Destra di Popolo.net

ECCO A VOI MICCICHEDE’ PITAGORICO

Settembre 20th, 2012 Riccardo Fucile

MA LA MAFIA E’ DOLCE O SALATA?

In cerca di tregua ho alzato gli occhi da una foto sbrodolante di Fiorito e ho acceso la tv.
Non ho avuto fortuna, stava parlando Miccichè.
Si tratta di un ex pubblicitario di Berlusconi che ogni tanto lascia o minaccia di lasciare un partito di Berlusconi per fondarne uno alleato con Berlusconi.
Anni fa mi capitò di viaggiargli accanto in aereo da Roma a Palermo.
Quando la hostess gli chiese se preferiva lo snack dolce o salato, Miccichè la guardò con stupore e rispose: «Dolce e salato!».
Mi parve subito in grado di portare il suo contributo al debito pubblico della Sicilia. Quando toccammo terra, un’auto piena di snack lo prelevò sulla pista.
Ieri, ascoltandolo in tv, ho finalmente capito perchè aveva avuto tanta fretta di allontanarsi dall’aeroporto.
Non ne sopportava l’intestazione a Falcone e Borsellino.
Un errore di marketing, secondo Miccichè: il turista che sbarca sull’isola viene indotto a pensare alla mafia e si angustia.
E perchè mai?
Capirei se l’aeroporto portasse il nome di un assessore al traffico, l’atavico problema della Sicilia.
Ma la mafia, dolce e salata, continua a operare con inesausta professionalità .
E poi quale nome alternativo propone Miccichè? Archimede.
Che neppure era palermitano, ma di Siracusa, da lui difesa durante l’assedio dei bisnonni di Fiorito, vestiti da antichi romani come nei festini pagati dalla Regione Lazio.
Vorrei tranquillizzare il novello Archimede e tutti i pitagorici.
Falcone e Borsellino rappresentano un’ottima scelta di marketing.
I loro nomi non richiamano la mafia, ma qualcosa di talmente nobile che persino Miccichè ne avrà  sentito parlare.
La legalità .

Massimo Gramellini
(da “La Stampa“)

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FIORITO AI PM: “TUTTI CHIEDEVANO SOLDI, LA POLVERINI NON POTEVA NON SAPERE”

Settembre 20th, 2012 Riccardo Fucile

L’EX CAPOGRUPPO HA PARLATO DI UN SISTEMA DI RIMBORSI SPESA A CUI SI POTEVA ACCEDERE FACILMENTE

“Così facevan tutti” e la presidente non poteva non sapere.
Il capogruppo del Pdl Franco Fiorito, indagato per peculato, si è scagliato contro tutti ieri durante l’interrogatorio fiume davanti agli inquirenti romani.
“Tutti i consiglieri regionali del gruppo Pdl chiedevano soldi. Erano diventati insopportabili, una persecuzione. Mi telefonavano continuamente o mi aspettavano fuori dall’ufficio per chiedermi soldi per cene, book fotografici, manifestazioni. Mi sono stati chiesti anche 10 mila euro per una cena di 300 persone in locali in cui non so se potessero contenere tutte quelle persone”.
Il politico regionale ha snocciolato una per una le richieste dei colleghi e scaricato una valanga di documenti a supporto.
E sul banco degli imputati di sprechi e non solo Fiorito mette anche l’ex segretario del sindacato Ugl: ”La presidente della Regione Renata Polverini non poteva non sapere, poichè si trattava di una decisione di cui la giunta prendeva atto, dell’accordo di ripartizione dei fondi assegnati ai gruppi dall’ufficio di presidenza”.
Un accordo di ripartizione dei fonditra tutti i gruppi del consiglio regionale in funzione della loro consistenza politica che prevedeva l’assegnazione di 100 mila euro l’anno a ciascun consigliere per finalità  politiche ed un accordo all’interno del Pdl che raddoppiava o triplicava tale assegnazione a seconda degli incarichi ricoperti.
Ecco il sistema, secondo Fiorito, in vigore alla Pisana.
Sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti della Procura di Roma quindi è finita la posizione di diciassette politici regionali.
Fiorito ha descritto ”una gestione caotica” dei fondi ai quali si poteva “accedere con estrema facilità , anche solo con una telefonata” ha detto agli investigatori della Guardia di Finanza e agli inquirenti che hanno subito disposto gli accertamenti.
E così questa mattina gli uomini del nucleo valutario della Guardia di Finanza hanno visitato si la sede del Consiglio regionale del Lazio per acquisire nuovi documenti e cercare documentazione cartacea e informatica.
Blitz necessario per trovare i riscontri alle parole e alle carte depositate da Fiorito. Documenti e fatture che rappresenterebbero anche la prova di operazioni inesistenti.
L’avvocato Carlo Taormina che assiste Fiorito spiega così l’interrogatorio: “Il mio assistito ha chiesto ai pubblici ministeri di indagare, di andare a guardare se a fronte dei soldi concessi corrisponda o meno l’organizzazione di un convegno, l’affissione di un manifesto, la pubblicazione di un testo. Comunque — ha detto ancora Taormina — Ai magistrati ha consegnato anche documenti riguardanti le somme e le indennità  a lui liquidate”.
A chi gli ha chiesto se Fiorito ha accusato i colleghi Taormina smorza: “Accusare è una parola grossa. Fiorito ha chiesto che l’autorità  giudiziaria proceda per comprendere che i materiali documentari che abbiamo depositato possano portare a una conclusione in tal senso”.
Sul sistema di elargizione dei fondi ai gruppi consiliari laziali Taormina ha poi detto che “era un sistema ben collaudato almeno dall’inizio di questo mandato.
Il sistema chiama in causa chi decideva ovvero l’ufficio di presidenza regionale da dove partivano le assegnazioni delle erogazioni.
Fiorito ha chiesto che si facciano accertamenti su tutti i gruppi perchè i benefici li hanno avuti tutti. Può darsi che Fiorito   abbia delle responsabilità , ma se le ha lui le hanno tutti”.
Sul ruolo della Polverini il legale aggiunge: “Sul piano politico sono affari dei politici, ma quello che voglio dire è che eventuali accertamenti possono essere utili. La Polverini ha avuto una sua lista e un suo gruppo e se ci sono stati privilegi potrebbe averli avuti anche il suo gruppo”.
Fiorito agli inquirenti ha anche detto che “se ha commesso errori è pronto a pagare”. Per lui però potrebbe essere in arrivo altri guai.
Nei prossimi giorni infatti sarà  ascoltato dal pm di Viterbo Massimiliano Siddi per reati connessi ad un’inchiesta aperta sulla gestione di fondi regionali.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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RAMPANTE E CATTOLICO, EX FORZA ITALIA: IL NEO DIMESSO BATTISTONI E’ UN FEDELE DI ANTONIO TAJANI

Settembre 20th, 2012 Riccardo Fucile

E’ STATO ANCHE PRESIDENTE DEGLI UNIVERSITARI CATTOLICI… FIORITO LO AVEVA ACCUSATO DI AVER USATO I SOLDI DEL GRUPPO PER UN WEEK END A TORINO CON L’AMANTE

Una biografia che parte da Montefiascone e atterra alla Pisana, sempre nel nome di Tajani.
Quarantacinquenne rampante (almeno sino a poche ore fa), Francesco Battistoni arriva al Consiglio regionale del Lazio nel 2010, dopo una lunga gavetta in provincia.
Nella sua biografia on line si legge che fin da giovane si interessa al mondo del volontariato e dell’associazionismo, diventando nel 1994 presidente della Fuci (Federazione universitaria cattolici italiani).
Nello stesso anno aderisce a Forza Italia e assume il coordinamento provinciale a Viterbo dal ’97 al 2000, anno in cui viene nominato assessore provinciale all’ambiente. Nel 2004 vince le elezioni amministrative del Comune di Proceno e ne diventa primo cittadino.
Una carriera sempre nel nome del – e guidata dal – vicepresidente della Ue Antonio Tajani, che controlla buona parte del partito nel nord del Lazio.
Già  al centro di un caso politico, Battistoni si ribella alla scelta della Polverini di chiamare alla carica di assessore all’Agricoltura la viterbese Angela Birindelli, poltrona che gli viene soffiata all’ultimo momento nel nome delle quote rosa.
Una battaglia, quella contro la Birindelli, che Battistoni continua nel partito e che sfocia in un’inchiesta giudiziaria.
E’ dei giorni scorsi la conferma che la Birindelli è indagata per lo stanziamento di 18 mila euro in pubblicità  istituzionale in favore dell’Opinione di Viterbo – legata al quotidiano di Arturo Diaconale – che si distingueva per gli attacchi ai suoi avversari interni al partito.
La Procura di Viterbo ipotizza che la testata, che ha alcune pagine locali dedicate al Viterbese, fosse diventata una “macchina del fango” della politica locale.
A luglio arriva il momento della rivincita per Battistoni, sposato e con tre figli.
Una concitata riunione del gruppo Pdl fa fuori Francone Fiorito e mette sulla poltrona d’oro Francesco.
Un cambio che gli rovescia addosso anche un sacco di guai, comprese le ultime accuse di Fiorito, ma che non gli fa perdere la priorità  nella sua azione politica.
Nei giorni scorsi, sulle spese pazze in Regione Lazio,   Battistoni era stato ascoltato come persona informata dei fatti dal procuratore aggiunto Alberto Caperna e al pubblico ministero Alberto Pioletti, gli stessi che ieri hanno messo sotto torchio per sette ore l’ex collega Fiorito.
Va detto anche che negli ultimi giorni tra lui e Batman Fiorito sono volati stracci privatissimi.
Fiorito ha insinuato che Battistoni avrebbe pagato con i soldi del gruppo anche un suo week end clandestino a Torino con l’amante, l’azzurro Battistoni ha negato tutto, arrivando a sostenere che Fiorito ha manipolato le fatture per gettare fango su di lui e tutto il gruppo.
Un duello fra gentiluomini.
L’ultimo post pubblicato sul suo sito? Magnifica la “sagra del fagiolo di Sutri, straordinario evento di promozione” con tanto di taglio del nastro.

(da “la Repubblica“)

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IL CAPOGRUPPO PDL IN REGIONE LAZIO BATTISTONI SI E’ DIMESSO: LA POLVERINI HA FATTO FUORI IL PRIMO

Settembre 20th, 2012 Riccardo Fucile

LA GOVERNATRICE RIMANDA OGNI DECISIONE PERSONALE: “IO SONO UNA PERSONA ONESTA, VOGLIO USCIRE DA QUESTA VICENDA A TESTA ALTA”… BERLUSCONI TEME LA SPACCATURA CON GLI EX AN IN VISTA DELLE POLITICHE

Il Pdl passa al regolamento di conti. Mentre la mattinata si chiude con le dimissioni del capogruppo in Regione Francesco Battistoni, una delle richieste del presidente Renata Polverini ancora in bilico tra dimissioni e permanenza in carica, il caso Lazio si trasforma in una partita nazionale che mina il matrimonio tra berlusconiani ed ex An.
E mette a rischio la tenuta del Pdl anche in altre regioni, a cominciare dalla Lombardia, dove è in bilico la permanenza in sella di Roberto Formigoni, travolto dagli scandali e alle prese con il nuovo corso della Lega nord. Per non parlare del voto politico che è già  dietro l’angolo.
Battistoni, fresco successore del protagoinista dello scandalo Franco Fiorito alla guida del gruppo Pdl in Regione Lazio, ha gettato la spugna dopo un faccia a faccia con il segretario nazionale Angelino Alfano.
E il presidente?
Dopo aver dettato in consiglio regionale le sue condizioni per moralizzare la vita politica ed evitare il tutti a casa, Renata Polverini non ha ancora preso una decisione, e ha ricevuto da Silvio Berlusconi un pressante invito a restare (“Ho sentito Berlusconi, non l’ho visto”, precisa oggi Polverini).
”Dimissioni? qualcuno parla al posto mio, domani si riunisce il consiglio, poi vediamo”, ha detto ai giornalisti uscendo di casa per andare “dal medico”, ha precisato.
“Ho condizionato il mio impegno al consiglio, non sono disposta a pagare le colpe di altri”.
Domani il consiglio regionale del Lazio voterà  sui tagli e sulla riduzione dei costi della politica.
Dopodichè il presidente potrebbe annunciare la decisione che riporterebbe la Regione alle urne.
Intanto promette: “Oggi daremo i dati. Ho dato autorizzazione ai miei uffici di mettere rete e di trasmettere alle agenzie quello che noi abbiamo fatto e quello hanno fatto gli altri”.
”Io sono una persona onesta”, ha continuato Polverini parlando con i giornalisti sotto casa, “non ho mai rubato nulla e respingo scenari raccapriccianti. Di questa classe politica faccio parte, ma ne voglio uscire bene”.
E a chi le chiedeva una candidatura da premier ha risposto: “Ma per carità ”.
Il presidente della Regione Lazio ha parlato anche della sua partecipazione all’ormai famosa festa in stile antica Roma, con ancelle in toga e maschere da maiale, organizzata dal consigliere regionale Pdl Carlo De Romanis.
“Sono stata invitata a una festa da un consigliere per festeggiare l’addio al suo vecchio incarico, questo ragazzo credo abbia rapporti con Tajani: le foto mostrano il mio sconcerto e me ne sono andata via subito”.
Sulle condizioni poste per la sua permanenza, Polverini precisa: ”Io non chiedo la testa di nessuno, faccio il presidente di Regione e agisco nel rispetto delle mie prerogative. Il Pdl, partito che sostiene la mia maggioranza, ci ha messo nei guai attraverso persone poco perbene, a dire poco”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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PDL NEL CAOS: ALEMANNO CHIEDE LE PRIMARIE, FRATTINI PARLA DI “EX AN SCORRETTI IN CERCA SOLO DI POLTRONE”

Settembre 20th, 2012 Riccardo Fucile

PER IL SINDACO DI ROMA “NEL PDL NON C’E’ SOLO IL CAVALIERE, LE PRIMARIE VALGONO ANCHE PER LUI”… L’EX MINISTRO DEGLI ESTERI ATTACCA LA RUSSA E GASPARRI: “CERCANO UN PRETESTO PER AVERE RASSICURAZIONE SUI POSTI”

Lo scandalo alla Regione Lazio e le ripercussioni interne al Pdl nazionale.
Sullo sfondo, i giochi di potere in vista del futuro prossimo del partito.
E le guerre intestine tra ex An e lo zoccolo duro dei berlusconiani. Maurizio Lupi, ma soprattutto Franco Frattini e Gianni Alemanno, non nascondono la polvere sotto al tappeto.
E lo dicono a chiare lettere, senza giri di parole, in un clima da fine impero che testimonia come il passaggio dal Popolo della libertà  all’assetto futuro della creatura politica berlusconiana non avverrà  senza tensioni e colpi bassi.
L’ex ministro degli esteri, in un’intervista al Messaggero, non si limita a commentare duramente ciò che sta avvenendo nella ‘squadra’ di Renata Polverini.
Ma le sue considerazioni non possono non partire proprio dallo scandalo degli ultimi giorni, che a suo parere rappresenta lo specchio di un degrado generale della politica. ”Siamo in un abisso di immoralità  — ha detto Frattini — sintomo di un sistema che non funziona più non solo per un singolo partito, ma per il complesso del meccanismo del finanziamento della politica. Si è prodotto un meccanismo diffuso di ruberie, di approfittamento personale e di sfrontatezza”.
Non solo.
Per l’ex titolare della Farnesina “tutto quello che si fa rischia di essere solo la rincorsa dell’emergenza”.
Per quanto riguarda la vicenda del Pdl laziale, invece, secondo Frattini “Renata Polverini ha fatto molto bene a minacciare le dimissioni e a tagliare venti milioni di finanziamento ai gruppi, ma non è una risposta strutturale” perchè ”Fiorito e Battistoni — ha detto l’ex ministro — hanno dossier l’uno contro l’altro che fanno emergere lotte fratricide interne al Pdl laziale”.
La ricetta per uscire dall’impasse, quindi, a parere di Frattini è una sola: “azzeramento dei vertici a partire dai gruppi consiliari” anche per il fatto che “io non posso accettare che nel mio partito ci sia un signore che organizza festicciole vestito da antico romano con le ragazze che versano le coppe di mojito”.
La vicenda di questi giorni, inoltre, per l’esponente del Pdl viene da lontano.
E tocca la natura stessa del Pdl. “Il virus del correntismo, delle lotte intestine, ha fatto sì che la competizione interna sia stata condotta unicamente a colpi di chi prendeva di più per poi distribuire agli amici” ha detto Frattini, secondo cui questo virus “è figlio anche della fusione fredda tra Forza Italia e An. Che questo nel Pdl sia un problema è evidente”.
Inevitabile, a questo punto, un passaggio sull’ipotesi di scissione paventata dai colonnelli di Alleanza Nazionale La Russa e Gasparri.
Una mossa che per Frattini ha solo interessi personali. Parole durissime: “E’ un discorso che si innesta nelle tattiche di posizionamento per l’assegnazione dei posti nelle future liste elettorali.
Gli ex An — è il parere dell’ex ministro — mi paiono alla ricerca di un casus belli per provocare da parte di Berlusconi una rassicurazione del tipo: state sicuri, le vostre quote nessuno le tocca, i posti per voi ci sono”.
Infine la morale della favola, che per Frattini non è a lieto fine: “Ciò che rattrista — ha detto — è che viene fuori l’immagine di un partito in cui la politica è a zero e quel che domina sono gli affari o gli imbrogli, almeno a livello locale”. Per questo motivo è “necessario un ripensamento” sulle preferenze nella riforma elettorale, perchè c’è il rischio che, esportando a livello nazionale il meccanismo delle preferenze, “esportiamo anche i mali che hanno provocato a livello locale”.
Anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno prende spunto dallo scandalo Lazio per denunciare la situazione di stallo all’interno del Pdl.
Rispetto a Frattini i toni sono più pacati, ma il messaggio che arriva ai vertici del partito è forte e chiaro: urge un cambiamento, anche nella scelta dei candidati.
Con quale ricetta?
Sempre la stessa: le primarie, perchè nel Pdl — è il succo dell’Alemanno-pensiero — non c’è solo Berlusconi.
Il pasticciaccio brutto alla Regione Lazio, però, per il primo cittadino capitolino viene da lontano.
”La storia del consiglio regionale del Lazio parte male senza la lista del Pdl a Roma — ha detto Alemanno a Omnibus, su La7- Quindi ha dovuto scontare questo peccato originale della mancanza di qualità  complessiva, c’è stato un elemento non di selezione ma di libera scelta”.
In virtù di questo dato di fatto, secondo l’ex An “da quel momento la situazione in Consiglio è stata molto debole perchè sono entrate persone che non dovevano entrare e non ne sono entrate 10-15 che potevano qualificarlo”.
Per quanto riguarda l’atteggiamento di questi giorni di Renata Polverini, invece, secondo Alemanno la governatrice “sta sicuramente considerando l’idea delle dimissioni, non da ieri ma da qualche giorno. Personalmente non so se le darà  perchè ieri ho provato più volte a chiamarla senza riuscire a parlarci”.
Poi l’invito: “Non deve dimettersi: tenga duro e faccia pulizia”

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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PDL NEL CAOS, CONGELATA LA SCISSIONE DEGLI EX AN, MA ‘GNAZIO E MAURIZIO SONO AGITATI

Settembre 20th, 2012 Riccardo Fucile

SU 100-110 POSTI IPOTIZZABILI PER IL PDL NEL PROSSIMO PARLAMENTO, LA RUSSA VUOLE LA GARANZIA DI 50 DEPUTATI RIELETTI, BERLUSCONI NE OFFRE 15… “NON CI FAREMO METTERE AL MURO DAI FORZISTI”

Scissione sì, scissione no. Gli ex An, capeggiati da La Russa e Gasparri, marciano su Palazzo Grazioli minacciando di ricreare un partito di destra.
Due ore di incontro nella residenza romana di Berlusconi, presente anche Alfano, per chiarirsi.
Nell’immediato il pericolo che il Pdl si disintegri sotto il peso di una nuova scissione sembra scongiurato.
D’altra parte fino a quando non sarà  definita la nuova legge elettorale i cannoni spareranno a salve. Ma tensioni e mal di pancia restano.
Così come l’idea di quel ritorno al passato, una nostalgica reuniòn che rivedrebbe insieme gli ex missini rimasti con Berlusconi, Storace e un drappello di finiani destinati a uscire dal Parlamento.
La giornata è un susseguirsi di incontri e parole. Alla Camera il Transatlantico è costellato di capannelli, ex An da una parte, forzisti dall’altra.
La tensione è palpabile.
Il gruppo di Matteoli, una quindicina di parlamentari, si smarca da La Russa e dice no alla scissione.
Anche i fedelissimi di Alemanno non la vogliono, lontani dal Cavaliere temono di sparire.
In fondo lo stesso Gasparri in mattinata confida a Edmondo Cirielli che «La Russa vuole uscire, io invece sono per dare battaglia da dentro ma per me l’amicizia conta più della politica e se Ignazio decide io lo seguo».
Più netto Laboccetta che a un amico confessa: «Piuttosto che tornare con Fini chiedo asilo politico al Pd». Contrario anche Augello.
Dal fronte azzurro Cicchitto e Lupi invitano alla calma.
Eppure i problemi ci sono. In Lombardia La Russa è in rotta di collisione con gli azzurri, Gelmini in testa. Idem nel Lazio per Gasparri.
Tensioni che nei giorni scorsi sono sfociate in polemiche a cielo aperto. Ma la vera questione è legata alle elezioni.
I sondaggi dicono che il Pdl prenderà  tra il 20 e il 22%, ovvero 100-110 seggi alla Camera, la metà  di oggi. Agli ex An Berlusconi ne offrirebbe 30- 35.
C’è chi addirittura parla di una quindicina. Pochi.
Ecco perchè gli aennini chiedono che nella trattativa sulla legge elettorale Berlusconi non ceda sulle preferenze, unico modo, nelle loro speranze, per portare a casa qualche scranno in più.
Ma da mesi si studia il piano B, quello della scissione, con La Russa che immagina la rinascita di un partito di destra federato e alleato con il Pdl.
Fitti i contatti con Storace e con i finani.
Si racconta che Casini abbia garantito a Fini solo la sua rielezione e quella di quattro fedelissimi.
Gli altri, una ventina, resterebbero a piedi.
Leader del partito potrebbe essere Giorgia Meloni, vista come una Marine Le Pen nostrana in grado di lanciare la nuova creatura di destra.
A Palazzo Grazioli di questo si parla, anche se entrando La Russa dispensa ottimismo. «Stiamo solo ragionando su come far vincere il Pdl».
Nelle due ore di colloquio rinfacciano a Berlusconi di esserci lui dietro agli attacchi subiti nei giorni scorsi da azzurri come Galan. Berlusconi nega.
Chiede a tutti di abbassare i toni. Li convince.
Tanto che al termine del vertice La Russa nega l’ipotesi di scissione e dice che «è andata molto bene».
I suoi fanno filtrare questo messaggio: «Non ci facciamo mettere con le spalle al muro» dagli azzurri.
Che però già  malignano che in realtà  La Russa punti solo a ottenere più posti in Parlamento.
E che comunque fino a quando non ci sarà  la legge elettorale non potrà  fare i conti su quanti seggi prenderebbe con o senza Berlusconi

Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica”)

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PDL: UN PARTITO IN FRANTUMI

Settembre 20th, 2012 Riccardo Fucile

QUALE MALE MINORE PERSEGUIRE DA QUI AL VOTO?… IL CASO LAZIO E IL TIMORE DI UN EFFETTO DOMINO

Sarebbe azzardato sostenere che il collasso del centrodestra laziale anticipi, in miniatura, la crisi del Pdl nazionale.
Per quanto riguarda la giunta di Renata Polverini, la sorpresa semmai è che non sia implosa prima: esprime una classe dirigente che non è mai apparsa tale per l’incapacità , se non il rifiuto, dei partiti di trovare persone competenti.
Per il movimento di Silvio Berlusconi la situazione è diversa.
Le tensioni affondano nella perdita di identità  e di leadership dell’ex premier, che irradia disorientamento e incertezza sull’intera ex maggioranza.
Le stesse voci, magari gonfiate in modo strumentale, di una scissione tra i «puri» di Forza Italia e la componente di An, sono il sintomo di una diaspora latente. L’impressione è che Berlusconi voglia tentare di arginare lo spettacolo indegno offerto dai politici della regione Lazio.
Il vertice convocato ieri sera nella sua abitazione romana sa di manovra in extremis per evitare che l’immagine sfigurata del Pdl locale contagi l’intero partito a pochi mesi dalle elezioni politiche.
L’ombra inevitabile di un’inchiesta della magistratura contribuisce a drammatizzare uno sfondo nel quale sarebbe difficile, questa volta, evocare il fantasma della «giustizia a orologeria».
Eppure, sarà  acrobatico scindere e distinguere le responsabilità  politiche; e riuscire ad accreditare una pulizia interna tale da cancellare o solo bilanciare quanto sta venendo fuori.
Anche perchè si affianca alle inchieste giudiziarie che frugano nel sottobosco della regione Lombardia, cuore storico del potere berlusconiano.
E promette di preparare la riconquista del Campidoglio e della Regione da parte del centrosinistra, di qui alla primavera prossima.
Per questo lo scandalo potrebbe tradursi in ulteriori spinte centrifughe: si inserisce in una fase di enorme sofferenza del Pdl.
Non soltanto, però, tra berlusconiani «puri e duri» ed «ex fascisti», come alcuni settori del centrodestra hanno ricominciato a chiamare gli ex di An.
Lo scontro attraversa lo stesso Pdl semi-orfano della guida del Cavaliere, e la stessa An orfana di Gianfranco Fini.
Dilata il disaccordo sulla sesta candidatura di Berlusconi a palazzo Chigi e sull’atteggiamento da tenere nei confronti del governo di Mario Monti.
Ma finisce per toccare anche i rapporti con gli ex alleati della Lega e con l’Europa.
E riconduce a una domanda sul futuro tuttora in sospeso: quale «male minore» perseguire di qui a un voto che si preannuncia sempre più incerto e nel segno di una probabile sconfitta.
L’ipotesi di serrare le fila, facendo volare qualche straccio, è intrigante quanto problematica.
Non perchè il Pdl non ci pensi,ma perchè sarà  difficile metterla in pratica. L’atteggiamento della nomenklatura coinvolta è quello di chi ha avuto un breve quanto intenso tirocinio su come funziona il sottopotere.
E si prepara a usarlo non per ammettere le proprie responsabilità  ma per additare complici: come minimo in termini politici.
E probabilmente senza salvare nessuno, a cominciare dalla Polverini.
L’epilogo delle dimissioni, che pure sarebbe positivo e forse diventerà  inevitabile, aprirebbe un altro buco nero nel centrodestra.
Berlusconi vuole evitarle, per prevenire un «effetto domino», ma la governatrice traccheggia, tutta intenta a calcolare le conseguenze di ogni sua mossa. Vuole apparire diversa dai suoi sodali; ed è preoccupata per il suo futuro politico.
Ma, ci sia o no un suo passo indietro, si conferma l’esistenza di un sistema di potere postumo di se stesso.
È il segno che l’immobilismo scelto come tattica da Berlusconi per tenere insieme l’esercito (e l’elettorato) rimasto fedele al suo mito logoro di vincente non basta.
Il blocco si sgretola dall’interno, corroso non dagli scandali ma dal difetto di politica e dall’eccesso di famelico dilettantismo: il malaffare sembra essere solo il prodotto finale, quasi il destino di quel peccato originale.
Può darsi che di fronte al disastro prevalga ancora la logica del bunker, perchè nessuno ha la forza e il coraggio per divincolarsi.
In questo caso, si assisterà  alla sopravvivenza sempre più precaria e malinconica di equilibri, alleanze e leader che appartengono a un’altra era geologica; e alla crescita di finti anticorpi e antidoti, che in realtà  sono parte della crisi e non la sua soluzione.

Massimo Franco
(da “Il Corriere della Sera”)

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FIORITO ACCUSA: “I LADRI SONO OTTO” E FA I NOMI

Settembre 20th, 2012 Riccardo Fucile

LO SCATOLONE DI ER BATMAN DAI PM: “DISTRIBUIVO, NON RUBAVO, ECCO LE CARTE”….E FA ANCHE IL NOME DI ABRUZZESE

È stato un interrogatorio fiume, finito alle 22.30 circa del 19 settembre.
Franco Fiorito ha parlato alla procura di Roma per quasi sette ore
L’ex capogruppo e tesoriere del Popolo della libertà  alla Regione Lazio, indagato per peculato nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione dei fondi regionali assegnati al partito, ha raccontato così la sua verità .
Il procuratore aggiunto Alberto Caperna e il sostituto Alberto Pioletti hanno chiesto conto a Fiorito di tutto il suo patrimonio: case, la villa vicino al Circeo, gli appartamenti di proprietà  a Roma e Anagni, i terreni in Ciociaria, l’asta vinta per l’assegnazione di una casa in affitto da 200 metri quadri a 4 mila euro al mese dell’Ipab in via Margutta, e di tutti i suoi conti correnti, compresi quelli all’estero.
Sotto la lente d’ingrandimento anche il conto cointestato con la madre, aperto ad Anagni, che conteneva alcune migliaia di euro.
Il politico ciociaro deve effettivamente spiegare perchè ha spostato oltre 800 mila euro dai conti correnti del Pdl a quelli intestati a lui e ai suoi familiari e fare luce sui 109 bonifici intestati a se stesso, sempre o con l’importo di 4.180 euro oppure di 8.360 euro.
E dare risposte sui 6 milioni di euro che secondo il consigliere regionale del Lazio Francesco Battistoni sarebbero spariti dai depositi del gruppo consiliare.
FA I NOMI DI OTTO CONSIGLIERI
Ma come evidenzia La Repubblica, Fiorito non è arrivato impreparato in caserma, ma con tanto di prove alla mano.
Il Batman ciociaro ha portato agli inquirenti   due scatoloni.
All’interno una serie di carte, email, fatture, conservate gelosamente, che dimostrerebbero lo sperpero di denaro pubblico di almeno sette-otto consiglieri di maggioranza
Confermati davanti ai pm i nomi di alcuni colleghi contro cui aveva già  puntato contro il dito: il presidente della Commissione sviluppo economico, innovazione, ricerca e turismo Giancarlo Miele; il vicepresidente della commissione Bilancio Andrea Bernaudo e il consigliere Carlo De Romanis, passato alla cronaca per lo sfarzoso toga-party che avrebbe realizzato con soldi pubblici (guarda la gallery).
Ma Fiorito ha anche parlato dei vertici, citando il presidente del consiglio regionale Mario Abbruzzese, il segretario Nazzareno Cecinelli e la stessa governatrice Renata Polverini.
«Questo è il sistema», ha detto l’ex sindaco di Anagni consegnando il materiale scottante, «Io non rubavo. Non ho mai rubato. Se ho sbagliato l’ho fatto in buona fede, e comunque pagherò. Io distribuivo risorse. E di quel che ho preso posso dare giustificazione. Altri del partito non penso siano in grado di farlo».
«IO DISTRIBUIVO, NON RUBAVO».
Solo il 20 settembre si potrà  realmente comprendere la portata e l’attendibilità  di questo interrogatorio che rischia di far cadere la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini – le cui dimissioni sono ancora un giallo irrisolto – e con lei altri consiglieri regionali
Sicuro è che Fiorito miri a non passare come l’unico capro espiatorio di un «sistema», che secondo Er Federale, in molti hanno incoraggiato o per lo meno tollerato.
Ed effettivamente all’attenzione degli inquirenti, ora, non c’è solo Er Batman, ma diversi intestatari dei bonifici da lui firmati.
Come evidenzia La Repubblica, quindi, è questa la linea difensiva dell’ex capogruppo della Regione Lazio: l’ex tesoriere del Pdl vuole «dichiararsi innocente perchè colpevole non di aver rubato denaro pubblico (peculato), ma piuttosto di aver utilizzato fondi di Partito, in quanto tali “privati”, come tutti facevano (al più, un’appropriazione indebita)».
Secondo indiscrezioni, Fiorito è al momento ancora l’unico indagato di questa indagine, ma è forte la probabilità  che i nuovi elementi coinvolgano altri soggetti.

(da “Lettera 43″)

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LE FINTE DIMISSIONI DELLA POLVERINI

Settembre 20th, 2012 Riccardo Fucile

SE LA MINACCIA DELLE DIMISSIONI DIVENTA UNA INUTILE SCENEGGIATA

C’è da chiedersi se ciò a cui i cittadini italiani stanno assistendo ormai da giorni sia una cosa seria o la solita sceneggiata.
Dopo aver fatto sapere di essere pronta a dimettersi, Renata Polverini si presenta nel consiglio regionale del Lazio mostrando i denti.
Formula una minaccia spaventosa: «Andiamo tutti a casa, oggi».
A quel punto ti aspetti di veder rotolare qualche testa. Almeno quella di qualche responsabile delle ruberie dei soldi pubblici ai gruppi politici regionali.
Niente.
Passa la linea che si prosciuga il fondo dal quale si rubava e si tira la cinghia di qua e di là .
Tutti contenti di essere ancora tutti interi e si va davvero a casa, ma per cena.
Il giorno dopo bisognerebbe cominciare a maneggiare le forbici. Invece nemmeno quello: qualcuno si dev’essere fatto i conti di quanto ci rimetterebbe e parte una indecente melina per salvare il salvabile.
La governatrice è fuori di sè.
Lancia l’anatema: «Nel Pdl ci sono troppe mele marce».
E ricomincia il tormentone delle dimissioni.
Non le ha date il presidente del consiglio regionale, non le ha date il capogruppo del partito, non le ha date nemmeno il monumentale Franco Fiorito, quello dei 109 bonifici a se stesso con i soldi nostri, allora le darà  lei.
Per dimostrare di essere proprio determinata, va dal ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri.
Le agenzie riportano che ha chiesto quando si può tornare a votare.
Gira voce che gli assessori siano già  in lutto, avendo avuto la comunicazione che la giunta è caduta.
Gira voce che per prendere ispirazione Renata Polverini abbia chiesto di leggere la lettera di dimissioni di Piero Marrazzo.
Gira voce di una conferenza stampa alle 18, poi alle 18,30, poi più niente.
Arrivano le smentite: sono tutte voci, solo voci.
La governatrice viene data in partenza per Palazzo Grazioli, dov’è in programma il confronto risolutivo con l’azionista di maggioranza, Silvio Berlusconi.
Vertice in serata, riferiscono le agenzie.
Ci risiamo: il solito stucchevole teatrino della politica mentre la Regione affonda nel fango. E avevano giurato che non l’avremmo più visto.
Questa proprio non è una cosa seria.
Le dimissioni sono una cosa seria.
Soltanto le dimissioni: ma quelle vere.

Sergio Rizzo
(da “Il Corriere della Sera”)

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