Destra di Popolo.net

FINI INTERVISTATO DALLA ANNUNZIATA: “BERLUSCONI E’ ALLERGICO ALLE REGOLE, NON ARRIVERA’ MAI ALLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA”

Maggio 9th, 2011 Riccardo Fucile

“IL PATTO TRA ME E I PM? UNA PANZANA”….”SILVIO VORREBBE ESERCITARE IL POTERE SENZA CONTRAPPESI, MA NON LO SI PARAGONI A MUSSOLINI”…”NON SOPPORTO LE SUE COLOSSALI BUGIE”

«Io Berlusconi lo conosco bene, per questo ritengo sia doveroso contrastarne alcune sue pulsioni».
Non fa sconto alcuno all’ex alleato il presidente della Camera Gianfranco Fini, nel corso della registrazione dell’ultima puntata del programma di Lucia Annunziata Potere, che andrà  in onda stasera su Raitre.
Per il leader Fli, il presidente del Consiglio «non diventerà  mai presidente della Repubblica perchè nel prossimo Parlamento, nonostante responsabili e disponibili di varia natura e nonostante qualsiasi legge elettorale vorrà  inventarsi, non avrà  la maggioranza».
Fini ritiene inoltre che il berlusconismo sia «in fase di superamento» anche se il premier, è l’attacco del presidente della Camera, «non vuole rassegnarsi». Nessun pentimento dunque per la rottura di un anno fa con il leader del Pdl: Fini è convinto che Berlusconi sia un politico «allergico» alle regole e ai contrappesi della democrazia ma che non possa comunque essere paragonato a Benito Mussolini.
Ospite della Annunziata, infatti, il leader Fli rifiuta il paragone proposto dalla giornalista: « Mussolini appartiene a un’altra epoca, instaurò una dittatura. Berlusconi non c’entra nulla: è un uomo politico che accetta le regole della democrazia, magari le vuole piegare un po’ troppo al proprio tornaconto ma ha un consenso popolare. Non è un antidemocratico, nè tantomeno un aspirante dittatore».
Tuttavia, ha sottolineato Fini, «Berlusconi vorrebbe esercitare il suo potere senza alcun tipo di contrappeso» e questa è «una visione poco rispettosa della Costituzione. È allergico a ogni contrappeso, non conosce il dibattito in un partito, il contrasto, il voto in un partito. Ha uno spasmodico bisogno di sentirsi amato e quando non riesce a riempire di fatti le tante promesse finisce per avere bisogno di un nemico. Una volta il comunismo, una volta l’alleato infedele, il complotto internazionale, la magistratura politicizzata».
Per il presidente della Camera, inoltre, il premier oggi «non è giustizialista perchè è plurimputato» anche se «nel ’94», anno della discesa in campo del Cavaliere, «gli accenti giustizialisti» nella campagna del futuro capo del governo «c’erano e come».
Quanto alle accuse di Berlusconi di un patto tra Fini e i pm, il presidente della Camera torna a smentirle, apostrofandole come una «colossale panzana». «Non c’è astio tra me e Berlusconi – ribadisce il leader dei futuristi -. Io non sopporto le colossali bugie come quando lui dice “Fini se ne è andato”.
E l’altra colossale panzana di un patto tra me e i magistrati».

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FUTURO E LIBERTA’ A GENOVA MANIFESTA DAVANTI AL TRIBUNALE: “SE RUBY NON PUOI GOVERNARE”

Maggio 9th, 2011 Riccardo Fucile

GENOVA: IN OCCASIONE DELLA GIORNATA DELLA MEMORIA CONTRO LE VITTIME DEL TERRORISMO, PRESIDIO DI FLI STAMANE DAVANTI A PALAZZO DI GIUSTIZIA…RACCOLTE OLTRE 350 FIRME DI SOLIDARIETA’ ALLA MAGISTRATURA, PRESENTI TV E STAMPA

“Gli italiani devono continuare a essere uguali davanti alla legge e i giudici devono continuare a esercitare il loro ruolo in nome del popolo e nel pieno della loro indipendenza”.
E’ uno dei passaggi della petizione che, in occasione della Giornata della Memoria per i magistrati vittime del terrorismo, Futuro e Libertà  ha raccogliendo questa mattina davanti al tribunale del capoluogo ligure.
Il documento, «per il rispetto della legalità  e della costituzione», è stato redatto perchè «il governo Berlusconi – si legge in un volantino distribuito da   una ventina di attivisti che indossano magliette con su scritto “Se Ruby non puoi governare” – sta cercando di ledere, in maniera pesante e palese, l’autonomia e l’indipendenza della magistratura».
Al termine del presidio una delegazione di Fli Genova ha partecipato alla cerimonia ufficiale in ricordo delle vittime nell’aula Coco di Palazzo di Giustizia, unico partito presente con una propria rappresentanza.

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A VOLTE RITORNANO: SCAJOLA VERSO LA POLTRONA DI MINISTRO DELLE POLITICHE COMUNITARIE

Maggio 9th, 2011 Riccardo Fucile

IL POSTO ERA STATO LASCIATO LIBERO DA RONCHI E FINORA ERA STATO USATO DA “RICHIAMO” PER ALTRI POSSIBILI TRANSFUGHI… ENTRO GIUGNO NOMINATO SCAJOLA CHE COSI’ RINUNCIA A FARE LA FRONDA NEL PARTITO…PREVISTA UN’OFFENSIVA MEDIATICA PER PRESENTARE SCAJOLA COME UN MARTIRE DELLA GIUSTIZIA

Si direbbe: rieccolo.
E infatti, dopo tanti si dice , qualche rivendicazione interna al partito sostenuta con la voce un po’ forte e, infine, anche piccole minacce di consumare strappi lasciate cadere nell’emiciclo di Montecitorio per fare pressione sul Capo, ecco che finalmente Claudio Scajola è stato ufficialmente sdoganato da Berlusconi in persona.
Sarà  di nuovo ministro, quello delle Politiche Comunitarie, lasciato libero da Andrea Ronchi e non riassegnato fino ad oggi perchè tenuto dal Caimano come “richiamo” per i possibili transfughi dagli altri gruppi verso il Pdl.
Poi la crisi con la Lega ha fatto chiaramente capire al Cavaliere che Bossi non avrebbe accettato nessun “nuovo arrivato” su una poltrona di prima fila di governo e dunque tanto valeva riassegnarla a “sciaboletta” che, in fondo, secondo Berlusconi mai si sarebbe dovuto dimettere da ministro dello Sviluppo Economico.
Rieccolo, dunque. Per davvero.
Via del Fagutale, quell’appartamento con vista Colosseo comprato da chissachì a sua insaputa è ancora sfitto, non si riesce proprio a trovare qualche estimatore di questo ventennio che ci voglia andare a vivere.
E chissà  che Scajola, presto di ritorno a Roma dopo lunghi mesi di esilio ligure nella natia Imperia, non ci ributti un occhio sopra.
Ma si vedrà .
Intanto il suo ritorno è ormai stato pianificato.
L’altra sera, parlando con alcuni fedelissimi ad Arcore, il Cavaliere ha svelato di aver chiamato Scajola subito dopo la notizia, arrivata da Perugia, che il suo coinvolgimento nell’inchiesta G8 era stato definitivamente messo nel cassetto.
Poi, parlando con un fedele di Scajola, Roberto Cassinelli, si è lasciato sfuggire che “subito dopo le elezioni, metteremo su un’offensiva mediatica affinchè l’opinione pubblica si convinca che lui con l’inchiesta non c’entra veramente nulla; poi lo ripescheremo subito”.
Succederà , più o meno, così. Che dopo le elezioni il Cavaliere comincerà  a tenere sempre più vicino a se Scajola e probabilmente utilizzerà  la figura del proconsole ligure per attaccare ancora la magistratura, rea di aver “sottratto per lungo tempo alla politica una persona per bene infangandola con accuse che poi si sono dimostrate destituite da ogni fondamento”.
Insomma, Scajola simbolo in carne ed ossa della mala giustizia che “ha pagato fino troppo per non aver commesso nulla”; per farla breve, un “martire”.
L’opinione pubblica, che ancora oggi, secondo i sondaggi di Berlusconi, non vede di buon occhio Scajola, non potrà  che cambiare idea.
A qual punto basterà  attendere il momento giusto — che sarà  prima dei referendum perchè il colpo mediatico contro la magistratura servirà  in quel momento — e Scajola sarà  di nuovo ministro.
Per scaramanzia i suoi fedelissimi l’altro giorno non hanno voluto svelare la data che avrebbe in testa il Cavaliere, “perchè Claudio ha già  sofferto troppo”, ma si parla di chiudere la questione entro giugno.
Ignazio La Russa, non certo amico di Scajola, messo davanti all’eventualità  di ritrovarselo accanto nel governo, avrebbe dato il suo placet; meglio lì che al suo posto come coordinatore unico del partito.
E, in fondo, Scajola di nuovo ministro piace anche a Tremonti.
I due l’altro giorno sono stati visti parlare a lungo insieme in aula, la mano di Scajola su quella del titolare dell’Economia in un atteggiamento che tradiva una complicità  affettiva ben superiore alla semplice colleganza.
Dal canto suo “Sciaboletta”, fiutata l’aria e ricevute le assicurazioni infomali del caso direttamente dal Capo nella telefonata di “congratulazioni” per l’avvenuto proscioglimento definitivo dalla vicenda G8, ha immediatamente rimesso nel cassetto tutte le sue bellicose idee di dar vita ad un gruppo parlamentare autonomo con un numero di parlamentari al seguito che, secondo stime interne al Pdl, potevano aggirarsi intorno a 25.
Con la riesumazione di Scajola, Berlusconi poi si è messo al riparo da una possibile scissione interna che poteva essere molto più dolorosa di quella operata da Fini e fa contento pure Bossi evitando di vendere una nomina di primo piano come pagamento di una cambiale ad uno dei Responsabili rimasti a bocca asciutta nel rimpasto dell’altro giorno (casomai proprio Pionati).
Insomma, un piano studiato nei dettagli; e Scajola è di nuovo tra noi.

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ECCO PER COSA SI DIMETTONO I POLITICI ALL’ESTERO: ANCHE PER AVER PAGATO CON SOLDI PUBBLICI UNA BARRA DI TOBLERONE

Maggio 9th, 2011 Riccardo Fucile

DA NOI NON SE NE VANNO NEANCHE DOPO DUE CONDANNE PER MAFIA… UNA SERIE DI CASI PER CUI I POLITICI STRANIERI SI SONO DIMESSI….LA FORMAZIONE PROTESTANTE INCIDE, MA SOPRATTUTTO IL FATTO CHE ALTROVE ESISTONO REGOLE, DA NOI NO

Cadono per lussuria, gola, superbia, ma anche per molto meno.
Raffiche di sms dal telefono di servizio a una spogliarellista (Ilkka Kanerva,
ministro degli esteri finlandese).
Una partita pantagruelica di sigari rimborsati a pie’ di lista (Christian Blanc, ministro per lo sviluppo francese).
Spiritosaggini con i giornalisti (Minoru Yamagida, ministro della giustizia giapponese).
Se sei un politico, altrove, basta e avanza per dimetterti.
Nell’ultimo mese hanno abbandonato almeno in due.
Il senatore repubblicano del Nevada John Ensign per una tresca con una sua dipendente sulla quale il comitato etico indaga da quasi due anni.
E il deputato indonesiano Arifinto, il cui Partito della prosperosa giustizia islamica aveva ispirato una draconiana legge anti-pornografia, beccato in aula a guardare un film a luci rosse.
A marzo ha lasciato Seiji Maehara, ministro degli esteri giapponese, reo di aver accettato 500 euro da una vecchietta che si è scoperto poi essere cittadina sudcoreana (la legge lo vieta per evitare interferenze straniere nella politica nazionale).
E Karl-Theodor zu   Guttenberg, la cause celèbre.
Nobile, bello, ministro delle difesa tra i preferiti del governo Merkel. Sino a quando la Sà¼ddeutsche Zeitung rivela che ha copiato parte della tesi di dottorato. Lui prima rinuncia al titolo di studio. Poi presenta le dimissioni. Con la faccia del samurai che si avvia al seppuku politico.
A scartabellare gli archivi dei giornali non passa mese senza che casi analoghi si verifichino.
Ingigantendo, per contrasto, l’allegra anomalia italiana di un premier ancora impassibilmente sulla poltrona dopo essere scampato alla giustizia per amnistie, prescrizioni e cambiamenti di legge in extremis.
Esagerano loro o sottovalutiamo noi?
E, soprattutto, a cosa si deve questa differenza culturale?
Intanto c’è un elemento religioso. «Per il cattolicesimo, filtrato dal senso comune, mai nulla è così grave da determinare una seria crisi di coscienza» spiega Sergio Fabbrini, direttore della School of government della Luiss, «basta una confessione per poter ricominciare da capo. Nei paesi protestanti questo azzeramento è molto più difficile. Il rapporto con dio è individuale, ogni persona — politici inclusi — risponde per se stessa. Perciò quelle opinioni pubbliche sono molto meno accomodanti della nostra».
Così, quando al presidente tedesco Horst Koehler in visita a Kabul nel maggio scorso scappa detto che «un Paese concentrato sull’export deve rendersi conto che sviluppi militari sono necessari per proteggere i nostri interessi» i tedeschi, contrari alla guerra in Afghanistan, lo crocifiggono .
Per arrivare all’estremo di Rhodri Glyn Thomas, ministro della cultura gallese, che   ha gettato la spugna per essere entrato fumando un sigaro acceso in un pub dov’era vietato, a poche settimane dalla gaffe di aver svelato il vincitore di un importante premio letterario.
«La grande differenza» dice ancora Fabbrini, autore del recente “Addomesticare il principe”, «sta nell’idea di leader. L’Italia, da sempre allergica alle èlite, ne vuole uno “come noi”, non c’è discontinuità  tra chi comanda e chi è comandato. All’estero no: lo vogliono “diverso da noi”. Obama, Clinton, Kennedy vengono dal circuito Harvard-Yale.
Abituati a parcheggiare in terza fila, passare col giallo e così via, preferiamo qualcuno che replichi i nostri difetti civici. Ma a quel punto chiederne la testa diventa impensabile».
Differenze confessionali, avversione per la classe dirigente: tutto necessario ma ancora non sufficiente a spiegare l’italica «sindrome SuperAttack» al potere.
Perchè nella pur pia Spagna il ministro della giustizia Mariano Fernandez si dimette nel febbraio 2009 sul semplice sospetto che possa aver cercato di interferire nelle indagini del giudice Baltasar Garzà³n sui membri dell’opposizione.
O quello dell’economia portoghese Manuel Pinho fa le valige nel luglio 2009 dopo aver dato ostentatamente del cornuto al capo del partito comunista per una divergenza di opinioni.
«Il dato cultural-antropologico esiste ma per spiegare il nostro eccezionalismo va ricordato» sostiene Alessandro Campi, direttore della Fondazione FareFuturo, «che mentre gli altri sistemi politici hanno regole, scritte e non, oltre le quali è impensabile andare, il nostro è da questo punto di vista un Paese totalmente destrutturato, con i meccanismi di sanzione saltati negli ultimi anni. La dialettica democratica richiede un’opinione pubblica vigorosa che si alimenti di una libera informazione. Ma se questa, e quasi tutto il resto, appartiene o è controllata da una sola persona, come nella deriva berlusconiana, chi dovrebbe innescare la reazione?».
Dai protestanti mutiamo giusto la natura diretta della relazione con la divinità , dirottandola però sul leader.
Il politologo Gianfranco Pasquino data lo spostamento nel 1994.
«Quando il candidato democratico Gary Hart si dimette sulla notizia che ha un’amante lo fa per non danneggiare il suo partito. Idem nei tanti esempi di cui lei parla. La discesa in campo di Berlusconi però cambia il rapporto degli elettori con la politica: non passa più attraverso il partito ma si salda direttamente al capo carismatico. Aggiungete poi il sistema uninominale che li blinda e vi accorgerete che da noi chiedere conto a un politico è impossibile».
La vice-premier svedese Mona Sahlin nel ’95 si fece da parte per aver pagato coi soldi pubblici una barra di Toblerone.
Le sembrava un peccato capitale.
Il senatore Marcello dell’Utri reputa evidentemente veniale una doppia condanna per associazione mafiosa.
Per non parlare delle pinzillacchere di 16 dibattimenti penali da cui è rocambolescamente passato il suo amico di sempre.
Nell’annunciare il suo passo indietro per difendersi in tribunale da varie accuse di corruzione l’allora premier israeliano Ehud Holmert dirà  «Sono orgoglioso di essere cittadino di un Paese in cui il primo ministro può essere inquisito come tutti».
Chissà  che emozione essere cittadini di un Paese con un presidente del consiglio così.
Inimmaginabile.

(da “PNE Presi dalla rete”)
Riccardo Stagliano

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A LONDRA IL DIVIETO DI SOSTA VALE ANCHE PER LA POLIZIA

Maggio 9th, 2011 Riccardo Fucile

UNA PICCOLA STORIA CHE IN GRAN BRETAGNA HA SUSCITATO SCANDALO CI FA RIFLETTERE SULLE ABITUDINI NOSTRANE….DA NOI LE AUTO BLU SFRECCIANO OVUNQUE, FREGANDOSENE DEI DIVIETI

Londra. Un pulmino della polizia parcheggia con i lampeggianti blu accesi nelle strisce riservate alla fermata del bus.
Il fatto attrae l’attenzione dei passanti che pensano a un intervento di emergenza, una chiamata al 999 (il nostro 113).
Invece niente inseguimenti nè concitazione.
Uno solo dei due agenti scende con calma dalla vettura e si dirige a passo lento verso un Costa caffè, per poi ritornare senza fretta verso il pulmino portando due caffè in mano.
È successo in Temple Fortune Road, Barnet, sobborgo di Londra.
È il seguito a rendere stupefacente questa storia: quando capiscono che non si trattava di un intervento di emergenza ma di una pausa caffè i passanti da incuriositi diventano scandalizzati e indignati.
Così Mr Defanoir si rivolge alla polizia denunciando il grave abuso di potere.
Il fatto finisce sull’Evening Standard, quotidiano pomeridiano distribuito gratuitamente nelle metropolitane che finisce nelle mani di qualche milione di lettori londinesi.
Il giornale intervista il testimone che dichiara: “Il conducente se ne stava lì seduto e si guardava intorno in modo furtivo e io ho pensato che fosse un comportamento strano. Per questo ho deciso di aspettare, così ho visto l’altro che usciva da Costa portando due caffè. Ho pensato che fosse un abuso assoluto dei loro privilegi e l’ho detto a quei due. Se avessi parcheggiato io mi sarei beccato una multa. Loro hanno bloccato il traffico fermandosi in una corsia per i bus”.
Non finisce qui.
All’indignazione verbale seguono i fatti.
Perchè l’indignato Mr Defanoir si è rivolto alla stazione di polizia per lamentarsi.
E lì sì hanno dato una bella strigliata ai due agenti.
Il capo Neil Searbridge ha dichiarato, sempre all’Evening Standard: “Incoraggiamo i nostri agenti ad avere rapporti e a servirsi nei negozi locali, ma lo devono fare nella maniera giusta. Questo tipo di comportamento è inaccettabile”. Quindi i due sono stati ammoniti e posti sotto “stretta sorveglianza”.
Abituati a ben altri tipi di abusi — ad auto blu che sfrecciano fregandosene di qualsiasi divieto, si fermano sui marciapiedi, tagliano la strada, parcheggiano ovunque, a corsie preferenziali dove scorrazza impunito ogni tipo di mezzo non autorizzato — a storie del genere viene da sorridere, ma si rimane interdetti.
Perchè ci domandiamo se sono loro (gli inglesi) degli ottusi nevrotici ossessionati dall’ordine e dalle regole, incapaci di prendere la vita con un po’ più di leggerezza.
Oppure noi (gli italiani) ad aver abbassato ormai il livello della tolleranza al punto che niente è più in grado di farci indignare, figuriamoci una vicenda così futile.
E quindi pensiamo che sono loro gli ottusi nevrotici ossessionati dall’ordine e dalle regole eccetera…

blog Caterina Soffici

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I NUOVI SOTTOSEGRETARI “RESPONSABILI” CI COSTERANNO TRE MILIONI DI EURO L’ANNO

Maggio 9th, 2011 Riccardo Fucile

AI 15.000 EURO CHE RICEVONO GIA’ PER LA CARICA   DI DEPUTATO O SENATORE SI AGGIUNGERANNO 3.112 EURO MENSILI, UN CAPO DI GABINETTO DI FIDUCIA (STIPENDIO DA 10.000 EURO AL MESE), L’AUTO BLU CON DUE AUTISTI,   UN UFFICIO STAMPA, ALMENO DUE FUNZIONARI DI LIVELLO… 350.000 EURO L’ANNO IL COSTO MEDIO DI CIASCUNO NUOVO COMPONENTE DEL GOVERNO BERLUSCONI-SCILIPOTI

I sette deputati e due senatori, arrivati giovedì a ricoprire ruoli di governo nell’ambito dei ministero dello Sviluppo Economico, all’Agricoltura, ai Beni Culturali, alle Infrastrutture, al Welfare e all’Ambiente non diventeranno forse ricchi per questo, ma non costeranno neanche poco al contribuente italiano.
Ai 14-15mila euro che già  ricevono mensilmente per il loro lavoro in Parlamento, aggiungeranno infatti “solo” i 3112 euro lordi per 13 mensilità  (40.456 euro l’anno) che vengono riconosciuti al sottosegretario che ricopre il ruolo unitamente a quello del deputato o del senatore.
È infatti questo il caso in cui ricadono tutti e nove i neo-sottosegretari.
I costi maggiori sono infatti quelli relativi alla “struttura” che dovrà  essere formata per mettere in condizione il sottosegretario di poter lavorare.
Seppure debba essere in armonia con il ministero in cui viene incardinata (e quindi, in linea del tutto teorica, obbedire a criteri di efficienza e minor costo), il sottosegretariato deve poter disporre di un “capo di gabinetto” e di un’auto blu.
Pare strano a enumerarli assieme, ma sono questi infatti i due “strumenti” necessari perchè il sottosegretario inizi a operare.
Per quanto riguarda il “capo di gabinetto”, anche qui, in linea del tutto teorica, si dovrebbe poter nominare alla carica un funzionario di fascia alta che lavori già  nella pubblica amministrazione.
Ma, di norma, ogni sottosegretario porta con sè un uomo di propria fiducia, un esterno che andrà  a costare alle casse dello Stato tra i 150 e i 170mila euro l’anno.
Per intenderci, solo per pagare gli stipendi agli estranei alla pubblica amministrazione che lavorano nelle segreterie dei “sottosegretari della Presidenza del Consiglio”, l’anno scorso sono stati spesi 1.036.479 euro. Queste stesse figure di “esterni”, assunte nei ministeri senza portafoglio e nei sottosegretariati con delega dei ministri ammontava a quasi sei milioni di euro (5.945.251).
Insomma, l’andazzo è questo e sarebbe una sorpresa che fosse smentito.
Il sottosegretario potrebbe aver bisogno anche di un paio di figure amministrative (che verrebbero trasferite da altri uffici del medesimo ministero, acquisendo, semmai, specifiche qualifiche) e di un ufficio stampa, ma non può rinunciare all’auto blu e ai due autisti che devono condurla. Quindi altri due stipendi per l’intera durata dell’esecutivo e il leasing per l’autovettura (si prediligono auto di alta gamma per non far sfigurare il sottosegretario rispetto al proprio ministro).
Tutto sommato, con le economie di scala possibili, un sottosegretariato arriva a costare circa 350mila euro l’anno.
Cifra che, sommata a indennità , diaria, cura del collegio e benefit vari di deputati e senatori, ne fa uomini e donne da mezzo milione di euro l’anno.
Non è poco se si pensa che, a volte una volta nominati sottosegretari non si ottiene nessuna delega, vale a dire nessun argomento da seguire all’interno del ministero.
Chi ha memoria ricorda come il sottosegretario Giuseppe Pizza, l’uomo che deteneva il simbolo della Dc e che quindi fu prezioso per l’elezione di Silvio Berlusconi, fu lasciato senza delega dal ministro Gelmini per mesi e mesi.
In un divertente pezzo sul Corriere della Sera, Gian Antonio Stella ce lo racconta come il personaggio di un’Italia bizzarra: “Pino fa parte dell’organico. Va a presenziare all’ambasciata di Parigi al premio «Giuseppe Colombo». Interviene al convegno «Eurospazio: strategie per il futuro».
Rappresenta il governo al simposio su «L’Italia al Polo Nord – Una nuova prospettiva di ricerca in Artico».
Invia messaggi di scuse per l’assenza alla «S. Messa in suffragio del compianto amico prof. Diomede Ivone, di cui serbiamo preziose testimonianze dei suoi studi sul cattolicesimo politico e sindacale».
Cose così… «E da noi non ci viene nessuno?».
«Se volete, Pizza»”.
Ora ci assicurano che entro quindici giorni, come da legge, i nove uomini d’oro chiamati a puntellare il governo di Silvio Berlusconi avranno ricevuto il proprio compito e potranno essere messi in grado di operare.
Piacendo ai ministri che li hanno in carica, ovviamente.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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RIFIUTI A NAPOLI, LO SPOT ELETTORALE DEL GOVERNO: ARRIVA L’ESERCITO CON PIU’ TELECAMERE DEL TG1 AL SEGUITO CHE ADEGUATI MEZZI OPERATIVI

Maggio 9th, 2011 Riccardo Fucile

DURA NOTA DELL’AZIENDA COMUNALE DI RIMOZIONE DELLA SPAZZATURA: “UTILIZZO STRUMENTALE DEI SOLDATI A BENEFICIO DELLE TELECAMERE”….”SIAMO SOMMERSI DA 3.800 TONNELLATE DI RIFIUTI, I MEZZI DELL’ESERCITO POSSONO PRELEVARE POCHISSIMA IMMONDIZIA E IN   DISCARICA HANNO LA PRECEDENZA SUI NOSTRI MEZZI CHE VENGONO COSI’ BLOCCATI”

Arriva il contingente (incolpevole) di 160 militari.
Divisi in quattro turni potranno affrontare ogni giorno solo 60 tonnellate di rifiuti.
E tuttavia va in onda il marketing della rimozione.
Ed esplode la guerra sull’uso elettorale della crisi. La scintilla si accende dinanzi all’impianto di Giugliano.
È bastato che, a dispetto di una immobile colonna di 52 camion dell’Asìa, carichi di 1500 tonnellate e in attesa di scaricare da 19 ore, avessero la precedenza a entrare 8 automezzi dell’Esercito che portavano soltanto 19 tonnellate: ma scortati da polizia e telecamere Rai
Esplode così la rabbia dei dipendenti di Asìa, e a sera arriva una durissima nota del Consiglio di amministrazione.
Asìa usa toni durissimi: «A Napoli è disastro».
Condanna le «scelte offensive per i napoletani». Annuncia «azioni clamorose», come un prossimo Cda a Giugliano.
Ciò che «non è più digeribile», come spiegano i vertici addirittura al prefetto prima di inviare la nota alle agenzie, è che, «mentre i nostri dipendenti restano in attesa 19 ore per mancanza di sversatoi, il Tg1 manda alle 20 le immagini dei soldatieroi che salvano Napoli dai napoletani incapaci e fannulloni. E intanto Napoli è a quota 3700 tonnellate abbandonate in strada. Ora basta».
Era scontato che una Napoli devastata dai rifiuti, come nei tempi più bui, desse uno stanco saluto ai militari che tornano per l’ennesima volta, su disposizione del governo, ad occuparsi della crisi.
Nessuno prevedeva, invece, la triste scena della “precedenza” all’ingresso di un impianto già  intasato da giorni.
Centosessanta militari provenienti dal Genio Guastatori di Caserta.
Dotati di piccoli mezzi adatti al movimento terra più che ai rifiuti, i soldati arrivati ieri possono raccogliere solo fino a 60 tonnellate al giorno: a dispetto delle 3.750 che sfigurano la città , delle mille che soffocano Quarto, delle altre 2 mila stipate nei camion e delle 2mila distribuite nel resto della provincia.
Motivati e zelanti, come sempre, sono soldati a cui tocca stavolta il danno e la beffa.
Non solo lavoreranno, per la prima volta da quando sono coinvolti   nell’emergenza, senza poteri straordinari e senza alcuna struttura di raccordo nè con la vecchia Unità  operativa, nè con la Protezione civile; ma con addosso il malumore per i mancati impegni economici assunti con loro, in questi anni, da parte del presidente del Consiglio.
Sono i 160 che dovranno compiere il nuovo miracolo?
Un dubbio che aleggia, pur sotto una coltre di riserbo ufficiale, nei loro stessi ambienti.
In più, ecco la durissima nota di Asìa che, fatto salvo l’impegno del contingente, condanna l’uso mediatico della scelta.
«Nel pomeriggio, 8 automezzi dell’esercito hanno avuto precedenza assoluta nello Stir di Giugliano trasportando circa 19 tonnellate da Quarto, accompagnati dalle truppe della Rai. Questo accadeva mentre decine di autisti da oltre 19 ore aspettavano il loro turno per scaricare e tornare a raccogliere i rifiuti a Napoli. L’indignazione dei nostri lavoratori sorpassati per esigenze televisive e magari accusati di non lavorare quando gioca la squadra del Napoli, è l’indignazione di tutta l’Azienda», puntano il dito i vertici dell’azienda, nella nota ufficiale.
Che prosegue: «Non è l’unica beffa della giornata poichè la società  provinciale Sapna ci ha comunicato la possibilità  di conferire 500 tonnellate allo Stir di Tufino, ormai riparato (…). In realtà  di domenica lo Stir di Tufino resterà  chiuso per riposo e le 500 tonnellate le esauriremo in poche ore. Il Cda di Asìa si riserva di assumere ogni iniziativa, anche la più clamorosa».
Anche l’assessore comunale all’Igiene urbana Paolo Giacomelli è sul piede di guerra.
Lancia un sos al prefetto. «Tutto questo non ha senso, non si accettano corsie preferenziali per i camion. Oltretutto il personale in attesa di sversare è tutto in servizio straordinario. Il prefetto intervenga».

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ETICA LEGHISTA: MAURO GALEAZZI, INDAGATO E CANDIDATO

Maggio 9th, 2011 Riccardo Fucile

L’ASSESSORE DELLA LEGA DI CASTEL MELLA PASSA DIRETTAMENTE DAL CARCERE ALLA CAMPAGNA ELETTORALE…ERA FINITO IN MANETTE CON L’ACCUSA DI PECULATO, INSIEME AD ALTRI, PER TANGENTI…LA LEGA, A PAROLE, LO AVEVA SOSPESO, ORA FA FINTA DI DIMENTICARSI DI AVERLO IN LISTA

Indagato e candidato.
E non è uno scherzo perchè Mauro Galeazzi, una volta scarcerato, ha confermato la sua candidatura alle amministrative nel comune bresciano di Castel Mella.
L’assessore della Lega Nord (e portaborse dell’assessore provinciale Prandelli) accusato di peculato e atto contrario a dovere d’ufficio ha infatti ribadito la sua presenza nella lista elettorale.
Bando alle ciance e pure alla sospensione ricevuta dalla sezione provinciale del partito di Bossi.
Il leghista Galeazzi sarà  in lista a perorare la causa dei tanti “onorevoli politici” che, pur essendo indagati ritengono utile per il Paese la loro candidatura.
Ma torniamo alle vicende di Galeazzi legate alla tangentopoli scoppiata ad aprile nella più leghista delle province padane: Brescia.
In manette oltre a lui erano finiti il collega di partito Marco Rigosa (capoufficio tecnico di Galeazzi e a sua volta assessore in un altro Comune), un geometra e il futuro costruttore del centro che doveva sorgere in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale.
La tangente sarebbe dovuta servire per ammorbidire la Soprintendenza.
Tutti rimangono agli arresti domiciliari ad eccezione di Galeazzi che ricevuta la notizia del provvedimento che annulla la sua custodia cautelare ha ufficialmente aperto la sua campagna elettorale.

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