Destra di Popolo.net

NIENTE DIMISSIONE: NICOLE MINETTI STAVOLTA AL PALO DELLA LAP DANCE CI LASCIA SILVIO

Luglio 15th, 2012 Riccardo Fucile

DOCCIA GELATA SUL PDL CHE ASPETTA IL PASSO INDIETRO… LA FUGA DI NOTIZIE SUL PRESSING DEL CAVALIERE L’AVREBBE IRRITATA E FARLA INCAZZARE NON CONVIENE… LEI CHIEDE UN PROGRAMMA TV COME INDENNIZZO

Nicole Minetti non molla.
L’ex igienista dentale del San Raffaele eletta nel listino bloccato di Roberto Formigoni e poi coinvolta nel caso Ruby resiste.
Non intende lasciare il Consiglio regionale, almeno per il momento.
La doccia fredda sul Pdl lombardo che, dopo le indiscrezioni circolate nei giorni scorsi sulle pressioni di Silvio Berlusconi, si aspettava di incassare un passo indietro dalla ex velina di Colorado Cafè, è arrivata quando la Minetti, rientrata da Parigi, ha fatto sapere di non aver alcuna intenzione di lasciare il suo posto al Pirellone.
Anzi. Ha confermato che intende presentarsi regolarmente in aula martedì per la seduta dedicata all’Expo 2015.
La fuga di notizie sul pressing del Cavaliere per spingerla a fare un passo indietro (pressing che avrebbe dovuto rimanere riservato almeno fino a dopo l’estate), raccontano alcune fonti pidielline, sembra aver irritato l’ex igienista dentale, che ora avrebbe alzato le sue pretese.
Si vociferava già  di una trattativa per farle ottenere un posto di rappresentanza in una Onlus che Berlusconi vorrebbe inaugurare con lo scopo di aprire nuovi ospedali per bambini nel mondo, ma anche di un contratto per la conduzione di un programma televisivo sulle reti Mediaset. Tutto fermo, in attesa che la palla passi di nuovo nelle mani dell’ex presidente del Consiglio., l’unico in grado di ottenere il sì della Minetti.
Alcuni maligni sostengono anche che l’ex velina aspetterebbe ottobre per maturare la porzione del vitalizio che spetta agli ex consiglieri regionali che abbiamo coperto almeno metà  della legislatura.
Il capogruppo del Pdl in Regione Paolo Valentini conferma: «Dalla Minetti non ho ricevuto alcuna lettera di dimissioni», ma ammette anche che «si tratta di una scelta personale».
Il consigliere regionale ciellino Stefano Carugo, che nei mesi scorsi aveva confessato pubblicamente il suo disagio a sedere di fianco alla Minetti, invece, preferisce parlare di «una questione di opportunità ».
Anche perchè «Nicole non ha quasi mai partecipato alle riunioni delle commissioni. Nemmeno quando si trattava di esaminare la nuova legge sulla violenza alle donne. Il suo non è l’unico caso, ma se il Pdl vuole ripartire veramente non basta un simbolo nuovo, deve ricominciare da una questione morale di cui una nuova formazione politica non può non tenere conto».
In ogni caso, se la Minetti dovesse dimettersi, le subentrerebbe Francesco Magnano, il geometra di Berlusconi che Formigoni ha fatto dimettere da sottosegretario della sua giunta per far posto a due donne.

Andrea Montanari
(da “La Repubblica”)

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ALFANO PATETICO: “DOMANI LA MINETTI DEVE LASCIARE”

Luglio 15th, 2012 Riccardo Fucile

OBBEDIENTE AGLI IMPUT DEL CAVALIERE, IL SEGRETARIO DEL PDL DIMENTICA DI QUANDO DEFINIVA NICOLE “UNA OTTIMA E COMPETENTE CONSIGLIERA REGIONALE, LAUREATA E PREPARATA”…MA ALLORA PERCHE’ DOVREBBE DIMETTERSI? O ALFANO RACCONTAVA PALLE ALLORA O ADESSO: QUINDI DI DIMETTA PRIMA LUI DAL PARLAMENTO

Nessun “cerchio magico” attorno al Cavaliere. Nessuna ipotesi di uscita dall’euro. E una nuova spinta per le dimissioni della Minetti.
Così Angelino Alfano, segretario del Pdl, intervistato da Maria Latella per SkyTg24.
“Conosco le ‘cose della casa’, e attorno a Berlusconi non c’è alcun cerchio magico perchè lui non ha bisogno di essere assistito nè da un cerchio nè da soggetti magici”.
“Maria Rosaria Rossi – dice Alfano – è una brava parlamentare, svolge una collaborazione con una certa efficacia accanto al presidente, e ritengo sia dispiaciuta legittimamente dall’essere inserita in ‘cerchi magici’. Io la ricandiderei perchè è una brava parlamentare. Il folklore impazza e si deve guardare a tante cose”.
Il segretario del Popolo delle libertà  torna sulla candidatura dell’ex premier a Palazzo Chigi e assicura che “sarà  impiantata in qualcosa di molto solido”, perchè il Cavaliere “non è animato da ambizioni personali, quanto dal fatto che l’Italia e gli italiani devono pronunciarsi su un pezzo della nostra storia e sulle modalità  oscure con cui il nostro governo è caduto”.
“Noi – prosegue – ci siamo dimessi perchè i numeri in Parlamento erano stati debilitati dal comportamento di Fini, ma anche perchè c’è stata una gravissima aggressione contro di noi”.
Nessun rimpianto nè dispiacere, promette il delfino “scaricato” dopo pochi mesi.
“Tra l’ambizione e la riconoscenza, io metto la riconoscenza al primo posto. Ho condiviso la scelta senza mettere avanti le ambizioni personali. Io pretendo di essere giudicato per quello che sono. Nel mio essere uomo c’è la riconoscenza. Io riconosco di essere in politica perchè lo ha voluto Silvio Berlusconi. Sono un uomo politico, ma sono primo di tutto un uomo”.
Sarà  una campagna elettorale giocata sulla contrarietà  all’euro?
Sul punto Alfano sostiene che malgrado la moneta unica “abbia un problema enorme”, la crisi non si risolve con l’uscita. Noi crediamo nell’euro, servono piuttosto più poteri per la Bce”.
Il caso Minetti.
Alla domanda diretta sulla necessità  di dimissioni del consigliere regionale lombardo Nicole Minetti, il segretario Pdl rispionde senza esitazioni: “Sì”.
Poi, sulla ventilata fuoriscita di Tremonti dal partito, smentisce: “Non mi risulta affatto”.
L’intervista evidenzia   un Alfano prono ai voleri del Cavaliere, senza alcun sussulto di operare un minimo distinguo tra la linea che aveva intrapreso e quella che invece perseguirà  il Cavaliere.
Il massimo dell’umorismo Alfano lo raggiunge quando intima alla Minetti di dimettersi oggi stesso, ma non spiega le ragioni per cui dovrebbe farlo.
Ma non era stato Alfano a difendere, insieme con il gruppo dirigente del Pdl, Nicole Minetti tessendone gli elogi e sostenendo che si trattava di una “ottima e competente consigliera regionale, laureata e preparata”?
E allora perchè mai dovrebbe dimettersi, cribbio?
O Alfano ha raccontato palle allora o le racconta oggi.
In entrambi i casi dovrebbe dimettersi prima lui per manifesta incapacità 

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LA STORIA DEGLI EPURATI DAL CAVALIERE

Luglio 15th, 2012 Riccardo Fucile

MINETTI FA RUMORE, MA NEL SILENZIO UNA SFILZA DI VECCHI POTENTI E’ STATA ESAUTORATA NEL TEMPO

Amaro paradosso di una disperata stagione, il partito del Cavaliere – che nacque vantandosi unica forza liberale in Italia – trascolora in un bunker senza tempo dove si celebrano epurazioni, contestualmente al Grande Ritorno.
Non sono cose belle, ma paradigmatiche di come procedono certe vicende in Italia. è tutto sempre uguale.
I Capi, anche i peggiori, vengono sciaguratamente elogiati e massaggiati. A un certo punto vacillano, o sembrano vacillare, e chi li aveva serviti li scalcia, raglio dell’asino.
Sono operazioni che spesso precedono una forma di revirgination, necessaria poi a spendersi con altri in futuro. Con Berlusconi però il gioco è più difficile, perchè si tratta di un Capo imprevedibile: oltretutto, dalle sette vite.
Mentre per Maroni dev’essere relativamente facile espellere Bossi anche dal simbolo, con l’unto dal Signore le cose sono un po’ diverse, nonostante tutto.
Sarà  anche uno scampolo di vita politica quello che lo attende, ma serve per ora innanzitutto a punire chi l’ha tradito (altra categoria antica).
La Minetti, che commise l’errore di dargli del «vecchio», viene fatta fuori con tale forza che persino una di quelle che nel Pdl non la sopportava – Sara Giudice, ex consigliere del Pdl a Milano, espulsa anche lei a suo tempo ma proprio perchè protestò contro le candidature nel listino di Formigoni la difende: «Oggi Berlusconi pensa, semplicemente epurando le veline, di riuscire a prendere di nuovo tutti in giro».
La realtà  è che vengono fatti fuori molti altri.
La più sostanziale delle epurazioni tocca in queste ore al povero Alfano.
Il Cavaliere s’arrabbiò moltissimo quando, dopo le amministrative, Angelino ammise «abbiamo perso», cosa che lui non fa nemmeno dopo le sconfitte del Milan (ma non direbbe neanche «abbiamo non-vinto»).
Non l’ha mai perdonato, e ora nei fatti lo elimina.
Vacillano assai i suggerimenti del capogruppo Fabrizio Cicchitto, che vorrebbe «solo modificare» il partito, e invece il Capo vuole smantellarlo.
E sono invisi ormai i coordinatori che hanno osato spendere parole di critica verso il Re, quando pareva deposto, come Maurizio Gasparri: l’ex premier si è legato al dito questa sua frase, «se Berlusconi dovesse dire che non vuole più andare avanti con il Pdl il partito andrà  avanti lo stesso. è un problema suo se non ne vuole far parte».
Problema suo? S’immagini la faccia che deve aver fatto il Capo.
Qualcuno, nel Pdl, vorrebbe addirittura un Berlusconi epuratore tout court, Galan, per esempio, che non nasconde «l’orgasmo per il ritorno» e ora sentenzia «ha fatto bene a chiedere le dimissioni a Nicole Minetti, ma dovrebbe chiederle a molte più persone. Anzi, non dovrebbe chiederle, dovrebbe dimetterle direttamente».
Fuori i nomi?
Beh, per esempio «i colpevoli della non attuazione di molti punti del nostro programma di governo, come Ignazio La Russa e Giulio Tremonti».
Nomi molto pericolanti e già  messi ai margini nei fatti, se è vero che l’ex ministro dell’Economia pensa addirittura di lanciare un suo movimento.
A volte chi non viene propriamente cacciato si caccia da solo: come Giorgio Stracquadanio, che un tempo lo divertiva assai; il Cavaliere recentemente ha detto sbrigativo, a tre persone, «levatemelo di torno».
Dev’esser parso un manifesto quando giovedì, al vertice con i dirigenti del partito, il Grande revenant ha pronunciato frasi come «la mia candidatura non è contro nessuno», «non ho il dente avvelenato», «non ci saranno epurazioni».
Qualcuno, che aveva studiato latinorum ad Arcore, le ha lette come un’excusatio non petita.

Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)

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FORZASILVIO.IT, FACCE NUOVE O VICE DONNA? MA GLI UTENTI NON POSSONO DISCUTERE

Luglio 15th, 2012 Riccardo Fucile

SUL SITO VIENE PROPOSTO IL SONDAGGIO “BERLUSCONI E’ DI NUOVO IN CAMPO: QUALI MOSSE DOVREBBE FARE?”… MA GLI ELETTORI NON POSSONO SAPERE IN QUANTI HANNO VOTATO, CONOSCERE I RISULTATI PARZIALI E COMMENTARE

Silvio Berlusconi chiama a raccolta i suoi elettori e sul sito forzasilvio.it domanda loro cosa dovrebbe fare.
Un vice donna, un vocabolario più sobrio o l’impegno al rigore accompagnato dal taglio delle tasse?
Gli utenti possono scegliere tra 9 opzioni, ma l’interazione non c’è.
Il messaggio, infatti, è monodirezionale. Il Pdl chiede di scegliere una risposta, ma non è consentito verificare nè quante persone, nè cosa hanno votato.
E se, per curiosità , si vogliono rileggere le opzioni scartate non è possibile farlo.
Veto anche sui commenti alle scelte proposte. Nessun confronto neanche con gli altri votanti. Dopo il clic, in sostanza, non rimane che abbandonare la pagina.
Sono queste, poche e semplici, le impostazioni del sondaggio (nella sezione “Focus group”) “Berlusconi è di nuovo in campo: quali mosse dovrebbe fare?”.
Tra le opzioni della lista, il Cavaliere chiede se sia opportuno “portare avanti le riforme costituzionali ed in particolare il presidenzialismo, che dà  ai cittadini il diritto di scegliere il proprio Capo di Stato”.
Un obiettivo che è diventato il cavallo di battaglia del partito.
Poi compare la possibilità  di “mettere in lista facce nuove indipendentemente dalla loro età  purchè siano competenti” che già  rientrava nelle richieste dei rottamatori di centrodestra dell’incontro ‘Formattiamo il Pdl’ organizzato a maggio dal sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo.
Il Cavaliere punta anche il dito contro Bruxelles e chiede ai suoi elettori se debba invece “puntare a riformare le regole su cui si basa l’Unione Europea“.
Oppure, nel rispetto delle pari opportunità , “nominare un vice donna, possibilmente non politico”, anche se è stata la stessa Maria Stella Gelmini a dichiarare che l’ipotesi sarebbe inverosimile, perchè “Berlusconi ce la fa da solo”.
B. non sottovaluta la prosecuzione della linea dell’austerity e si domanda se sia meglio “continuare la politica di razionalizzazione della spesa pubblica seguita dal governo Monti, evitando però tagli draconiani e puntando ad abbassare le tasse”, o concentrarsi sul più idealistico “mettersi al centro della scena politica e costruire alleanze con tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’Italia in questo momento così difficile”.
Senza specificare a quali formazioni e gruppi farebbe riferimento.
Non è esclusa neanche l’ipotesi della legge elettorale (“Raggiungere un accordo su un sistema elettorale che non spacchi il Paese e aiuti a trovare un’intesa politica dopo le elezioni”) e un giro di vite per “mettere da parte le sua esuberanza verbale e il suo stile da ‘non politico’”.
Infine, tra le “mosse da fare” anche la soddisfazione personale di “ottenere il pubblico riconoscimento che il suo passo indietro dovuto alla crisi dello spread non fu dovuto a colpe del suo governo”.
Non chiede però ai suoi elettori se sia necessario fare le primarie — ipotesi del tutto tramontata — o cambiare il nome del partito, nonostante nelle scorse settimane sia sia parlato anche di un restyling del logo.
Nessuna novità  in vista secondo Daniela Santanchè che azzera tutte le ipotesi di rinnovamento: il nuovo partito infatti, “si chiamerà  Forza Italia“, proprio come nel 1994.
Navigando sul sito, nella sezione “Notizie” c’è l’annuncio del Cavaliere che riprende quanto dichiarato a Bruno Vespa e pubblicato sul Quotidiano nazionale.
Neanche un messaggio originale per i suoi fan, insomma.
“Torno in pista per salvare il Pdl, senza di me sprofonda — si legge online -. Il 38 % è la percentuale che abbiamo preso alle politiche del 2008, ma se alle prossime dovessimo scendere per assurdo all’8%, che senso avrebbero avuto diciotto anni di impegno politico?”.   Poi spiega le ragioni che lo hanno motivato a ricandidarsi a Palazzo Chigi nel 2013.
”Avrei voluto dare l’annuncio più in là , magari all’inizio dell’autunno ma qui non si riesce a tenere niente di riservato…mi chiedono tutti di ricandidarmi”.
Attacca le agenzie di rating, e soprattutto, non attribuisce al suo governo l’impennata del differenziale bund-btp negli ultimi mesi del 2011.
”Noi subimmo una violentissima campagna sugli spread, eppure io ho sempre saputo che essi sono frutto di speculazione e non hanno niente a che vedere con i fondamentali di un Paese”.
Sotto la “notizia” è possibile commentare.
Ma i messaggi sono tutti positivi, solo complimenti e fiducia.
“Meno male che Silvio c’è”, ”di Berlusconi, purtroppo per lui, ce n’è uno solo”, ad esempio.
E tanti incrociano le dita per il 2013: “Grande Silvio Berlusconi: mi aspetto il meglio anche questa volta e sono sicuro, arriverà . Grazie”.
Di critiche al Cav. e al Pdl sul sito di forzasilvio.it neanche l’ombra.

Eleonora Bianchini
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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ATTACCO AGLI SPRECHI DEI COMUNI: SCURE SU 5.000 SOCIETA’, VIA LE POLTRONE

Luglio 15th, 2012 Riccardo Fucile

AZIENDE, FONDAZIONI, CONSORZI: ECCO LA CASTA DEGLI ENTI LOCALI, LA META’ NON SERVONO AI CITTADINI…GIRO D’AFFARI DA 25 MILIARDI E DEBITI PER 34, CRESCIUTI IN DUE ANNI DELL’11%

La mannaia della spending review cala sulle società  partecipate dagli Enti locali.
Non su quelle che si occupano di fornire servizi di utilità  ai cittadini, ma sulle roccaforti create per soddisfare logiche di spartizione dei partiti.
Una vera e propria giungla: su un totale di circa 5mila società  nel mirino, ci sono aziende, consorzi, fondazioni, istituzioni che al pari di scarpe di cemento rischiano di far affogare gli enti locali a cui sono legati a doppio filo.
Si tratta in particolare di creature, o meglio, mostri giuridici, dai bilanci costantemente in rosso: delle oltre 3mila spa o srl almeno un terzo ha depositato negli ultimi tre anni dei bilanci col segno meno.
Una casta nella casta, che con l’applicazione del decreto subirà  ridimensionamenti, accorpamenti, fino a tagli secchi e definitivi che metteranno un freno a debiti per 34 miliardi, in crescita dell’11% tra 2008 e 2010.
Come recita l’articolo 4 del decreto «le società  controllate che abbiano conseguito nel 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore della P.a. superiore al 90%» potranno essere «sciolte entro il 31 dicembre 2013» o subire «l’alienazione» entro il 30 giugno 2013.
Se nessuna di queste strade dovesse essere percorsa il colpo d’ascia sarà  profondo e dal 1 gennaio 2014 le roccaforti dello spreco non potranno più ricevere affidamenti diretti di servizi «nè potranno usufruire di rinnovi».
In ogni caso, l’intero pianeta delle aziende partecipate dovrà  provvedere ad una rigida cura dimagrante alla scadenza degli attuali organi di amministrazione: i cda saranno infatti composti da non più di tre membri, due dei quali «dipendenti dell’amministrazione titolare della partecipazione o di poteri di indirizzo e vigilanza» per risparmiare sui gettoni di presenza e stipendi.
Unica concessione quella relativa al terzo membro, che svolgerà  le funzioni di amministratore delegato. Stop quindi ai cda affollati e alla distribuzione di poltrone facili.
Anche i contratti, i servizi acquistati dalle partecipate, già  dal prossimo anno ricadranno sotto le procedure previste dalla normativa nazionale conforme alla disciplina comunitaria.
La stretta proseguirà  sulle limitazioni previste per le assunzioni – pari a quelle già  in vigore nel resto delle amministrazioni – e i contratti a tempo determinato o contratti di collaborazione che saranno concessi «nel limite del 50% della spesa sostenuta per le rispettive finalità  nell’anno 2009».
Tutti i compensi, tra l’altro, subiranno un blocco che si protrarrà  fino al 31 dicembre 2014.
Infine Regioni, Province e Comuni dovranno sopprimere o accorpare «riducendone in tal caso gli oneri in misura non inferiore al 20%, enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica».
Entro marzo prossimo, gli stessi Enti locali che non avranno attuato la stretta si vedranno sopprimere d’autorità  società  e poltrone inutili ancora in vita.

Lucio Cillis
(da “La Repubblica”)

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BASSOLINO CONDANNATO DALLA CORTE DEI CONTI PER COMPENSI EXTRA AI DIPENDENTI: DOVRA’ RISARCIRE 195.000 EURO

Luglio 15th, 2012 Riccardo Fucile

DA PRESIDENTE DELLA REGIONE CAMPANIA E DA COMMISSARIO STRAORDINARIO NEL 2004 DISPOSE UN COMPENSO PER L’EMERGENZA ALLUVIONI… SEGUE UNA PRECEDENTE CONDANNA A RESTITUIRE 47.000 EURO E UN’ALTRA DI OLTRE 3 MILIONI DI EURO

La Campania nella metà  degli anni 2000. Gli anni della finanza allegra dei commissariati per le varie emergenze. A cominciare da quella cronica dei rifiuti.
Strutture messe in piedi per affrontare di petto i problemi ma che non li hanno risolti, diventando centri di spesa dai costi faraonici, tra super stipendi e consulenze a go go. Strutture sulle quali svettava la figura del Governatore, il Ds Antonio Bassolino.
Sappiamo come è andata a finire.
Quel che non sappiamo è che lo Stato poco alla volta sta presentando il conto.
Qualcuno dovrà  pagare per quella stagione di sprechi.
Il 4 luglio la Corte dei conti della Campania — presidente Fiorenzo Santoro, consigliere Gaetano Berretta, primo referendario Pasquale Fava — ha depositato la sentenza numero 993.
Riguarda la gestione del commissariato per le alluvioni, creato per prevenire il rischio su un territorio ferito da eventi catastrofici, come la strage di Sarno del maggio 1998.
Con questa sentenza i giudici contabili hanno condannato Bassolino e un dirigente della Regione, Fernando De Angelis, a risarcire la presidenza del Consiglio dei Ministri-dipartimento della Protezione Civile per circa 195.000 euro a testa.
E’ la conseguenza di un’ordinanza del 21 luglio 2004 con cui il commissario straordinario Bassolino, forte di un parere favorevole di due dirigenti della Regione Campania, dispose di assegnare ai dipendenti regionali in servizio presso il commissariato, “in aggiunta allo stipendio già  in godimento”, un compenso mensile ‘omnicomprensivo’ di 2700 euro per coordinatore, 2100 euro per dirigente, 900 euro per collaboratore e 700 euro per collaborazioni di personale con qualifiche inferiori.
Fior di quattrini, poggiati sul bilancio dello Stato.
L’ordinanza in questione è stata ‘censurata’ al termine di un paio di ispezioni dei tecnici del ministero dell’Economia.
Secondo una precedente ordinanza del ministero dell’Interno, il commissario straordinario non può autorizzare l’erogazione al personale regionale di compensi mensili “del tutto slegati all’effettivo lavoro svolto”.
E soprattutto quei costi non potevano essere scaricati sul governo nazionale. Il danno contabile è stato quantificato in 585.000 euro circa.
La responsabilità  andrebbe divisa in tre: ma uno dei dirigenti nel frattempo è deceduto. Restano col cerino acceso Bassolino e uno dei dirigenti che diede l’ok all’ordinanza, Fernando De Angelis.
Ma a che servì il commissariato per le alluvioni?
Solo a pagare stipendi e bonus, a leggere le carte delle relazioni ministeriali. Le spese totali del periodo 2002-2007 ammontarono a 2 milioni e 865mila euro.
Di queste, le spese per il personale furono 2 milioni e 223mila euro.
Per mettere in sicurezza i territori rimase davvero poco.
Nel marzo 2011 la Corte dei conti ha confermato in appello una condanna a Bassolino a risarcire 47.000 euro per “un ingiustificato ed illegittimo aumento dei compensi corrisposti ai membri di una commissione giudicatrice di una gara relativa al progetto S.I.R.E.Net.T.A.” disposto dall’ex Governatore nelle sue funzioni di commissario all’emergenza rifiuti.
E sempre in quella veste, è in corso davanti al Tribunale di Napoli un processo penale che vede l’ex ministro del Lavoro di un governo D’Alema imputato di peculato per alcune anomale consulenze liquidate dal commissariato per l’emergenza rifiuti.
Ma la sentenza più pesante resta quella depositata dalla Corte dei conti il 27 dicembre 2007, che ha condannato Bassolino a restituire 3 milioni e 200mila euro per la costituzione della società  mista Pan, rivelatasi un inutile — e costosissimo — carrozzone.

Vincenzo Iurillo
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LA STORIA VERA DELLE FINTE RADIO DI PARTITO

Luglio 15th, 2012 Riccardo Fucile

IL GOVERNO HA TAGLIATO I RIMBORSI PREVISTI PER LE RADIO LOCALI MA CONTINUA A REGALARE MILIONI A QUELLE DI PARTITO… CONTRIBUTI DIRETTI CHE ARRIVANO AL 70% DELLE SPESE MESSE A BILANCIO

Molto si è parlato delle ruberie perpetrate dai finti giornali di partito: per accedere ai contributi bastavano uno o due parlamentari compiacenti che dichiarassero (solo sulla carta) di rappresentare un movimento fittizio poi, come per incanto, compariva un giornale che ne diventava “organo” intascando i rimborsi.
La legge editoria però prevede che i contributi possano essere: “corrisposti alternativamente per un quotidiano, un periodico o un’impresa radiofonica..”.
Quando per i giornali venne abrogata la possibilità  di ricevere i contributi col giochino del deputato disponibile, ci si dimenticò di fare lo stesso per il settore radio-tv.
Nel 2007 il claudicante Governo Prodi pensò di intervenire stabilendo che anche le radio dovevano quantomeno: “essere organi di partiti politici che abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o due rappresentanti nel Parlamento europeo, eletti nelle liste di movimento…”.
Subito dopo, però, ecco arrivare il salvagente per i furbetti.
Nella stessa legge si stabilisce infatti che le emittenti “di partito” già  inserite in graduatoria: “continuano a percepire in via transitoria con le medesime procedure i contributi stessi, fino alla ridefinizione dei requisiti di accesso”.
Insomma, per chi ha già  intascato continua la cuccagna e sparisce addirittura la scocciatura di cercarsi un onorevole che di anno in anno firmi la dichiarazione da allegare alla domanda
In via transitoria, si capisce, d’altronde in Italia nulla è più stabile del transitorio…
Dal 2004 al 2009 i contribuenti italiani hanno versato nelle casse di sei radio “di partito” circa 60 milioni di euro.
In cima al podio, tra i fortunati vincitori della lotteria (sempre gli stessi) c’è Radio Radicale, voce della lista di “Marco Pannella”.
Oltre alle decine di milioni erogati per un servizio di diretta parlamentare che fa pure la Rai, riceverà  anche quest’anno più di 4 milioni di euro.
Le radio di partito “verosimili”, diciamo così, sarebbero finite qui: esiste anche Radio Padania ma i leghisti, gente accorta, preferiscono incassare i contributi per il giornale “La Padania” che costa ben di più…
A seguire troviamo Ecoradio, un’invenzione dei Verdi di Pecoraro Scanio che entra nel club grazie alle firme dei deputati ambientalisti Cento e Lion a nome del “Movimento politico Italia e libertà ”.
I verdi si sfaldano, non così la scatola da soldi che passa a tal Marco Lamonica, proprietario di Ecomedia Spa, “voce” del movimento “ComunicAmbiente” (e chi non lo conosce…) che sta per incassare 3 milioni e 274 mila euro.
Tra i deputati che si sono alternati negli anni a metter la firma per garantire i finanziamenti a Ecoradio troviamo Massimo Fundarò (Verdi), Cinzia Dato (Ulivo), Mauro Libè (Udc) e Sandro Gozi (Pd).
In sei anni Ecomedia Spa ha portato a casa ben 18 milioni e 445 mila euro.
Le spese di Ecoradio sono aumentate negli anni a dismisura: non così gli occupati che anzi son calati drasticamente.
Dulcis in fundo, l’anno scorso il giudice del Lavoro ha condannato Ecomedia per comportamento antisindacale. Insomma, soldi spesi bene…
Ottima performance anche per Radio Città  Futura di Roma.
L’ex emittente della sinistra extraparlamentare dopo tante vicissitudini è finita da alcuni anni nell’orbita di una nota agenzia di stampa radiofonica, storicamente vicina al Pd. Magicamente è diventata anche organo del movimento “Roma idee”.
I rimborsi sono lievitati dai 366 mila euro del 2004 ai 2 milioni e 182 mila euro nel 2009. Tutto reso possibile dalle firme pesanti date a suo tempo da due nomi grossi del Pd, Goffredo Bettini e Nicola Zingaretti.
La rappresentanza del movimento “Roma Idee” ha fruttato a Rcf in sei anni oltre 10 milioni di euro.
Quel movimento ovviamente esiste solo sulla carta, ma come idea per intascare soldi dallo Stato non è niente male…
A metà  classifica, con 496 mila euro, troviamo Radio Veneto di Treviso di proprietà  di Tr.ad Sas di tal Roberto Ghizzo, rappresentante del movimento “Liga fronte veneto nord-est Europa”.
A “garantire” in questo caso sono prima il parlamentare leghista Antonio Serena e poi Simonetta Rubinato (Pd). Quasi lo stesso importo prende Radio Galileo di Terni, gestita dall’omonima cooperativa, che si è dichiarata “organo” di “Cittaperta” per gentile concessione del senatore Pd Leopoldo Di Girolamo.
I contribuenti per finanziare questi famosissimi movimenti politici hanno già  staccato un assegno rispettivamente di 3 milioni 227 mila euro e 2 milioni 412 mila euro.
L’ultima ruota del carro è Radiondaverde di Cremona diventata organo del movimento “A viva voce” grazie alle firme dei deputati ulivisti Lucia Codurelli e Daniele Marantelli. Per il 2009 prenderà  170 mila euro. Poveretti, una vera e propria elemosina, che comunque negli anni ha fruttato un gruzzoletto di quasi un milione di euro.
Piccolo neo: a dicembre 2010 il Gip Guido Salvini, nell’ambito di un’inchiesta su una megatruffa perpetrata da alcuni editori emiliani e lombardi sui contributi editoria, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare anche per l’amministratrice di Radiondaverde Raffaella Storti.
Accusa successivamente archiviata e i soldi continuano ad arrivare…
Ora il Governo Monti ha abbassato la percentuale del rimborso alle (finte) radio di partito dal 70% al 40% (che può però arrivare al 50% se hanno poca pubblicità ).
Bene, anzi male, malissimo. Vorrà  dire che invece di regalare dieci milioni di euro all’anno ne regaleranno “solo” sette.
Altro che spending review, i tecnici adottano la stessa linea di Tremonti: tagli lineari che limano i contributi a questi sedicenti “organi”, ma non mettono minimamente in discussione la legittimità  a riceverli.
Sarebbe invece il momento di presentare il conto, destinando risorse solo agli aventi diritto e non a chi prospera sfruttando amicizie politiche, costi quel che costi, anche al prezzo di ambiguità , compromessi, o veri e propri sotterfugi.

Paolo Soglia
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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