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NUCLEARE: il 68,4% DEGLI ITALIANI CONTRARI ALLE CENTRALI

Marzo 15th, 2011 Riccardo Fucile

FAVOREVOLE SOLO IL 20,3%, NON HANNO ANCORA UN’IDEA PRECISA L’11,3% …TRA TRE MESI, IL 12 GIUGNO, GLI ITALIANI SARANNO CHIAMATI A VOTARE AL REFERENDUM ABROGATIVO DEL PIANO DEL GOVERNO PER IL RITORNO AL NUCLEARE….DOPO LA TRAGEDIA IN GIAPPONE IL QUORUM POTREBBE ANCHE ESSERE RAGGIUNTO

Sette italiani su dieci sono contrari alla costruzione di centrali nucleari.
Lo rivela un sondaggio realizzato da Fullresearch nei giorni dell’emergenza degli impianti in Giappone dove c’è il rischio di una nuova Chernobyl a seguito dei danni provocati dal terremoto.
Il 68,4% dei mille intervistati si è detto contrario alla costruzione in Italia di centrali nucleari, mentre il 20,3% è favorevole.
Il restante 11,3% non ha ancora sviluppato un’opinione al riguardo o preferisce non rispondere.
Il dato è indicativo se si considera che tra tre mesi, il 12 giugno, gli italiani saranno chiamati a votare il referendum abrogativo sul piano del governo per il ritorno al nucleare.
Il quesito era stato presentato dall’Idv per abrogare la norma per la “realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare”.
Si tratta di una parte del decreto legge recante “disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività , la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” firmato il 25 giugno 2008 e convertito in legge “con modificazioni” il 6 agosto dello stesso anno.
Nel quesito referendario ai cittadini è chiesto: “Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività , la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguenti parti: art. 7, comma 1, lettera d: realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare”.
Lo scorso dicembre la Corte di Cassazione aveva accolto l’iniziativa, dopo che la Corte Costituzionale a giugno aveva respinto i ricorsi presentati da 10 regioni (Emilia Romagna, Umbria, Toscana, Lazio, Liguria, Marche, Puglia, Basilicata, Molise e Calabria) contro la legge delega del 2009 che disciplina la localizzazione e l’autorizzazione agli impianti nucleari nel nostro paese.
L’ondata emotiva della tragedia giapponese potrebbe non solo far crescere i no al nucleare, ma anche far raggiungere il quorum ai referendum, trascinando anche quelli sull’acqua pubblica e sul legittimo impedimento.

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REGIONE LOMBARDIA, SUONA L’INNO NAZIONALE E I LEGHISTI SE NE VANNO AL BAR

Marzo 15th, 2011 Riccardo Fucile

INDEGNO SPETTACOLO DEI CIALTRONI LEGHISTI ALLA PRIMA SEDUTA INTRODOTTA DALL’INNO DI MAMELI…IL PDL FA FINTA DI LAMENTARSI E LA RUSSA PARLA DI “VIGLIACCHI”: MA I VIGLIACCHI VERI SONO QUELLI CHE CONTINUANO A GOVERNARE CON LA FECCIA PADAGNA

Alla «prima» dell’inno di Mameli eseguito nell’aula del Consiglio regionale della Lombardia in onore dei 150 anni dell’Unità  d’Italia, i leghisti, come annunciato alla vigilia, non hanno partecipato.
Gli esponenti della Lega Nord nel Consiglio, che si erano opposti alla legge regionale che prevedeva l’esecuzione dell’inno nazionale nella seduta di oggi, sono usciti dal’Aula prima dell’esecuzione patriottica che ha dato il via alla seduta per celebrare il 150esimo anniversario dell’Unità  d’Italia.
Per il Carroccio era in Aula solo il presidente del Consiglio regionale, Davide Boni, per svolgere il suo ruolo istituzionale.
Gli esponenti della Lega, si sono fermati a prendere un caffè alla buvette.
Un gesto abbastanza prevedibile, quello della Lega già  contraria alla festa del 17 marzo, ma che comunque ha creato scalpore prima ancora di venir messo in pratica.
Il governatore Roberto Formigoni, come annunciato, era invece in aula, con una spilla con il simbolo 150 sulla giacca.
«Settanta secondi di Inno di Mameli non fanno male a nessuno, sono un simbolo importante di quello che siamo», ha commentato, all’uscita dei consiglieri leghisti. «Da lombardi partecipiamo alla festa del tricolore. La Lombardia ha avuto una parte molto grande nella costituzione dell’Unità  di Italia, abbiamo dato un contributo di sangue e di ideali e oggi continuiamo ad essere la locomotiva dello sviluppo dell’Italia in Europa e nel mondo».
Il presidente Boni, presente in aula «suo malgrado», ha poi commentato: «Purtroppo non ho potuto bere il cappuccino con gli altri del mio gruppo. Ero in Aula perchè sono il presidente di tutti, ma idealmente non l’ho sentito”
Boni ha infine dato ordine ai commessi di evitare che durante l’esecuzione dell’Inno venissero sventolati Tricolori. «Queste cose – ha ribadito – vanno fatte con sobrietà  e solennità  nel rispetto di tutti, non come se fossimo una squadra contro l’altra».
«Penso che il miglior modo per onorare le istituzioni sia lavorare nell’interesse dei lombardi». Così il vicepresidente della Regione Lombardia, Andrea Gibelli, mentre sui leghisti si scatena la bufera delle polemiche.
«È gravissimo che i consiglieri regionali lombardi della Lega siano usciti oggi durante l’esecuzione dell’inno di Mameli. È un vero e proprio schiaffo al Paese. Se non si sentono italiani si dimettano e rifiutino il lauto stipendio che gli arriva puntuale a fine mese», afferma il portavoce dell’Italia dei Valori, Leoluca Orlando.
«Chi non riconosce lo Stato che governa – afferma in una nota Alessandro Maran, vicepresidente dei deputati del Pd – dovrebbe trarne le conseguenze. Non si può essere ministri, governatori, sindaci, assessori, consiglieri di un esecutivo nazionale, di una regione, di una provincia e di una città  se non si approva l’ordinamento dal quale queste articolazioni discendono.
Dal canto suo Alessandro Pignatiello, coordinatore della segreteria nazionale del PdCI-Federazione della sinistra, ritiene «intollerabile che i consiglieri regionali lombardi della Lega siano usciti oggi durante l’esecuzione dell’inno di Mameli.
I leghisti che fanno parte del governo o si dissociano pubblicamente da quanto fatto dai loro colleghi di partito a Milano o escano immediatamente dal governo nazionale della Repubblica italiana, che come recita la Costituzione è una e indivisibile, e sulla quale hanno giurato prima di fare i ministri. La Lega è secessionista. Chi non lo ha ancora capito continua a fare del male al Paese e alla sua unità , che ipocritamente festeggia ma che nei fatti calpesta ogni giorno».
Dura presa di posizione dell’assessore lombardo alla Sicurezza e coordinatore provinciale milanese del Pdl, Romano La Russa, contro la decisione leghista di disertare l’aula. «Oggi è una data importante e significativa per la nostra regione, giorno di gioia e di orgoglio, ma per qualcuno è anche la più triste della vita politica lombarda – sostiene il fratello di Ignazio La Russa, in una nota – Totale disprezzo per il gesto inqualificabile di quei consiglieri che si sono rifiutati di entrare in aula durante l’esecuzione dell’inno nazionale».
«Chi non rende onore alla propria bandiera – continua – al proprio inno e alla Patria non può che essere definito vigliacco e la sua esistenza meschina».
Ma allora qualcuno ci spieghi chi è più vigliacco: chi lascia l’aula durante la esecuzione dell’inno nazionale della propria Nazione o chi condanna l’episodio ma dopo due minuti è al governo regionale con simile feccia?
Caro La Russa, sei senza palle: se fossimo stati al tuo posto, stamane avrebbero dovuto chiamare il reparto mobile per sedare la rissa in Consiglio e stai tranquillo che domani sarebbe già  indette nuove elezioni.
Da una parte i pataccari padagni, dall’altra tutti gli altri partiti, uniti in una coalizione di liberazione dai razzisti.
E poi vediamo come andrebbe a finire: magari qualcuno che oggi è andato al bar sarebbe costretto a tornare a lavorare, ammesso che abbia mai lavorato in vita sua.

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TRA GRILLO E DE MAGISTRIS, FINITO L’AMORE, RESTA SOLO IL RANCORE

Marzo 15th, 2011 Riccardo Fucile

IL COMICO ACCUSA IL NEO CANDIDATO SINDACO DI NAPOLI DI AVER TRADITO IL MANDATO ELETTORALE….LA RISPOSTA: “È GUIDATO DA INTERESSI”…E VOLANO GLI STRACCI ANCHE A SINISTRA

Lo strappo tra i due ex sodali si è allargato, e ora pare irricucibile.
Perchè ieri tra Beppe Grillo e Luigi de Magistris sono volati stracci, di quelli che lasciano segni duraturi.
Proprio tra loro, che nella primavera del 2009 sembravano voler costruire assieme qualcosa di nuovo a sinistra.
Un connubio per cui Grillo ha fatto mea culpa sul suo blog: “Di errori ne ho commessi molti e purtroppo ne commetterò altri. Uno dei più imbarazzanti è stato Luigi de Magistris, eurodeputato grazie (anche) ai voti del blog, eletto come indipendente, che subito dopo per coerenza si è iscritto a un partito (l’Italia dei Valori, ndr)”.
L’attacco iniziale di un lungo post intitolato: “Comprereste un voto usato da quest’uomo?”.
Sotto, un’immagine in funereo bianco e nero di de Magistris.
Nel testo, amarezza e sarcasmo: “Sulla sua attività  europarlamentare tantissimi contavano, io per primo, per contrastare i fondi europei destinati alle mafie. In questi mesi è stato forse più presente sui giornali e in televisione che nei banchi di Bruxelles. Ah, la visibilità . Ah, la coerenza”.
Coerenza smarrita per strada, secondo Grillo, perchè de Magistris corre come candidato sindaco a Napoli, e quindi è pronto a lasciare il parlamento europeo. Contraddizione imperdonabile secondo l’artista genovese, che cita un’intervista dell’anno scorso di de Magistris al Fatto, in cui l’ex magistrato spiegava: “In politica c’è un valore che pochi ricordano, la coerenza. Ho fatto campagna elettorale in tutta Italia per dedicarmi ai temi dell’Europa. Lasciare il lavoro incompiuto non sarebbe un bel segnale”.
Grillo insomma semina critiche, peraltro non nuove.
Lo dimostra un post dell’aprile 2010, sempre su de Magistris: “L’obiettivo era di avere un eurodeputato a Bruxelles e non in televisione. Fare luce sui capitali mafiosi in Europa e sui finanziamenti europei in Italia. Un lavoro che fatto a tempo pieno non consentirebbe neppure di vedere la famiglia”.
Una censura dietro a cui c’era anche il timore di una possibile opa dell’ex magistrato sui grillini.
Ieri il comico ha rimproverato a de Magistris anche di non essersi autosospeso dall’Idv, dopo il rinvio a giudizio da parte del tribunale di Salerno per omissione di atti d’ufficio.
Autosospensione prevista dal codice etico del partito (come sottolineò un deputato dell’Idv, Antonio Borghesi) ma che de Magistris rifiutò, sostenendo: “E che facciamo, lasciamo che ogni denuncia blocchi l’attività  di un politico? È un clamoroso errore giudiziario, i magistrati possono commettere errori”.
Una risposta “all’altezza di Berlusconi, ma anche di Mastella da Ceppaloni” sibila Grillo, che chiosa: “de Magistris ha richiesto alla presidenza dell’assemblea Ue di far valere l’immunità  parlamentare contro la citazione per diffamazione di Mastella”.
Attaccato frontalmente, l’eurodeputato ha risposto su Affari italiani.it  : “Grillo usa lo stesso linguaggio del Giornale e di Libero, non ha interesse che la politica cambi. È evidente a tutti che la sua attività  è in qualche modo guidata da ben noti gruppi imprenditoriali e della comunicazione che lavorano con lui. Vuole mantenere il suo marchio, ma non gli importa nulla che la politica funzioni”.
Una replica che evoca l’immagine di un Grillo etero-diretto, spesso adoperata dai detrattori dell’artista.
“Grillo ha deciso unilateralmente di rompere il rapporto di amicizia” continua de Magistris, che ribadisce di considerarlo “un grande comico e un italiano di valore, andato però fuori del seminato”.
Quindi, la difesa nel merito: “Mi accusa di tradimento, ma l’attività  politica è fatta di emergenze. Mi sono candidato a sindaco di Napoli perchè la città  sta sprofondando nel baratro. Ho avuto enormi sollecitazioni a candidarmi, anche da ambienti vicinissimi a Grillo”.
Nessun tradimento insomma, “perchè se volessi guadagnare di più starei in Europa. Invito Grillo a scendere dalle vacanze a cinque stelle e dalle sue abitazioni di lusso e a venire in piazza con noi”.
E il ricorso all’immunità ? de Magistris afferma: “Non me ne sono mai avvalso in nessun processo penale, e continuo a difendermi nei processi civili, amministrativi e penali. Mi difendo come Berlusconi? E’ Grillo che usa il linguaggio del Giornale”.

Luca De Carolis
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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LE COMICHE DI RUBY IN SALENTO: INVITATA DA UNA DISCOTECA, CONTESTATA, NON PAGATA E COSTRETTA A SCAPPARE GRAZIE A UN PASSAGGIO

Marzo 15th, 2011 Riccardo Fucile

IL RACCONTO DELLA SERATA   DI RUBY: INGAGGIATA PER 5.000 EURO DA UN AMICO DI CORONA PER PRESENZIARE ALLA DISCOTECA “TEMPO ZERO”, ARRIVA IN LIMOUSINE ALLE 24, MA E’ ACCOLTA DA FISCHI E INSULTI DI 200 GIOVANI…ENTRA SOLO ALL’1, POI LITIGA CON IL PROPRIETARIO CHE NON VUOLE PAGARLA, CHIAMA IL 118 E ALLA FINE RIMEDIA UN PASSAGGIO PER TORNARE IN ALBERGO

Finisce male la serata salentina di Ruby, scappata senza aver ricevuto il compenso pattuito e dopo l’intervento di carabinieri e 118.
Arrivata in limousine, è costretta a rimediare un passaggio fuori dal locale dove era stata ingaggiata come ‘special guest’.
Non bastasse la manifestazione di protesta dei ragazzi delle scuole che l’hanno aspettata per fischiarla, l’ospite d’onore della cena esclusiva organizzata dall’amico di Fabrizio Corona in Puglia, Mino Brandolino, non è stata neanche pagata per la sua partecipazione, al termine di una nottata al quanto movimentata finita con l’arrivo dei militari e del personale sanitario.
Ruby rubacuori ‘derubata’?
Sembrerebbe di si.
La sua visita si è conclusa nel peggiore dei modi e soprattutto senza ottenere i 5000 euro soldi pattuiti per l’ospitata nel locale di Brandolino, titolare del Tempo Zero di Maglie, la cittadina di Aldo Moro e del ministro Raffaele Fitto.
I guai per Karima El Mahroug alias Ruby iniziano subito.
A mezzanotte quando la sua limousine arriva davanti al lounge bar – dove era attesa per le 21.30 – una folla di 200 persone l’attende. Non sono fan, ma ragazzi, genitori e gente comune che con fischietto alla mano urlano “vergogna”.
Ruby decide di non scendere dalla macchina, forse intimorita dalla folla di manifestanti, forse perchè Brandolino non le ha ancora consegnato il compenso dell’ospitata.
Fatto sta che la ragazza si presenterà  nel locale solo intorno all’una di notte, quando ormai il presidio dei cittadini è sciolto e non c’è più nessuno.
Alla festa, racconta invece chi si trovava nel locale, nessun bagno di folla.
Solo qualche tavolo era occupato per la cena che doveva ospitare 150 persone al prezzo di 59 euro a testa, cui si sono aggiunti successivamente una ventina di ragazzi con cui la starlette si è intrattenuta.
A questo punto racconta Beatrice Baratto, ufficio stampa della serata, “si sono fatte le 5 del mattino. Ruby è nervosa, vuole tornare in albergo, (un lussuoso residence quattro stelle a Cannole), ma soprattutto chiede ancora a Brandolino i suoi soldi.
Di fronte all’ennesimo rifiuto gli animi si scaldano. Brandolino l’accusa di non aver rispettato gli accordi contrattuali, di essersi presentata tardi al party e per questo di aver rovinato la serata.
Ruby si difende, dice che il parrucchiere e l’estetista attesi per le 20.30 si sono presentati un’ora dopo come la limousine, arrivata a prenderla in albergo solo alle 23.30.
I toni si fanno accesi.
Chicco, il bodyguard della ragazza marocchina, chiama i carabinieri.
Brandolino nel frattempo si sente male e chiama il 118”.
Quando i sanitari arriveranno lo troveranno in grande stato di agitazione.
I carabinieri, invece, verificheranno che è in atto una lite per questioni economiche, e inviteranno le parti a sporgere querela.
Ma stando a quanto dichiarato dal comandante provinciale dei carabinieri di Lecce, Maurizio Ferla, al momento nessuno l’ha presentata.
“A quel punto Ruby, Chicco ed io decidiamo di andar via”, prosegue Baratto. “Faceva freddo e non avevamo un mezzo per tornare in albergo. Per strada abbiamo incontrato un ragazzo gentilissimo che si è offerto di darci un passaggio. In hotel abbiamo fatto le valigie e da lì ci siamo andati in aeroporto a Brindisi da dove siamo ripartiti. Brandolino non ha rispettato gli accordi presi, a me deve 1500 euro, come stabilito nel contratto scritto in cui sono definiti i termini del mio lavoro. Solo questa mattina mi ha telefonato dicendomi che in settimana sicuramente mi salderà  con bonifico bancario”.
Brandolino, di suo, respinge le accuse: “Le cose non sono andate come sembra. Non ho pagato Ruby solo perchè mi ha offeso, ma non c’era da parte mia alcuna intenzione di non attendere agli impegni presi”.

Alessandra Bianco
(da “Il Corriere del Mezzogiorno”)

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I SINDACATI DI POLIZIA “STANANO” BERLUSCONI AD ARCORE: IL PREMIER ESCE TRA I FISCHI, PROMETTE AUMENTI, MA POI DICE: “PRIMA DOBBIAMO TROVARE I SOLDI”

Marzo 15th, 2011 Riccardo Fucile

DI FRONTE ALL’ENNESIMA PROTESTA DAVANTI ALLA SUA VILLA, IL PREMIER STAVOLTA ESCE PER INCONTRARE I SINDACATI DI POLIZIA CHE CHIEDONO UN MINIMO AUMENTO PROMESSO DA DUE ANNI… “STANZIEREMO LE RISORSE, MA PRIMA DOBBIAMO CERCARE I QUATTRINI”: NULLA DI NUOVO SOTTO IL SOLE

Arcore, sindacati di polizia protestano. Berlusconi: “Vi prometto gli aumenti”
Alla fine il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è uscito dalla sua villa ad Arcore per incontrare i sindacati di Polizia che protestavano davanti alla sua residenza contro i tagli del governo al comparto sicurezza.
Berlusconi si è impegnato con i rappresentanti dei poliziotti per stanziare le risorse richieste nel prossimo Consiglio dei ministri in programma il 23 marzo.
“Vi prometto gli aumenti”, queste le parole del premier.
“Avete il mio impegno, questa cosa la faccio — ha dichiarato il Cav — ma la voglio fare non in modo traumatico, ma con il consenso e quindi al prossimo Consiglio dei ministri presenterò questo progetto che sia io, sia il ministro Maroni, sia il ministro La Russa, siamo assolutamente intenzionati a far passare”.
Il governo ha ora il problema di andare a trovare i fondi necessari per gli aumenti nel comparto sicurezza. “Speriamo di avere in settimana un incontro definitivo con il ministro Tremonti — afferma Berlusconi — stiamo cercando i soldi da qualche parte nel bilancio”.
Che poi è l’interrogativo che è stato posto dai manifestanti. “So tutto. Lasciatemi qualche giorno di tempo e lo facciamo — e ha concluso — ormai ho un’età  avanzata e non ho mai mancato ad una parola (verrebbe da sgignazzare solo a questa afferamazione n.d.r.). Non volete mica che manchi la parola con le forze dell’ordine che son o quelle che ci devono sostenere più di tutti e che devono collaborare di più con l’esecutivo in questo momento con tutti questi sbarchi”.
Non sono mancati fischi all’indirizzo del premier.
Il Coisp, invece, ha esposto uno striscione con la scritta “Berlusconi dimettiti”.
I sindacati delle sigle Silp ma anche quelli del Corpo Forestale dello Stato e dei Vigili del Fuoco si sono dati appuntamento davanti villa San Martino per protestare contro “il mancato impegno del Governo ad adottare provvedimenti di tutela della specificità  del comparto sicurezza e del soccorso pubblico e per ricordare al Presidente del Consiglio che il nostro Paese ha bisogno di provvedimenti che rafforzino e non indeboliscano la Sicurezza e che gli operatori impegnati in questo delicato settore meritano rispetto per il loro difficile e rischioso compito”.
“Dall’approvazione della manovra finanziaria, nell’agosto del 2010 — spiegano gli organizzatori della manifestazione in una nota congiunta — il Governo ha assunto, in svariate occasioni e in modo ufficiale e ufficioso, l’impegno ad adottare provvedimenti di tutela della specificità  del comparto sicurezza e del soccorso pubblico del nostro Paese, ma ognuno di questi impegni è stato puntualmente disatteso. Agli occhi di questi operatori, che ottengono risultati importanti in condizioni organizzative spesso proibitive, il Governo ha esaurito la sua credibilità . Lo scaricabarile tra i diversi ministeri sulle responsabilità  di questo comportamento,e la recente promessa pubblica del Presidente del Consiglio di accogliere al 99,99 per cento le richieste degli operatori, immediatamente smentita al primo consiglio dei ministri, rendono la situazione, mutuando una nota citazione, grave ma non seria”.

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CSM: CHIESTA LA DECANDENZA DEL LEGHISTA BRIGANDI’: AMMINISTRA UNA SOCIETA’ DELLA LEGA

Marzo 15th, 2011 Riccardo Fucile

PASTICCIO LEGHISTA: LA COMMISSIONE DI VERIFICA DEL CSM HA CHIESTO AL PLENUM L’ESCLUSIONE DEL CONSIGLIERE PER UN PROBLEMA DI INCOMPATIBILITA’ NON DICHIARATO AL MOMENTO DELL’ELEZIONE

Il Consiglio superiore della magistratura dichiari la decadenza del laico Matteo Brigandì dalla carica di consigliere per non aver comunicato all’atto dell’elezione, di essere amministratore di una società  legata alla Lega nonostante fosse una causa di incompatibilità .
E’ la richiesta della Commissione verifica titoli di Palazzo dei marescialli, su cui ora si dovrà  pronunciare il plenum del Csm.
La decisione è passata con il voto contrario del laico del Pdl Nicolò Zanon.
A favore hanno votato invece il presidente Nello Nappi (Movimento per la giustizia) e il togato di Magistratura Indipendente Tommaso Virga.
Brigandì era stato ascoltato due volte dalla Commissione; e la sua tesi era stata che la società  in questione, la Fin Group – dalla quale ha lasciato intanto ogni incarico – non ha scopi economici, mentre la legge sull’incompatibilità  dei consiglieri del Csm fa riferimento ai consigli di amministrazione di società .
Tesi rigettata dagli altri componenti della Commissione.
Su questa vicenda, la procura di Roma ha aperto un’indagine per falso a carico del consigliere e lo ha messo sotto inchiesta anche per la pubblicazione da parte del Giornale di atti del Csm su un procedimento disciplinare di venti anni fa a carico del pm di Milano Ilda Boccassini.
Se il plenum dovesse accogliere la richiesta della Commissione, si tratterebbe probabilmente della prima volta che viene dichiarata la decadenza di un consigliere del Csm.
Lascia perplessi che la segreteria nazionale della Lega non si fosse accorta a tempo debito dell’incompatibilità  di Brigandì che peraltro aveva fatto fuoco e fiamme per avere quel posto, quando la Lega pareva invece orientata su altro nominativo da pretendere in quota partito.
Un gran pasticcio insomma con relativa perdita di immagine se Brigandì venisse poi anche condannato per aver sottratto e passato a Sallusti un fascicolo riservato.

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MAFIA, AFFARI E POLITICA IN LOMBARDIA, 35 ARRESTI: CAMPAGNE ELETTORALI ORGANIZZATE E SEGUITE DAI BOSS

Marzo 15th, 2011 Riccardo Fucile

LE TELEFONATE TRA LELE MORA E I BOSS…IL CONTROLLO DEI LOCALI NOTTURNI E DELLA DISTRIBUZIONE DELLA TNT… GLI APPOGGI ELETTORALI A CERTI CANDIDATI, UN BOSS SOCIO DEL TESORIERE LOMBARDO DEL PDL, AVVOCATO DI MORA E RUBY

Campagne elettorali organizzate e seguite dai boss.
Il controllo dei locali notturni, della distribuzione della Tnt (ex Traco) e soprattutto continue telefonate tra Paolo Martino, il capobastone inviato dalle ‘ndrine in Lombardia per gestire i business più importanti, e Lele Mora (non indagato), il manager accusato di sfruttamento della prostituzione per aver portato decine di ragazze ad Arcore.
Sono alcuni degli aspetti evidenziati dalla nuova inchiesta su mafia politica e affari al nord che questa mattina mattina ha fatto scattare le manette ai polsi di 35 persone.
Tutti uomini che avevano avevano come punti di riferimento i tre boss Pepè Flachi, Paolo Martino e Giuseppe Romeo.
L’operazione   è stata condotta dal nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano, dei Carabinieri del Ros, in collaborazione con la Polizia locale. E sono stati sequestrati anche beni per due milioni di euro.
Le ordinanze di custodia cautelare sono state disposte dal gip Giuseppe Gennari su richiesta della dda milanese.
Gli arrestati sono indagati per associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, minacce, smaltimento illecito di rifiuti e spaccio di sostanze stupefacenti.
L’operazione è coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini, insieme ai pm Alessandra Dolci, Paolo Storari e Galileo Proietto.
E spiega bene anche perchè proprio Ilda Boccassini si sia occupata del caso Ruby, la minorenne marocchina che, secondo l’accusa, si è prostituita con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Il boss Martino, secondo gli investigatori, era di fatto socio di Luca Giuliante (non indagato), tesoriere del Pdl lombardo, avvocato di Mora, del presidente della regione, Roberto Formigoni e anche di Karima El Mahroug, meglio conosciuta come Ruby Rubacuori.
Agli atti ci sono telefonate in cui Giuliante si occupa di una gara d’appalto a cui era interessata la   famiglia di costruttori calabresi Mucciola.
Dalle carte emerge una spaventosa capacità  dell’organizzazione criminale d’infiltrarsi nelle realtà  economiche e politiche milanesi.
Secondo gli investigatori la famiglia del celebre boss Pepè Flachi avrebbe seguito l’ultima campagna elettorale del consigliere regionale Pdl Antonella Majolo, sorella delle più celebre Tiziana, già  assessore comunale a Milano.
Giuliante racconta al cronista de Il Giornale la sua versione sui contenuti delle sue telefonate con Paolo Martino: ”E’ un episodio, se ben ricordo, che risale a due anni fa. Questo Martino mi venne presentato da Lele Mora, che era in contatto con lui per l’organizzazione di alcune serate in Calabria. All’epoca facevo parte della commissione aggiudicatrice di un appalto per l’allargamento del Pio Albergo Trivulzio. Martino mi venne a trovare chiedendomi se potevo fare qualcosa per agevolare una azienda a lui vicina. Io lo ricevetti e con estrema cortesia gli spiegai che non potevo fare assolutamente nulla, anche perchè la gara d’appalto era già  stata chiusa”.
La ‘Ndrangheta gestiva anche i servizi di distribuzione per la Lombardia della Tnt (ex Traco), società  che si occupa anche della consegna di pacchi e posta. Secondo il provvedimento del giudice, la Tnt aveva dato in subappalto a consorzi e cooperative di trasporto (con proprietà  dei camion) i servizi di recapito di plichi. Ed è proprio di questi servizi che la ‘Ndrangheta avrebbe assunto il controllo, secondo l’inchiesta della dda, da almeno due anni; anche se da alcune intercettazioni tra Pepe Flachi con il figlio emerge che la criminalità  organizzata ha infiltrazioni da almeno un ventennio nella società  di spedizione e consegne pacchi in Lombardia.
Le riunioni tra Martino e la famiglia Flachi avvenivano in un ufficio dell’istituto ortopedico Galeazzi, dove due capisala calabresi si preoccupavano che i vertici di mafia avvenissero lontano da occhi indiscreti.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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INGROIA NON CI STA ALLE CRITICHE: “HO DIRITTO A CRITICARE LA RIFORMA, CI FU LA STESSA INTOLLERANZA CON BORSELLINO”

Marzo 15th, 2011 Riccardo Fucile

ATTACCATO DAL GOVERNO PER AVER PARTECIPATO AL C-DAY, IL MAGISTRATO ANTIMAFIA CONTRATTACCA: “VOGLIONO GETTARE FANGO SU CHI NON LA PENSA COME LORO”…L’INTERVISTA AL PROCURATORE AGGIUNTO DI PALERMO

“La magistratura non vuole sostituirsi al potere legislativo — dice il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia — ma nel rispetto del potere legislativo un magistrato può esprimere il suo punto di vista tecnico su scelte che rischiano di essere uno strappo rispetto ai principi fondanti dell’assetto costituzionale della giustizia e ai diritti fondamentali dei cittadini”.
Qualcuno, senza toni polemici, rileva però il rischio che l’italiano medio possa restare disorientato rispetto ad alcune prese di posizione pubbliche dei magistrati nel dibattito politico. Cosa ne pensa?
“Non vedo affatto questo disorientamento, ma un desiderio diffuso di capire e sentire pareri diversi. Poi, ci sono gli italiani, e sono tanti, vittime di una disinformazione massiccia. La stessa che anni fa attaccò Paolo Borsellino, quando fece una denuncia pubblica sul calo di tensione nella lotta alla mafia. Era una denuncia che investiva contemporaneamente la politica e la magistratura. L’attacco fu non sui contenuti che Borsellino esprimeva, ma direttamente alla sua persona. Oggi, vedo la stessa intolleranza. Certo, con uno spiegamento di uomini e mezzi molto più massiccio”.
Il Giornale le ha dedicato il titolo di apertura: “Questo magistrato deve dimettersi. Il pm Ingroia getta la maschera e attacca il governo in piazza”.
“Già  in passato ho avuto modo di sentirmi diffamato, mi sono rivolto alle vie legali e ho avuto soddisfazione. Anche questa volta, vedo un intento denigratorio. Darò mandato ai miei legali di valutare i presupposti per un’azione legale”.
Quale significato ha dato alla sua partecipazione al “C-day”?
“Intanto, non era una manifestazione di partito. Era solo un’iniziativa in difesa della Costituzione. Non vedo nulla di strano che un magistrato vi partecipi e dica la sua su un progetto di riforma costituzionale della giustizia”.
Il vicepresidente del Csm, Vietti, si è appellato alla “sobrietà ” dei magistrati. Il suo intervento è stato sobrio?
“Fortemente critico, ma sobrio. Credo di avere il diritto, ma anche il dovere di fare sapere il punto di vista dei magistrati su una questione che riguarda tutti. Non mi sembrano affatto sobri, invece, gli attacchi che gettano fango su chi non la pensa allo stesso modo. Ecco perchè ho apprezzato le parole del ministro della Giustizia, che mostra tolleranza nei confronti delle opinioni diverse”.
Berlusconi parla invece di “dittatura della magistratura”. È una chiusura al dialogo con i magistrati sui temi della riforma?
“Non ci si può abituare a questi attacchi a testa bassa. Il confronto, anche aspro, su un tema così delicato è assolutamente necessario. Spero ancora che il clima possa rasserenarsi, anche se le premesse non sembrano delle migliori”.
Il tema della partecipazione dei magistrati al dibattito politico è argomento di discussione anche all’interno dell’Associazione nazionale magistrati.
“La posizione dell’Anm è abbastanza chiara. Partecipazione non è sintomo di schieramento con questa o quella parte politica. E in passato nelle mie posizioni, come in quelle di altri magistrati, non sono state risparmiate critiche anche a iniziative legislative che venivano da maggioranze diverse da quella attuale. Non ci si può accusare di partigianeria”.
Alla manifestazione del “C-Day” è arrivato anche un messaggio di adesione del presidente dell’Anm, eppure le critiche pesanti sono arrivate solo dopo il suo intervento. Si è fatto un’idea del perchè?
“Io ho detto esattamente le stesse cose degli altri esponenti dell’Anm. Non voglio pensare che ci sia un collegamento con le indagini e i processi di cui mi sto occupando. Se così fosse, saremmo ben al di là  dell’attacco alla magistratura, questa sarebbe una sorta di caccia al pm che viene percepito come minaccioso. Mi auguro davvero che non sia così”.

Salvo Palazzolo
(da “la Repubblica”)

argomento: Berlusconi, Costume, denuncia, Giustizia, governo, PdL, Politica, radici e valori | 1 Commento »

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