Luglio 14th, 2011 Riccardo Fucile TAGLI A TUTTE LE AGEVOLAZIONI FISCALI, MODIFICHE SULLE PENSIONI, RIMODULATA L’IMPOSTA DI BOLLO
Il testo della manovra come è uscito dal primo passaggio dalle commissioni di Palazzo Madama
prevede diversi cambiamenti rispetto al decreto originario: l’impatto della manovra sale oltre i 70 miliardi al 2014.
AGEVOLAZIONI FISCALI
Scatta subito il taglio delle agevolazioni fiscali che non verrà applicato soltanto se entro il 30 settembre 2013 sarà esercitata la delega con la riforma fiscale.
Il taglio sarà del 5% per il 2013 e del 20% a partire dal 2014 e il gettito previsto da destinare alla correzione del deficit sarà pari a regime a 20 miliardi (4 miliardi nel 2013 e 20 miliardi a partire dal 2014).
Il taglio toccherà tutte le 483 agevolazioni fiscali anche quelle per le famiglie.
Fra le numerose voci vengono colpiti i nuclei con figli a carico, le spese per l’istruzione, quelle mediche e per gli asili nido.
I tagli riguarderanno tutte le voci di agevolazione fiscale ma sarà poi il governo a decidere come intervenire.
A subire una sforbiciata saranno anche i bonus per le ristrutturazioni edilizie, il terzo settore, le Onlus, l’Iva, le accise e i crediti d’imposta.
PENSIONI
Si anticipa al primo gennaio 2013 (anzichè dal 2014) l’aggancio delle pensioni all’aspettativa di vita.
Lo prevede l’emendamento definitivo del relatore alla manovra.
Dal 2013 dunque – si legge nel testo – l’incremento sarà di 3 mesi perchè verrà assorbito l’incremento della speranza di vita già registrato nel triennio precedente risultante superiore (4 mesi).
Per gli anni successivi (dal 2016) la stima degli adeguamenti triennali è pari a 4 mesi fino a circa il 2030 con successivi adeguamenti inferiori (3 mesi) fino al 2050 circa. L’adeguamento cumulato al 2050 è pari a circa 3 anni e 10 mesi.
Previsto anche un contributo di solidarietà fino al 2014 per le cosiddette pensioni d’oro, cioè superiori ai 90 mila euro annui.
Il contributo ammonta al 5% per la parte eccedente i 90.000 euro, e del 10% per la parte eccedente i 150.000 euro.
Si va verso l’innalzamento dell’età di pensionamento.
IMPOSTA DI BOLLO
Cambia l’imposta di bollo sui conti depositi titoli.
Un emendamento del relatore alla manovra economica depositato in commissione Bilancio al Senato stabilisce che l’imposta con periodicità annuale sarà di 34,2 euro per importi inferiori ai 50mila euro; 70 euro per importi pari o superiori a 50mila euro e inferiori a 150mila euro; 240 euro per importi pari o superiori a 150mila euro e inferiori a 500mila euro; 680 euro per importi pari o superiori a 500mila euro.
Nella relazione tecnica dell’emendamento si precisa che secondo dati Bankitalia risulta un numero complessivo di circa 22 milioni di conti titoli e la norma porterà un recupero di gettito di circa 897 milioni di euro annui per i primi due anni e di circa 2.525 milioni di euro per gli anni a partire dal 2013.
TICKET
Scatta da subito anche il ticket sanitario da 10 euro sulla diagnostica e la specialistica e da 25 euro sui codici bianchi del pronto soccorso.
ACCISE BENZINA
Vanno a regime gli aumenti provvisori delle accise sui carburanti.
PATTO DI STABILITA’ INTERNO
Cambiano i criteri di virtuosità dei comuni per l’applicazione del patto di stabilità interno. Un emendamento prevede che il primo di tali criteri vi sia la «convergenza tra spesa storica e costi e fabbisogni standard». Un altro criterio sarà «l’aver operato dismissioni di partecipazioni societarie». Previsti tagli dei trasferimenti alle regioni.
AMMORTAMENTI
La quota di ammortamento finanziario deducibile non sarà superiore al 2% del valore dei beni in concessione. Per le imprese concessionarie di costruzione e gestione autostrade e trafori la percentuale è pari invece all’1%.
Il limite massimo dell’accantonamento passa così dal 5% all’1% del costo del bene e gli accantonamenti sono deducibili in quote costanti nell’esercizio stesso e nei 5 anni successivi. la disposizione si applica da subito.
ACCORPAMENTO DEI PICCOLI COMUNI
I piccoli comuni dovranno associarsi già dal 2011 per l’espletamento di almeno due funzioni fondamentali loro spettanti dall’attuale legge.
Entro il 2012 dovranno esercitare in forma associata quattro funzioni fondamentali ed entro il 2013 tutte e sei le funzioni fondamentali loro spettanti.
STOCK OPTION
L’aliquota addizionale del 10%, su bonus e stock option, che si applica alla parte dello stipendio variabile per la quota che eccede il triplo della parte fissa della retribuzione si applica ora invece direttamente a tutta la parte eccedente.
Di fatto, dopo aver reintrodotto il ticket sanitario già dal prossimo lunedì, si scopre che tra le correzioni apportate c’è anche il taglio lineare immediato a tutte le agevolazioni fiscali, comprese quelle relative alla famiglia.
Dalle detrazioni per i figli a carico ai bonus per la ristrutturazione della casa, dalle tasse a forfait per le imprese start-up alla tassa sostitutiva sugli straordinari, dalle spese per la sanità ai redditi da lavoro dipendente, agli asili, agli studenti universitari. Sarà indistinto il taglio alle agevolazioni fiscali per reperire le risorse per la riforma fiscale e riguarderà le circa 480 voci attualmente previste che valgono 160 miliardi di euro.
Inoltre, dalla presentazione del relatore, è aumentato anche il valore della manovra sugli anni 2013 e 2014 a oltre 70 miliardi di euro, compresa la delega fiscale.
A regime la manovra vale nel 2014 47 miliardi.
L’intervento sul 2013 è di 17 miliardi a cui vanno aggiunti, per effetto delle modifiche, altri 6 miliardi.
L’impatto sul 2014 è di 25 miliardi a cui si sommano altri 22 miliardi dopo i correttivi.
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Luglio 14th, 2011 Riccardo Fucile “IL GIORNALE” E “LIBERO” ESULTANO PER LA FUORIUSCITA DAL PARTITO DI FINI DI UN EUROPARLAMENTARE E FANNO UNA GAFFE TREMENDA… COLLINO ERA DECADUTO DAL PARLAMENTO EUROPEO DAL 7 GIUGNO E NON AVEVA LA TESSERA DI FUTURO E LIBERTA’: HA SOLO FATTO UN PIACERE A URSO
Leggiamo su “Libero” che “l’abbinamento di Fini e Di Pietro e’ la dimostrazione dello sbandamento di Fli che modifica il suo indirizzo, trainato dagli estremismi. Urso, Ronchi, Scalia infiltrati? No, semplicemente traditi da chi non ha saputo tenere in piedi una comunita politica ed umana”. E’ quanto ha dichiarato l’europarlamentare Giovanni Collino in riferimento all’intervista di Granata su ‘L’Espresso.it’.
Titolo de “il Giornale”: “Eurodeputato Collino lascia il partito” e nel testo “Giovanni Collino lascia Futuro e libertà “.
Dato che Urso e Ronchi, terminato il loro compito di quinte colonne dei berluscones, sono rientrati alla base (tra la felicità dei militanti di Fli) e non sono riusciti a portarsi dietro nessuno (figli a parte), i due giornali di riferimento del premier avevano necessità di poter dimostrare invece il contrario.
Nella fretta hanno commesso una gaffe da cazziatone giornalistico facendo passare Collino per quello che non è, ovvero parlamentare europeo e iscritto a Futuro e Libertà .
Leggiamo su diverse agenzie di stampa il 7 giugno 2011
“L’europarlamentare friulano Giovanni Collino perde la poltrona. Lo ha sentenziato la Suprema Corte di Cassazione, che oggi ha accolto il ricorso presentato dal parlamentare siciliano del Pdl Giuseppe Gargani. Al centro del contenzioso c’era, appunto, la distribuzione dei seggi al Parlamento europeo tra il Nord e il Sud che — secondo il ricorrente – non sarebbe stata effettuata in maniera regolare. Sulla sua collocazione europea, fin dall’elezione, pendeva la spada di Damocle del ricorso, che oggi lo ha visto soccombere”.
“Uscito dal Pdl, ma non iscritto al Fli, Collino ha annunciato di non voler ”nemmeno appendere le scarpe al chiodo: continuerò a impegnarmi con l’associazione ‘Fare Italia’, di cui Adolfo Urso e’ presidente e di cui io sono segretario, per la rinascita di un centrodestra che vada oltre la deriva attuale del Pdl e la fase di Berlusconi che è finita”.
“Non sono iscritto a Fli (posso dar ragione a Gianfranco Fini sul merito, non sui modi e sui tempi), sono il segretario generale dell’associazione Fare Italia di Adolfo Urso”.
Insomma nessun parlamentare europeo ha lasciato Fli e mai avrebbe potuto stracciare la tessera uno che non l’ha mai voluta e avuta.
Semplicemente un amico di Urso lo ha voluto accompagnare nel suo ultimo viaggio.
Pace all’anima sua.
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Luglio 14th, 2011 Riccardo Fucile LA CASTA (SONO BEN 42 GLI AVVOCATI PDL ALLA CAMERA)… HA FATTO RITIRARE L’EMENDAMENTO…SALTA PURE L’INCOMPATIBILITA’ PER IL PARLAMENTARE CHE E’ ANCHE CONSIGLIERE REGIONALE O SINDACO, NESSUN VINCOLO AL CUMULO DEGLI INCARICHI… IN ITALIA PAGANO SOLO I POVERACCI
Lo si attendeva e alla fine è arrivato: è quel tocco di grottesco che caratterizza da sempre
questo centrodestra.
Mentre si taglia a sangue su pensioni, sanità ed enti locali, mentre si alzano le tasse e si impone al paese una manovra recessiva, mentre si approva una manovra da 40 miliardi in cinque giorni, un pugno di avvocati e notai eletti in Parlamento tiene in ostaggio la maggioranza per gli affari propri.
Giulio Tremonti infatti s’era permesso — su forti insistenze europee — di scrivere un vago emendamento sulla liberalizzazione delle professioni, apriti cielo: i deputati “professionisti ” del Pdl si sono subito messi a raccogliere le firme — oltre venti in pochi minuti – al grido “quel testo non lo voteremo mai”.
Alla fine, la tregua: lo si è riscritto in modo da non cambiare nulla.
Nel Parlamento occupato da intere file di avvocati (42 solo alla Camera e solo del Pdl) la norma contenuta nella manovra finanziaria di liberalizzazione della professione forense ha avuto cinque ore di vita.
Comparsa nel primo pomeriggio, è scomparsa prima che facesse notte in virtù della resa incondizionata del governo sottoscritta dal ministro per gli Affari regionali Raffaele Fitto.
L’ordine professionale non sarà più abolito, come si temeva.
La rivolta è stata guidata da Maurizio Paniz, (l’avvocato noto per aver chiesto al Parlamento di ritenere verosimile la parentela di Ruby con l’ex presidente egiziano Mubarak), e dunque divenuto assai influente.
Paniz ha raccolto in pochi istanti un ingente numero di sottoscrizioni sotto un messaggio chiarissimo: «I nostri voti non ci saranno».
Già prima che la raccolta di firme si concludesse, i ministri avvocati facevano filtrare la massima solidarietà . Ignazio La Russa: «La protesta non è irragionevole».
Il deputato responsabile Elio Belcastro, avvocato, si trasformava intanto in irresponsabile e dettava alle agenzie: «Io questa manovra non la voterò se la norma non si ritira».
La rabbia si è commutata in tumulto quando è stata paventata, nell’intento di moralizzare la vita politica, anche l’incompatibilità assoluta degli incarichi di parlamentare e consigliere regionale con quello di sindaco e presidente della Provincia.
I deputati, molti dei quali uniscono (anche senza cumulare lo stipendio) poltrone e relativi onori, sono apparsi sconcertati e indispettiti.
Il Parlamento ha infatti in questi anni allargato le maglie delle diverse compatibilità favorendo il cumulo possibile di incarichi anche relativi all’amministrazione di medie città .
Mezz’ora dopo la retromarcia governativa.
Niente liberalizzazione per l’esercizio della professione di avvocato, nessun vincolo al cumulo di incarichi.
Felici e sazi per la guerra lampo, il plotone di legali che popola il Parlamento si è diretto a cena. Finalmente senza pensieri.
Nel frattempo governo e relatore presentavano emendamenti che inasprivano ulteriormente i contenuti della manovra, senza apprezzabili proteste del PdL per il loro peso su malati, pensionati e cittadini in genere.
Rientrano infatti nel decreto – e saranno operativi da lunedì – i ticket su diagnostica e codici bianchi al Pronto soccorso (10 e 25 euro) con un risparmio di 380 milioni fin da quest’anno. Partirà dal 2013 anzichè dodici mesi dopo anche l’adeguamento delle pensioni alla speranza di vita: in pratica gli assegni diminuiranno perchè oggi si vive più a lungo.
I pensionati, almeno quelli “ricchi”, parteciperanno anche con un contributo di solidarietà : il 5 per cento dai 90mila euro l’anno in su e il 10 da 150mila. Gettito: 150 milioni fino al 2014.
I soldi veri, però, quelli richiesti da Bankitalia, Ue e mercati stanno nella delega fiscale e Tremonti s’è adeguato.
La stangata parte da subito: tra le misure concordate c’è anche una maggiore gradualità del bollo sui dossier titoli (34,20 euro quella minima, anzichè 120), che però resta una stangata di proporzioni enormi.
Lo dice il gettito atteso: 900 milioni per i primi due anni e 2 miliardi e mezzo dal 2103.
Piccola correzione anche per l’indicizzazione delle pensioni al costo della vita: quelle da 1.428 euro al mese saranno decurtate del 30 per cento anzichè del 55, del tutto dai 2.380 euro in su. Le privatizzazioni? Rimandate al 2013, termine entro il quale il governo dovrebbe approvare uno o più piani per la dismissione delle sue partecipazioni in società ed enti.
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Luglio 14th, 2011 Riccardo Fucile IL MINISTRO NON CEDE: “FACCIO COME PERTINI AI TEMPI DELLA P2″… BERLUSCONI PENSA A MONTI O BINI SMAGHI AL TESORO, MA TEME UN ESECUTIVO TECNICO PILOTATO DA NAPOLITANO
Ancora 36 ore di black-out.
Autocensura, latitanza dalla scena politica “per non turbare i mercati”, come gli ha suggerito Gianni Letta.
Ma Silvio Berlusconi a porte chiuse suona già la carica: dopo l’approvazione della manovra alla Camera, domani sera, promette di tornare a indossare i panni del premier. E del leader.
“Per adesso siamo in mano a broker e pm. Presto faremo capire chi guida e governa questo Paese, che fino a prova contraria ancora non è commissariato” è stato lo sfogo di ieri pomeriggio con chi è andato a trovarlo nel “bunker” di Palazzo Grazioli.
Lì è rimasto asserragliato per un’altra giornata di silenzio, disertando l’ennesimo appuntamento della settimana, una conferenza stampa a Palazzo Chigi con il ministro Brambilla, e in serata perfino la messa di commemorazione del senatore e amico di infanzia Romano Comincioli.
Il ruolo del Quirinale – pur apprezzato da Palazzo Chigi nella misura in cui ha di fatto spianato la strada all’approvazione-blitz della manovra – visto con le lenti di Berlusconi avrebbe travalicato i confini della moral suasion.
“Questa non è ancora una Repubblica presidenziale, in assenza di una riforma costituzionale” è il messaggio che portano all’esterno alti dirigenti Pdl in contatto col Cavaliere.
Anche per questo il premier fa sapere di voler “riprendere in mano le redini del gioco”.
Dunque, superare il “commissariamento” del Colle e ridimensionare presto il superministro Tremonti.
Il presidente del Consiglio non metterà la faccia su una manovra che non sente più sua, che non è stato possibile modificare come aveva chiesto e desiderato.
Ma anche lì, nei rapporti col ministero di via XX Settembre, l’intenzione è di voltare pagina già da domani. Lo scontro tra i due sembra giunto allo stadio finale.
Berlusconi si è convinto di poter fare a meno di Tremonti. “Archiviata l’emergenza, Giulio dovrà mettersi in riga, diversamente possiamo pensare anche ad altre soluzioni: ormai è diventato lui un problema per il governo, non il contrario” è lo sfogo amaro di un premier che da ore ascolta dai suoi solo lamentele sulla manovra, dalle privatizzazioni alle liberalizzazioni.
Ma davvero l’emergenza è archiviata, i rischi della speculazione arginati con la manovra?
Se davvero il ministro dovesse farsi da parte, non tutti nel partito sono convinti che il premier sia nelle condizioni di andare avanti come nulla fosse.
Anche perchè le due pedine alle quali Palazzo Chigi pensa in alternativa sono l’ex commissario Ue Mario Monti e Lorenzo Bini Smaghi, l’italiano nel board della Bce.
Il fatto è che sia l’uno che l’altro potrebbero non accettare il gravoso compito di salire sulla zattera in tempesta, per di più al timone dell’Economia.
E di fronte a uno scenario bloccato, se la situazione dovesse precipitare, al capo del governo non resterebbe altro che farsi da parte.
E tanto basta per tenere sempre ben presente, tra le stanze di Palazzo Grazioli, lo spauracchio di un governo tecnico.
Non è un caso se un fedelissimo come Osvaldo Napoli, a nome del partito, tuona contro la soluzione che sarebbe “un invito a nozze per la speculazione: nessuno, e di certo non il capo dello Stato, può pensare di portare l’esecutivo in una terra di nessuno”.
Questo è l'”avvertimento” che parte dal Pdl.
Dove intanto sembra sia stato raggiunto un accordo di massima in vista delle prossime dimissioni di Angelino Alfano dalla Giustizia, con il berlusconiano Donato Bruno in pole position nella corsa
Ma è di altro che per tutta la giornata, dentro
Ovvero dei possibili sviluppi nell’inchiesta giudiziaria di Napoli che coinvolge il braccio destro di Tremonti, Marco Milanese.
E invece, le rassicurazioni arrivate in serata dal capo della Procura (il ministro non è indagato, non sarà nemmeno interrogato una seconda volta) hanno rasserenato il responsabile dell’Economia e congelato le prospettive di chi era pronto a scommettere sulle dimissioni.
D’altronde, Tremonti lo ha detto chiaro in mattinata parlando alla platea dell’Abi, raccontando quanto di buono avesse fatto in questi anni per sanare i conti e quanto ancora ci sia da fare.
“Hic manebibus optime”, scandisce dal palco tra gli applausi.
“Un grande vecchio – racconterà il ministro a uno dei vicini, una volta tornato al suo posto in platea – in questi giorni mi ha ricordato come ha risposto il presidente Sandro Pertini a chi gli chiedeva se intendesse dimettersi di fronte allo scandalo della P2. Ho ritenuto opportuno ripeterlo”.
Gli scandali e le macchinazioni contro lo Stato sono tornate, solo il numero in progressione è cambiato.
E anche Tremonti non intende cedere a quelle pressioni.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Luglio 14th, 2011 Riccardo Fucile TREMONTI SI SFILA, GALAN MINACCIA AZIONI LEGALI E GLI UFFICI DI RAPPRESENTANZA RIMANGONO SOLO DUE…AVEVANO PROMESSO UN DESTRIERO, E’ ARRIVATO UN RONZINO…AVRANNO FUNZIONI SOLO DI SPORTELLO: DISTRIBUIRANNO BUONI PER ESENZIONE DALLE QUOTE LATTE AI LADRONI LEGHISTI?
Il camion alle 9 del mattino scarica scrivanie e armadi, nuovissimi e impacchettati. Dovevano
arrivare già usati da via Bellerio, sede della Lega Nord per arredare i “tre ministeri” annunciati da Roberto Calderoli.
A dire il vero hanno fatto qualche chilometro in più: scrivanie e armadi portano infatti il marchio Flycom della ditta Compir di Scordia di Catania.
Un insulto alla Brianza, che produce mobili per mezzo mondo.
Ma sui “ministeri” voluti dalla Lega nella Villa Reale di Monza, prima della solenne inaugurazione del 23 luglio, pesa una tegola ben più pesante dei mobili portati dalla Sicilia: un ministro del Pdl, Giancarlo Galan, ripete in commissione Cultura al Senato, pubblicamente, ciò che aveva scritto in una lettera che doveva restare riservata e che è stata pubblicata ieri da Repubblica.
“La Villa Reale è stata restaurata per altre finalità . Gli atti adottati sembrano presentare profili di dubbia legittimità , sia nella forma che nella sostanza, perchè adottati da organo incompetente”.
Nel mirino c’è il sindaco di Monza, Marco Mariani, leghista, che come presidente del consorzio gestore dell’edificio “ha disposto con proprio decreto – accusa ancora il ministro Galan – la concessione in uso gratuito di un’ala del complesso di Villa Reale per allocarvi sedi di rappresentanza di alcuni Dipartimenti della Presidenza del Consiglio”.
A Pontida, il sindaco era salito sul palco, per consegnare le chiavi della Villa (in cartone) a Umberto Bossi e Roberto Calderoli.
Oggi non è certo pentito. “Io non ho firmato e non dovevo firmare nulla. Tutto è stato deciso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Legga queste carte”.
Una notizia c’è, nelle carte ufficiali che portano la data del 7 giugno 2011.
I “Ministeri” di cui si parla sono infatti due e non tre.
Il ministro Bossi si impegna ad aprire una sede di “rappresentanza operativa e con funzioni di sportello a disposizione dei cittadini per le riforme istituzionali e il federalismo”.
Il ministro Calderoli si impegna per un’altra sede “con funzioni di sportello per la semplificazione normativa” ma scompare invece il “ministero” di Giulio Tremonti, annunciato come gli altri a Pontida e anche pochi giorni fa dallo stesso Calderoli. Scompaiono, a dire il vero, tutti e tre i “Ministeri”, tanto invocati e diventati, sulle carte firmate dagli stessi ministri di via Bellerio, uffici di rappresentanza operativa.
Forse meglio così, perchè Bossi e Calderoli, senza Tremonti, così troveranno lo spazio per le loro scrivanie.
Basta sbirciare dal portone per capire che la Lega aveva promesso un destriero e offre un cavallo a dondolo.
Un corridoio buio, tre stanze, un’altra stanza dove il corridoio gira a destra. Al massimo 150 metri quadri, bagno compreso.
Tutto questo nella Cavallerizza, ala sud, proprio accanto al corpo centrale della Villa fatta costruire da Maria Teresa d’Austria.
Qui c’erano gli uffici del Consorzio, sfrattati in tutta fretta. I mobili di questo Consorzio sono ancora accatastati in un altro corridoio.
Il cavallo a dondolo è forse solo l’inizio?
Sopra gli uffici “ministeriali” – sul palazzo centrale, alto sul pennone, sventola per ora solo il Tricolore – ci sono infatti gli appartamenti di Re Umberto I, ucciso a 300 metri da qui da Gaetano Bresci il 29 luglio 1900.
L’intera reggia conta 744 stanze, ma in gran parte è stata privatizzata o è in sfacelo. “Altri spazi? Io ho fatto l’accordo – dice il sindaco Marco Mariani – per questi 150 metri quadri. Altro non so”.
Però i lavori di tinteggiatura sono stati fatti velocemente, sono arrivati i mobili nuovi…
Dalle finestre di un altro pezzo della Villa c’è chi osserva con invidia. “Nel mio istituto statale d’arte – dice il dirigente scolastico Guido Soroldoni – ho 850 allievi e nessun soldo per mettere tutto a norma. Non abbiamo l’ascensore, e dobbiamo studiare gli orari perchè i ragazzi con handicap trovino i loro laboratori sempre al piano terra. Un pezzo di istituto è stato dichiarato inagibile, ci mancano 8 aule e ancora non sappiamo dove potremo fare lezione a settembre”.
Dovranno essere molto bravi, gli operatori delle tv, il giorno dell’inaugurazione. Dovranno fare risaltare l’imponenza neoclassica della Villa Reale e non il piccolo e cieco corridoio dei “ministeri”.
“Questa – dice Giuseppe Civati, consigliere regionale del Pd – è una storia da matti. Le quattro stanze dei “ministeri”, dove non c’è uno spazio per fare una riunione, saranno il simbolo della crisi della Lega. La Regione aveva offerto due piani del Pirellone, hanno detto no. Vogliono Monza per via della Corona ferrea, ormai vivono di mitologia. Se li immagina lei i cittadini in fila davanti agli uffici, a chiedere un paio d’etti di riforma federale?”
Jenner Meletti
(da “La Repubblica“)
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Luglio 14th, 2011 Riccardo Fucile “SAREBBERO PERFETTI PER COSTRUIRE INSIEME IL NUOVO PARTITO DELLA LEGALITA’ E DELLA NAZIONE”…”NON STAREMO MAI PIU’ CON IL PDL”…”URSO E RONCHI? DUE INFILTRATI, MENO MALE CHE SE NE SONO ANDATI”
Granata, Gianfranco Fini deve fare un altro partito?
Dio ce ne scampi e liberi, dobbiamo ancora fare questo. A parte le battute, la provocazione di Filippo Rossi è comprensibile, ma i nodi che si sono sciolti in questi giorni con l’allontanamento di Urso, Ronchi e Scalia, le uniche tre persone che realmente non credevano a questo progetto e tra l’altro solo per motivi di organigrammi, rende più chiaro lo scenario.
Non mi dica che va tutto bene.
Non va tutto bene. Le criticità sono tantissime. Bisogna recuperare lo spirito delle origini e avere il coraggio di definirci più sull’identità culturale e politica che sulle alleanze. Del resto trasformare un grande movimento di opinione che ha in Fini un punto di riferimento in un partito organizzato è un’operazione difficilissima e che richiede tempo. Soprattutto quando costruita su una identità che vuole superare le categorie del 900.
Cosa intende per “spirito delle origini”?
Lo spirito irriverente, innovativo, riformista di Bastia Umbra. Posso dirlo? Più riformista e innovativo che moderato. Non si può giocare questa partita sul fronte del moderatismo. Se il moderato in Italia è rappresentato da La Russa e Gasparri, allora è un termine che va profondamente rivisto.
Bisogna eliminare, come scrive il Futurista, “i feudi, i padroni, i signori delle tessere”?
E’ qualcosa che si dovrà fare, ma non credo abbia la dimensione e la gravità della denuncia di Rossi, che pure ha una funzione di stimolo. Ci sono situazioni locali che ci preoccupano, come la Liguria, ma da qui a parlare di “signori delle tessere” ce ne passa. Bisogna vigilare. A Rossi chiedo ironicamente, quale tipo di investimento sarebbe quello sulle tessere di un partito come Fli? Mi sembra una cosa paradossale. Ben vengano coloro i quali fanno le tessere, l’importante è che passino il nostro codice etico.
Un mea culpa
Abbiamo perso molti consensi votando la riforma Gelmini. In quella fase avevamo un grande consenso soprattutto tra i giovani, che non hanno apprezzato. E poi c’è stata sicuramente qualche contraddizione interna. Ronchi e Urso sono stati per mesi nel partito solo per logorarlo dall’interno, quasi avessero il mandato da Berlusconi per farlo.
Avevano o no questo mandato?
A mio avviso ce lo avevano, anche perchè se ne sono andati senza portarsi dietro neppure un consigliere di quartiere. Si doveva dare l’idea, attraverso il depauperamento del numero dei parlamentari, dell’affievolirsi del progetto.
Urso e Ronchi infiltrati di Berlusconi
Sono persone che rappresentano malamente se stessi. Persone che hanno avuto un ruolo soltanto perchè concesso da Fini. La nostra opinione pubblica è disgustata da quanto hanno fatto, e c’è un generale e diffuso festeggiamento in tutti i circoli di Fli perchè se ne sono andati.
Come vede il futuro del partito?
Il terreno del conflitto si è spostato dal Parlamento alla società . Sel, per esempio, è al 9% senza avere gruppi parlamentari. Noi stiamo lanciando due leggi di iniziativa popolare, con raccolta di firme, sull’abolizione delle province e sulla cittadinanza per ragazzi nati in Italia da genitori non italiani regolarmente residenti. Io sono fiducioso: il progetto di una destra legalitaria, attenta ai diritti civili e degli immigrati e che ha consentito di far crollare il moloch berlusconiano, ripagherà in maniera adeguata quando ci saranno le elezioni politiche.
Eppure i sondaggi non prevedono da tempo risultati a due cifre…
All’inizio c’era una grande suggestione legata all’atto di rivolta di Fini contro l’illegalità diffusa e contro l’appiattimento sulla Lega, i grandi temi all’ordine del giorno e su cui il Pdl è morto. Ma la possibilità di costruire il progetto di Futuro e Libertà è legato fortemente a quella di avere Fini in campo a mani libere, non più da presidente della Camera ma da leader politico.
Gli elettori sembrano non capire se stiate al centro, con Casini e Rutelli, o a destra.
Il terzo polo per noi non è un’operazione neo-centrista o democristiana. Si tratta di rompere questo bipolarismo ipocrita e rifare il partito della Nazione. Al suo interno noi giochiamo il ruolo della destra, così come Casini rappresenta il centro e Rutelli l’ala riformista.
Fabio Chiusi
(da “l’Espresso“)
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Luglio 14th, 2011 Riccardo Fucile LUIGI CESARO, UOMO FORTE DEL PREMIER IN CAMPANIA E’ UFFICIALMENTE INDAGATO PER I SUOI RAPPORTI CON LA COSCA DEI CASALESI…. UN’INCHIESTA CHE POTREBBE TERREMOTARE UN INTERO SISTEMA DI POTERE
Luigi Cesaro, presidente della Provincia di Napoli, è stato iscritto nel registro degli indagati
dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli con l’accusa di aver avuto rapporti con il gruppo dei Casalesi capeggiato da Francesco Bidognetti per mettere le mani su un affare immobiliare da 50 milioni di euro.
Lo riferisce ‘Il Mattino’, con un articolo a firma di Rosaria Capacchione, la giornalista che da due anni vive sotto scorta per le minacce subite dai boss del clan dei Casalesi.
A chiamare in causa il deputato vicino al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è l’avvocato Michele Santonastaso, a lungo legale degli stessi boss attualmente agli arresti.
Le sue rivelazioni, contenute nelle oltre trecento pagine di verbale dell’interrogatorio del 25 marzo scorso, parlano di rapporti tra la camorra, la politica, le imprese e il mondo delle professioni.
Santonastaso, in particolare, si sofferma sulle dichiarazioni di un altro pentito del clan, Luigi Guida detto O’ Ndrink, che gli avrebbe parlato degli interessi comuni della famiglia Cesaro e dei Casalesi nell’affare del Pip di Lusciano, piccolo centro del casertano.
In particolare, Cesaro avrebbe offerto a Luigi Guida, incaricato di realizzare i progetti del Pip, una percentuale maggiore per la realizzazione dei lavori di quella già presentata dall’imprenditore Emini.
Nel settembre 2008 era stato ‘L’Espresso’ con un’inchiesta a firma di Gianluca Di Feo e Emiliano Fittipaldi, a parlare per primo dell’affaire sospetto e dei rapporti tra Cesaro e la mafia di Gomorra, citando le accuse dello stesso Guida e di un altro pentito Gaetano Vassallo.
Cesaro in passato era già stato arrestato e processato per camorra.
Erano i tempi della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo: il Presidente della Provincia di Napoli fu arrestato nel febbraio del 1984 e condannato un anno dopo in primo grado a 5 anni.
Fu assolto in appello nel 1986, ma non senza che i giudici avanzassero dubbi e sospetti sul suo rapporto con la NCO: «Il quadro probatorio relativo alla posizione del Cesaro non può definirsi tranquillante».
E ancora: «Il dubbio che l’imputato abbia, in qualche modo, reso favori ai suddetti personaggi per ingraziarseli sussiste e non è superabile dalle contrastanti risultanze processuali».
Ci penserà Corrado Carnevale, passato alla storia come il giudice ammazza-sentenze, a cancellare in Cassazione tutte le accuse a Cesaro, che sarà assolto “per non aver commesso il fatto”.
Da allora Giggino A’ Purpetta, come lo chiamano a Sant’Antimo, suo paese natale, ne ha fatta di strada: con i buoni uffici dell’amico e collega di partito Nicola Cosentino, e a suon di tessere e mozzarelle fatte recapitare direttamente ad Arcore, Cesaro è riuscito prima a farsi eleggere deputato e poi a conquistare la Presidenza della Provincia della terza città d’Italia.
E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
A parte le gaffe che lo hanno reso celebre, la caratteristica principale del suo mandato è stata, finora, l’inefficienza.
Un esempio su tutti: i rifiuti. Luigi Cesaro avrebbe dovuto aprire una nuova discarica dove portare la monnezza di Napoli.
Ha scelto, invece, di portare i rifiuti fuori regione, con costi doppi e risultati pessimi.
La monnezza è ancora lì. Cesaro pure.
Per ora.
Claudio Pappaianni
(da “L’Espresso“)
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Luglio 14th, 2011 Riccardo Fucile SCRIVONO I PM: “NELLA SUA VESTE DI ESPONENTE POLITICO DI SPICCO AVREBBE CONSAPEVOLMENTE E FATTIVAMENTE CONTRIBUITO AL SOSTEGNO E AL RAFFORZAMENTO DELL’ASSOCIAZIONE MAFIOSA
Dopo la decisione del gip di respingere la proposta di archiviazione e chiedere l’imputazione coatta, la Procura di Palermo ha impiegato soli quattro giorni per depositare la richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa per il ministro dell’Agricoltura Saverio Romano.
Passaggio dovuto in attesa della fissazione dell’udienza preliminare nel corso della quale un gip diverso da quello che ha disposto l’imputazione coatta dovrà decidere se gli elementi in mano all’accusa sono tali da giustificare un processo.
“Nella sua veste di esponente politico di spicco, prima della Dc e poi del Ccd e Cdu e, dopo il 13 maggio 2001, di parlamentare nazionale – scrivono i magistrati nella richiesta di rinvio a giudizio – Romano avrebbe consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno ed al rafforzamento dell’associazione mafiosa, intrattenendo, anche al fine dell’acquisizione del sostegno elettorale, rapporti diretti o mediati con numerosi esponenti di spicco dell’organizzazione tra i quali Angelo Siino, Giuseppe Guttadauro, Domenico Miceli, Antonino Mandalà e Francesco Campanella”.
D’altronde le motivazioni utilizzate dal gip Giuliano Castiglia non erano certo di poco conto.
Alla Procura che, per la seconda volta in otto anni, aveva finito con il chiedere l’archiviazione della posizione di Romano, il gip aveva replicato con un secco no ritenendo che Romano “per almeno due decenni ha mantenuto una condotta di consapevole apertura e disponibilità nei riguardi di esponenti anche di assoluto rilievo di Cosa nostra”.
Secondo il vaglio del gip, dalle carte proposte dalla Procura emerge “un quadro preoccupante di evidente contiguità con le famiglie mafiose”.
Di più: le condotte del ministro ” non appaiono arrestarsi alla soglia della contiguità dell’indagato al sistema mafioso ma rappresentano una perdurante consapevole e interessata apertura verso componenti di primaria importanza dell’organizzazione mafiosa che si è ripetutamente tradotta e concretizzata in specifici, consapevoli e volontari contributi rilevanti per la vita di Cosa nostra”.
Tra i fatti specifici ai quali il gip dà rilevanza l’appoggio che, così come l’ex governatore Cuffaro in carcere dopo la condanna a 7 anni, anche Romano avrebbe dato alle candidature alle Regionali del 2001 di uomini sponsorizzati dai capi di Cosa nostra, da Mimmo Miceli a Giuseppe Acanto, la visita all’allora boss poi diventato pentito Angelo Siino per chiedere sostegno elettorale, e soprattutto i suoi rapporti con la famiglia mafiosa di Villabate, testimoniati anche dal pentito Francesco Campanella. E infatti, nella richiesta depositata, il procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e il sostituto Nino Di Matteo affermano che il ministro “avrebbe messo a disposizione di Cosa nostra il proprio ruolo, contribuendo alla realizzazione del programma criminoso dell’organizzazione tendente all’acquisizione di poteri di influenza sull’operato di organismi politici e amministrativi”.
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