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BOSSI: “BERLUSCONI E’ UNA MEZZA CALZETTA, HA PAURA DI FAR CADERE IL GOVERNO”

Gennaio 26th, 2012 Riccardo Fucile

LA REPLICA DEL CAVALIERE: “NON CI SFILIAMO”…BOSSI VUOLE OTTENERE LA PRESIDENZA DELLA LOMBARDIA PER TOGLIERSI DALLE SCATOLE MARONI E MINACCIA IL PDL

“Berlusconi in questo momento ha paura, è una mezza calzetta. C’è tutto il paese che vuole strozzare Monti e Berlusconi ha paura di mandarlo via”.
Continua il braccio di ferro tra il leader della Lega, Umberto Bossi e l’ex presidente del Consiglio. Il Capo del Carroccio ha ribadito, stamani in Transatlantico, quanto detto durante la manifestazione a Milano domenica scorsa: “Se Berlusconi non fa cadere il governo Monti è a rischio la giunta di Formigoni in Lombardia”.
Spero, ha aggiunto Bossi, che Monti “cada presto” perchè “c’è tutto il Paese che vuole strozzarlo”.
Ma Silvio Berlusconi non sembra preoccuparsi delle minacce dell’amico Bossi: “Io sono sereno. Penso che al momento opportuno il centrodestra sarà  compatto”, ha detto commentando a Montecitorio il rinnovato invito del Senatur a ritirare la fiducia al governo, come condizione essenziale per evitare la caduta della giunta regionale lombarda.
Il leader del Pdl sceglie la via della moderazione e sull’esecutivo Monti dice: “Sta operando con grande prudenza ed è difficile avanzare critiche fondate”.
In questo momento — prosegue Berlusconi — chi ha senso di responsabilità  e ha dato il sostegno al governo non può tirarsi indietro”.
E nello stesso momento in cui queste parole vengono pronunuciate, la Camera vota la fiducia al decreto Milleproroghe.
Nel dibattito si inserisce anche il segretario del Pd, Pierluigi Bersani che scambia due battute con il leader della Lega.
E’ Bersani a chiedere al Senatur: “Che fai, lo sostieni questo governo?” .
Pronta la replica del segretario federale: “ma vaf…”, è la risposta che Bossi dà  sorridendo.
Intanto oggi è stato eletto all’unanimità  il nuovo presidente del gruppo Lega Nord alla Camera: Gianpaolo Dozzo.
Marco Reguzzoni, ex capogruppo a Montecitorio che gli ha lasciato il posto commenta, intervistato dalla Stampa, il suo passo indietro: “Per un anno e mezzo ho avuto la fortuna e la sfortuna di svolgere un incarico complesso, diventando il parafulmine di molte tensioni (…) Credo che Bossi abbia scelto me per la difficoltà  del compito, il che mi fa onore. Poi ci sono state alcune difficoltà  che mi hanno esposto al fuoco di artiglieria, ma sono corazzato. Chi oggi mi critica aveva intrapreso una raccolta firme contro di me prima ancora che fossi nominato”.
Le divisioni ci sono, ammette Reguzzoni, “come in tutti i partiti. Ma fare critiche pubbliche al capogruppo è fuori dalle regole. Siamo forti solo se restiamo uniti”. Tuttavia, la manifestazione a piazza Duomo ha rivelato nuovi rapporti di forza.
“Se siamo in 80 mila contro il governo Monti, ma qualcuno porta 20 amici coi fischietti è ovvio che sui media passa quello”.
Qualcuno aveva organizzato il tifo a favore di Maroni? “No -replica l’ex capogruppo leghista- ma io i fischi della piazza li ho sentiti solo contro Berlusconi. Bossi mi ha citato tre volte, dicendo che sono stato un buon capogruppo, e nessuno ha fiatato”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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IL SINDACO DI ADRO INSULTA NAPOLITANO: “CI VERGOGNIAMO DI AVERLA COME PRESIDENTE”

Gennaio 26th, 2012 Riccardo Fucile

IL PROBLEMA E’ CHE MOLTI CITTADINI DI ADRO NON SI VERGOGNANO DI AVERE UN RAZZISTA COME PRIMO CITTADINO…LANCINI ACCUSA NAPOLITANO PER AVER NOMINATO CAVALIERE L’IMPRENDITORE CHE PAGO’ LA MENSA A QUEI BAMBINI ESCLUSI PERCHE’ I GENITORI ERANO MOROSI

“Ci vergogniamo di averla come Presidente. Venga a chiedere scusa alla mia gente, è un suo dovere morale”.
Il sindaco di Adro, Oscar Lancini, torna a far parlare di sè.
Se la prende con il Capo dello Stato, ritenuto colpevole di aver “insultato” i cittadini del piccolo comune bresciano noto per essere stato tappezzato dal Sole delle Alpi e per aver vietato la mensa scolastica a bambini di genitori morosi per 10mila euro complessivi.
Una situazione che spinse un imprenditore locale a saldare il debito e scrivere una lettera al Corriere nella quale accostava l’azione “razzista” del sindaco a quella dei nazisti.
Gesto che è valso all’imprenditore la nomina a Cavaliere della Repubblica da parte di Napolitano.
Nomina che ha scatenato il sindaco: “Le onorificenze quando consegnate a cani e porci fanno divenire ingiustamente porci o cani anche quelli che le hanno meritate”.
E questo è solo l’incipit della lettera, che il fattoquotidiano.it pubblica in esclusiva, inviata il 23 gennaio e che oggi alle 11 sarà  presentata in una conferenza stampa appositamente convocata in Comune ad Adro.
Per esprimere il suo “punto di vista” Lancini riempie quattro pagine. Invoca le scuse di Napolitano, prende le distanze dall’imprenditore benefattore che ha “purtroppo” il suo stesso cognome (ma “non siamo parenti”), lo accusa di aver “sfruttato” i bambini per “fare pubblicità  alla propria azienda” e rivendica il diritto di usare il Sole delle Alpi che, sottolinea, non è “un simbolo di partito” ma significa “appartenenza radicata della gente a un territorio dalla storia millenaria”.
Quale? “La Padania”. Quella che per Giorgio Napolitano non esiste.
Lo ha detto e ribadito chiaramente, il Capo dello Stato: “Il popolo padano non esiste”. E invece Oscar Lancini glielo ripete, costringendolo a doversi interessare nuovamente di qualcosa che non c’è. Il sindaco rivendica con orgoglio che il suo sia un popolo leghista.
“Ho l’onore di guidare come Sindaco dal 2004 il comune di Adro. Nel primo mandato fui eletto con la lista monocolore Lega Nord con il 44,65% dei voti, nel secondo mandato, quello tuttora in corso, sempre con lista monocolore Lega Nord, sono stato riconfermato con il 61,08% dei voti”, scrive Lancini. Insomma: avrò diritto a parlare a nome dei cittadini? L’onoreficenza, quindi, “la reputo ingiusta e offensiva per la mia gente”.
Perchè, spiega, “la realtà  sulla vicenda della mensa di Adro non corrisponde certo a quanto riportato dalla stampa e dalle televisioni, sempre affamate di notizie da trasformare in patetici e fantasiosi scoop. Un esempio su tutti sia la puntata di Annozero di Santoro, faziosa e filo comunista”.
Ce n’è per tutti. Compreso il cosiddetto “benefattore di Adro”, l’imprenditore Silvano Lancini. Scrive il sindaco: “Premiare il ricco Lancini per il gesto ‘nobile’ — nobile se fosse rimasto anonimo, poichè la generosità  è una medaglia che si appunta all’anima e non al petto — di contribuire alle casse della mensa trovatasi in difficoltà  a causa dei mal pagatori, sarebbe stato già  eccessivo. Questo ‘signore’ ha agito così perchè poteva permetterselo, ha agito come in passato molti altri cittadini hanno agito, e senza ricevere onorificenze”.
Inoltre “appare chiaro che il ricco Silvano ha compiuto il suo gesto al fine di ottenere due risultati”, il secondo “deprecabilmente andato a buon fine, era fare pubblicità  alla propria azienda”.
Come? Lancini ha le idee chiare e spiega: “La donazione era esplicitamente subordinata alla consegna di una lettera alla stampa. Lettera che ha pesantemente offeso l’intera comunità , le nostre famiglie, l’autorità  civile, e l’istituzione religiosa”.
La lettera pubblicata dal Corriere della Sera era di fatto piuttosto forte nei toni. Lancini ne riporta un breve estratto, specificando che tra i due “non intercorrono rapporti di parentela”.
Scrisse l’imprenditore: “So bene che i campi di concentramento nazisti non sono nati dal nulla, prima ci sono stati anni di piccoli passi verso il baratro. In fondo in fondo chiedere di mettere una stella gialla sul braccio agli ebrei non era poi una cosa che faceva male. Mi vergogno che proprio il mio paese sia paladino di questo spostare l’asticella dell’intolleranza di un passo. Ma dove sono i miei sacerdoti? Sono forse disponibili a barattare la difesa del crocifisso con qualche etto di razzismo”.
Ora, nell’onorificenza che Napolitano ha riconosciuto all’imprenditore, il sindaco di Adro vede una offesa per la comunità  perchè premia, scrive ancora nella missiva inviata al Capo dello Stato, “una persona che ha sfruttato la situazione per fini personali, una persona ricca che ha regalato dei soldi a chi non voleva pagare”.
Quindi “egregio Presidente, ma come si permette? L’onorificenza ha avvalorato le offese scritte dal signor Lancini Silvano! Conferire il titolo di Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana a tal ‘signore’ che con la complicità  dei media ha dipinto la mia comunità  come una comunità  egoista e razzista, mi permetta, è stato un gesto sconsiderato”.
La mia gente, prosegue Lancini, “non può certo essere paragonata ai fascisti e ai nazisti della secondo guerra mondiale. I miei preti non possono essere considerati degli ingordi di denaro come i mercanti nel Tempio”. I cittadini del luogo “devono vergognarsi sì, ma di ben altro: si devono vergognare di avere un concittadino (Silvano Lancini) che di loro pensa questo e — aggiungo io ora — di avere un presidente della Repubblica che lo ha addirittura onorificiato. Venga ad Adro e chieda alla mia gente come stanno veramente le cose, venda ad Adro e chieda scusa alla mia gente. E’ un suo dovere morale”. Infine il monito: “Non si stupisca se il popolo del Grande Nord si sente sempre più distante da Roma e dalle sue istituzioni. Sono anche questi gesti sconsiderati che creano le distanze”. Chissà  se il Quirinale prenderà  per buona la lettera o la considererà  uno scherzo di qualche burlone che crede nell’esistenza della Padania.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
Il commento del nostro direttore

Qualcuno potrebbe liquidare il caso del sindaco di Adro come un caso psichiatrico, altri come una manifestazione schizoide di un esibizionista da giardinetti, altri   potrebbero vedere in lui il wate connesso al tricolore usato come carta igienica.
In realtà  si tratta di un semplice personaggio “razzista” che la maggioranza di un paesotto ha fatto sindaco.
E quindi non preoccupa tanto lui, quanto i concittadini che lo hanno votato.
L’uno e gli altri però altro non sono che il prodotto e le vittime di una cultura razzista che è stata tollerata e giustificata per troppo tempo nel nostro Paese per evidenti interessi di bassa cucina politica.
La paura del “diverso” per dare risposta alle proprie insicurezze, la discriminazione dello straniero per tutelare i propri egoismi, l’additare l’extracomunitario come colui “che toglie” lavoro ai propri figli, per non dover ammettere che “i propri figli” non hanno voglia di fare certi lavori e in troppi preferiscono non fare un cazzo, salvo farsi mantenere dai genitori.
Fino a giungere a discriminare persino i piccoli, i più indifesi, fino a umiliarli davanti ai coteanei, negando loro persino un pasto caldo, fino ad accusare di “volersi fare pubblicità ” un imprenditore che in realtà  voleva restare anonimo se non fosse stato scovato dai giornalisti dopo giorni di ricerche.
Napolitano ha nominato Cavaliere della Repubblica il benefattore?
Siamo d’accordo, non sarebbe stato necessario se le istituzioni avessero subito fatto quello che sarebbe accaduto in qualsiasi altro Paese civile: l’immediata destituzione del sindaco di Adro e la sua denuncia per istigazione all’odio razziale, come previsto dalla legge.
Con un ministro degli Interni come si deve e non un “barbaro sognante”, il commissariamento sarebbe avvenuto in 24 ore.
Con una destra sociale e militante qualcuno non sarebbe neanche più uscito di casa per portare il cane a fare i bisogni.
In attesa di uno Stato che si rispetti e di una destra vera, accontentiamoci del nobile gesto del Presidente della Repubblica che ci ha riportato alla considerazione dei valori etici che dovvrebbero presiedere una Comunità  nazionale.

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MONTI TEME CHE IL PDL IMPLODA: “NON SO SE RIESCE A TENERE FINO ALLA FINE”

Gennaio 26th, 2012 Riccardo Fucile

BERLUSCONI ATTENDE LA SENTENZA MILLS PER DECIDERE SE STACCARE LA SPINA AL GOVERNO…L’EX PREMIER PRESSATO DAI SUOI DEPUTATI DEL NORD CHE TEMONO SIA UN CALO DI CONSENSI CHE L’ABBANDONO DELL’ALLEANZA CON LA LEGA E QUINDI LA PERDITA DELLA POLTRONA…MA LE ELEZIONI PER IL PDL SAREBBERO IL SUICIDIO

La faccia preoccupata di Mario Monti, mentre lascia di corsa Montecitorio prima che l’aula abbia votato la mozione unitaria sull’Europa, contrasta con una giornata che, per il suo governo, dovrebbe assicurargli una navigazione tranquilla.
Il voto è stato bulgaro – 468 favorevoli – e, in fondo, si è trattato della prima apparizione formale della nuova maggioranza “tripartita”.
E questo nonostante i democratici e i berlusconiani si sforzino di ripetere che non si tratta dell’avvio di una coalizione “politica”.
Eppure il premier inizia a temere che sia solo la quiete prima della tempesta. “Ho paura – confida ai suoi – che il Pdl non tenga”.
L’attenzione dei sostenitori del Professore è infatti tutta concentrata su quello che è diventato il vero anello debole della maggioranza “strana”: il partito del Cavaliere.
E non è stato un bel segnale per il governo vedere quei 64 astenuti del Pdl – nonostante l’ordine ufficiale di votare no – che non se la sono sentita di andare contro la mozione della Lega.
Gente di Berlusconi, come Laura Ravetto o Massimo Corsaro, eletti al Nord, che temono la fine rovinosa dell’alleanza con Bossi.
“Qua si va a votare – sbotta l’ex ministro Andrea Ronchi – il 90 per cento di noi non ne può più di questo governo”.
A preoccuparsi stavolta sono anche gli uomini del Pd e del Terzo polo. Quelli più impegnati nella difesa del governo tecnico. Come Enrico Letta, che ieri in aula è salito ai banchi del Pdl per una serrata conversazione a quattr’occhi con un’altra colomba, Franco Frattini.
Per questo anche i centristi hanno iniziato a costruire i primi “firewall”, per evitare che il partito dei falchi berlusconiani travolga tutto e trascini l’Italia al voto. “L’atteggiamento del Pdl – spiega il segretario Udc Lorenzo Cesa – ci inizia a preoccupare. Dobbiamo stare attenti e aiutarli a reggere, è interesse di tutti che il Pdl ora non esploda”.
Per questo, rivela Cesa, l’Udc sta dando una mano al segretario Alfano rendendogli meno difficile “raggiungere un accordo con noi alle amministrative. Un’impresa non impossibile visto che in molti posti già  governavamo insieme”.
È un modo per allentare la pressione, per abbassare la temperatura interna alla maggioranza che sostiene il governo. E far intravedere al Pdl una via d’uscita alternativa, oltre l’alleanza sempre più difficile con Bossi.
Tanta premura non deve apparire eccessiva.
Nel Pdl infatti ogni giorno che passa cresce il malcontento nei confronti del governo Monti. E in tanti iniziano a pensare che proprio il decreto sulle liberalizzazioni, avversato dalle categorie che da sempre hanno guardato al centrodestra, possa essere il terreno ideale per far saltare il banco e andare in campagna elettorale.
Aldo Brancher, da sempre il pontiere fra Berlusconi e Bossi, lunedì sera era presente alla cena tra i due leader a via Rovani.
E pronostica una svolta a breve: “Berlusconi vede che il decreto Monti colpisce da una parte sola. E i nostri, sul territorio, si devono difendere dall’accusa di votare queste misure impossibili insieme al Pd. Ma pian piano la gente sta iniziando a capire che non era colpa di Berlusconi quello che è accaduto. Bisogna aspettare una quindicina di giorni e poi vediamo”.
Quella “quindicina di giorni”, a cui allude il braccio destro del Cavaliere, porta avanti le lancette della politica a una data chiave per il Pdl: la sentenza del processo Mills. Un processo “politico”, secondo l’ex premier, che ieri ha voluto inviare un segnale preciso andando in Tribunale invece che a Montecitorio.
Come a dire: è a Milano che per me si gioca la vera partita. “Perchè è chiaro – osserva Maurizio Lupi – che una condanna che arriva a un giorno dalla prescrizione significa che anche il collegio dei giudici, oltre alla procura, si è accanito. E per noi sarebbe una sentenza politica con conseguenze politiche. Perchè i giudici non vivono sulla luna”. Insomma, il Cavaliere ha davanti due strade: la prima porta alla rottura con Monti e al voto anticipato.
Strada piena di rischi, anche per i sondaggi negativi che danno in costante caduta il suo partito. Ma avrebbe la certezza di mantenere in piedi l’asse del Nord con Bossi, sia alle politiche che alle amministrative.
La seconda strada conduce invece alla rottura con il Carroccio e al sostegno a Monti fino alla fine della legislatura.
Ma Berlusconi vuole garanzie: “Non posso sostenere un esecutivo con chi vuole mandarmi in galera. Serve un disarmo e il primo passo è la sentenza Mills”.
Il secondo passo, spiegano dal Pdl, è quello che si aspetta il partito Mediaset. L’azienda non vuole scherzi sul beauty contest che dovrebbe assegnare le frequenze digitali. Il ministro Passera per ora l’ha bloccato, ma l’asta non è stata ancora indetta. Ecco, anche la partita delle frequenze, oltre alla sentenza Mills, è in questi giorni sul tavolo del Cavaliere.
Che si è preso “una quindicina di giorni” di attesa. Per capire se staccare la spina. Oppure andare avanti, come ieri, con la maggioranza “strana”.

Francesco Bei
(da “La Repubblica“)

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TERZO POLO DIVISO: FINI VORREBBE IL PARTITO DELLA NAZIONE SUBITO, MA CASINI RINVIA AL DOPO ELEZIONI

Gennaio 26th, 2012 Riccardo Fucile

TENSIONE PRE AMMINISTRATIVE… FLI SI PRESENTERA’ CON IL SIMBOLO SOLO SE E’ PREVISTO IL RAGGIUNGIMENTO DEL 5%, ALTRIMENTI SALTA IL COORDINATORE LOCALE… LA   CONSEGNA E’ MIMETIZZARSI IN LISTE CIVICHE

C’è stato un momento in cui la situazione è sembrata sul punto di esplodere.
E’ accaduto venerdì scorso, quando Gianfranco Fini ha ‘inviato’ Italo Bocchino da Pier Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa.
Non solo a causa della grana della giunta Lombardo in Sicilia, ma soprattutto per discutere delle prospettive del terzo Polo.
Del futuro, insomma, a partire dalle amministrative e in vista delle prossime Politiche.
Il messaggio recapitato dal vicepresidente di Fli, riferiscono fonti centriste, suona più o meno così: fateci capire se credete ancora nella prospettiva del Terzo Polo, se avete intenzione di dar vita fin da subito a un percorso unitario, oppure ciascuna forza prenderà  atto della situazione.
La riunione, riferiscono le stesse fonti, si è conclusa con una tregua.
Che basta forse a placare per ora il malcontento nel partito di Fini. Ma il nodo delle intese alle amministrative resta sul tavolo, così come la prospettiva del Terzo polo e l’ipotesi di dar vita a un soggetto unitario.
E’ proprio su questo punto che Fini e Casini, da settimane, divergono.
Perchè il Presidente della Camera è convinto che la prospettiva sia quella di dar vita fin da subito a un unico soggetto, da ‘testare’ fin dalle amministrative.
Un ‘partito della Nazione’ che, fra l’altro, eviti a Fli, Udc, Api di correre separatamente a maggio 2012, nel voto amministrativo, e quindi di contarsi.
Casini però, riferiscono, non la pensa allo stesso modo.
Preferirebbe attendere le amministrative, ‘pesare’ le diverse forze in campo, dar vita solo dopo a un unico soggetto politico.
Da qui le tensioni, culminate con il caso Sicilia, da qui la riunione tra Casini, Cesa e Bocchino, per cercare di ritrovare un percorso comune.
Futuro e libertà , se la trattativa con l’Udc non dovesse decollare, avrebbe davanti due strade, entrambe valutate negli ultimi giorni.
Il primo scenario prevede una scelta ‘minimalista’, quella di correre alle amministrative facendo leva su molte liste civiche, evitando la presentazione del simbolo in ogni centro chiamato alle urne.
In quest’ottica – è il retroscena svelato maliziosamente da un centrista – il vertice del partito ha già  invitato i responsabili regionali a far richiesta formale nel caso in cui si intenda presentare il simbolo.
Con una clausola pesante: Chi non ottiene il 5% dei voti rimette il mandato di coordinatore.
L’altra strada è in via di valutazione.
Prevede che sia Fini a ‘forzare la mano’, a rompere gli indugi entro marzo.
Lanciando la sfida all’Udc, pubblicamente, magari nel corso di un evento organizzato proprio con questo scopo: è il momento di costituire un soggetto unitario, potrebbe dire Fini, il momento è adesso.
Difficile per Casini sottrarsi di fronte alla ‘chiamata’ dell’alleato. Molto, naturalmente, dipenderà  anche dalle prossime settimane del governo Monti e dalla tenuta complessiva dell’esecutivo.

(da “TMNews”)

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LA LEGA VUOLE FAR CADERE MONTI, MA DAL SITO DI RADIO PADANIA IL 75% L’ELETTORATO LEGHISTA FA IL TIFO PER LUI

Gennaio 26th, 2012 Riccardo Fucile

L’EMITTENTE PROPONE UN SONDAGGIO SUL GOVERNO: A SORPRESA TRE ELETTORI SU QUATTRO SI SCHIERANO CON “L’ESECUTIVO DEI BANCHIERI E DEI POTERI FORTI”… PER BORGHEZIO E’ LA DIMOSTRAZIONE DELL’IMBECILLITA’ PADANA

L’emittente di via Bellerio, infatti, ha proposto un sondaggio online in cui chiede: “Cosa ne pensi dei primi mesi di attività  del governo Monti?”.
L’esito è sorprendente: oltre il 75% si è schierato dalla parte del governo
Oggi la Lega Nord è l’unico partito all’opposizione.
Perchè il governo Monti, secondo gli esponenti del Carroccio, è “l’esecutivo dei banchieri e dei poteri forti”.
Eppure sul sito di Radio Padania emerge che la base del movimento non sia altrettanto compatta contro i ministri tecnici.
L’emittente di via Bellerio, infatti, ha proposto un sondaggio online in cui chiede: “Cosa ne pensi dei primi mesi di attività  del governo Monti?”.
L’esito è sorprendente: oltre il 75% si è schierato dalla parte del governo.
Il 57% degli utenti (1768 voti) si è detto “molto soddisfatto”, seguito dal 18,5% (566) che si dichiara “soddisfatto”.
Al contrario solo il 18,8% (576) si definisce “arrabbiato”, il 2,2% (68) “deluso” e il 2,8 (87) “molto deluso”.
Risultati che tracciano un’opinione nettamente a favore di Monti e della sua squadra, mentre poco meno del 25% sposa la linea dei colonnelli di rimanere all’opposizione.
Numeri che alimentano il sospetto di un Carroccio che a Roma segue una linea diversa rispetto a quella indicata dalla base.
Tuttavia i dirigenti del partito non sono d’accordo, anche se faticano a trovare spiegazioni dinanzi all’esito del sondaggio.
“Probabilmente hanno votato tutti i parenti di Mario Monti — scherza il deputato Gianluca Buonanno — . Non credo siano i nostri ascoltatori che hanno votato, questo risultato non è veritiero”.
Eppure è pubblicato sul sito di Radio Padania. “Certo, ma posso assicurare che i militanti che incontro io tutti i giorni non sono dalla parte di questo governo, che non è certo visto bene dalla base”.
Della stessa opinione Matteo Salvini, eurodeputato e capogruppo della Lega a Milano che taglia corto: “Questo risultato non corrisponde affatto a quanto emerge dalle telefonate che arrivano in radio” e ritiene che i tremila voti online non esprimano gli umori profondi dei simpatizzanti.
A differenza dei colleghi, però, Mario Borghezio trova conferme nei voti espressi dagli utenti.
Che non lo sorprendono affatto. “Quel che penso è molto semplice — spiega al Fatto quotidiano l’eurodeputato — e da convinto indipendentista non sono affatto stupito”.
In che senso? “Una parte dei padani continua a pagare le tasse a Roma e il Canone Rai. Quindi già  sapevo che una parte di loro è politicamente imbecille”.
Quindi chi vota Lega non dovrebbe nemmeno pagare le tasse?
“Questo mi sembra il minimo — conclude Borghezio — . I numeri che emergono a favore del governo Monti sono una manifestazione tangibile dell’imbecillità  padana. E sono convinto che il Sud non avrebbe risposto allo stesso modo”.
E cosa avrebbe detto?
“La stessa domanda di Radio Padania fatta a Palermo avrebbe dato risultati opposti. Perchè loro manderebbero via Monti coi forconi. In Padania dovremmo solo prendere esempio da quello che sta facendo la Sicilia oggi”.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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MANAGER E BANCHIERI, GLI STIPENDI D’ORO: DAI 40 MILIONI DI EURO DI PROFUMO A 1,5 DI MALACALZA

Gennaio 26th, 2012 Riccardo Fucile

CON LA PUBBLICAZIONE DEI BILANCI 2011 SI ALZERA’ IL SIPARIO SU EMOLUMENTI E PREMI DELL’ANNO

La polemica sulla bolla degli stipendi d’oro dei manager è uno di quegli argomenti ciclici che anche in Italia tende ad accendere gli animi per poi scomparire dalle agende fino al nuovo giro di boa.
La prossima, peraltro, si avvicina: le società  quotate hanno l’obbligo di comunicare le politiche di remunerazione dei vertici nei bilanci e così tra marzo e inizio aprile, con la pubblicazione dei bilanci 2011, si alzerà  il sipario su emolumenti e premi dell’anno appena chiuso.
Rispetto alla classifica 2010, quella degli ultimi dati disponibili, le novità  non mancheranno.
Un anno fa Alessandro Profumo con 40,59 milioni doppiava ampiamente tutti i colleghi alla guida di grandi aziende in virtù della liquidazione monstre da 38 milioni ricevuta in uscita da Unicredit il 20 settembre 2010.
In seconda posizione, per dire così, figurava Luca Cordero di Montezemolo con 8,713 milioni, ma anche qui nel 2010 si è chiuso il pluriennale legame con la Fiat che ha presieduto fino al 21 aprile.
A seguire figuravano Marco Tronchetti Provera con 5,95 milioni, Cesare Geronzi con 5,088, Paolo Scaroni con 4,42 e Pier Francesco Guarguaglini con 4,314 milioni.
Insomma, alcune pedine si sposteranno visto il valzer di poltrone realizzatosi nel frattempo, anche se a non cambiare sarà  la sostanza.
E in tempi di austerity per tutti e di messa in discussione dello stesso sistema capitalistico-finanziario occidentale questo dovrebbe spingere ad affrontare in un’ottica più strutturale il dibattito sui tetti agli stipendi d’oro.
Quando basta? E quando è «immorale», termine dèmodè ma efficace, una busta paga faraonica con un multiplo astrale tra il capoazienda e il suo dipendente tipo?
Proprio nel 2011 dentro il frullatore del dibattito era finito Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo Fiat, non perchè fosse il caso «peggiore» ma perchè il gruppo era in piena ristrutturazione.
Nel 2010 il manager ha guadagnato 3,473 milioni ma mettendo in fila le sue buste paga dall’arrivo alla guida del Lingotto fino all’ultimo dato disponibile era stato calcolato che il suo stipendio medio giornaliero lordo (15.500 euro) poteva essere confrontato con quello annuale di un metalmeccanico di fascia media.
Il che corrisponde a un multiplo tra il capoazienda e l’operaio, considerando anche bonus e premi (ma non stock option), pari a circa 365.
Eccessivo anche per chi è famoso per il superlavoro.
Peraltro Marchionne scivolò su un’infelice battuta il cui senso era: un operaio non farebbe a cambio, visto la vita che faccio.
Qualche cambiamento è in arrivo: da quest’anno con le nuove regole Consob le società  dovranno pubblicare più ampi dettagli sui guadagni dei top manager.
Un esempio è l’oggettività  degli obiettivi con il clawback (con la restituzione dei super-gettoni se un anno dopo gli obiettivi che sembravano raggiunti in realtà  non lo sono).
Almeno, un pizzico di trasparenza in più.
Certo la bolla delle buste paga dei vertici non è una specificità  italiana.
Non a caso se ne discute in Inghilterra come a livello europeo.
Anzi, il fenomeno è occidentale: l’industria delle banche d’affari Usa ha scritto pagine vergognose nel «pre» ma anche nel «post» crac-Lehman.
Basterebbe leggere il best seller «Too Big To Fail», del giornalista del New York Times , Andrew Ross Sorkin.
Per ora a prevalere resta il diffuso malinteso tra liberismo e assenza totale di regole.

Massimo Sideri
(da “Il Corriere della Sera“)

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IL REDDITO DELLE FAMIGLIE ITALIANE E’ SOTTO IL LIVELLO DEGLI ANNI ’90

Gennaio 26th, 2012 Riccardo Fucile

INDEBITATO IL 27,7% DEI NUCLEI FAMILIARI, IN MEDIA PER OLTRE 43.000 EURO… UN TERZO RITIENE INSUFFICIENTI LE ENTRATE

Il 27,7 per cento delle famiglie italiane è indebitato, per un ammontare medio di 43.792 euro.
È quanto emerge da un’indagine della Banca d’Italia secondo cui il rapporto tra debito e reddito disponibile, un indicatore di sostenibilità  dell’indebitamento che indica quante annualità  di reddito sarebbero necessarie a estinguere lo stock di debito detenuto, risulta pari al 45,6 per cento per la famiglia indebitata mediana, corrispondenti a circa 5 mesi.
La ricchezza familiare netta, data dalla somma delle attività  reali (immobili, aziende e oggetti di valore) e delle attività  finanziarie (depositi, titoli di Stato, azioni, ecc.) al netto delle passività  finanziarie (mutui e altri debiti), nel 2010 presenta un valore mediano di 163.875 euro.
La Banca d’Italia sottolinea inoltre che il 10 per cento delle famiglie più ricche possiede il 45,9 per cento della ricchezza netta familiare totale contro il 44,3 per cento registrato nel 2008.
La concentrazione della ricchezza, misurata in base all’indice di Gini, è risultata pari a 0,62, in lieve aumento rispetto alla precedente rilevazione del 2008 (0,61).
Si restringe il reddito medio delle famiglie italiane che nel 2010, al netto delle imposte sul reddito e dei contributi sociali è risultato pari a 32.714 euro, 2.726 euro al mese. Secondo la ricerca di via Nazionale in termini reali il reddito medio nel 2010 è inferiore del 2,4% rispetto a quello riscontrato nel 1991.
Tra il 2008 e il 2010 il reddito familiare è rimasto sostanzialmente invariato, con un aumento dello 0,3% in termini reali, dopo essersi contratto di circa il 3,4% nel biennio precedente.
In termini di reddito equivalente, cioè quello di cui ciascun individuo dovrebbe disporre se vivesse da solo per raggiungere lo stesso tenore di vita che ha nella famiglia in cui vive, la variazione delle entrate tra 2008 e 2010 risulta leggermente più sfavorevole (-0,6%) a causa di un lieve aumento nella dimensione media della famiglia osservata nel periodo.
Nel 2010 il 29,8 per cento delle famiglie reputava le proprie entrate insufficienti a coprire le spese, il 10,5 per cento le reputava più che sufficienti, mentre il restante 59,7 per cento segnalava una situazione intermedia.
Banca d’Italia che sottolinea come rispetto alle precedenti rilevazioni emerga una tendenza all’aumento dei giudizi di difficoltà .

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LIBERTA’ DI STAMPA: L’ITALIA PRECIPITA AL 61° POSTO NELLA GRADUATORIA MONDIALE

Gennaio 26th, 2012 Riccardo Fucile

NELLA SPECIALE CLASSIFICA DI REPORTER   SANS FRONTIER IL NOSTRO PAESE SCENDE DAL 50° POSTO AL 61°…ANCHE GLI USA PERDONO TERRENO: DAL 20° al 47°

«Repressione», è questa la parola chiave del rapporto 2012 sulla libertà  di stampa nel mondo stilato da Reporter Senza Frontiere.
Il 2011 è stato l’anno delle rivolte contro i regimi dittatoriali del Nord Africa.
Ma anche l’anno delle minacce, delle ritorsioni e delle pesanti sanzioni per i giornalisti che hanno cercato di raccontare un anno di straordinari cambiamenti.
Nella classifica redatta dall’associazione internazionale l’Italia precipita dal 50° al 61° posto, ben al di sotto di tutti i principali Stati europei.
Uno scivolone che si giustifica con la fase del declino del berlusconismo, quando il conflitto d’interesse è deflagrato in tutto la sua potenza, le minacce recapitate dalle organizzazioni mafiose ad oltre 12o giornalisti, con la tagliola delle richieste di risarcimento dannio usate a scopo a intimidatorio.
Nel resto dell’Europa la situazione migliora.
La Francia è al 38° (in risalita dalla posizione 44), la Spagna al 39°, mentre ai primissimi posti restano Finlandia, Norvegia e Paesi Bassi.
Interessanti i nuovi ingressi nella top 20 dei Paesi africani Capo Verde e Namimbia, dove gli osservatori internazionali hanno accertato che non esistono limitazioni all’attività  giornalistica.
A sorpresa perdono terreno anche gli Stati Uniti cadono invece dal gradino numero 20 direttamente al 47, scontando così alcuni gravi episodi registrati nell’ultimo periodo soprattutto nel mondo dell’informazione digitale.

Antonio Castaldo
(da “Il Corriere della Sera“)

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OCSE: I RICCHI SEMPRE PIU’ SU, ORA GUADAGNANO DIECI VOLTE PIU’ DEI POVERI

Gennaio 26th, 2012 Riccardo Fucile

NEGLI ANNI ’80 IL RAPPORTO ERA OTTO A UNO…FATICARE NON BASTA, ESSERE LAVORATORE DIPENDENTE NON AIUTA

Ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri.
In Italia l’ascensore sociale si è rotto, le categorie di reddito sono sempre più chiuse e il divario fra classi – invece di diminuire – aumenta.
La tendenza accomuna quasi tutte le economie sviluppate, ma da noi la distanza è superiore rispetto alla media dei Paesi Ocse.
Uomini e donne non salgono più i gradini della scala sociale e restano aggrappati alla ringhiera anche al momento delle nozze: il matrimonio tende a «polarizzare» i redditi.
Il medico sposa quasi sempre il medico, l’avvocato dice «sì» solo all’avvocatessa, l’operaio all’operaia.
Ricchi con ricchi, poveri con poveri: una dura legge che nemmeno la favola bella di Cenerentola riesce a contrastare.
Oggi i principi azzurri e le ricche ereditiere non rappresentano più la soluzione del problema: ce lo dice l’Ocse nel suo rapporto «Divided we stand», una spietata analisi sulla crescita delle ineguaglianze sociali presentata ieri all’Istat.
Le cifre indicate dallo studio dettano una tendenza netta: nel 2008, anno degli ultimi dati disponibili (e periodo comunque antecedente alla fase più pesante della crisi), il reddito medio del 10 per cento di popolazione più ricco del Paese era di oltre dieci volte superiore a quello del 10 per cento più povero (49.300 euro contro 4.887).
A metà  degli anni Ottanta il rapporto era di 8 a 1: il gap sta quindi peggiorando.
Non è un fenomeno solo italiano, sia chiaro: il divario fra più e meno abbienti, sottolinea l’Ocse, sta aumentano in quasi tutti i paesi europei.
Francia a parte dove – come in Giappone – il quadro è rimasto più o meno stabile, il differenziale è salito anche nella ricca Germania e nell’evoluta penisola Scandinava (passando dall’1 a 5 degli anni Ottanta all’attuale 1 a 6).
Imbarazzante l’1 a 17 degli Stati Uniti, drammatico – pur se in netto miglioramento – il dato del Brasile dove i più ricchi hanno redditi cinquanta volte superiori a quelli dei più poveri.
Più sei pagato, più lavori, più ti arricchisci: a guardare le tabelle dello studio Ocse par di capire che le occupazioni di basso livello difficilmente evolvono e permettono il riscatto.
Secondo gli studi dell’Ocse in Italia (ma la tendenza è confermata anche negli altri paesi) quantità  e qualità  del lavoro vanno di pari passo.
Dalla metà  degli anni Ottanta ad oggi il numero annuale di ore di lavoro effettuate dai dipendenti meno pagati è passato dalla 1580 alle 1440 ore.
Anche fra i lavoratori meglio pagati la quantità  è diminuita, ma in minor misura, passando dalle 2170 alle 2080 ore.
Faticare, quindi, non basta. Ed essere lavoratore dipendente non aiuta: a differenza di molti paesi Ocse in Italia la diseguaglianza sociale va di pari passo con l’aumento dei redditi dei lavoratori autonomi. La loro quota sul totale della ricchezza è aumenta, negli ultimi trenta anni, del 10 per cento
Cos’è che fa aumentare la diseguaglianza?
Il livello minimo di istruzione, certo, la bassa percentuale di lavoro femminile, lo storico divario fra Nord e Sud.
Ma non basta. Il gap di casa nostra è causato anche dalla tendenza degli italiani a celebrare unioni fra caste: i principi azzurri non vanno più in cerca della loro Cenerentola e questa mancanza di fantasia ha contribuito per un terzo dell’aumento delle diseguaglianze di reddito. Cosa fare per invertire la tendenza?
L’estensione dei servizi pubblici non basta più: istruzione, sanità  e welfare riducono il gap, ma in modo meno incisivo rispetto al passato (di un quarto nel 2000, di un quinto oggi).
La svolta, suggerisce l’Ocse, per l’Italia passa attraverso una riforma del fisco e della previdenza, il potenziamento degli ammortizzatori sociali e delle politiche di sostegno al reddito.

Luisa Grion
(da “La Repubblica”)

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    • ANCHE SUL CASO ALMASRI, L’UNICA STRATEGIA DEL GOVERNO È DISTOGLIERE L’ATTENZIONE: INVECE CHE RISPONDERE NEL MERITO, IL MINISTRO CARLO NORDIO E IL GOVERNO S’ATTACCANO ALLA RIVELAZIONE DI ATTI COPERTI DA SEGRETO
    • LA MONTAGNA MELONIANA HA PARTORITO UN TOPOLINO, NELLA CONFERENZA DI ROMA PER LA RICOSTRUZIONE UCRAINA LA DUCETTA HA RACIMOLATO APPENA 10 MILIARDI, MENO DEI 16 MILIARDI RACCOLTI DALLA STESSA CONFERENZA L’ANNO SCORSO A BERLINO
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