Destra di Popolo.net

ANCHE OGGI IL SOLITO DELIRIO DI BERLUSCONI: “MAGISTRATI EVERSIVI, ASSOCIAZIONE A DELINQUERE DEI PM, SINISTRA CRIMINALE”

Aprile 16th, 2011 Riccardo Fucile

LA CORTE COSTITUZIONALE IN MANO AI PM EVERSORI, LA SCUOLA PUBBLICA IN MANO A DOCENTI COMUNISTI…I SUOI REATI SONO BAZZECCOLE, I PROCESSI LO DISTRAGGONO DALLE SUE COSE, CRAXI E’ UN MARTIRE, LUI VIVRA’ 120 ANNI, NELLA VITA PERSONALE DI CERTI PM CI SONO COSE NEGATIVE…NON E’ LUI BASSO, MA GLI ALTRI ALTI E HA PURE UN 25% LESBICO

Anche oggi un delirio, senza più controllo.
Mancava l’invocazione “Santo subito” dalla platea e il quadro della degenerazione della vita politica italiana sarebbe stato completo.
D’altronde ogni pubblico ha il teatrante che merita.
Berlusconi va in analisi al meeting del Popolo della Libertà  “Al servizio degli italiani” svoltosi a Roma e organizzato da Michela Brambilla.
Dopo aver detto che “bisogna strappare Napoli al malgoverno di certi signori” (peccato che fosse a Roma n.d.r.) il premier ha continuato confermando la certezza che “il Pdl vincerà  le prossime elezioni amministrative del 14 e 15 maggio”. Del resto, ha aggiunto Berlusconi, “dal 2008 abbiamo sempre vinto” (infatti capita sempre che chi ha vinto una volta vince sempre n.d.r.)
Il premier si è quindi scagliato contro l’opposizione e la magistratura: “Purtroppo abbiamo a che fare con un’opposizione rimasta la stessa di sempre” (purtroppo lui invece è peggiorato n.d.r.)
Non è mancato un durissimo attacco ai giudici, tra gli applausi della platea, particolarmente forti quando ha nominato “il martirio di Craxi” (notoriamente un sant’uomo n.d.r.): “Bisogna accertare se c’è un’associazione a delinquere dei magistrati. Molti giudici seguono la sinistra e hanno un progetto eversivo, così come l’hanno fatto nel ’93 facendo fuori i socialisti, la Democrazia cristiana, i repubblicani e hanno fatto fuori un leader politico come Bettino Craxi, stanno oggi cercando di farlo con Berlusconi”. (tutta gente onesta n.d.r.)
“E’ chiaro che c’è una parte della magistratura che è eversiva – ha aggiunto Berlusconi – per questo faremo la riforma della giustizia. Serve una commissione d’inchiesta parlamentare per accertare l’esistenza di un’associazione a delinquere a fini eversivi dentro la magistratura. Non possiamo continuare a permettere che la sovranità  appartenga ai pm eversivi della sinistra” (ecco il mandante   dei manifesti di Milano sui magistrati Br n.d.r.)
Berlusconi ha ricordato con la solita modestia che “non sono solo il presidente della storia del calcio che ha vinto di più, il premier che ha presieduto tre G8, che ha governato più a lungo, ma anche il mortale – arriverò a 120 anni, ma sono pur sempre un mortale…, e forse l’alieno più processato e assolto” (facendosi leggi che lo sottraevano ai processi, certo n.d.r.)
Il premier ha parlato poi della prescrizione breve: “Tutte le normative mondiali prevedono differenze tra pregiudicati, recidivi e incensurati. (balla colossale n.d.r.)
Attacchi anche alla Corte Costituzionale: “Da organo di garanzia è diventato un organo politico, sottoposto al volere dei pm di sinistra”.
Silvio Berlusconi liquida come critiche “senza senso del ridicolo” le accuse di danneggiare le famiglie delle vittime di tragedie come il terremoto di L’Aquila o il treno di Viareggio, con la legge sul processo breve. Queste critiche sono “tutte senza senso”: “il processo di Viareggio prevede due reati: il disastro ferroviario si prescrive in 23 anni, cioè fino al 2032. L’omicidio colposo plurimo invece in 34 anni, cioè c’è tempo fino al 2044. Per Cirio e Parmalat, invece, i tempi sono”da 18 anni e qualche mese a 17 anni e qualche mese” (ennesima balla: si prescriveranno in 7,5 e 7 anni n.d.r.)
Ma poi il premier si lascia andare ad una confessione: “In questo provvedimento ci potrebbe essere una norma che forse, forse accorcerebbe un mio processo…” (ma va, davvero? n.d.r.)
“Non sto qui a dire che cose negative ci sono nella storia e nella vita del pm…”, ha aggiunto, adombrando comportamenti personali illeciti dei magistrati che l’accusano (macchina del fango in arrivo n.d.r.)
Il presidente del Consiglio ha quindi liquidato lapidariamente il processo Mills: “E’ eversione!”.
“L’avvocato inglese non è mai stato corrotto, ma ha semplicemente tentato di evadere il fisco inglese. Siccome però “è uno sfigato”, ha aggiunto, è stato coinvolto in una storia giudiziaria che lo ha portato alla condanna”.
Berlusconi   ha successivamente parlato anche dell’architettura istituzionale: “Bisogna cambiarla, perchè il Consiglio dei ministri non ha poteri” (certo, meglio la dittatura di un folle n.d.r.)
Il premier non ha rinunciato alle sue solite battute: “Tutti noi abbiamo una componente omosessuale, del 25 per cento… Solo che io, dopo un approfondito esame, mi sono accorto che la mia è un’omosessualità … lesbica” (confessione che gli piaceva assistere a scene lesbiche durante le serate di bunga bunga? n.d.r.)
Un’altra battuta riguarda l’appellativo di “nano” che gli arriva dai detrattori: “Non è che sono basso, è che il più basso degli uomini della mia scorta è alto 1,95 e quindi voi capite che questo nella foto va a mio detrimento”.
Narciso ha finito il comizio e gli infermieri lo riportano a Palazzo Grazioli.

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IL VICE-BOLLITO

Aprile 16th, 2011 Riccardo Fucile

IL SUCCESSORE DI SILVIO SARA’ ANGELINO JOLIE? CRESCE LO SGOMENTO NELLE FILE BERLUSCONIANE

Ha suscitato comprensibile sgomento nelle file del Pdl l’ipotesi che sia Angelino Jolie, al secolo Alfano, a succedere al Cainano quando verrà  a mancare all’affetto dei suoi cari, ma soprattutto delle sue care.
L’idea che questo allampanato e allampadato avvocaticchio agrigentino possa fare il leader di qualsiasi cosa, foss’anche una bocciofila o una filodrammatica, non può che seminare il panico nel centrodestra e risate omeriche dall’altra parte.
E, siccome l’ha lanciata il Cainano, dà  la misura di quanto questo sia bollito.
Ma anche di quale sia il livello medio della classe dirigente Pdl, se un Alfano qualsiasi passa per il migliore (seconda classificata, per dire, la Gelmini; dal terzo posto in giù, alcune specie di alghe e plancton).
In un paese serio, un partito che avesse fra le sue file un Alfano lo terrebbe ben nascosto, perchè non si sappia in giro.
Questi l’han fatto ministro della Giustizia, ruolo riservato a chi è disposto a tutto, anche a perdere la faccia, dunque è meglio se non ne ha una o l’ha già  persa.
Il tapino manifesta preoccupanti carenze non solo in diritto costituzionale e penale, ma persino in aritmetica elementare.
Tre estati fa, per spiegare l’assoluta urgenza della sua legge bavaglio contro le intercettazioni, comunicò testualmente al Parlamento: “Secondo un mio calcolo empirico non scientifico, è probabilmente intercettata una grandissima parte del Paese. Le persone intercettate in Italia nel 2007 sono state 124.845. Ma poi ciascuna fa o riceve mediamente 30 telefonate al giorno. Così si arriva a 3 milioni di intercettazioni”.
Difficile concentrare una tale densità      di balle in così poche parole. Gli italiani intercettati ogni anno sono circa 6 mila (non “la grandissima parte del Paese”, ma lo 0,001% della popolazione).
Poi è vero che parlano con altri (difficile che uno si telefoni da solo).
Ma è improbabile che ciascun italiano ogni giorno parli in media con 30 persone.
Ed è demenziale pensare che l’indomani parli con altre 30 totalmente diverse da quelle del giorno prima.
Ma soprattutto: che vuol dire “secondo un mio calcolo empirico”?
Il ministero della Giustizia ha un ufficio studi che sforna dati scientifici.
Ma Alfano teme che quelli scientifici smentiscano le baggianate che dice e preferisce usare un suo personalissimo pallottoliere, ovviamente guasto.
Lo stesso che ha consultato l’altro giorno prima di dichiarare al Parlamento che il disastro ferroviario di Viareggio si prescrive nel 2032 e gli omicidi colposi de L’Aquila nel 2044.
Dunque la prescrizione breve non impedirà  di celebrare quei processi: a suo dire, siccome i fatti risalgono rispettivamente al 2010 e al 2009, il disastro colposo si prescriverebbe in 22 anni e l’omicidio colposo plurimo in 35.
In realtà  si prescrivono al massimo in 12 e mezzo e in 19. La metà  di quel che dice Alfano.
Ma, siccome gl’imputati sono incensurati e qualche attenuante spetta loro di diritto, la prescrizione scende a 7 anni e mezzo, che con la prescrizione breve diventano 7.
Ergo bisognerà  chiudere i processi in Cassazione entro il 2016-2017.
Cioè, con buona pace di Alfano, si prescriveranno.
Ora il premier ha designato questo Archimede Pitagorico a spiegare a Napolitano che la prescrizione breve è conforme alla Costituzione.
L’impresa sarebbe titanica già  per un giurista vero, visto che la legge è un concentrato di incostituzionalità  (cambia le regole dei processi già  iniziati e crea una disparità  di trattamento fra le vittime di incensurati e quelle di pregiudicati): figurarsi per questo giurista per caso.
Che sarà  venuto in mente a B. di affidare la lezione sulla costituzionalità  di una legge a un ministro che in due anni se n’è viste radere al suolo due dalla Consulta perchè incostituzionali (“lodo” Alfano e legittimo impedimento)? Forse non ha trovato di meglio.
O forse è davvero convinto che Angelino Jolie sia il meglio.
Del resto, diceva Voltaire, “chiedete al rospo che cos’è la bellezza: vi risponderà  che è la rospa”.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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ALTRO GIRO, ALTRO REGALO: ARRIVA LA “BLOCCA-PROCESSO” PER SALVARE IL PREMIER DAL PROCESSO RUBY

Aprile 16th, 2011 Riccardo Fucile

L’EMENDAMENTO DELLA MAGGIORANZA ERA STATO SCARTATO ALLA CAMERA MA ORA RIEMERGE AL SENATO: “VA SOSPESO PER IL CONFLITTO CAMERA-PM”… ARRIVA CONTAPALLE GASPARRI: “E’ LA PRASSI”, INVECE LA PRASSI E’ TUTTO L’OPPOSTO

L’estate della giustizia, che si preannuncia caldissima, guadagna un’altra norma per tentare di mettere in sicurezza Berlusconi.
Questa volta puntando al “bersaglio grosso”, il processo Ruby.
Vogliono bloccarlo con un articolo semplice: se c’è un conflitto d’attribuzioni, il processo deve fermarsi per forza.
Volevano giocarsela subito alla Camera e infilarla nella prescrizione breve per gli incensurati.
Era già  scritta giovedì 17 marzo, quando il relatore Maurizio Paniz, nuovo astro nascente delle leggine “salva Silvio”, e il capogruppo in commissione Giustizia Enrico Costa, presentano gli emendamenti al processo breve. Tardarono, quel pomeriggio, ad arrivare.
Ci furono riunioni su riunioni. Telefonate frenetiche.
Adesso se ne capisce il motivo.
Oltre alla prescrizione scontata, nel pacchetto doveva esserci anche un altro articolo, poche righe, per stabilire una nuova regola.
Questa: il giudice è obbligato a sospendere il processo se sul suo tavolo arriva un conflitto di attribuzioni.
Leggi: il tribunale di Milano “deve” fermare il dibattimento Ruby nel momento in cui la Camera si rivolge alla Consulta.
Un intervento sull’articolo 37 della legge 87 del ’53, quella che disciplina la vita della Consulta. Il gioco è fatto. Il Rubygate si congela per mesi e mesi.
A stoppare Paniz e Costa sono state due questioni.
Una tecnica e una politica.
La prima: la (quasi) certezza che la coppia Fini-Bongiorno avrebbe bloccato l’emendamento come inammissibile per estraneità  alla materia.
La seconda, dirimente:il timore che la mossa avrebbe finito per bloccare il conflitto stesso, che in quel momento doveva essere ancora votato (lo sarà  solo il 5 aprile).
I berlusconiani hanno rinunciato a giocarsi la carta della blocca-Ruby? Niente affatto.
Lo scopre il Sole-24 ore, che trova traccia dell’emendamento, questa volta pronto per rispuntare al Senato.
Il conflitto di attribuzione ormai è sulla via di arrivare alla Corte, l’avvocato Roberto Nania, incaricato dalla Camera, ne sta scrivendo il testo; il processo Ruby è in calendario per il 31 maggio; la prescrizione breve ha già  superato la prima prova; ora si può sfidare l’opposizione con un’altra norma.
Per certo non andrà  nel ddl sulla prescrizione.
Quello resterà  identico alla versione della Camera. Chiuso a qualsiasi miglioria anche se fosse suggerita (ma non lo sarà ) dal Quirinale.
Avanti fino al sì. E in caso di stop del Colle è “certo” un nuovo voto.
La norma blocca-Ruby vogliono piazzarla nel “processo lungo”.
Già  votato in commissione Giustizia, pronto per l’aula di palazzo Madama. Anche lì hanno ripescato l’armamentario caro ai giuristi del Cavaliere.
Una norma per allargare le maglie delle difese, non “potare” le liste dei testi e le prove a discarico.
Un’altra per tenere fuori le sentenze passate in giudicato e far perdere tempo ricercando le stesse prove.
Se ne farà  carico Franco Mugnai che già  ha “sporcato” il ddl Lussana sul divieto di accedere al rito abbreviato per i reati da ergastolo.
Di quello originario della Camera sono rimaste due righe, il resto è solo il “processo lungo”.
Lì finirà  anche, con una modifica per l’aula, la norma blocca-Ruby, configurata in modo tranchant: il giudice ferma “subito” in processo non appena arriva il conflitto, senza attendere neppure la pronuncia di ammissibilità  della Consulta.
Le menti giuridiche di Berlusconi la giustificano come un tributo al principio della parità  tra le parti: se il processo si ferma quando è il giudice a rivolgersi alla Consulta, del pari ciò deve accadere se il Parlamento interviene per l’imputato.
Teoria che fa acqua, perchè il giudice per legge è il dominus del processo.
Gasparri e Quagliariello, i capi del Pdl al Senato, si schermiscono sulla blocca-Ruby.
Dice il primo: “Mi auguro che non ci sia bisogno di un emendamento: è prassi che un processo si sospenda se c’è un conflitto di attribuzione”.
Non è affatto così. I processi vanno sempre avanti.
Mastella, Matteoli, anche Abu Omar.
L’opposizione è incredula.
Antonio Di Pietro parla di ipotesi “vergognosa”. Massimo Donadi e Luigi Li Gotti sono inviperiti.
Il primo: “Stiamo per passare dalla Repubblica parlamentare alla satrapia”. Il secondo: “È possibile che una banda di cialtroni possa cambiare le norme che infastidiscono il sultano?”.
La Pd Donatella Ferranti: “L’arroganza dei berlusconiani non ha limiti”.
Il finiano Nino Lo Presti: “È una vergogna nazionale, così svelano il vero scopo del conflitto di attribuzioni”.
Proprio così. Ci hanno girato intorno.
Hanno raccontato che era una mossa di civiltà  contro lo strapotere dei giudici. Ma l’obiettivo era un’altra “salva Silvio”.

Liana Milella
(da “La Repubblica“)

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“NON RINCHIUDERTI PARTITO NELLE TUE STANZE, RESTA AMICO DEI RAGAZZI DI STRADA”

Aprile 16th, 2011 Riccardo Fucile

EFFETTO PENNACCHI IN PUGLIA, A NARDO’ NASCE IL “POLO NERETINO” CONTRO LE CRICCHE DEGLI AFFARISTI E PER IL BENE DELLA CITTA’…I GIOVANI DI DESTRA DI “PIAZZA PULITA PER NARDO”, IDV E PD INSIEME CONTRO I VECCHI SCHEMI…AUTONOMIA, LEGALITA’ E PASSIONE A FIANCO DEL POPOLO

Un polo trasversale per il bene della città  e contro cricche ed affaristi.
Anche in Salento, a Nardò, alle prossime amministrative si assisterà  ad una sperimentazione, con una coalizione chiamata Polo Neretino, al cui interno vi è una lista civica Piazza pulita per Nardò (composta da elementi di Azione Giovani) accanto a Pd e Ivd: uniti per le esigenze del territorio ed oltre vecchi schemi.
Nella lista è presente Azione Giovani, movimento giovanile eretico, ribelle, “orfano di padre politico”.
Che ha deciso di abbandonare i riferimenti locali di An prima e di Pdl poi, per fare “la nostra politica, rigorosamente autofinanziata e libera”.
Un movimento che negli ultimi anni ha portato avanti numerose battaglie.
Come l’aver sostenuto Le radici ca tieni del gruppo reggae salentino Sud Sound System ad Atreju, festa nazionale di Azione Giovani; per aver ideato manifesti di un noto calciatore di colore con addosso la maglia della nazionale, accompagnandolo con lo slogan “un movimento per chi ha l’Italia nel cuore!”.
Senza dimenticare il viso di Giovanni Falcone ripreso come icona Pop in contraltare al murales ritraente Matteo Messina Denaro; e l’immagine di Paolo Borsellino in versione Che, così come spesso appare su bandiere e magliette.
E poi Peppino Impastato, icona dell’antimafia di sinistra, raffigurato in un manifesto, con sotto la celebre massima del poeta cubofuturista russo, Vladimir Majakovsij: “Non rinchiuderti partito nelle tue stanze, resta amico dei ragazzi di strada”.
Un cammino verso le elezioni amministrative caratterizzato dalla profonda indipendenza, rivendica Pippi Mellone, ma anche dall’autonomia, dalla legalità  e della passione.
Un nome, Polo Neretino, che significa più di una semplice sigla elettorale, perchè intende racchiudere in un unico concetto i valori di aggregazione e trasversalità  come dimostrato dal fatto che ne fanno parte neritini di centro, di centro-sinistra e di centro-destra, comprese componenti provenienti da Azione Giovani.
Un progetto che si caratterizza per una forte discontinuità  rispetto ad esperienze passate, con in lista gli stessi individui che in passato, ad esempio, avevano chiesto maggiore trasparenza sul bilancio ed una diversa gestione della macchina amministrativa e dirigenziale.
Sono stati proprio questi temi a rappresentare la prima occasione di incontro tra la coalizione delle civiche ed il Pd.

(da “Il Futurista”)

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“SMETTIAMOLA CON LA RISSA CONTINUA: L’ITALIA HA BISOGNO DI UNA NUOVA STAGIONE POLITICA E ISTITUZIONALE”

Aprile 16th, 2011 Riccardo Fucile

IL TESTO DELLA PROPOSTA BIPARTISAN DI PISANU E VELTRONI PUBBLICATA SUL “CORRIERE DELLA SERA”…”PRENDIAMO ESEMPIO DAI PADRI COSTITUENTI”

Caro Direttore,
l’Italia ha bisogno di una nuova stagione politica e istituzionale.
La immensa partecipazione dei cittadini alle celebrazioni del 17 marzo, con tanta forza volute dal presidente Napolitano, ha testimoniato, ancora una volta, delle grandi virtù civili del nostro Paese.
E delle straordinarie risorse che sono racchiuse nel nostro patrimonio di storia, cultura, capacità  imprenditoriali e di lavoro, spirito creativo e solidarietà : c’è un’Italia possibile la cui affermazione e crescita, al di là  delle differenze, dovrebbero essere l’obiettivo di ogni parte politica.
La nazione al primo posto: non è in fondo proprio questo il messaggio che viene dai momenti migliori della storia unitaria?
Così fu nel Risorgimento, nella Prima guerra mondiale e poi nella Resistenza e nell’Assemblea Costituente; così è stato negli anni duri del terrorismo, delle stragi e delle minacce alla democrazia.
Uniti pur nella diversità  delle idee e delle posizioni politiche.
Uniti sulle regole del gioco, sul rispetto degli avversari, sulla difesa di tutte le forme, ossigeno puro, di pluralismo dei poteri e dei saperi.
Distinti sulle culture di riferimento, sui programmi per governare la società  aperta, sulle politiche di sviluppo.
Così è negli altri Paesi occidentali. Così non è nel nostro.
Scriviamo queste parole, uomini di diverse convinzioni politiche, solo perchè mossi dalla comune, angosciata constatazione di un rapido e generale declino del nostro Paese.
Non si può restare inerti e silenziosi quando si vede il Parlamento ridursi a teatro di manifestazioni indegne; l’equilibrio dei poteri democratici vacillare quotidianamente; lo spirito pubblico spegnersi nella corruzione dilagante e perfino nel disconoscimento dell’unità  nazionale e dell’Unione europea.
E tutto questo mentre la società  italiana è sottoposta a tensioni molteplici che richiederebbero ben altre risposte per promuovere la crescita economica e l’equità  sociale.
Altro che scontri e risse.
Le forze politiche hanno il dovere di mobilitare le energie migliori al servizio del bene comune, specialmente in momenti eccezionali come questo: la guerra alle porte di casa e l’instabilità  che si diffonde in tutta l’area mediterranea; la crisi finanziaria di importanti economie europee che può contagiare anche la nostra; l’ampliarsi dello storico divario Nord-Sud e dell’iniqua disuguaglianza giovani-adulti; l’apprensione che cresce nel mondo del lavoro, nelle famiglie e nelle imprese; il degrado ambientale che mette a repentaglio campagne e centri urbani; la drammatica evoluzione dei flussi migratori che esige risposte razionali di respiro europeo, non disprezzo e demagogia.
Continuando così l’Italia si sfascia sotto i colpi dei personalismi, delle radicalizzazioni estreme e dei conservatorismi rassicuranti ma ciechi.
Troppo a lungo si è governato il nostro Paese «contro» qualcuno e qualcosa. E se questo era storicamente comprensibile negli anni della guerra fredda, oggi appare grottesco.
Bisogna dunque creare le condizioni politiche e istituzionali perchè si torni al confronto positivo sui veri problemi degli italiani.
I problemi non sono ideologie, sono fatti, solo fatti sui quali deve svilupparsi la competizione democratica: vince chi indica la soluzione migliore. In questo modo i singoli partiti troveranno motivazioni più giuste e comprensibili per confermare o rivedere le loro alleanze e, in definitiva, per ricostruire su basi più solide il sistema politico italiano, dando vita finalmente ad una democrazia matura dell’alternanza.
Non vogliamo dunque tornare a formule pur meritorie del passato, ma aprire una nuova fase della vita repubblicana e spalancare ai giovani le porte della politica.
La nostra stella polare è la Costituzione.
Perchè essa è l’espressione più alta dell’unità  degli italiani, l’incarnazione meglio riuscita del mito democratico, come diceva Pietro Scoppola, in forme storicamente definite e proprio per questo perfettibili.
Ma se i padri costituenti l’hanno scritta tutti insieme, anche noi, figli e nipoti, dobbiamo tutti insieme adeguarla ai tempi che vengono, mantenendo intatta la sua forza unitiva.
Solo con questo spirito possiamo uscire dalla stretta soffocante del bipolarismo immaturo e litigioso, per costruirne uno più avanzato di tipo europeo.
Altrimenti le elezioni anticipate diventano il solo, estremo rimedio.
Tuttavia noi paventiamo il rischio, in ragione del clima politico e della legge elettorale, che esse si risolvano in uno scontro frontale dagli esiti imprevedibili e tra schieramenti costruiti più sulla contrapposizione che sulla proposta. Pensiamo invece che sia necessario un periodo di decantazione, di rasserenamento del Paese, di operosa sintonia con le attese degli italiani.
Perciò un nuovo governo, che nascesse da un ampio ed esauriente confronto parlamentare, potrebbe porre mano alle emergenze in corso, riformare la legge elettorale e consentire poi ai cittadini di scegliere tra proposte alternative di governo, proposte non «contro» qualcuno ma «per» l’Italia.
Dopo venti anni di bassa crescita e paralizzanti contrasti, è giunto il tempo di voltare pagina e segnare una netta discontinuità  con la fase attuale. Dobbiamo far nascere un nuovo clima di dialogo fra visioni e indirizzi programmatici differenti. Uniti sui valori fondanti e sulle regole del gioco, divisi sul resto.
Così funzionano le grandi democrazie.
Così l’Italia ha superato i suoi momenti più aspri ed è diventata la nazione che insieme abbiamo celebrato, con l’orgoglio di essere figli di una storia e di una identità  uniche al mondo.

Giuseppe Pisanu e Walter Veltroni
senatore PdL e deputato Pd

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THYSSEN, FU OMICIDIO VOLONTARIO: SENTENZA STORICA A TORINO, PESANTE CONDANNA A 16 ANNI PER ESPENHAHAN

Aprile 16th, 2011 Riccardo Fucile

NEL ROGO MORIRONO SETTE OPERAI, ACCOLTE LE RICHIESTE DELL’ACCUSA…FU UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA, CAUSATA DALLA COLPEVOLE OMISSIONE DELLE MISURE DI SICUREZZA ALL’INTERNO DI UNO STABILIMENTO IN VIA DI DISMISSIONE

Non appena risuona la parola “colpevole”, i parenti delle sette vittime della strage della Thyssen Krupp trattengono a stento un moto di gioia.
Poi, con il passare dei minuti, non trattengono più le lacrime.
Fino a che un padre, sopraffatto dall’emozione, non viene adagiato su una barella.
Non hanno perso un’udienza e non potevano certo mancare alla lettura della sentenza che, seppure niente e nulla potrà  mai ripagare il dolore di una morte, li premia.
Un verdetto pesantissimo quello della Corte d’Assise di Torino, che accoglie in pieno (e anche oltre) tutte le richieste dell’accusa.
Harald Espenhahan, amministratore delegato della Thyssen Krupp Italia, è stato condannato a sedici anni e sei mesi di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale.
È la prima volta che un Tribunale riconosce un reato così grave per “incidente” sul lavoro.
Tredici anni e sei mesi ai dirigenti Gerald Priegnitz e Marco Pucci, al direttore dello stabilimento torinese Raffaele Salerno e al responsabile sicurezza Cosimo Cafueri, imputati di omicidio colposo con colpa cosciente; 10 anni e dieci mesi (l’unica pena superiore alle richieste della pubblica accusa) al dirigente Daniele Moroni.
E’ da poco passata l’una del 6 dicembre 2007, quando, sulla linea 5 dell’acciaieria di corso Regina Margherita, si sviluppa un principio d’incendio. Antonio Schiavone, 36 anni e tre figli, si china per tentare di spegnerlo; improvvisamente cede un tubo, fuoriesce una gran quantità  d’olio che provoca un’esplosione.
Schiavone muore sul colpo.
Dietro di lui sei compagni di lavoro vengono travolti dalle fiamme.
L’ottavo componente della squadra, Antonio Boccuzzi, oggi parlamentare del Pd, riesce miracolosamente a scampare.
Sei ore dopo l’esplosione muore Roberto Scola, 32 anni e due figli, giunto al reparto grandi ustionati del Cto di Torino pienamente cosciente.
Il cuore di Angelo Laurino, 43 anni e due figli, si ferma all’Ospedale San Giovanni Bosco il pomeriggio del 6 dicembre. Bruno Santino muore di sera; aveva 26 anni e della fabbrica non ne poteva più e di lì a poco si sarebbe licenziato per aprire un bar con la fidanzata ventunenne.
La Torino post olimpica, d’un tratto, scopre che gli operai esistono ancora. E che muoiono sul lavoro.
Il 16 dicembre 2007 la città  accompagna in duomo i funerali delle prime quattro vittime, poche ore prima che, in una stanza delle Mollinette, finisca la lotta di Rocco Marzo, 54 anni e due figli, il più anziano (sarebbe andato in pensione dopo poche settimane) del gruppo.
Tre giorni dopo, il 19 dicembre, muore anche Rosario Rodinò, 26 anni, stessa età  di Giuseppe Demasi, che resiste fino al 30 dicembre.
Sette morti, una strage mai vista.
Il verdetto della Corte d’Assise di Torino arriva dopo un processo celebrato a tempo di record, tre anni e cinque mesi dopo quella notte maledetta.
Indagini chiuse il 23 febbraio 2008, un primo risarcimento record di 12 milioni e 970 mila euro da parte della Thyssen-Krupp alle famiglie delle vittime (giugno) poi l’udienza preliminare e il rinvio a giudizio (novembre), quindi il dibattimento iniziato a gennaio 2009 e conclusosi ieri.
Ottanta udienze spesso concitate in cui non sono mancati colpi di scena, su tutti l’indagine parallela a carico di una decina di persone che, “avvicinate” dall’azienda, avrebbero dichiarato il falso in dibattimento.
Secondo l’accusa il rogo della Thyssen Krupp fu una “tragedia annunciata”, causata dalla colpevole omissione di adeguate misure di sicurezza all’interno di uno stabilimento in via di dismissione: sistemi di rilevazione incendi assenti, estintori vuoti o malfunzionanti, carenza di manutenzione, sporcizia e, soprattutto, quell’email firmata Harald Espenhahan in cui l’amministratore delegato dichiarava il dirottamento di un investimento di 800 mila euro (sollecitato dalle assicurazioni nel 2006 dopo un analogo incendio nello stabilimento tedesco di Krefeld) “from Turin”, cioè non a Torino, ma a Terni, dove la linea 5 avrebbe dovuto essere smontata e trasferita (nonostante il picco di produzione raggiunto appena due mesi prima della strage).
Per i pubblici ministeri Guariniello, Longo e Traverso “from Turin” era la pistola fumante, motivo dell’imputazione di omicidio volontario con dolo eventuale a carico di Espenhahan, che avrebbe coscientemente risparmiato sulla sicurezza accettando il rischio di incidenti anche gravi.
Secondo i difensori — tra cui spiccava l’avvocato Franco Coppi, già  legale di Giulio Andreotti — l’imputazione di omicidio volontario era “obbrobriosa”, formulata dalla Procura “in modo frettoloso sull’onda dell’emozione”, addirittura un “processo politico” contro “la fabbrica dei tedeschi” (dal titolo del documentario di Mimmo Calopresti).
Secondo la difesa l’azienda non trascurò la sicurezza degli operai, cercando in qualche modo — pur dichiarando di volerlo evitare a tutti i costi — di addossare ai lavoratori la responsabilità  di quanto accaduto.
La Corte d’Assise di Torino non ci ha creduto.

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SONDAGGIO ELEZIONI COMUNALI A BOLOGNA: CROLLA IL PDL DAL 25% AL 16%, IL CANDIDATO DEL CENTROSINISTRA SI AVVICINA AL 51%, IL TERZO POLO INTORNO AL 10%

Aprile 16th, 2011 Riccardo Fucile

TRA GLI ALTRI PARTITI, STABILE IL PD, CRESCE LA LEGA MA NON RECUPERA I VOTI PERSI DAL PDL…PERDONO QUALCHE PUNTO I GRILLINI E L’IDV, CRESCE IL TERZO POLO

Virginio Merola lotta per vincere al primo turno, “in bilico” nel nuovo sondaggio Ipr Marketing attorno al 51%.
Dietro di lui, ma molto staccato, Manes Bernardini per il centrodestra si piazza secondo al 33% e Stefano Aldrovandi, civico sostenuto dal Terzo polo, ha una forbice tra l’8% e il 10%.
Tra i partiti risulta in crollo il Pdl, con un 16% che rappresenta quasi dieci punti in meno rispetto alle ultime regionali.
Sorpasso del Carroccio,   che sale al 16,5%, ma non recupera la percentuale persa dal Pdl.
A un mese dal voto, la fotografia scattata da Ipr Marketing , non scioglie del tutto le riserve.
“Esiste comunque una “forchetta” nei risultati dei sondaggi – spiega il direttore di Ipr marketing, Antonio Noto – quindi anche se il risultato è 51% per Merola questo significa che le percentuali oscillano tra 49 e 53%”.
Tra i sondaggi in circolazione in questi giorni infatti ce n’è anche uno che colloca Merola in una forbice poco sotto il 50%.
Con la rilevazione effettuata tra sabato e lunedì, su un campione di 1.000 elettori selezionati per età , sesso e residenza e poi elaborati col sistema Cati, Ipr Marketing ha “scattato una fotografia della situazione a un mese dal voto”, precisa Noto.
Cioè si dà  ai candidati la “griglia di partenza” prima della corsa finale all’ultima preferenza.
Il Pd mantiene più o meno il suo ultimo risultato, con un calo contenuto (38% contro 39,9% del 2009 e 40,97% delle ultime regionali) quindi la possibilità  di passare al primo turno di Virginio Merola sono legate a doppio filo alla performance della lista di Amelia Frascaroli.
Il sondaggio Ipr le attribuisce un 7% ben oltre l’Idv (il partito di Di Pietro fermo al 4%, aveva alle regionali di due anni fa il 7,3%) superiore anche alla somma dei partiti che appoggiano la “primarista”.
Stabile la Federazione della sinistra che passa dall’1,8% del 2009 all’1% di questo sondaggio.
“Più i partiti sono piccoli e i numeri sono bassi, più è difficile calcolare la “forchetta” – dice Noto – più i numeri sono alti e maggiore è l’oscillazione”. Questa tendenza sarebbe confermata da rilevazioni nazionali dei partiti della coalizione.
Alle prossime elezioni mancano all’appello anche le liste di Bologna Città  Libera di Valerio Monteventi e la lista civica Pasquino per Bologna, un 4% di voti sempre concentrati a sinistra.
Sempre più ago della bilancia i “grillini” del Movimento 5 stelle, che non eguagliano però la performance delle ultime regionali, quando Giovanni Favia portò a casa il 9,3% a Bologna.
Oggi il candidato “debuttante” Massimo Bugani può contare sul 5,5% degli intervistati da Ipr Marketing, piazzandosi comunque quarto e con il 2% in più rispetto alle ultime amministrative.
Una crescita che “pesca” soprattutto nell’elettorato di centro sinistra e che quindi può mandare Merola al ballottaggio anche per pochissimi voti.
In caso di ballottaggio, secondo questa rilevazione, sarebbe Manes Bernardini a piazzarsi secondo col 33%.
Il partito di Bossi, che esprime anche il candidato sindaco, registra un vero e proprio boom sotto le Due Torri.
Dal’9,6% dello scorso anno alle regionali, il Carroccio vola al 16,5% di oggi, superando anche il Pdl.
Per il partito del premier una brusca frenata, che in questo caso si tradurrebbe anche in un numero molto più basso di consiglieri comunali.
Il Pdl, accreditato di un 16% aveva alle regionali a Bologna città  ottenuto il 24% e alle scorse comunali , diviso in due liste, al 25,5%.
Una perdita di quasi il 10%.
Stefano Aldrovandi, invece, civico sostenuto dal Terzo polo e appoggiato anche dall’ex sindaco Giorgio Guazzaloca,   si ferma all’8%, ma in altre rilevazioni raggiunge una percentuale maggiore, oltre il 10%.
Va considerato che l’Udc qua non raggiungeva il 4% alle scorse regionali.
Ma resta un mese tutto da giocare, la campagna elettorale adesso entra nel vivo.

argomento: Berlusconi, Bossi, Casini, Comune, elezioni, Fini, governo, PD, PdL, Politica | Commenta »

IL MINISTRO ROMANO RESTA INDAGATO PER MAFIA, ALTRO CHE “NESSUNA INCHIESTA IN CORSO”

Aprile 16th, 2011 Riccardo Fucile

E’ INQUISITO A PALERMO PER CONCORSO ESTERNO IN ASSOCIAZIONE MAFIOSA E IL GIP HA ORDINATO L’ACQUISIZIONE DI NUOVE CARTE…IN UN’ALTRA INDAGINE IN CORSO, SAVERIO ROMANO E’ INVECE INDAGATO PER CORRUZIONE AGGRAVATA

La richiesta di archiviazione della Procura per il ministro Saverio Romano, indagato di concorso esterno in associazione mafiosa, non convince il gip Giuliano Castiglia.
Ieri mattina, il giudice avrebbe dovuto decidere, dopo aver sentito avvocati e pubblici ministeri.
Invece, non ha aperto neanche la discussione, e ha chiesto al pm Nino Di Matteo di inviargli nuove carte: sono quelle dell’indagine su mafia e politica che ha portato in carcere l’ex governatore Totò Cuffaro.
Era il 2000 quando il Ros piazzò una cimice nel salotto del boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro: fra i più assidui frequentatori c’era uno dei delfini di Cuffaro, l’ex assessore Mimmo Miceli, anche lui oggi condannato.
In un’intercettazione, Miceli si dava da fare per organizzare un incontro fra Guttadauro e Romano.
Ma l’incontro, poi, non sarebbe avvenuto.
In Procura si fa notare che gli atti dell’inchiesta Guttadauro su Romano erano già  stati inviati.
Il gip vuole invece vedere tutto il fascicolo su mafia e politica.
Ha già  fissato udienza per il 9 giugno.
Intanto, la Procura sta preparando un’altra richiesta per Romano: riguarda l’indagine che lo vede indagato per corruzione aggravata.
I pm chiederanno alla Camera l’utilizzazione di alcune intercettazioni, risalenti al 2004, in cui l’allora deputato Romano parlava con l’avvocato Gianni Lapis, prestanome dei Ciancimino nel business della metanizzazione.
Fra gli argomenti trattati, anche la preparazione del testo della legge 350, che ha previsto per le aziende del gas un abbattimento dell’Iva.

argomento: Berlusconi, Costume, denuncia, Giustizia, governo, mafia, Parlamento | Commenta »

LE MORTI SUL LAVORO IN CRESCITA DEL 25% NEI PRIMI TRE MESI DELL’ANNO

Aprile 16th, 2011 Riccardo Fucile

SONO PASSATE DA 91 A 114, INVERTENDO LA TENDENZA DELL’ANNO PRECEDENTE… DA UNO STUDIO DELLA VEGA ENGINEERING EMERGE CHE LA REGIONE CON PIU’ DECESSI E’ LA LOMBARDIA…SETTORE AGRICOLO E COSTRUZIONI I PIU’ PERICOLOSI

Aumentano nuovamente nei primi tre mesi dell’anno le morti sul lavoro.
Sono infatti 114 i decessi sul lavoro da gennaio a marzo, contro i 91 del primo trimestre 2010.
Lo rileva l’Osservatorio Sicurezza sul lavoro di Vega Engineering che da oltre due decenni lavora nel settore della formazione e della sicurezza.
Si evidenza quindi un’inversione di tendenza rispetto al 2010, anno il quale, secondo gli ultimi dati Inail, aveva visto una flessione dell’1,9% degli infortuni in complesso rispetto al 2009 (da 790 mila casi a 775 mila casi); una flessione del 6,9% degli infortuni mortali (da 1053 a 980).
Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte sono le regioni con più decessi, seguite da Sicilia, Campania e Veneto.
In rapporto al numero di occupati, invece, ad indossare la maglia nera è sempre la Valle D’Aosta.
Milano la provincia maggiormente colpita, seguita da Torino, Catania, Bologna e Napoli.
Nel settore agricolo si è verificato il 35,1% delle morti bianche, seguito da quello delle costruzioni (21,9 % delle vittime).
La fascia d’età  maggiormente a rischio è invece quella che va dai 40 ai 49 anni con 29 vittime (25,7 %del totale).
Dalla ricerca poi emerge che le morti bianche non conoscono spazi vuoti neppure nel fine settimana perchè tra venerdì e domenica viene accertato circa il 30% delle tragedie.
Significativo il dato relativo a come avvengono gli incidenti mortali: il 28,1% sono causati dalla caduta di persone, mentre il 25,4% sono prodotti dallo schiacciamento conseguente ad oggetti caduti dall’alto.

argomento: denuncia, Giustizia, governo, Lavoro, Politica, radici e valori | Commenta »

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