Maggio 4th, 2011 Riccardo Fucile BRUTTA COSA INVECCHIARE MALE…IL PATETICO INTERVENTO DEL PREMIER IERI SERA ALLA CENA DELLA MORATTI CON 1000 DONNE PRESENTI… OGGI LA SOLITA BECERA BATTUTA DEL SENATUR ALLA CAMERA
E’ triste constatare che all’estero siamo ormai considerati come un popolo di imbecilli che si ostina a farsi governare da vecchi maniaci.
Le battute sui costumi puttanieri della nostra classe dirigente ormai non conoscono confini e molti capi di stato si guardano bene persino dal farsi fotografare con certi esponenti del nostro governo.
A tal punto è arrivato il degrado della nostra classe politica, supportata da una corte di miracolati che comprende giornalisti in veste di escort, escort con funzioni politiche, “responsabili” a libro paga” e maitresse travestite da talent scout.
Un governo che potrebbe riunirsi ai giardinetti pubblici, con impermeabile da aprire al momento opportuno, come nella migliore (o peggiore) tradizione della commedia all’italiana.
Come se i peggiori difetti impersonificati da Sordi o da Buzzanca nel cinema del dopoguerra fossero oggi metodo di selezione della classe politica, tra patetico gallismo, maschilismo da harem arabo, mercificazione del sesso, prostituzione politica, scarsa considerazione della donna.
Ho ascoltato personalmente uno che la sa lunga, Luca Barbareschi ( ho la registrazione), sostenere pubblicamente che “non è possibile che uno nomini ministro tutte le sue amanti” (ovviamente riferito a Berlusconi).
Ma anche nelle affermazioni quotidiane, nelle battute, nelle barzellette, emerge il “vecchiume” di una certa concezione del successo, del machismo becero che sembra essere la fissa non solo del premier.
Ieri sera, collegato al telefono con mille donne impegnate a Milano in una cena elettorale per Letizia Moratti, il presidente del Consiglio ha detto: “che disastro perdere occasioni come queste, una cena con mille donne non si può perdere».
Poi si è cimentato in un paio di barzellette, una che ironizza sul fatto che se un terzo delle donne non disdegnerebbero una notte in intimità con lui, i restanti due terzi lo hanno già fatto.
Prendete nota: qui bisognerebbe ridere.
E un’altra nella quale una giovane donna chiede a Berlusconi di invitarla al bunga bunga perchè ” lei presidente è un mito senza età ».
E qui non si sa se piangere o suicidarsi.
Anche perchè non siamo al Bagaglino, ma a una convention politica di livello con un candidato sindaco di una città come Milano, centro economico del Paese.
Nel pomeriggio di oggi è invece andata in onda la recita di Bossi che non ha ottenuto una mazza con la sua mozione patacca smentita dalla Nato, ma ci ha tenuto a ricordare ai giornalisti, mentre stava andando in Aula a votare, che “la Lega ha vinto e ce l’ha sempre duro”.
Altra patetico figurante che non sta neanche in piedi, ma che deve evidentemente contrastare Silvio anche nel campo del becero-maschilismo.
Per la cronaca, i due insieme, supportati dai “responsabili”, sono arrivati appena a 309 voti, ben lontani dai 316 che rappresentano la metà più uno dei deputati e a mille miglia dai 330 annunciati almeno venti volti dal premier.
Come i vecchietti, dopo la partita a briscola alla bocciofila e il giro ai giardinetti adesso potranno ritornare a casa soddisfatti.
Il brodo di dado li aspetta.
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Maggio 4th, 2011 Riccardo Fucile IL TRIBUNALE ORDINA LA CANCELLAZIONE DAL SITO WEB DEL COMUNE VARESOTTO DELL’ARTICOLO IN CUI SI INVITAVA I RESIDENTI A NON AFFITTARE CASE AGLI EXTRACOMUNITARI… PERCHE’ MARONI NON E’ INTERVENUTO?
L’assessore leghista di Gerenzano, Cristiano Borghi, istiga i cittadini italiani a
discriminare gli extracomunitari.
Lo afferma l’ordinanza con cui il giudice Loretta Dorigo ha accolto il ricorso promosso da due associazioni contro lo stesso assessore alla Pubblica istruzione (con delega alla Sicurezza) e contro il Comune della provincia di Varese, guidato da un monocolore della Lega Nord.
Nel ricorso di chiedeva di accertare e dichiarare il carattere discriminatorio di un articolo in cui Borghi scriveva “Chi ama Gerenzano non vende e non affitta agli extracomunitari… Altrimenti avremo il paese invaso da stranieri e avremo sempre più paura a uscire di casa”.
L’articolo era stato pubblicato sul bollettino “Filodiretto coi cittadini” del Comune nel luglio 2009 ed è tuttora online sul sito di Gerenzano.
Nell’ordinanza il giudice scrive che “l’invito a non affittare agli stranieri opera quale istigazione, rivolta ai soggetti di nazionalità italiana, finalizzata a introdurre un fattore distorsivo con funzione discriminatoria nei rapporti giuridici instaurandi con cittadini extracomunitari”.
Di qui l’ordine all’assessore e al Comune di rimuovere l’articolo dal sito web entro dieci giorni dalla notifica del provvedimento.
Sarebbe da chiedersi come mai il ministro degli Interni, così attento a porsi in prima fila a favore di telecamere quando polizia e magistratura catturano un latitante, non sia intervenuto con altrettanto tempismo nei confronti di un atto palesemente razzista, commissariando un comune della sua zona di origine.
O forse nella padagna del magna magna non valgono le regole del vivere civile?
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Maggio 4th, 2011 Riccardo Fucile ESCE DOMANI “QUANDO PARLA GABER, PENSIERI E PROVOCAZIONI PER L’ITALIA DI OGGI” (EDIZIONI CHIARELETTERE), A CURA DI GUIDO HARARI… UNA SELEZIONE DELLE PROVOCAZIONI DI GABER
Secondo me gli italiani e l’Italia hanno sempre avuto un rapporto conflittuale, ma la colpa non è certo dell’Italia, ma degli italiani, che sono sempre stati un popolo indisciplinato, individualista, se vogliamo un po’ anarchico e ribelle, e troppo spesso cialtrone.
Secondo me gli italiani non si sentono per niente italiani, ma quando vanno all’estero, li riconoscono subito.
Secondo me gli italiani sono cattolici e laici, ma anche ai più laici piace la benedizione del papa. Non si sa mai.
Secondo me gli italiani sono poco aggiornati e un po’ confusi, perchè non leggono i giornali. Figuriamoci se li leggessero.
Secondo me non è vero che gli italiani sono antifemministi. Per loro la donna è troppo importante, specialmente la mamma.
Secondo me gli italiani hanno sempre avuto come modello i russi e gli americani. Ecco come va a finire quando si frequentano le cattive compagnie.
(Brano dello spettacolo “Un’idiozia conquistata a fatica”, l’ultimo del Teatro Canzone, portato in scena da Gaber tra il 1998 e il 2000).
Secondo me gli italiani sentono che lo Stato gli vuol bene, anche perchè non li lascia mai soli.
Secondo me gli italiani sono più intelligenti degli svizzeri, ma se si guarda il reddito medio pro capite della Svizzera, viene il sospetto che sarebbe meglio essere un po’ più scemi.
Secondo me gli italiani sono tutti dei grandi amatori, peccato che nessuna moglie italiana se ne sia accorta.
Secondo me gli italiani al bar sono tutti dei grandi statisti, ma quando vanno in parlamento sono tutti statisti da bar.
Secondo me un italiano, quando incontra uno che la pensa come lui, fa un partito. In due è già maggioranza.
Secondo me gli italiani sono i maggiori acquirenti di telefonini, e non è vero che tutti quelli che hanno il telefonino sono imbecilli. È che tutti gli imbecilli hanno il telefonino.
Secondo me gli italiani non sono affatto orgogliosi di essere italiani, e questo è grave. Gli altri sono invece orgogliosi di essere inglesi, tedeschi, francesi e anche americani, e questo è gravissimo.
Secondo me gli italiani sono i più bravi a parlare con i gesti, e quando devono pagare le tasse fanno (gesto dell’ombrello).
Secondo me gli italiani e l’Italia hanno sempre avuto un rapporto conflittuale. Ma la colpa non è certo degli italiani, ma dell’Italia che ha sempre avuto dei governi con uomini incapaci, deboli, arroganti, opportunisti, troppo spesso ladri, e in passato, a volte, addirittura assassini. Eppure gli italiani, non si sa con quale miracolo, sono riusciti a rendere questo paese accettabile, vivibile, addirittura allegro. Complimenti.
Come recuperare la fiducia nel senso collettivo?
La disfunzione dello Stato è la disfunzione dei partiti. La Rai è piena di funzionari di Stato, e chi li muove più da lì?
Il discorso allora si fa burocratico, il che è gravissimo.
Gli ospedali fanno schifo, è roba dello Stato.
L’Inps è una vergogna, è roba dello Stato.
Scusate, ma io non ne sento parlare, nè da Berlusconi, nè da nessun altro. Perchè? (1995) (pagina 14)
Oggi non c’è nessuno che dica che in un terzo dell’Italia non c’è lo Stato: da Frosinone in giù lo Stato non esiste.
Mi hanno raccontato che, per portare via i rifiuti dal Napoletano con destinazione Germania, un treno è stato fatto partire di notte, per non farsi vedere dalla camorra.
Lo Stato è dunque clandestino, mentre la camorra è ufficialità .
Poi si parla dei grandi progetti per il Mezzogiorno, dei grandi risultati ottenuti grazie ai pentiti, della mafia che è stata sconfitta.
Intanto lo Stato non c’è, o è allo sfascio e si fa finta che basti un attimo a rimettere tutto a posto.
In realtà non è così, grazie a un’inamovibile burocrazia. In tutto questo io mi sento un perdente comunque.
Ma chi ha vinto, mi chiedo?
(2001) (p. 15)
Avere un presidente del Consiglio che ha sei televisioni mi sembra una cazzata.
Possiede anche dei giornali? Una cazzata.
Ogni apporto alla mia conoscenza è in realtà viziato da un gioco di parte, il che mi fa dire che la mia speranza, questo mio sogno collettivo, non è nel gioco dei partiti, nel gioco del potere, ma è nel gioco di un movimento in cui le idee circolino liberamente, sottraendosi a questo ricatto costante dello schieramento.
(1995) (pagina 15)
Credo che ognuno di noi sarebbe interessato a pensare a cose anche più sue, e invece siamo costretti a pensare ad altro, distratti non certo da grandi pensieri, ma da come si amministrano le cose, da come funziona lo Stato. Credo di essere, anche mio malgrado, costretto a intervenire su questioni che mi interessano molto relativamente.
(1993) (p.27)
Non ho mai dato un colpo al cerchio e uno alla botte.
Il pubblico dei miei spettacoli, lo dico con orgoglio, è certamente vario: operai, studenti, impiegati, professionisti, intellettuali e intellettualoidi che tuttavia, se questi ultimi in particolare hanno orecchie buone per sentire, sono sicuramente dei masochisti a rimanere in sala fino alla fine.
(1975) (pagina 47)
M’indigno molto meno di un tempo. Mi sono assuefatto allo sfascio e al ridicolo. Quando si sorride per le cose che non vanno, non c’è più spazio per la rabbia, che invece sarebbe ancora tanto utile. Io tifo più per l’autoironia, il guardare se stessi da un’altra angolazione, cercando di capire qualcosa in più di ciò che siamo.
L’ironia ci deve coinvolgere, altrimenti si trasforma in sarcasmo, che è un modo ingeneroso di avvicinarsi agli altri.
(1992) (pagina 50)
Giorgio Gaber
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Maggio 4th, 2011 Riccardo Fucile I MINISTRI EX FORZA ITALIA ED EX AN UNITI CONTRO I LEGHISTI E IL MINISTRO DELL’ECONOMIA: RESA DEI CONTI RINVIATA A DOPO LE AMMINISTRATIVE.. SUL DECRETO ANTISCALATE IERI BEN 18 DEPUTATI PDL NON HANNO VOTATO PER PROTESTA… E A FINE GIUGNO FINISCONO I SOLDI PER LA MISSIONE IN LIBIA
«Berlusconi voterà la nostra mozione sulla Libia». 
La propaganda di Bossi produce un immediato effetto urticante nel Pdl, che prima subisce infastidito, poi sbanda, infine si ribella a quella che molti, sottovoce, ritengono una «genuflessione» ai diktat del Carroccio e un «commissariamento» di Tremonti sull`intero governo.
E’ Montecitorio l`epicentro della rivolta.
E basta vedere la faccia scura del sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto, dopo la riunione del mattino a palazzo Chigi, per capire l`aria che tira.
La ribellione non si limita alle parole.
La rappresaglia è immediata sul decreto antiscalate messo a punto daTremonti per impedire (invano) lo sbarco dei francesi a Collecchio.
Guidano la rivolta contro il ministro dell`Economia, considerato un tutt`uno con i leghisti, Claudio Scajola e Antonio Martino.
E alla votazione finale il decreto passa solo grazie all`astensione delle opposizioni, visto che una consistente pattuglia di 18 deputati Pdl decide di non votarlo.
Altre scintille sul decreto che stabilisce aumenti per le forze dipolizia, i militari e i vigili del fuoco, uno dei cavalli di battaglia del centrodestra.
Il ministro dell`economia riesce infatti a stoppare alcune modifiche al provvedimento, caldeggiato dal Pdl, che elargiva una «una tantum» al comparto sicurezza, evitando che le maglie si aprissero ancora di più.
Ma la conseguenza è che la rabbia contro Tremonti e la Lega non fanno che aumentare.
«Gli attacchi al ministro – profetizza uno dei suoi fedelissimi – ricominceranno subito dopo le amministrative».
Forse inizieranno anche prima, visto che il decreto Sviluppo, il prossimo campo di battaglia, fa gola a molti nel governo, che vorrebbero inserirvi misure più ampie di quelle previste a via Settembre.
Tutti nel Pdl guardano ora all`arrendevolezza del premier nei confronti del Carroccio con un misto di preoccupazione e di irritazione.
Anche perchè molti parlano di una serie di cambiali che il Cavaliere si appresterebbe a pagare all`alleato, in cambio del sostegno «fino alla fine della legàslatura».
In questo canestro rientrerebbe la direzione di Rai2 per Gianluigi Paragone, il trasferimento della Consob a Milano, il vicesindaco di Milano, oltre a uno o due sottosegretari nel rimpasto, rimandato a dopo le amministrative.
Per il momento, tuttavia, a palazzo Chigi si tira il fiato per aver scongiurato sul filo la rottura della maggioranza.
Ieri Berlusconi e Bossi si sono parlati al telefono, dopo che il summit tra Pdl e Lega aveva sancito l`accordo sulla mozione libica.
Un breve scambio di battute con l`intesa di «vedersi presto», anche se il Senatùr non sembra così impaziente di farsi ricevere dal Cavaliere.
«I problemi sono superati – dichiara ottimista Paolo Bonaiuti- e in meno di un`ora di incontro si è riusciti a trovare la quadra».
Ma nel corso del vertice il ministro La Russa, spalleggiato dai capigruppo del Pdl, ha dovuto alzare la voce per impedire che i costi della missione venissero caricati tutti «sugli stanziamenti ordinari della Difesa», come recitava il testo tirato fuori dalle cartelline dei leghisti.
«Col cavolo – si è inalberato La Russa – noi stiamo già consumando le riserve di carburante che dovevano durare per tutto il 2011. Siamo già all`osso e poi anche il Viminale deve farsi carico dei costi legati all`arrivo dei profughi e al pattugliamento davanti alla Libia».
Alla fine di un duro braccio di ferro tra Pdl e leghisti si decide di rinviare lo scontro e la mozione preciserà che andranno evitati «ulteriori aumenti della pressione fiscale».
Una formula che salva il bilancio della Difesa, ma che non garantisce sul futuro della missione.
Nel governo spiegano infatti che i 150 milioni già stanziati basteranno fino a fine giugno, ma il quesito angosciante riguarda cosa succederà dopo.
L`incubo è la Lega non voti il rifinanziamento della missione, costringendo palazzo Chigi a una precipitosa retromarcia.
Anche perchè i tagli alle altre missioni internazionali non produrranno rapidamente effetti.
«In Libano -spiegano alla Difesa- dobbiamo restare fino a fine anno».
Così l`unica speranza è che la Nato faccia fuori Gheddafi prima dell`estate.
«Speriamo che a giugno sia tutto finito», scherza Crosetto con un sorriso amaro.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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Maggio 4th, 2011 Riccardo Fucile POCO PRIMA CASINI AVEVA ATTACCATO BERLUSCONI RICORDANDO CHE STRANAMENTE E’ AMICO DI TUTTI I DITTATORI DEL PIANETA, DA GHEDDAFI A BEN ALI, DA PUTIN AL PRESIDENTE DELLA BIELORUSSIA LUKASHENKO… IL MINISTRO VIENE RIPRESO MENTRE CHIEDE A UN COLLABORATORE: “MA CHI E’ QUESTO?”
Quando militava nel Msi milanese stava sulle balle a molti militanti in quanto ritenuto un parolaio raccomandato.
La sua origine benestante lo rendeva inviso alla base che vedeva già allora una certa spocchia negli atteggiamenti del “figlio del senatore La Russa”.
Dopo un periodo da “desasparecido”, in seguito agli incidenti milanesi, ‘Gnazio riemerge grazie ai buoni uffici di donna Assunta Almirante che si era rivolta a lui per trovare occupazione a un congiunto.
Ed ecco Nosferatu scalare le posizioni all’interno del Msi, in simbiosi con l’altro paracarro finiano di allora, Maurizio Gasparri.
Uno a Milano, l’altro a Roma, creano la corrente finiana per eccellenza, quello dei “giovani vecchi” rampanti e ambiziosi che poi troveranno la consacrazione in An.
Ripuliti da vecchie nostalgie, in nome delle quali amavano vincere i congressi contro chi avrebbe voluto un moderno partito “sociale”, portabandiera del conservatorismo più becero, a contatto del Berlusca si sentono improvvisamente dei miracolati.
Chi si scopre statista, chi esperto in telecomunicazioni, chi ministro, chi capogruppo.
Il peggio non è però tanto essere arrivati a questi incarichi, è quello di credere di esserne all’altezza.
Presi da ambizione smodata e a forza di frequentare i salotti di Palazzo Grazioli, saranno loro, dopo aver fatto da servi a Fini per decenni, a tradirlo nel momento del bisogno.
Dimenticando che se hanno un posto politico al sole e non in un consiglio di circoscrizione, lo devono al Gianfri.
La quota 70-30 all’interno del Pdl permette loro di “promuovere” una corte di ex An devoti al “due di coppe” e di poter contare su una truppa di adepti da mettere sul tavolo della trattativa con Silvio.
Fino alla nomina di ‘Gnazio a triumviro e ministro della Difesa.
Ma l’ex portatore di pastore tedesco con dama bionda al seguito ai comizi missini èin fondo un tipico italiano.
Di quelli che se gli dai una divisa rischi di vederlo trasformato in generale anche nell’atteggiamento.
Se poi uno è già presuntuoso di suo, addio equilibrio.
Vedere ‘Gnazio da Santoro o da Floris è uno spasso: sguardo ieratico da invasato, atteggiamenti isterici, modo di porsi spesso arrogante, oscilla tra spocchia e vittimismo, strilli e accuse per tutti, passato e presente, difese penose e arringhe senza costrutto.
Persino controproducente per chi lo manda.
Ricordiamo la sua mitica frase prima delle Regionali, quando nel Pdl si temeva il sorpasso di Zaia in Veneto, dopo aver negato la ricandidatura a Galan: “Non ci sarà nessun sorpasso della Lega, andrò personalmente a fare campagna elettorale in Veneto”.
C’ è andato, il Pdl è crollato e la Lega è volata avanti.
In altri tempi, dopo una figura del genere, un politico si sarebbe dimesso, in altri ancora sarebbe stato cacciato.
Con Silvio no, vieni inviato a rappresentarlo a Ballarò, come ieri sera.
Ma che ti combina ‘Gnazio, profondo conoscitore della politica europea?
Di fronte ad uno scontato attacco di Casini a Berlusconi, in cui il segretario Udc si chiede come sia possibile che Silvio sia amico di tutti i dittatori, da Gheddafi a Ben Ali, da Putin a Lukashenko ( il presidente che indice elezioni farsa e che Silvio ha omaggiato durante l’unica visita ufficiale di un leader europeo in Bielorussia), il ministro prima sorride nervoso.
Poi, al rientro in studio, mentre il conduttore Giovanni Floris gli da’ la parola, ‘Gnazio viene ripreso mentre, con un collaboratore alle sue spalle, si informa sul dittatore bielorusso, evocato poco prima dal leader Udc: “Lukashenko, chi e’ questo?”, chiede il ministro.
Chissà che avrà pensato Lukashenko, stamane, leggendo le agenzie.
Forse: “La Russa? ma chi è costui?”.
Beh, si può anche informare, ma in ogni caso non ha perso niente.
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Maggio 4th, 2011 Riccardo Fucile “IN VIA IDRO SO CHE RIMANGONO, NON VADO A FARE CAMPAGNA ELETTORALE LI'”… “SONO PREVISTI ALTRI TRE CAMPI NOMADI IN ALTRI QUARTIERI”… DA UN LATO SALVINI FA LO SPOT ANTI-NOMADI , DI NASCOSTO SI COMPORTA NEL MODO OPPOSTO
Chiuso Triboniano, la polemica sui rom monta. 
L’indice è puntato contro la Lega Nord che attua la linea dura contro i campi nomadi, e ne fa uno spot in vista delle prossime elezioni.
Una campagna elettorale all’insegna del «foeura di ball».
Ma, quando si tratta di rispondere a un proprio iscritto, in via confidenziale, convinti di non essere nè visti nè sentiti, allora le cose cambiano e diventano l’opposto.
Insomma si predica in un modo e si razzola in un altro.
L’europarlamentare e consigliere comunale Matteo Salvini, infatti, rispondendo ad una simpatizzante del partito, sui campi rom dice altre cose.
E un filmato pubblicato dal “Corriere della Sera” lo incastra.
Soprattutto in merito alla questione del campo di transito di via Idro che si vuole attuare e finanziare con 5 milioni di euro.
A precisa domanda del perchè non si è voluta prendere una posizione netta, neppure sui giornali, Salvini risponde: «Ma perchè è chiaro, vado a fare la campagna sul campo di via Idro…»
E ancora: «Se in via Idro so che in ogni caso i rom rimangono, non vado a fare lì la campagna».
La simpatizzante, che abita proprio dalle parti del futuro insediamento, gli fa notare che via Idro è molto vicina a via Padova, già una polveriera, quindi perchè proprio lì e non in altri posti, magari in centro.
E la risposta è l’opposto di quanto simpatizzanti e iscritti leghisti vorrebbero sentirsi dire. «Ci saranno altri due o tre campi in altri quartieri, non sarà solo via Padova».
Dunque «via i rom» è uno slogan che va bene per la campagna elettorale, ma poi sono in programma altri tre campi in città .
«Sulla questione rom – spiega Raffaella Piccinni, presidente del comitato Riprendiamoci Milano, che ha già raccolto 10 mila firme per opporsi alla costruzione dei campi nomadi di transito – la Lega evidentemente ha due programmi, la linea dura che sbandiera in campagna elettorale, come il moderato Sakozy che lo scorso luglio ha mandato i rom “fora di ball”, e un programma occulto che prevede la costruzione di campi nomadi che definiscono “di transito”, eppure i rom di via Idro e quelli degli attuali campi sono stanziali da vent’anni. La verità è che il concetto di campo è creare di fatto un ghetto. Bisogna invece distinguere il cittadino onesto da chi delinque e quindi deve essere punito».
Che non tutto fili per il verso giusto, lo ha sottolineato anche la consigliera comunale Carmela Rozza, che ha denunciato «un grave atto intimidatorio in via Bellini 11, al Giambellino, da parte di funzionari del Comune che hanno fotografato i cartelli esposti dagli inquilini, minacciandoli di essere accusati del reato di discriminazione».
Lo scorso sabato, infatti, gli abitanti di via Bellini 11, avevano affisso alcuni manifesti con la scritta: «Hanno fatto entrare nelle case popolari a loro assegnate i rom di Triboniano. Lo hanno fatto stanotte, di nascosto, trattandoli come ladri. Per lamentele chiamare Salvini, Moratti, Maoioli e Maroni. Lo hanno deciso loro».
(da “Il Corriere della Sera“)
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Maggio 4th, 2011 Riccardo Fucile IL PENTITO DEPONE A FIRENZE E CONFERMA LA TRATTATIVA CON LO STATO, CON MANCINO COME REFERENTE….”MANDAI MANGANO DA BERLUSCONI E DELL’UTRI: SENZA REVISIONE DEL 41 BIS LE STRAGI SAREBBERO CONTINUATE”…”VOLEVANO METTERCI IN CONTATTO CON LA LEGA”
Giovanni Brusca lo disse dialogando con il cognato e lo ha ripetuto a Firenze, deponendo al processo al boss Francesco Tagliavia: Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri «non c’entravano niente» con le stragi del 1993.
Il collaboratore di giustizia lo ha voluto precisare: «Non sono loro i mandanti esterni delle stragi», ma, nel contro-esame ha poi ricordato come, subito dopo la seconda ondata di attentati, mandò Mangano in missione ad Arcore. Brusca ha sottolineato che dopo la strage di via d’Amelio, in cui fu ucciso il giudice Paolo Borsellino «era cessato ogni contatto» con lo Stato.
Le stragi di Firenze, Roma e Milano erano quindi «strumenti per risvegliare lo Stato e per consigliarlo a trattare nuovamente».
È a questo punto, ha spiegato il pentito, che è subentrato un nuovo referente politico di Cosa nostra, cui vennero rivolte le stesse richieste che erano già state rivolte al ministro degli Interni Nicola Mancino.
Il compito di Mangano era di avvertire Dell’Utri e Berlusconi che, se non avessero trattato con la mafia, rivedendo il 41 bis e il maxiprocesso, gli attentati sarebbero continuati.
«Mandai Mangano a Milano – ha testimoniato Brusca – ad avvertire dell’Utri e, attraverso lui, Berlusconi che si apprestava a diventare premier, che senza revisione del maxiprocesso e del 41 bis le stragi sarebbero continuate. Mangano – ha aggiunto – tornò dicendo che aveva parlato con dell’Utri, che si era messo a disposizione».
Secondo Brusca, l’attentato all’Olimpico contro i carabinieri era una vendetta per chi non aveva mantenuto le promesse: «Chiudiamo il caso con il vecchio – ha spiegato – vendicandoci, e apriamo il nuovo».
Quindici-venti giorni prima della morte del giudice Paolo Borsellino, Brusca incontrò inoltre Totò Riina che gli disse: «Finalmente si sono fatti sotto, gli ho consegnato un papello con tutta una serie di richieste».
«Il tramite non me lo disse – ha raccontato Brusca confermando dunque la trattativa Stato-mafia -, ma mi fece il nome del committente finale. Quell’ora dell’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino».
«È la prima volta – ha concluso il collaboratore di giustizia – che lo dico pubblicamente».
Immediata la replica di Mancino alle parole, di Brusca. «È una vendetta contro chi ha combattuto la mafia con leggi che hanno consentito di concludere il maxiprocesso e di perfezionare e rendere più severa la legislazione di contrasto alla criminalità organizzata» ha scritto in una nota l’allora titolare del Viminale.
In ogni caso, secondo Brusca la trattativa si interruppe dopo via D’Amelio. «Dopo la strage Borsellino – ha spiegato il collaboratore di giustizia -, il primo a dire che si era tagliato ogni contatto è stato proprio Salvatore Riina che mi diceva “non c’è più nessuno”».
Le stragi di mafia degli anni Novanta, secondo Brusca, servivano «per far tornare lo Stato o chi per esso a trattare con Cosa Nostra».
Marcello Dell’Utri e Vito Ciancimino, poi, si sarebbero offerti come tramite tra la mafia e la Lega e un altro soggetto politico: è quanto avrebbe riferito Riina a Brusca, dopo l’uccisione del giudice Giovanni Falcone.
Brusca ha raccontato infatti che fino all’attentato di Falcone l’obiettivo di Riina era di influenzare il maxi-processo di mafia a Palermo.
In seguito, sarebbero subentrati Marcello Dell’Utri e Vito Ciancimino che volevano «portare» a Riina la Lega e un altro soggetto politico.
«In un primo tempo Riina era titubante e anch’io gli chiedevo se ci fossero novità -ha dichiarato Brusca-. Fino all’ultimo attentato Riina pensava di condizionare il maxi-processo».
Ma poi, ha concluso, sarebbero subentrati,«dei soggetti indicati in Marcello Dell’Utri e Vito Ciancimino che gli volevano portare la Lega e un altro soggetto che non ricordo».
(da “Il Corriere della Sera“)
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Maggio 4th, 2011 Riccardo Fucile L’ANALISI CONTROCORRENTE DI MASSIMO FINI: “NON HA SAPUTO INTERCETTARE LE NASCENTI ESIGENZE SPIRITUALI CHE PREMEVANO CONTRO L’ORGIA DI RAZIONALIZZAZIONE”…”HA PRIVILEGIATO UNA CHIESA MONDANIZZATA CON UN USO SPREGIUDICATO DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE DELLA MODERNITA'”…”HA AVUTO UNA ENORME POPOLARITA’, MA SCARSA PRESA SPIRITUALE”
Papa Wojtyla è stato beatificato a soli sei anni dalla morte, caso unico nella storia
della Chiesa che in queste faccende è sempre stata cauta.
Il popolo lo voleva “Santo subito”.
Ma trascorso lo spirito dell’epoca, avido di fretta e di “eventi”, io credo che Giovanni Paolo II passerà alla storia come il Papa che ha rischiato di distruggere ciò che resta della Chiesa cattolica e del senso del sacro in Occidente.
E questo è, in apparenza, doppiamente paradossale.
Perchè nessun Pontefice è stato così popolare come Papa Wojtyla.
Non lo è stato il problematico Paolo VI, non lo fu l’ascetico e ieratico Pio XII. Non ebbe il tempo di esserlo Papa Luciani.
Solo Giovanni XXIII gli si può forse avvicinare, ma regnò cinque anni mentre Wojtyla in un quarto di secolo ha avuto più tempo per affermare la propria potente personalità .
È inoltre paradossale perchè il Papa polacco, nelle sue strutture più intime era portatore di valori spirituali forti, tradizionali, premoderni, addirittura pretridentini e quindi particolarmente adatto a rilanciare la Chiesa in un’epoca in cui, proprio in reazione ad una Modernità trionfante e dilagante che ha fatto terra bruciata del sacro, si fa sentire il bisogno di un ritorno a quei valori religiosi o comunque a dei valori che la società laica non ha saputo dare. Eppure mentre la popolarità di Wojtyla è andata sempre crescendo, fino all’apoteosi della sua esibita agonia e della sua morte, nello stesso tempo, sono crollate le vocazioni (crisi del sacerdozio e degli ordini monacali) e la fede, almeno in Occidente, si è intiepidita fino a ridursi a vuota forma.
Come si spiega questo duplice paradosso?
Con una situazione strutturale della società contemporanea estremamente negativa per il magistero spirituale della Chiesa, che però Wojtyla ha contribuito, in modo notevole, ad aggravare proprio con i modi e i mezzi con cui ha raggiunto la sua straordinaria popolarità .
In linea generale la crisi della Chiesa in Occidente deriva dal fatto che il mondo industrializzato si è da tempo desacralizzato.
Quando Nietzsche a metà dell’Ottocento proclama “la morte di Dio” non fa che constatare che il senso del sacro è morto nella coscienza dell’uomo occidentale.
Un mondo che si organizza intorno alla produzione, al consumo, al mercato di oggetti materiali o commercializza anche ciò che è spirituale, che fa dell’economia e della tecnica i suoi punti di riferimento, togliendo all’uomo quella centralità che aveva invece nel Medioevo europeo e cristiano, non può partorire valori, tanto meno religiosi.
La Chiesa però non è stata capace di intercettare le contro spinte che nascevano da questa situazione, le esigenze spirituali che si rifacevano vive dopo l’orgia della razionalizzazione.
Perchè proprio nel momento in cui era necessario fare il contrario la Chiesa ha preferito seguire l’onda e si è a sua volta mondanizzata nella speranza di non perdere del tutto il contatto coi propri fedeli.
Questo calcolo si è rivelato sbagliato.
Una Chiesa che si mondanizza, che partecipa al dibattito pubblico, sociale e politico vi ha forse qualche influenza e un indubbio ritorno mediatico ma quanto guadagna in pubblicità perde in presa spirituale.
Del mondo ne abbiamo fin sopra i capelli e non sentiamo certo il bisogno che a esso si aggiunga e si sovrapponga un Ente che ha come compito istituzionale quello di curare le anime, per chi crede alla loro esistenza.
Ecco perchè sempre più spesso in Occidente molti si rivolgono verso le religioni orientali o si lasciano attrarre dai fenomeni “New Age”, l’esoterismo, la magia, l’occultismo, il satanismo o addirittura dall’astrologia, per cercare di soddisfare in qualche modo, un modo povero, confuso, lontanissimo dalla sapienza e dalla raffinatezza psicologica della Chiesa di Paolo, i bisogni spirituali cui la Chiesa, oggi, modernizzandosi e mondanizzandosi, dà sempre meno risposta.
Il pontificato di Giovanni Paolo II ha esasperato questa mondanizzazione della Chiesa.
Wojtyla si è occupato troppo di politica e del sociale.
È nato come Papa “politico” con la sua lotta al comunismo.
E sono infinite le occasioni in cui Wojtyla è entrato a piedi uniti in questioni interne dello Stato italiano.
Per cui in molti lo hanno percepito più come un leader politico che come un padre spirituale.
Bazzicando troppo il mondo Papa Wojtyla ha finito per sposarne anche le convinzioni in campo economico, appiattendosi sul concetto industrialista e modernista di Sviluppo.
Già nell’enciclica Sollicitudo rei socialis scriveva: “Quando la Chiesa adempie la sua missione di evangelizzare, dà il suo primo contributo alla soluzione dell’urgente problema dello Sviluppo”.
E, a guardar bene , anche il suo ecumenismo è in linea con la globalizzazione economica e col tentativo di “reductio ad unum” dell’intero esistente al modello di sviluppo occidentale.
È vero che l’idea di progresso appartiene al pensiero giudaico-cristiano, ma per lunghi secoli la Chiesa non aveva mai identificato il Progresso con lo Sviluppo.
Ma ciò che ha definitivamente offuscato il messaggio spirituale di Wojtyla è stato l’uso a tappeto, spregiudicato e anche abbondantemente narcisistico, dei mezzi di comunicazione della Modernità (Tv, jet, viaggi spettacolari, creazione di “eventi”, concerti, gesti pubblicitari, “papamobile”, “papaboys”), per cui, se è vero che “il mezzo è il messaggio”, ha finito per confondersi con essa.
Quando un Papa partecipa, seppure per telefono, alle trasmissioni di Bruno Vespa si mette inevitabilmente al livello degli ospiti di quel salotto mediatico. Ecco perchè la popolarità personale di Papa Wojtyla ha raggiunto le stelle ma ha lasciato la Chiesa con le gomme a terra, nel deserto del sacro.
Ai suoi funerali c’era una folla immensa (come c’era domenica), soprattutto di giovani attratti dall’ “evento”, dallo spettacolo, dalle riprese televisive, dalla smania di protagonismo, ma se si entra in una chiesa italiana, ma anche francese, ma anche spagnola, in un giorno che non sia la canonica mattina di domenica quando i sepolcri imbiancati del ceto medio vanno a rendere un omaggio formale al culto e alla loro superstizione, si trovano solo quattro vecchiette strapenate, terrorizzate dalla vicinanza della morte, ma di quella folla di giovani non c’è traccia.
Una conferma clamorosa che Giovanni Paolo II avesse una scarsa presa spirituale, in contrasto con la sua enorme popolarità , la si ebbe con la guerra in Iraq contro la quale Wojtyla tuonò più volte, senza per altro riuscire a impedire al cattolicissimo Aznar di parteciparvi .
Papa Wojtyla è stato popolare come può esserlo oggi una grande popstar, ma dal punto di vista spirituale la sua parola ha avuto il peso di quella di una popstar, o poco più.
Massimo Fini
argomento: Chiesa, Costume, radici e valori | 2 commenti presenti »