Marzo 2nd, 2012 Riccardo Fucile
IL QUOTIDIANO PUBBLICA UN ARTICOLO IN CUI SOSTIENE CHE IL TESORIERE DELLA MARGHERITA PAGO’ UNA PARTE DELLA CAMPAGNA ELETTORALE DI RENZI
«Toh, Lusi pagò anche Renzi». ![](http://img513.imageshack.us/img513/9292/matteorenzi.jpg)
E’ il titolo dell’articolo pubblicato dal quotidiano Libero a firma del vicedirettore Franco Bechis. Secondo il quotidiano, che riporta anche il numero di serie delle tre fatture, Luigi Lusi, il senatore del Pd ed ex tesoriere della Margherita di Francesco Rutelli accusato di aver sottratto alle casse del partito 13 milioni (mentre la procura indaga su altri 20 milioni), avrebbe finanziato in parte la campagna elettorale del 2009 di Matteo Renzi.
Le tre fatture, «con un appunto vergato a penna probabilmente da Luigi Lusi», dice il quotidiano, dimostrerebbero come l’ex tesoriere abbia finanziato l’ascesa di Matteo Renzi. L’importo totale di questo finanziamento sarebbe di poco inferiore ai 122 mila euro, e le date, appunto, sono tutte del 2009.
Secondo l’articolo, due fatture sarebbero state intestate alla società fiorentina Web & Press, un’altra alla società Dinamiche: «su tutti e tre i documenti – spiega Bechis – è stato apposto il nome di Renzi. Nel terzo caso, Lusi ha appuntato a matita un “Rutelli ha detto no” che lascia aperto un interrogativo sul saldo effettivo».
Il quotidiano ha chiesto spiegazioni all’amministratore delegato della Web & Press, Patrizio Donnini che ha risposto con una mail, racconta il quotidiano, confermando il pagamento di 36 mila euro da parte della Margherita per volantini, manifesti elettorali e una ricerca di mercato. Ma i soldi per la campagna elettorale di Renzi, pari a 110 mila, Donnini spiega di averli ricevuto dal comitato per Matteo Renzi sindaco, dopo l’emissione di regolari fatture».
La replica del sindaco di Firenze non si fa attendere e con una lunga nota su Facebook, risponde alle accuse: «Oggi Libero diretto da Belpietro aggiunge l’ennesima ulteriore diffamazione alla costante campagna polemica contro di me. Il vicedirettore Bechis infatti scrive un articolo dal titolo: “Toh, Lusi pagò anche Renzi” Il tema dell’articolo — per chi proprio non riesce a comprare Libero — è più o meno questo: Renzi, che combatte contro il finanziamento ai partiti è un ingrato (hanno scritto proprio così), perchè ha ricevuto soldi dal Pd e dalla Margherita per la sua campagna elettorale. Niente di illegittimo, assicura Bechis, convinto di sfangare con questa premessa la mia naturale richiesta di risarcimento danni. Ma non basta dire nulla di illegittimo. Che in teoria non fosse nulla di illegittimo non c’è dubbio: i soldi dei partiti servirebbero per le campagne elettorali, non per le case dei dirigenti. Tanto è vero che nel 2009 io ho più volte chiesto che la mia campagna elettorale fosse aiutata dai partiti della coalizione. Ma mi hanno detto di no tutti — nessuno escluso, sia i partiti vivi che i partiti morti — e non è un caso se per pagare i debiti abbiamo allora acceso un mutuo che stiamo ancora onorando. Dunque non è come la storia della volpe e dell’uva: se me li avessero dati io quei soldi li avrei usati per la campagna elettorale, ci sarebbero stati utili. Ma mi dicevano che non c’erano. Oggi come tutti gli italiani rabbrividisco nel capire perchè non c’erano. Ma questa è un’altra storia. La cosa sorprendente, dunque, non è che io abbia avuto dei finanziamenti per la mia campagna elettorale: la cosa sorprendente è che io non li abbia avuti. Non li ho avuti da Lusi ma neanche dal Pd, a differenza di ciò che scrive Bechis e che dovrà provare in tribunale. Vediamo di essere chiari: Lusi, la Margherita e neanche il Pd nazionale, regionale e fiorentino, non mi hanno mai dato un centesimo nè per le primarie, nè per le elezioni, nè per il ballottaggio, nè per la Leopolda uno o due. Chi dice il contrario mente sapendo di mentire. O è in malafede. Sono tra i non moltissimi (eufemismo) amministratori a dire che il finanziamento pubblico ai partiti va abolito, non riformato: abolito».
«Ho detto alla Leopolda che io abolirei anche il finanziamento ai giornali di partito, ma questa è un’altra storia che forse a Libero non farà piacere, ma che potrebbe spiegare certa acredine. E ripeto di essere sconvolto per l’uso dei fondi della Margherita, su cui deve essere fatta chiarezza al più presto. Per la mia campagna elettorale 2009 del resto abbiamo speso ben 209.152,27 euro. Tutti i denari sono stati pagati dal Comitato Elettorale per Matteo Renzi sindaco (piazza Ravenna 4, Firenze), non da altri soggetti. Le fatture sono lì a testimoniarlo.
Gad Lerner invece riprende la notizia sul blog dicendo che “gli sembra più probabile” che i soldi siano stati usati per le primarie: in quel caso tutte le spese sono state fatturate all’Associazione NoiLink, via Martelli 5, Firenze.
E i soldi sono stati incassati dai contributi di singoli o dal versamento di persone che partecipavano a cene da 1.000 euro a testa.
Una cosa molto criticata, molto americana: ma che consente oggi di dire a Lerner che — suo malgrado — anche sul finanziamento delle primarie tutto è trasparente. Se avessero dato soldi per le elezioni sarebbe stato corretto: lo avessero fatto per le primarie no. Ma non li hanno dati neanche lì.
Non mi stupisce che nei fascicoli Lusi ci siano fatture pagate a diverse aziende toscane: che ci fossero numerose spese sostenute dalla Margherita — non credo sinceramente solo quelle dette da Bechis, ma immagino molto di più — per regolari iniziative politiche a Firenze e in Toscana era cosa nota.
E normale trattandosi di soldi dati ai partiti che i partiti dovevano spendere. Ma non li hanno spesi per le mie campagne elettorali, tutto qui. E non avendo mai discusso votato il Bilancio della Margherita non posso dire come e dove sono stati spesi.
In questi casi si annuncia che il risarcimento danni andrà in beneficenza.
Io da subito informo che porterò a cena i volontari del comitato elettorale. E poi metterò la cifra a copertura del mio mutuo prima casa trentennale, non appartenendo alla categoria dei politici che comprano l’abitazione a loro insaputa. Quanto a Lusi e alla Margherita come pure alla Lega che porta i soldi in Tanzania e a tutti quelli che ricevono soldi dal pubblico, ripeto qui quanto detto in Stazione Leopolda: è l’ora di abolire il finanziamento pubblico ai partiti e ai giornali di partito. Continuerò su questa battaglia, anche se Libero non vuole».
(da “Il Corriere della Sera“)
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Marzo 2nd, 2012 Riccardo Fucile
MARCO TRAVAGLIO: “IN MEZZO AGLI SPROLOQUI DI GIORNALI E POLITICI, IL BUONSENSO DEL CARABINIERE IN VAL SUSA: “MA CHE EROE, HO SOLO FATTO IL MO DOVERE”
A dispetto delle barzellette sui carabinieri, abbiamo finalmente al comando della Benemerita un plotone di fini umoristi.
Solo dei generali dotati di spiccato sense of humour potevano conferire un encomio solenne al carabiniere in Val Susa per “la fermezza e la compostezza dimostrate” davanti alla “grande provocazione” del barbuto No Tav che lo chiamava “Pecorella” e lo sfidava a levarsi il casco e la proboscide antigas, o magari a sparare.
L’eroico soldato avrebbe così “evitato ad una situazione delicata di degenerare”. Dev’essere uno scherzo, una barzelletta sui carabinieri raccontata da se medesimi. Solo che i politici, categoria molto più allergica all’umorismo, l’han presa sul serio. Le cronache segnalano che al milite ignoto “è giunto il plauso di tutte le forze politiche e di governo, dai presidenti di Camera e Senato Fini e Schifani al ministro Cancellieri, da Berlusconi a Bersani: ‘Lui rappresenta l’Italia migliore’”.
E meno male che poi ha parlato l’encomiato: “Ho fatto solo il mio dovere: anche altri colleghi avrebbero fatto lo stesso”.
Come a dire: ma siete tutti matti? “Ma cosa vi aspettavate che avrei fatto?
Che, di fronte a un contestatore esasperato che mi sfotte, avrei potuto estrarre il manganello e fracassargli il cranio? Forse avete visto troppi film, o troppi documentari sulla Diaz e Bolzaneto. Siete abituati all’anormalità perchè siete anormali pure voi. Vi sembrerà strano, ma io sono una persona normale, e come me ce ne sono tante, nell’Arma”.
Ma è stato tutto inutile.
Per la stampa di regime, il giovanotto è già un eroe. “Sembra una storia tratta dalle pagine del libro Cuore di De Amicis”, tromboneggia il Messaggero.
Il Giornale festeggia perchè “le azioni dell’orgoglio patrio sono risalite”.
La pseudosenatrice Finocchiaro vorrebbe “stringere la mano al carabiniere insultato da uno pseudomanifestante”.
E tutti a scomodare Pasolini che, tra sessantottini figli di papà e poliziotti figli di proletari, stava coi secondi.
Ma qui sono tutti figli di nessuno, mandati allo sbaraglio in una guerra fra poveri da una classe politico-affaristica che lancia il treno e nasconde la mano.
Il Giornale segnala che “l’oltraggio a pubblico ufficiale è punito fino a 3 anni di carcere”.
Se è per questo, la corruzione giudiziaria è punita fino a 8 anni.
E il punto è proprio questo: nessun partito è credibile per andare in Valle a spiegare le ragioni del Tav, semprechè ne trovi.
L’ex sottosegretario all’Interno Mantovano (Pdl) invoca manette ai manifestanti per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale: e allora che ci fa a piede libero il suo ex ministro Maroni, condannato per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale?
E come si chiama il reato di un politico (sempre Mantovano) che paragonò ai “nazisti in fuga” i giudici che avevano condannato Dell’Utri?
E di un altro, tale B., che paragonò i giudici alle Br e alla Uno Bianca?
Che si fa, si dà l’encomio solenne pure ai giudici che non hanno ancora spaccato la faccia ai politici che li insultano?
Il delirio sull’eroe carabiniere ricorda quello sull’eroe De Falco che ordina a Schettino di tornare a bordo.
E sull’eroina, durata un paio d’ore, Manuela Arcuri che due anni fa, dai verbali del caso Tarantini, pareva aver respinto le avances del Cainano e solo per questo era pronta per la leadership della sinistra. Lei giustamente tenne la bocca chiusa. Infatti, dalla telefonata intercettata di un’amica, si scoprì subito l’eroico motivo del gran rifiuto: “Manuela dice che, se non vede ‘sto cammello, fino a quando non ha una certezza… non fa nulla per lui” (il “cammello”, per la cronaca, era presentare il Festival di Sanremo).
Gli unici che, sul concetto di eroismo, hanno sempre avuto le idee chiare sono B. e Dell’Utri: l’eroe è Vittorio Mangano, punto e basta.
Per il resto, nel Paese di Sottosopra, diventano eroi una ragazza che forse non si prostituisce, uno della Capitaneria di Porto che intima a un comandante in fuga di tornare sulla nave e un carabiniere che non spara a un ragazzo che gli parla.
Come cantava Lucio Dalla, “l’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale”
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Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 2nd, 2012 Riccardo Fucile
IL TENTATIVO DI BERLUSCONI DI “METTERE IL CAPPELLO” SU MONTI: “STA PROSEGUENDO LA VIA DA NOI INTRAPRESA”… MA BERLUSCONI NON AVEVA MAI OPERATO LA RIFORMA DELLE PENSIONI, LE LIBERALIZZAZIONI, STANATO GLI EVASORI O FATTO PAGARE L’ICI ALLA CHIESA
È partita l’Opa su Monti. Ed è più ostile di quanto non sembri. ![](http://img401.imageshack.us/img401/6599/opaj.jpg)
Dopo Casini, anche il Cavaliere lancia dunque la sua offerta pubblica d’acquisto sul Professore. Silvio Berlusconi ha avvelenato i pozzi per un quasi ventennio, costruendo un “bipolarismo di guerra” fondato sull’aggressione e la delegittimazione dell’avversario.
E adesso, come per miracolo, si concede una folgorazione tardiva: la Grosse Koalition all’italiana, o all’amatriciana. Pdl, Pd e Terzo Polo, secondo l’ex premier, dovrebbero accordarsi per candidare Mario Monti a Palazzo Chigi anche per la prossima legislatura.
Sulla carta, una proposta tutt’altro che peregrina.
L’ipotesi di un “Monti bis” riflette un sentimento diffuso. Prima di tutto nella testa vuota di una politica che non ha più molto da offrire agli elettori, e che per questo si affida al governo tecnico come ad uno scudo dietro al quale ripararsi, in attesa di ricostruire una piattaforma programmatica accettabile e autosufficiente.
E poi soprattutto nella pancia disillusa di un Paese che invece ha molto da chiedere, e che per questo guarda al governo tecnico come a un punto di non ritorno, una riserva imperdibile di competenza e di credibilità alla quale attingere finchè si può.
Letta in questa chiave, la mossa di Berlusconi è allo stesso tempo astuta e disperata.
L’astuzia consiste nell’ennesima operazione di mimesi politica e di trasformismo mediatico.
Il Cavaliere vuol far credere agli italiani che il governo montiano è la prosecuzione naturale, sia pure con altri mezzi, del governo berlusconiano.
“Lo sosteniamo, perchè sta portando avanti il nostro programma”. Questo ripete l’uomo di Arcore, per spiegare il suo endorsement nei confronti del Professore.
Per questo può restare a Palazzo Chigi altri cinque anni.
“È uno di noi”: questo è il messaggio implicito che la propaganda berlusconiana tenta di trasmettere all’opinione pubblica
Ma a dispetto della banale vulgata arcoriana, a muovere il Cavaliere non è un improbabile “spirito costituente”.
È invece la solita intenzione di confondere le acque e nascondere i problemi. Lo dicono i fatti.
In questi lunghi anni di avventura cesarista e populista, Berlusconi non ha mai neanche provato a fare una seria riforma delle pensioni (che la Lega gli ha sempre bloccato) nè un pacchetto serio di liberalizzazioni (che la ex An gli ha sempre avversato).
Non ha mai neanche provato a far pagare le tasse agli evasori, nè a far pagare l’Ici alla Chiesa. Dunque, non si vede proprio in cosa consista la presunta “continuità ” di azione e di ideazione tra il governo forzaleghista di ieri e quello “di impegno nazionale” di oggi.
Il “decisionismo” moderato di Monti non è in alcun modo assimilabile al radicalismo inconcludente di Berlusconi.
Ma al Cavaliere, oggi, conviene azzardare l’Opa sul Professore per due ragioni.
La prima ragione riguarda il centrodestra.
Tutti i sondaggi lo dimostrano: senza la Persona che l’ha inventato e costruito a sua immagine e somiglianza, il partito personale si dissolve nel Paese, scivolando verso un drammatico 20% di consensi.
Se le condizioni non mutano, il Pdl è condannato a una sconfitta sicura, sia alle amministrative di primavera sia alle politiche dell’anno prossimo.
Non solo: senza il collante del leader onnipotente e carismatico, il partito si disgrega al suo interno, confermando il fallimento della Rivoluzione del Predellino e la natura “mercenaria” di una destra tenuta assieme non dagli ideali, ma solo dagli interessi.
Con l’annessione unilaterale di Monti, il Cavaliere da un lato annega l’inevitabile disfatta elettorale dentro uno schema di Grande Coalizione dove non vince e non perde nessuno, e dall’altro lato rappattuma i cocci di un partito altrimenti destinato a una serie di scissioni a catena.
La seconda ragione riguarda il centrosinistra.
Con questo “audace colpo”, Berlusconi cerca di rimandare la palla avvelenata nel campo di un Pd già diviso, costretto a dire no, per il 2013, ad un patto per un “governo di salute pubblica” di cui è oggi il principale contraente e garante.
Qui, dunque, sta la disperazione della “svolta” berlusconiana. Una scelta imposta dall’istinto di sopravvivenza, e non certo dal “senso di responsabilità “. Fa bene Bersani a sottrarsi immediatamente all'”alleanza innaturale”. Farebbe bene Monti a sottrarsi gradualmente all'”abbraccio mortale”.
Il Professore deciderà tra un anno se e come “capitalizzare” la sua esperienza politico-istituzionale.
Ma una cosa è certa: il “montismo”, per come lo stiamo imparando a conoscere, non è e non sarà mai riducibile a una “variante mite” del berlusconismo.
Massimo Giannini
(da “La Repubblica“)
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Marzo 2nd, 2012 Riccardo Fucile
SECONDO LA RICERCA ISFOL I PARASUBORDINATI IN TOTALE SONO 1.422.000… L’84,2% DEI CO.CO.PRO. NON HA ALTRA OCCUPAZIONE
In Italia i lavoratori parasubordinati nel 2010 corrispondono a 1 milione 422 mila.
Il 46,9%, pari a 676 mila unità , sono collaboratori a progetto (co.co.pro.) ed hanno un reddito medio di 9.855 euro l’anno.
Il 35,1% dei co.co.pro. ha un’età inferiore ai trent’anni e il 28,7% tra i 30 e i 39 anni. L’84,2% dei co.co.pro. è caratterizzato da un regime contributivo esclusivo e non ha quindi un’altra occupazione: si tratta di 569 mila lavoratori, il cui reddito medio scende a 8.500 euro.
E’ quanto rileva l’Isfol sulla base dei primi risultati di un progetto di ricerca sul lavoro parasubordinato basato su dati di fonte Inps.
Il secondo aggregato di parasubordinati per consistenza numerica comprende quasi 500 mila contribuenti alla gestione Inps, composto da amministratori e sindaci di società , con età media sensibilmente più elevata rispetto ai co.co.pro e con un reddito medio significativamente superiore, pari a oltre 31 mila euro annui.
Va infine aggiunto un ulteriore gruppo di contribuenti meno omogeneo (collaborazioni occasionali, dottorati di ricerca, borse di studio, collaborazioni presso la P.A., ecc.), composto da 270 mila lavoratori, con un reddito medio annuo pari a poco più di 11 mila euro.
Nel periodo 2005-2010 il numero dei parasubordinati ha subito un andamento leggermente ciclico.
Negli anni di crescita economica, 2006 e 2007, si sono raggiunti i valori massimi mentre si è registrata una lieve diminuzione nel biennio 2009-10.
Complessivamente gli uomini rappresentano circa il 58 % del totale, con un reddito medio quasi doppio rispetto a quello delle donne.
La variazione media annua del reddito nel periodo 2005-2010 è pari a +3,4%.
Per quel che riguarda specificatamente i co.co.pro tale valore si ferma a +2,3%.
Alcuni indicatori ricavati dall’indagine Isfol-Plus consentono di verificare il grado di subordinazione al quale è sottoposta la prestazione lavorativa resa dai parasubordinati. L’Istituto evidenzia che oltre il 70% dei collaboratori è tenuto a garantire la presenza presso la sede di lavoro, il 67% ha concordato un orario giornaliero con il datore di lavoro e il 71% utilizza nello svolgimento della prestazione mezzi e strumenti del datore di lavoro.
Inoltre, più del 70% dei collaboratori dichiara che la forma di contratto non deriva da una sua scelta ma da una richiesta del datore di lavoro.
Tali dati segnalano la concreta possibilità che questi contratti nascondano in realtà forme di lavoro in qualche misura subordinato.
( dal “Redattore sociale“)
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Marzo 2nd, 2012 Riccardo Fucile
I DISOCCUPATI AUMENTANO DEL 2,8% RISPETTO A DICEMBRE… PER I GIOVANI DAI 15 AI 24 ANNI E’ AL 31,1%
Il tasso di disoccupazione sale ancora a gennaio, di 0,2 punti percentuali rispetto a dicembre,
portandosi al 9,2%.
Lo comunica Istat, confermano che si tratta del livello massimo dal 2004.
Ma guardando al numero dei disoccupati, che salgono a 2,312 milioni (+2,8% su mese, +64mila persone), si torna ai livelli del 2000.
Guardando alle serie storiche trimestrali è il più dato alto dal primo trimestre 2001.
Il numero dei disoccupati, pari a 2.312.000, aumenta del 2,8% rispetto a dicembre (64 mila unità ).
Su base annua si registra una crescita del 14,1% (286 mila unità ).
L’allargamento dell’area della disoccupazione riguarda sia gli uomini sia le donne.
Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuiscono dello 0,4% (-63 mila unità ) rispetto al mese precedente.
Il tasso di inattività si posiziona al 37,3%, con una flessione di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,8 punti su base annua.
A gennaio il numero di occupati registra una variazione dello 0,1% (+18 mila unita’) rispetto a dicembre 2011.
Il risultato positivo interessa sia la componente maschile sia quella femminile.
Nel confronto con l’anno precedente l’occupazione segnala una variazione pari allo 0,2% (+40 mila unità ).
A gennaio il tasso di disoccupazione giovanile, ovvero l’incidenza dei 15-24enni disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca di lavoro, è al 31,1%, in rialzo di 0,1 punti percentuali rispetto a dicembre 2011 e di 2,6 punti su base annua.
Il tasso di disoccupazione giovanile ormai si colloca sopra quota 30% da 5 mesi, ovvero da settembre.
Male, a gennaio, anche la disoccupazione in Europa: il dato Eurostat segnala un tasso del 10,7% nell’Eurozona (era 10,6% in dicembre) e del 10,1% nell’Ue a 27 paesi (10% in dicembre).
I disoccupati sono 24,325 milioni nell’Unione europea, di cui 16,925 in Eurozona; l’aumento rispetto a dicembre è di 191 mila persone, di cui 185 mila nei 17 paesi della moneta unica.
I tassi di disoccupazione più elevati si confermano in Spagna (23,3%), Grecia (19,9% ma il dato è di novembre), Irlanda e Portogallo (entrambi al 14,8%).
In Italia il dato di gennaio è pari al 9,2%.
I paesi dove il problema è meno marcato sono l’Austria (4%), Olanda (5%) e Lussemburgo (5,1%).
A febbraio il costo della vita sale al 3,3%.
Lo scorso mese, secondo quanto riferisce l’Istat nelle stime preliminari, l’Indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività , comprensivo dei tabacchi, ha registrato un aumento dello 0,4% rispetto al mese precedente e del 3,3% rispetto al febbraio 2011 (era al 3,2% a gennaio).
L’inflazione acquisita per il 2012 (ovvero quella che si avrebbe ipotizzando che l’indice stesso rimanga nei restanti mesi dell’anno al medesimo livello dell’ultimo dato mensile disponibile) è pari all’1,9%.
Il rincaro del cosiddetto carrello della spesa, cioè i prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza (dal cibo ai carburanti), è del 4,5% su base annua.
Il rialzo, superiore al tasso d’inflazione (3,3%), risulta il maggiore dall’ottobre del 2008.
La lieve accelerazione dell’inflazione deriva dall’aumento del tasso di crescita tendenziale dei prezzi dei beni (+4,2% dal +3,9% di gennaio 2012) soltanto in parte compensato dal calo di quello dei servizi (+2,2%, dal +2,3% del mese precedente).
Come conseguenza di tali andamenti, il differenziale inflazionistico tra beni e servizi aumenta di quattro decimi di punto rispetto a gennaio.
Continuano a crescere i prezzi di benzina e gasolio.
A febbraio, la benzina è aumentata del 2,1% su base mensile e del 18,7% su base annua (era +17,4% a gennaio).
Il gasolio per mezzi di trasporto ha segnato un incremento dell’1,3% su base mensile e del 25,4% su base annua (era +25,2% a gennaio).
Rialzo record per la verdura ma corrono anche i prezzi della pasta, della carne e del caffè. Il rialzo congiunturale dei prezzi degli alimentari non lavorati è principalmente imputabile all’aumento dei prezzi dei vegetali freschi (+8,6%, -0,1% in termini tendenziali).
Incrementi su base mensile più moderati si rilevano per i prezzi della frutta fresca (+1,5%), in flessione su base tendenziale (-2,3%) e per i prezzi del pesce fresco di mare di pescata (+2,1%, +5,9% in termini tendenziali) e del Pesce fresco di mare di allevamento (+0,9%, +8,8% su base annua).
Nello stesso comparto si segnala, inoltre, l’aumento congiunturale dello 0,4% della carne bovina, in crescita in termini tendenziali del 2,7%.
Secondo la Coldiretti, due settimane di neve e gelo sui quali si sono innescati anche fenomeni speculativi hanno spinto i prezzi delle verdure (+8,6%), della benzina (+18,7%) e del gasolio da autotrasporto (+25,4%), che insieme hanno fatto volare il carrello della spesa al top dal 2008.
In Europa, l’inflazione è leggermente più contenuta, anche se resta su livelli preoccupanti. Secondo la stima flash di Eurostat, il tasso annuale dovrebbe salire al 2,7%, contro il 2,6% registrato a gennaio.
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Marzo 2nd, 2012 Riccardo Fucile
SCANDALO A SAVONA: CONSIGLIERE SOCIALISTA SE LA PRENDE CON IL PRESIDENTE DI UNA COMMISSIONE… I GRILLINI REGISTRANO LA CONVERSAZIONE
«Fissa più sedute, perchè così non si guadagna un cazzo».
È bufera a Savona sul fuori onda di una commissione consiliare in cui il capogruppo del Partito Socialista Marco Pozzo intima al presidente Franco Zunino (Prc) di organizzare più commissioni per guadagnare più gettoni.
«Gli argomenti me li invento io, tu fissa» è il diktat di Pozzo, inascoltato da Zunino.
Il caso ora è esploso perchè questo dialogo imbarazzante è finito nelle mani del Movimento Cinquestelle di Savona che è riuscito a ripulire la registrazione audio della seduta incriminata di fine gennaio e lo ha messo in rete.
«Questa è la prova — tuonano i grillini — di come la casta della politica considera l’impegno amministrativo: i Comuni sono vacche da mungere, consigli e commissioni occasioni utili solo per prendere gettoni, piuttosto s’inventano gli argomenti da affrontare».
Lui, Marco Pozzo, si difende: «È tutto un equivoco, io scherzavo, da dieci anni sono in Comune e non ho mai richiesto commissioni, altro che inventarle. Un attacco vile contro di me, per sputtanarmi».
In Comune, però, ormai è terremoto.
«Mi cadono le braccia, spero che non sia vero, mi sento quasi prigioniero politico» ha detto amarissimo il sindaco Berruti.
Una seduta di commissione equivale a 75 euro e il presidente Zunino (Prc) aveva cercato di far risparmiare l’amministrazione: “Sai che vogliono solo due commissioni al mese” ha cercato di ribattere al consigliere Pozzo infuriato.
“Me ne batto il c…” è stata la risposta del consigliere.
Ogni commissione, quando viene convocata, costa 1.500 euro soli di gettoni, più il costo del personale e i rimborsi ai datori di lavoro dei consiglieri che devono assentarsi in azienda per partecipare ai lavori.
(da “il Secolo XIX”)
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Marzo 2nd, 2012 Riccardo Fucile
NEL 2012 SARA’ ULTIMATO IL PROGETTO, I LAVORI PER IL TUNNEL PARTIRANNO ENTRO IL 2014
Corridoi europei, strategie di trasporti, il tunnel più lungo del mondo. ![](http://img829.imageshack.us/img829/8498/tavcantierechiomonte.jpg)
La Lione-Torino (ecco il vero nome, non è una linea ad Alta Velocità ) è questo. Ma anche un affare da miliardi su cui puntano molti occhi.
Normale, ma siamo in Italia dove le inchieste per l’Alta Velocità non si contano. E siamo in Val di Susa, territorio ad alta penetrazione della ‘Ndrangheta (Bardonecchia fu il primo comune del Nord sciolto per mafia).
L’aperitivo era stato servito nel 2005 quando la Procura di Torino indagò l’allora viceministro delle Infrastrutture, Ugo Martinat, numero due di Pietro Lunardi (sponsor dell’opera).
L’accusa: turbativa d’asta e abuso d’ufficio. Oggetto: gli appalti, tra l’altro, per la galleria di Venaus (opera preliminare della Torino-Lione).
Emersero consulenze a imprese vicine a personaggi di governo, contatti con politici e imprenditori di primo piano: il processo di primo grado si è concluso con 8 condanne tra cui Giuseppe Cerutti, presidente della Sitaf, la società dell’autostrada del Frejus, e Paolo Comastri, direttore generale di Ltf (Lyon Turin Ferroviaire, la società madre della Tav, controllata con quote del 50% dall’italiana Rfi e dall’omologa francese Rff).
Martinat e l’imprenditore Marcellino Gavio nel frattempo sono morti.
Il boccone grosso degli appalti è ancora nel piatto: parliamo del tunnel di 57 chilometri tra Francia e Italia.
Fonti Ltf raccontano: “Nel 2012 sarà ultimato il progetto, nel 2013 toccherà alle procedure autorizzative e nel 2014 ci sarà la gara. I lavori partiranno entro il 2014”. Valore: 8,5 miliardi se passerà l’ipotesi “minimalista”, fino a 20 miliardi in caso di completamento dell’opera.
I giochi sono ancora da fare, ma i grandi costruttori stanno già elaborando le loro strategie.
Così anche le imprese minori destinatarie di ambiti subappalti milionari, sottoposti a controlli meno stringenti.
La prima fetta, però, è aggiudicata: “Sono 93 milioni per la galleria esplorativa”, racconta Franà§ois Pellettier di Ltf.
Aggiunge: “L’opera sarà realizzata da Cmc”. La Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna è un colosso del settore, con un fatturato di 805 milioni e 8.500 persone.
Cmc è uno dei fiori all’occhiello del mondo cooperativo dei costruttori una volta detti “rossi”.
Un’impresa che in portfolio vanta grandi progetti nei cinque continenti, ma anche opere contestate come il Quadrilatero autostradale delle Marche e la base Dal Molin di Vicenza. Un’industria leader, non solo in Italia; potente, in passato guidata da un signore del cemento: Lorenzo Panzavolta, poi passato al gruppo Ferruzzi e quindi toccato da Mani Pulite.
Cmc è finita nel mirino dei No Tav che avanzano domande maliziose: “Le cooperative per tradizione sono vicine a una parte politica, forse anche per questo il centrosinistra sponsorizza la Tav?”.
Ma Cmc ha conquistato appalti a Singapore dove i partiti italiani non mettono becco.
E non c’entra sicuramente nulla che, come ricordano i No Tav, “Cmc risulti tra gli inserzionisti della rivista Italianieuropei della fondazione di Massimo D’Alema”.
L’appalto da 93 milioni ha dato vita a numerosi subappalti, ambìti dalle società della valle.
Una in particolare, la Italcostruzioni, che si occupa delle recinzioni dei cantieri odiate dai manifestanti.
E l’impresa è finita nel mirino dei No Tav: “Sono stato aggredito, mi hanno spaccato un braccio. I nostri mezzi sono stati bruciati”, racconta Ferdinando Lazzaro, che pur senza cariche è una delle figure chiave della società (“ho una consulenza”).
Anche Italcostruzioni ha una storia da raccontare.
Negli anni ’70, il capostipite Benedetto Lazzaro, emigrato dalla Sicilia e vicino alla Dc, fonda una piccola impresa che presto diventa un impero in valle.
Racconta il nipote Ferdinando: “Abbiamo lavorato duro”.
Guai giudiziari? Le cronache parlano di inchieste per problemi fiscali: “Mio padre fu chiamato in causa in un’indagine sul caporalato, ma venne assolto”.
Tutto qui? “No, nel 2002 insieme a decine di imprenditori locali sono stato arrestato in un’inchiesta detta ‘appaltopoli’.
Emerse una rete non per ‘truccare’, diciamo per ‘tenere’ gli appalti. Fui condannato a 8 mesi per turbativa d’asta”.
Ma la famiglia Lazzaro va per la sua strada. E nasce Italcoge: “Alla guida c’era mia sorella Laura. Insieme con un’altra società abbiamo ottenuto un primo subappalto da 2 milioni per i cantieri Tav”.
Ed ecco un intoppo: “Italcoge è fallita. Non eravamo stati pagati per lavori sulla Salerno-Reggio”, racconta Lazzaro.
Italcoge fallisce nell’agosto 2011, ma i suoi camion lavorano per la Tav.   Com’è possibile? “È nata una nuova società ”.
Chi sono gli amministratori? Non più le sorelle Lazzaro, ma “i loro mariti”, conferma Lazzaro.
Stessa famiglia, stessi uffici, stesso stemma.
Perfino stessi mezzi: “Li abbiamo affittati dal fallimento”.
Di più: “Italcostruzioni, nata sulle ceneri di Italcoge, dopo il fallimento ha ottenuto un altro appalto da due milioni per la Tav”.
Notizie di cronaca sostengono che tra i vostri dipendenti vi sarebbe stato il capo della “locale” della ‘Ndrangheta di Cuorgnè?
“Falso. Mai conosciuto”, assicura Lazzaro.
Aggiunge: “La mia famiglia non ha niente a che fare con ambienti criminali. Non siamo mai stati indagati per questo, non ci possono accusare solo perchè siamo siciliani”. Domanda: non le sembra, però, singolare che dopo una condanna per turbativa d’asta e un fallimento la società che fa riferimento alla vostra famiglia continui a ottenere appalti per la Tav?
“No, noi lavoriamo bene. Ma qui chi tocca la Tav è come morto”.
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 2nd, 2012 Riccardo Fucile
I DATI RACCOLTI DA “TAX RESEARCH LONDON”… ALLE SPALLE DELL’ITALIA GERMANIA E FRANCIA
Nel 2009 in Italia il ‘valore dell’economia sommersa era pari a 418,23 miliardi di euro per un’evasione fiscale stimata in 180,257 miliardi, quasi un terzo delle entrate totali”.
Il Belpaese è maglia nera tra i paesi dell’Unione europea per l’economia sommersa e quindi anche per l’evasione fiscale.
E’ quanto emerge dall’indagine ‘Tax research London” elaborata per il gruppo parlamentare Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) di Bruxelles, che comprende anche il Partito Democratico.
Alle spalle dell’Italia, per sommerso ed evasione, si sono piazzate Germania e Francia.
L’economia tedesca in nero valeva, nel 2009, poco meno di 400 miliardi di euro, facendo perdere al fisco nazionale oltre 158 miliardi (il 16% delle entrate totali).
Il sommerso in Francia sfiorava invece i 290 miliardi, generando un’evasione fiscale pari a 120,61 miliardi (il 15% del gettito fiscale complessivo).
Assai più contenuto, invece, il fenomeno del sommerso in Spagna (239 miliardi in valore e 72 in evasione) e Gran Bretagna, dove il nero valeva 212 miliardi e l’evasione ammontava a 74 miliardi).
Se in termini assoluti, l’ammontare dell’evasione fiscale italiana dovuta al sommerso supera tutti gli altri Paesi dell’Ue, altrettanto non si può dire per quanto riguarda il rapporto tra mancato gettito e incassi complessivi del fisco.
In questa graduatoria l’Italia, con il suo 27%, è superata da ben nove Paesi con economie che per dimensioni e struttura non possono certo essere paragonate a quella della Penisola.
Il primato negativo è stato infatti stabilito dalla Romania con il 35,3%, seguita da Romania (32,6), Lituania (32), Estonia (31,2), Lettonia (29,2), Cipro (28), Grecia (27,5), Malta e Polonia (27,2).
Ma l’Italia torna nei posti di vertice della classifica se si considera invece il rapporto tra ammontare dell’evasione causata dall’economia sommersa e la spesa per l’assistenza sanitaria.
Su questo fronte il 228,2% fatto registrare dall’Italia è superato solo dal 260,5 dell’Estonia.
Per contrastare l’illegalità nelle transazioni finanziarie, il Parlamento europeo sta elaborando una Tobin Tax che non solo deve entrare in vigore al più presto, ma deve essere “disegnata nel modo più stringente possibile per evitare ogni possibile forma di evasione”.
Secondo la socialista greca Anni Podimata, relatrice parlamentare in sede di Commissione Econ, la tassa dovrà essere imposta in base al principio di residenza dell’emettitore del titolo oggetto della transazione.
In pratica la tassa dovrà essere pagata anche, ad esempio, sulla compravendita di un’azione Eni tra un venditore di Hong Kong ed un compratore di New York.
Per scoraggiare l’evasione fiscale inoltre il Parlamento propone di prendere ad esempio la ‘stamp duty’ britannica: il mancato pagamento della tassa non convalida l’operazione, di fatto solo il pagamento della Tobin tax darebbe certezza al titolo di proprietà .
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Marzo 2nd, 2012 Riccardo Fucile
COSTI DI BILANCIO PAGATI DAI PENDOLARI… RISCHIO SEI MILIARDI PER GLI ARBITRATI SULLA VICENDA ALTA VELOCITA’
Ferrovie belle, risplendenti e risanate, come ripete in ogni occasione e fino allo sfinimento
l’amministratore delegato, Mauro Moretti?
Mica tanto.
Anche la Corte dei Conti esprime dubbi e fa propria la duplice perplessità coltivata da molti in questi anni e cioè che i miglioramenti di bilancio da soli non fanno viaggiare meglio i clienti, in particolare i pendolari e le aziende che si servono dei treni merci.
E poi, seconda perplessità , che in qualche caso i risultati contabili possano essere pagati proprio dai viaggiatori normali, quelli non dell’Alta velocità e delle Frecce rosse, sotto forma di servizi scadenti, con investimenti esangui, soprattutto per quanto riguarda nuovi vagoni e locomotori, e come conseguenza di manutenzioni spesso ridotte.
Che spesso si scaricano anche sulla sicurezza, come ha precisato di recente con parole misurate, ma molto chiare, l’Autorità per la sicurezza ferroviaria.
Per quanto riguarda i nuovi treni c’è un esempio clamoroso e recente, quindi non ancora rilevato nella lunga relazione della Corte dei Conti (oltre 140 pagine) che ha esaminato i risultati 2009 e 2010 di Fsi, Ferrovie dello Stato, come da qualche tempo si chiamano.
Proprio mentre le Ferrovie di Moretti decidevano di investire in Brandeburgo circa 73 milioni di euro acquistando 11 treni nuovi fiammanti per i pendolari tedeschi grazie a un leasing con Unicredit, ai pendolari italiani non veniva consegnata neanche una delle 600 nuove carrozze a due piani che lo stesso Moretti si era impegnato a fornire entro la fine del 2011.
La fornitura era prevista in base agli accordi con le regioni italiane firmati 3 anni fa e finanziati con una parte di quei 480 milioni stanziati dal governo Berlusconi per un triennio con l’obiettivo palese di favorire il rinnovo di contratti lunghi (6 anni più 6) proprio tra Trenitalia e regioni. Moretti ha presentato l’investimento in Brandeburgo come ottimo perchè potenzialmente profittevole, in una regione economicamente molto dinamica.
Per quanto riguarda la mancata consegna delle 600 carrozze agli italiani, invece, ha rifilato la colpa dei ritardi ai produttori, un consorzio guidato da Ansaldo-Breda della Finmeccanica.
Senza entrare nel merito di questa duplice e asimmetrica operazione, i magistrati contabili avvertono che cercare di acquisire quote di mercato all’estero non può andare a scapito dell’obiettivo principale di far viaggiare passeggeri e merci in Italia in modo accettabile.
L’esame della Corte dei Conti sui risultati Fsi è importante per almeno due ordini di motivi.
Il primo è l’autorevolezza del pulpito da cui vengono proposti i dubbi e i distinguo.
Il secondo motivo è che i magistrati contabili non trascurano affatto un punto fondamentale, ma sempre più relegato in secondo piano in questi anni di ubriacatura ferroviaria.
E cioè che Fsi sono senza dubbio una società per azioni, ma di tipo particolare, sotto la guida politica del ministero dei Trasporti e interamente di proprietà del ministero dell’Economia. Vincolate ovviamente al perseguimento di una gestione sana, oculata e possibilmente profittevole, senza perdere di vista, però, altri elementi fondamentali, legati alla ragione sociale ferroviaria e tipici di un’azienda statale.
In prima fila il compito di rispettare il cosiddetto servizio universale trasportando tutti, pendolari compresi e merci, da una parte all’altra delle penisola nel migliore dei modi possibile e a condizioni accettabili.
Da un punto di vista strettamente finanziario i risultati del gruppo Fsi sono innegabilmente positivi in entrambi gli anni esaminati e confermano una linea di miglioramento contabile che prosegue dal 2007.
In particolare nel 2010 i ricavi operativi del gruppo sono stati di oltre 8 miliardi di euro, con un incremento di quasi 2 miliardi rispetto a due anni prima, mentre il risultato operativo è stato di 129 milioni di euro.
Sia Trenitalia sia Rfi, le due società più importanti, quella di gestione dell’esercizio ferroviario e quella dei binari, presentano bilanci discreti.
I magistrati contabili, però, fanno notare che su Rfi pesa la spada di Damocle conseguente all’incorporazione per fusione della Tav (Alta velocità ) nella stessa Rfi avvenuta 2 anni fa.
Sono tutt’ora pendenti numerosi arbitrati attivati dai general contractor per un totale di richieste di oltre 6 miliardi di euro: 1, 7 miliardi per la Milano-Bologna, 1, 2 per la Verona-Padova, 1 per il terzo valico Milano-Genova, 570 milioni per la Novara-Milano e così via.
Il settore cargo (merci), infine, fa storia a sè e sta andando a rotoli, con ricavi da traffico precipitati in 5 anni da 770 milioni a 515 e una perdita costante, oltre 2 miliardi di euro in totale in un quinquennio.
Le vicende del blocco degli autotrasportatori di alcune settimane fa hanno messo in evidenza l’estrema inadeguatezza del servizio ferroviario merci pubblico, capace di trasportare ormai appena il 7-8 per cento dei volumi movimentati ogni anno.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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