Gennaio 21st, 2012 Riccardo Fucile
CI UNIAMO ALL’APPELLO DI FERRUCCIO SANSA SU “IL FATTO QUOTIDIANO”… IN UNO STATO CHE GARANTISCE IMMUNITA’ A CORROTTI E MAFIOSI, QUALCUNO, ANCHE A DESTRA, VUOLE MUOVERE IL CULO PER GARANTIRE SICUREZZA A CHI LE COLLUSIONI MAFIOSE LE DENUNCIA? O CI SI LIMITA SOLO A CHIACCHIERE SULLA TEORICA BATTAGLIA CONTRO LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA?
Non lasciamo solo Christian Abbondanza
La ‘Ndrangheta minaccia un mio amico.
Qui, a Genova, nella “civilissima” Liguria. Non avrei mai detto che ci saremmo trovati in questa situazione. Invece è così.
Accade a Christian Abbondanza per il quale in tanti chiedono la scorta o almeno una protezione (le autorità ne stanno discutendo da mesi!).
Molti di voi forse lo conoscono, magari senza saperlo.
Christian è l’uomo dietro la Casa della Legalità che con il suo sito ormai è diventato il principale archivio della lotta contro la criminalità organizzata soprattutto al Nord.
All’inizio non se lo filava nessuno, poi battaglia dopo battaglia il sito è diventato un punto di riferimento per tutti.
Perfino per le forze di polizia e i magistrati.
Christian non ha nessuno alle spalle: nè partiti, nè movimenti, nè gruppi di intellettuali.
Lui e Simona Castiglion, la sua compagna, sono di una solitudine quasi monastica.
E Christian, con quella sua barba sale e pepe da mullah (anche se non ha neppure quarant’anni), sembra quasi un sacerdote dell’antimafia: il cappello, i vestiti scuri, gli anfibi neri.
Nessun interesse personale. Molti restano disorientati.
Scavano alla ricerca di chissà quale motivo che possa spingere Christian nella sua crociata.
Sembra impossibile che ad animarlo sia soltanto il desiderio che la legge sia rispettata. E uguale per tutti. Niente di più semplice.
Eppure in Italia sembra rivoluzionario.
Del resto bisogna avere una motivazione forte se si passano le proprie giornate come fa Christian: in giro per dibattiti in tutta Italia, lui e Simona su pullman e treni regionali, con il computer sempre in spalla.
Poi giornate tappati in casa, avvolti in una nuvola di fumo, una sigaretta dopo l’altra, a leggere migliaia di pagine di atti di indagini, a scrivere inchieste sulla mafia.
Christian conosce morte e miracoli di centinaia di famiglie.
È un database vivente. Da anni scrive le sue inchieste e i suoi blog denunciando con nomi e cognomi i mafiosi.
Un mastino che non molla mai la presa.
Decine di appostamenti con la telecamera per riprendere incontri scomodi, per pizzicare questo o quel politico a una cena di mafiosi.
Peggio dello stalking, roba che alla fine i “poveri” mafiosi ti fanno quasi pena. E all’inizio tutti lo prendevano per matto: “Ma dai… la ‘Ndrangheta in Liguria…”.
Invece aveva ragione Christian. Più della magistratura ligure a lungo inerte, più di molti giornalisti amici dei potenti.
E i politici?
Il centrosinistra e il centrodestra uniti fanno guerra ad Abbondanza da sempre. Guerra sorda.
Per anni hanno speso molte più parole contro di lui che contro la ‘Ndrangheta.
Praticamente nessuno era presente quando si è trattato di esprimere solidarietà a Christian minacciato dalla mafia.
Sì, perchè lui è un corpo estraneo: non ha un partito, non vuole poltrone.
A volte magari sbaglia, ma ci mette la faccia e il nome. E tanta passione.
No, Christian per qualcuno è più pericoloso della ‘Ndrangheta.
Perchè è un uomo libero.
E così lo lasciano solo.
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano“)
Commento del nostro direttore:
Ci uniamo all’appello di Ferruccio “a non lasciare solo” Christian nella sua battaglia di documentazione e denuncia contro le infiltrazioni mafiose in Liguria (e non solo).
Siamo stati tra i pochi “politici atipici” a essere presenti alla manifestazioni di solidarietà a Christian a Palazzo Ducale prima di Natale, insieme a una decina di amici.
Abbiamo condotto “con e grazie anche a lui” una battaglia di moralizzazione contro i tentativi di infiltrazione in “Futuro e liberta” di personaggi chiacchierati e al centro di provvedimenti giudiziari, vicenda che ha avuto ampia eco sulla stampa locale.
Eravamo persino quasi riusciti a far partecipare il Presidente della Camera alla manifestazione di solidarietà a Christian a Palazzo Ducale, prima che qualcuno, e non solo all’interno di Fli, non intervenisse per “sconsigliarlo”.
Sono passate settimane senza che a Christian, minacciato di morte dalla ‘ndrangheta sulla base di rapporti dei servizi preposti, sia stata assicurata la necessaria protezione.
Qualcuno evidentemente si oppone, qualcuno ha interesse che Christian continui a essere a rischio, in modo da limitarne i movimenti e le inchieste.
Allora questo qualcuno si assuma una precisa responsabilità : se dovesse accadere qualcosa a Christian, si cerchino i mandanti e i complici, ovvero chi sta favorendo di fatto l’organizzazione mafiosa.
Che siano politici, uomini dello Stato, magistrati, autorità preposte, dovranno essere chiamati a risponderne.
O si sta con lo Stato o contro di esso, non esistono alternative.
Non si devono avere santi in paradiso per ottenere “protezione” quando si rischia la vita per denunciare i crimini delle organizzazioni mafiose: dovrebbe essere uno Stato che si rispetti a bussare alla porta di certi “eroi civili” per offrire tutela.
E i politici muovano il culo: basta con le sfilate di solidarietà verbale per darsi una patente “antimafia” su cui costruirsi una immagine spendibile con il proprio elettorato.
Bussino alla porta dei ministeri ed “esigano” che i cittadini onesti che rischiano la vita siano protetti.
La scorta serve più a persone come Christian che a politici come Cosentino.
Siamo stati chiari?
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Gennaio 21st, 2012 Riccardo Fucile
IL GOVERNO HA AUTORIZZATO L’ACQUISTO DA PARTE DELLA REGIONE CAMPANIA DELL’IMPIANTO AL CENTRO DI UN PROCESSO A CARICO DI IMPREGILO… UTILIZZATI I SOLDI DEL FAS, QUELLO DEI FONDI DESTINATI ALLE AREE SOTTOSVILUPPATE CHE ANDREBBERO COSI’ NELLE CASSE DEI PRIVATI
La questione rifiuti campana entra nell’agenda del governo, lo schema di decreto legge su “misure urgenti in materia ambientale” contiene un comma che dovrebbe sancire la conclusione della querelle sulla proprietà dell’inceneritore di Acerra, oggetto di polemiche nel recente passato.
Per quell’impianto e per l’intero ciclo di gestione dei rifiuti in Campania c’è un processo in corso davanti al Tribunale di Napoli a carico dei manager di Impregilo e dei vertici del commissariato di governo, a partire dall’ex governatore Antonio Bassolino.
Ma, nonostante tutto, il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, richiamando il decreto che sancì la fine dell’emergenza rifiuti, apre all’acquisto con fondi pubblici dell’inceneritore.
Sarà la Regione Campania a comprare il forno mentre la gestione è affidata, ormai dal 2008 e per 15 anni, alla multiutility bresciana A2 attraverso la controllata Partenope ambiente.
Le modalità che sanciranno il passaggio da una spa ad un ente di stato con soldi pubblici vengono chiarite al comma 3 dell’articolo 1 della bozza di decreto: “La Regione Campania è autorizzata ad utilizzare le risorse del Fondo per lo Sviluppo e coesione sociale 2007-2013 relative al programma attuativo regionale, per l’acquisto del termovalorizzatore di Acerra ai sensi dell’articolo 7 del decreto legge n.195 del 2009. Le risorse necessarie vengono trasferite alla stessa regione”.
In realtà il fondo per lo sviluppo altro non è che, sotto altro nome, il fondo per le aree sottoutilizzate che verrà utilizzato per compare l’impianto di incenerimento al costo di 355 milioni di euro, secondo una valutazione dell’Enea del 2007, oggetto anche di un ricorso pendente presso la Corte Costituzionale.
I dettagli della vicenda vengono chiariti da Gianfranco Polillo, sottosegretario all’economia, che, in commissione bilancio della Camera, ha spiegato: “Il decreto si limita a prorogare il termine per il trasferimento della proprietà dell’impianto” da fine dicembre 2011 a fine gennaio 2012. La cessione dovrebbe prevedere anche la risoluzione del contenzioso ancora pendente tra Impregilo e protezione civile.L’inceneritore napoletano usufruisce dei Cip 6, gli incentivi destinati, solo in Italia, a chi produce energia bruciando rifiuti, incentivi che il primo ministro Mario Monti da Commissario Europeo definì “droga illiberale nel mercato delle tecnologie ambientali”.
All’inizio del 2008, A2a rinunciò alla gestione dell’impianto perchè privo dei Cip6. Successivamente un decreto del morente governo Prodi introdusse i benefici pubblici, per un periodo di 8 anni, e A2a tornò interessata assumendone la gestione.
La multiutility spiega che il contratto, compresa la gestione dello Stir di Caivano, prevede che “La società venga remunerata con una quota pari al 49% dell’energia elettrica prodotta dal termovalorizzatore tramite la combustione dei rifiuti ad esso conferiti a seguito del trattamento negli Stir”.
Produzione incentivata dal Cip6 di cui la A2a beneficia per la quota di energia che le spetta come compenso.
I ricavi per A2a nel 2010 sono intorno ai 57 milioni di euro da cui vanno sottratti i costi di gestione degli impianti.
Un dato in crescita nel 2011 visto che l’inceneritore ha raggiunto il 100% della capacità produttiva bruciando 600mila tonnellate di rifiuti.
Un ottimo investimento per A2a nella gestione del forno di Acerra così come Impregilo nella vendita.
A perderci saranno le tasche dei cittadini che vedranno volatilizzarsi 355 milioni di euro di denaro pubblico destinato al fondo per le aree sottoutilizzate.
Nello Trocchia e Matteo Incerti
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 21st, 2012 Riccardo Fucile
TRA ASSICURAZIONE E DANNO AMBIENTALE…”COSTA PIU’ RECUPERARE LA NAVE CHE AFFONDARLA”
Recuperare o non recuperare la Concordia. Questo è il problema. 
“Per Costa, l’ipotesi meno onerosa sarebbe che la nave affondasse. Poi, in subordine, che venisse demolita. L’eventualità peggiore è che si possa recuperare: si incasserebbe meno e si avrebbe una nave ‘rattoppata’. Tanto più che l’immagine della Concordia non è una bella pubblicità ”, racconta un esperto di brokeraggio marittimo che preferisce non essere citato.
La sorte del colosso di 300 metri è un rebus.
Si intrecciano problemi tecnici, ambientali e assicurativi.
Il destino, fortunatamente, ha voluto che la Concordia si fermasse sulla spiaggia, altrimenti la tragedia avrebbe assunto proporzioni inimmaginabili.
Ma la nave ferma a riva deve essere rimossa, con sforzi e costi enormi.
Per farne che cosa? All’indomani del disastro, Massimo Gronda, del noto Studio Ansaldo di Genova (consulenti della Costa), aveva spiegato: “Ci vorranno mesi per rimuovere la nave. Ma sarà impossibile usare i rimorchiatori. Prima di tutto lo scafo dovrà di nuovo essere reso stagno, poi lo si farà galleggiare con enormi “palloni”.
Quindi la Concordia sarà spostata, per essere demolita o riparata”.
Ecco, passata l’emergenza, si dovranno affrontare le questioni assicurative.
E la battaglia è già cominciata perchè qui ci ballano 500 milioni.
“La nave, varata nel 2005, era costata oltre mezzo miliardo. Oggi è assicurata per 460 milioni (il premio pagato dalla compagnia era di 500mila euro l’anno, ndr)”, ricorda dal canto suo Carlo Allodi, vice-presidente della Cambiaso Risso, società nota nel settore delle assicurazioni navali.
Aggiunge: “Adesso Costa e assicurazioni dovranno valutare se demolirla oppure ripararla. Se le riparazioni dovessero costare più del valore assicurato, è ovvio che si debba demolire”.
Una previsione? “Mi sembra impossibile che la nave torni a navigare. Ci sono lo squarcio nello scafo, il sistema elettrico distrutto e buona parte delle cabine allagate”.
Quindi? “Se la nave fosse affondata in mare aperto, non ci sarebbero questioni. Invece va rimossa”.
La Concordia allora dovrà essere trasferita in un porto. E saranno altri costi. Immensi, paragonabili alla costruzione di una nuova nave, se dovesse essere riparata.
Comunque pesanti in caso di demolizione, perchè fare a pezzi e smaltire un colosso da 114mila tonnellate è impresa da far tremare i polsi.
Ma chi paga in questo caso? “La demolizione è a carico dell’armatore”, spiega Allodi. Cioè Costa. Una bella sberla.
Ma l’assicurazione di una nave che vale quanto una piccola manovra finanziaria non è come una polizza Rc auto.
Ci sono contratti diversi.
Spiega Allodi: “Il primo, si diceva, è l’assicurazione ‘scafo e macchina’, una specie di kasco. Poi c’è la responsabilità civile che copre i danni ai passeggeri, alle famiglie delle vittime e all’ambiente. Si chiama “P&I” (Protection and Indemnity insurance) e attinge a un fondo creato da armatori e proprietari di navi, una specie di mutua (nel caso di Costa parliamo della norvegese Standard). La copertura è illimitata. Soltanto per l’inquinamento c’è il tetto di un miliardo. Oltre risponde l’armatore”.
Insomma, se uscisse il carburante dalla Concordia (i serbatoi ne contengono 2.400 tonnellate) e inquinasse l’arcipelago toscano, Costa rischierebbe il crac? “Credo che non ci sarà un disastro ambientale. Il carburante è già solidificato”, è convinto Allodi.
Ma le incognite per la compagnia genovese (controllata dal colosso americano Carnival) sono anche altre: la nave ospitava fino a 3.780 croceristi, parliamo di mancate entrate per milioni ogni settimana.
Alcune compagnie, poche, sono assicurate contro questi rischi.
Ma il numero uno della Costa, Pierluigi Foschi, ha parlato di 93 milioni di dollari di danni a carico della società .
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 21st, 2012 Riccardo Fucile
IL RACCONTO DI UN TAXISTA: “VERSO SOLO UNA FINTA DICHIARAZIONE, LO STATO MI IMPEDISCE DI VIVERE”
I tassisti di notte imbarcano ragazzi disperati con la siringa sporca di sangue, puttane che si spogliano, teppisti che sfilano coltelli: “E noi tassinari romani, poveri disgraziati, siamo una casta? Venite in giro con noi, gente che non ci paga, gente che ci minaccia, pischelli che ci puntano le lame”.
Giulio, nome di fantasia perchè teme ritorsioni, ce l’ha con tutti perchè tutti ce l’hanno con lui: “Che volete, voi scrivete stronzate, il governo ci ammazza, e noi ci difendiamo prima di morire”.
La vita dei tassisti si chiama licenza: “Io sono un ragazzo romano che si sfonda la schiena, tassista di seconda generazione con un padre che con 40 anni di servizio scarrozza ancora, e sono fortunato perchè guadagno 1.600 euro. La licenza è la nostra liquidazione, il nostro tesoretto”.
Giulio lavora 26 giorni al mese, due settimane di ferie l’anno, malattie e incidenti non previsti: “Io esco di mattina, di pomeriggio, di sera per otto o nove ore, e torno a casa senza conoscere i miei incassi, ma sapendo bene le mie spese: l’assicurazione, la benzina, le tasse. Il giorno migliore mettiamo in saccoccia 120 euro, e quel giorno siamo davvero felici. Se mi becco un accidenti, e sto a casa una settimana, l’Inail mi passa 40 euro, e che ci faccio?”.
S’è inventato meccanico per riparare l’auto bianca e s’è scoperto evasore, molto convinto, per niente pentito, per pura necessità : “Io verso soltanto il pizzo che definisco “Studio di settore”, una finta dichiarazione di 12 o 14 mila euro l’anno, e basta. I miei colleghi non pagano le tasse, io non le pago. Me ne fotto di uno Stato che ci impedisce di vivere. Io frego lo Stato perchè se lo rispetto non riesco a mangiare”. Un tassinaro, non è per sempre: “C’è una parte di me che spera che il governo vada avanti, così mi libero di questa prigione e prendo il primo volo per l’Australia. Fra di noi ci sono ragazzi laureati, istruiti, persone perbene che si trovano a condividere un mestiere con dei criminali, rappresentati da sindacalisti ladri e conniventi”.
Il giochetto del tassametro è un’arte antica: “Io non mi faccio multare per 16 euro, però ci sono tassisti che viaggiano di giorno con la tariffa notturna, e nessuno li controlla. In via Giolitti, angolo stazione Termini, le truffe si ripetono: decine di euro per trasportare americani o giapponesi trecento metri più avanti. Io credo che l’uomo sia delinquente per natura, se ti offrono continuamente una mazzetta, prima o poi la prendi. E io che mi ritengo pulito, divento evasore perchè, in questo maledetto lavoro, non c’è spazio per gli onesti”.
Anche la massa ha travolto Giulio, che insulta i colleghi e insulta il governo come se il peggio fosse ovunque, e anche le proteste del Circo Massimo nascondono rassegnazione: “Farei corsi d’inglese, selezioni serie, controlli veri. Vorrei che il Comune di Roma avesse più corsie preferenziali per migliorare il servizio ai cittadini. Vorrei che il tassista sia messo in condizione di onorare i suoi impegni con lo Stato: sgravi fiscali, rimborsi carburante. Adesso non è possibile e con queste cavolo di liberalizzazioni, non lo sarà mai. Io non mi fido di voi, non mi fido dei sindacalisti. Penso soltanto che i tassisti romani siano dei mollaccioni rispetto ai napoletani e i siciliani che, se il decreto legge venisse approvato, saranno pronti per sfasciare l’Italia, per bloccare le città e le autostrade”.
Giulio ha un rancore dentro che sfoga lentamente, appena capisce che fuori da un abitacolo non ci sono soltanto nemici: “A volte mi sento umiliato, ecco. Io volevo studiare e realizzare i miei desideri e le mie passioni, e invece sono qui, fra gente che non conosco e non vorrei mai conoscere, a presidiare la città perchè non posso rinunciare al pane”.
Adesso Giulio parla senza domande: “Quando esco all’alba, per le cinque, mi metto in fila in una piazzola di sosta con una copertina sulle ginocchia per il freddo. Aspetto una, due, anche tre ore per fare una corsa. Di notte capita di caricare una prostituta che ti vuole pagare in natura oppure ti arriva il tossico che ti fa girare ore e ore in cerca della droga, e va via senza darti un euro. Poi c’è l’avvocato che apre distratto la portiera e ti fa un danno di mille euro, e scappa senza nemmeno chiederti scusa. La gente sale, parla al telefonino, e ti dà un buffetto sulle spalle per la ricevuta. Noi restiamo zitti, sempre, ma se ci tolgono la speranza di vivere con dignità , diventiamo matti e pericolosi”
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 21st, 2012 Riccardo Fucile
SARA’ VIETATO CONDURRE ESPERIMENTI SU CANI, GATTI E SCIMMIE… SANZIONI PER CHI NON RISPETTA LE PRESCRIZIONI… UNO DEGLI EFFETTI POTREBBE ESSERE LA CHIUSURA DELL’ALLEVAMENTO “GREEN HILL” DOVE SI TROVANO OLTRE DUEMILA BEAGLE
Passo importante per i diritti degli animali. 
Il provvedimento che prevede il divieto di allevare cani, gatti e primati destinati alla vivisezione, su tutto il territorio italiano, ha ottenuto il primo via libera della commissione Politiche comunitarie della Camera.
La prossima settimana è previsto l’approdo in aula.
E il via libero definitivo dovrebbe comportare anche la chiusura dell’allevamento “Green Hill” 1, la struttura di Montichiari – in provincia di Brescia – dove si trovano oltre duemila beagle destinati ad esperimenti in Europa e Stati Uniti.
Il provvedimento nasce per recepire una direttiva comunitaria del 2010 in cui si chiedeva la possibilità per gli Stati membri di adottare misure più restrittive nella sperimentazione, ma introduce modifiche considerate molto positive nel fronte animalista.
La Lega Anti Vivisezione (Lav) si dichiara molto soddisfatta: “La chiusura di Green Hill, il divieto di alcune forme di sperimentazione sugli animali, l’incentivazione dei metodi alternativi, possono essere una realtà grazie al testo proposto dalla Commissione Affari Sociali di Montecitorio” – dice il presidente, Gianluca Felicetti. “Si tratterebbe di concreti passi in avanti verso il nostro obiettivo di abolire la vivisezione. Un grosso passa avanti rispetto alla direttiva di Bruxelles che l’Italia deve recepire, volente o nolente, entro il novembre prossimo”.
“Chi contrasta questo emendamento è chi vuole, di fatto – conclude l’associazione animalista – continuare a fare di tutto, su tutti gli animali, e continuare a tenere aperti allevamenti come quello di Green Hill in Lombardia”.
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Gennaio 21st, 2012 Riccardo Fucile
CONFINDUSTRIA ACCUSA: INFILTRATI MAFIOSI…AUTOTRASPORTATORI E CONTADINI CHIEDONO INTERVENTI PER RIDURRE I PREZZI DEI CARBURANTI… IL MOVIMENTO: “LO BELLO FACCIA I NOMI”
La città , in un giovedì di lavoro, è silenziosa.
Le immagini delle code delle auto ai distributori rimasti senza benzina hanno lasciato spazio alla scena insolita di strade libere dal traffico.
Nei supermercati cominciano a scarseggiare i beni di prima necessità , come acqua, farina e latte.
Alla fine della quarta giornata di agitazione hanno lasciato il segno gli indignados siciliani, i coloriti protagonisti di un variegato e ambiguo cartello che si è attribuito un nome di sicuro impatto, «Forza d’urto», e sta mettendo in ginocchio l’Isola, bloccando Tir e furgoni nelle vie di accesso a capoluoghi e paesi.
Ma sul quale volteggiano pesanti ombre di mafiosità , sollevate da Ivan Lo Bello, il capo degli industriali schierati contro il racket.
L’ultimo incontro con il governatore Lombardo e i prefetti, andato in scena ieri mattina, non ha fermato la protesta ma ha avuto il solo effetto di spaccare il movimento.
Da un lato gli autotrasportatori aderenti all’Aias, che intende sospendere l’agitazione stasera, alla scadenza annunciata.
Dall’altro una base agguerrita, e soprattutto l’altra anima del fronte rappresentata dagli agricoltori riuniti sotto il simbolo del forcone, vuole andare avanti a oltranza.
Chi li ferma adesso questi “rivoluzionari” – così si autodefiniscono – che con i giubbotti blu e la bandiera della Trinacria chiedono la benzina a basso prezzo?
Come contenere l’onda di chi viene dall’entroterra e dei mari siculi richiamandosi ai Vespri e urlando la «disperazione» per i costi dei pedaggi autostradali e dei traghetti, per le tariffe dell’energia, per le tasse che mettono fuori mercato i prodotti isolani?
La protesta si estende dal porto di Palermo, invaso mercoledì dai manifestanti, alle aree industriali di Gela e Priolo, dove è stato bloccato l’ingresso dei lavoratori nelle raffinerie.
A Ragusa e ancora a Gela, provincia di Caltanissetta, i blocchi impediscono da lunedì la raccolta dei rifiuti.
Chiuso per il secondo giorno consecutivo il mercato ortofrutticolo di Vittoria, il più grande d’Italia. A Lentini a Rosolini, nel Siracusano, i nuovi indignados hanno fatto abbassare le saracinesche dei negozi, e non tutti hanno aderito in modo spontaneo: alcuni commercianti, in modo anonimo per timore di rappresaglie, denunciano violenze e minacce.
E intanto sui camion fermi, ostaggio della protesta, rimane ogni genere di merce: a Gioia Tauro ha subito lo stop persino un carico di migliaia di chili di paraffina, che dovrebbe servire per confezionare i ceri votivi per la prossima festa di Sant’Agata, a Catania.
Lombardo ha rimpallato la questione al governo nazionale, dicendosi non competente «per gran parte delle richieste avanzate» e sollecitando un incontro al premier Monti. Il presidente della Regione dice di condividere, se non i modi, le ragioni della protesta, ma su «Forza d’urto» – che si muove fuori dal circuito ufficiale di partiti e sindacati – il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello fa calare pesanti ombre: «Ci sono mafiosi fra i manifestanti». E stamattina presenterà «esposti dettagliati» agli uffici giudiziari interessati.
Un allarme condiviso da 12 associazioni di categoria e definito «fondato» dal procuratore antimafia Pietro Grasso e dal capo della procura di Palermo Francesco Messineo. «La situazione siciliana desta molta preoccupazione soprattutto in considerazione di queste denunce», ammette il sottosegretario ai Trasporti Guido Improta.
Ma loro, quelli di «Forza d’urto», non ci stanno: «Facciano i nomi, si assumano le responsabilità di quello che dicono», urla Martino Morsello, ex allevatore d’orate, uno dei leader di un movimento che, con il passare dei giorni, ha messo insieme pure pescatori e studenti medi, l’associazione dei sindaci e i giovani di alcuni centri sociali. Sulla natura di «Forza d’urto» ha finito per rompersi anche il fronte della legalità : Fabio Granata, vicepresidente della commissione Antimafia, ha invitato Lo Bello «a non criminalizzare la protesta».
E in realtà , questo movimento è diventato un cavallo di Troia per rivendicazioni meridionaliste (con Grande Sud di Miccichè in prima fila), per malesseri diffusi figli della crisi e per l’onda crescente dell’antipolitica.
«Lombardo e i governanti non hanno capito o non vogliono capire: la gente è affamata. Dobbiamo andare a protestare a Roma? Non abbiamo i soldi per comprare i biglietti. Ci vadano i deputati regionali con le loro indennità », dice Giuseppe Richichi, altro volto della protesta siciliana.
Forza Nuova e la Destra di Storace hanno espresso solidarietà agli indignados e la Digos ora indaga sul ruolo svolto in questi giorni da esponenti estremisti di forze extraparlamentari.
A metterci il cappello è arrivato anche Maurizio Zamparini, il presidente del Palermo calcio che chiama nel suo «Movimento per la gente» gli autotrasportatori siciliani e i “forconi”: «Mafiosi non sono i manifestanti, ma questo Stato che sta uccidendo l’Italia che produce».
Emanuele Lauria
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 21st, 2012 Riccardo Fucile
SOLO TRE MESI FA TRA I DUE PARTITI ERA GUERRA DI INSULTI, ORA IL DIALOGO E’ APERTO… TUTTI INSIEME, MA SENZA DARE NELL’OCCHIO
Ai tempi della solidarietà nazionale, nel cupo triennio della crisi economica e del terrorismo, il
compromesso storico tra Dc e Pci venne teorizzato, esibito, quasi ostentato. Certo, c’erano Aldo Moro ed Enrico Berlinguer e la Balena Bianca e la Chiesa Rossa rappresentavano oltre il settanta per cento dei voti.
Quasi tre decenni dopo ci sono il Pdl di Angelino Alfano (e Silvio Berlusconi), il Pd di Pier Luigi Bersani (e D’Alema, Veltroni, Letta, eccetera) e la Grande Coalizione di fatto che sostiene il governo Monti viene invece sussurrata, nascosta, persino negata smentendo l’evidenza.
L’inciucio come il frutto di un peccato da tenere segreto.
Un inciucio a tre, peraltro.
Tripartisan, come si dice: Pd, Pdl e il Terzo Polo di Casini (e Fini e Rutelli).
Ogni giorno i leader che appoggiano l’esecutivo tecnico si beccano sulla natura politica della maggioranza.
Ed è per questo che ci sono voluti due mesi esatti perchè Alfano, Bersani e Casini si vedessero ufficialmente insieme con Monti. È successo lunedì scorso e il giorno dopo la coalizione tripartita ha votato una risoluzione unitaria sulla giustizia.
Oggi Pdl e Pd soprattutto “gestiscono” di comune accordo i lavori dell’aula e la prossima tappa sarà una mozione condivisa sull’Europa.
Uno spettacolo che in teoria dovrebbe continuare fino al termine della legislatura nel 2013. Incredibile, se si pensa al bipolarismo muscolare nell’era berlusconiana.
I protagonisti della Grande Coalizione obbligata o politica sono una decina.
I tre principali, in ordine alfabetico e di forza elettorale, sono Alfano, Bersani e Casini.
I loro vertici segreti, poco prima della nascita del governo Monti, sono cominciati sulla scia dell’imbarazzo, nel tunnel che porta da Palazzo Madama a Palazzo Giustiniani, in quel momento “base” del neosenatore a vita Mario Monti.
Casini, ricordando quei giorni, spesso confida ai suoi interlocutori di turno che la segretezza fu una condizione richiesta da “Angelino” e “Pier Luigi” perchè volevano evitare di farsi sorprendere da fotografi e giornalisti.
Il numero di questi incontri è ancora oggetto di dibattito. Sicuramente tre, forse quattro.
Dal tunnel del Senato al “cavalcavia” di Montecitorio, cioè al lungo passaggio che porta al palazzo dei gruppi parlamentari.
Lì c’è stato il primo fatale incontro tra Fabrizio Cicchitto, capogruppo anti-pm del Pdl, e il suo omologo democrat Dario Franceschini, considerato un “giustizialista” dai garantisti del suo partito.
Il primo a parlare è stato “Dario”: “Ma c’hai pensato, io e te nella stessa maggioranza, chi l’avrebbe mai detto”. “Fabrizio”, ridendo: “Beh vacci piano, non ti allargare troppo”.
I due in queste settimane si consultano quotidianamente.
Se uno dichiara alle agenzie, l’altro va a ruota. Spesso, anzi quasi sempre dicono le stesse cose.
Così come i loro segretari d’aula, addetti alle votazioni: Roberto Giachetti per il Pd e Simone Baldelli per il Pdl.
Se Bersani fa la parte del “Sofferente ” (ammette un deputato di sinistra: “Addà passà ‘a nuttata”), Franceschini quella del “Trattativista”, Enrico Letta fa il “Disponibile”. Vicesegretario del Pd nonchè nipote d’arte (sì, di Gianni), il centrista Letta nel giorno della fiducia a Monti ha vergato il suo pensiero politico in un bigliettino al premier con il loden verde: “Mario, quando vuoi dimmi forme e modi con cui posso esserti utile dall’esterno. Sia ufficialmente sia riservatamente. Per ora mi sembra tutto un miracolo! E allora i miracoli esistono!”.
Letta e il suo fedelissimo Francesco Boccia hanno due obiettivi: scavalcare Casini nella classifica dell’entusiasmo per il “miracolo” e trasportare la Grande Coalizione nella Terza Repubblica. Convergere al centro.
Come dimostra, in sostanza, un apocrifo “laltroletta” che fa il verso a “Enrico” su twitter: “Che cosa sono destra e sinistra oggi? Poppa e prua per la nostra nave? Almeno c’è un nocchiero in gran tempesto”.
Da prua a poppa, e viceversa, passando per il centro e facendo ammuina. Metafora marittima molto attuale. Letta è un ambasciatore a tre livelli: parla con Giorgio Napolitano, parla con “Mario”, parla con Maurizio Lupi, ciellino dialogante del Pdl (i due hanno un’antica frequentazione nell’intergruppo per la sussidiarietà ).
Non tutti, però, hanno lo stesso trasporto emotivo e grancoalizionista.
È il caso dell’ex An Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato. Gasparri è tra i falchi che avrebbero voluto le elezioni anticipate e delega con sollievo le incombenze inciuciste al suo vice Gaetano Quagliariello.
È lui che tratta con Anna Finocchiaro, presidente del gruppo Pd a Palazzo Madama, ed è sempre lui al centro di altri colloqui riservati sulla riforma della legge elettorale.
Il suo interlocutore prediletto è Luciano Violante, vero stratega democratico nel kamasutra post-porcellum.
Lo stato dell’arte è il seguente: buttare il sistema ungherese voluto da Bersani e trattare sul tedesco o sullo spagnolo. Un inciucio continuo.
Anche in tv, quando Bruno Vespa a Porta a Porta fa accomodare gli esponenti di Pd e Pdl uno accanto all’altro.
Del resto, inciuciare in napoletano significa letteralmente parlare sottovoce.
Una maggioranza sussurrata, appunto.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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