Giugno 14th, 2012 Riccardo Fucile
EQUITALIA SFRUTTA IL DIVIETO DI RICEVERE L’IMPORTO DELLA PREVIDENZA IN CONTANTI…PER LEGGE POTREBBE PIGNORARE SOLO UN QUINTO DELLA SOMMA, MA EQUITALIA FA I CAZZI CHE VUOLE
Non c’è un modo più gentile di metterla: Equitalia sta bloccando i conti correnti di molti pensionati, anche per debiti abbastanza bassi, finendo per commettere una sostanziale violazione della legge.
Lo denuncia in una interrogazione parlamentare il deputato pugliese del Pd, Dario Ginefra, ma lo conferma una storia raccontata un mese fa dall’agenzia Ansa e al Fatto Quotidiano da fonti interne dell’Inps.
In sostanza, la società di riscossione — con la complicità di banche e uffici postali — impedisce a gente che ha l’unico introito di una pensione media (diciamo intorno ai mille euro) di accedere ai propri soldi finchè non è definita la sua posizione col fisco, innescando così un circolo vizioso per cui il pensionato poi si indebita, ad esempio con una finanziaria, peggiorando ancora di più la sua posizione e subendo nuove richieste di pignoramento.
C’è un problema: questo finisce per determinare una situazione sostanzialmente illegale.
A stare all’articolo 545 del codice di procedura civile, infatti, stipendi e pensioni non sono soggetti a sequestro e pignoramento, se non per il massimo di un quinto del totale e comunque facendo salvo il minimo Inps (430 euro al mese).
Così si è sempre fatto, che la richiesta venisse dall’erario o da un privato, solo che adesso questa prassi viene violata dal combinato disposto tra due recenti provvedimenti: da una parte l’ampliamento dei poteri discrezionali di sequestro per gli enti riscossori, dall’altra il divieto di percepire in contanti emolumenti e pensioni sopra i mille euro lordi, che ha costretto quasi tutti i pensionati ad aprire un conto corrente o postale (anche solo il cumulo tra assegno di dicembre e pensione, infatti, quasi sempre supera i mille euro).
Questi depositi, comunque, sono conti come tutti gli altri e i loro gestori privati — banche o Poste — non sono tenuti a tutelare le fonti che li alimentano.
Così le richieste di pignoramento di Equitalia non arrivano più alla fonte (stipendio o pensioni ), ma a valle, sul conto, che è più facilmente attaccabile perchè gli istituti di credito non hanno alcun interesse ad opporsi.
Risultato: il correntista si trova di botto separato dai suoi soldi, anche da quelli che continuano a venirgli accreditati.
Sarebbe grave anche se si trattasse di un solo caso, ma non è così: le proteste continuano ad arrivare agli sportelli degli enti previdenziali — l’Inps come l’ex Inpdap — che, dal canto loro, sono assai preoccupati visto che sanno qual è la situazione.
Loro stessi, infatti, stanno disponendo un gran numero di pignoramenti, ci raccontano, perchè la crisi sta colpendo soprattutto i pensionati: s’indebitano in maniera massiccia e altrettanto massicciamente perdono la capacità di ridare i soldi a chi glieli presta. “Dal governo vorrei sapere — ci spiega Dario Ginefra — se è vero, come risulta a me, che Equitalia (approfittando di una legge che aveva tutt’altro intento) stia avviando procedure esecutive su quote impignorabili di pensioni e stipendi e cosa voglia fare l’esecutivo per impedirlo”.
Che cosa vogliano fare Monti, Fornero e Befera non si sa ancora, che la cosa sia vera basti a dimostrarlo il primo caso divenuto pubblico, avvenuto a Catanzaro già un mese fa e denunciato dall’associazione dei consumatori Codici: “Equitalia è stata informata dagli interessati della situazione — raccontano — ma ha disatteso le loro richieste. I pensionati, inutilmente, hanno anche comunicato alla società che le pensioni erogate erano l’unico mezzo di sostentamento per i propri nuclei familiari”.
Ricorrere al giudice? Mica facile: i soldi sono bloccati e non possono nè pagare l’avvocato , nè, per soprammercato, accedere al gratuito patrocinio.
Perchè? Ma perchè hanno un reddito da pensione…
Codici parla di “norme di dubbia costituzionalità ” e ha avviato un’azione legale a sue spese, ma la decisione rischia comunque di arrivare troppo tardi.
“Non manca molto — ci racconta un dirigente Inps — al partire della valanga e allora la situazione rischia di essere davvero drammatica”.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 14th, 2012 Riccardo Fucile
BLITZ DELLA GUARDIA DI FINANZA ALL’ASSESSORATO REGIONALE E IN DIVERSI OSPEDALI….”ACCORDI PER PILOTARE L’ASSEGNAZIONE DI PROGETTI AD ALTO CONTENUTO TECNOLOGICO….VENTOTTO INDAGATI
Per presunte irregolarità nell’assegnazione di progetti di sperimentazione clinica, la guardia di
finanza ha effettuato una ventina di perquisizioni: nel mirino anche alcune aziende ospedaliere.
Gli indagati sono 28: fra loro c’è il potente direttore generale della sanità lombarda Carlo Lucchina, braccio destro del governatore Roberto Formigoni, sotto inchiesta per turbativa d’asta.
Le perquisizioni sono state effettuate anche all’ospedale Niguarda a Milano e in quelli di Lecco, di Busto Arsizio e Saronno.
L’inchiesta, nella quale sono indagate una trentina di persone – nei confronti delle quali sono ipotizzati a vario titolo i reati di associazione per delinquere, turbativa d’asta, rivelazione del segreto d’ufficio e peculato – è coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dal pm Carlo Nocerino.
Le indagini riguardano principalmente presunti accordi per pilotare l’assegnazione di progetti di sperimentazione clinica ad alto contenuto tecnologico finanziati dalla Regione Lombardia.
Sono di diversi milioni di euro, ma meno di dieci, i finanziamenti regionali stanziati (e in alcuni casi già erogati dalla Regione Lombardia) nell’ambito degli accordi stipulati tra aziende private e ospedali pubblici per la sperimentazione di apparecchiature scientifiche ad alta tecnologia.
Tra le persone finite sotto inchiesta ci sono manager di aziende private, tra cui la General Electric, e i direttori sanitari delle aziende ospedaliere nel mirino degli inquirenti: Pasquale Cannatelli, direttore generale del Niguarda; Armando Gozzini, direttore generale dell’azienda ospedaliera di Busto Arsizio (dalla quale dipende l’ospedale di Saronno) e Ambrogio Bertoglio, direttore generale dell’azienda ospedaliera di Lecco. I progetti di sperimentazione sono tre e riguardano le apparecchiature per l’home care, gli ecoscopi e l’emodinamica.
Sotto inchiesta anche i responsabili del servizio di Ingegneria clinica delle aziende ospedaliere. I progetti di sperimentazione riguardano gli anni 2010 e 2011: due sono ancora in corso di assegnazione e uno è già stato assegnato.
“Invece di evocare complotti o attacchi militari alla sua giunta, Formigoni ammetta che il sistema ha mostrato delle falle e, se ancora è in grado, faccia proposte per riformarlo”, commentano Alessandro Alfieri, vicesegretario regionale del Pd, e Gianantonio Girelli, responsabile Salute e welfare del Pd.
“Non entriamo nella questione delle indagini, certo le seguiamo con preoccupazione e allarme – dicono in una nota –
Politicamente invece abbiamo più volte denunciato come nella sanità lombarda i meccanismi e le procedure che devono garantire trasparenza e controlli efficaci non siano adeguate all’ingente quantità di risorse assegnate a enti pubblici e privati, spesso con margini di discrezionalità eccessivi”.
E l’assessore alla Sanità della Regione Lombardia, Luciano Bresciani, esprime totale fiducia nella magistratura auspicando che faccia presto per chiarire la bufera che ha investito la sanità lombarda.
“Bisogna arrivare al giudizio – ha detto Bresciani – non con continui rimandi. I cittadini hanno bisogno di risposte, sanno che la sanità lombarda funziona perchè si curano qui e non vanno all’estero, ma se ci sono episodi di corruzione occorre buttare fuori le mele marce.
E io questo l’ho sempre detto”.
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Giugno 14th, 2012 Riccardo Fucile
BLITZ NOTTURNO GRAZIE AD UN EMENDAMENTO… RIAVRANNO DIARIA E INDENNITA’ DI CARICA INVARIATI RISPETTO AGLI IMPORTI DEL 2011
Come Penelope e la sua tela. Di giorno ricamava, la notte disfaceva.
L’escamotage dei consiglieri della Regione Sardegna somiglia molto a quello della moglie di Ulisse.
Gli stipendi cancellati dal referendum di giorno sono tornati aumentati col voto notturno.
Quindi i consiglieri regionali della Sardegna hanno lavorato gratis solo per 20 giorni, cioè dal 25 maggio scorso, quando è stato pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione Sardegna, l’esito dei referendum del 6 maggio scorso, tra i quali quello che abrogava l’indennità di consigliere regionale. Ma da mercoledì a tarda sera si sono «riassegnati» lo stipendio grazie ad un emendamento.
RIASSEGNATO LO STIPENDIO
Il Consiglio regionale sardo ha infatti approvato (presenti 66, votanti 60, sì 63, 3 astenuti), con un emendamento al Dl 327/A su «Integrazione alla legge regionale 4 agosto 2011, n. 16 (Norme in materia di organizzazione e personale), relativa ai contratti di collaborazioni coordinate e continuative», il nuovo stipendio dei consiglieri regionali. Così si Twitter impazza l’hashtag #Regionesardegnavergogna. «Il politico perde il pelo ma non il vizio» oppure «L’indennità se la sono fatta rimborsare…ma non ne usciranno indenni» sono tra i commenti più sobri.
IL QUANTUM
I consiglieri regionali della Sardegna riavranno stipendi, diaria e indennità di carica, sostanzialmente invariati rispetto agli importi aggiornati al 2011.
Apparentemente sono apportati tagli alle varie voci (indennità di carica, diaria e contributo per i gruppi) compresi fra il 20 e il 30%, ma i parametri su cui sono applicati sono indennità e rimborsi spese in vigore al 31 dicembre 2003, immediatamente successivi a un aumento di stipendio dei parlamentari (cui è agganciato quello dei consiglieri regionali), entrato in vigore nell’autunno precedente. L’emendamento assegna ai consiglieri regionali le indennità di base attribuite nel 2003, che era pari a circa 9.263 euro (secondo dettagliate fonti di stampa dell’epoca), mentre la cifra del 2011 era di 9.023 euro.
I tagli dichiarati, invece, riguarda l’indennità di carica riconosciuta a partire dai vicepresidenti di commissione fino alla presidenza del Consiglio regionale (-30%), la diaria (-20%) e i contributi ai gruppi (-20%).
La norma, approvata nella notte all’unanimità , non tocca, per esempio, le spese di segreteria e cancelleria, quelle per i cosiddetti «portaborse», confermate a 3.352 euro. La cifra è rimasta la stessa dal 2003 a ora.
A conti fatti, i consiglieri regionali non dovranno sostenere particolari «sacrifici», come dimostra il confronto fra gli importi del 2003 e quelli attuali.
(da “Il Corriere della Sera“)
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Giugno 14th, 2012 Riccardo Fucile
I RILIEVI DI BONGIORNO A SEVERINO, LA SFIDA TRA VICARI E FERRANTI SUI FAVORI AI BIG INDAGATI: TRA CODICI, REATI E TERMINI DI PRESCRIZIONE
È una legge che tratta un mondo tipicamente maschile – la corruzione, la concussione, il peculato, i
condannati in Parlamento che sono perlopiù uomini – capace però di muovere grandi passioni in tre donne parlamentari, e pure in un ministro donna (il suo è uno staff quasi tutto rosa), che a tratti si sono scontrate anche tra di loro.
E come sempre Giulia Bongiorno – avvocato, deputata di Fli, presidente della commissione Giustizia – parla chiaro: «Al ministro Paola Severino faccio un applauso per la pazienza e la perizia con cui ha saputo condurre in porto questo testo difficile. Pdl e Pd li puoi mettere d’accordo su tutto, sull’economia e magari sul testamento biologico, ma non sulla giustizia… Per questo, alla fine, c’è voluta la fiducia… Ma al ministro dico anche che se vuole lasciare il segno deve correggere in fretta questa asimmetria tra le norme più restrittive per i comuni cittadini e il divieto di incandidabilità che riguarda noi politici. Perchè così facendo, rinviando il problema con delega al governo, rischiamo di non arrivare in tempo per le elezioni del 2013».
Giulia Bongiorno ha un figlio piccolo e per non lasciarlo solo troppo a lungo fa avanti e indietro molte volte al giorno tra la Camera e casa sua, che dista poche decine di metri dal Palazzo. Tuttavia l’avvocato Bongiorno, che certo non può essere accusata di assenteismo, non è sfuggito un passaggio del testo di cui ha discusso anche con il suo maestro, il professor Franco Coppi: «Non riesco a capire perchè il ministro abbia voluto eliminare gli incaricati di pubblico servizio dal reato di concussione per induzione».
Presto detto – le ha replicato a distanza il ministro, che in questi giorni non nega di essere felicemente «distratta» dalla nascita della sua terza nipotina -: perchè l’incaricato di pubblico servizio non ha lo stesso potere del pubblico ufficiale quando si tratta di esercitare da solo la concussione per induzione.
Ma questo garbato botta e risposta è stato superato da uno scontro a distanza tra la senatrice Simona Vicari (Pdl) e la deputata Donatella Ferranti (Pd). La Vicari – già sindaco di Cefalù, fedelissima di Alfano ma anche di Schifani, mamma di due figli, sposata due volte – ha preso di mira il nuovo reato di concussione per induzione che «riduce la pena del reato contestato a Filippo Penati e quindi riduce i termini di prescrizione».
Ma come, incalza la Vicari, «proprio il Pd che ci ha accusato tante volte di fare le leggi ad personam , di cui forse dovremmo pentirci, ora si comporta allo stesso modo?».
E dunque sul caso Penati, ancora una volta tocca alla Ferranti portare la croce per tutto il partito che praticamente l’ha delegata a gestire la pratica: lei – magistrato dal 1981, segretario generale del Csm tra il 2005 e il 2008 – non si stanca di ripetere le sue ragioni: «L’abbassamento della pena per la concussione spacchettata è dovuto all’emendamento del governo; il Pd è l’unico partito che in commissione ha presentato un emendamento per portare al pena massima da 8 a 10 anni; è vero poi che l’emendamento è stato ritirato ma per essere ripresentato in Aula quando non si sapeva che la fiducia lo avrebbe congelato».
Instancabile, la Ferranti non molla la sua missione anche quando dice che «il giudice del riesame di Penati non ha configurato la concussione ma la corruzione: e per questo reato un mio emendamento, avversato dal Pdl, ha alzato le pene e quindi la prescrizione».
(da “Il Corriere della Sera“)
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Giugno 14th, 2012 Riccardo Fucile
LE NUOVE NORME SULLA CORRUZIONE RIDURRANNO I TERMINI DI PRESCRIZIONE…I RISCHI MAGGIORI DALLA MODIFICA DEL REATO DI CONCUSSIONE E DALLE NUOVE PENE PREVISTE
Dal caso Tarantini, al Rubygate. Ma anche altro.
Dalla bufera sul Cardarelli e sui primari accusati di taglieggiare i pazienti per operarli, per finire al “Sistema Sesto”.
L’inchiesta in cui l’ex leader lombardo del Pd, Filippo Penati, è accusato di aver preteso sostanziose mazzette dagli imprenditori.
Non è un colpo di spugna la riforma approvata ieri, ma avrà comunque conseguenze su diversi processi importanti.
Il principale riguarda proprio Penati, a cui la procura di Monza contesta i reati più gravi fino al 2002.
Per la concussione saremmo di fronte a una prescrizione già certa (i processi dovrebbero concludersi entro l’anno e non più nel 2017).
E lo stesso criterio verrà applicato per chi ha la medesima accusa. L’introduzione dell’articolo “319 quater”, disciplina infatti la “concussione impropria”, prevedendo pene fino a un massimo di 8 anni.
In questo caso, i tempi di prescrizione si riducono di un terzo rispetto alla vecchia concussione, dando un’importante sforbiciata di tempo soprattutto per i numerosi dibattimenti in corso.
Il sistema Sesto
L’approvazione del ddl anticorruzione farebbe saltare un intero pezzo dell’inchiesta sul “Sistema Sesto”, su cui indagano i pm della procura di Monza, Walter Mapelli e Franca Macchia: il filone sulla riqualificazione delle aree Falck.
Sarebbero coperte da prescrizione le accuse a Filippo Penati, a Giordano Vimercati e agli uomini delle coop rosse: il vicepresidente del Consorzio cooperative costruttori, Omer Degli Esposti, e i due consulenti che sarebbero stati imposti al proprietario dell’area, Giuseppe Pasini.
Ma mentre le coop rosse sarebbero totalmente salve – per fatti tra il 2000 e il 2004 – nulla eviterà il processo a Penati per gli altri capi d’imputazione: le presunte tangenti per la terza corsia dell’autostrada A7 e per i finanziamenti illeciti alla sua associazione “Fare Metropoli”.
Il Rubygate
Cinque anni in meno per celebrare il processo Ruby e un'”insidia” che potrebbe essere utilizzata dai legali del Cavaliere per tentare di smontare l’accusa.
È questa la principale conseguenza al Tribunale di Milano del decreto anticorruzione. Per il Rubygate, le modifiche riguardano la concussione.
Il processo non rischia uno stop, ma la prescrizione si accorcia al 2020.
Potrebbe, però, offrire un'”insidia”, spiegano fonti della procura, nel caso i difensori di Berlusconi volessero dare un’interpretazione estensiva alla riforma coinvolgendo anche il funzionario della questura che fece rilasciare Ruby.
Per le indagini per concussione, invece, il pool per i reati sulla pubblica amministrazione teme che l’introduzione di una pena massima di 8 anni di carcere, possa indurre gli imprenditori a evitare di denunciare.
Il caso Cardarelli
La riforma della concussione potrebbe avere effetti anche sull’inchiesta in corso a Napoli nei confronti del primario di Ortopedia Paolo Iannelli.
Il nucleo centrale delle contestazioni si riferisce all’ipotesi secondo la quale il primario (che nega) avrebbe indotto degenti dell’ospedale Cardarelli a lasciare il presidio sanitario pubblico per la clinica privata Villa del Sole.
Bisognerà vedere adesso come, dopo l’approvazione definitiva del nuovo testo, le condotte configurate dai pm Curcio e Woodcock come concussione dovranno essere riformulate e con quali conseguenze sul procedimento. In Procura, dove ieri si è insediato il nuovo capo, non si sbilanciano e attendono il testo definitivo.
La P4
A Napoli è in corso il processo di primo grado nei confronti del deputato del Pdl Alfonso Papa, imputato di concussione e altri reati nel giudizio originato dall’inchiesta denominata P4.
Al parlamentare, che respinge le accuse, viene contestato di aver imposto a tre imprenditori il pagamento di alcune utilità (soggiorni in albergo, regali) in cambio di notizie e interventi su vicende giudiziarie.
Anche in questo caso le nuove norme attualmente allo studio delle Camere potrebbero avere effetti negativi sul procedimento, tenuto conto ad esempio che il pacchetto introduce la nuova figura di reato del “traffico di influenze”.
Secondo fonti della Procura, a Napoli dal 2007 al 2011 sono state iscritte nel registro degli indagati con l’accusa di concussione circa 1700 persone, ben 592 nel 2008.
La sanità pugliese
C’è anche un filone della maxinchiesta sul “sistema Tarantini” fra i processi a rischio prescrizione, con l’approvazione del ddl sulla nuova concussione.
Ed è quello relativo agli “affari” del noto imprenditore barese con il primario di Neurochirurgia del Policlinico di Bari, Pasqualino Ciappetta. Secondo l’accusa, tra il 2006 e il 2009, Tarantini avrebbe accontentato il primario mettendo a disposizione auto e autista, pagando viaggi e persino il conto di salumerie o di cene consumate in rinomati ristoranti.
A spese di Tarantini anche i 15 ricorsi che il professor Ciappetta voleva presentare per chiedere l’annullamento di multe. In cambio il neurochirurgo avrebbe favorito Tarantini scegliendo, sulla base del principio dell’infungibilità , le protesi da lui fornite.
Le nomine Asl
La nuova concussione, quella che fino ad oggi era definita “per induzione”, influirà anche nel processo per lo scandalo sulla cosiddetta “cupola Tedesco”.
Secondo la Procura di Bari, la struttura guidata dal senatore Alberto Tedesco, tra il 2005 e il 2009 avrebbe pilotato le nomine di dirigenti di Asl pugliesi e la nomina di quelli amministrativi e sanitari, in modo da dirottare gare di appalto e forniture verso imprenditori a lui legati da interessi economici ed elettorali.
Tedesco, che insieme agli altri imputati potrebbe ora ottenere sconti dalla nuova normativa, sarebbe intervenuto “attivamente sui direttori generali e sui dirigenti per nominare quali primari persone di sua fiducia e destituire persone che non obbedivano ai suoi ordini”.
Emilio Randacio
(da “La Repubblica”)
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Giugno 14th, 2012 Riccardo Fucile
BALDUZZI SMENTISCE LA SMENTITA… INCONTRO AL MINISTERO PER IL RIORDINO DEI RINCARI PER I PAZIENTI GIA’ APPROVATI NEL 2011 DA BERLUSCONI
Questi benedetti tecnici si attirano grane e polemiche anche quando non hanno colpa. Ci si
riferisce alla questione dei ticket sanitari, esplosa in faccia al ministro Renato Balduzzi.
Cronaca: ieri il nostro ha pensato bene di fare una riunione con esperti e politici che si
occupano di sanità per illustrare una riforma del sistema dei ticket.
Oggi, a parte gli esenti, si paga tutti uguali, mentre la proposta che dovrebbe essere inserita nel nuovo Patto della Salute 2012-2015 — andrà presentato entro ottobre — prevede una modulazione in base al reddito: o si paga il ticket al massimo fino al 3 per mille dei propri guadagni (ad esempio, 90 euro per 30 mila l’anno) oppure si stabilisce un sistema con sei scaglioni (esenti fino a 12 mila euro l’anno e da lì in poi ticket da 10 a 180 euro per i day hospital, da 10 a 200 euro per i ricoveri ).
Gli introiti, secondo indiscrezioni non confermate, sarebbero quasi cinque miliardi nel prossimo biennio.
Apriti cielo.
I politici presenti sono inviperiti: non metterete altri ticket, se vi servono i soldi tagliate piuttosto le spese militari, sbotta Ignazio Marino del Pd.
Il ministero della Salute, impaurito, smentisce subito: “Queste ipotesi non hanno alcun fondamento operativo”, le avevano elaborate gli uffici tecnici quando c’era ancora Berlusconi e il ministro “non le ha mai prese in considerazione”.
Poi, passata qualche ora, Balduzzi e i suoi devono essersi ricordati perchè avevano fatto quella riunione: non sono loro che vogliono aumentare i ticket nel 2013, è che sono i ticket a essere già stati messi a bilancio e votati dal centrodestra con la manovra del luglio 2011 di Tremonti e Berlusconi.
In quel sacro testo, è scritto che il comparto sanità deve risparmiare 8 miliardi nei prossimi due anni, dei quali 2,2 li metteranno i cittadini proprio coi ticket.
Raggiunta questa consapevolezza, il ministero della Salute ha smentito la smentita: la riunione c’è stata perchè vogliamo ovviare “all’insostenibilità dell’impatto sociale” di quanto stabilito dal Cavaliere nel luglio scorso, per questo studiamo i ticket “correlati al reddito”.
Su questo Balduzzi, bontà sua, “auspica che si possa aprire una seria e pacata discussione”.
È a questo fine, allora, che riportiamo alcuni dati di una ricerca del Censis diffusa giusto ieri: per il 58% degli italiani la spesa per la sanità (visite mediche, dentista, analisi e accertamenti diagnostici) è aumentata del 18% nel 2011 proprio grazie ai ticket su farmaci, visite mediche specialistiche, analisi e radiografie.
Cosa succederebbe, quindi, con i nuovi ticket?
Ne dà un’idea una ricerca del Ceis di Tor Vergata: se gli incassi aumenteranno di 2 miliardi, a legislazione vigente si impoveriranno 42 mila famiglie, con un’applicazione progressiva alla Balduzzi il numero si riduce a 7.500.
Certo, si parla sempre di creare nuovi poveri.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 14th, 2012 Riccardo Fucile
LO STUPRATORE DELL’AQUILA DOPO AVER MASSACRATO UNA RAGAZZA VENTENNE, ABBANDONANDOLA SVENUTA AL GELO IN UN LAGO DI SANGUE, SE NE TORNA A CASA… IN ALTRI PAESI “MENO EVOLUTI” LO AVREBBERO CASUALMENTE TROVATO IMPICCATO IN CARCERE
Dopo tre mesi e mezzo di detenzione va agli arresti domiciliari, perchè cade l’accusa di tentato omicidio (tesi originale questa), quell’essere inqualificabile (uno, tre… non si è capito) che ha selvaggiamente violentato, percosso, e quasi ammazzato una ragazza di 20 anni fuori da una discoteca vicino L’Aquila.
Sono indignata, disgustata nel constatare che non cambia mai nulla, che di fronte a chi dichiara l’accondiscendenza della vittima, c’è sempre un altro che gli crede, la storia è piena di casi come questo, e non importa se l’ospedale dichiara di aver ricucito lesioni esterne e interne inferte con una spranga di ferro, con dettagli raccapriccianti che non si possono raccontare, per buongusto, per pudore, per rispetto.
Non importa constatare la quasi morte per assideramento della vittima perchè abbandonata nuda, sanguinante, priva di sensi, sulla strada, come neanche un cane meriterebbe, trovata per caso e salvata da un ragazzo della discoteca (o dal proprietario… non è chiaro) mentre rientrava a casa.
Non importano le ferite sul corpo, nè tantomeno, figuriamoci, quelle inferte nell’anima, che segneranno per sempre la sua vita, non importa… è una donna e le donne si sa provocano, istigano, portano jeans troppo stretti, gonne troppo corte, tacchi troppo alti, e non possono permettersi di dire di no, di avere sul più bello un semplice ripensamento, quando la bestia si sveglia, non ci si tira più indietro, si ha il dovere di soddisfarla, altrimenti si rischia che l’uomo, che come si sa è cacciatore, si trovi nella condizione di non riuscire più a controllare la sua furia, furia che avrebbe saputo dominare se quella “figlia di Satana” non lo avesse provocato.
La decisione presa dal giudice avvalora l’antica idea che la donna debba pagare per aver scatenato nell’uomo un istinto primordiale che la civiltà , l’educazione con molta fatica ha cercato di modificare, facendo di lui, di fatto, la vittima e non il carnefice.
Mi sembra già di sentire l’ennesimo vicino, parente, amico o amica (ahimè), che testimonierà di averlo sempre considerato un bravo ragazzo… un ragazzo “normale” (sono sempre “normali” questi mostri), o di sentire l’ennesimo avvocato che si appellerà all’ennesimo giudice (maschio) di turno, pregandolo di non essere troppo severo, scongiurando una condanna eccessiva che potrebbe rovinare per sempre un giovane così “normale”, per quello che si può definire un errore, una ragazzata. (Quante volte l’abbiamo sentito!)
Siamo nel 2012 e stiamo ancora a questo punto… che immensa tristezza!!!!!!!!! Voglio manifestare tutta la mia solidarietà a questa ennesima sorella sfortunata, abbandonata per l’ennesima volta da una giustizia ingiusta.
Fiorella Mannoia
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 14th, 2012 Riccardo Fucile
SCONTRO DOPO LA SECESSIONE DELL’UDC DALLA LISTA CIVICA… MUSSO: “BASTA FURBETTI DI PARTITO INSIEME A ME”…MONTELEONE: “NON RISPONDO AI SALTIMBANCHI”
Più che gli stracci, in “zona Musso” da ieri volano insulti e rancori. Tra il leader ligure Udc Rosario
Monteleone e il candidato sindaco sostenuto dal Terzo Polo nella corsa contro Marco Doria, Enrico Musso, da qualche giorno è guerra aperta.
E ieri è intervenuta l’artiglieria pesante.
“La vicenda dei furbetti di Monteleone mi ha insegnato una cosa – scrive il senatore in una lunga nota – di non candidare mai più nelle mie liste iscritti ai partiti”.
“Musso non faccia la verginella – risponde il presidente dell’assemblea regionale Rosario Monteleone – rifletta piuttosto sul suo lungo perigrinare nei partiti e non mi faccia la morale. La verità è che ha perso il lume della ragione e pure quello della vergogna”.
“Il caso Monteleone insegna che di questi vecchi politicanti e delle loro astuzie si deve fare a meno – rincara Musso.
E sul “vecchio politicante” Monteleone sembra non riuscire a trattenere il livore. “Quando lui era consigliere comunale – precisa – io avevo le braghe corte”.
Storia di un amore finito, forse neppure mai iniziato.
Coabitazione per convenienza, parrebbe piuttosto. Dalla durata breve, brevissima.
La prima verità è che Enrico Musso si è sentito tradito. Il casus belli si inserisce nella mossa a sorpresa di Alfonso Gioia e Paolo Repetto, esponenti Udc candidatisi alle amministrative nella lista Musso.
Dopo l’elezioni a Tursi, i due hanno fondato un gruppo autonomo del quale Musso è stato informato soltanto a decisione presa.
In risposta Enrico Musso che starebbe preparando una nuova lista civica per il Senato ripartendo ancora dal suo serbatoio di sostenitori Oltremare, chede scusa agli elettori “per aver ingenuamente ospitato nella lista civica persona che hanno finto di condividere il nostro programma e il nostro codice etico, ma avevano premeditato orientamenti politici e morali diversi”, e assicura che mai più si farà ingannare dai politici di professione.
“Hanno approfittato della buona fede dei miei elettori per abbandonare immediatamente e senza motivo le liste grazie alle quali sono stati eletti”, sostiene Musso riferendosi all’Udc – per creare nuovi gruppi, occupare nuove posizioni da capogruppo a spese dei contribuenti e svincolarsi”
“Questa vicenda – continua Musso – deve insegnare molto a tutti noi: basta con i traffichini e i trafficoni che per fare carriera obbediscono al loro capo partito venendo meno agli impegni assunti con gli elettori!”
Quindi la chiosa finale: “Finchè la politica non si libererà di certi personaggi, mi impegno a non presentare nelle future liste civiche di Oltremare persone iscritte a partiti politici, salvo previe diissioni dagli stessi. Io stesso mi dimetterò dal Partito liberale Italiano che pure non ha propri rappresentanti eletti e non gestisce posizioni di potere”.
Ora, chi pensa che Monteleone abbia risposto con stile e distacco sbaglia di grosso.
“Chi dice questo? – esordisce – il grande trasformista, saltimbanco, prestigiatore e politicamente parlando imbroglione Musso? La persona che ha presentato una lista civica dove erano presenti ben otto partiti che hanno fatto la campagna elettorale per lui sotto tutti i punti di vista? Il consulente per anni di tutte le giunte di centrosinistra? L’elettore alle primarie per Romano Prodi nel 2006, folgorato dai soldi di Berlusconi nel 2007? Il capolista di una lista bloccata nominato nel 2008 al Senato? Evidentemente ha perso il lune della ragione e sta dicendo un sacco di fesserie. Le fesserie, come è mia abitudine da tempo, preferisco non commentarle”
(da “Il Secolo XIX”)
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Giugno 14th, 2012 Riccardo Fucile
LE PERSONE E LA DIGNITA’ CHE NON HA PREZZO… LA DENUNCIA DI AMNESTY INTERNATIONAL: “L’ITALIA CONTINUA A RESPINGERE I MIGRANTI E RISPEDIRLI IN LIBIA, VIOLANDO I TRATTATI INTERNAZIONALI”
Un nuovo accordo tra l’Italia e la Libia sull’immigrazione è stato firmato in gran segreto il 3 aprile scorso dalla ministra dell’Interno Annamaria Cancellieri e il leader del Consiglio nazionale di transizione Mustafa Abdul Jalil che è al potere nel Paese nordafricano dopo la caduta del colonnello Muhammar Gheddafi.
Lo denuncia Amnesty International in un rapporto pubblicato a Bruxelles dal titolo “Sos Europe” sull’impatto dei controlli in materia di immigrazione sui diritti umani.
”Nonostante le rimostranze di Amnesty International e altri gruppi sulle violazioni dei diritti umani — è scritto nel documento -il 3 aprile del 2012 l’Italia ha firmato un nuovo accordo con la Libia per limitare il flusso dei migranti. I termini dell’accordo non sono stati resi noti. Un comunicato stampa si limitava a dare la notizia senza fornire ulteriori dettagli sulle misure decise o denunciare la terribile situazione di migranti e rifugiati nel Paese” .
Già all’indomani della visita effettuata a Tripoli da Cancellieri, Amnesty International Italia aveva scritto al ministro dell’Interno rinnovando le preoccupazioni per lo sviluppo degli accordi tra Italia e Libia, in considerazione della negativa situazione dei diritti umani nel paese nordafricano, con particolare riferimento ai maltrattamenti di migranti subsahariani, ritenuti collettivamente, assieme ai libici di pelle nera, lealisti pro-Gheddafi o sanzionati da uno status d’immigrazione irregolare.
Nella lettera, Carlotta Sami, direttrice di Amnesty International Italia, chiedeva alla ministra di rendere pubblico il testo dell’accordo ricordandole le assicurazioni ricevute nel corso di un incontro il 15 marzo scorso circa la trasparenza delle negoziazioni.
Secondo Amnesty l’intesa dà alle autorità italiane il diritto di respingere i migranti e rispedirli in Libia.
Ma questi termini rappresentano una violazione della Convenzione europea sui diritti umani perchè non contengono le tutele adeguate per chi fugge dalla sua patria: “L’Italia — si legge nel rapporto -, nella migliore delle ipotesi, ha ignorato la terribile situazione dei migranti. O, nella peggiore delle ipotesi, si è mostrata disponibile a passare sopra agli abusi dei diritti umani in nome del proprio tornaconto politico interno”.
Nel 2011, si legge nell’ultimo rapporto sui diritti umani di AI, almeno 1500 persone sono affogate tentando di raggiungere l’Europa e quelli che sono riusciti a traversare il mare non hanno di certo trovato una calda accoglienza.
E’ noto che i rifugiati dall’Eritrea o dalla Somalia rischiano di subire abusi e persino torture una volta rientrati a Tripoli. Molti di loro vengono accusati di aver lavorato come mercenari per le truppe pro-Gheddafi.
Lo scorso febbraio la Corte Europea dei diritti umani aveva condannato l’Italia per i respingimenti in mare.
La sentenza riguardava il caso Hirsi Jamaa e altri, ossia il ritorno forzato in Libia nel 2009 di 11 somali e 13 eritrei (insieme ad altre 200 persone) a bordo di navi italiane. I migranti non avevano avuto alcuna possibilità di presentare richiesta di protezione.
L’Italia aveva sostenuto che l’operazione era un salvataggio e che gli accordi bilaterali con il Paese avevano dei precedenti nel diritto internazionale.
Ma per la Corte chiunque salga a bordo di una nave italiana deve essere soggetto alla Convenzione dei diritti umani. Al tempo il governo Monti aveva accettato la sentenza e si era impegnato al “rispetto assoluto dei diritti umani e alla salvaguardia della vita degli uomini in mare”.
Secondo Amnesty International al momento è impossibile “una qualsiasi collaborazione con la Libia in materia di controllo dell’immigrazione, giacchè nel paese mancano anche le minime garanzie nei confronti dei diritti e delle libertà fondamentali”.
L’Ong ha già chiesto più volte al governo italiano che qualsiasi forma di cooperazione con la Libia abbia come presupposto un miglioramento dei diritti umani nel paese, sia trasparente e subordinata all’impegno e alla capacità delle due parti di rispettare appieno i diritti umani di richiedenti asilo, rifugiati e migranti, e risulti in linea con il diritto internazionale dei diritti umani e il diritto internazionale dei rifugiati; il governo utilizzi i propri rapporti diplomatici privilegiati con la Libia per chiedere alle autorità di Tripoli di stabilire al più presto la base legale della presenza dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati in Libia, attraverso un memorandum d’intesa che consenta lo svolgimento di attività di protezione quali registrazione, determinazione dello status di rifugiato e visita ai luoghi di detenzione; fermare le uccisioni illegali e altri attacchi violenti; porre fine agli arresti e alle detenzioni arbitrarie; prevenire la tortura e altri trattamenti disumani e degradanti; ripristinare lo stato di diritto, anche combattendo il razzismo e la xenofobia e attuando un processo di disarmo e di smantellamento degli organismi responsabili delle violazioni dei diritti umani.
Ora si attende la risposta del premier Monti e della ministra Cancellieri.
Monica Ricci Sargentini
(da “Il Corriere della Sera”)
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