Gennaio 2nd, 2013 Riccardo Fucile
I CENTRISTI DIFENDONO CESA E BUTTIGLIONE… CASINI: “NON ROTTAMO”… IN FORSE LA LISTA DI FINI
Il nuovo anno del centro montiano si apre all’insegna della tensione, con l’Udc in rivolta sotterranea e Pier Ferdinando Casini in grande freddo con il premier in carica.
A gelare i rapporti è il ruolo che il Professore ha affidato a Enrico Bondi, commissario del governo per la spending review.
L’incarico di supervisore dei curriculum innervosisce gli aspiranti parlamentari, che si sentono osservati, studiati, giudicati e temono di essere respinti col bollino di «impresentabili».
Tanto che i centristi hanno preso a paragonare Bondi a Torquemada, il grande inquisitore spagnolo dell’epoca dei re cattolici.
Casini, in un’intervista ad Avvenire – oltre a gelare le aspettative del Pd mandando a dire a Bersani che «sarà premier solo se avrà la maggioranza alla Camera e al Senato» – chiarisce la definizione delle liste: «Ci sarà un rinnovamento profondo ma non la rottamazione di persone onestamente impegnate in politica».
La tensione è alta, al punto che l’Udc due giorni fa avrebbe minacciato lo strappo, nel tentativo di smussare le forbici del commissario.
Per dire del clima, il 31 dicembre sul sito Formiche.net – rivista fondata dal giornalista Paolo Messa, consigliere «pro tempore» del ministro Corrado Clini ed ex portavoce di Marco Follini quando era segretario dell’Udc – è spuntato un articolo che parla di Bondi come di un «tagliatore di teste» e definisce «giacobina» l’idea di «consegnare il potere di decidere chi deve sedere in Parlamento a un soggetto terzo».
Quel che i centristi non accettano è il veto sul nome del segretario Lorenzo Cesa per i suoi trascorsi guai giudiziari, risolti in prescrizione.
Nè intendono cedere alla richiesta di Bondi, e dunque di Monti, di convincere al passo indietro il presidente Rocco Buttiglione, sulle cui spalle gravano ben più di tre lustri di Parlamento.
Il braccio di ferro va avanti da giorni, con Bondi che insiste e Casini che resiste, determinato a non cedere sovranità al punto da farsi imporre le candidature da fare e quelle da evitare.
Il punto, per via Due Macelli, è che non sono chiari i criteri di selezione e che il partito «è sì disposto ad accettare il vaglio di Bondi, ma non può lasciar passare il fatto che alcuni nomi siano considerati tabù».
Giorni fa al tavolo delle trattative si era pensato di confinare al Senato indesiderati, naufraghi e riciclati del Parlamento, ma con la lista unica il Professore ci ha ripensato: i nomi più discussi, sempre che riescano a scampare alla ghigliottina di Bondi, dovrebbero dunque finire nelle liste dei rispettivi partiti alla Camera.
È il caso ad esempio di Italo Bocchino: Monti non ha dimenticato la dichiarazione un po’ avventata con cui, un anno fa, il vicepresidente di Fli rischiò di far saltare il suo governo sul nascere proponendo un esecutivo Monti senza il Pdl per il 2013.
Alla Camera il premier non intende schierare politici, se non nella lista Udc e in quella di Fli.
Ma nulla è ancora deciso, non si sa ancora se Gianfranco Fini riuscirà a presentare la sua lista… Le ragioni che tengono i finiani col fiato sospeso sono diverse, non ultimo il fatto che lo stesso leader teme una conta dolorosa nelle urne.
Nel listone del Senato finirebbero dunque quei parlamentari uscenti rimasti apolidi, come Mario Mauro o Pietro Ichino.
Oltre a Casini, che ha «prenotato» uno scranno a Palazzo Madama, traslocherebbe al Senato anche il capogruppo di Fli Della Vedova, tra i più accesi sostenitori della lista unica.
Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 2nd, 2013 Riccardo Fucile
TRICOLORE STILIZZATO NEL LOGO… IL PROFESSORE SI E’ RIVOLTO ALL’AGENZIA DI CREATIVI PUGLIESI CHE HA LAVORATO PER VENDOLA
Il colore è il bianco. Il nome della lista è «Con MONTI per l’Italia», dove il leader
della coalizione spicca in caratteri maiuscoli.
E, a caratterizzare il logo, c’è il tricolore, che incornicia il simbolo sotto forma di bandiera stilizzata.
Il logo per il listone del Senato – che sarà riprodotto in piccolo nei simboli delle liste alla Camera – è pronto. Aspetta solo il definitivo via libera di Mario Monti, al quale i bozzetti sono stati consegnati poche ore prima del brindisi di fine anno, lunedì.
Il premier doveva sciogliere la riserva ieri pomeriggio, ma poi ha deciso di prendersi qualche ora di riflessione in più.
Ma il tempo stringe e oggi stesso Monti dovrebbe presentare nome e logo.
Scartata la proposta di Italia Futura, con le stelle dell’Europa e la scritta «Agenda Monti», sul tavolo del premier resta il simbolo realizzato da una nota agenzia di giovani creativi pugliesi, gli stessi che hanno ideato altre campagne vincenti (e controcorrente) di leader di sinistra, da Michele Emiliano a Nichi Vendola.
Sulle prime i pubblicitari avevano progettato un logo molto più «frizzante», ma il Professore, com’è nel suo stile, ha optato per un messaggio graficamente più sobrio che esprime rigore, affidabilità e senso dello Stato.
Ogni riferimento all’agenda è sparito e così la parola «presidente», che sembrava dover accompagnare il nome di Monti.
Lo staff del Professore medita di renderlo pubblico oggi stesso, per poi stamparlo e avviare immediatamente la raccolta delle firme per la presentazione delle liste.
L’ipotesi più probabile è che lo schieramento montiano si presenti a Montecitorio con una formazione a tre punte: la lista della società civile che fa capo, tra gli altri, a Montezemolo e Riccardi, quella dell’Udc e quella di Fli.
Su quest’ultima però la riflessione è ancora aperta, perchè nell’entourage di Monti il partito di Fini è visto come uno scoglio.
Il presidente ha ancora qualche dubbio sull’assetto da dare all’alleanza.
Monti ha infatti preso in considerazione l’ipotesi di presentare alla Camera addirittura cinque liste, così da moltiplicare le forze sul territorio.
L’ipotesi allo studio è di affiancare alle sigle fondatrici una lista di ex pdl e un’altra di ex pd, alla quale stanno lavorando quei parlamentari cattolici che hanno lasciato Bersani al seguito di Lucio D’Ubaldo: il senatore ha depositato il simbolo «Democratici popolari con Monti», però con buona dose di realismo ammette che «in dieci giorni fare 27 liste per le 27 circoscrizioni sarebbe complicato».
Diversi ministri hanno fatto sapere di essere pronti a candidarsi, da Mario Catania a Giulio Terzi di Sant’Agata. Altri invece sono in ritirata.
Il premier ha chiamato per gli auguri Corrado Passera e ha provato a convincerlo a tornare in corsa al suo fianco. Ma il ministro dello Sviluppo ha tenuto il punto, convinto com’è che la coalizione di Monti debba presentarsi alla Camera in formazione unitaria.
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 2nd, 2013 Riccardo Fucile
A SINISTRA TROPPI CONSERVATORI, IO STO DALLA PARTE DELLE RIFORME
“Vendola e Fassina? Conservatori”. “Bersani? Io sto dalla parte delle riforme”. “Una commissione d’inchiesta sul governo? Stravagante”.
Giusto il tempo del brindisi di capodanno, forse nemmeno quello, e la campagna torna, con il primo vero attacco di Mario Monti da leader di una coalizione candidata alle elezioni.
E’ il premier dimissionario la vera incognita dei prossimi giorni. Anche se il professore non sembra sentirsi a disagio nel ring politico. Dopo l’autoanalisi del governo — “tagliare un punto di tasse” — il presidente del Consiglio stamattina è tornato a parlare, ospite di Radio Anch’io su Radio Uno.
”D’ora in poi — ha detto Monti — l’obiettivo sarà la crescita. Bisognerebbe coalizzare chi è per le riforme e non per la conservazione”, dice l’ex premier ricordando che per alcune leggi, come quella sulla legge elettorale, “serviranno maggioranza larghe”. “Ora la distinzione fondamentale — ha aggiunto tirando una stoccata alla coalizione di Bersani — è tra chi vuole cambiare il Paese e chi a sinistra, mi riferisco a Vendola e a Fassina, e a destra, si oppone a questo cambiamento”.
Quale cambiamento? Per il presidente del Consiglio, l’obiettivo è quello di ”ridurre la tassazione sul lavoro e parallelamente la spesa pubblica.
Servono — dice — alleggerimenti di situazioni per le famiglie, soprattutto quelle numerose, un sistema sanitario che funzioni ancora meglio e a costi minori e ci stiamo lavorando, e un sistema fiscale che consenta una redistribuzione del reddito dai più ricchi ai più poveri. Per questo il sistema fiscale deve funzionare”.
Quanto alla politica, per Monti “ora occorre togliere certi privilegi alla cosiddetta casta”, il problema è che “i partiti della strana maggioranza hanno guardato alla propria tutela e alla propria protezione. C’è da parte dei cittadini una sete di sangue contro la politica, qualunque taglio non sarebbe sufficiente”, ha sostenuto il Professore, “ma c’è ancora molto da fare”.
Monti è tornato anche a parlare dello scenario che lo voleva futuro presidente della Repubblica. ”Non è mai stato un mio obiettivo — ha detto — ricordando che sono stati gli osservatori a parlare di una sua candidatura al Colle. Ora, poi, l’”obiettivo è meno probabile”.
Il presidente del Consiglio ha poi replicato alle parole del segretario del Partito democratico, che due giorni fa lo aveva invitato a schierarsi: “A Bersani dico che io sto per le riforme che rendano l’Italia più competitiva e creino più posti di lavoro; ma è difficile ragionare su dove uno sta. Io scendo in campo non schierandomi pro o contro singoli partiti ma fortemente per difendere determinate idee”.
Ironia, invece, per replicare a Silvio Berlusconi, che pochi giorni fa aveva annunciato una commissione di inchiesta sulla caduta del suo governo: ”La trovo un’idea stravagante, tardiva, interessante. Ben venga…”, ha detto il premier.
Quanto all’accusa di non avere dedicato spazio ai temi etici nella sua agenda, il premier ha ammesso: ”Per ora non saranno al centro del programma” di un eventuale nuovo governo.
”Il nostro — ha detto — è un movimento di cattolici e laici con sensibilità diverse e che dà un valore centrale alla persona. Per costruire una coalizione larga i temi a valenza etica, pur essendo più importanti che creare lavoro, fanno meno parte dell’urgenza. Ora bisogna lasciare più spazio alle coscienze individuali e al Parlamento. Per ora, ferma restando vigorosissima tutela persona e vita, i temi etici non saranno al centro del programma”.
“In generale — ha detto l’ex rettore della Bocconi — Berlusconi ha usato contro di me armi improprie, come i valori della famiglia. La cosa si commenta da sè. Berlusconi mi confonde sul piano logico e mi confonde a tratti sul piano dell’eccessivo elogio. In altri momenti, forse allora ero un leaderone e non un leaderino, mi ha offerto di prendere la guida del fronte dei moderati. Poi — ha aggiunto — ha detto che il governo ha fatto solo disastri, poi che ha fatto tutto il possibile. Spero gli elettori siamo meno confusi di me”.
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Gennaio 2nd, 2013 Riccardo Fucile
FINALMENTE QUALCUNO SI E’ ACCORTO DELLE GRANDI POTENZIALITA’ DELLA BONGIORNO… OPERAZIONE SIMILE IN LOMBARDIA E MOLISE
La Lista Monti sbarca anche nelle regioni. Per ora è solo un’ipotesi. Ma l’idea sta
giorno dopo giorno sta prendendo quota e concretezza.
“Correre” anche in Lombardia, Molise e Lazio per non disorientare gli elettori.
I primi passi sono già stati compiuti.
Tanto da indicare anche alcuni “potenziali” candidati Governatore. Soprattutto per il Lazio.
I sondaggi già fatti e in corso indicano un solo concorrente come la più quotata tra i centristi. Un nome che potrebbe sparigliare i giochi apparentemente già fatti a favore di Zingaretti.
Il nome è quello di Giulia Bongiorno, l’avvocato prestato alla politica che più di tutti ha dato noia al Cavaliere nella legislatura appena chiusa.
La mossa è quella di utilizzare lei non solo come primo nome della lista Monti per il Senato nel Lazio, ma anche per una coalizione centrista Udc-Fli che corra alle regionali.
Una doppia candidatura dunque, Senato e Regione Lazio.
Proprio su quest’ultima competizione – una novità nella strategia del Professore – le valutazioni di prospettiva stanno rivelando in queste ore che una lista del genere, e con un esponente di peso come Bongiorno a guidarla, potrebbe catturare il voto di molti indecisi e implementare il risultato delle politiche.
Non è un mistero del resto che, nell’esito incerto e legato a una manciata di voti per il futuro di Palazzo Madama, proprio il risultato delle regionali in Lombardia e nel Lazio potrebbe essere determinante e fornire un prezioso atout al professor Monti anche perchè è noto che moltissimi che si astengono alle politiche votano invece per le regionali.
Della candidatura dell’ex presidente della commissione Giustizia della Camera – che Fini ha lanciato in politica nel 2006 – si è parlato ufficialmente nelle riunioni centriste. È stata chiesta da Casini e Fini la sua disponibilità a correre nella doppia veste di governatore e di capolista al Senato.
Nelle prossime ore Bongiorno stessa scioglierà le sue ultime riserve.
I sondaggi che la riguardano, fatti tra le figure di spicco dell’area centrista, l’hanno classificata al primo posto.
Anche le sfere ecclesiastiche si sarebbero dichiarate favorevoli all’avvocato, che ben ricordano come il legale di origine palermitana, figlia d’arte (suo padre è un noto civilista), abbia condotto la battaglia legale per Andreotti.
In ottimi rapporti con Italia Futura di Montezemolo, Bongiorno viene spesa come un tecnico che è riuscita a restare in sella alla commissione Giustizia conquistandosi anche un voto bipartisan nel durissimo scontro sulla giustizia tra berlusconiani e centrosinistra.
In una regione come il Lazio tormentata dalle inchieste giudiziarie, con due governatori, Storace e Polverini, spazzati via dagli scandali (anche se poi Storace è stato assolto).
Un candidato come Bongiorno è considerato strategico soprattutto dopo che Berlusconi ha annunciato di voler appoggiare Storace.
La legalità diventa uno dei temi principali della competition regionale: Bongiorno potrebbe essere il candidato che può competere a sinistra con Zingaretti e a destra con Storace.
Ma a questo punto si aprirà la caccia ai candidati-Governatori anche in Lombardia e in Molise.
E il nome di Gabriele Albertini è già pronto.
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 2nd, 2013 Riccardo Fucile
PRONTO IL SIMBOLO “CON MONTI PER L’ITALIA”, IL BRAND SARA’ PRESENTE ANCHE NEI SIMBOLI DI UDC E FLI
«Con Monti per l’Italia». Il premier si rigira a lungo tra le mani il bozzetto con il simbolo della lista unica che dovrà condurre la battaglia elettorale al Senato.
Sarà il simbolo del movimento.
Pomeriggio di festa, studio della casa milanese di Mario Monti.
Gli sherpa di Udc, Fli, Italia Futura e altri uomini vicini al Professore che fino al 31 hanno lavorato a nome e simbolo, gli recapitano entro l’1 il risultato di vertici e analisi di mercato.
L’ipotesi di logo che sembra prevalere vede campeggiare la scritta in alto su un tricolore stilizzato.
Se il premier darà il suo ok definitivo, il brand campeggerà in piccolo anche nella parte inferiore dei simboli di Udc e Fli alla Camera (ma la presentazione della squadra finiana è ancora incerta).
E poi, sotto il simbolo della lista più direttamente “montiana” (e di Montezemolo) per Montecitorio, che richiama nel titolo il concetto – caro a entrambi – di “Lista civica”.
Quel che è certo è che da oggi il premier si getta a capofitto nella campagna mediatica, prima della tagliola della par condicio.
Questa mattina sarà ospite di “Radio Anch’io”, ben avviate le trattative per un intervento domani a “Uno Mattina”, dove ha fatto la sua comparsa nei giorni scorsi Berlusconi.
Ecco, agli attacchi ormai frontali e quotidiani del Cavaliere, raccontano i collaboratori più fidati, Monti non replicherà se non indirettamente.
Sorride e scrolla le spalle, raccontano, alla minaccia della commissione d’inchiesta. Ma la presa di distanza dalla parte politica che ha decretato la fine anticipata del suo governo sarà marcata. In radio e tv il Professore sponsorizzerà il suo «manifesto» politico in sette punti pubblicato sul web a capodanno.
Inviterà a «superare i due blocchi della conservazione».
Ribadirà l’intenzione di andare «oltre» la destra e la sinistra (intesa come radicale e dunque vendoliana). Ma alzerà pure il tiro contro un centrodestra che lo ha messo nel mirino.
Il movimento, sta scritto anche nel documento in sette punti, nasce soprattutto «in contrapposizione alle forze conservatrici, prone a interessi particolari, a protezioni corporative, addirittura anti-europeiste».
Con un richiamo solo in parte implicito al Pdl berlusconiano. Il Professore punterà però soprattutto la campagna in chiave propositiva, spiegando di non aver potuto realizzare il suo programma per l’emergenza “baratro” affrontata nei 13 mesi e perchè vincolato dai tre partiti della strana maggioranza.
Chiede voti e mani libere, adesso.
Ma come scrive il Financial Times, «la nascita della coalizione Monti si sta rivelando un passaggio difficile».
Il “tagliatore di teste” Enrico Bondi non ha ancora completato il lavoro sulle candidature, che si registrano già frizioni con l’Udc di Casini.
La “black list” è in cantiere ma comprende parecchi nomi centristi, alla luce dei due criteri (meno di 15 anni di legislatura e fedina penale pulita). Il premier avrebbe individuato a sua volta una scala di priorità nella selezione: primo, assenza di carichi pendenti; secondo, assenza di conflitti di interesse; solo terzo, gli anni in Parlamento. Ci saranno delle deroghe per i leader, ma per pochissimi altri casi, ha già fatto sapere Monti.
Di certo per Fini e Casini (possibile capolista al Senato nelle regioni del Sud), ma le legislature inchiodano gli udc Delfino, Volontè, Buttiglione, Lusetti, Tassone.
Il nome di Adornato sarebbe cerchiato per la storia dei finanziamenti al quotidiano Liberal (già oggetto di accertamenti da parte della Gdf), quello di Cesa per il reato prescritto.
E poi quelli di Gabriella Carlucci e Patrizia Binetti per altre ragioni, provenienza politica e anagrafica. In via Due macelli, sede Udc, sono pronti a dare battaglia e chiedono più chiarezza sui criteri.
«Ma se vogliono il bollino Monti sotto il loro simbolo – ragiona chi a quel timbro sta lavorando – dovranno accettare le regole».
E Casini all’Avvenire dice: «Per cambiare il Paese serve ancora il Professore al timone. Bersani premier? Solo se avrà la maggioranza a Camera e Senato».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 2nd, 2013 Riccardo Fucile
L’INSOLITA IMPENNATA DEL PROFILO @BERLUSCONI2013, DECUPLICATI IN 24 ORE… L’ACCUSA DI ALCUNI UTENTI: “COMPRATI”
Sessantamila follower in un solo giorno. Quando basta a far spiccare il volo al profilo
twitter «@Berlusconi2013» riconducile in qualche modo all’entourage dell’ex premier Silvio Berlusconi anche se «non ufficiale» («è un’iniziativa di volontari -si legge- il profilo è stato creato da un gruppo di sostenitori»).
Aperto il 6 dicembre scorso il profilo ha navigato con qualche centinaio di follower nelle prime settimane dello scorso anno per poi impennarsi prepotentemente a ridosso del veglione di Capodanno, schizzando da 7 mila a quasi 70 mila follower.
Quanto basta per incuriosire alcuni utenti di Twitter, che hanno avanzato il sospetto che qualcuno di provata fede berlusconiana abbia acquistato follower.
Una prassi non nuova, soprattutto tra le grandi aziende.
Ad avvalorare il sospetto che @Berlusconi2013 sia solo un soufflè di cinguettii basta scorrere l’elenco dei 70 mila follower.
In mezzo a pochi con un minimo di vitalità sul Social Network in gran parte sono utenti di origine sudamericana che a corredo del profilo non hanno nemmeno una foto ma il tristissimo uovo (l’immagine di “default” su Twitter) e a volte nemmeno un cinguettio.
Il profilo non è un fake (cioè contraffatto) ma realmente riconducibile a sostenitori di Silvio Berlusconi e nei tweet riporta recenti dichiarazioni del Cavaliere che augura buon anno o commenta la discesa in campo del procuratore antimafia Piero Grasso.
Nel profilo si cita anche la data di nascita del fondatore di Forza Italia e viene linkato il sito del Popolo delle Libertà .
CORREZIONI IN CORSA –
Ma dopo le prime polemiche sul Social Network qualcuno è subito corso ai ripari con una serie di chiarimenti del tipo: «Il profilo è stato creato da un gruppo di sostenitori» e «chi lo gestisce non riceve un solo euro ma lo fa per passione e stima nei confronti del Presidente Berlusconi».
Quindi ne sono stati pure cambiati i connotati, attribuendo il profilo ad un non meglio precisato «Comitato Berlusconi 2013 – Volontari Digitali – Elezioni Politiche 2013 – La forza dell’Italia migliore» e linkato invece del Pdl l’indirizzo iononvotolasx.com che però non rimanda ad alcun sito.
Interviene su Twitter anche il deputato Antonio Palmieri, responsabile della comunicazione su internet del Pdl, per ribadire che «non è un account ufficiale di Berlusconi ma frutto dei nostri volontari digitali».
Resta la “magia” dei 60 mila follower in un giorno.
IL MERCATO DEI FOLLOWER –
La questione dei profili twitter gonfiati non è affatto nuova e in passato ha già coinvolto molti personaggi famosi che ci tengono a non fare la figura degli sfigati.
E soprattutto di molte aziende, come ha denunciato qualche mese fa il professore Marco Camisani Calzolari, docente di Comunicazione aziendale e linguaggi digitali secondo il quale «l’80% dei fan e dei follower delle aziende italiane è finto».
Sempre Calzolari ha spiegato che basta «pagare 20 dollari per ottenere 50mila follower su Twitter e 30 dollari per avere 6mila like su una pagina Facebook».
Ci sono due categorie di utenti spiega il docente «quelli finti, creati da un bot e quelli veri e iscritti a portali che propongono l’affiliazione come moneta di scambio».
AZIENDE E NON SOLO –
Un «mercato nero» che spesso altera il valore delle sponsorizzazioni e della comunicazione.
Secondo Calzolari, infatti, circa le metà dei follower di grandi marchi come Coca Cola o Ikea sono falsi.
Nel mirino del docente è finito persino una star della Rete come Beppe Grillo. A suo giudizio degli oltre 600 mila follower del leader del Movimento 5 Stelle circa il 50% sarebbe finto. Accuse che a suo tempo crearono un accesa polemica.
Con Grillo che alla fine accusò Calzolari, guarda caso, di essere al soldo di Berlusconi come autore del sito Forzasilvio.it e di manipolare le informazioni per gettare fango sui grillini.
Come dire: a sospetto si aggiunge sospetto.
A dimostrazione che spesso anche il mondo di internet non ha nulla da invidiare alla politica con i suoi veleni e sospetti.
Alfio Sciacca
(da “Il Corriere della Sera“)
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Gennaio 2nd, 2013 Riccardo Fucile
DOPO MUCCHETTI, SI PUNTA A INTELLETTUALI E DOCENTI
Effetto sorpresa. Bersani ce l’ha già tutto in mente il “listino” – la quota dei garantiti in lista – ma centellina i nomi.
«Li tirerà fuori a uno a uno», dicono i collaboratori del segretario del Pd.
Quindi, dopo Piero Grasso, il procuratore Antimafia (e relative polemiche), è la volta di un’altra carta sul tavolo della partita elettorale: Massimo Mucchetti, vicedirettore del Corriere della Sera, esperto di questioni economiche.
L’annuncio arriva con un tweet.
Enrico Mentana, il direttore del TgLa7, twitta a sua volta: «Mucchetti è un grande giornalista e il Pd è un partito serio. Ma resto della mia idea: per noi giornalisti entrare in politica è un controsenso ».
La discussione è aperta.
Poco però interessa al leader democratico, che ha come preoccupazione e obiettivo di mettere in campo una squadra forte che distacchi nelle urne i montiani.
Sono molto corteggiati in queste ore i cattolici Emma Fattorini, Alberto Melloni, e la docente di diritto del lavoro Luisa Corazza.
Melloni, storico della Chiesa, è il più restio a farsi convincere.
«L’importante è non indebolire la presenza dei cattolici nel partito, e mantenere il pluralismo culturale che è la cifra del Pd», osserva Antonello Giacomelli.
Ma anche rafforzare la presenza di personalità della società civile.
Quindi, certi sembrano essere lo storico Miguel Gotor, consigliere di Bersani nella campagna per le primarie; Carlo Galli candidato in Emilia; il filosofo Mario Tronti. Nutrito il gruppetto degli economisti, bisognerà poi vedere chi resterà nella rete: tra questi, Emilio Barucci, Massimo D’Antoni, Pietro Reichlin, autore con Aldo Rustichini di una riflessione proprio sul futuro della sinistra (“Pensare la sinistra”, Laterza).
Scontate poi le candidature di Alessandra Moretti, vice sindaco di Vicenza e portavoce del comitato per Bersani alle primarie, di Roberto Speranza e Tommaso Giuntella.
In pole position anche Chiara Geloni, direttore di Youdem, e Claudio Sardo, direttore dell’Unità .
Certa la candidatura dell’ex segretario della Cgil, Guglielmo Epifani. E c’è la pattuglia renziana, non ancora definita. Nell’ultimo incontro però, Renzi ha consegnato a Bersani una ventina di nomi, tra cui quello dello scrittore Alessandro Baricco e del fondatore di Slow Food, Carlo Petrini.
Si parla anche di Oscar Farinetti, il patron di Eataly, candidatura meno sicura. Come dell’attrice Ottavia Piccolo.
Nonostante la polemica sui magistrati in politica, un appello è stato lanciato ieri dal Forum per la legalità e la sicurezza di Firenze, perchè sia candidata nel listino Silvia Della Monica, senatrice, ex pm, vice di Pier Luigi Vigna.
È stato sottoscritto da 1.033 persone, e inviato a Bersani.
«Troppo presto parlare della quota nazionale», commenta Maurizio Migliavacca, il coordinatore della segreteria.
Già il 2 gennaio tuttavia, con i risultati delle parlamentarie acquisiti, si decideranno i capilista.
Bersani pensa a giovani segretari regionali come il toscano Andrea Manciulli, ma anche a Franco Marini in Abruzzo, a Beppe Fioroni, a Rosy Bindi in Calabria, a Andrea Orlando in Liguria insieme con Lorenzo Basso.
Giovanna Casadio
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Gennaio 2nd, 2013 Riccardo Fucile
SI PARTE DALLA “RIDUZIONE FISCALE INIZIANDO DALLE ALIQUOTE PIU’ BASSE PER DARE RESPIRO ALLE FASCE PIU’ DEBOLI”… “NON CEDERE ALLE LOBBY E LIBERALIZZAZIONI”
A due giorni dalla nota di palazzo Chigi che tracciava un auto-elogio sull’efficacia dei
provvedimenti adottati dall’esecutivo Monti, il governo diffonde il documento “Analisi di un anno“, in ci si dice che “l’azione è appena iniziata”.
Primo capitolo: le tasse.
“L’obiettivo è di ridurre di un punto e progressivamente la pressione fiscale, iniziando dalle aliquote più basse per dare respiro alle fasce più deboli”.
Bisogna però completare la delega fiscale: la non approvazione “lascia una lacuna da colmare al più presto”.
Poi si parla di spending review: “Non bisogna fare passi indietro e soprattutto non bisogna cedere alle sirene delle lobby e di chi non vuole rinunciare ai propri privilegi”. Collegamento diretto con le liberalizzazioni: ”Un settore in cui sui avverte la necessità di aprire alla concorrenza sono i servizi pubblici locali” gestiti in gran parte in modo diretto con un risultato di “un servizio spesso scadente che pagano i cittadini e le stesse amministrazioni.
Prendendo atto dell’esito del referendum corre investire ancora, e molto, nel comparto delle risorse idriche e nei settori in cui ci sono maggiori spazi di apertura alla concorrenza: i trasporti pubblici e i rifiuti”.
Dopo aver ricordato le misure adottate, il governo non nasconde il disappunto sul fatto che “per il settore della distribuzione dei carburanti la proposta del governo, che prevedeva la possibilità di aggregazioni dei gestori degli impianti di distribuzione, è stata cancellata durante la conversione in Parlamento”.
“Per rimuovere ogni vincolo all’apertura di nuovi impianti di distribuzione — viene spiegato — dovranno essere vietati tutti gli obblighi asimmetrici (ad esempio la dotazione di impianti fotovoltaici e di videosorveglianza) e le limitazioni alla localizzazione degli impianti completamente automatizzati”.
Viene affrontato anche il capitolo banche e assicurazioni: “Anche qui sono i cittadini i primi a pagare le conseguenze della mancata attuazione delle riforme. Nel settore bancario bisogna pensare alla separazione tra BancoPosta e Poste Italiane per sottrarci alle preoccupazioni concorrenziali che riguardano l’abbinamento effettuato dagli intermediari finanziari delle polizze assicurative ai contratti di finanziamento”.
“Nel settore assicurativo — prosegue poi l’analisi — il governo è a buon punto. Ma la disciplina delle clausole anticoncorrenziali nella responsabilità civile auto deve essere integrata e completata. Dobbiamo impedire che si instaurino rapporti di esclusiva tra compagnie e agenti e rimuovere gli ostacoli alla collaborazione tra gli intermediari che appartengono a differenti reti distributive.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 2nd, 2013 Riccardo Fucile
MOLTI STRANIERI SI OFFRONO PER FARSI INTESTARE L’AUTOMOBILE
Quattro frecce che lampeggiano da almeno mezz’ora, il Suv – marca tedesca, vetri oscurati, targa bulgara – parcheggiato in seconda fila nel centro di Torino. E il proprietario, italianissimo, che finisce con calma l’aperitivo.
Certo che la multa, in ogni caso, non arriverà mai.
Eccola, l’internazionale dei furbetti, strana alleanza tra rivenditori di Sofia, imprenditori del Belpaese e intermediari che si offrono su internet, alla luce del sole.
Basta fare un giro sui siti di annunci più cliccati, da Ebay a Subito.it. «Vendesi Golf del 2006, 4500 euro, immatricolata in Bulgaria».
Il prezzo non è trattabile, ma il risparmio è garantito, assicura il proprietario.
Il bollo a Sofia costa un decimo, l’assicurazione quasi: sotto i 200 euro.
Un altro giro di clic, altri centinaia di annunci.
Macchine di grossa cilindrata, straniere soprattutto: Bentley, Bmw, Mercedes.
Su un forum Alex racconta la sua nuova vita automobilistica targata Bulgaria.
«Parcheggi a pagamento zona blu gratuiti, disco orario senza limite di tempo, autovelox fisso come se non esistesse: l’avrò preso venti volte. Lo sventurato che fa un incidente con me e ha ragione difficilmente otterrà il dovuto. E la Ztl non esiste».
Già , perchè la multa, se il veicolo è immatricolato all’Est, rischia di non arrivare mai.
«È più facile aspettarsi la lettera da un morto» scrive il quotidiano di Sofia «24 Chassa», che al fenomeno ha dedicato una lunga inchiesta, raccontando di contravvenzioni che si perdono nei labirinti della burocrazia e rimbalzano tra un ufficio e l’altro.
I Comuni hanno un anno di tempo per notificare un verbale fuori dai nostri confini e chi lo riceve due mesi per saldare il conto.
Ma è una procedura costosa, che per decenni è stata accantonata.
Secondo la legge italiana i proprietari di un’auto registrata all’estero hanno l’obbligo di registrarla entro un anno.
Per dribblare l’ostacolo – e sottrarsi al controllo del redditometro fiscale – bisogna trovare un prestanome residente all’Est.
Un utente che si firma «meccanico», probabilmente un imprenditore, la fa semplice.
«Ho intestato la macchina a un mio dipendente, problema risolto». E la revisione? «Sarebbe annuale e dovresti portare l’auto in Bulgaria. Ma basta allungare un cinquantino di euro al meccanico bulgaro, per posta, e si occupa lui di tutto».
Poi c’è la carta leasing. Si stipula un falso contratto con concessionarie o agenzie straniere e ci si accorda su un noleggio. Voilà , il fisco è «dribblato».
A gravare sui bilanci dello Stato, e a catena su quelli di Regioni e Comuni, sono soprattutto i possessori di auto di lusso.
Secondo i dati elaborati dal sito «L’Inkiesta» nel 2011 i «macchinoni» che costano più di 80mila euro immatricolati in Italia sono stati poco più 110mila, più della metà al Nord. Tra questi, i controlli incrociati dei Nuclei speciali di polizia valutaria della Guardia di Finanza, hanno scoperto 2806 casi irregolari, con un importo medio di evasione fiscale alle casse dello Stato di 24.634 euro.
Tra i furbi della targa estera, però, si sta diffondendo il panico.
Il rischio massimo, per chi si fa «pizzicare», è un processo con l’accusa di truffa aggravata ai danni della pubblica amministrazione.
Il minimo, una contravvenzione che va dagli 80 ai 318 euro.
«I controlli sono sempre più severi» scrive in rete Daniel. È così.
Due fermi in poche ore a Crema, occhi apertissimi a Milano.
Dopo aver bloccato il recordman delle multe mai pagate – un romeno alla guida di un’Alfa 159 immatricolata a Bucarest, un debito di 20 mila euro con Palazzo Marino – il coordinatore Cisl della polizia locale Alfredo Masucci ha alzato la voce. «È da oltre un anno che denunciamo questo problema. Qualcosa si deve fare».
Il sindaco Pisapia ha recepito il messaggio ed è scattata un’offensiva europea, dalla Germania al Principato di Monaco, per riempire un buco di 4 milioni di euro.
E gli uomini del Fisco preparano controlli più severi in tutto il Paese.
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