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DI PIETRO LANCIA L’ASSE DEI “NON ALLINEATI”: ALLEANZA IDV, GRILLO E SEL

Luglio 26th, 2012 Riccardo Fucile

L’IDEA DELL’EX PM VEDREBBE UNO SCHIERAMENTO DI CHI SI OPPONE AL GOVERNO MONTI

Chiamare a raccolta i “non allineati”. Ovvero: le forze politiche e i movimenti sociali che fanno dell’opposizione al governo Monti la loro ragione sociale.
E che vengono messe ai margini del dibattito politico dalla maggioranza che sostiene l’esecutivo del Professore.
Antonio Di Pietro cala le proprie carte sul tavolo delle future alleanze in vista delle elezioni politiche.
Il pretesto è l’accordo sempre più difficile sulla legge elettorale. “La vera ragione per cui non non trovano la quadra è perchè non sanno più quale può essere la lista che potrebbe ottenere la maggioranza dei voti”, dice Di Pietro.
Poi sull’asse con Grillo: “Temono i non allineati. E fanno bene…”.
Tutto parte dalla legge elettorale. Di Pietro attacca. E spiega che i partiti di maggioranza “vogliono una legge che assicuri, a chi è già  in Parlamento, di mantenere la maggioranza e alle persone di rimanere sulle loro poltrone”.
E Di Pietro anticipa, a Radio Radicale, anche i contenuti dell’accordo della maggioranza: “Siamo stati avvertiti in questi minuti, i partiti della maggioranza avrebbero trovato un accordo su un sistema in parte proporzionale, in parte per collegi, in parte con le preferenze e in parte no. Una legge scritta in modo che si sappia prima chi sono gli eletti e chi invece deve restare fuori”.
Poi una richiesta a Napolitano: “Mi appello al Capo dello Stato perchè non permetta la costruzione di una legge elettorale che non consenta ai cittadini di essere rappresentati: sarebbe un’altra pagina buia che offende la democrazia”.
Insomma, Idv, Sel e MoVimento Cinque Stelle come risposta alla maggioranza targata ABC.
E proprio i frequenti contatti tra Di Pietro e Vendola, sembra confermare questa prospettiva.
Ancora l’ex magistrato: “Ho visto Vendola questa mattina. Poi l’ho sentito al telefono. Ci sentiamo continuamente”.
E i rapporti tra Di Pietro e Grillo sono ormai noti, tanto da generare malumori tra gli esponenti di spicco dell’Italia dei Valori.

(da “La Repubblica“)

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MONTI: «QUELLO CHE POTEVO FARE L’HO FATTO»

Luglio 26th, 2012 Riccardo Fucile

L’AMMISSIONE DEL PREMIER A NAPOLITANO… FINITA LA STAGIONE DEI GRANDI PROVVEDIMENTI, IL VOTO A NOVEMBRE E’ PIU’ VICINO

Il piano era questo: via il Cavaliere impresentabile, dentro l’autorevole economista neoclassico (o liberista, per chi preferisce) che faccia una politica di destra e convinca i tedeschi che adesso si possono fidare e pre-stare la loro garanzia a copertura delle finanze europee.
Solo che quel piano è fallito: dopo un paio di manovre, la riforma delle pensioni, quella del lavoro, la spending review e lo svuotamento e la messa in vendita delle municipalizzate che tanto danno fastidio alle multinazionali dei servizi, l’Italia si trova all’ingrosso nella palude in cui era a novembre.
Il Professore per primo, che sa benissimo che la situazione si risolve solo se Angela Merkel cambia atteggiamento (ma non può con le elezioni davanti), è scoraggiato e lo ha spiegato anche a Giorgio Napolitano, il regista del suo arrivo a Palazzo Chigi: “Il mio governo ha fatto tutto quello che poteva”, avrebbe detto il premier al capo dello Stato.
Il risultato è che l’avventura dell’ex presidente della Bocconi alla guida dell’esecutivo volge al termine: riforma della legge elettorale e voto in autunno, nelle prime due settimane di novembre, sembra essere la decisione finale dei partiti.
La prima conseguenza di questa scelta è già  stata plasticamente definita negli incontri di ieri — separati — tra Monti e i segretari di Pd e Pdl, Pier Luigi Bersani e Angelino Alfano: i grandi provvedimenti del governo dei professori sono finiti, il ciclo di riforme si chiude con quei decreti che sono ancora in Parlamento (e sulla spending review, o meglio sui tagli a enti locali e sanità , bisognerà  discutere parecchio).
Al massimo, ad agosto, ci sarà  il tempo per tradurre in legge le proposte di Francesco Giavazzi sulla riduzione degli incentivi alle imprese o una (leggera) revisione delle agevolazioni e detrazioni fiscali.
Il furore rigorista tedesco applicato da Monti all’Italia non ha sortito l’effetto politico sperato — ovvero l’ammorbidimento dei paesi nordici — ma quello tecnico prevedibile: recessione con tanto di notizie greche, tipo comuni come Lecce — avverte l’Anci — che ad agosto potrebbero non pagare gli stipendi. È così che è arrivato lo stop.
D’altronde ieri il governo è sembrato davvero di aver scelto di mettere in folle: non pervenuto il comitato di guerra economico, smentito il blocco delle tredicesime per statali e pensionati propalato da Confcommercio (“alimentare l’allarmismo sociale rischia di causare danni”), maggioranza che si sfalda nelle due Camere lasciando riemergere l’asse PdL-Lega.
L’unica zeppa che potrebbe fermare la pietra rotolante delle elezioni anticipate a questo punto è, paradossalmente, la troppa litigiosità  dei partiti sulla nuova legge elettorale.
Resta che la parabola del governo dei professori, benedetto ed omaggiato nei meglio consessi e circoli internazionali, è finita: prendendo a prestito da altre vicende, si potrebbe dire che ha esaurito la sua spinta propulsiva.
Anche l’asse un po’malandato con Hollande e Rajoy per chiedere a Berlino l’attuazione dello scudo anti-spread non pare funzionare granchè: è colpa di una maggioranza raffazzonata e troppo eterogenea, ragionano dalle parti del Pd e del-l’Udc, che ha reso eterogeneo e raffazzonato anche il suo governo (ogni riferimento alla “delusione” Corrado Passera è voluto), serve un nuovo Parlamento.
Bisogna vedere — a novembre o a marzo che sia, col Porcellum o col Provincellum — quale paese erediterà  questa nuova maggioranza politica: l’Italia si presenta ad agosto (il mese delle imboscate finanziarie) con un governo che non ha più un suo compito chiaro davanti e una politica che pare non comprendere dimensioni e cause della resa dei conti cui l’eurozona si sta affacciando.
Sarebbe un contrappasso notevole per la hubris pre-politica di chi guidò il “cambio di regime” nel novembre scorso se, dopo neanche un anno, ci ritrovassimo costretti ad accettare la carità  pelosa del Fondo monetario che Berlusconi riuscì a rifiutare a Cannes poco prima di essere costretto alle dimissioni.

Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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DOPO INGROIA TOCCA A SCARPINATO, REO DI AVER DETTO QUELLO CHE GLI ITALIANI PENSANO

Luglio 26th, 2012 Riccardo Fucile

IL CSM APRE UN FASCICOLO PER TRASFERIRE D’UFFICIO IL PROCURATORE GENERALE DI CALTANISSETTA… IL PDL LO ACCUSA PER LE PAROLE PRONUNCIATE IN RICORDO DI BORSELLINO

E ora tocca a Roberto Scarpinato.
Dopo il conflitto di attribuzione sollevato dal Quirinale contro i pm di Palermo, il Csm presieduto da Giorgio Napolitano apre un fascicolo finalizzato al trasferimento d’ufficio del pg di Caltanissetta, rilevando un profilo di incompatibilità  ambientale sulla base della sua lettera a Paolo Borsellino, letta pubblicamente in occasione del ventennale in via D’Amelio.
Ma non solo.
Il comitato di presidenza del Csm ha attivato anche il pg della Cassazione, Gianfranco Ciani, titolare dell’azione disciplinare, affinchè verifichi se in quella lettera Scarpinato ha utilizzato argomenti, parole o toni censurabili con provvedimento punitivo.
Nel ventennale delle stragi il conflitto istituzionale contro i magistrati siciliani si allarga dunque a Caltanissetta, dove il presidente dell’Anm, Giovambattista Tona, giudica l’intervento di Scarpinato “del tutto condivisibile e condiviso dai tanti magistrati del distretto che l’hanno ascoltato e applaudito la mattina del 19 luglio”.
A sollevare il caso è stato Nicolò Zanon, consigliere laico del Pdl, citando la lettera in cui Scarpinato aveva definito “imbarazzante” partecipare alle cerimonie ufficiali per le stragi di Capaci e di via D’Amelio, per la presenza “talora, tra le prime file, nei posti riservati alle autorità ”, di “personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione” dei valori di giustizia e di legalità  per i quali Borsellino è stato assassinato.
Il pg di Caltanissetta aveva fatto riferimento a “personaggi dal passato e dal presente equivoco” le cui vite — aveva aggiunto riprendendo un’espressione di Borsellino — “emanano puzzo di compromesso morale”.
Parole forti, contro la retorica antimafia e la strumentalizzazione della memoria.
A coloro che “non hanno null’altro credo che il denaro e il potere”, ha detto ancora il pg di Caltanissetta, “verrebbe da chiedere, se fosse possibile, che ci facessero la grazia di restarsene a casa il 19 luglio”, ma soprattutto “di tacere”.
Una vicenda che ora potrebbe pesare a sfavore di Scarpinato nella corsa alla poltrona di Pg di Palermo, che lo vede attualmente sfavorito rispetto al procuratore di Palermo Francesco Messineo.
Secondo Zanon, infatti, il Csm ora dovrebbe fare spazio ad altre candidature: “Ci vorrebbe un altro Pignatone”, ha detto il consigliere del Pdl, riferendosi al procuratore della Repubblica di Roma.
Per anni aggiunto a Palermo, Scarpinato è stato il primo a collegare il depistaggio di via D’Amelio alla trattativa mafia-Stato.
“I falsi collaboratori che hanno determinato il depistaggio — ha sostenuto pubblicamente — non si sono presentati da soli. I vertici di Cosa Nostra sapevano bene che erano costruiti a tavolino. Eppure non hanno reagito. Perchè? Perchè si convinsero che quella non era un’iniziativa individuale di alcuni poliziotti che volevano fare carriera, ma un depistaggio pilotato dall’alto, da un potere con cui si poteva trattare” .
Una tesi che contrasta con l’impostazione dell’inchiesta su via D’Amelio, che si avvia verso l’archiviazione dei tre funzionari indagati.
E se oggi Scarpinato ha deciso di non commentare (il suo telefono squilla a vuoto), a Caltanissetta il presidente della Anm Tona, ha usato parole severe: “Con stupore apprendo di quest’iniziativa che riguarderebbe il testo di una lettera a Paolo Borsellino il cui contenuto mi sembra totalmente condivisibile e pienamente condiviso dai tanti magistrati che cercano di onorare la memoria del magistrato ucciso in via D’Amelio”

Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza
(da “Il Fatto Quotidiano”)

argomento: denuncia, Giustizia, mafia | Commenta »

SCOPPIA LA RIVOLTA DEI CONSIGLIERI REGIONALI SICILIANI: E’ IN RITARDO DI QUALCHE GIORNO IL LORO STIPENDIO DI 13.000 EURO

Luglio 26th, 2012 Riccardo Fucile

INSORGONO   GLI ONOREVOLI DELL’ASSEMBLEA REGIONALE: “TRATTATI PEGGIO DEI FORNITORI”… NON C’E’ LIMITE AL CATTIVO GUSTO

A causa della crisi di liquidità  la Regione Sicilia non ha trasferito in tempo i fondi per i pagamenti ai 90 deputati e ai dipendenti dell’Assemblea regionale siciliana e quindi lo stipendio del mese di luglio non è arrivato.
Se ne riparlerà  ad agosto.
Secondo i calcoli ogni 30 giorni la Regione manda all’Assemblea i soldi degli stipendi: a giugno ha trasferito 12 milioni di euro, mentre a luglio ne ha «passati» soltanto cinque.
E anche per i dipendenti andati in pensione ci saranno ritardi nel tfr. Per quanto riguarda i parlamentari la cifra si aggira intorno ai 13mila euro netti.
Il presidente dell’Ars (ed ex assessore) Francesco Cascio comprende che i ritardati trasferimenti siano collegati «alle più complessive difficoltà  economiche», ma passa all’attacco: «L’assessore all’Economia Gaetano Armao tratta l’Ars alla stregua di un qualunque fornitore, o di un ente. Ma l’Ars è un organo istituzionale di valenza costituzionale e di conseguenza l’erogazione dei trasferimenti è sempre stata effettuata d’ufficio. Da quando c’è lui si tende a stravolgere questo concetto, e quindi l’Ars passa in coda rispetto ai fornitori, e questo non è possibile”.
Per Totò Cordaro, vicecapogruppo del Pid, è incomprensibile che «gli assessori, non eletti, ricevano puntualmente gli stipendi e le loro indennità  e i parlamentari no».
In generale i deputati si schierano con gli altri dipendenti («che vivono di stipendio»). I 90 deputati siciliani costano alla Regione circa 21 milioni l’anno, i 300 dipendenti dell’Assemblea circa 40 milioni.

(da “Il Corriere della Sera“)

argomento: la casta | Commenta »

CHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO DI VASCO ERRANI, GOVERNATORE PD DELL’EMILIA ROMAGNA: L’ACCUSA E’ DI FALSO IDEOLOGICO

Luglio 26th, 2012 Riccardo Fucile

AVREBBE DIFESO IL FINANZIAMENTO DI UN MILIONE DI EURO ALLA COOPERATIVA GESTITA DAL FRATELLO

Alla fine è arrivato, forse inatteso quanto quell’avviso di fine indagine che a marzo scosse la politica dell’Emilia Romagna.
Il procuratore capo Roberto Alfonso e il pubblico ministero Antonella Scandellari vanno dritti per la loro strada e hanno chiesto nei giorni scorsi il rinvio a giudizio del governatore Vasco Errani con l’accusa di falso ideologico, per la vicenda del finanziamento, un milione di euro, erogato del 2006 dalla Regione alla cooperativa Terremerse presieduta dal Giovanni Errani, fratello del presidente.
Il finanziamento sarebbe servito per la costruzione di una cantina a Imola.
Dei soldi ottenuti indebitamente per i magistrati, visto che al momento della scadenza del bando per quei fondi i lavori non erano ancora ultimati.
A Errani si contesta, insieme a due funzionari regionali di aver dichiarato il falso in una relazione spedita in Procura nel 2009, a pochi giorni dall’articolo de Il Giornale della famiglia Berlusconi che accusava il governatore di aver favorito il fratello.
È proprio quella difesa scritta, nella quale si dà  atto della correttezza della procedura seguita dai suoi uffici, che ha inguaiato Vasco Errani, mai coinvolto nell’inchiesta sul finanziamento stesso.
Errani si è fatto interrogare dai pm a metà  giugno ma nonostante ciò, non ha convinto i magistrati.
Ora la parola passa al giudice per le udienze preliminari.
La richiesta della Procura, arrivata nei giorni scorsi nel più assoluto riserbo, attende ora il vaglio del giudice per l’udienza preliminare che presumibilmente arriverà  non prima dell’inizio dell’autunno.

David Marceddu
(da “Il Fatto Quotidiano”)

argomento: Giustizia, Partito Democratico, PD, Regione | Commenta »

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