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FINI: “DA BERLUSCONI INACCETTABILI DELEGITTIMAZIONI DEI MAGISTRATI” E GRANATA RINCARA: “LA ‘NDRANGHETA RINGRAZIA: QUACUNO HA ANCORA DUBBI SU CHE PARTITO SOSTERRANNO LE MAFIE?

Maggio 8th, 2011 Riccardo Fucile

LA VERA DESTRA   DELLA LEGALITA’ RISPONDE AL PREMIER CHE HA DEFINITO LA MAGISTRATURA “UN CANCRO DA ESTIRPARE”…IN ALTRI PAESI EUROPEI SAREBBERO ANDATI A CERCARLO O I CARABINIERI O GLI INFERMIERI DEL TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO, IN ITALIA TUTTO GLI E’ PERMESSO

Ancora botta e risposta tra il presidente della Camera Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi.
Ieri il premier aveva definito un “cancro da estirpare” i magistrati di Milano. Oggi è arrivata la replica dell’ex alleato: “Non posso accettare che il presidente del Consiglio si scagli contro i magistrati delegittimando il corpo giudiziario”.
Fini era a Cagliari per sostenere il candidato sindaco Fli Ignazio Artizzu parlando in un albergo della città  in occasione della presentazione del suo libro L’Italia che vorrei: ”Chi riveste cariche istituzionali si deve rendere conto dell’errore enorme che compie ogni volta che delegittima la magistratura”, ha ricordato,   sottolineando che domani è prevista una cerimonia solenne al Quirinale, in occasione dell’anniversario della morte di Aldo Moro, per commemorare le vittime del terrorismo tra cui diversi magistrati.
Il presidente della Camera ha messo in evidenza che comunque “bisogna riformare la giustizia”, ma ha anche   rimarcato come “il simbolo della giustizia è la bilancia e quindi bisogna avere grande tensione a garantire l’equilibrio”. “Ogni cittadino — ha aggiunto il presidente della Camera — è innocente fino al Terzo Grado di giudizio ma occorre fare attenzione garantendo l’imputato e dimenticando che c’è una parte lesa”.
Fini ha anche ricordato che “la parola legalità  è scomparsa dal vocabolario politico del centrodestra. Legalità , ha aggiunto, è qualcosa di più impegnativo della sicurezza: è un abito mentale vuol dire rispetto per chi lavora, per la forza dell’esempio e per le istituzioni. Ogni volta che si reclama un diritto si deve anche essere pronti a un dovere”.
“Per Berlusconi il cancro è rappresentato da Ilda Boccassini: la ‘ndrangheta ringrazia”.
E’ questa la risposta di Fabio Granata, vicepresidente Fli della commissione Antimafia, alle parole definite “vergognose” di Silvio Berlusconi.
Ieri il premier aveva parlato dei magistrati di Milano come un “cancro da estirpare”.
Parole che “colpiscono magistrati che, come i colleghi di Reggio Calabria, stanno contrastando con grande successo ed enormi rischi lo strapotere dell’organizzazione criminale — ha aggiunto Granata — e la sua penetrazione nell’economia del nord”.
Stesso entusiasmo, secondo l’esponente di Fli, verrà  manifestato da camorra e Cosa Nostra, “visti i ‘giudizi lusinghieri’ del premier sulla Procura di Palermo”.
E rierendosi alle imminenti elezioni amministrative, Granata conclude: ”Ci sono ancora dubbi sul partito che sarà  sostenuto dalle mafie?”.

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DONNE, MA SIETE MATTE A VOTARE PER IL PDL?

Maggio 8th, 2011 Riccardo Fucile

FLAVIA PERINA (FLI) : “BERLUSCONI HA SDOGANATO LA BATTUTA DA CASERMA E IL NARCISISMO DONGIOVANNESCO DA BAR,   ERIGENDOLI A DATO CULTURALE FONDANTE DEL PDL”…. “NELL’HAREM NON SONO PERMESSI ATTI DI AUTONOMIA”…. TRA CLASSIFICHE DI GAMBE E CULI, UOVA DI PASQUA CON SEXY-VIOLINISTA DENTRO E SLOGAN DEMENZIALI

Se avessi un milione di euro pagherei i più bravi creativi italiani per lanciare una campagna su scala nazionale sul tema: “Donne, ma siete matte a votare ancora il Pdl?”.
L’ossessione sessista del Partito dell’amore era già  molto sgradevole quando Berlusconi ne era il principale e quasi unico interprete.
L’attenuante dell’età  e lo stereotipo comunemente accettato della atipicità  del Caro Leader aiutavano a minimizzare dicendo: “Sì, ha una visione un po’ antiquata delle donne, ma è l’innocuo machismo di una persona anziana”.
Ricordo il fotofinish del congresso di fondazione del Pdl, quando Silvio chiamò sul palco “le nostre dame” facendo rabbrividire tutti con la frase “dov’è la zoccola” captata dai microfoni, o la cena di chiusura della campagna elettorale per le regionali del Lazio dove si intestò lo jus primae noctis sulle eventuali elette facendo sobbalzare il pubblico.
Vabbè, si diceva, “lui” è fatto così. Scherza. In fondo è inoffensivo.
In due anni “lui” è diventato “loro” perchè lo sdoganamento della battuta da caserma, del narcisismo dongiovannesco, della prepotenza da bar sport, è diventato qualcosa di simile a un dato culturale fondante per il Pdl.
Fabrizio Cicchitto è riuscito a fermare in extremis la pubblicazione su “Panorama” della classifica del “lato B” delle parlamentari stilata da un altro parlamentare del centrodestra, Giancarlo Mazzucca .
Nel numero attualmente in edicola, peraltro, è presente la top ten delle gambe delle onorevoli, firmata dallo stesso Mazzucca.
Servirà  per stabilire le future priorità  nelle liste?
A Milano il coordinatore del Pdl Renato Mantovani ha aperto la cena delle groupie berlusconiane dicendo: “Se Pisapia si deve accontentare della Concia e della Bindi noi possiamo dire di essere messi meglio”.
Mantovani è quello installato di recente al posto di Guido Podestà , “reo” di non aver impedito la raccolta di firme di Sara Giudice per le dimissioni della favorita del premier, Nicole Minetti: possiamo solo immaginare i criteri con cui il neo-nominato ha gestito le candidature in città .
Sempre a Milano, Letizia Moratti è stata pubblicamente costretta a passare sotto le forche caudine della riconciliazione con Roberto Lassini, quello dei manifesti sui giudici brigatisti, abbracciandone la moglie davanti a un pubblico plaudente: nell’harem non sono permessi atti di autonomia.
Il rimpasto di governo ieri ha premiato le “compiacenti” Catia Polidori e Daniela Melchiorre, con l’annuncio che il prossimo giro di valzer darà  i resti a Matteo Brigandì, leghista, cui viene comunemente attribuito il “merito” di aver dato una sbirciatina al dossier del Csm sulla donna più odiata dal premier, Ilda Boccassini, finita alla berlina per un “bacio rubato” a un fidanzato (trent’anni fa).
Un sottosegretariato per il “castigatore” della femmina irriducibile: roba da fare impallidire i talebani.
Che idee delle donne hanno, questi?
Ma c’è un altro Paese occidentale in cui si fa propaganda elettorale con il busto nudo di una sesta misura (Movimento Veneto Stato) usato per simboleggiare l’abbondanza del sistema federalista?
Oppure con lo slogan “Scopiamo” (Giangi Marra)?
Oppure con la frase “Per cambiare chi le ha?” associata alla foto di due palle?
E dov’è che una parlamentare (Gabriella Carlucci), per ingraziarsi il Caro Leader, deve dire cose come: per i miei figli adolescenti Berlusconi è un mito “anche perchè è super-potente da un punto di vista sessuale?”.
Gli slogan fallici di Umberto Bossi ormai sono il meno, perchè l’esaltazione degli attributi del Capo è addirittura tollerabile se confrontata al fenomeno emergente della sistematica denigrazione della donna, che deve sottomettersi al gioco della corte: il picco simbolico di questo cambio di passo resterà  la prima cena elettorale di questa campagna, dove a B. venne offerto dalla intera classe dirigente lombarda un uovo di Pasqua da cui spuntò una modella in abito sexy che suonava il violino.
Mi raccontano che alcune dirigenti presenti conservano sui cellulari la foto di quel momento.
Con orgoglio.
Le italiane sono matte a votare persone così?

Flavia Perina
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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L’INDEGNO SPETTACOLO LA RUSSA SCILIPOTI, CARICATURE DEL MACHO IN CRISI TESTOSTERONICA E DELL’EGO-PUNTURISTA ESIBIZIONISTA

Maggio 8th, 2011 Riccardo Fucile

IL MINISTRO INSULTA LE DONNE, IL SECONDO DELIRA IN TV, TIPICI ESPONENTI DEL GOVERNO DEI TAROCCATORI, DEI MISURATORI DI CULI E DEI SOTTOSEGRETARI ALL’ASTA…PARLARE PER UNA VOLTA DI DONNE INTELLIGENTI E LUMINOSE, BELLE O BRUTTE CHE SIANO, GLI E’ IMPOSSIBILE: IL LORO MODELLO DI STAGE E’ QUELLO DELLE MANTENUTE DELL’OLGETTINA

Venghino signori, venghino!
Questo è il governo dei lord inglesi, dei taroccatori e dei misuratori di culi, degli indagati, dei sottosegretari all’asta, questo è il centrodestra delle first ladies che si fanno pagare la campagna elettorale da Paperone.
E questo è anche — da stasera — il governo dei ministri con il culto della galanteria anglosassone: “Le donne elette con noi — dice infatti a una cena per Letizia Moratti il ministro Ignazio La Russa — non sono mai state brutte come quelle della sinistra”.
Venghino signori, venghino.
Tra festini, bunga bunga e alte prediche a favore della famiglia, invettive contro quegli sconsacrati pervertiti dell’Ikea.
Venghino: quell’onorevole che sta urlando come un energumeno in uno studio televisivo — per esempio — quel vanaglorioso che parla di sè in terza persona, quello che strepita e che urla, insomma, è l’onorevole Domenico Scilipoti.
Ovvero l’uomo che ha barattato l’agopuntura con la propria dignità , e che ha coniugato disinvoltamente i feroci proclami dipietristi di un tempo con le mollezze levantine del responsabilismo di oggi.
È l’uomo che non conosce la frontiera del ridicolo, e che usa Paracelso come un randello: “Camurri vergognati! Vergognati!”.
Cos’era successo?
L’onorevole Scilipoti del programma di Camurri (lo splendidamente risorto Mi manda Raitre) era solo ospite.
E non accettava il racconto che si stava facendo in studio, ovvero quello di una persona colpita dal tumore che era stato curato con la medicina alternativa senza nessun profitto.
L’onorevole responsabile che parla di sè in terza persona (forse ancora scottato per non essere stato infilato nell’infornata di sottosegretari al nulla foraggiati a spese nostre) ha letteralmente sbroccato, insultando il conduttore del programma: “Lei è uno speculatore, lei vive sulle disgrazie degli altri, lei si deve vergognare”.
Mentre La Russa diceva: “Dicono che Berlusconi fa eleggere solo le donne belle — sosteneva prendendo la parola dal palco dell’hotel Quark al termine della cena — non è vero, ci sono alcune elette non belle anche da noi, ma certo non raggiungono l’apice della sinistra, di donne di cui non faccio il nome”.
E così, la concatenazione apparentemente solo causale dei due eventi, di poco successiva alla classifica dei lati “B” delle parlamentari annunciata con tono ridanciano dal responsabile della comunicazione del Pdl Mazzuca, non a una suffragetta di sinistra, ma a una furibonda Alessandra Mussolini (“se solo ci provano a farla uscire stamperò sui muri le lunghezze umilianti dei loro microchip!”), così questa concatenazione diventa un segno dei tempi.
Così come l’insulto dell’onorevole La Russa, — come una voce dal sen fuggita — è il lapsus che rivela l’idea della donna che ormai albeggia all’ombra del Pdl, il partito che mette in quarta fila i suoi dirigenti per far posto alle gambe delle hostess (è successo al congresso), che candida le veline solo con la quarta e con la coppa larga, che difende i residence delle mantenute come se fossero una conquista della Democrazia e che esalta le buste da settemila euro alle ragazze che si fanno palpare nelle notti di Arcore come se fossero un prodotto della meritocrazia, uno stage conquistato a pieni voti.
A questi lampi di cattivo gusto, a questa estetica della canottiera siliconata (canottiera labiale, s’intende) rispose meravigliosamente Rosy Bindi quando disse a Silvio Berlusconi: “Non sono una donna a sua disposizione!”.
A questo governo in cui convivono gli antichi pregiudizi e la cialtroneria dei parvenues, non bisogna rispondere con il sorriso, con il colpo di gomito, e nemmeno con le veline di sinistra, che sono politicamente corrette, che fanno le deputate senza ruttare, e che si fanno raccomandare e inseminare con discrezione.
Al governo dell’agopuntura e del supercafonismo si può rispondere soltanto mandando nel prossimo Parlamento un plotone di donne: belle e brutte, precarie e cassintegrate, preparate e lontane dalle segreterie, intelligenti e luminose.
Venghino, signori, venghino: questo è il governo dei tombeur de femmes volgari, e degli sciamani agopunturisti che odiano le donne, con l’ego arroventato.
Questo governo di machi ipododati e grotteschi in crisi testosteronica, ancora non lo sa, ma ha scritto oggi il proprio epitaffio.

Luca Telese

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IL GRANDE FLOP: AL PALASHARP DI MILANO BERLUSCONI ATTACCA I PM, LA GENTE SE NE VA ANNOIATA

Maggio 8th, 2011 Riccardo Fucile

GLI ORGANIZZATORI SI ASPETTAVANO 10.000 PERSONE, NE SONO ARRIVATE SOLO 4.000… DOPO MENO DI UN’ORA SE NE VANNO A CENTINAIA, STANCHI DI ASCOLTARE LA SOLITA LITANIA DA MAGLIARO DELLA POLITICA… BERLUSCONI ORA TEME CHE IL BALLOTTAGGIO POSSA ESSERE L’ANTICAMERA DELLA SCONFITTA

La grande paura, il timore di non farcela a Milano al primo turno come chiesto a gran voce dal presidente del Consiglio, si materializza tra le file dei maggiorenti del Pdl lombardo, quando gli orologi segnano un quarto alle 18. Silvio Berlusconi sul palco del Palasharp, spostato in avanti di almeno un trentina di metri per far apparire il palazzetto più affollato, si è fatto serio. Dopo il consueto one man show dell’inizio, condotto a colpi di battute (poche) e di domande retoriche (molte), il premier per mezz’ora ha ritirato fuori tutti i vecchi cavalli di battaglia: i comunisti, i giudici, tasse, Gianfranco Fini.
E, rispetto al solito, ha alzato di poco l’asticella arrivando a definire tutti “i pm di Milano un cancro da estirpare”, per poi prendersela con il presidente della Camera.
È in quel momento che tra il pubblico si registrano le prime defezioni.
Sarà  stato per il fatto che Berlusconi stava parlando ormai da 45 minuti, o sarà  stato perchè un contestatore lo ha interrotto ed è stato portato via dalla security, ma all’improvviso il popolo azzurro si distrae. Annoiato.
E così dagli spalti la gente comincia a sfollare.
Escono subito in trecento, poi a poco a poco in tanti.
Tra i sedili restano bandiere e foulard azzurri abbandonati alla rinfusa.
Un brutto segnale.
Se davvero si dovesse giudicare da qui la campagna del Pdl a Milano, ci sarebbe da scommettere che il ballottaggio tra il sindaco uscente Letizia Moratti e il candidato del centrosinistra Giuliano Pisapia, è sicuro.
Del resto anche riempire (a metà ) la tensostruttura di Lampugnano (un quartiere della periferia) era stata una faticaccia. Il 21 aprile, con una dichiarazione al Corriere, il coordinatore del Pdl lombardo, Mario Matovani, aveva annunciato l’arrivo di “diecimila persone sotto il tendone del Palasharp, lo stesso di Eco, Saviano e del Popolo Viola”.
Insomma aveva lanciato un guanto di sfida a quelli di Libertà  e Giustizia che il 5 febbraio da lì avevano gridato: “Berlusconi dimettiti”.
Risultato: la sfida è stata persa per 10 mila a 4 mila .
E adesso anche la battaglia elettorale si fa davvero dura.
Il leader del Pdl pure ieri ha caricato di valore politico le amministrative. “Dobbiamo convincere gli indecisi”, ha detto, “è importante spiegare come il voto di Milano sia fondamentale per dare sostegno e forza al governo del paese. Milano con Letizia Moratti farà  da spinta alla nostra maggioranza per poter governare ancora due anni. Non possiamo nemmeno immaginare che Milano cada nelle mani delle opposizioni”.
Ma all’ombra della Madonnina c’è chi ormai lo immagina.
Sulla base dei numeri.
Nel 2006 Letizia Moratti ha vinto al primo turno con il 51,9 per cento dei voti contro il 47 per cento dell’anonimo sfidante, l’ex prefetto Bruno Ferrante.
Tra i due c’erano 34 mila voti di differenza.
Solo che oggi, anche a non voler considerare lo scarso appeal della Moratti nei confronti dei suoi concittadini e le tante inimicizie che si è fatta nel partito, il centrodestra corre senza l’appoggio dell’Udc e di un pezzo di An, quella che se ne è andata con Fini.
Così Berlusconi ha un bel dire di voler superare la quota di 53 mila preferenze personali toccata cinque anni fa.
L’impresa è difficile dicono i sondaggi.
Forse ancor più che la vittoria della Moratti al primo turno.
Per farcela, il premier ha rinforzato la scorsa settimana lo staff del suo quartier generale in viale Monza.
Ha aperto i cordoni delle borsa aggiungendo 3 milioni di euro del partito ai circa 9 stanziati dal sindaco (Giuliano Pisapia complessivamente spende un milione e mezzo).
Ha appositamente reclutato i portavoce dei suoi ministri lombardi e, all’ultimo momento, ha deciso di tentare di oscurare con un open bar non stop, il comizio di Pisapia — e relativo concerto di Roberto Vecchioni — previsto per venerdì in piazza del Duomo.
“Quel giorno”, ha detto Ignazio La Russa, “occuperemo via Dante con tanti aperitivi e musica dal vivo dalle 18 alle 23”.
Insomma, più alcol per tutti.
Nella speranza che gli avventori si spostino con il bicchiere in mano nella vicinissima piazza Castello dove, alle 18:30 , la Moratti parteciperà  a un comizio di Umberto Bossi.
Per il Pdl, del resto, una delle incognite vere è la Lega.
Alle comunali del 2006 ha preso pochissimo (poco più del 3 per cento), ma alle provinciali di tre anni dopo è quadruplicata.
Il suo uomo di punta, Matteo Salvini, attacca ogni giorno i cugini azzurri. “Escludo che i milanesi possano votare una persona del genere”, ha addirittura detto venerdì riferendosi a Marco Clemente, un candidato Pdl che, parlando con un presunto boss della ‘ndrangheta, augurava a un imprenditore vittima di estorsione “di morire come un cane”.
E, sempre guardando alle ultime provinciali, l’altro timore degli azzurri è il risultato del centro-sinistra che nel 2009, con Filippo Penati riuscì a spuntarla di un soffio a Milano città .
Certo oggi c’è una differenza.
In molti scommettono che il Movimento 5 Stelle, con il giovanissimo aspirante sindaco Matteo Calise, farà  il pieno di voti.
Beppe Grillo mercoledì ha riempito piazza Duomo.
Ma se Pisapia deve fare i conti con Calise, la Moratti teme Manfredi Palmeri, l’uomo del Terzo polo.
In caso di ballottaggio è possibile che parte dei voti di entrambe i candidati (i due elettorati sono fortemente anti-berlusconiani) finiscano a Pisapia.
E se i 5 Stelle rifiutano gli apparentamenti, con Palmeri il dialogo è già  ampiamente avviato.
Per questo Berlusconi “deve” vincere al primo turno.
L’ordine di scuderia è convincere gli indecisi.
E l’attacco forsennato alla magistratura serve anche a questo.
Per non parlare delle questioni locali, o degli incerti risultati di governo, e per riporre invece le elezioni come un referendum personale: o io, o loro, le toghe rosse.
In viale Monza sostengono che il caso di Roberto Lassini (l’aspirante consigliere comunale sotto inchiesta per i manifesti in cui la magistratura era paragonata alle Brigate Rosse) abbia permesso di guadagnare 5 punti.
Tanto che ieri Lassini (non presente al Palasharp) è stato lasciato libero di distribuire per la città  i propri santini elettorali.
Berlusconi punta insomma a ricompattare lo zoccolo duro dei suoi sostenitori. Solo che ieri, dopo 45 minuti discorso, identico agli interventi del passato, molti di loro hanno cominciato a dare evidenti segni stanchezza.
E a poco, a poco, hanno lasciato il Palasharp.

Peter Gomez e Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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IL DEPUTATO RAZZI USA LA SCORTA PER FARSI PORTARE LE RACCHETTE DA TENNIS

Maggio 8th, 2011 Riccardo Fucile

L’EX DEPUTATO IDV, PASSATO AI RESPONSABILI, UN MUTUO DA PAGARE COME GIUSTIFICAZIONE, OGNI GIOVEDI’ SI IMBARCA A FIUMICINO CON VOLO PER ZURIGO, DOVE RISIEDE…E LA SCORTA, ASSEGNATAGLI DA MARONI, GLI PORTA LE RACCHETTE

E’ arrivato a Fiumicino giovedì pomeriggio per imbarcarsi sul volo Swiss Air delle 14.50 diretto a Zurigo, dove risiede.
Raggiunto il gate, si è fatto consegnare il trolley e le racchette da tennis dai due uomini della scorta che gli sono stati assegnati a marzo.
Sotto gli sguardi esterrefatti degli altri passeggeri e degli addetti della compagnia aerea che però sono abituati ad assistere alla scena che, pare, si ripeta ogni settimana.
Del resto l’onorevole Antonio Razzi, ex dipietrista passato nella maggioranza il 14 dicembre per sostenere il governo Berlusconi, a Zurigo ci vive.
Nato nella provincia di Chieti, Razzi è stato eletto alla Camera nella circoscrizione estero Europa ed è per “i miei elettori”, ha spiegato nei giorni scorsi, che ha proposto l’abolizione dell’Ici per gli italiani all’estero.
“Lasciare l’Ici sulla prima casa sfitta a carico degli italiani residenti all’estero è una spiacevole e incomprensibile discriminazione”, ha detto.
Omettendo però che lui è proprietario di un immobile in Abruzzo che è diventato il simbolo nei mesi scorsi della compravendita parlamentare: il Pdl, infatti, gli offrì di pagargli il mutuo acceso per pagare quella abitazione in cambio della sua fiducia al governo.
E lo raccontò lui stesso.
Da quando si è iscritto al gruppo dei venduti, accogliendo le richieste del partito degli accattoni, gode di una scorta, assegnatagli come status symbol, non certo per reali esigenze di sicurezza.
Anche perchè non se lo fila nessuno.
Al massimo, il rischio che corre può essere relativo a qualche pallina da tennis vagante.
Le sue preziose racchette ora sono al sicuro: sono le uniche al mondo che godono di un servizio scorta a carico del contribuente italiano.

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LA PATACCA DI “LIBERO” E LO SCOOP BUFALA SUL PRESUNTO ATTENTATO A FINI

Maggio 8th, 2011 Riccardo Fucile

LE RIVELAZIONI DELL’IMPRENDITORE DI ANDRIA CHE HA INVENTATO TUTTO: “VOLEVO DIMOSTRARE QUANTO SIA FACILE MONTARE UN CASO GIORNALISTICO”….E SU BELPIETRO, CHE NON HA VERIFICATO LA NOTIZIA, L’ACCUSA DI PROCURATO ALLARME

Emanuele Catino è un piccolo imprenditore di Andria, provincia triangolare — la famosa Barletta Andria Trani — a nord di Bari.
Fino al 13 dicembre 2010 la sua vita è fatta di edilizia, olive e vino.
Oltre a un’insana passione per la politica, con dichiarate simpatie berlusconiane.
In quei giorni di avvicinamento alle forche caudine della fiducia alla Camera, il bravo Catino vuole dare una mano a Silvio.
Legge preoccupato i titoli dei giornali: governo in bilico e caduta del premier ormai possibile. Tutta propaganda e inutili allarmismi, si convince, decidendo di dimostrare all’Italia intera quanto sia facile manovrare i media per raggiungere un certo obiettivo.
Ed ecco il piano: inventare una bufala colossale anti Berlusconi spacciandola a un giornale particolarmente reattivo.
La storia è da noir delle Murge, il destinatario un attento Maurizio Belpietro che ascolta prima al telefono e poi di persona la grande rivelazione: qualcuno sta organizzando un attentato contro Fini, da tenersi in caso di sfiducia alla Camera e prima delle — probabili — elezioni anticipate.
Scopo ultimo dell’azione: far ricadere la colpa (e l’onta) su Berlusconi assicurando a Fini & nuovi alleati il successo alle urne.
La storia piace a Belpietro, che però non la pubblica subito.
Il governo ottiene la fiducia, Catino pensa di aver fallito la missione, ma la sorpresa arriva il 27 dicembre quando Libero spara l’inghippo, associandolo a ‘strane notizie’ di frequentazioni di una maitresse modenese da parte del presidente della Camera.
Quanto al fattaccio pugliese, l’editoriale di Belpietro aggiunge dettagli mai forniti dallo stesso inventore della favola: “Non avevo detto che l’attentato sarebbe stato organizzato ad Andria — ha spiegato l’altra sera Catino ad Annozero —. Ero stupefatto, mi sembrava impossibile che il direttore avesse pubblicato tutto fidandosi solo delle mie parole. Perchè mi aveva chiesto un riscontro con la fonte, ma io gli avevo spiegato che la soffiata arrivava dalla moglie dell’attentatore, una mia amante. Che non avrebbe mai parlato”.
Ma Belpietro l’ha più risentito dopo la pubblicazione?
Risposta: “Certo, e mi sono inventato pure che questa donna era stata picchiata dal marito, che era successo un macello. E lui, anche lì, non ha battuto ciglio. Tanto che a me la storia cominciava a sembrare perfino vera”.
Un tocco di realismo ce l’hanno messo i procuratori di Bari, Milano e Trani, che si sono concentrati sull’episodio.
Bari, raccolto il fascicolo di Trani, ha deciso di archiviare, mentre a Milano, il pm Armando Spataro, ha chiesto una condanna per procurato allarme .
Forse anche l’Ordine dei Giornalisti vorrà  dire qualcosa sui doveri di verifica delle polpette avvelenate, mentre Catino spera di uscire indenne dalla sua fantastica avventura: “Volevo solo dimostrare quanto sia facile montare un caso giornalistico e ingenerare nell’opinione pubblica diffidenza, sconcerto e alle volte anche odio nei confronti di Berlusconi” ha spiegato il malcapitato.
Certo, per Belpietro, proprio un periodo sfortunato con gli attentatori d’accatto. Prima la guardia del corpo che organizza una finta sparatoria giusto davanti al portone di casa sua.
Poi l’amico sconosciuto di Silvio che si rivolge proprio a lui per smascherare i tragici limiti del Libero arbitrio giornalistico.
Un colpo che Belpietro ha subito rilanciato di sponda contro Fini: tiro da maestro, rimbalzo sul muso a parte.

Chiara Paolin
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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PAVIA: “IL SERVIZIO AGLI ITALIANI” DEL PDL LO GESTISCE L’AMICO DEI BOSS

Maggio 8th, 2011 Riccardo Fucile

IL   PATRONATO CREATO DALLA BAMBRILLA, UNA SORTA DI CAF AZZURRO, AFFIDATO A PAVIA A DANTE LABATE, CONS. COM. PDL, INTERCETTATO MENTRE TIENE CONTATTI CON PERSONAGGI DELLE COSCHE

Il Caf creato dal ministro del Turismo apre due sedi nella città  lombarda.
A gestirlo Dante Labate, consigliere comunale azzurro, più volte intercettato mentre parla al telefono con i referenti delle cosche in Lombardia
Il presidente onorario è Silvio Berlusconi.
La sua funzione, quella del classico patronato: “sviluppare ed estendere — come recita lo slogan — il concetto di assistenza al cittadino e all’impresa, offrendo soluzioni concrete a problemi quotidiani, dal settore previdenziale a quello fiscale, dalla formazione al lavoro, alla difesa dei consumatori”. Insomma, “Pdl, al servizio degli italiani” è una specie di Caf azzurro, nato sotto l’egida di B. ma affidato in provincia a figure di partito con uno spiccato radicamento territoriale.
E a volte chiacchierate.
A Pavia l’associazione “al servizio degli italiani” arriverà  per iniziativa dell’attuale consigliere comunale, naturalmente in quota Pdl, Dante Labate. Ribattezzato sui blog che si occupano di notizie politiche pavesi, “l’iper-intercettato”, Labate ha riempito molte parti dei documenti riguardanti l’ultima grande operazione anti-‘ndrangheta effettuata in Lombardia, la “Infinito”. Spesso era al telefono con Carlo Chiriaco, il direttore sanitario dell’Asl che si vantava di essere tra i capi della ‘ndrangheta a Pavia; e con Pino Neri, il referente per le cosche nella regione motore economico del paese, dopo la morte del grande capo Carmelo Novella.
Labate non è indagato, ma stando alle indagini della distrettuale antimafia di Milano viene, suo malgrado, tirato in ballo da Chiriaco, “colui che si pone — scrivono i magistrati — come mediatore tra il mondo politico pavese e alti esponenti di ‘ndrangheta”.
Labate prosegue però la sua carriera tra le fila del Pdl.
Oltre a mantenere la carica in consiglio comunale, fa parte del direttivo dell’Aler di Pavia, l’ente che gestisce gli alloggi popolari.
Le recenti cronache, poi, riportano la sua partecipazione alla convention romana in cui l’associazione di patronato è stata costituita, alla presenza di Berlusconi e del ministro Michela Vittoria Brambilla.
A quest’ultima il compito di occuparsi dell’organizzazione pratica della struttura.
A Pavia sono previste due sedi, tutte nel centro della città : in piazzale Nenni e in corso Manzoni.
Labate s’è sempre detto sereno e minimamente preoccupato di fronte alle indagini della Boccassini e a quanto trapelato su giornali.
Del resto, altri componenti della sua famiglia sono finiti nel tritacarne della magistratura.
Suo fratello Massimo, anch’egli consigliere comunale ma a Reggio Calabria — città  d’origine della famiglia Labate — nel 2007 è stato addirittura arrestato per concorso esterno.
Ma nel 2010 il processo lo ha riconosciuto innocente e quindi assolto.
Nel febbraio di quello stesso anno Dante Labate commenta l’accaduto nientemeno che con Pino Neri: “Perchè c’è un assurdo logico e giuridico in tutti i campi…ma no…ma io me lo auguro…ed è una piena rivalutazione da un punto di vista… perchè se lo merita e glielo devono tutti…tutto l’ambiente…”.
L’oggetto era naturalmente il reintegro del fratello sulla scena politica e sociale.
Massimo Labate è stato consigliere comunale per Alleanza nazionale nella giunta di Giuseppe Scopelliti, prima che lo stesso diventasse Presidente della Regione Calabria.
Proprio Scopelliti sarà  a Pavia il prossimo 3 giugno a inaugurare i due centri “al servizio degli italiani”.
Labate li gestirà  assieme ai colleghi di consiglio, Giuseppe Arcuri, Carlo Conti e Valerio Gimiliano.
Con loro tre minacciò l’uscita dal partito lo scorso novembre, per dei dissidi intestini che paiono rientrati.
Il Pdl pavese, infatti, ha dovuto trovare a tutti i costi coesione in vista delle prossime votazioni, in programma il 15 e 16 maggio, per il rinnovo della Provincia.
Sui movimenti politici in previsione di quella scadenza, l’antimafia milanese si è abbattuta come uno tsunami.
Giancarlo Abelli e Giovanni Alpeggiani, pdl ed entrambi citati nell’inchiesta Infinito (non indagati), hanno mollato Vittorio Poma, l’attuale presidente, colui che avrebbe volentieri replicato il suo mandato.
Ma la Lega ne ha preteso la testa, per le dimissioni a cui costrinse Angelo Ciocca, consigliere regionale e assessore in provincia, fotografato assieme a Pino Neri.
Sarà  Ruggero Invernizzi il candidato del centro destra.
Poma lo osteggerà  come leader del terzo polo, appoggiato pure da “Rinnovare Pavia” di Enrico Filippi, altro nome citato da Chiriaco ma non penalmente rilevante.

argomento: Berlusconi, Costume, denuncia, Giustizia, governo, LegaNord, mafia, PdL, Politica, Provincia, radici e valori | Commenta »

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