Ottobre 29th, 2011 Riccardo Fucile
INDAGINE DEL MOVIMENTO CONSUMATORI: MANTENERE UN FIGLIO IN UN ATENEO DI UN’ALTRA CITTA’ COSTA OLTRE 11.000 EURO L’ANNO, CIRCA IL 34% DEL REDDITO MEDIO DI UNA FAMIGLIA…E BUONA PARTE DEGLI AFFITTI RESTANO IN NERO
Per studiare in un ateneo in un’altra città ci vuole impegno, volontà e tantissimi soldi.
E’ questo il risultato di un’indagine del Movimento Consumatori sui costi che deve affrontare uno studente fuori sede. In cima alla classifica troviamo Roma e Milano, dove mantenere un figlio all’università può costare anche oltre 11mila euro l’anno. Ovviamente questo considerando le strutture pubbliche (circa 1000 euro l’anno di tasse), con l’iscrizione ai grandi istituti privati, la cifra può anche triplicare.
I dati parlano chiaro: 11.400 per una camera singola a Roma (tasse, libri e utenze incluse), 10.980 euro a Milano, 10.800 a Venezia, 10.200 a Torino.
I prezzi scendono un po’ se si va in doppia (7.620 a Roma, 8.360 a Milano, 7.100 a Venezia, 7.500 a Torino), ma mantenere un figlio all’università in un’altra città resta un salasso.
La spesa più grossa, manco a dirlo, è rappresentata dall’affitto.
Stanze in coabitazione, a volte veri e propri tuguri in edifici fatiscenti affittati a peso d’oro.
Una media di 310 euro (senza spese) al mese a Roma, 370 a Milano, 260 a Venezia, e bisogna essere fortunati.
A tutto questo vanno aggiunti i prezzi dei libri, stimati dal Movimento Consumatori in circa 500 euro annui negli atenei pubblici.
E poi bisogna pur mangiare qualcosa. Ecco altri 2400 euro annui di vitto, una stima al ribasso visto che dividendo questa cifra per 10 mesi (togliamone 2 l’anno dove magari si torna a casa) fanno appena 8 euro al giorno, perfetti per mantenere il peso forma.
La ricerca del Movimento Consumatori è stata effettuata partendo dal prezzo degli alloggi in diverse città sedi di università molto frequentate in Italia.
Per ogni città è stata fatta la media tra il costo più basso e quello più alto relativo all’affitto mensile di un posto letto in camera doppia e di una camera singola.
I prezzi degli alloggi sono comprensivi anche delle cosiddette “spese aggiuntive” (condominio e utenze).
Ma quanto incide sul bilancio familiare un figlio che studia fuori sede?
Se si prende come esempio Milano (in cui un posto letto in camera doppia costa 372 euro al mese e una camera ad uso privato ne costa 590) si calcola che un nucleo familiare con reddito medio di 32.148 euro annui (dato Bankitalia riferito al biennio 2006-2008) può arrivare a pagare dagli 8.364 euro ai 10.980 euro all’anno.
La percentuale di incidenza sul reddito familiare è da capogiro: dal 26 al 34% a Milano, dal 24% al 35% a Roma, dal 23% al 32% a Torino e dal 22% al 28% a Firenze. E tutto questo, ovviamente, per un figlio solo.
“Lasciando i costi dello studio a carico delle famiglie, in difficoltà per la crisi che le colpisce da dieci anni a questa parte, l’abbandono universitario, già molto elevato e nocivo per la competitività del sistema Italia, è decisamente favorito e non combattuto”, attacca Lorenzo Miozzi, presidente del Movimento Consumatori.
“Con i recenti tagli alle regioni si sono inoltre penalizzati gli enti per il diritto allo studio, tagliando così ulteriori servizi”.
Insomma Miozzi non ha dubbi, “In Italia, sembra ormai un triste dato di fatto, investire nella ricerca e nella formazione interessa poco ai governi. Il risultato è che registriamo zero politiche di sostegno per chi studia e zero opportunità per i rinomati “cervelli” nostrani usciti con merito da università prestigiose, che spesso sono costretti ad emigrare all’estero”.
Senza contare il fatto che buona parte di questi affitti sono pagati in nero, con migliaia di studenti alla merce dei capricci dei padroni di casa e senza uno straccio di tutela legale. Un blitz della Guardia di Finanza di Padova a fine settembre ha portato al recupero di 2 milioni e 24mila euro di imposte di registro solo nella città veneta, sede di una delle università più antiche d’Italia.
“Ogni 100 verifiche nel settore delle locazioni, 80 si concludono con esito positivo”, ha riferito la GdF padovana.
Un passo avanti contro questo fenomeno lo si è fatto con l’approvazione del decreto legislativo 23/2011 che obbliga i proprietari che non hanno regolarizzato i propri inquilini a sottoscrivere un regolare contratto di locazione di 4+4 anni ad un canone mensile anche 10 volte più basso di quello attuale.
Si tratta della cosiddetta “cedolare secca” che dava ai padroni di casa tempo fino al 6 giugno scorso per registrare il contratto d’affitto. Adesso si aspettano le denunce.
Tuttavia regolarizzare i contratti di affitto darebbe più tutela agli inquilini e aumenterebbe le entrate nelle casse del Fisco, ma difficilmente diminuirebbe il costo degli affitti stessi, a meno che non si punti tutto sulla denuncia del proprio proprietario e sul relativo contratto scontato.
Ma allora quel è la soluzione?
Difficile a dirsi, per il momento non resta che aprire il portafogli.
“Purtroppo in Italia investire nella ricerca e nella formazione interessa poco ai governi. Il risultato è che registriamo zero politiche di sostegno per chi studia” sintetizza Miozzi.
argomento: denuncia, economia, Politica, radici e valori, Università | Commenta »
Ottobre 29th, 2011 Riccardo Fucile
“UNA VOLTA ERANO CENE E BASTA ORA SONO DIVENTATE NOTTI DI SESSO”… “UNA VOLTA DIRE CHE SI ANDAVA DAL PREMIER GRATIFICAVA, ORA NON CI PUOI ANDARE SENNO’ POI LE DONNE A CASA TI MENANO”
“Sesso e droga”, altro che “cene eleganti “.
Così descrive le notti del premier Valter Lavitola, uno degli uomini più vicini al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
L’imprenditore-faccendiere – che frequenta Palazzo Grazioli con generali della Finanza e i vertici dei servizi segreti, e che partecipa ai vertici del ministero degli Esteri – lo racconta al telefono in almeno due occasioni, nell’ottobre del 2009.
Ignaro di essere ascoltato dagli uomini della polizia giudiziaria di Pescara, che lo intercettano per indagare sull’imprenditore Giuseppe Spadaccini, autore di uno strano investimento da tre milioni di euro nelle casse dell’Avanti! (e accusato di evasione internazionale per 90 milioni di euro).
E così, Lavitola commenta – e involontariamente mette a verbale – le notti del premier sia con l’imprenditore e stampatore Maurizio Farina, sia con il senatore del Pdl Romano Comincioli, compagno di scuola di Berlusconi, deceduto lo scorso mese di giugno.
E tanto per i due interlocutori quanto per il faccendiere, ciò che il premier smentisce pubblicamente (e oggetto d’indagine in almeno tre inchieste giudiziarie tra Napoli, Bari e Milano) appare, invece, nel privato una certezza.
23 ottobre del 2009, ore 17: 23.
Maurizio Farina telefona a Valter Lavitola e i due, che lavorano assieme (per anni l’Avanti! è stato stampato proprio dal gruppo Farina) e che condividono la passione per la caccia, finiscono per parlare dei “mercoledì sera” con il presidente del Consiglio.
V – Pronto?
M – Pronto Valter, sono Maurizio.
V – Agli ordini….
M – Agli ordini? Tu sei l’uomo più potente d’Italia! Sei amico di Silvio, scusami!
V – No, no, amico di Mario e Maurizio (fratelli Farina, ndr), eeeh…(ride)
M – Senti, quando andate a scopà il mercoledì sera con Silvio perchè non me chiamate qualche volta pure a me?
V – Ma zitto, ma tu scherzi… Invece, una volta quando dicevi che andavi dal presidente era una cosa che ti gratificava… Mo’ non puoi andare se no (le donne a casa, ndr) ti menano…
M – (ride)
V – Davvero! Ci puoi andare fino all’ora di cena, dopo cena no… (ride)
M – Mettono tutti fuori mettono… (ride). Senti mi dispiace ma per domani non ce la facciamo (ad andare a caccia, ndr) domenica mattina.
V – Va bene, ok mò lo chiamo e glielo dico.
Giuseppe Caporale
(da “la Repubblica“)
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Ottobre 29th, 2011 Riccardo Fucile
UN SONDAGGIO SWG RIVELA CHE IL MOVIMENTO 5 STELLE ENTREREBBE ALLA CAMERA E POTREBBE FAR SALTARE GLI EQUILIBRI POLITICI…IDV E PD PREOCCUPATI
Federico, ingegnere di Campobasso, ex operatore socio-assistenziale in una casa famiglia, chitarrista in una blues band, è iscritto ai Meet Up di Beppe Grillo dal 26 aprile 2008.
A questo sconosciuto trentenne, la settimana scorsa, è riuscito un miracolo: mettere d’accordo per un giorno Massimo D’Alema e Dario Franceschini, uniti nell’attribuirgli la responsabilità di aver “fatto vincere la destra” alle regionali del Molise.
Federico ha infatti preso 10.560 voti, pari al 5,6 per cento. Il centrosinistra nel Molise è stato sconfitto per meno di un punto percentuale.
Di qui il sillogismo di D’Alema e Franceschini, anche se il Pd in regione è rimasto inchiodato al 9,8 per cento: meno della metà rispetto alla somma di Ds e Margherita, cinque anni fa.
Il problema è che D’Alema e Franceschini rischiano di doversi arrabbiare ancora parecchio, in futuro.
Perchè una ricerca Swg realizzata per “l’Espresso” rivela che il dato nazionale del Movimento 5 Stelle (M5S) oggi è valutabile attorno al 5,5 per cento, più o meno il risultato ottenuto dal candidato grillino in Molise.
Quasi il doppio rispetto al 2,9 che, sempre per Swg, valeva nell’aprile 2009.
Secondo i ricercatori dell’istituto triestino, inoltre,”il potenziale politico attuale è destinato sicuramente a consolidarsi”.
Lo studio Swg approfondisce anche la composizione di questo elettorato: più forte al Nord e nei comuni medio-grandi; proveniente perlopiù dalle aree del lavoro autonomo e del precariato, degli operai e degli studenti; che si autocolloca in maggioranza “a sinistra e centrosinistra”, ma con “tendenze precedenti al non voto”.
Le aree di debolezza del M5S sono invece, sempre secondo Swg, il Sud e le isole, i comuni piccoli e l’elettorato cattolico.
L’istituto di ricerca ha poi intervistato un campione di questi elettori rilevando i tre motivi-base per cui votano Grillo: “Rifiuto della tradizionalità dell’offerta politica attuale”, insomma i vecchi partiti; “rifiuto della logica di gestione delle altre forze politiche”, vale a dire la poltronite e i privilegi; attrazione per “una modalità di lavoro snella, con sempre nuovi obiettivi e con rinvii tra Web e territorio”, cioè un approccio pragmatico ai problemi che coniuga realtà digitale e realtà fisica.
Come si vede, nessuna di queste motivazioni rimanda direttamente a Beppe Grillo.
Che però non solo ha fondato il movimento, ma ne possiede privatamente anche il marchio e ne controlla di fatto le decisioni grazie al cosiddetto “non statuto”, un regolamento leggerissimo che non prevede alcuna forma di democrazia interna e che stabilisce come “sede del movimento” proprio il sito Beppegrillo.it.
Il quale sito, appunto, detta la linea politica.
Ad esempio, nel marzo scorso ha stabilito la rottura con Sonia Alfano e Luigi de Magistris, i due esponenti dell’Idv che in un primo tempo il comico genovese aveva appoggiato.
Poi, il 30 settembre, ha sancito con un post (intitolato “Soli”) la propria lontananza anche da altri movimenti d’area come il Popolo Viola e dal quotidiano “Il Fatto”. è seguito perfino il divorzio (morbido) da Marco Travaglio, i cui video intitolati “Passaparola” venivano pubblicati sul sito del comico genovese e ora sono scomparsi.
Insomma, un isolamento orgogliosamente rivendicato, che impedisce qualsivoglia prospettiva di dialogo con l’esterno ma che non sembra incidere negativamente sui consensi elettorali del M5S.
I cui eletti nelle istituzioni locali (specie in Emilia e in Piemonte) non smettono mai di ricordare che “il movimento non è Grillo, giudicateci per quello che proponiamo”.
Cioè, fondamentalmente: riduzione a due mandati per qualunque carica pubblica, eliminazione di ogni privilegio per i politici, referendum anche propositivi e tutti senza quorum, ambientalismo ed energie rinnovabili, libero sviluppo del Web, class action, lotta al precariato, via gli inquisiti dal Parlamento, trasparenza della finanza, insegnamento obbligatorio della lingua inglese dall’asilo.
Tutto molto semplice, in un programma di 13 paginette pubblicato on line.
E tutti o quasi temi culturalmente “di sinistra”, che però faticano a trovare spazio nel Pd.
Dove tra le pochissime voci di interesse per i temi del M5S ci sono quelle di Debora Serracchiani (“dovremmo farci carico di alcune delle loro istanze”) e di Pippo Civati (“hanno le nostre aspirazioni di cambiamento e come noi vogliono uscire dall’incubo degli ultimi anni della politica italiana”).
Per il resto, solo diffidenza e silenzio.
E se fino a poco tempo almeno l’Italia dei Valori occhieggiava al Movimento 5 Stelle, adesso anche da quelle parti a qualcuno girano le scatole: “Si scrive Grillo si legge Berlusconi”, si è sfogato per esempio nel suo blog Massimo Donadi, capogruppo alla Camera, riferendosi anche lui al caso Molise.
Più prudente (o abile) Antonio Di Pietro: “Non condivido chi getta su Grillo e i grillini la responsabilità delle sconfitte del centrosinistra. I partiti tradizionali, piuttosto, farebbero meglio a capire come convincere i propri elettori delusi”.
E qui appunto vengono le ragioni della crescita del M5S, così come sono analizzate dalla ricerca Swg. Il raggruppamento fondato da Grillo, spesso liquidato come “antipolitica”, sembra attrarre al contrario chi nonostante tutto crede che la politica, con le sue decisioni, possa ancora avere un impatto positivo e concreto sulle persone. Insomma, che la politica non si riduca ad addizione algebrica di partiti e di parlamentari chiusi nel Palazzo, le cui alleanze si limitano alla gestione del potere e del presente, senza incidere nella vita dei cittadini.
Così il M5S riesce a incanalare una parte di quell’opposizione radicale e sociale che altrove finisce per suicidarsi nel nichilismo distruttivo e privo di speranze di black bloc e simili. è l’opzione “que se vayan todos”, se ne vadano tutti, figlia di quel “crescente mix di indignazione e sfiducia” emerso anche dall’ultima ricerca di Ilvo Diamanti per “la Repubblica”.
Ecco perchè il Movimento 5 Stelle continua a crescere.
Ed ecco perchè può permettersi tranquillamente di ignorare le contraddizioni e i passi falsi del suo fondatore: “La cura Di Bella? Sconfiggerà i tumori. L’Aids? Ci sono forti dubbi che sia tutta una bufala. La Levi Montalcini? Una vecchia puttana. Roberto Saviano? Fa godere Berlusconi. Vendola? Un busone, un buco senza ciambella”.
E così via, sfanculando chiunque non sia lui.
Così come gli elettori che guardano con simpatia il M5S non si interessano più di tanto del discusso intreccio fra il movimento e un’azienda privata, la Casaleggio, che gestisce il sito di Grillo e interviene tanto nelle strategie quanto nelle scelte dei candidati, provocando spesso dissidi (“Temo che ormai Beppe prenda ordini da loro”, dice ad esempio l’ex candidata sindaco grillina a Roma, Serenetta Monti, oggi vicina all’Idv).
Ed è passata senza danni anche l’ultima brutta figura del fondatore, il cui staff ha fatto censurare (con un reclamo formale a YouTube) una videosatira su Grillo realizzata da un comico già simpatizzante del movimento, Tony Troja: non proprio il massimo per uno che a parole si batte per la libertà del Web.
Ma, appunto, il M5S decolla lo stesso, sottraendo facilmente consensi al Pd.
Che un giorno corteggia Casini, il giorno dopo Scajola e il terzo giorno Della Valle: salvo poi scoprire con stupore che i voti d’opposizione sono andati da un’altra parte.
Alessandro Gilioli
(da “L’Espresso“)
argomento: Grillo, PD, Politica | Commenta »