Luglio 8th, 2011 Riccardo Fucile DURA ANALISI DEL SETTIMANALE DIRETTO DA FILIPPO ROSSI SU FUTURO E LIBERTA’: “ASSOMIGLIA SEMPRE DI PIU’ A UN BANALE PARTITINO DA PRIMA REPUBBLICA”…INGESSATO, CANNIBALIZZATO DA VECCHIE CORRENTI CHE TRASCINANO LE LORO LOTTE DI POTERE”
“E se Fini facesse un altro partito?”.
Un’analisi dura su Futuro e Libertà arriva proprio dal settimane di riferimento di Fli, il Futurista.
Il servizio di copertina del numero da oggi in edicola è dedicato al “compleanno” del movimento nato dopo l’addio di Gianfranco Fini al Pdl.
“Futuro e libertà sembra in affanno”, scrive il Futurista. “I numeri parlano chiaro, e i sondaggi non raggiungono più, come avveniva ai tempi di Bastia Umbra, percentuali a due cifre. C’è troppa vecchia politica, in quello che doveva essere il primo partito della Terza Repubblica”.
Per questo servono “nuove facce e nuove idee per non fermarsi in mezzo al guado. Serve un cambio di rotta. Serve un altro partito: e non c’è bisogno per forza di cambiare nome o simbolo”.
Fli, prosegue il settimanale diretto da Filippo Rossi, “assomiglia sempre di più a un banale partitino da Prima Repubblica. Ingessato. Cannibalizzato da vecchie correnti, che trascinano stancamente da decenni le loro lotte di potere (e non solo dai tempi di Alleanza nazionale, perchè capita addirittura che si tratti di infelici eredità del Movimento sociale italiano)”.
Ci sono, dice il Futurista, “troppi potenziali elettori, attratti dalla sfida contro Berlusconi, hanno scelto di approdare direttamente nel campo della sinistra. E in troppi, purtroppo, finiranno per cedere al richiamo delle sirene del Grillo di turno, preda di qualche Masaniello e arruffapopolo da strapazzo. Serve un cambio di rotta. Serve un nuovo “contenuto”, più che un nuovo contenitore”.
“Ma la cosa peggiore — conclude il futurista — sarebbe rinunciare a portare a termine quella sfida, privandosi dei frutti di una battaglia che si è cominciata quando sembrava davvero un’utopia impossibile. L’importante è non restare imbrigliati nel ciarpame, affogando al seguito di una classe politica mediocre, destinata alla sconfitta. Non si può restare qui, così, a metà strada, quando davanti — anche se ancora non tutti le vedono — si stanno per aprire impensate praterie”.
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Luglio 8th, 2011 Riccardo Fucile POCO PUBBLICO, MANCANO DAL PROGRAMMA SIA TREMONTI CHE BERLUSCONI…L’ARIA E’ FIACCA E NESSUNO RIESCE A ENTUSIASMARE LA SCARSA PLATEA
Due ministri, quello della Difesa e dell’Interno (La Russa e l’ospite alleato leghista Maroni), un
ex ministro (alla Cultura, Sandro Bondi) e un sottosegretario come Maurizio Gasparri, oltre al coordinatore regionale, Filippo Berselli e al presidente della Regione Lombardia, Formigoni.
Lo stato maggiore di un partito, quello del Popolo delle libertà , riunito (da non confondere con unito) e neppure centocinquanta persone ad ascoltarli.
La crisi del Pdl, nel giorno dei veleni sul Lodo Mondadori, si mostra in tutta la sua crudità a Mirabello, paese della pianura padana vicino a Modena, Ferrara e Bologna, nel cuore rosso sbiadito dell’Emilia, paesello che fu terra del Movimento sociale che qui portava migliaia di persone, nello stesso Mirabello in cui nel 1985, per raggiunti limiti di età , Almirante passò il testimone al suo delfino, Gianfranco Fini.
E fu sempre qui (il caso vuole che sia il paese natale della mamma del presidente della Camera) che lo scorso anno Fini battezzò Futuro e libertà e segno lo strappo che ancora oggi riesce a far barcollare un governo tremulo.
Ieri doveva essere il Pdl simbolicamente a riprendersi il luogo dei significati, ma in termini di pubblico non si è verificato niente di tutto questo.
Più che le presenze si notano le assenze, quella di Giulio Tremonti, non motivata, e quella del presidente del consiglio Silvio Berlusconi che, in genere, in queste kermesse, ritrova lo smalto dei giorni migliori.
Parole, tante, e sul gioco di parole si fonda la festa: “Come può uno scoglio”, la tavola rotonda di oggi, “Non sarà un’avventura” quella di domani e “Chiamale emozioni”, sabato e “Sì, viaggiare”, domenica.
Parole di Battisti e Mogol. Parole come quelle di La Russa che sale sul palco e dice: “Vinceremo le elezioni nel 2013. Siamo pronti a superare qualsiasi scoglio. E non c’era posto migliore se non quello di Mirabello per affermarlo”.
Centocinquanta persone e volti tesi. Tutto sembra meno che una festa. E non potrebbe essere altrimenti, visto quello che accade.
“Noi abbiamo una forte leadership”, spiega La Russa, “ma abbiamo un futuro, e Alfano, domani, sarà la dimostrazione di questo. Perchè la sua non sarà un’avventura. E questo non poteva essere luogo migliore”.
Ma anche nello squillo della voce non è lo stesso La Russa di sempre.
Si infiamma meglio davanti alle telecamere.
E non sorride Sandro Bondi, arrivato con la sua giovane moglie, senza più nemmeno la scorta.
La prima uscita, quella di Bondi, dopo essere stato defenestrato senza un grazie, massacrato come ministro e coordinatore del partito.
Tocca proprio a Bondi parlare dello stato di salute del partito, delle innegabili difficoltà . “Una domanda non facile”, dice l’ex poeta, ministro e coordinatore.
“La rottura con Fini è stata una scissione dolorosa, se ci fosse stata avrebbe avuto un epilogo (dice così, poi si corregge con la parola evoluzione ndr) diverso.
Tutti abbiamo cercato di scongiurare quella scissione.
Ma il confronto con Fini, a volte duro, era perchè volevamo un confronto democratico”.
Il poeta Bondi a ruota libera, d’altronde è anche la sua festa. Dunque nessuna domanda scomoda, nè prima nè dopo.
Ma Bondi non resiste. Non ce la fa a non idolatrare Berlusconi. Più forte di lui. “Siamo arrivati ad avere questa forza grazie a Berlusconi. Il vento di cambiamento c’è stato. Innegabile. Ma dovremmo raccogliere questa sfida”. Applauso timido.
Un lungo applauso, invece, e addirittura un bis, introduce il ministro dell’Interno Roberto Maroni: “L’alleanza Lega Forza Italia e Lega Pdl sia stato e sia un fattore di innovazione. Ma la spinta non si è assolutamente esaurita. Siamo alla fine del processo federalista? Nemmeno. Il processo ha un inizio, un percorso e un termine. Passare da uno Stato iper centralista come quello italiano è lungo e faticoso. Dunque non sono insoddisfatto di quello che abbiamo ottenuto”.
Stanco, rosso di una recente scottatura al sole, Maroni parla, ma Mirabello non è Pontida. Le frasi a effetto le tiene nel cassetto.
Salva l’alleanza Maroni? Diciamo che ne accenna, ma non ne parla.
Sa bene che l’evoluzione sarà lunga. “Andiamo nella direzione giusta, io sono ottimista”, dice.
E poi: “I giornali scrivono che il governo è sotto l’egemonia della Lega, ma non è così. Noi discutiamo, abbiamo opinioni diversi, ma l’intesa la troviamo sempre. Non è una coalizione litigiosa, ma che discute”.
Poi chiude: “La fase politica del centrodestra può cambiare gli uomini, ma non l’ideale comune”.
Amen.
Tutti al ristorante.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 8th, 2011 Riccardo Fucile CI SONO STATE ANCHE COSTOSE OPERE DI RISTRUTTURAZIONE… “ASSOLUTAMENTE POCO CHIARI I RAPPORTI TRA IL DEPUTATO E IL MINISTRO
Un’ombra lunga di lussi incontrollati e di ricatti che arriva a lambire persino la casa in cui abita il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.
E sullo sfondo di questa inchiesta che adesso porta alla richiesta di arresto per il deputato in assoluto più vicino al ministro, Marco Milanese, il suo storico consigliere nonchè ex ufficiale della Guardia di Finanza, uno scenario da brividi: un regolamento di conti tra “cordate” tutte interne alle Fiamme Gialle.
Una circostanza, quest’ultima, di cui per la prima volta parla lo stesso Tremonti, in un interrogatorio reso come teste nell’altra inchiesta sulla cosiddetta loggia P4.
La polizia, coordinata dal pubblico ministero Vincenzo Piscitelli, ha scoperto un fatto che desta più di un interrogativo: il ministro abita, nel cuore di Roma, in un prestigioso appartamento il cui canone di affitto è a carico dello stesso Milanese.
Il deputato di origini irpine versa 8.500 euro al mese per una residenza in cui non vive, ma dove va ogni tanto a trovare il ministro, com’è normale che sia, avendo Milanese instaurato sin dal 2001 un rapporto di consolidata fiducia con Tremonti.
Non solo: nello stesso appartamento, secondo le ricostruzioni della Procura, sarebbero stati eseguiti lavori di ristrutturazione per circa 200mila euro, che però il Milanese non ha mai pagato alla società che se n’è occupata. Come mai? E per quali altre strade sono stati compensati questi lavori per cui non risulta alcuna documentazione? Emerge qui l’altro dato inquietante: a consolidare quell’appartamento pagato da Milanese e in cui vive il ministro è la Edil Ars, di Angelo Proietti.
Proprio la stessa società che in molte occasioni ha ottenuto appalti dalla Sogei, società controllata dal dicastero delle Finanze e in passato finita anche nel mirino di alcuni accertamenti della stessa Guardia di Finanza.
La circostanza dell’appartamento in cui vive il ministro viene citata dal gip Amelia Primavera a margine dell’ordinanza di custodia per Milanese perchè al giudice appare come l’ennesima dimostrazione dello stretto e proficuo rapporto tuttora esistente tra Milanese ed il ministro.
Dunque non bastano le dimissioni recentissime di Milanese dal ruolo di consigliere politico del ministro, a scalfire le esigenze di custodia cautelare per il deputato accusato di corruzione e rivelazione di segreto.
“Emblematica dell’attualità del rapporto fiduciario esistente tra i due uomini politici è la vicenda relativa all’immobile sito in Roma – scrive infatti il gip – alla via (…) , di proprietà del Pio Sodalizio dei Piceni. Detto immobile, infatti, è stato concesso in locazione a Milanese Marco per un canone mensile di 8.500 euro, ma viene di fatto utilizzato dal Ministro Tremonti, il quale, a sua volta, risulta aver emesso, nel febbraio 2008, un assegno di 8.000 euro in favore del Milanese”.
“Oltretutto, i rapporti finanziari tra il Tremonti e il Milanese – prosegue il magistrato – sono assolutamente poco chiari atteso che Milanese paga mensilmente un canone molto alto il cui complessivo ammontare rispetto alle rate già pagate risulta di oltre centomila euro; non esiste un risarcimento per Milanese; l’assegno del febbraio 2008, risalente dunque nel tempo, attiene evidentemente ad altra partita economica tra i due, essendo isolato nel tempo e risultando emesso un anno prima della nascita del rapporto contrattuale con il Pio Sodalizio dei Piceni”.
E ancora: “La circostanza, dunque, che il Milanese sia ancora oggi un punto di riferimento all’interno della Guardia di Finanza, proprio per la accertata vicinanza al Ministro Tremonti, aggrava, a parere di questo Gip, le evidenziate esigenze cautelari legate al pericolo di inquinamento probatorio”.
L’altro scenario su cui il giudice prevede ulteriori accertamenti è offerto proprio dalle parole che lo stesso Tremonti ha affidato, interrogato come persona informata sui fatti, ai pm John Woodcock e Francesco Curcio, titolari dell’inchiesta sulla P4. E’ il 17 giugno scorso quando il ministro viene ascoltato a proposito dei rapporti tra Milanese, il faccendiere Luigi Bisignani e il generale della Finanza Michele Adinolfi.
Quel verbale, debitamente depositato dai pm, viene poi passato per conoscenza anche all’indagine portata avanti da Piscitelli sul conto di Milanese, e quindi finisce nell’ordinanza per Milanese.
Scrive infatti il gip Primavera: “Sotto diverso profilo, ed a conferma di quanto sia ancora poco chiaro il contesto dei rapporti con i vertici della Guardia di Finanza – nel cui ambito è necessario un approfondimento di indagine – va segnalato il contenuto delle dichiarazioni rese, come persona informata sui fatti, dal Ministro Tremonti, il quale ha riferito in merito all’esistenza di ‘cordate’ esistenti all’interno del Corpo e costituitesi in vista della prossima nomina del Comandante Generale, precisando come alcuni rappresentanti di quel Corpo siano in stretto contatto con il Presidente del Consiglio”.
Non è tutto: “Soprattutto, per quel che interessa in questa sede – continua il gip – Tremonti ha riferito come il Milanese sia tuttora in stretto contatto con quei vertici, avendo appreso dagli stessi quanto riferito poi al Ministro ed oggetto del colloquio tra lo stesso ed il Presidente del Consiglio Berlusconi”.
Concita Sannino
(da “La Repubblica“)
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Luglio 8th, 2011 Riccardo Fucile IL PREMIER ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI SCILIPOTI ACCUSA: “CALDEROLI ERA D’ACCORDO”… IL MINISTRO LEGHISTA SMENTISCE… ORMAI SIAMO AL TEATRINO DELLA POLITICA
«Fininvest si salva senza bisogno di nessuna norma e la norma è molto equilibrata. La più
giusta che si possa immaginare. Ma non l’ho scritta io. E per Tremonti era sacrosanta».
Ecco la verità di Silvio Berlusconi sulla cosiddetta Salva-Fininvest, prima inserita e poi tolta dalla manovra.
Una che avrebbe consentito al gruppo di proprietà del presidente del Consiglio di non pagare una multa da 750 milioni di euro.
Ecco le dichiarazioni del premier intervenuto alla presentazione di un libro di Domenico Scilipoti:. “Non sono io che ho scritto quella norma ma siamo in un paese in cui non c’è legge giusta che possa passare se favorisce Berlusconi o le sue aziende. Uso esempi non miei: se si inventa la penicillina ma serve a me non va bene. Se una nave affonda ma ci sono io , la si lascia affondare»
«Ne abbiamo discusso in Consiglio dei ministri: Tremonti non ha ritenuto di portarla a un voto, essendo quella norma sacrosanta sui cui nel tempo si era intervenuti, pensando che fossero tutti d’accordo e io ne ho avuto precisa e assoluta conferma perchè ad esempio Calderoli che non la conosceva mi ha detto “perbacco se lo sapevo la potevo scrivere meglio”.
“Non c’è nessun giallo – ha sottolineato Berlusconi – appena ho visto le polemiche ho scritto una dichiarazione e ho ritenuto di farla togliere».
«Ribadisco, ancora una volta, di non aver mai nè letto nè visto la cosiddetta norma sul Lodo Mondadori e di aver appreso della sua esistenza soltanto dai lanci delle agenzie di stampa, la settimana successiva al Consiglio dei Ministri » ha detto Carlderoli dopo aver letto le dichiarazioni di Berlusconi.
Anche Umberto Bossi ha poi smentito Berlusconi. Della norma salva Fininvest in manovra «non lo sapeva nessuno, nemmeno Tremonti», ha detto il leader della Lega ai giornalisti lasciando Montecitorio.
Quanto all’ipotesi che al Senato possa essere presentata una norma simile, il Senatur ha tagliato corto: «Non ne so nulla».
Ha aggiunto Berlusconi: «Non è compito della politica e dello Stato dare tutte le risposte. Per agganciare la crescita serve anche «lo spirito di sacrificio con cui i cittadini sono disposti alla revisione di un welfare obsoleto che per garantire tutti non garantisce chi ha davvero bisogno». Da quando ho lasciato le aziende che ho creato e fatto crescere non ho mai abbandonato l’ idea che la politica invadente è un fardello. Cultura del fare che abbiamo acquisito nel mondo del lavoro, nel mondo dell’impresa, è una filosofia di vita alla quale non posso rinunciare».
Ciliegina finale di Scilipoti: “La mia scelta l’ho fatta perchè ci credo. Berlusconi è una persona perbene e lo dovrebbero ringraziare anche dall’ opposizione. L’Italia è il paese della libertà e della democrazia grazie al presidente”.
Siamo alle comiche finali.
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Luglio 8th, 2011 Riccardo Fucile LUIGI DEGAN ALL’AGENZIA PER IL LAVORO SENZA AVERE I TITOLI RICHIESTI…INCARICO DA 130.000 EURO L’ANNO ALL’UOMO VICINO AL PRESIDENTE PDL PODESTA’…MA DAL NOTAIO IL SUO NOME ERA GIA’ ISCRITTO DA UN MESE
Indovina chi viene in Provincia. Un gioco facile facile: arriva l’uomo di fiducia del presidente.
Facile al punto che i consiglieri sospettosi possono andare da un notaio, depositare quel nome con largo anticipo e attendere con tutta calma l’esito del concorso. Risultato: all’apertura delle buste, il più qualificato è… l’uomo del presidente.
E scatta l’esposto in Procura.
Tutto questo succede in Provincia di Milano dove il 31 gennaio scorso è ufficialmente partita la procedura di evidenza pubblica per individuare il nuovo Direttore generale dell’Agenzia per la formazione e il lavoro (Afol), l’ente che gestisce gli ex sportelli provinciali del lavoro.
La nomina di Luigi Degan è stata al centro di una doppia partita, durissima, tra maggioranza e opposizione in consiglio e tra correnti dello stesso Pdl al chiuso dellufficio di presidenza.
In pratica l’affaire Afol ha anticipato lo strappo tra Podestà stesso e i reggenti del centrodestra locale Casero e Mantovani, con il primo che avrebbe cercato di imporre a tutti i costi l’uomo di fiducia e gli altri intenzionati a vendere cara una poltrona che vale 130mila euro l’anno per tre anni.
Risultato: un pasticcio su tutti i fronti.
Che nella puntata di ieri avuto ha il suo epilogo più divertente e preoccupante con dieci righe che inchiodano Podestà e il suo favorito.
Il documento è una scrittura depositata con atto notarile il 9 febbraio scorso, cioè appena aperta la gara per il posto da direttore generale.
Il testo non lascia spazio a dubbi: “I sottoscritti consiglieri provinciali Casati e Mauri, informati che Afol Milano ha indetto un bando per la ricerca delle figura del Direttore generale dell’Agenzia, dichiarano di essere venuti a conoscenza che il vincitore sarà il dott. Luigi Degan. (…) Se il nome scelto sarà quello indicato, si manifesterebbe una gravissima violazione delle più elementari regole di trasparenza”.
Un mese dopo, il 4 marzo, il cda di Afol nomina il nuovo direttore: Luigi Degan.
Ma non è tutto.
Perchè se nella nomina c’è il trucco, questo sembra avere un pari corrispettivo nei requisiti del bando o nelle credenziali del proponente.
Così i consiglieri chiedono formalmente di ottenere tutte le carte utili a verificare le competenze del nuovo dg. Ma gli viene negato.
Si rivolgono al Prefetto che impone alla Provincia di mettere a disposizione tutti gli atti.
E viene fuori di tutto. Degan risulta persona qualificata, certo, peccato che il suo cv sia stato “gonfiato” ad arte perchè avesse i requisiti che altrimenti non avrebbe mai avuto, secondo i consiglieri, per ricoprire quella posizione.
A dirlo non sono solo i detrattori del dirigente ma i suoi stessi datori di lavoro. L’elenco delle esperienze curricolari poi risultate false e mendaci è ora al vaglio della magistratura.
Nel mirino finisce la sua esperienza presso il Centro studi Adapt, Associazione per gli Studi Internazionali e Comparati sul Diritto del Lavoro e sulle Relazione industriali, dal 2002 al 2004 e presso Confindustria Bergamo dal 2007 al 2011.
Queste esperienze, riporta l’esposto, oltre ad essere evidentemente non aderenti al profilo ed ai requisiti di ammissione richiesti, risultano anche non veritiere.
Presso Confindustria, è risultato dalle indagini successive, Degan era un semplice funzionario amministrativo e presso Adapt svolgeva un lavoro di classico “assistente universitario”.
Non certo quel ruolo di “coordinamento direzionale di strutture tecnico direzionali” con il quale si è assimilato il lavoro di Degan al requisito del bando nel “vantare una qualificata e pluriennale esperienza, di almeno 5 anni, nel coordinamento direzionale di strutture tecnico gestionali complesse, con poteri di direttiva e spiccate competenze nel ramo del lavoro e della Formazione Professionale”.
A rivelare quanto poco aderente al vero fossero gli incarichi di Degan, si diceva, sono le lettere dei suoi datori di lavoro.
Per gli anni dal 2002 al 2004, ad esempio, l’esposto presenta una dichiarazione del Professor Michele Tiraboschi, direttore scientifico di Adapt, in risposta ad una richiesta ufficiale del Presidente della Commissione Garanzia e Controllo della Consiglio provinciale che pur esprimendo apprezzamenti circa il lavoro svolto dal Degan presso Adapt, escluda che questi abbia svolto alcuna attività di coordinamento direzionale di strutture tecnico gestionali complesse con poteri di direttiva e tanto meno di spesa come chiedeva il bando provinciale e attestava il cv del candidato. Adapt al tempo inoltre, per stessa dichiarazione del professor Tiraboschi, era una esile struttura che contava tre dipendenti, alcune collaborazioni e stagisti.
Altro che “struttura tecnico gestionale complessa”.
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Luglio 8th, 2011 Riccardo Fucile ETA’ PARIFICATA NEL 2035: TUTTI A 68 ANNI….COSTI DELLA POLITICA: SPARISCE IL TAGLIO AI VITALIZI….GLI EFFETTI SULLE DIPENDENTI, FINESTRE E SPERANZE DI VITA
Nel 2020, uomini in pensione a 67 anni e donne a 62. Poi, nel 2035 tutti fuori a 68 anni.
Uomini e donne. Dipendenti e autonomi del settore privato.
Secondo alcune inedite proiezioni dell’Inps, la parità dei generi sul piano previdenziale avverrà , dunque, a un’età ben più alta di quanto previsto sinora.
L’Istituto di previdenza ottiene questo risultato combinando l’effetto di provvedimenti vecchi e nuovi.
Ovvero le finestre mobili, efficaci dall’1 gennaio scorso: un anno in più per i lavoratori dipendenti e 18 mesi in più per gli autonomi dalla maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi per andare in pensione.
E le due norme inserite nella manovra appena licenziata dal governo, ora all’esame del Quirinale: l’anticipo al 2014 dell’età di pensionamento agganciata all’aumento della speranza di vita (un mese in più ogni anno) e l’innalzamento graduale dell’età di uscita per le donne del settore privato a partire dal 2020 per arrivare a 65 anni nel 2032.
In realtà , le lavoratrici, secondo il più inclusivo calcolo dell’Inps, per andare in pensione nel 2032 dovranno avere 67 anni e 11 mesi, se dipendenti, e 68 anni e 5 mesi, se autonome.
Per quanto riguarda, poi, l’altro capitolo in manovra, ovvero il blocco delle rivalutazioni per le pensioni che superano di 5 volte l’assegno minimo e la riduzione al 45% dell’adeguamento all’inflazione di quelle comprese tra le 3 e le 5 volte il minimo, fonti governative chiariscono che l’aggravio per i pensionati varierà tra i 50 centesimi al mese, per una pensione da 1.500 euro lordi mensili, ai 24 euro per gli assegni da 4 mila euro.
Dal decreto della manovra, poi, sparisce il taglio ai vitalizi dei parlamentari, pur presente in bozza e discusso nei giorni scorsi.
Valentina Conte
(da “La Repubblica“)
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Luglio 8th, 2011 Riccardo Fucile DOMICILIARI PER CARLO BARBIERI, SINDACO DI VOGHERA…TRASMESSA ALLA CAMERA LA RICHIESTA DI ARRESTO DELL’UOMO DI FIDUCIA DEL MINISTRO TREMONTI
Una ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa nei confronti del deputato del Pdl, Marco Mario Milanese.
Il provvedimento, emesso su richiesta del pm Vincenzo Piscitelli della sezione Criminalità economica della Procura di Napoli, è stato trasmesso alla camera dei Deputati per l’autorizzazione all’arresto.
Le accuse contestate all’ex uomo di stretta fiducia del ministro dell’ Economia Giulio Tremonti, sono di corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio e associazione per delinquere.
Le indagini rappresentano lo sviluppo dell’inchiesta in cui è coinvolto, tra gli altri, Paolo Viscione in relazione alle attività della società assicurativa Eig.
Viscione è un avvocato campano, coinvolto insieme al figlio Vincenzo e un’ altra decina di inquisiti in una sospetta truffa da decine di milioni di euro nel campo delle assicurazioni internazionali.
Secondo l’accusa, Milanese avrebbe ricevuto da Viscione e dalla società somme di denaro nonchè orologi di valore, gioielli e auto di lusso come una Ferrari e una Bentley, viaggi e soggiorni all’estero.
Tali «regali», secondo le affermazioni fatte da Viscione costituivano il corrispettivo della rivelazione di notizie riservate e interventi per rallentare le indagini della Guardia di Finanza sulla società assicurativa.
Nell’ambito dell’inchiesta, gli agenti della Digos di Napoli hanno eseguito anche altre due ordinanze agli arresti domiciliari nei confronti del sindaco di Voghera, Carlo Barbieri, e del commercialista Guido Marchesi, anch’egli di Voghera.
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