Giugno 28th, 2012 Riccardo Fucile
IL 36% DEGLI ITALIANI CONSIDERA IL PRESIDENTE DELLA FERRARI UNA NOVITA’…ALLEATA AL CENTRO ARRIVEREBBE AL 25,4%, CON IL CENTRODESTRA AL 32,1%
Se Italiafutura si presentasse da sola alle prossime elezioni potrebbe avere il 20 per cento dei voti.
E se invece la lista si alleasse con il centro, con esponenti del governo tecnico (come Corrado Passera e Anna Maria Cancellieri), raggiungerebbe il 25,4 per cento.
Scenari inediti e sorprendenti, illustrati da un sondaggio realizzato da Ipsos.
Da tempo si attende la discesa in campo dell’ex presidente di Confindustria.
Attesa molto lunga, che entra nel mosaico dei futuri equilibri politici, mai così incerti, che vedono un centro inquieto, ancora indeciso se strutturarsi e correre da solo o se allearsi con il centrosinistra (come parrebbe, a leggere l’ultima intervista di Pier Ferdinando Casini, che ipotizzava moderati e progressisti insieme).
Ma ci sono da valutare anche l’onda dell’antipolitica, l’avanzata del Movimento 5 Stelle e le difficoltà dei partiti tradizionali, stretti da un sostegno responsabile al governo Monti e la voglia di mollarlo al suo destino per frenare l’emorragia dei voti.
Lo sbarco di Montezemolo sul terreno attivo della politica è uno di questi elementi, difficili da valutare, viste le variabili in campo.
Molto improbabile che ci sia un riavvicinamento con il centrodestra, visto quanto dichiarato dallo stesso Montezemolo solo poche settimane fa, quando si ipotizzava la nascita di un gruppo autonomo collegato alla sua Fondazione: «Non possiamo accettare di essere chiamati in causa da esponenti del Pdl con cui non abbiamo niente a che fare. Riteniamo di chiudere una volta per tutte la porta al gossip politico alimentato ad arte da alcuni naufraghi della Seconda Repubblica».
Difficile anche un’alleanza a sinistra.
Il dilemma principale, dunque, riguarda la discesa in campo solitaria o nel quadro di un accordo con il centro e con forze legate all’attuale governo Monti.
L’indagine Ipsos – formata da un campione di 7 mila interviste, realizzate tra il 29 maggio e il 3 giugno per conto di Interporto campano, azienda vicina alla Fondazione di Luca Cordero di Montezemolo – racconta cosa potrebbe succedere se e quando il presidente della Ferrari formasse davvero una lista civica e si presentasse alle elezioni. La proposta del leader di Italiafutura viene considerata in grado di portare elementi di novità nella politica italiana da più di un terzo degli elettori (36%).
La fascia di età più convinta è tra i 25 e i 34 anni (il 38,5 per cento), in maggioranza diplomati.
Nel profilo socio demografico si evidenzia che si tratta per la maggior parte di dipendenti privati (38,8 per cento) e di cattolici non particolarmente assidui.
I principali consensi arrivano da comuni medio-piccoli, soprattutto del Sud.
Ma tra gli elementi più interessanti dell’indagine c’è la provenienza politica, secondo una «auto collocazione», come viene chiamata: Montezemolo è una novità per il 45% di chi si dichiara di centrodestra e per il 44,3% di chi si considera di centro mentre a destra il dato è del 38,7 per cento.
Minori i consensi nel centrosinistra, 34%, e a sinistra, 28 per cento.
Autodichiarazione che va poi ricollocata in un quadro più ampio ed è la sezione principale dell’indagine, quella degli scenari politici, partendo da un elettorato potenziale del 28%.
In una prima ipotesi, si prospetta una lista civica nazionale Italiafutura, guidata da Montezemolo, con personalità della società civile e del mondo delle università e delle professioni. In questo scenario, il centrosinistra (Pd, Sel e Idv) avrebbe il 31,6, il Movimento 5 Stelle di Grillo il 20,1, Italiafutura il 20 e il centrodestra guidato da Alfano, con Pdl e Lega, solo il 18,5.
Una piccola rivoluzione rispetto agli equilibri elettorali ai quali siamo abituati.
L’altro scenario prevede invece una lista guidata da Montezemolo che comprenda non solo gli eredi del centro di Udc e Fli, ma anche alcuni ex ministri del governo Monti (si fanno esplicitamente i nomi di Passera e Cancellieri).
In questo caso la lista raggiungerebbe il 25,4 per cento, superata solo dal centrosinistra (30,6) e seguita dal 5 Stelle (24,9) e dal centrodestra (19,1).
In subordine, e poco realistica, l’ipotesi di un’Italiafutura alleata con centro e centrodestra: in quel caso raggiungerebbe il 32,1 per cento, contro il 35 del centrosinistra e il 32,9 di Grillo.
Scenari tutti da verificare, che hanno un precedente, in un altro sondaggio di Nando Pagnoncelli, a Ballarò.
Nel quale Montezemolo era indicato come il terzo leader, con il 15 per cento, per gli elettori del centrodestra e come il quarto per quelli di centrosinistra, con l’11.
Alessandro Trocino
(da “Il Corriere della Sera“)
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Giugno 28th, 2012 Riccardo Fucile
“CONTINUANO A ESSERCI ZONE GRIGIE DI SCARSA TRASPARENZA DEI CONTI PUBBLICI”…VA MIGLIORATA LA QUALITA’ DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA
Il percorso di abbattimento dei livelli di spesa pubblica e del disavanzo sta proseguendo “con successo” e “i risultati raggiunti sono impressionanti, ma non basteranno”.
Lo afferma il presidente di sezione della Corte dei Conti, Luigi Mazzillo, nella relazione sul rendiconto generale dello stato 2011 della magistratura contabile.
Il governo, spiega Mazzillo, è intervenuto sui tagli alla spesa “con successo, ma anche al costo di effetti distorsivi e del rischio di avvio di un circolo vizioso per quanto riguarda la crescita”.
Tanto che “nel breve termine la spesa statale e locale è stata ridotta a livelli che non sarà agevole, e in alcuni casi persino non auspicabile, mantenere per lunghi periodi”.
“Sul piano della lotta all’evasione e della riscossione coattiva è stato dispiegato uno sforzo straordinario e sono stati conseguiti risultati altrettanto straordinari ma lo zoccolo duro è stato appena scalfito”.
Spiega la Corte dei Conti evidenziando che “la pressione fiscale è elevata” e la massa di risorse acquisite massiccia.
“Il quadro che emerge dalle analisi svolte con riferimento al rendiconto generale dello stato per l’esercizio 2011 – sostiene Mazzillo – conferma che, proseguendo un percorso avviato sin dall’inizio della legislatura, anche lo scorso anno si è intervenuti, con successo, sulle quantità , abbattendo i livelli della spesa pubblica e del disavanzo. Anche oltre la percezione dell’opinione pubblica interna ed internazionale – sottolinea il presidente di sezione della Corte dei Conti – i risultati conseguiti in termini quantitativi appaiono impressionanti.
Ma non basteranno se, da un lato, non si ha chiaro quale debba essere l’arco temporale di riferimento entro il quale inquadrare il giudizio sul controllo della spesa e, dall’altro, non si interviene, per usare una metafora, per eliminare la polvere nascosta sotto il tappeto”.
Mazzillo si riferisce alle “persistenti zone grigie di scarsa trasparenza dei conti pubblici, che lasciano intravedere potenziali rischi di emersione di oneri latenti”, sulle quali si suggerisce di intervenire.
Così come si invita a intervenire “puntualmente sulla qualità dell’azione amministrativa, per migliorare la capacità di gestire, giorno dopo giorno, la soluzione e la manutenzione dei problemi collettivi vecchi e nuovi” utilizzando anche le analisi della Corte dei conti.
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Giugno 28th, 2012 Riccardo Fucile
L’INCIUCIO TRA I DUE PARTITI METTE FINE ALLE MODIFICHE COSTITUZIONALI, COMPRESO IL TAGLIO DEI SENATORI… TUTTO PER RICOMPATTARE L’EX MAGGIORANZA
“Con questa decisione la riduzione dei senatori è tutt’altro che garantita”: Carlo Vizzini, dimettendosi da relatore del ddl sulle Riforme costituzionali dopo l’evidenza dello scambio tra Senato federale e semipresidenzialismo pattuito da Lega e Pdl, rivela il danno che va ad aggiungersi alla beffa di un centrodestra che ha votato in ordine sparso sulla riforma del lavoro a Montecitorio, mentre si è espresso insieme con l’opposizione leghista a Palazzo Madama.
Sempre più distante da quella maggioranza che dovrebbe tenere in sicurezza il governo di Mario Monti.
La stessa che aveva sancito un accordo, benedetto dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano, per ridisegnare l’architettura dello Stato e rinnovare la legge elettorale: riforma che non prevedeva il Senato federale nè il semipresidenzialismo, ma ribadiva, invece, la riduzione dei parlamentari.
A Palazzo Madama, invece, l’inciucio tra Pdl e Lega, materializzatosi nell’approvazione del subemendamento del Carroccio che introduce un pasticciatissimo Senato federale, ha di fatto ufficialmente archiviato la stagione delle riforme.
Impossibile approvarle in tempo utile (servono quattro letture, con tre mesi di pausa tra la seconda e la terza, e senza modifica), e semmai ci si riuscisse, passerebbero con maggioranza semplice e potrebbero essere soggette a referendum confermativo.
“In questo caso, la responsabilità della mancata entrata in vigore sarebbe delle forze politiche che chiederanno questa conferma. Anche le riforme costituzionali volute dal centrosinistra sono state approvate con maggioranza semplice. Noi abbiamo vinto, approvando il testo che volevamo”, spiega il Pdl Lucio Malan.
Non tutti, però, la pensano come lui nel confuso Pdl.
Almeno ad ascoltare l’intervento di Marcello Pera: “Noi oggi sprechiamo, non capisco per quale logica politica della mia parte, un’occasione importante e fondamentale per riformare una Costituzione che ha bisogno di essere modificata”.
La logica politica pidiellina, però, è chiara: da un lato con le riforme è andato in soffitta anche il taglio dei parlamentari (il Pdl si è opposto alla proposta del Pd di stralciare la riduzione dei senatori dal resto del testo), dall’altro si è sperimentata l’opportunità di ricreare l’asse con la Lega, in vista di un confronto elettorale che, con l’attuale legge, vedrebbe entrambi i partiti in picchiata e, dunque, costretti a un’alleanza necessaria.
Soprattutto dall’ottica dei due neoleader Angelino Alfano e Roberto Maroni, che hanno bisogno di tempo, per provare a scrollarsi di dosso i rispettivi ex numi, Silvio Berlusconi e Umberto Bossi.
Questo, in teoria.
Nella pratica, invece, la strategia rischia di ficcare il Pdl in un cul de sac.
La trovata del semipresidenzialismo con una legge elettorale a doppio turno, tirata fuori in maniera del tutto estemporanea dal Cavaliere preso in contropiede dai rifiuti di Casini e Montezemolo, non ha avuto alcun seguito nè è stata realmente condivisa con gli altri partiti.
Di contro, Berlusconi in questi giorni si è allenato anche sul modello tedesco, mentre Alfano considerava pure quello spagnolo.
E il partito ha prestato il fianco all’urgenza della Lega di impedire qualsiasi riforma e di appuntarsi sul bavero la coccarda di un irrealizzabile Senato federale.
Per ottenere in cambio che cosa?
L’appoggio su un semipresidenzialismo che non vedrà la luce, e un riavvicinamento al vecchio alleato, subito smentito alla Camera.
Sonia Oranges
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 28th, 2012 Riccardo Fucile
IN UNA INTERVISTA A LIBERO IL MAGISTRATO RIFLETTE: “LA VERITA’ STORICA NON TOCCA A NOI, NOI PERSEGUIAMO REATI”… “AUSPICO CHE SI FACCIA CHIAREZZA SENZA SCARICARE TUTTO SUI PUBBLICI MINISTERI”… “GLI ITALIANI HANNO DIRITTO ALLA VERITA’ GIUDIZIARIA MA ANCHE A QUELLA STORICA”
La trattativa “è una semplificazione linguistica dei giornali. Nessuno è indagato per aver trattato con la mafia. Il reato che la Procura sta perseguendo è quello di violenza o minaccia nei confronti di un corpo politico amministrativo ai fini di condizionarne l’esercizio. Noi riteniamo che il cosiddetto papello e tutte le altre ambasciate per influenzare le decisioni del governo costituiscano un reato. Questo ovviamente per quanto riguarda i mafiosi. Se poi ci sono uomini dello Stato o delle istituzioni che hanno consapevolmente indotto i mafiosi a certe mosse o hanno intermediato le richieste, rispondono in concorso nella minaccia e per questo noi li abbiamo indagati”. E’ Antonio Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo, a spiegare in una intervista a “Libero” perchè pezzi delle istituzioni sono sotto inchiesta.
Come Nicola Mancino, ex ministro dell’Interno, che ha cercato più volte l’appoggio e il sostegno del Quirinale.
Come Giovanni Conso, ex ministro della Giustizia, che nel novembre 1993 non rinnovò oltre trecento provvedimenti di 41 bis dopo le stragi del ’92 e dopo le bomba dell’estate a Milano, Roma, Firenze.
“Non faccio nomi, ma la posizione dei minacciati è diversa. Sarebbe contraddittorio indagarli per concorso. Però potrebbe ricorrere un altro reato. E’ un po’ come un commerciante sottoposto a estorsione che nega all’autorità di aver pagato: in tal caso, anche se vittima, risponde di falsa testimonianza. Attenzione — argomenta il magistrato — Noi non entriamo nel merito della scelta di trattare e di cedere. Accettare le condizioni della mafia può essere una scelta politica discutibile, ma penalmente non punibile. Quindi noi perseguiamo chi ha preso questa decisione, ma chi l’ha imposta con le minacce”.
All’obiezione dell’intervistatore, il direttore Maurizio Belpietro, che i mafiosi sono in galera, altri sono morti (per esempio l’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Sclfaro, ndr) Ingroia è categorico: “Se c’è un reato, la Procura ha l’obbligo di perseguirlo. Nella fattispecie si prescrive in trent’anni, ne mancano ancora una decina. A meno che non venga posto il segreto di Stato”.
Sulla possibilità di una commissione di inchiesta parlamentare il pm ha una opinione netta ricordando che c’è già quella anti mafia guidata da dell’ex ministero dell’Interno Beppe Pisanu: “Noi accertiamo i reati, la verità storica non tocca a noi… Come cittadino e come magistrato auspico che faccia gli accertamenti necessari senza scaricare tutto sui pubblici ministeri. Gli italiani hanno diritto alla verità giudiziaria, ma anche a quella storica”.
Ingroia lamenta la “freddezza se non ostilità ” con cui è stata accolta l’inchiesta, ma dice di aver apprezzato le parole del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, (più volte sollecitato da Mancino a intervenire con lettere e telefonate al suo consigliere Loris D’Ambrosio, ndr) “nel passaggio in cui ha ribadito la necessità di sostenere la magistratura nell’accertamento della verità . Il magistrato comprende lo “sconcerto” per il coinvolgimento di “persone come Conso”, ma chiede “un po’ di rispetto per il nostro lavoro. Rispetto e pazienza. Conoscendo meglio le risultanze processuali, certi giudizi potrebbero rivelarsi prematuri se non avventati”.
Le carte alla base dell’inchiesta potranno essere lette dopo la richiesta di rinvio a giudizio, che probabilmente avverrà prima delle vacanze estive, in modo da che l’udienza preliminare possa iniziare in autunno.
Dopo aver risposto a domande su Giulio Andreotti, Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri e le loro vicende processuali Ingroia spiega che “il rapporto organico tra pezzi della classe dirigente e le ‘elite’ è provato..
E quando la magistratura alza il tiro e dai picciotti si passa a incriminare politici e imprenditori, si scatena la reazione.
“E’ successo con Falcone, è successo con Borsellino… Succede sempre. Ho letto che il ministro Severino non è d’accordo con me. Tuttavia sulla trattativa Stato-mafia io ho percepito – non nelle istituzioni ma nel mondo politico — un clima non favorevole all’accertamento su quella stagione. L’Italia purtroppo preferisce verità dimezzate. Non ha un buon rapporto con la verità . Non è una questione che riguarda singoli esponenti o settori politici, ma una questione più complessiva. C’è una sorta di ostilità nei confronti della verità che non invoglia a parlare. Non voglio apparire qualunquista, ma nel circuito politico, con le dovute eccezioni, prevale una certa allergia alla verità . Si lascia che la ragion di Stato prevalga sullo Stato di diritto”.
Al ragionamento sul fatto che i tempi — strage di Capaci e via D’Amelio introduzione 41 bis — non combacino l’aggiunto spiega: “Tutto inizia con l’assassinio di Salvo Lima. L’uccisione del parlamentare non è l’inizio della trattativa ma è un omicidio di rottura dei rapporti con la classe politica. L’aggiustamento del maxi processo era fallito e la mafia voleva dare una sanzione . Cosa nostra è già dell’idea di azzerare i rapporti politici che non funzionano più e ricostruire. Del resto c’era già stato un segnale, quando nel 1987 le cosche voltarono le spalle alla Dc dando indicazione di votare per il Psi, guardato con interesse anche per il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati… Prima ci sono gli omicidi e la ricerca di un nuovo equilibrio. Un nuovo patto di convivenza tra mafia e politica. Ma non è Cosa Nostra che inizia a chiedere. Come Totò Riina parlando con i suoi, dopo le prime stragi è lo stato che si è fatto sotto e chiede ai boss cosa vogliono per smetterla”.
E da questo “dialogo a distanza”, di questa “specie di compromesso” che “viene fuori il famoso papello … una verità giudiziaria acclamata per fonti orali”.
E in questo contesto si inserisce anche una riflessione su Massimo Ciancimino, la sua collaborazione: “sapevano che era da prendere con le molle”.
L’indagine è chiusa e a breve ci sarà la richiesta di rinvio a giudizio: ”Premesso che non si fanno i processo con il ‘non poteva non sapere’, le poste in gioco erano così importanti che è difficile immaginare che alcune iniziative siano state prese senza avallo di qualcuno che stava in alto”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 28th, 2012 Riccardo Fucile
A GENOVA SI PASSA DAL 4 AL 5 PER MILLE PER LA PRIMA CASA, A TORINO PER LE SECONDE ABITAZIONI IMPOSTA DEL 10,6….A FIRENZE MANTENUTA L’ALIQUOTA AL 4 PER MILLE, RITOCCHI A NAPOLI… ROMA NON HA ANCORA DECISO, BOLOGNA ORIENTATA A UN PRELIEVO DEL 5,5 PER MILLE
Palazzo Marino prova a rendere più digeribile l’amaro boccone dell’Imu rimodulando le aliquote a favore di ceti deboli e negozianti e rinunciando così a quasi 30 milioni di gettito.
La scorsa notte dopo una maratona durata dodici ore il Consiglio comunale di Milano ha varato la delibera sulla tassazione degli immobili.
Per le prime case di categoria A4, A5 ( abitazioni popolari e ultra popolari) l’aliquota viene ridotta al 3,6 per mille.
Per le case A2, A3, A6, A7 l’aliquota rimane invece ferma al valore base del 4 per mille. Stangata in arrivo viceversa per gli immobili di lusso (categorie A1, A8 E A9) con il prelievo che sale al 6 per mille.
Sulle seconde case l’aliquota è fissata al 10,6 per mille (il 3 per mille in più rispetto all’aliquota base, ndr), ma se l’abitazione è affittata con regolare contratto il prelievo si ferma al 9,6.
Buone notizie per artigiani e commercianti, l’aliquota del 10,6 per mille inizialmente prevista per laboratori e negozi si riduce infatti all’8,7.
Sono in generale giornate convulse per la gran parte delle amministrazioni comunali chiamate ad approvare i bilanci previsionali con le aliquote di loro pertinenza entro fine giugno.
Al penultimo secondo il governo ha concesso una proroga fino al 31 agosto accogliendo le richieste dei Comuni.
Alcuni meccanismi di premialità rendono comunque vantaggiosa l’approvazione entro la scadenza iniziale.
Nelle scorse ore ha così chiuso la pratica, non senza fibrillazioni e defezioni nella maggioranza, anche il Comune di Genova guidato dal neo sindaco Marco Doria.
Sotto la Lanterna non si fanno sconti, l’Imu sulla prima casa viene infatti alzata dal 4 al 5 per mille, quella sulle seconde abitazioni sale al 10,6.
Maratona notturna anche a Torino, comune che deve maneggiare un bilancio particolarmente delicato visto gli oltre 3 miliardi di debiti contratti negli anni scorsi.
Nel capoluogo piemontese l’aliquota sulla prima casa è fissata al 5, 75 per mille, mentre per le seconde case è pari al 10,6.
Previsti sconti per alloggi Atc e locazioni convenzionate. In generale sono tempi difficili per i contribuenti della Mole che quest’anno pagheranno 886 milioni di tasse contro i 746 milioni del 2011.
Tra le altre grandi città Bologna dovrebbe fissare il prelievo al 5,5 per mille sulla prima casa e al 9,6 sulla seconda.
Risparmia le prime case la giunta fiorentina di Matteo Renzi che mantiene l’aliquota 4 per mille alzando invece quella sulle seconde al 10,6.
Tutto rimandato a Roma dove il Consiglio convocato pochi giorni fa per deliberare in merito è stato rimandato a data da definirsi.
La giunta Alemanno sembra comunque orientata verso un prelievo del 5 per mille sulle prime case e del 10,6 sulle seconde.
Ha invece approvato i ritocchi il Comune di Napoli del sindaco Luigi De Magistris. L’aliquota sulla prima casa è fissata al 5 per mille, quella sulle seconde al 10,6.
Coda polemica per la decisione della Giunta di far pagare l’aliquota massima del 10,6 per mille all’Iciap, l’istituto partenopeo che gestisce le case popolari, equiparato così alle altre società immobiliari.
In generale i Comuni, che devono fronteggiare un taglio dei trasferimenti da 2,5 miliardi di euro, si sono orientati verso un tentativo di salvare le prime case, rifacendosi sulle seconde. In una tassa complicata per quanto riguarda modalità e tempistiche del pagamento vale la pena ricapitolare alcune scadenze.
Archiviata la rata dello scorso 18 giugno che ha portato nelle casse di Stato e Comuni 10 miliardi di euro e calcolata con aliquote base uguali per tutti, il gioco (si fa per dire) adesso si complica.
I Comuni hanno tempo fino a fine agosto per fissare le aliquote di loro pertinenza ma nel mese successivo possono ancora apportare correzioni alle delibere in base all’andamento del gettito (in teoria anche abbassando le aliquote).
A sua volta il governo può ritoccare le aliquote fino al 10 dicembre calibrandole sul flusso, sotto o sopra le previsioni, degli incassi.
Solo allora sapremo finalmente e definitivamente pagare con la seconda rata che andrà versata entro lunedì 17 dicembre.
Mauro Del Corno
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 28th, 2012 Riccardo Fucile
DEPOSITATE LE MOTIVAZIONI: “NON HA ESITATO A STIMOLARE LA DISTRUZIONE DI DOCUMENTI PERICOLOSI”… LAVITOLA E’ COINVOLTO NELL’INCHIESTA SUI CONTRIBUTI ALL’EDITORIA E PER CORRUZIONE INTERNAZIONALE
Valter Lavitola deve rimanere in carcere.
Per l’ex direttore de L’avanti, detenuto nell’ambito dell’inchiesta su contributi all’editoria e corruzione internazionale, sussiste infatti il rischio di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato.
Lo afferma il Tribunale del Riesame di Napoli nelle motivazioni, depositate oggi, dell’ordinanza con cui nelle scorse settimane è stata confermata la custodia in carcere.
Secondo il Tribunale (presidente Elvira Russo, giudici Pia Dani, estensore dell’ordinanza, e Mario Morra) sussiste il pericolo di inquinamento delle prove in considerazione “della peculiare scaltrezza e abilità ” di Lavitola “che operava con disinvoltura e competenza tecnica avvalendosi per l’esecuzione del proprio ampio disegno criminoso di fedeli collaboratori”.
L’ex direttore dell’Avanti non avrebbe esitato “a stimolare la distruzione di documenti pericolosi e la raccolta di informazioni sulle proprie vicende processuali anche mentre si trovava latitante all’estero”.
Per quanto riguarda il pericolo di reiterazione dei reati, il Tribunale sottolinea, tra l’altro, “i gravissimi casi di corruzione internazionale caratterizzati da una pre ordinazione attenta e concentrata con i vertici pubblici stranieri” ritenuti “completamente asserviti” a Lavitola e “agli interessi economici di cui era il portatore”. I giudici definiscono “inquietante la capacità di individuare enormi quantità di denaro e di gestirne senza difficoltà il trasferimento all’estero”.
L’inchiesta — condotta dai pm di Napoli Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock — si articola in due filoni.
Nel primo, in cui è coinvolto anche il senatore del Pdl Sergio De Gregorio, Lavitola risponde di una serie di irregolarità sia per ottenere i fondi pubblici per l’editoria (“dirottati verso destinazioni allo stato ignote”) sia per presunte attività di riciclaggio e per la realizzazione di provviste destinate alla corruzione.
La vicenda di corruzione internazionale si riferisce a tangenti che sarebbero state versate a esponenti del governo di Panama, tra cui il presidente della Repubblica centramericana Riccardo Martinelli, in relazione alla costruzione di carceri modulari.
Il Tribunale mette in rilievo in particolare i “solidi e autentici rapporti intrattenuti con il presidente di Panama di cui Lavitola era confidente e prezioso collaboratore tanto da essere accolto nello Stato estero come privilegiato interlocutore apprezzato anche dagli altri uomini del governo panamense”.
Tale ospitalità “veniva ricambiata al presidente e ai suoi collaboratori in Italia dallo stesso Lavitola che si accollava le cospicue spese del soggiorno utilizzando altresì il proprio legame, altrettanto solido, con il presidente del Consiglio (Silvio Berlusconi, ndr)”.
“In tal modo Lavitola — scrive il Tribunale — si accreditava in maniera ancora più forte, presso lo stato panamense riuscendo a porre le basi per la propria attività di corruttela”.
“La visita a Villa Certosa, organizzata per Martinelli e i suoi uomini ed effettuata pur in assenza di Berlusconi e con l’intenzione di dare all’evento massimo risalto anche a Panama, dimostra in maniera inequivocabile l’interesse di Lavitola per lo stato estero e il metodo prescelto per ottenere la fiducia di Martinelli, quale il mostrarsi in ottimi rapporti con il presidente del Consiglio italiano e così garantendo nel contempo prestigio all’imprenditoria italiana interessata alle operazioni di corruttela in Panama”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 28th, 2012 Riccardo Fucile
COSI’ MANTENIAMO IL CARROZZONE: NELL’ULTIMO ANNO HANNO SPESO 15 MILIONI DI EURO IN CONSULENZE
Nell’ultimo anno le comunità montane hanno speso quasi 15 milioni di euro in consulenze. Dall’Anci assicurano che gli incarichi esterni sono necessari perchè manca il personale. Spesso però i profili ricercati sono inutili: dal difensore civico al tutor per la creatività .
C’è anche chi ha chiesto aiuto per realizzare un progetto di “taglio piante”
Comunità fantasma o meno, nonostante l’esercito di dipendenti tutte continuano a mantenere un parco di 1.146 auto blu, pagare singoli direttori 80 mila euro l’anno e a garantire incarichi esterni a 1.944 persone, per una spesa complessiva di 14,9 milioni di euro solo tra il 2010 e il 2011.
«Alcuni di questi incarichi sono obbligati, perchè per appalti con fondi europei le Comunità spesso non hanno il personale idoneo e, con il blocco del turn-over imposto dallo Stato, non possono assumere», dicono dall’Anci.
Certo, ma perchè la Comunità Vestina in Abruzzo deve spendere 8 mila euro per il non proprio necessario difensore civico?
Perchè l’ente Forlivese deve spendere 8.100 euro per pagare una persona che «aggiorni la banca dati»?
Per non parlare di quella dell’Appennino reggiano che ha speso 13.400 euro per affidare all’esterno la progettazione, non certo complessa di un canile, o della Comunità Valle Imagna che per 10 mila euro ha dato all’esterno l’incarico di «tutor dello spazio creatività ».
Mentre la Valle Camonica, nel Bresciano, ha speso 3 mila euro per l’acquisto di poster sui «funghi epigei» e nelle Marche si chiede una consulenza perfino per il progetto preliminare di «taglio piante», al costo di 2.744 euro.
Colpisce poi come in Piemonte la Comunità del Biellese abbia speso quasi 10 mila euro per materiale promozionale «destinato al turismo religioso, arte e devozione», mentre quella di Cuneo per far fare le foto di una manifestazione abbia speso 1.200 euro.
Il colmo lo raggiungono la Comunità Graffignana, che, per fare estrapolare i dati chiesti dall’Istat per il censimento, si è rivolta all’esterno pagando una ragazza 576 euro, o la Comunità Feltrina che ha speso 10 mila euro per una mostra fotografica.
Pure per ampliare degli uffici si fa ricorso ad esterni pagati ben 65 mila euro, come nel Bresciano, dove tra l’altro in Val Camonica si pagano 152 mila euro per il servizio Informagiovani.
E se nelle Regioni a Statuto ordinario dal 2010 sono stati aboliti i compensi per gli amministratori, proprio nel 2010 la Provincia di Bolzano ha incrementato del 7 per cento quelli delle sue Comunità montane: qui ai presidenti spetta un’indennità mensile lorda fino a 4.395 euro se sono contestualmente sindaci di un Comune, mentre se i presidenti non sono sindaci l’indennità può salire fino a 5.127 euro mensili, e ai membri dei consigli comprensoriali spetta un gettone di 50 euro lordi per ogni seduta.
Così in Trentino i politici, spesso già retribuiti da Province e Comuni, costano a questi enti 761 mila euro all’anno.
I buchi di bilancio
In alcuni casi gli sprechi del passato tornano a galla improvvisamente e con una forza degna di uno tsunami.
Come sta accadendo in Toscana, dove c’è chi tira in ballo perfino uno scandalo in salsa leghista, che questa volta travolge i rossi ex comunisti.
«Diciamo che una gestione dei conti come questa non sarebbe andata bene neppure nell’ultima salumeria d’Italia», ha detto Luca Eller Vainicher, il consulente inviato dalla procura di Pistoia per dare un’occhiata alle casse della Comunità Appennino Pistoisese, dove mancano all’appello 10 milioni di euro.
Soldi scomparsi in venti anni di gestione allegra e adesso nella valle pistoiese i sospetti su chi ha incassato questi soldi si estendono a macchia d’olio arrivando anche a ipotizzare finanziamenti illeciti ai partiti.
Ma quanto accade a Pistoia non è un’eccezione.
La Corte dei conti ha condannato decine di amministratori di Comunità montane d’Italia, da Massa Carrara dove in tre dovranno pagare 55 mila euro per aver affidato una consulenza esterna a un non laureato, a Perugia dove è stato accertato un danno da 300 mila euro per l’acquisto da parte dell’ente locale di macchinari «mai utilizzati».
In Friuli, poi, i giudici contabili hanno condannato alcuni amministratori perchè avevano garantito uno stipendio d’oro, da oltre 300 mila euro, a un dirigente, mentre nel Lazio i magistrati indagano ancora sui mega investimenti fatti dalla Comunità di Terni per il progetto Agrobioforest, che ha causato una perdita di 1 milione di euro per un impianto in serra mai utilizzato.
Sprechi di ieri, che continuano anche oggi in nome della montagna, sempre più abbandonata e con una superficie boschiva che non si riesce a tenere in ordine, moltiplicando così il rischio di dissesto idrogeologico: ma tant’è, oggi i soldi finiscono tutti in consulenze e stipendi.
(da “La Repubblica“)
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Giugno 28th, 2012 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA CAMERA HA VOLUTO ASSISTERE AL BATTESIMO DELLA LINEA DI ABBIGLIAMENTO DELLA MOGLIE
Tra sfilate all’insegna della solidarietà e presentazioni con testimonial speciali, questa mattina Pitti Bimbo è stato preso d’assalto da fotografi, giornalisti e curiosi.
Il motivo è stato l’arrivo del presidente della Camera Gianfranco Fini alla Fortezza da Basso, venuto ad assistere al battesimo della linea di abbigliamento per bambini disegnata da sua moglie Elisabetta Tulliani insieme all’amica attrice Nicoletta Romanoff.
Le due neo-designer si sono conosciute dieci anni fa, hanno affrontato una gravidanza insieme e sono diventate amiche.
Così tre anni fa è nata l’idea di disegnare una linea per bambini, prodotta e distribuita dall’azienda italiana Mafrat.
La linea ha un nome che è tutto un programma: l’etichetta si chiama Dandyl’EN, l’ispirazione parte dalla parola inglese «dandelion», il fiore chiamato dente di leone o soffione con cui giocano i bambini, trasformato nella più orecchiabile parola «dandy» a cui sono aggiunte le iniziali delle due designer (Elisabetta e Nicoletta).
Ma veniamo alla collezione: 100 pezzi di alta qualità per bambini da 0 a 6 anni, sia maschi che femmine.
Oltre a tutine, abiti, pantaloncini e camicette, la linea comprende una sezione cerimonia con abitini ispirati a modelli dell’800 appartenenti alla famiglia Romanoff.
Curiosa novità il kit «newborn wishes» che contiene tutto il necessario per vestire il neonato per la prima volta in ospedale (quattro cambi igienizzati in bustine trasparenti).
Una collezione che anche Fini ha visto per la prima volta allo stand: «Romantica e fantasiosa, me l’aspettavo proprio così – ha detto Fini prima di lasciare la Fortezza – Spero che l’entusiasmo di Elisabetta e Nicoletta sia compensato col successo».
Viene spontaneo chiedergli se la sera, a casa, la Tulliani condivide le idee di stile con il marito.
«Certamente – ha detto il presidente della Camera – abbiamo parlato della collezione, ma sapete com’è quando una donna si mette in testa una cosa…».
(da “Il Corriere Fiorentino”)
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Giugno 28th, 2012 Riccardo Fucile
LA LEGGE NON E’ ANCORA STATA APPPROVATA
Tre mesi (e passa) posson bastare per dimezzare i rimborsi elettorali ai partiti? L’evidenza dice che la risposta è no.
Dopo il pasticcio del testo ABC, nato tra i proclami generali per garantire la trasparenza dei bilanci e per tagliare i finanziamenti ai partiti, e poi naufragato per evidenti e insormontabili incongruenze, e l’approvazione di un (altro) ddl a Montecitorio che l’unica cosa che stabiliva per certo era il dimezzamento della rata di luglio dei rimborsi, “tecnicamente ” questo evento non è ancora possibile.
Approvato alla fine di maggio, il testo si è fermato in Senato, dove giace in Commissione Affari costituzionali.
Si è andati a rilento, complici le riforme costituzionali (a proposito di tele di Penelope).
Il passaggio all’aula dovrebbe avvenire nelle prossime settimane, visto che oggi scade il termine per la presentazione degli emendamenti alla legge.
Peccato che sarà troppo tardi per tagliare la rata e contemporaneamente dare, come stabilito nello stesso testo, i 91 milioni di euro risparmiati ai terremotati dell’Emilia (i soldi, si legge, sono destinati agli “interventi conseguenti ai danni provocati dagli eventi sismici e dalle calamità naturali che hanno colpito il territorio nazionale a partire dal 1 º gennaio 2009”).
L’inghippo è in una “dimenticanza” di Montecitorio: non è stata prevista l’entrata in vigore immediata della legge, e così la destinazione dei 91 milioni deve essere fatta con un decreto del governo, che aveva a sua volta 15 giorni di tempo per emanarlo. Ieri tuonavano i Radicali, capeggiati da Donatella Poretti: “Mancano soltanto 72 ore e poi i partiti riceveranno automaticamente i fondi. Infatti, a luglio scatta l’erogazione della rata”.
In realtà gli uffici di Montecitorio spiegano che da sempre i rimborsi elettorali vengono destinati ai partiti con un ufficio di Presidenza verso la fine di luglio.
E in effetti, la Gazzetta ufficiale dell’anno scorso — per esempio — portava la rata del 27 luglio.
Ma comunque è difficile che la legge si riesca ad approvare in tempo.
E qui entra in gioco il governo. Scoperto il problema, l’esecutivo si era impegnato a fare un decreto soltanto per la parte che riguardava il taglio della rata e il conseguente trasferimento all’Emilia.
Com’è, come non è, però, sono due settimane che si è capito che i tempi sono più che strettissimi e che il governo promette interventi d’urgenza e poi non li fa.
L’altroieri s’era detto “lo faremo domani”.
Ieri mattina si parlava del Cdm di lunedì, peraltro il primo luglio.
Ma poi ieri pomeriggio il sottosegretario Malaschini ha dichiarato: “Ci siamo impegnati a risolvere il problema. Lo faremo”.
Senza specificare quando.
Le voci che circolavano facevano intendere che, piuttosto che un decreto ad hoc, si stesse pensando ora a inserire un emendamento nel provvedimento della Spending review per arrivare a un’approvazione nella seconda settimana di luglio.
Sempre più difficile.
“Non si può dire che i 91 milioni vanno ai terremotati e al contempo far maturare il diritto — commentano i Radicali — perchè gli stessi 91 milioni possano essere richiesti dai tesorieri dei partiti. Fino a che non interviene una legge nuova — o un decreto del governo — i 91 milioni sono nella piena disponibilità dei partiti”.
E persino Stefano Ceccanti, relatore per il Pd della legge, che in queste settimane ha mostrato un’incrollabile fiducia nelle decisioni prese, commenta: “Se si deve fare il decreto, che si faccia”.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: la casta, Politica | Commenta »