Gennaio 24th, 2012 Riccardo Fucile
PRESENTATO UN EMENDAMENTO CHE CAMBIA LE REGOLE SUL “COMPUTO DELLE AZIONI PROPRIE” NELLE DELIBERAZIONI SOCIETARIE… IN ITALIA INTERESSA SOLO UN’AZIENDA: QUELLA DELL’EX PARLAMENTARE DI FORZA ITALIA LUISA TODINI
Andrea Zoppini, da due mesi sottosegretario alla Giustizia, è sbarcato al governo nella squadra dei professori guidata da Mario Monti.
Docente di diritto privato comparato all’università di Roma, professionista e avvocato dai mille incarichi privati e pubblici, consulente di palazzo Chigi ai tempi di Prodi e poi di Berlusconi, il rampantissimo Zoppini, 46 anni, avrà il suo da fare per gestire e magari riformare la macchina giudiziaria italiana.
Un lavoraccio, non c’è che dire.
Tra tanti impegni, però, il nuovo sottosegretario ha trovato il tempo di presentarsi in Senato, in commissione Giustizia, giovedì scorso per illustrare una nuova norma sul “computo delle azioni proprie nelle deliberazioni societarie”.
Azioni proprie? A prima vista la questione non sembra esattamente una priorità per il rilancio del Paese.
Tanto più che poco più di un anno fa, nel dicembre del 2010, l’esecutivo di centrodestra era intervenuto per correggere una legge in materia del 2008, che a sua volta recepiva una direttiva europea.
Altro giro, altra corsa: giovedì, sotto forma di emendamento a un decreto del governo, ecco che arrivano nove righe targate Zoppini per correggere il vecchio testo.
Proprio oggi la commissione è chiamata a dare il via libera alla norma prima dell’esame in aula.
Sarà un caso, ma le nuove disposizioni, che non si applicano, per esempio, alle società quotate in Borsa, calzano a pennello per un caso concreto.
Uno soltanto, perchè in giro per l’Italia davvero non si vedono molte aziende alle prese con controversie riguardanti la gestione delle azioni proprie.
Il caso in questione, però, è un caso importante, importantissimo.
Una vicenda che ha fatto rumore nel mondo degli affari, perchè riguarda la battaglia per il controllo della Salini, una delle più grandi imprese di costruzioni italiane, un colosso da oltre un miliardo di euro di ricavi.
Da anni ormai l’azienda romana cresce a gran velocità soprattutto grazie alle commesse all’estero e nel 2010 ha rilevato il controllo del gruppo Todini.
Su questa operazione si è speso personalmente l’allora premier Silvio Berlusconi, amico dell’ex parlamentare europea di Forza Italia Luisa Todini, che è entrata nel consiglio di amministrazione della Salini.
Al vertice del gruppo però le acque sono parecchio agitate.
Perchè da anni ormai la storica azienda di costruzioni, fondata ai tempi del fascismo, è al centro di una contesa a colpi di ricorsi in Tribunale tra i numerosissimi discendenti (siamo alla terza generazione) del fondatore Pietro Salini.
Ebbene, se l’emendamento Zoppini (chiamiamolo così) diventasse legge, il ramo dei Salini capitanato dall’amministratore delegato Pietro (omonimo del nonno) si troverebbe servito su un piatto d’argento la maggioranza assoluta del capitale dell’azienda di cui attualmente possiede solo il 47 per cento.
Un altro 43 per cento è controllato dai figli di Franco Salini, 75 anni, zio di Pietro.
Resta il 10 per cento, al momento congelato sotto forma di azioni proprie, cioè titoli della Salini spa di proprietà della stessa Salini.
Pietro Salini punta ad arrivare almeno al 51 per cento con l’obiettivo di mettere definitivamente fuori gioco i suoi parenti.
Per riuscirci, però, deve mettere le mani almeno su una parte delle azioni proprie. Un’operazione al momento vietata dalla legge.
Con l’emendamento presentato dal governo giovedì scorso Pietro Salini riuscirebbe a centrare il bersaglio.
La norma infatti dispone che le delibere assembleari sull’alienazione di azioni proprie vengono prese “senza computare tale azioni nel calcolo della maggioranza (….) per l’approvazione della deliberazione”.
Fine della storia, quindi. Al numero uno della Salini basterebbe il suo 47 per cento per vincere la battaglia in assemblea e decidere la vendita delle azioni proprie.
A questo punto, esercitando il diritto di prelazione su quelle azioni, Pietro Salini salirebbe al 52 per cento circa del capitale, conquistando quindi la maggioranza assoluta
L’emendamento del governo arriva proprio mentre la battaglia tra i Salini è arrivata a un punto di svolta. A fine 2011 è scaduto il mandato dell’intero consiglio di amministrazione.
E in vista del rinnovo, la prossima primavera si prevede battaglia tra i due rami della famiglia.
Se però nel frattempo venisse appianata la questione delle azioni proprie, ecco che Pietro avrebbe gioco facile per imporre i suoi uomini al vertice.
Va segnalato un altro particolare importante. La nuova norma fa espressamente riferimento alle deliberazioni assembleari assunte entro il 30 giugno di quest’anno.
A prima vista quindi l’emendamento Zoppini ha tutte le caratteristiche di un intervento transitorio.
Dura qualche mese e poi tutto torna come prima.
Interpellato dal Fatto Quotidiano, un portavoce del sottosegretario Zoppini spiega che l’emendamento “è stato studiato per regolare eventuali controversie che dovessero nascere in sede di deliberazione in assemblea nelle società con azioni proprie”.
Fine delle spiegazioni. Anche se poi, come spiegano al ministero della Giustizia, questa non sarebbe neppure la prima volta che il governo studia un intervento sulla questione.
Già , perchè anche ai tempi di Berlusconi il Tesoro avrebbe pensato ad una norma ad hoc sulle azioni proprie. Poi però non se n’è fatto niente.
A novembre si è insediato Monti e nel giro di due mesi l’emendamento è arrivato in Senato, in attesa di diventare legge nel giro di poche settimane.
Ai piani alti della Salini qualcuno fa il tifo per Zoppini.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 24th, 2012 Riccardo Fucile
IL SUO PORTAVOCE VINCE IL CONCORSO DI CAPO UFFICIO STAMPA ALL’ATER DI VITERBO
Lui, storico storaciano, è assessore per la Casa della Regione Lazio guidata dalla Polverini. Il suo
caposegreteria diventa capo ufficio stampa dell’azienda edilizia pubblica (Ater) di Viterbo. Scoppiano le polemiche.
A difendere la correttezza del concorso è il direttore generale dell’Ater, guarda caso fratello del presidente della commissione Politiche della Casa al Consiglio regionale.
Il braccio destro dell’assessore della Regione Lazio Teodoro Buontempo cambia lavoro.
Nulla di strano, se non fosse che Massimo Bindi, fino ad oggi caposegreteria del titolare delle Politiche per la casa, tra una settimana diventerà il responsabile ufficio stampa dell’Ater viterbese, l’azienda che si occupa di edilizia residenziale pubblica. Coincidenza o conflitto di interessi?
Mentre alla Pisana (sede del consiglio regionale) si interrogano, il concorso che ha messo in palio l’ambito posto di lavoro – 60mila euro lo stipendio annuo – finisce al centro delle polemiche.
A sollevare la questione è il capogruppo dell’Italia dei Valori alla Regione Lazio, Vincenzo Maruccio.
Pochi giorni fa il dipietrista ha presentato un’interrogazione urgente all’assessore Buontempo, chiedendo chiarezza sulla vicenda.
Le principali perplessità riguardano le modalità del concorso. «L’avviso – si legge nel documento – è stato pubblicato in pieno agosto, con poca pubblicità ».
In poche parole si è trattato di «un concorso bandito in modo inopportuno e quasi clandestino, denuncia Claudio Bucci, un altro consigliere regionale Idv.
Non solo. Quando quest’estate è stato pubblicato il bando, l’Ater viterbese era guidata da un commissario nominato dalla Giunta Polverini (il nuovo consiglio d’amministrazione dell’azienda è operativo dallo scorso novembre).
Abbastanza, sempre leggendo l’interrogazione di Maruccio, per individuare «una dubbia legittimità formale» dell’iniziativa.
Di coincidenza in coincidenza, il mistero si infittisce.
A presiedere la commissione d’esame – le prove sono state svolte lo scorso autunno – c’era il direttore generale dell’Ater di Viterbo Ugo Gigli.
Fratello del consigliere regionale dell’Udc Rodolfo. «E che devo fare? Disconoscere le mie parentele?». Raggiunto al telefono, il direttore dell’Ater racconta la sua versione della storia: «In questa vicenda non c’è alcun conflitto di interessi – spiega – Il bando è stato fatto ad agosto, è vero. Ma è stato pubblicato per un mese, sul nostro sito e su diversi giornali». Insomma, nessun concorso clandestino. «Clandestino un c….», alza la voce Gigli.
Dodici candidati. Un esame scritto su due diverse materie e una prova orale.
E a spuntarla è l’assistente dell’assessore regionale per la Casa.
Oggi qualcuno ironizza sulle connessioni tra assessorato regionale alla Casa e l’azienda che si occupa di edilizia pubblica.
«Nessuna stranezza – continua Gigli – con l’assessorato non abbiamo alcun rapporto di dipendenza. Noi siamo un ente pubblico autonomo. Quello di Buontempo è un organo che ha solo potere di vigilanza su alcuni nostri atti. D’altronde mi rendo conto che giornalisticamente questa è una polemica appetitosa…».
Gigli conferma la regolarità del concorso. Anzi, rivela una particolarità .
Recentemente uno dei candidati avrebbe chiesto di controllare la correzione del suo scritto. «E come da regolamento noi glielo abbiamo permesso. Nessuna scorrettezza. Ma se la Regione vuole aprire un’inchiesta non abbiamo problemi a mostrare tutta la documentazione anche a loro».
Intanto sulla vicenda si è alzato un polverone. «Adesso – racconta Gigli – temo che il vincitore del concorso non abbia più intenzione di venire a lavorare da noi».
Lui, Massimo Bindi, preferisce non rispondere. Dall’Ater raccontano che si sarebbe già dimesso dal suo incarico in Regione.
In realtà sul sito dell’assessorato risulta ancora caposegreteria di Buontempo. Davanti alla richiesta di una spiegazione, i suoi collaboratori preferiscono sbattere giù il telefono.
A sorpresa, a chiedere ulteriori chiarimenti è Francesco Storace.
Il leader de La Destra – partito politico di Buontempo – con cui Bindi ha lavorato in passato. «La mia posizione è molto chiara – racconta l’ex presidente della Regione Lazio a Linkiesta – voglio che si verifichi quello che è successo. Se il concorso è irregolare, la nomina va annullata».
Al di là delle irregolarità resta una vicenda caratterizzata da antipatiche coincidenze. «La simpatia o l’antipatia non c’entrano nulla – taglia corto Storace – Se ci sono state anomalie il concorso va annullato. Altrimenti è tutto a posto». La reazione è stizzita. Anche perchè a pagare le conseguenze rischia di essere il «patrimonio morale» del suo partito.
Come ha spiegato Storace in un comunicato: «La sinistra non deve essere messa nelle condizioni di speculare nei confronti dell’amministrazione regionale».
Marco Sarti
(da linkietsta.it ripresa da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 24th, 2012 Riccardo Fucile
LA PROCURA: “SCHETTINO INADUEGUATO, MA CHI LO HA SCELTO?”… LA DIFESA DEL COMANDANTE CHIAMA IN CAUSA LA COMPAGNIA: “LE POMPE NON FUNZIONAVANO”
La Costa Crociere entra ufficialmente nell’inchiesta. E dalla porta principale.
Per risalire ai veri responsabili del naufragio di venerdì 13 gennaio “occorre infatti spingere lo sguardo” oltre la testa dello sciagurato comandante Francesco Schettino e puntarlo “sulle scelte fatte dal datore di lavoro, e cioè dall’armatore”.
A parlare in questi termini è Beniamino Deidda, il procuratore generale della Toscana, l’uomo a cui fa riferimento gerarchico il pool di magistrati che sta indagando sui fatti tragici di quella notte.
Deidda, una vita in prima linea sulle tematiche della sicurezza nei posti di lavoro, ha le idee chiare su quale “pista” seguire per fare luce su ciò che è veramente accaduto all’isola del Giglio.
“La magistratura – dice – cerca i nessi causali degli eventi. Per ora l’attenzione generale si è concentrata sulle colpe del comandante, che si è rivelato tragicamente inadeguato. Ma chi lo sceglie il comandante?”.
La domanda apre il varco a un ragionamento che, fatto in questi termini e in questo momento, proprio mentre il procuratore capo Francesco Verusio e i suoi sostituti stanno ragionando sulle prossime mosse nei confronti della Costa Crociere, sembra quasi un ordine. “Scialuppe che non scendono – elenca Deidda – personale che non sa cosa fare, scarsa preparazione a gestire l’emergenza, ordini maldestri come quello, assurdo di tornare nelle cabine. La confusione che c’è stata rivela un’incredibile trascuratezza nell’applicazione delle norme di sicurezza. Sicurezza – prosegue il magistrato – che va organizzata prima, con esercitazioni e simulazioni, e gestita dopo. Non tutte le carenze di sicurezza possono farsi risalire alla condotta del comandante. Per questo l’inchiesta non potrà escludere alcun fronte”.
Una sollecitazione quasi clamorosa.
Che i titolari dell’indagine non sembrano aver gradito.
Visto che ancora ieri sera erano incerti sulle modalità di convocazione in procura degli uomini di Costa Crociere (in particolare del Marine operation director Roberto Ferrarini).
Il dubbio era se ascoltarli, come semplici testimoni o piuttosto come indagati.
Il nodo a questo punto sembra destinato a sciogliersi presto. E la posizione di Costa ad appesantirsi notevolmente.
Anche perchè, dopo giorni di “attesa e riflessione”, Bruno Leporatti, l’avvocato difensore di Francesco Schettino, ha deciso di trasformare la sua partita in un muro contro muro con la Compagnia.
In una memoria scritta, il legale ha infatti messo l’accento su una serie di punti dolenti per la Costa, anticipando di fatto l’intera linea difensiva, e arrivando ad invocare platealmente l’iscrizione al registro degli indagati per Ferrarini: “Le dichiarazioni rese dal Comandante Schettino davanti al gip in ordine ai contatti telefonici intercorsi con il Marine operation director hanno aperto ulteriori filoni di indagine che potrebbero ragionevolmente orientarsi nel senso di provocare allargamenti soggettivi dell’inchiesta”.
Il coinvolgimento di Ferrarini sarebbe comunque solo un punto di partenza, nella strategia di Schettino.
Il quale si dice disposto ad assumersi le responsabilità dell’urto contro lo scoglio del Giglio, ma non quelle di quanto avvenuto dopo.
Visto che dall'”incaglio” in poi – è la sua tesi – ogni mossa, ogni decisione, è stata ampiamente condivisa con la Compagnia. La cui posizione si complicherebbe ulteriormente – alleggerendo quella del comandante – se si dovesse scoprire che non tutti gli apparati di sicurezza a bordo della Concordia erano funzionanti.
“Il comandante – è scritto nella memoria difensiva – aveva ordinato inutilmente più volte la messa in funzione della pompa di zavorra o di bilanciamento (uno strumento che avrebbe permesso alla nave di non inclinarsi su un fianco rendendo più semplice l’evacuazione, ndr)”.
Ma quelle pompe non funzionavano.
Così come, probabilmente, non avevano funzionato le “paratie deboli” e cioè quei tramezzi di separazione tra i vari compartimenti stagni che “cedono” quando, dopo un allagamento, la pressione dell’acqua diventa eccessiva in una zona della nave.
Uno di quei sistemi di sicurezza tanto cari al procuratore Deidda, che forse avrebbero potuto rendere meno tragico il bilancio.
Carlo Bonini e Marco Menusrati
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 24th, 2012 Riccardo Fucile
DOPPIA INTERVISTA: ALLA PIU’ GRANDE ASSOCIAZIONE DI CATEGORIA, CONTRARIA AI BLOCCHI, E A QUELLA CHE HA SCATENATO LA PROTESTA
Autostrade chiuse, code chilometriche, automobilisti intrappolati per ore nella tenaglia del
traffico. L’Italia è spaccata in due, ma perchè?
Cosa vogliono i camionisti che hanno paralizzato la mobilità ?
E perchè non tutte le associazioni hanno aderito alla protesta?
Per capire le posizioni in campo siamo andati ad intervistare chi ha organizzato i blocchi stradali di oggi – Maurizio Longo Segretario Generale Trasporto Unito – che sostiene come “la massiccia adesione dimostra che abbiamo interpretato bene il sentimento degli autotrasportatori”.
La goccia ha ha fatto traboccare il vaso della protesta “Senza dubbio l’impennata delle accise, del prezzo del gasolio. E’ stata una cosa folle. Sono soldi che non abbiamo da dare”.
E poi abbiamo intervistato Francesco Del Boca presidente Unatras la federazione che raccoglie le principali associazioni dell’autotrasporto, e che non ha aderito allo sciopero contestando i blocchi.
“Sono una minoranza – spiega Del Boca – ma sono riusciti a bloccare una decina di zone strategiche. Se vuole sapere la mia opinione ho l’impressione che si tratti di squadre specializzate che si spostano velocemente da un luogo all’altro per paralizzare la viabilità . Sono molto organizzati ma stanno giocando sulla pelle della gente che si ferma. Vogliono far capire che così risolveranno i loro problemi ma non è vero. Noi abbiamo portato a casa cose i importanti”.
Blocchi stradali: “Li abbiamo organizzati noi e abbiamo visto giusto”
Parla Maurizio Longo Segretario Generale Trasporto Unito
“I blocchi stradali di oggi? Li abbiamo promossi noi e la massiccia adesione dimostra che abbiamo interpretato bene il sentimento degli autotrasportatori”.
Maurizio Longo Segretario Generale Trasporto Unito risponde dalle barricate.
“Il nostro – spiega – non è un settore normale, parliamo di un settore che è indebitato. Fortemente indebitato”.
La piazza vi dà ragione?
“La risposta è arrivata forte dal settore delle imprese, a dimostrazione del fatto che non ci inventiamo nulla”.
Cosa rivendicate di preciso?
“Noi abbiamo avanzato proposte concrete che riguardano i costi di produzione dei servizi, quelli del gasolio, quelli dei pedaggi, delle assicurazioni e di altri costi che stritolano il nostro settore. Certo, è vero che sulla carta abbiamo un pacchetto di norme favorevoli, ma è anche vero che queste norme sono scritte male e quindi, di fatto, inapplicabili”.
Tipo?
“Le faccio un esempio: la norma che prevede il corrispettivo dei trasporti sia pagato a 60 giorni, ma per alcuni cavilli legali si mantiene un pagamento medio (dico medio!) di 120 giorni. E già siamo comunque alla follia perchè normalmente in altri Paesi i servizi al trasporto vengono pagati in anticipo. Vuole qualche altro esempio? Prenda il tema della tariffa dei costi minimi di sicurezza, che prevede che al di sotto di una certa cifra le imprese non possono lavorare.Bene, questa norma è inapplicata nel 99% dei casi perchè ci sono una serie infinita di modi per aggirarla”.
Se dovesse parlare ad un automobilista che oggi è rimasto bloccato per 4 ore in macchina per le vostre proteste, cosa gli direbbe?
“Le imprese sono ad un passo dal baratro. E molte ci sono già finite dentro. I dati parlano chiaro: negli ultimi sei anno sono fallite 63 mila imprese del mondo dell’autotrasporto. Insomma siamo sotto pressione su tutto, in grande disagio. E viviamo sulla nostra pelle la concorrenza degli stranieri, senza regole e senza controlli”.
Torniamo allo sciopero e ai blocchi: qual è stata l’adesione secondo voi?
“In alcune realtà l’adesione è al 100% in altre 60%. Anche qualcosa meno, ma stanno crescendo assemblee spontanee ovunque. La situazione è in continua evoluzione. Noi siamo un’associazione giovane, siamo nati tre anni fa, abbiamo circa 7000 iscritti, ma mi piace evidenziare che siamo talmente nei guai che l’impresa che oggi ha deciso di fermarsi risparmia soldi”.
Domanda facile: allora perchè non smettete di lavorare e basta?
“Si, ha ragione, ma molte aziende in questo settore sono oberate da debiti e hanno una forte esposizione con le banche. Tornare indietro è impossibile”.
Qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. L’aumento più odioso e che ha fatto scattare la rivolta e i blocchi?
“Senza dubbio l’impennata delle accise, del prezzo del gasolio. E’ stata una cosa folle. Sono soldi che non abbiamo da dare”.
“Camionisti strumentalizzati, una protesta davvero inutile”
Parla Francesco Del Boca presidente Unatras che raccoglie le principali associazioni dell’autotrasporto, contrario a queste proteste.
La federazione che raccoglie le principali associazioni dell’autotrasporto, la Unatras che rappresenta l’85% del settore e ha 90 mila aderenti, non ha aderito allo sciopero di oggi, ma il caos è stato totale. Possibile? Come si è arrivati a paralizzare l’Italia?
“Sono una minoranza – spiega Francesco Del Boca presidente Unatras – ma sono riusciti a bloccare una decina di zone strategiche. Se vuole sapere la mia opinione ho l’impressione che si tratti di squadre specializzate che si spostano velocemente da un luogo all’altro per paralizzare la viabilità . Sono molto organizzati ma stanno giocando sulla pelle della gente che si ferma. Vogliono far capire che così risolveranno i loro problemi ma non è vero. Noi abbiamo portato a casa cose i importanti”.
Anche voi avevate annunciato una grande mobilitazione, ma poi siete tornati sui vostri passi soddisfatti delle promesse del governo. Ci spieghi allora quello che gli altri camionisti in strada non hanno capito.
“Si, noi avevamo dichiarato di voler fare sciopero, poi abbiamo deciso di sospenderlo, perchè alcune richieste sono state ricevute subito dal governo, altre sono in dirittura d’arrivo. Abbiamo trovato una grande disponibilità : nello specifico il governo ha riconosciuto la necessità di mantenere i fondi per l’autotrasporto, i costi della sicurezza, la trimestralizzazione sulle accise dei carburanti, hanno accettai poi di rivedere profondamente la normativa sui divieti di circolazione (che potrebbero addirittura diminuire di 30 giorni). Per questo abbiamo sospeso lo sciopero annunciato”.
Non le faccio nessuna domanda, si rivolga lei direttamente ai camionisti che stanno bloccando l’Italia.
“Io sono solidale con alcuni di loro, con chi ha grandi problemi, ma la restituzione della accise trimestrali va nella direzione giusta. Quindi pur comprendendo le loro ragioni dopo l’incontro con il governo e la disponibilità ad accettare in toto tutta la nostra piattaforma di rivendicazioni, devo dire che questa protesta sia un po’ strumentalizzata da chi li ha organizzati”.
Però anche loro sono camionisti. Non pensa che questa loro dura protesta possa ostacolare la vostra trattativa?
“Noi abbiamo fatto capire al governo in tutti i modi che non condividiamo questo tipo di protesta. Fra l’altro, ripeto, sono pochi i posti in Italia dove ci sono questi blocchi. Blocchi peraltro illegali”.
Torniamo ai camionisti in strada. Come è possibile che si possano far strumentalizzare su una cosa così importante?
“Penso che fra i camionisti ai blocchi stradali ci sia molta disinformazione, non vorrei usare parole grosse ma penso a volte che siano stati usati. Chi lavora e viaggia non ha tempo di informarsi. E magari non sa nemmeno quali sono stati i risultati del nostro accordo”
Che succede ora?
“Disagi a tutti i cittadini, risultati per queste associazioni zero. Ripeto, è fondamentale riuscire a spiegare a questi camionisto cosa sta succedendo davvero, qual è la realtà della protesta e quali sono stati gli accordi fra il governo e Unatras”.
Deve ammettere però che siamo al disastro: se perfino i camionisti non sanno perchè sono in strada a bloccare il traffico si figuri gli automobilisti che rimangono intrappolati in questi maxi ingorghi. Così è onestamente difficile avere la solidarietà di chi è al di fuori del vostro mondo.
“Raccontando cose non vere si può perfino arrivare ad avere la solidarietà dei cittadino, ma le ripeto, oggi rispetto ad un mese fa – quando anche noi avevamo proclamato il maxi sciopero – la situazione è molto cambiata. I blocchi stradali li avevamo annunciati noi. Poi il governo ci è venuto incontro e abbiamo deciso di rimuovere la lotta sindacale. Queste proteste non hanno senso”.
Vincenzo Borgomeo
(da “La Repubblica”)
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