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NAPOLITANO VUOLE AMNISTIA E INDULTO: “CARCERI INDEGNE”

Settembre 29th, 2012 Riccardo Fucile

“SONO NECESSARIE MISURE ALTERNATIVE”…E LA SEVERINO CONDIVIDE

Lo stato delle carceri “ferisce la credibilità  internazionale dell’Italia e il suo rapporto con le istituzioni europee”.
E allora i partiti devono tornare a discutere di amnistia e indulto, e approvare in fretta “misure alternative al carcere”.
Per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il degrado nelle carceri è un’emergenza di cui il Parlamento non può dimenticarsi, e lo ha ribadito con una lunga nota.
Un invito a trovare soluzioni per il sovraffollamento nei 206 penitenziari italiani: stracolmi, con oltre 66mila reclusi a fronte di una capienza di circa 45mila posti.
Poco meno di un terzo ossia 23.773 sono i detenuti non italiani (che rappresentano il 35,8% della popolazione carceraria) minima è la componente femminile il 4,2% del totale dei detenuti ovvero 2.826 donne (di cui 1.133 straniere).
Al 30 aprile 2012, sono 54 i bambini sotto i 3 anni che vivono in carcere con le madri (51 detenute).
Subito condiviso dal ministro della Giustizia, Paola Severino, ma respinto dalla Lega e ignorato dal Pdl.
Napolitano l’ha lanciato dopo aver ricevuto al Quirinale una delegazione di professori e giuristi, firmatari di una lettera aperta sull’efficienza della giustizia e della realtà  carceraria.
L’occasione giusta per tornare a parlare di amnistia e pene alternative, temi che in Parlamento sembrano sepolti sotto l’eterno dibattito sulla legge elettorale.
Ma Napolitano pretende attenzione.
L’anno scorso, dopo una visita all’istituto minorile di Nisida, a Napoli, ricordò che le “carceri sovraffollate non sono degne di essere umani”
A distanza di un anno esatto, è tornato a dire: “La situazione carceraria è una realtà  che non fa onore al nostro Paese, ma anzi ne ferisce la credibilità  internazionale. Ho rinnovato l’auspicio che proposte volte incidere anche e soprattutto sulle cause strutturali della degenerazione nelle carceri trovino sollecita approvazione in Parlamento”.
Secondo il presidente della Repubblica, si può iniziare “dalle proposte già  in avanzate stadio di esame, per l’introduzione di pene alternative al carcere”.
Napolitano vuole anche che riprenda il dibattito su amnistia e indulto: “Restano aperte all’attenzione del Parlamento sia le questioni di un possibile , speciale ricorso a misure di clemenza, sia della necessaria riflessione sull’articolo 79 della Costituzione, che ci oppone così rilevanti ostacoli”.
Ovvero, l’articolo che regola amnistia e indulto.
Provvedimenti di portata diversa (l’amnistia estingue il reato, l’indulto la pena), per la cui concessione la norma prevede “una legge deliberata con la maggioranza dei due terzi in ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale”.
Numeri troppo difficili da raggiungere, secondo Napolitano, che di fatto auspica una modifica dell’articolo 79, “in questa legislatura vicina al termine e in quella che presto inizierà ”.
Il ministro della Giustizia Severino è sulla stessa linea: “Credo profondamente che le misure alternative al carcere possano essere una soluzione strutturale, e trovo estremamente realistico il richiamo di Napolitano per l’adozione di misure di clemenza”.
Severino insomma è favorevole all’amnistia, riguardo cui nel luglio scorso aveva chiesto “una riflessione serissima” ai partiti.
E non può che concordare anche sulle pene alternative, visto che ha voluto un disegno di legge sul tema, con misure come la messa in prova dei detenuti presso i servizi sociali e un più esteso ricorso agli arresti domiciliari. Il ddl doveva essere in aula alla fine di questo mese.
Ma Severino ricorda che “il provvedimento è ancora pendente presso la commissione Giustizia”.
Il ministro per la Cooperazione, Andrea Riccardi, pensa positivo: “Penso che le forze politiche presteranno la dovuta attenzione alle parole di Napolitano”.
Andrea Orlando (Pd) assicura “il nostro impegno per una legge con la messa in prova e il rilancio di misure di depenalizzazione”.
Mentre Mario Staderini dei Radicali dice: “È fondamentale che se ne parli, l’Agcom ha appena fatto una delibera che impone alle trasmissioni di apprendimento di trattare delle carceri e delle proposte dei Radicali sul tema”.
Gran parte del centrodestra fa muro. “Per la Lega Nord è irricevibile qualsiasi proposta di amnistia e indulto, faremmo un’opposizione durissima” afferma Nicola Molteni del Carroccio.
Silenzio dal Pdl.

Luca De Carolis
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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LA FRANCIA SCEGLIE LA STRADA DEL RIGORE MA A PAGARE SARANNO SOPRATTUTTO I PIU’ RICCHI

Settembre 29th, 2012 Riccardo Fucile

LA FINANZIARIA GRAVERA’ IN MISURA MAGGIORE SUI CETI ABBIENTI E AUMENTERA’ I FONDI NEI MINISTERI CHIAVE PER LA RIPRESA: ISTRUZIONE, RICERCA, SANITA’, LAVORO E GIUSTIZIA

Una manovra i cui effetti si faranno sentire duramente in un paese in un certo senso spensierato, cioè poco abituato al rigore.
La pressione fiscale, passata dal 42,1 per cento nel 2009 al 45 per cento nel 2012, salirà  l’anno prossimo al 46,2%: la Finanziaria che il governo Ayrault si appresta a varare rischia di accrescere fortemente l’impopolarità  di Franà§ois Hollande, malgrado lo sforzo di far pagare soprattutto le classi medio-alte.
Parigi rispetterà  l’impegno a riportare il deficit francese al 3 per cento con una manovra da ben 37 miliardi: 7 già  previsti dalle misure prese in luglio, 30 che saranno pagati per due terzi da cittadini e imprese, per un terzo dallo Stato, che stringerà  (un po’) la cinghia.
Il disavanzo del Tesoro dovrebbe situarsi attorno ai 61-62 miliardi, quello della protezione sociale dovrebbe scendere da 14,7 a 11 miliardi.
Tutto ciò resta però aleatorio: il governo prenderà  come punto di riferimento l’ipotesi di una crescita dello 0,8 per cento, giudicata ottimista dagli economisti, che parlano piuttosto di uno striminizito 0,4 per cento. I primi sacrifici, insomma, arrivano, e il 2013 ne porterà  probabilmente altri.
Sul fronte della spesa pubblica, le misure non sono molte, tanto che imprenditori ed economisti considerano lo sforzo insufficiente.
Ma è difficile chiedere a un governo socialista, che proprio nel settore pubblico ha la sua base elettorale, di tagliare severamente.
In ogni caso, alcuni perderanno molti crediti : l’Agricoltura (-7,3%), la Cultura (-3,6%), l’Ecologia (-2%), tanto per citarne alcuni, saranno fra i più colpiti.
Vedranno invece crescere le loro dotazioni i dicasteri considerati strategici, come la Pubblica Istruzione, la Ricerca, la Sanità , il Lavoro, la Giustizia.
Le aziende vedranno sparire numerose agevolazioni, a cominciare da quella che esonerava dalle imposte gli interessi passivi.
Ma saranno riviste le regole per l’imposta sulle società , con l’aumento degli acconti e le minori detrazioni per i deficit accumulati: l’insieme delle misure dovrebbe costare alle imprese 9 miliardi.
Quanto ai lavoratori autonomi, vedranno sparire certe agevolazioni sui contributi sociali.
Anche i cittadini pagheranno, soprattutto i più abbienti. Il tradizionale rialzo delle aliquote Irpef in base all’inflazione non sarà  più applicato: Fillon lo aveva sospeso, Ayrault conferma il provvedimento.
Questo significa un rialzo automatico delle imposte sul reddito per chi le paga (Oltralpe, solo il 53,5% delle famiglie paga l’Irpef).
Ma c’è molto di più: i redditi da capitale saranno d’ora in poi tassati come il reddito e non più forfettariamente (forse con l’esclusione degli interessi inferiori a 2 mila euro); chi guadagna più di 150mila euro sarà  sottoposto a una nuova aliquota del 45% (la massima, finora, era del 41%); sarà  introdotta la famosa tassa speciale del 75% sui redditi superiori a un milione di euro, forse limitata al prossimo biennio; le aliquote della patrimoniale, pagata a partire da una fortuna di 1,3 milioni in beni mobiliari e immobiliari, torneranno al livello di due anni fa; le plusvalenze immobiliari saranno tassate di più e in generale tutte le numerose agevolazioni fiscali saranno ridimensionate.
Salvo sorprese, queste saranno le grandi linee della Finanziaria.
E i prossimi anni non saranno più facili per i contribuenti: l’obiettivo è di arrivare al pareggio di bilancio nel 2017 e la pressione fiscale salirà  ancora di qualche frazione di punto.
Naturalmente sperando che la crescita finisca prima o poi per rifare capolino e rilanciare un’economia che perde colpi.

Giampiero Martinotti

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