta che il ministro ha sempre manifestato disponibilità  a esaudire le richieste del Fella”.
Ecco perchè i giudici chiedevano al Parlamento di usare le intercettazioni: “le conversazioni telefoniche cui ha preso parte Alfonso Pecoraro Scanio costituiscono la prova dell’esistenza di sistematici accordi illeciti di natura corruttiva fra l’ex ministro e Fella in base ai quali il primo poneva in essere, in favore del secondo, atti e prestazioni relative alla pubblica funzione da lui esercitata ricevendo in cambio da quest’ultimo i più disparati favori e utilità . In particolare, dalle telefonate fra Fella e Pecoraro Scanio si evince chiaramente, tra le altre cose, che il primo ha sostenuto le spese per vari soggiorni turistici e spostamenti del ministro, interessandosi a volte anche della scelta della destinazione, occupandosi dei minimi dettagli dei viaggi (dalla scelta delle stanze d’albergo al soggiorno dei collaboratori     del ministro, ecc.) ed accontentandolo in tutte le richieste relative al comfort nelle strutture alberghiere”.
Fella ambiva a stipulare convenzioni con il ministero e con l’Apat e alla nomina del fratello gemello Stanislao Fella come membro di una commissione ministeriale (incarico retribuito con circa 40mila euro), il ministro in cambio del suo interessamento avrebbe ottenuto “numerosi trasferimenti e spostamenti con un elicottero interamente pagato da Fella per un importo pari a 120 mila euro; numerosi viaggi-soggiorno in Italia e all’estero (Stati Uniti, Parigi, Saturnia, Milano, Perugia) per un valore pari a diverse decine di migliaia di euro; l’acquisto di un terreno — pagato 265 mila euro interamente da Fella — da utilizzarsi per l’edificazione di un agriturismo biologico e di una villa con annessa piscina ed eliporto, destinata alla persona del Pecoraro Scanio” tra l’altro in zona destinata a verde agricolo, aggiungono i magistrati con sorpresa, visto l’incarico dell’indagato.
Ora il Tribunale dei ministri dovrà  decidere se procedere senza intercettazioni.
Le telefonate erano fondamentali ma il previdente Woodcock — prima di spedire tutto a Roma per ragioni di competenza — aveva sentito a verbale     decine di testimoni.
Tra questi l’ex segretario particolare del ministro Pecoraro, Renato Mazzocchi, che ha raccontato così la storia del terreno sul lago di Bolsena: “Fella propose al Ministro che lo avrebbe portato a vedere questo posto.       Andarono lì, un fine settimana, e mi ricordo che in quell’occasione, il lunedì avevamo un incontro istituzionale, io raggiunsi il Ministro con la macchina di servizio lunedì mattina, in questo agriturismo (…) al Ministro interessava il posto, perchè gli era piaciuto e quindi propose a Mattia Fella di acquistare un terreno lì per poi costruire una casa o eventualmente un agriturismo (…) Fella mi ha detto che ha acquistato questi terreni e mi ha anche detto che lo stesso Ministro aveva ingaggiato anche un ragazzo per la progettazione di questo agriturismo, che all’inizio doveva essere solamente la casa del Ministro, poi da casa si è trasformò in agriturismo e appartamento sopra per il Ministro”. Chi avrebbe pagato?
“Da quello che diceva il Fella”, spiega sempre Mazzocchi, “il ministro non aveva mai cacciato dei soldi per l’acquisto di questi terreni, anche perchè da quello che mi risulta, erano stati solo acquistati da Fella”.
Il pm si sorprende ma Mazzocchi spiega serafico: “Pecoraro Scanio ha     un cattivo rapporto con il denaro… almeno per quello che è stato il mio mandato, è più quello che ci ho rimesso che quello che mi è stato dato. Cioè con Alfonso Pecoraro Scanio si inizia la mattina con il caffè e si finisce la sera con il pranzo, paghiamo tutto noi, nel senso che: si è in dieci al bar, il segretario particolare paga; si va a cena, il segretario particolare paga; si prendono cento caffè al giorno…guardi, non ha mai pagato, cioè io… non mi ha mai offerto un caffè, l’ho sempre pagato io”.

Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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IL PUNTO DI VISTA DI UN LETTORE SUGLI ALPINI, I MERIDIONALI E I RAMARRI VERDI IN TV

Marzo 11th, 2011 Riccardo Fucile

LA STORIA DEGLI ALPINI E LE BALLE DI COTA, I MERIDIONALI TUTTI MARINAI O FANTI, I LEGHISTI IN CORTO CIRCUITO STORIOGRAFICO… E SE LEGGESSERO QUALCHE LIBRO PRIMA DI PROFERIR PAROLA?

I simpaticissimi ramarri legaioli non perdono occasione per dimostrare la loro diversa intelligenza.
Se i pezzentoni padani sapessero che esistono delle cose chiamate “libri di storia” potrebbero rendersi edotti del fatto che il corpo d’armata alpino in Russia (si, coloro che secondo la stessa propaganda staliniana erano i soli a doversi ritenere “invitti sul sacro suolo della patria sovietica”, parole lette da Jurij Levithan nel celebre proclama della vittoria di Stalingrado) era composto non solo da montanari friulani, veneti, piemontesi e lombardi, ma anche da alpini abruzzesi, calabresi, laziali, siciliani e lucani.
Se le belle teste legaiole fossero in grado di recepire nelle loro belle teche craniche in fibrocemento massiccio precompresso il fatto che gli alpini hanno sempre avuto una forte componente meridionale eviterebbero di sparare cazzate.
Se i legaioli si fossero letti quel capolavoro della letteratura italiana che è “Il sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern troverebbero la figura di un coraggioso tenente catanese della Julia, morto accanto ai suoi soldati   quando l’armata rossa attaccò le postazioni del corpo d’armata alpino sul Don.
Ma capire qualcosa non è certo nelle corde di gente che ha fatto dell’ottusità  assoluta verbo e credo indeflettibile ed indiscutibile.
Ieri sera in televisione c’era il prode Cota, intento a coprirsi di ridicolo…
Il “diversamente capace” governatore del Piemonte (forse a sua insaputa) blaterava cose sulla “specificità ” del ruolo degli alpini che devono essere arruolati sulle terre alpine, in quanto alpini… al sud c’è il mare e quindi i meridionali possono essere solo fanti o marinai, sosteneva quel caso umano di verde ammantato.
Se fossi stato al posto del suo interlocutore lo avrei prima invitato a rileggersi un pò la storia, prima di mandarlo a quel paese   e di mettergli le mani addosso, a nome di tutti coloro che a destra e a sinistra amano ancora questo nostro derelitto paese o ciò che ne rimane!

Alpen

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FESTE E PAPI GIRL: LA MANGIATOIA DELLE ARCORINE, UN MODELLO ETICO PER LA NOSTRA GIOVENTU’

Marzo 11th, 2011 Riccardo Fucile

DAL CONTO BUNGA BUNGA N° 129 DEL MONTE DEI PASCHI GESTITO DAL RAG. SPINELLI, IL PREMIER FORAGGIAVA UNA CORTE DI MIRACOLATE DAL SISTEMA BUNGA BUNGA… UN TOTALE DI 11,5 MILIONI DI EURO PER PREMIARE LA “MERITOCRAZIA” DEI GIOVANI

La grande mangiatoia delle arcorine ha il numero 129. Quello del conto corrente presso il Monte dei Paschi di Siena, materialmente gestito dal ragionier Spinelli e attraverso il quale Silvio Berlusconi foraggia il sistema Bunga bunga. Un flusso continuo di contanti in busta, ma anche assegni e bonifici. I numeri derivano dalle indagini della Guardia di Finanza, depositate in vista del processo al premier, in un periodo compreso tra gennaio 2010 e gennaio 2011, per un totale di 11,5 milioni di euro.
Bastava telefonare al rag. Spinelli, dirgli che se non sganciava si sarebbero rivolte direttamente al capo e i soldi puntualmente arrivavano.
Tra le fortunate, una scuderia affollata di starlette.
Vediamo qualche dettaglio.
Alessandra Sorcinelli
L’ex meteorina, nonchè ex madrina di “Affari tuoi”, ha ricevuto 115 mila euro in accrediti mensili da 10 mila euro.
Angela Sozio
Il suo volto divenne noto nel 2007, quando venne immortalata seduta sulle ginocchia di B. a Villa Certosa. Ha ricevuto 100 mila euro.
Nicole Minetti
L’igienista dentale e consigliera regionale lombarda (madrelingua e laureata col massimo dei voti, secondo B.) ha ricevuto “solo” 31 mila euro.
Anna Palumbo (mamma di Noemi Letizia)
Una donna che ha cresciuto sua figlia nel culto del premier: dedizione che le è valsa 20 mila euro.
Eleonora Gaggioli    
Volto di numerose fiction tra il 2000 e il 2010, fu a un passo dalla candidatura alle Europee per il Pdl. Ha ricevuto 17 mila euro.
Valentina Costanzo    
Concorrente italo-tunisina del “GF 11”: “Bellezza appariscente e carattere molto determinato”, ha ricevuto 40 mila euro.
Albertina Carraro
30 mila euro per la figlia di Franco, ex presidente della Figc, oggi fidanzata col numero uno di Farmindustria, Sergio Dompè.
Barbara Guerra
Alla 30enne ex concorrente della “Fattoria 4”, ex starlette della “Domenica sportiva”, sono stati trovati 18mila euro nel cuscino.

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