Destra di Popolo.net

BELLOTTI CE L’HA FATTA: FINALMENTE POSSIAMO TIRARE UN SOSPIRO DI SOLLIEVO, E’ SOTTOSEGRETARIO

Maggio 5th, 2011 Riccardo Fucile

AVEVA SOFFERTO TANTO, AVEVA PERSINO PIANTO INSIEME A SILVIO, NON DORMIVA LA NOTTE, ERA SOTTO CURA DAL DOTTOR VERDINI… ORA CON 18.000 EURO AL MESE HA TROVATO UN’OCCUPAZIONE

Bellotti ce l’ha fatta.
È sottosegretario al Welfare.
Eravamo in pena per lui.
Aveva trascorso tutto l’inverno a cannoneggiare contro Berlusconi, contro Cicchitto, contro la Santanchè.
Lasciato il Pdl s’era rifugiato in Futuro e Libertà , da dove tirava sassate contro il governo.
Al congresso futurista di Milano, a febbraio, il suo intervento era stato tra i più feroci.
Aveva dato perfino del comunista a Bondi!
Poi, di ritorno a casa, era stato colto da una profonda crisi di coscienza.
Si sentiva lacerato.
Le sue notti erano agitate da incubi mostruosi, dove gli appariva Berlusconi con il ditino alzato.
A Montecitorio vagava pallido come un cencio: “Che te piglia Bellotti?”.
Gli avevano consigliato un bravo medico, il dottor Verdini (“lui sa come guarirti”), che lo aveva portato imediatamente dal premier, a palazzo Grazioli. L’incontro avvenne una settimana — una — dopo il congresso di Milano. Berlusconi lo consolò lungamente.
Piansero insieme, pare.
Quando scese le scale Bellotti si sentiva già  meglio.
Disse che aveva sbagliato tutto nella vita, e che tornava nel Pdl.
Il suo travaglio interiore merita rispetto, disse Silvio.
E noi ogni tanto ci chiedevamo: “Ma che fa Bellotti? Quanto deve soffrire!”.
Il presidente, che è un dono di Dio per citare don Verzè, oggi gli ha trovato finalmente un’occupazione: sottosegretario al Welfare.
Circa diciottomila euro al mese.
Buon lavoro, onorevole Bellotti!

( da “Ritagli“)

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FRATTINI INCONTRA LA CLINTON E SPARISCE LA RICHIESTA PATACCA DELLA LEGA IN LIBIA: “CONFERMIAMO L’IMPEGNO ITALIANO IN TUTTE LE MISSIONI”

Maggio 5th, 2011 Riccardo Fucile

NON DOVEVA CHIEDERLE LA DATA PRECISA PER IL RITIRO DELLE TRUPPE IN LIBIA?…LA PRESA PER I FONDELLI E’ DURATA MENO DI 24 ORE: LEGA E PDL SONO TORNATI IN RIGA CON GLI USA…LA LEGA HA VINTO? SI, LA COPPA DEL NONNO

“Confermiamo l’impegno italiano su tutte le missioni” internazionali e “certamente anche quella in Libia”.
Il ministro degli Esteri Franco Frattini, al termine dell’incontro bilaterale con il segretario di Stato Usa Hillary Clinton, ha ribadito che il nostro Paese rispetterà  tutti gli impegni presi.
Con il segretario Usa, ha detto il ministro, si è discusso ”dell’importanza di una soluzione politica che veda la pressione militare come uno strumento per convincere il regime a cessare le violenze e gli attacchi contro i civili”.
Nel corso della seconda riunione del Gruppo di Contatto sulla Libia, oggi a Roma, il responsabile della Farnesina ha illustrato gli obiettivi per una soluzione diplomatica della crisi libica: favorire “il coordinamento sull’iniziativa politica”, esprimere “sostegno economico, in particolare al Consiglio nazionale transitorio di Bengasi”, e tracciare “una road map per il cessate il fuoco e per un’assemblea costituzionale volta alla riconciliazione libica”.
Dal canto suo, Hillary Clinton, dopo l’incontro, ha espresso la gratitudine degli Stati Uniti nei confronti dell’Italia.
Gli Usa, ha detto, “molto grati all’Italia per l’impegno” dei suoi militari in Afghanistan.
La Clinton ha ancora una volta espresso apprezzamento per il “lavoro difficile per garantire la sicurezza in Afghanistan” svolto da “quattromila soldati italiani al nostro fianco”.
“L’America è e sarà  partner privilegiato” per l’Italia, perchè “consideriamo gli Usa un paese fratello: le azioni che l’Italia intraprende le concertiamo e definiamo insieme ai partner internazionali europei e anzitutto con gli Stati Uniti, come è stato ed è per la missione in Libia”, ha sottolineato il ministro degli Esteri Franco Frattini.
”La pressione militare – ha spiegato il segretario Usa – deve essere uno strumento per convincere il regime di Gheddafi a cessare gli attacchi contro i civili”.
Gli Stati Uniti e i suoi alleati della Nato stanno rispettando la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu sulla Libia, che autorizza a un intervento per la protezione dei civili, e ribadiscono l’invito al colonnello Muammar Gheddafi di lasciare il potere.
“Il modo migliore per proteggere i civili è che Gheddafi cessi i suoi attacchi e lasci il potere”, ha spiegato la Clinton, a margine della riunione. “Questo è l’esito a cui miriamo”, ha aggiunto il capo della diplomazia di Washington, che ha anche annunciato il via libera all'”assistenza, chiamata ‘no lethal'”, a favore del Consiglio Nazionale Transitorio (Cnt) di Bengasi.
L’incontro, presieduto dal titolare della Farnesina insieme al primo ministro e ministro degli Esteri del Qatar, Sheik Hamad Bin Jassim Bin Jabr Al-Thani, vede la partecipazione di delegazioni di 22 Paesi, sette organizzazioni internazionali e quattro Stati osservatori.
Anche a questa seconda riunione, che fa seguito a quella di Doha del 13 aprile scorso, è stato invitato un rappresentante del Consiglio nazionale transitorio libico (Cnt).
L’incontro fornisce l’occasione per trattare approfonditamente il nodo del sostegno economico ai ribelli, tema sul quale si è espresso il ministro degli Esteri francese Alain Juppe, annunciando che “si lavorerà  a un meccanismo finanziario che permetterà  di aiutare il Consiglio transitorio nazionale”.
Frattini, da parte sua, ha anticipato che si sta “lavorando per individuare strumenti legali internazionali per consentire la vendita di greggio prodotto in Cirenaica a produttori, fornitori e acquirenti internazionali”.
L’Italia vuole essere in prima linea nel chiedere ai partner internazionali di prendere proprio a Roma una decisione sull’utilizzo di “strumenti finanziari trasparenti”.
Il segretario di Stato Usa ha poi aggiunto, in riferimento alla battaglia contro il terrorismo che, “dobbiamo aumentare i nostri sforzi non solo in Afghanistan ma in tutto il mondo, chi uccide gli innocenti verrà  assicurato alla giustizia”, ha concluso.
Chissà  come mai Frattini si è dimenticato di chiedere alla Clinton di fissare una data per il ritiro delle truppe Nato in Libia, come da documento patacca voluto dalla Lega e votato ieri alla Camera.
Il bluff è durato meno di 24 ore, anche per Bossi si può continuare a bombardare e anche i padagni si sono prostrati alla Mecca americana.
Bossi ieri aveva detto che “la Lega ha vinto”, ma non aveva precisato che il trofeo era la coppa del nonno.

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IL GOVERNO NOMINA NOVE NUOVI SOTTOSEGRETARI E DAL PARTITO DEI VENDUTI SI ALZA IL GRIDO DI BATTAGLIA: “OK, IL PREZZO E’ GIUSTO”

Maggio 5th, 2011 Riccardo Fucile

SIAMO ALLA FARSA: ADESSO OGNI DUE “RESPONSABILI” UNO E’ MINISTRO O SOTTOSEGRETARIO…OVVIAMENTE SONO I GRANDI VALORI IDEALI CHE LI HANNO CONDOTTI AL TRADIMENTO… MA BERLUSCONI NON SI SMUOVE DA QUOTA 309

Sarebbero nove i nuovi sottosegretari nominati nel corso del Consiglio dei ministri, su proposta del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, nel corso della riunione a Palazzo Chigi.
Incarichi che vedranno la promozione nella squadra dell’esecutivo di altri esponenti del sedicente gruppo dei Responsabili.
Berlusconi, a quanto raccontano alcuni presenti, ha discusso la lista dei nomi con il leader della Lega Nord Umberto Bossi e il titolare dell’Economia Giulio Tremonti ricevendo da entrambi l’ok alle scelte.
Quando si tratta di comprarsi appoggi sono tutti d’accordo.
Si è così deciso di pagare il prezzo pattuito a coloro che hanno permesso al governo di andare avanti con il voto del 14 dicembre.
A quanto si apprende da fonti governative Roberto Rosso andrebbe all’Agricoltura, Luca Bellotti al Welfare, Daniela Melchiorre allo Sviluppo Economico, Catia Polidori e Bruno Cesario all’Economia, Aurelio Misiti alle Infrastrutture, Riccardo Villari ai Beni Culturali e Antonio Gentile all’Ambiente, e Giampiero Catone allo Sviluppo economico.
Con questa nuova infornata, si arriva alla farsa che metà  dei traditori hanno avuto la nomina a ministro o sottosegretario, rendendo evidente i nobili valori e i motivi ideali che li hanno condotti alla scelta di appoggiare il governo degli accattoni Berlusconi-Scilipoti.
Senza contare che gli altri hanno ricevuto o conservato nomine interne come presidenze di commissioni (che vuol dire uffici, privilegi e auto blu).
Ma anche ieri, nonostante il loro appoggio, il governo si è fermato a quota 309 voti, ben lontano da quella di 316 che rappresenta la metà  più uno dei deputati.
Ora i venduti “agopunturati” possono gridare: “Ok, il prezzo è giusto”

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IL PDL APRE UN NUOVO FRONTE GIUDIZIARIO, LA CLASSIFICA DEI MIGLIORI CULI DELLA CAMERA: ERA NEL QUALIFICANTE PROGRAMMA DI GOVERNO?

Maggio 5th, 2011 Riccardo Fucile

IL PDL MAZZUCA E’ STATO INCARICATO DI STILARE LA SPECIALE CLASSIFICA SUI MIGLIORI LATI B DELLE DEPUTATE BERLUSCONIANE PER POI PUBBLICARLA SU “PANORAMA”… NON SI SA SE REDATTA DOPO UN APPROFONDITO ESAME O LIMITANDOSI AD UNA ANALISI SUPERFICIALE..E’ CERTO CHE LA MUSSOLINI, QUANDO GLI VIENE CHIESTO SE GRADISCE LA COLLOCAZIONE AL 5° POSTO, SI INCAZZA

In tempi di classifiche, ce n’è una davvero singolare che circola alla Camera. Riguarda le donne del Pdl.
Anzi, a voler essere precisi, una parte assai “bassa” delle signore berlusconiane. Il famoso lato B.
A scoprirla, perchè posta di fronte a un preciso interrogativo, è Alessandra Mussolini. Che non ha certo fama di una che su certi argomenti sta allo scherzo. Eccola ieri, sulla soglia della commissione Giustizia della Camera, che incontra la Pd Paola Concia, furibonda a sua volta per l’ennesimo rinvio dell’aggravante sull’omofobia.
Duetto magnifico tra le due. Che merita una trascrizione letterale.
Protagonista una Mussolini incredula, indignata, battagliera, pronta alla vendetta. Racconta alla Concia: “Tu non crederai a cosa è accaduto. In Transatlantico mi ferma Giancarlo Mazzuca e mi chiede “ma tu vuoi essere inserita al quinto posto della nostra classifica? sai… ne scriverò su Panorama”.
E io a lui, ingenua, “classifica? di chi ha presentato più disegni di legge?” e lui “disegni di legge? macchè… io sto parlando di culi, il tuo sarebbe classificato al quinto posto”.
La Concia guarda la Mussolini esterrefatta con uno scontato “ma che mi dici? ma davvero? ma non è possibile?”.
Lei prosegue, con quell’atteggiamento tipico che ha quando annusa aria di battaglia.
Vestita semplice, tutto sul grigio, pantaloni di lino morbidi, scarpe comode ma col tacco, un top di seta, un cardigan in tinta, avvolgente, fermato con una spilla a balia.
Occhi da tigre: “Ma tu capisci Paola? Una classifica sui culi? A questo lavora il responsabile della comunicazione del Pdl alla Camera? Da pubblicare su Panorama? L’ho lasciato lì e mi sono precipitata da Bonaiuti e da Cicchitto”.
Il primo fa capire che della classifica sa qualcosa.
Il secondo strabuzza gli occhi e promette di intervenire in modo deciso.
La Mussolini prospetta alla Concia le sue prossime iniziative.
Ben due. “Sai che ho detto a Bonaiuti e a Cicchitto? Che se esce una sola riga di questa roba possono star certi che lo scrivo io un articolo sull’Espresso, ma per fare la “mia” classifica, di quanto è lungo o corto il microchip dei nostri parlamentari. Sai che risate ci facciamo? E non basta. Ho già  cominciato a girare per il Transatlantico sollevando il retro della giacca dei miei colleghi, lanciare un’occhiata e dire, “no, questo è troppo piccolo”, oppure “no, questo è troppo piatto”, o ancora “no, no, no, questo è troppo grasso”.
Poi, stringendo a sè una borsa di Fendi con le “effe” d’argento, Alessandra Mussolini guarda sconsolata la Concia: “Dimmi tu, Paola, ma in che mondo viviamo?”.
Quello del Pdl, Alessandra, solo quello.
D’altronde forse tale inziativa parlamentare era scritta nel tanto spesso richiamato “programma di governo” del centrodestra, sottoscritto con gli elettori.
Che ora si rendono conto di quanti “culi” hanno portato in Parlamento.

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COME BERLUSCONI HA SALVATO I BILANCI DEL CARROCCIO: TRA FIDI BANCARI, CESSIONE DEL SIMBOLO E CASA DI GEMONIO

Maggio 5th, 2011 Riccardo Fucile

PATTI E RICATTI: GLI INTERESSI CHE UNISCONO BOSSI A BERLUSCONI, LE QUERELE RITIRATE, IL SIMBOLO VENDUTO… MENTRE I PIRLA DEL NORD CONTINUANO A ULULARE “PADAGNA LIBERA”, BERLUSCONI HA GARANTITO ALLA LEGA LA SOPRAVVIVENZA ECONOMICA… E BOSSI NON HA PIU’ LE PEZZE AL CULO

Un paio di giorni fa un ascoltatore di Radio Padania Libera aveva chiesto: “Ma è vero che Berlusconi si è comprato la Lega?”. Una telefonata bruscamente interrotta, nonostante la diretta, che apre una serie di interrogativi sul sodalizio a denti stretti, difeso a tutti i costi soprattutto in questi giorni.
Qualcosa in più di un semplice accordo politico se analizzato dal punto di vista delle difficoltà  a sciogliere questa convivenza (forzata) tra i due.
Il mezzo accordo sulla Libia e lo sfogo del ministro La Russa: “Umberto capo della sinistra” sono, d’altro canto, i segni che Bossi e Berlusconi stanno tirando a campare.
Ecco allora riemergere uno dei grandi misteri delle vicende leghiste.
Quello relativo all’esistenza di un patto segreto tra i due leader: la sottoscrizione di un atto notarile e massicci finanziamenti berlusconiani al Carroccio.
Voci, ancora prive di riscontro, ma che si rincorrono soprattutto all’interno delle segrete stanza di via Bellerio secondo le quali ci sarebbe stata addirittura la compravendita da parte di Berlusconi del “marchio Lega Nord”.
Una questione ripresa dal giornalista Leonardo Facco nel suo “Umberto Magno”, edito da Aliberti e dal tesoriere dei Radicali italiani Michele De Lucia che ha curato “Dossier Bossi-Lega Nord” di Kaos Edizioni.
I rapporti extra politici tra Bossi e Berlusconi, quindi, sono di fatto un giallo nonostante tutto però ci sono delle certezze.
Partiamo con le carte, in particolare il documento, datato 28 giugno 2000, firmato dall’amministratore nazionale degli azzurri Giovanni Dell’Elce che scrive alla Banca di Roma per garantire un fido alla Lega.
“Vi diamo incarico — si legge —, di aprire a favore del Movimento politico Lega Nord, che assistiamo finanziariamente, un credito complessivo di due miliardi di lire, valido fino a nostra revoca, utilizzabile per gli scopi istituzionali e le esigenze generali del movimento”.
Prosegue poi la lettera: “Vi diamo atto che, dati i rapporti attualmente intercorrenti tra noi e il suddetto Movimento, il presente mandato di credito è utile per il conseguimento dei nostri fini istituzionali”.
Tradotto significa che Forza Italia si era impegnata a tutelare ogni eventuale manchevolezza del partito fondato da Bossi.
E forse la cosa non farà  molto piacere alla base, nonostante le precisazioni fatte dallo stesso Dell’Elce e riportate da De Lucia: “Sia chiaro: non gli abbiamo dato nessun contributo, ma solo garantito un fido ed è una cosa che abbiamo fatto nella massima trasparenza”.
Sarà  un caso, ma certamente una certa coincidenza c’è tra l’apertura del fido e la difficile situazione in cui versava la Lega proprio in quegli anni.
Era il tempo in cui la Padania titolava: “Berlusconi, sei un mafioso? Rispondi” mettendo in prima pagina le foto di Riina, Brusca, Bagarella, Berlusconi e Dell’Utri.
Il Senatùr non le mandava a dire al Cavaliere, tanto che di quel periodo Gianluca Marchi, primo direttore de la Padania, dice a Facco: “Con la storia del Berlusconi mafioso avevo sulle spalle qualcosa come 13 querele tra Fininvest, Dell’Utri e Confalonieri. Nel 2000, in prossimità  dell’accordo fra il leader leghista e il Cavaliere, sono state tutte rimesse, ritirate”.
Un colpo di spugna e il futuro della Lega segue un altro corso.
Qualcuno considera il 1998 l’anno di svolta: quando alla Camera dei deputati la Lega Nord votò contro la richiesta di arresto di Cesare Previti uomo di fiducia di Silvio Berlusconi.
Ma la vera spina nel fianco per il popolo di Pontida è un’altra.
A ricostruirla è Rosanna Sapori già  militante leghista e giornalista di Radio Padania.
Le sue parole sono state raccolte da Ferruccio Pinotti e Udo Gempel ne L’unto del Signore ma il Fatto Quotidiano l’ha incontrata a casa sua. In provincia di Bergamo dove ha aperto una tabaccheria.
La donna ha deciso di raccontare una storia della Lega che spiega molto del Carroccio di oggi e del perchè Bossi alla fine dovrà  fare quello che gli dice Silvio Berlusconi.
Sapori sostiene che il premier abbia la titolarità  del logo del partito della Lega. Che il mitico “spadone” di Alberto da Giussano insomma appartenga al Cavaliere.
La storia non è nuova negli ambienti padani: nel 2005 il premier avrebbe finanziato il Carroccio, a un passo dalla bancarotta e in cambio avrebbe chiesto come contropartita il simbolo.
“Niente di ciò che dico è stato inventato — spiega la diretta interessata — e la riprova è che fino ad ora nessuno si è mai permesso di smentirmi”.
Racconta Sapori che nel 2000 la Lega non aveva neppure gli occhi per piangere. Solo debiti e ipoteche pure sulle rotative del quotidiano.
A rischio c’era anche la casa di Gemonio del Senatùr.
Oltre ai costi del fare politica, Bossi e i suoi dovevano rimediare ai danni della Credieuronord (la banca padana) salvata dalla Banca popolare di Lodi di Giampiero Fiorani.
“Fiorani entrò su decisione del Cavaliere molto probabilmente consigliato da Aldo Brancher. Berlusconi a sua volta ripianò i debiti della Lega” sostiene Rosanna Sapori nella sua analisi a metà  tra la politica e il giornalismo.
“Io ho avuto il coraggio di spiegare perchè Bossi si è dimostrato prigioniero di Berlusconi. So che qualcuno vorrebbe farmi pagare questa libertà  di opinione. Con quella storia io ho chiuso anche se non mi sento tranquilla e per questo non voglio che scriviate dove abito. Nonostante ciò, però, sbaglia chiunque pensi che farò un passo indietro magari dicendo che mi sono confusa”.
Intanto la Lega corre ai ripari diffondendo la notizia che comunque il patto “era a scadenza” del compimento dei 75 anni di uno dei due: Berlusconi li festeggerà  a settembre.

Elisabetta Reguitti
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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TODOS CABALLEROS: IN SICILIA TRA I FORESTALI VI SONO 841 UFFICIALI E SOLO 14 AGENTI

Maggio 5th, 2011 Riccardo Fucile

IL BOOM DAL 2007 CON LE PROMOZIONI AUTOMATICHE PER ANZIANITA’, ORA DICONO CHE SERVIREBBERO 1.300 PERSONE….LA REGIONE PENSA A NUOVE ASSUNZIONI PER EVITARE LA PARALISI

È il corpo di polizia più pazzo d’Italia, dove tutti comandano ma non c’è nessuno che possa obbedire.
È quello della forestale della Regione Siciliana, composto da ben 841 tra commissari e ispettori, cioè ufficiali e sottufficiali, che sulla carta dovrebbero coordinare una truppa di 14 agenti.
Qui tutti hanno i gradi e le stellette, e nessuno è soldato semplice.
Il risultato? Non solo in Sicilia non è rimasto più nessuno da “comandare”, ma ci sono più commissari e ispettori che in tutto il corpo forestale dello Stato, dove gli ufficiali sono 428 a fronte di 7111 agenti.
Un paradosso tutto siciliano, che la Regione guidata da Raffaele Lombardo ha appena scoperto facendo una ricognizione della pianta organica.
E adesso, per metterci una pezza, si cerca disperatamente una truppa da far comandare ai tanti ufficiali, con l’amministrazione che vorrebbe riqualificare del personale interno, visto che la Regione ha appena assunto nei ruoli 5400 precari, chiaramente senza alcun concorso.
“Per fortuna una norma prevede in questi casi l’assegnazione di mansioni anche inferiori ai graduati, in caso contrario avrei dovuto già  chiudere il corpo, rischio che rimane tale perchè in tutto ho un organico di 848 persone e ne ho bisogno di almeno 1.300”, dice il neo direttore della Forestale, Pietro Tolomeo, che si è trovato sul tavolo i dati che hanno messo nero su bianco questa assurdità , iniziata durante gli anni dall’ex governo Cuffaro: precisamente il 20 aprile 2007, quando è stato consentito l’avvio di promozioni automatiche con la semplice anzianità  di servizio. Il paradosso però adesso è sotto gli occhi di tutti.
Nel dettaglio il direttore Tolomeo guida un comando nel quale ci sono 148 commissari che guadagnano circa 2.400 euro netti al mese (in organico dovrebbero essere solo 80), 693 ispettori con stipendio da 2.100 euro al mese (in organico dovrebbero essere 200) e solo 14 tra sovrintendenti e agenti con stipendio da 1.400 euro.
Secondo la pianta organica, che sempre sulla scia dei paradossi siciliani è stata fissata con lo stesso decreto che promuoveva tutti, gli agenti in ruolo dovrebbero essere 1.100.
Ed è proprio su quest’ultimo numero che l’amministrazione e perfino i sindacati si appigliano ora per incrementare l’organico.
Gli ufficiali e i sotto ufficiali, infatti, si lamentano perchè svolgono mansioni che non sono di loro competenza: “Io ho 50 anni è sono costretto da solo a fare il lavoro dell’agente e del sovrintendente – dice l’ispettore Gerlando Mazzà , del Cobas-Codir – Qui in passato sono stati fatti sprechi ed errori, ma le conseguenze le stiamo pagando noi, perchè con un organico ridotto e così squilibrato nessuno può avere ambizioni di carriera”.
Numeri alla mano, comunque, anche con un organico “ridotto” a 848 unità , la Sicilia non si può lamentare rispetto ad altre regioni d’Italia che hanno una densità  boschiva certamente superiore rispetto a quella dell’isola: a esempio, in Veneto i berretti verdi sono 425, tra graduati e agenti, in Toscana 630.
Per non parlare della Valle d’Aosta o del Friuli Venezia Giulia, che nonostante le Alpi hanno corpi di polizia forestale composti rispettivamente da 157 e 298 unità .

Antonio Fraschilla
(da “La Repubblica“)

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MISSION DEL GOVERNO: OBIETTIVO OSCURAMENTO DEI REFERENDUM

Maggio 5th, 2011 Riccardo Fucile

LA COMMISSIONE DI VIGILANZA SULLA RAI   RINVIA ANCORA IL REGOLAMENTO SULLA PAR CONDICIO CHE DEVE STABILIRE COME E QUANDO INFORMARE I CITTADINI SULLA TORNATA ELETTORALE DEL 12 E 13 GIUGNO

La Vigilanza Rai è il tappeto che il governo utilizza per nascondere il triplo referendum del 12 e 13 giugno.
Nessun telespettatore deve conoscere i quesiti sull’energia nucleare, l’acqua ai privati e il legittimo impedimento.
E così il governo, a pezzi in parlamento, sfrutta la maggioranza in commissione di Vigilanza per disertare i lavori.
La scusa è che manca il numero legale per iniziare l’assemblea, una tattica che da settimane rinvia l’approvazione del regolamento sulla par condicio.
Un testo parlamentare per decidere come e quando informare i cittadini-spettatori sul referendum.
E nel frattempo, a meno di 45 giorni dal voto e con la par condicio in vigore, la Rai impone a chiunque vada in onda di firmare una liberatoria — come accaduto per il concertone del Primo maggio — per evitare di affrontare il tema.
Non è semplice censura, ma raffinato silenzio: il referendum è sigillato in una campana di vetro, i giorni passano e il quorum si allontana.
All’ingresso di San Macuto, sede della Vigilanza, c’è un presidio permanente del Popolo viola e dei comitati per il referendum .
Di Pietro ha ottenuto il primo risultato con una lettera ai presidenti di Camera e Senato: “Quanto sta accadendo in Vigilanza è di una gravità  senza precedenti. Per colpa della maggioranza — scrive il leadere dell’Italia dei Valori — un intero mese di tribune referendarie, di spot informativi, d’informazione giornalistica sui quesiti oggetto dei referendum è stato quindi sottratto ai cittadini italiani”.
Gianfranco Fini e Renato Schifani hanno risposto chiedendo ai commissari di superare le divisioni e garantire ai cittadini il diritto di essere informati.
I due presidenti non potevano schierarsi con la maggioranza, capeggiata dal berlusconiano Alessio Butti, in sete di vendetta con l’opposizione perchè, grazie all’intervento di Zavoli, bloccò l’emendamento bavaglio per chiudere i programmi durante la campagna elettorale per le amministrative.
Ieri pomeriggio Giorgio Lainati (Pdl) ha ripetuto la strategia: “Votiamo il regolamento nella prossima seduta — ha detto a Zavoli — per il decreto Parmalat a Montecitorio e per la mancanza a occhio del numero legale”.
Ma il presidente ha svelato il giochino con parole chiare: “C’è un problema tecnico per il voto alla Camera — ha replicato Zavoli — ma c’è anche un problema politico, nel senso che sono indotto a ritenere che questa richiesta possa sottendere un risultato ostruzionistico. E’ la premessa per rendere difficoltoso, se non impossibile, ricominciare il nostro lavoro. Devo constatare che viene messo in dubbio quanto stabilito nel verbale dell’ufficio di presidenza del 20 aprile, quando tutti i presenti convennero sulla necessità  di esaminare il regolamento rispetto all’atto di indirizzo, perchè è un atto previsto per legge”. Forse oggi — aggiunge Zavoli — sarà  il giorno buono, dopo l’ennesimo nulla di fatto ieri sera.
Ma in Parlamento vanno di fretta per far passare, con un veloce esame in Commissione, il decreto Omnibus che aggira il referendum sul nucleare, il quesito che più preoccupa il governo che nel programma sbandierava il ritorno all’energia atomica.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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IN ITALIA AUMENTA IL DIVARIO TRA RICCHI E POVERI

Maggio 5th, 2011 Riccardo Fucile

SECONDO L’OCSE SIAMO IL QUINTO PAESE AL MONDO PER DISEGUAGLIANZE: PEGGIO DI NOI FRANCIA E GERMANIA…IL REDDITO DEI PAESI PIU’ RICCHI AUMENTA IN MISURA MAGGIORE RISPETTO A QUELLO DEI PAESI PIU’ POVERI…TRA LE CAUSE LE DIFFICOLTA’ DEL LAVORO FEMMINILE

Cresce in gran parte del Pianeta il divario tra ricchi e poveri e l’Italia si colloca al quinto posto tra i paesi dell’Ocse in tema di disuguaglianza complessiva, alle spalle di Stati Uniti e Gran Bretagna ma davanti a Francia e Germania.
Lo afferma la stessa Organizzazione per lo sviluppo in un rapporto pubblicato martedì .
Gli economisti di Parigi spiegano che nel corso degli ultimi 20 anni, fino all’inizio della Grande Crisi nel 2008, il reddito reale disponibile delle famiglie è aumentato in tutti i paesi membri (+1,7% all’anno in media).
Ma nella grande maggioranza dei casi le entrate finanziarie del 10% più ricco della popolazione è cresciuto più rapidamente del reddito del 10% più povero. Nella media, il reddito del 10% più ricco della popolazione è di circa nove volte quello del 10% più povero, anche se poi si vede come questo rapporto risulta molto più basso nei paesi nordici e in molti paesi dell’Europa continentale, mentre la forbice si allarga in Israele, Turchia e Stati Uniti, per toccare il massimo divario in Cile e Messico.
Nella media dei 29 paesi presi a riferimento per lo studio, il reddito del decimo percentuale più ricco è cresciunto del 2% contro l’1,4% del decimo più povero.
Il coefficiente Gini, che misura l’ineguaglianza dei redditi (va da 0, ovvero totale uguaglianza di reddito a 1, totale disparità ), per l’Italia era pari a 0,35 alla fine degli anni 2000, con un incremento del 13% rispetto allo 0,31 di metà  degli anni 80.
Mentre il reddito reale nell’Ocse in questo lasso di tempo è salito in media dell’1,7% l’anno, con un incremento dell’1,4% per il 10% più povero della popolazione e del 2% per il 10% al top, in Italia l’ incremento medio annuo si è fermato allo 0,8% (solo la Turchia ha fatto peggio, con lo 0,5%) e mentre per il 10% della popolazione con il reddito più basso l’aumento è stato solo dello 0,2%, per la fascia dei redditi più elevati è stato dell’1,1%.
Il Paese con le maggiori diseguaglianze è il Messico, con un coefficiente Gini dello 0,50, davanti alla Turchia (0,42), mentre la Danimarca (0,25) ha le minori disparità .
Nemmeno i Paesi nordici e la Germania, che tradizionalmente avevano una bassa disparità  tra i redditi, sono stati risparmiati dal trend di aumento del divario tra ricchi e poveri e anzi – come sottolinea l’Ocse – negli ultimi dieci anni hanno segnato il maggior incremento.
In media il coefficiente Gini nell’area Ocse è salito all’incirca del 10% dallo 0,28 di metà  degli anni 80 allo 0,31 della fine dello scorso decennio.
Le ore lavorate sono diminuite soprattutto tra gli occupati con il salario più basso mentre arranca il lavoro femminile.
Il trend verso famiglie più piccole e con un solo genitore contribuisce ad aumentare il divario tra i redditi.
Inoltre è cresciuta la tendenza dei matrimoni tra persone con livelli di reddito simili.
Oggi il 40% delle coppie in cui entrambi i partner lavorano appartengono allo stesso decile contro il 33% di 20 anni fa.
Lo strumento più diretto ed efficace per ridurre le disparità , scrivono ancora gli economisti, sono la riforma delle tasse e delle politiche di agevolazione per i redditi più bassi.
«La competizione internazionale ha fortemente indebolito il nostro sistema produttivo – affermano le Acli – ma le ragioni delle disuguaglianze nel nostro Paese vanno individuate innanzitutto nell’endemica debolezza dei redditi di lavoro dipendente e dalla quasi totale assenza di un sistema generalizzato di tutele nel mercato del lavoro».
Condizioni che ci hanno avvicinato in questi anni «ai contesti economici di natura anglosassone che non sono n‚ potranno essere nostri punti di riferimento per le politiche sociali».

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