Maggio 24th, 2011 Riccardo Fucile GRAZIE ALLE NORME VARATE PER AIUTARE LE PICCOLE IMPRESE, IL SINDACO E IL MARITO PETROLIERE ISCRIVONO A BILANCIO PER DECINE DI MILIONI LA LORO ABITAZIONE E COPRONO I BUCHI DELLA HOLDING DI FAMIGLIA
Una casa da sogno in pieno centro di Milano. 
Piscina in terrazzo e giardino pensile con tanto di orto botanico a pochi metri in linea d’aria dalle guglie del Duomo.
E poi arredi opulenti, Tintoretto alle pareti e mobili di gran pregio.
Il tutto per centinaia di metri quadrati disposti su più piani.
Ecco la casa di Letizia Moratti, descritta da chi la frequenta. Lusso fine a se stesso, direte voi. Roba da super ricchi.
Non solo. Perchè questa dimora sfarzosa è diventata anche una macchina da soldi. Decine di milioni di euro che sono serviti a coprire i buchi in bilancio della Securfin, la holding controllata dal sindaco di Milano e dal marito, il petroliere Gianmarco Moratti.
Possibile? Eccome: i Moratti, una delle famiglie più ricche d’Italia, una fortuna miliardaria costruita sul marchio delle raffinerie Saras, hanno cavalcato alla grande una norma contenuta nel decreto anti-crisi varato nell’autunno di tre anni fa da Silvio Berlusconi.
Una norma studiata per dare una mano ai piccoli e medi imprenditori messi alle strette dalla crisi. E invece è andata diversamente.
Letizia e Gianmarco Moratti hanno rivalutato in un colpo solo di ben 55 milioni gli immobili che fanno capo alla Securfin.
Tra questi anche la casa dove abitano insieme alla figlia, alla nipotina e svariati gatti e cani.
L’altro figlio Gabriele si è nel frattempo dedicato a costruirsi una dimora su misura, l’ormai celebre “casa di Batman”, finendo sotto inchiesta penale per abusi edilizi.
Tutto secondo legge, invece, per Moratti mamma e papà .
Con il piccolo particolare che gli aiuti pensati per dare ossigeno al sistema produttivo in crisi sono andati anche al petroliere e alla consorte.
I quali, a occhio e croce, non sembrano esattamente sull’orlo del fallimento.
Giusto per dare un’idea della situazione, va segnalato che Gianmarco Moratti e il fratello Massimo (il presidente dell’Inter) nel 2006 si sono spartiti quasi 2 miliardi di euro frutto del collocamento in Borsa delle azioni Saras.
L’operazione si è risolta in un disastro per gli investitori, tra cui migliaia di piccoli risparmiatori che hanno visto colare a picco nel giro di poche settimane le quotazioni dei titoli. In compenso i Moratti hanno fatto il pieno di milioni.
E già che c’erano, Lady Letizia e il marito hanno pensato bene di attingere agli aiuti di Stato
È andata così. Nell’autunno del 2008 il crac della finanza mondiale colpisce pesantemente l’economia reale. I governi corrono ai ripari. E anche Roma si muove. Soldi pubblici per aiutare le aziende in crisi. Sgravi fiscali per dare una mano agli imprenditori.
La retorica di governo, copyright Giulio Tremonti, descrive così l’intervento dell’esecutivo per rilanciare il sistema produttivo.
C’è il bonus per invalidi e pensionati, il tetto ai mutui, nuovi fondi per scuole.
Di più: a quei tempi il ministro Tremonti si dilettava con la cosiddetta Robin Hood tax, che, diceva lui, doveva servire a tagliare gli scandalosi profitti dei petrolieri. Compresi, ovviamente, anche i Moratti.
La tassa inventata dal ministro di Sherwood non ha dato i frutti sperati.
In compenso i padroni della Saras sono riusciti a rimettere in sesto i conti di famiglia con i soldi garantiti dal decreto anticrisi.
La notizia si nasconde tra le pieghe del bilancio della Securfin, la società di Letizia Moratti e del marito Gianmarco.
Nella relazione che accompagna i conti del 2008 si legge che “è stata operata la rivalutazione sugli immobili patrimoniali posseduti dalla società ” così come previsto dal decreto legge 185/2008, meglio conosciuto come decreto anti-crisi.
Significa che palazzi e terreni di proprietà di Securfin alla fine del 2007 erano iscritti a bilancio a costi storici, meno di 10 milioni di euro.
La norma sponsorizzata da Tremonti consente di rivalutare i beni immobili delle aziende adeguandoli ai prezzi di mercato. Il gioco è fatto, allora.
Ai Moratti è bastato sfoderare la perizia ad hoc di un esperto che fissasse i valore dei loro palazzi.
Ed ecco che la voce immobili si è rivalutata di ben 55 milioni.
Colpo grosso, insomma. E senza pagare neppure un euro di tasse sulla rivalutazione, perchè così stabilisce il decreto.
Come si spiega la manovra?
Perchè mai i Moratti hanno scelto di sfruttare gli aiuti anticrisi? Semplice.
La Securfin holding ha perso centinaia di milioni a causa del disastroso andamento della controllata Syntek, la società tedesca fondata nel 2000 da Letizia Moratti in persona.
Nel 2008 Securfin ha chiuso il bilancio in rosso per 44 milioni, dopo aver perso 112 milioni l’anno precedente.
Ecco allora a che cosa serviva la rivalutazione degli immobili.
Quei 55 milioni, dedotti gli ammortamenti, sono finiti in un’apposita riserva di bilancio per 40 milioni.
Una riserva prosciugata per far fronte alle perdite del 2008.
Missione compiuta.
Grazie a Tremonti, il ministro Robin Hood.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 24th, 2011 Riccardo Fucile LAVORATORI PRESI A MANGANELLATE, ASSALTO ALLA PREFETTURA… ESPLODE LA RABBIA OPERAIA ANCHE A CASTELLAMMARE… IL GOVERNO DORME, LA LEGA TUTELA SOLO MARGHERA
Esplode la protesta dei lavoratori Fincantieri contro il piano industriale dell’azienda nel quale si prevede, tra l’altro, la chiusura dello storico cantiere navale di Genova, a Sestri Ponente, e dell’impianto stabiese, nel Napoletano, oltre al ridimensionamento di Riva Trigoso.
Tesa la situazione a Genova: un gruppo di operai ha trascinato davanti all’ingresso della Prefettura alcuni cassonetti dell’immondizia, con cui i lavoratori hanno cercato di sfondare il cordone di polizia, bersagliato da un fitto lancio di fumogeni, petardi, pietre, bottiglie ed altri oggetti contundenti.
Scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine in assetto antisommossa.
I lavoratori hanno scandito slogan e insulti contro Giuseppe Bono, amministratore delegato dell’azienda, e hanno esposto uno striscione contro Bono e il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani.
Due operai sono rimasti feriti da manganellate nei tafferugli con gli agenti, uno in modo più grave alla testa. «Abbiamo ricevuto l’attenzione dello Stato», è stato il commento ironico di un suo collega.
L’altro operaio ferito ha avuto una contusione, anche lui alla testa.
Contuso un agente.
«Vogliamo incontrare il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, non ministri finti. Finchè non riceveremo una data certa resteremo qui» ha detto Bruno Manganaro, della Fiom ligure, al termine di un primo incontro con il prefetto di Genova, Francesco Musolino, e con i rappresentanti delle istituzioni locali, che ha fatto allentare un po’ la tensione davanti alla Prefettura.
«Ci hanno dato tutti ragione – ha aggiunto Manganaro – dal prefetto al presidente della regione Claudio Burlando alla sindaco di Genova Marta Vincenzi. Poi ci hanno fatto parlare con il ministro Romani, che ci ha detto “dovete fidarvi, non si chiude niente”. Noi invece non ci possiamo fidare, vogliamo ,la data certa – ha concluso – di un incontro ai massimi livelli».
«Di fronte alle tensioni che si stanno determinando sul piano Fincantieri è assolutamente necessario che il governo prenda un’iniziativa e promuova un immediato incontro con le organizzazioni sindacali» ha detto il leader Pd Pier Luigi Bersani.
Una delegazione degli operai Fincantieri di Castellammare di Stabia incontrerà il presidente della Regione Campania Stefano Caldoro a Palazzo Santa Lucia per discutere sulla situazione dello stabilimento, a rischio chiusura. L’incontro è previsto alle 16 di questo pomeriggio.
Non solo scontri a Genova, però.
Sempre in mattinata un gruppo di operai ha bloccato, in entrambe le direzioni, la strada statale sorrentina.
La circolazione dei veicoli è interrotta all’altezza di Pozzano, tra i comuni di Castellammare di Stabia e Vico Equense, il bivio nel quale da mesi sono soliti protestare i lavoratori Fincantieri.
Sul posto, il personale dell’Anas e le forze dell’ordine per gestire la viabilità e per le indicazioni dei percorsi alternativi.
E un gruppo di operai di Riva Trigoso ha bloccato anche l’ingresso dell’autostrada
A 12 di Sestri Levante. I lavoratori si erano radunati in piazza della Repubblica e si sono poi diretti al casello autostradale.
Uomini e mezzi delle forze di polizia sono schierati davanti al casello, i dimostranti bloccano la strada di fronte.
Lunedì sera tre operai hanno fatto irruzione nel Municipio di Castellammare di Stabia, occupando gli uffici del Comune, e costringendo il sindaco Luigi Bobbio, il vice sindaco, Giuseppe Cannavale, il comandante dei vigili urbani, i capigruppo dei partiti ed alcuni consiglieri comunali a rimanere a lungo asserragliati negli uffici.
La rabbia dei lavoratori si è trasformata in violenza e gli operai hanno preso di mira vetri, mobili e suppellettili del Comune.
Quattro tra sovrintendenti e agenti di polizia feriti, medicati in ospedale e giudicati guaribili con prognosi tra i 6 e i 7 giorni.
Alle fasi di estrema tensione si è arrivati già lunedì sera al termine di una giornata difficile e convulsa, cominciata in mattinata con il trasferimento a Roma, con sei autobus, di operai di Fincantieri e di aziende dell’indotto, che nella Capitale hanno effettuato un lungo, estenuante presidio, sotto la sede di Confindustria, in viale dell’Astronomia, in occasione dell’incontro dell’osservatorio strategico di Fincantieri con le segreterie nazionali di Fim, Fiom e Uilm.
La situazione è precipitata quando è arrivata la notizia della decisione di chiudere lo stabilimento di Castellamare, prevista dal piano industriale dell’azienda.
La delusione e la rabbia si sono trasferite nella tarda serata di nuovo in Campania.
Gli autobus hanno fatto rientro a Castellammare ed i lavoratori si sono accalcati davanti al Municipio. Fino all’irruzione negli uffici del Comune.
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Maggio 24th, 2011 Riccardo Fucile IL CATALOGO DEGLI INSULTI PIOVUTI SU PISAPIA DA PARTE DELL’ELEGANTE MONDO MODERATO DI PDL E LEGA… COL RISULTATO DI 54% A 46% A FAVORE DEL CANDIDATO DEL CENTROSINISTRA
Pisapia è culo e camicia con i terroristi, è un ex di Prima Linea, è amico di chi spacca le
vetrine, è complice di Al Qaeda e degli spacciatori di droga. Inoltre fa gli interessi della camorra e vuole trasformare la città in una zingaropoli. Alcuni stralci, tutti veri, della sobria campagna elettorale di Pdl e Lega
(23 maggio 2011)
Giuliano di Troia
«Pisapia è un cavallo di Troia, utilizzato dall’estrema sinistra e dai centri sociali per entrare nella macchina comunale, salvo poi utilizzare Palazzo Marino non certo per risolvere i problemi dei milanesi». (Davide Boni, presidente del Consiglio della Regione Lombardia, Lega Nord)
Giuliano l’Estremista
«E’ evidente la vicinanza di Giuliano Pisapia ad un estremismo di sinistra che lo rende inidoneo ad assumere la guida di una grande città come Milano ed a rappresentare dunque la maggioranza dei cittadini milanesi che è moderata e lontana da estremismi». (Mariastella Gelmini, Ministro dell’Istruzione, PdL)
Giuliano il Casseur
«La contiguità con alcuni gruppi extra parlamentari violenti è evidente e non può non inquietare tutti noi che abbiamo un altro modo di concepire e vivere la militanza politica. Pisapia è sostenuto dagli stessi che distruggono le vetrine dei negozi durante le manifestazioni, gli stessi che imbrattano con scritte volgari i muri delle case dei milanesi». (Mario Mantovani, coordinatore lombardo del PdL)
Giuliano il Rattrapito
«Ci sono queste candidature dell’estrema sinistra che ha attitudine ad alzare pressione fiscale e la quantità di vincoli, a mortificare la vitalità della città in nome dell’antropologia negativa, che sono portatrici di rattrappimento e di declino economico e sociale, di impoverimento». (Maurizio Sacconi, Ministro del Welfare, PdL)
Giuliano in Prima Linea
«La prima verità è che negli anni di piombo Giuliano Pisapia viveva nel brodo di cultura del terrorismo rosso, era vicino a quel gruppo armato denominato ‘Prima Linea’ che uccise barbaramente un magistrato: quell’Emilio Alessandrini la cui gigantografia da qualche giorno campeggia sulla facciata del tribunale di Milano. La seconda verità è che Giuliano Pisapia ha cercato di nascondere il suo passato alla città . Non si può chiedere di essere eletti Sindaco della propria città negando la propria storia, nascondendo le proprie responsabilità politiche, le proprie strette frequentazioni di terroristi assassini». (Giorgio Clelio Stracquadanio, deputato PdL)
Giuliano il Conservatore
«Quella che esprime Pisapia è una sinistra incapace di fare lavoro e sviluppo: quindi è ragionevole temere una deriva conservatrice di una sinistra che avrebbe relazioni sindacali a senso unico con la Cgil, così come avrebbe un’impostazione tutta rivolta al pubblico e incapace di riconoscere la vitalità sociale del volontariato, del terzo settore». (Maurizio Sacconi, Ministro del Welfare, PdL)
Giuliano di Al Qaeda
«Pisapia è stato oggettivamente contiguo a gruppi dell’estrema sinistra che hanno praticato il metodo della violenza. Ciò prescinde da responsabilità personali ed individuali. In più, in tema di tolleranza dell’immigrazione, di aperture al fondamentalismo islamico, di politiche tese a snaturare la famiglia, di iniziative di apertura ai centri sociali fautori della legalizzazione delle droghe e di ogni genere di prevaricazione, Pisapia rappresenterebbe un oggettivo pericolo per Milano». (Maurizio Gasparri, capogruppo del PdL al Senato)
Giuliano l’Erede
«Ci auguriamo che anche gli elettori milanesi, chiamati alla duplice responsabilità di eleggere un sindaco idoneo per il bene di Milano e dell’immagine dell’Italia, se ne rendano presto conto, prima che l’amministrazione della città venga conferita nelle mani di un erede del più pericoloso ed estremo radicalismo politico». (Alessandro Pagano, componente della commissione Finanze della Camera e capogruppo per il Pdl della commissione bicamerale per l’Infanzia e l’adolescenza)
Giuliano il Matto
«I milanesi non daranno la città in mano agli estremisti di sinistra. La Lega si impegnerà . Non la lasciamo in mano ad un matto, Pisapia, che vuole riempirla di clandestini, moschee e vuole trasformarla in una zingaropoli». (Umberto Bossi, Ministro delle Riforme per il Federalismo, Lega Nord).
Giuliano il Terrorista
«Pisapia era culo e camicia con i terroristi». (Mario Borghezio, europarlamentare della Lega Nord)
Giuliano il Pusher
«Il pericolo è che Pisapia, per accontentare i sostenitori della sinistra radicale e gli amici dei centri sociali che lo supportano, trasformi la nostra città in una sorta di porto franco per il consumo di droga». (Massimo Corsaro, vicecapogruppo vicario del Pdl a Montecitorio)
Giuliano lo Zingaro
«Posizioni legittime ma di estrema, molto estrema sinistra. Moschee in ogni quartiere, insediamenti abusivi dei nomadi, abolizione dei pattugliamenti misti a piedi di polizia e militari, licenza per i centri sociali di occupare stabili, proposta di ‘stanza del buco libero’ per i tossicodipendenti, adozione di bambini da parte di coppie omosessuali e molto altro». (Ignazio La Russa, Ministro della Difesa, PdL)
Giuliano la Bestia
«La vittoria di Pisapia sarebbe come portare il Leoncavallo a Palazzo Marino, sarebbe una cosa bestiale. Sarebbe come portare la droga senza se e senza ma». (Daniela Santanchè, Sottosegretario di Stato con delega al Programma di Governo, PdL)
Giuliano il Camaleonte
«Un esponente dell’estrema sinistra, un camaleonte che si mimetizza e cambia versione a seconda delle persone e dei luoghi in cui parla». (Letizia Moratti, candidata sindaco di Milano, PdL)
Giuliano e il suo assessore Curcio
«Sia chiaro: non credo affatto che diventerà primo cittadino di Milano, ma se ciò dovesse accadere non escludo affatto che Pisapia possa nominare come assessori persone provenienti da ambienti estremisti e vicini ai centri sociali o ex appartenenti al terrorismo». (Maurizio Gasparri, capogruppo del PdL al Senato)
Giuliano il Casalese
«Pisapia vuole liberalizzare cannabis e marijuana, ma così finirebbe con l’aumentare il giro d’affari della criminalità organizzata». (Carlo Giovanardi, Sottosegretario di Stato con delega alla Famiglia, alla Droga e al Servizio Civile, PdL)
Giuliano il Baraccato
«A sinistra predominano gli estremisti che vogliono fare di Milano una città islamica e dare la libertà di costruzione di baraccopoli agli zingari». (Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio, PdL).
Giuliano il Baffone
«Se Pisapia vince, Milano sarà come Stalingrado» (Silvio Berlusconi, PdL)
Risultato di questa propaganda? Secondo un quotidiano nazionale, Pisapia oggi sarebbe nei sondaggi davanti alla Moratti di ben 8 punti.
Complimenti al cuoco.
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Maggio 24th, 2011 Riccardo Fucile A GALATEA IL CARROCCIO ROMAGNOLO ACCUSA GLI STRANIERI DI NON RISPETTARE LE REGOLE…”MA COME, LAVORIAMO, PAGHIAMO REGOLARMENTE LE TASSE E LE BOLLETTE, LE SCUOLE RESTANO APERTE GRAZIE AI NOSTRI FIGLI, APRIAMO ATTIVITA’ COMMERCIALI E DOBBIAMO PURE SENTIRCI DIFFAMATI?”
“Hanno offeso la nostra onorabilità , vogliamo un risarcimento”.
Così la comunità di Galeata (2500 abitanti, il 20 per cento immigrati) si ribella al Carroccio romagnolo: “Le scuole restano aperte perchè sono arrivati i nostri figli, paghiamo le tasse, l’assicurazione dell’auto, lavoriamo. E provocazioni violente non ne vogliamo più”.
E gli esponenti del Carroccio che fanno? Danno la colpa alla sinistra e rincarano la dose: “Se hanno i soldi per gli avvocati si paghino anche il loro centro culturale”
Per la prima volta in Italia si sono organizzati e, dopo l’ennesimo siluro poco politicamente corretto (per non andare oltre) si sono rivolti a un avvocato e hanno firmato in calce perchè vengano denunciati e avere un risarcimento.
E’ successo così che gli islamici residenti in un paese della provincia di Forlì hanno fatto causa alla Lega Nord.
La numerosa comunità musulmana di Galeata, ha deciso di ricorrere alle vie legali contro la Lega Nord della Romagna, accusata di averli denigrati.
Gli islamici forlivesi hanno quindi dato mandato ad un legale di procedere contro il Carroccio romagnolo, a tutela della propria onorabilità .
Ad esacerbare gli animi è stato un volantino apparso nei giorni scorsi per le vie del paese dal titolo “Aquè…u’iè caidoun cu sraza”, che tradotto significa: “Qui c’è qualcuno che non rispetta le regole”, a firma della Lega Nord Romagna.
Dopo aver ribattuto con un “contro-volantino” intitolato “Galeata unita contro tutti i razzismi”, gli islamici han deciso di passare ai fatti, avvalendosi della legge.
Galeata è un piccolo paese del forlivese, di sole 2500 anime, di cui il 20% immigrati, la percentuale più alta della regione.
Tutto parte da una regolare richiesta presentata al Comune dall’associazione “Per l’integrazione” per trasformare l’edificio in via Don Giulio Facibene di proprietà della Postelegrafonica da attività commerciale a centro culturale, ossia un luogo di riunione per la comunità .
L’ipotesi però non piace a i militanti e politici della Lega che subito si attivano con un documento: “Se la comunità ha i soldi per pagarsi la moschea perchè non comprano libri di scuola per i loro figli e, perchè, se c’è da sborsare un centesimo, non li fanno partecipare ad attività scolastiche, gite, uscite, compleanni dei loro compagni, perchè spesso non pagano le utenze di acqua, luce, gas, affitto, bollo, assicurazione”.
Altrettanto pronta la risposta degli islamici : “Sono affermazioni false, ingiuriose e diffamatorie. Circa 40 persone offrono i loro risparmi per pagare l’affitto mensile della sede. Tutti i nostri associati sono onesti lavoratori con famiglie che da 16 anni hanno contribuito e stanno contribuendo a far crescere l’economia di tutta la Val Bidente. Gestiamo attività commerciali, paghiamo regolarmente le bollette e tutti usiamo la macchina con l’assicurazione valida. E molte scuole, se non fossero arrivati i nostri figli, avrebbero chiuso”.
Ora sarà la legge a decidere chi ha ragione o meno.
Felicia Buonomo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 24th, 2011 Riccardo Fucile L’AGCOM PUNISCE RAI E MEDIASET: 258.000 DI MULTA A TG1 E TG4. 100.000 EURO PER TG2, TG5 E STUDIO APERTO… L’ASSURDO E’ CHE NELLE RETI PUBBLICHE LA MULTA LA PAGHERA’ IL SOLITO CONTRIBUENTE… E’ ARRIVATO IL CONTO DELL’INVASIONE ELETTORALE DEL PREMIER
L’Agcom ha inflitto multe pesanti a Rai e Mediaset per le interviste a reti unificate a
Berlusconi in violazione della par condicio.
L’Autorità ha comminato la massima sanzione prevista dalla legge ai «recidivi» Tgl e Tg4 (258.230 euro), per Tg2, Tg5 e Studio Aperto la sanzione è di centomila euro ciascuno.
Dal centrosinistra c’è chi chiede ora una class action verso i direttori.
Dal centrodestra si parla di intimidazione politica, lesiva della libertà di stampa.
Le supermulte spaccano intanto l’Autorità per garanzie nelle comunicazioni. La commissione Servizi e prodotti ha preso la decisione a maggioranza (favorevoli Michele Lauria, Gianluigi Magri, Sebastiano Sonino e il presidente Corrado Calabrò) con il voto contrario di Antonio Martusciello.
Ma con lui altri tre commissari Agcom di centrodestra (Stefano Mannoni, Roberto Napoli, Enzo Savarese) in una nota hanno stigmatizzato la decisione come «un precedente che vulnera la certezza del diritto e il principio di legalità ».
Mediaset non intende pagare la sanzione (che ammonterebbe a 458mila euro) e il presidente Fedele Confalonieri annuncia un ricorso al Tar.
Il presidente Rai, Paolo Garimberti, ha inserito la questione all’ordine del giorno del Cda di domani.
Reagiscono i direttori dei tg sanzionati. Augusto Minzolini (Tgl) si dice «esterrefatto». Per Emlio Fede (Tg4) trattasi «offesa gravissima all’autonomia dei giornalisti e dei direttori». Clemente Mimun (Tg5) giudica la multa «una pesante intimidazione», sconfessato dal cdr del Tg5: «L’Agcom è un organismo super partes, svolge una missione di garanzia a tutela di tutti i cittadini italiani».
Dal Tg2, il direttore ad interim Mario De Scalzi non parla, ma sembra che in un primo tempo le “interviste” del premier fossero state frazionate in giorni diversi, per grado di importanza del Tg (prima scelta al Tgl, poi il Tg2), De Scalzi si sarebbe opposto. L’Usigrai dice la sua sulle multe: «La Rai si rivalga sui direttori che le hanno determinate».
Calabrò nega «valutazioni politiche» e ribadisce che «vige il dovere di equilibrio e completezza di informazione fino alla conclusione della campagna elettorale con i ballottaggi in corso».
Ma la polemica tra gli opposti schieramenti è inevitabile.
Il leader Udc Pierferdinando Casini dice che «le sanzioni servono a poco», ma dall’Api il senatore Riccardo Milana invoca «una class action» dei contribuenti.
Dal Pd arriva il plauso alle sanzioni Agcom.
Per Giorgio Merlo, vicepresidente in Vigilanza, le «multe non sono altro che la conferma di ciò che diciamo da tempo.
Ora va ripristinata la piena legalità informativa».
Per David Sassoli, capogruppo Pd al Parlamento europeo, «la campagna elettorale di Berlusconi è pagata dai cittadini», ora bisogna andare avanti: «Ok le multe, ma il riequilibrio quando arriverà , ad urne chiuse?».
Dall’Italia dei valori, Antonio Di Pietro annuncia che il suo partito presenterà «un esposto alla Corte dei conti per danno erariale».
Un tema che di sicuro infiammerà il Cda Rai di domani.
Il consigliere Nino Rizzo (Pd) Nervo porrà il tema «della responsabilità personale di chi provoca danni», con allusione al recidivo Minzolini.
Palestini Leandro
(da “La Repubblica)
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Maggio 24th, 2011 Riccardo Fucile L’AZIENDA: MERCATO A PICCO, SCELTE INEVITABILI… MA STRANAMENTE NON SI TOCCA MARGHERA, GRAN PROTETTORATO LEGHISTA
Peggio del previsto e del temuto.
Gli esuberi della Fincantieri sono 2.551 su una forza lavoro di 8.500 addetti: su otto stabilimenti, due (Castellammare di Stabia e Sestri Ponente) verranno chiusi, mentre quello di Riva Trigoso (Genova) verrà fortemente ridimensionato con il trasferimento delle costruzioni militari a Muggiano (La Spezia) e conserverà solo le costruzioni meccaniche.
Sono queste le previsioni del piano industriale presentato oggi a Roma ai sindacati dall’amministratore delegato della Fincantieri, Giuseppe Bono.
Secondo fonti Fincantieri, quello presentato dall’ad, comunque, “non è un piano prendere o lasciare. E’ la fotografia realistica di una situazione drammatica attuale e in prospettiva”.
“Da oggi si apre una trattativa – aggiunge la stessa fonte – che ci auguriamo possa aggregare il maggior consenso possibile”.
Fincantieri ha già convocato i sindacati per il 6 giugno, ma le reazioni iniziali non lasciano molto spazio a trattative: la Uilm ritiene inaccettabile far passare il rilancio dai tagli all’occupazione; “Il piano non è accettabile perchè chiude due cantieri e mezzo – dice invece il segretario generale Maurizio Landini – . Su queste basi non ci sono le condizioni per un accordo”.
Fiom e Ugl chiedono l’intervento del governo nella vertenzae l’apertura di un tavolo nazionale sulla crisi del settore.
“Un piano industriale rinunciatario” lo definisce invece Giuseppe Farina, leader della Fim: “Siamo disponibili a discutere di riorganizzazione e di efficientamento – dice Farina – a condizione che ciò sia utile a salvaguardare l’insieme della struttura industriale, i cantieri e l’occupazione”.
In vista del 6 giugno. intanto, è stato proclamato uno sciopero di 8 ore.Gli esuberi riguarderebbero 1.400 addetti dei cantieri per i quali è prevista la chiusura e 1.150 negli altri cinque siti.
Appena rimbalzata la notizia dalla capitale, i lavoratori dello storico stabilimento di Sestri Ponente hanno lasciato il posto di lavoro e si sono riversati in strada , dando vita a una manifestazione spontanea davanti ai cancelli.
A Roma, davanti alla sede di Confindustria, dove si è svolto l’incontro, c’è stato un presidio di lavoratori dell’impianto di Castellammare di Stabia 3 e di aziende dell’indotto.
Il durissimo piano industriale è spiegato dal gruppo con la lunga crisi della cantieristica mondiale e in particolare europea, crisi che si ripercuote in modo rilevante sulle navi da crociera che sono il core business del gruppo Fincantieri.
Nella cantieristica dopo il picco di produzione del 2007 con 85,9 milioni di tonnellate di stazza, spiega l’azienda, nel 2009 la domanda mondiale si è ridotta del 55% a 38,9 milioni di tonnellate e la quota europea si è ridotta sensibilmente: dal 30% degli anni ’80, è scesa al 4% nel 2010.
Le cose non vanno meglio per il settore delle navi da crociera.
A livello europeo, afferma Fincantieri, nel 2007, c’erano ordini per 16 navi di cui 8 per il gruppo italiano.
Nel 2008, gli ordini per le aziende europee sono crollati a tre dei quali due per la Fincantieri. Dopo l’unico ordine per il 2009 a favore del gruppo, nel 2010 gli ordini sono risaliti a quota sei: due per la Fincantieri e due per aziende francesi anche grazie a rilevanti sovvenzioni pubbliche. Dal 2008 al 2010, in Europa sono stati persi 50.000 posti di lavoro pari al 30% della forza lavoro.
In Italia grazie agli ammortizzatori e al blocco del turn over finora non ci sono stati licenziamenti.
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Maggio 24th, 2011 Riccardo Fucile CONTINUA COSI’ SILVIO, SEI IL MAGGIOR SPONSOR DEI TALEBANI… AVEVA RAGIONE GUAZZALOCA, ANNI FA, A BOLOGNA, A NASCONDERE I TUOI MANIFESTI: FAI PIU’ DANNI ALLA MORATTI DELLA GRANDINE
Nel Pdl in tanti confidavano che oggi stesse zitto: speranza vana. 
Non si rende neanche più conto che fa solo perdere consensi alla Moratti: nel suo delirio di onnipotenza, non perde occasione per spararle sempre più grosse.
In una città dove, nel silenzio assenso del centrodestra, sono già sorte dieci moschee, il premier oggi se ne esce con un altro autogol: “Milano non può, alla vigilia dell’Expo 2015, diventare una città islamica, una zingaropoli piena di campi rom e assediata dagli stranieri a cui la sinistra dà anche il diritto di voto”.
E’ quanto ha detto di originale anche oggi il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, rivolgendo un appello al voto dei milanesi tramite un videomessaggio sul sito del Pdl.
Berlusconi chiede ai milanesi di non consegnare la città all’estrema sinistra.
Anche l’europarlamentare leghista Mario Borghezio è sulla stessa lunghezza d’onda del premier : “”Non ci sono dubbi che i fondamentalisti islamici, in primis Al Quaeda e lo stesso Al Zawahiri, sarebbero felicissimi se a Milano la Lega dovesse perdere e Pisapia diventasse sindaco. La vittoria della sinistra spalancherebbe le porte all’Islam radicale. E’ come se sul Duomo sventolasse una bandiera islamica”
Il premier rimarca poi l’importanza di votare al secondo turno, domenica prossima, perchè si tratta “di una scelta importante per il futuro della nostra città e per tutti noi. Milano – aggiunge – ha una storia che la colloca di diritto nella rosa delle capitali più importanti dell’Europa per l’intelligenza, la creatività e l’imprenditorialità . Una città così non vorrà certo consegnarsi all’estrema sinistra con il rischio di diventare una città disordinata, caotica e insicura”.
Se vincerà Pisapia, insiste il premier, Milano diventerà “la Stalingrado d’Italia”.
E ancora: “Non credo che per noi milanesi sia una priorità veder costruire una bella moschea nella nostra città nè che sia una priorità avere nuove centri sociali spacciati per residenze artistiche e creative. Non credo che vogliamo vedere le piazze di Milano riempite di bandiere rosse con la falce e il martello, con un sindaco che sembra vada a prendere tutti i giorni il caffè con i centri sociali. Non credo infine che vorremo consegnare la nostra città a chi promette progetti ireealizzabili e fare di Milano la Stalingrado d’Italia”.
“Da persone concrete, pragmatiche e di buon senso dovete scegliere tra quello che ha fatto e si impegna a fare la nostra amministrazione di centrodestra – prosegue Berlusconi rivolgendosi agli elettori milanesi – e il rischioso programma della sinistra che gode dell’appoggio dei centri sociali e delle frange più estremiste della sinistra”.
Manca la citazione dei cosacchi che si abbeverano all’Idroscalo e la farsa è completa. Se nel 2011 un partito di governo che aveva il 38% tre anni fa è ridotto a questo tipo di propaganda, vuol dire che sono proprio alla frutta.
E Pisapia ringrazia il talebano Silvio.
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Maggio 24th, 2011 Riccardo Fucile ALTA TENSIONE AL CONVEGNO ORGANIZZATO NEL BUNKER DEL CARCERE DELL’UCCIARDONE CON IL PROCURATORE GRASSO E IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA ALFANO
“Come è possibile dialogare con chi ti prende a schiaffi, con chi chiama i magistrati matti, cancro, golpisti?”.
Nell’aula bunker del carcere dell’Ucciardone, Pietro Grasso rompe i convenevoli di rito, nel giorno della commemorazione di Giovanni Falcone, e replica così al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ospite come lui del dibattito “Giovanni e Paolo, due italiani”, moderato da Giovanni Minoli.
Proprio Minoli aveva appena chiesto al procuratore nazionale Antimafia una battuta per smorzare la tensione tra magistrati e potere esecutivo.
Sulla riforma della Giustizia, Grasso ha sottolineato: “Io la contesto dal titolo. Non è una riforma della giustizia ma del rapporto tra magistratura e politica. Nel senso che la riforma che attendevano i cittadini è qualcosa di diverso, la possibilità di celebrare rapidamente un processo, eliminando regole e orpelli che ne rallentano lo svolgimento”.
“Questo anniversario – ha detto Grasso – cade in un momento in cui i magistrati sono spesso messi sotto accusa, ma questo non ci deve turbare più di tanto anche se ci sono tentativi di delegittimazione noi dobbiamo rispondere con i fatti, i comportamenti, il lavoro, i nostri provvedimenti. Non dobbiamo accettare la rissa e dobbiamo continuare a fare il nostro dovere come abbiamo sempre fatto e come i cittadini vogliono”.
Il ministro Alfano ha sottolineato: “Noi lavoreremo sempre perchè sia garantita l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati e nessuna nostra riforma vorrà mettere i Pm sotto l’esecutivo. Crediamo che l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati siano un presidio di legalità che non va toccato”.
Del procuratore Grasso, il guardasigilli ha detto: “E’ un uomo delle Istituzioni che non fa sconti al Governo ma che non si pone al servizio di una parte politica e questa è una cosa importantissima”.
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Maggio 24th, 2011 Riccardo Fucile NEL 2008 RUTELLI PARTIVA CON 84.000 VOTI IN PIU’ E PERSE AL BALLOTTAGGIO CON ALEMANNO PER 106 VOTI… I PRECEDENTI GUAZZALOCA, MOFFA, CASTELLANI
Quella notte, nella sua villa dell’Eur, Francesco Rutelli si addormentò con un filo
d’ansia nel cuore.
Era lunedì 13 aprile del 2008 e al primo turno il candidato sindaco del centrosinistra a Roma aveva ottenuto il 45,8% dei voti, contro il 40,7% di Gianni Alemanno, un vantaggio sostanzioso in vista del secondo turno.
Ma Rutelli confidò la sua inquietudine: «Guai sedersi sugli allori, ripartiamo ventre a terra». Pubblicamente, per rassicurare i suoi elettori, l’ex sindaco ricandidato disse: «Abbiamo 84.000 voti in più, una città di vantaggio o, se volete, lo stadio Olimpico, quando i posti non erano numerati…».
Due settimane più tardi, lo stadio si svuotò e ad Alemanno riuscì un sorpasso da primato: eletto al secondo turno con 106.000 voti in più dello sfidante.
Non è l’unica “rimonta impossibile” nella storia dei doppi turni, un francesismo in vigore in Italia dal 1993 nei Comuni e dal 1995 nelle Province.
Certo, quasi sempre chi vince al primo turno, bissa il primato anche al secondo, ma quando si determinano condizioni particolari si possono produrre spettacolari sorpassi.
Difficile prevedere se anche Letizia Moratti possa replicare questi exploit, ma certo esistono precedenti con divari ancora più cospicui di quello che dovrebbe colmare il sindaco di Milano. Il 23 aprile del 1995 a Roma si vota per eleggere il nuovo presidente della Provincia e il candidato della destra, il rautiano Silvano Moffa (oggi uno dei capi dei Responsabili) incassa un corposo 48%, con un vantaggio di ben 11 punti sul rivale, il ds Giorgio Fregosi, fermo al 37,6%.
Vittoria in tasca e invece, due settimane più tardi, il cinquantasettenne Fregosi (un cursus honorum da assessore provinciale, quasi sconosciuto al “grande pubblico”), riesce a sorpassare Moffa, uno dei più noti dirigenti missini romani, con uno scarto di 43.000 voti.
Che era successo? Come tutti i miracoli umani, anche quello di Fregosi, aveva una spiegazione razionale: «Oltre alla convergenza di Rifondazione, lo scatto che portò alla clamorosa rimonta ricorda Roberto Morassut, oggi deputato pd, allora tra i leader del Pds romano – si determinò nelle stesse ore della prima sconfitta: quello stesso giorno, Piero Badaloni era stato eletto presidente della Regione e quella vittoria inattesa galvanizzò l’elettorato e trascinò il sorpasso di Fregosi. Paradossalmente uno stato d’animo di segno opposto, soltanto tre anni più tardi ribaltò tutto».
Per una sorta di nemesi, nel 1998 fu un sentimento opposto – la depressione dell’elettorato progressista – ad aiutare la rivincita di Moffa.
Al primo turno la pidiessina Pasqualina Napoletano era andata in testa col 48,6%, ma al secondo lo scombussolamento dell’elettorato per la caduta del governo Prodi, vittima della famosa “congiura”, tenne lontani molti elettori di sinistra e Moffa prevalse 50,9% contro il 49,1%.
Ma tra tutte le rimonte, una portò ad un evento storico ed è quella firmata da Giorgio Guazzaloca a Bologna.
Il 13 giugno, nella roccaforte rossa, per 50 anni la vetrina del comunismo democratico, al primo turno l’ex macellaio arrivò secondo, con un sorprendente 41,5% ma pur sempre con cinque punti in meno di Silvia Bartolini, la “rossa”, che sembrava destinata a diventare l’ennesimo sindaco di sinistra in una città che in tutto il dopoguerra, da Dozza in poi, aveva avuto soltanto leadership comuniste.
Personaggio di forte personalità , capace di gesti coraggiosi (senza farlo sapere in giro, Guazzaloca fece nascondere in uno scantinato i manifesti di sostegno fatti stampare da Berlusconi), al secondo turno l’ex macellaio guadagnò nove punti percentuali e vinse col 50,7%. Sono diventati proverbiali invece i due sorpassi a Torino di Valentino Castellani, il professore del Politecnico che nel 1993 affrontò in un singolare ballottaggio, tutto di sinistra, un personaggio carismatico della sinistra torinese, Diego Novelli.
E se in quel duello a Castellani giovò essere il più moderato, quattro anni più tardi, il sorpasso su Raffaele Costa gli valse il soprannome dell’Avvocato Agnelli: «Il cavallo che rimonta».
E quanto al più recente dei sorpassi, quello di Alemanno su Rutelli – oltre agli handicap legati al ritorno in campo di un ex sindaco che nel frattempo aveva cambiato identità politica – anche in quella occasione fu un evento emotivo a rimescolare le carte del primo turno: la violenta aggressione di una studentessa africana, uno stupro che seguiva quello di alcuni mesi prima (e finito con la morte della vittima) ai danni di Giovanna Reggiani.
Un clima che aiutò il rush finale del candidato della destra romana.
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