Febbraio 13th, 2013 Riccardo Fucile
MARONI IN CONFUSIONE: OGGI SOSTIENE: “ABBIAMO SOSTENUTO ORSI PERCHE’ BRAVO”… MA IERI AVEVA DETTO “LA LEGA NON C’ENTRA NULLA, IL SUO NOME FU INDICATO DAL CONSIGLIO DEI MINISTRI, NON DALLA LEGA”… IL TESTO DI TRE TELEFONATE RIVELANO LO STRETTO RAPPORTO TRA ORSI E MARONI
Il Fatto Quotidiano aveva pubblicato il 13 ottobre 2012 in esclusiva le intercettazioni di tre telefonate che dimostravano i reali rapporti con Maroni.
Orsi ringrazia Maroni nel giorno della nomina per tutto quello che ha fatto per lui il 3 aprile 2011, quando è diventato amministratore delegato di Finmeccanica, cominciando la sua scalata completata proprio il giorno della telefonata intercettata con la nomina a presidente.
È il primo dicembre del 2011 quando alle 8 di sera Maroni chiama Orsi per complimentarsi.
Maroni (M): Non so se è la fine del calvario o se comincia adesso …
Orsi (O) Io credo che cominci adesso, caro Roberto …
M: Però volevo farti i complimenti, ti ho seguito con sofferenza in questi giorni, perchè è stata una cosa … ignobile c’era da aspettarselo perchè … però mi sembra che sia andata nel modo migliore
O: Sì, sì …è un po’ pesante tutte e due assieme (presidente e amministratore Ndr)… però …. qualcuno ingombrante o non allineato, meglio così insomma
M: Ma poi sai è il riconoscimento indiscusso della tua professionalità e del fatto che tu sei l’uomo migliore che poteva reggere questo peso qui, no, al di là di tutte le polemiche che legano Lega …
O: Certo …
M: Che poi io e te sappiamo com’è andata, no, e sappiamo che…
O: io dico sempre comunque se non c’è Roberto Maroni a fare l’ultimo miglio, col cavolo che io qua c’ero, penso fanno tutti i bravi
M: Esatto … esatto …
O: Però alla fine quella domenica (il 3 aprile 2011 Ndr), la telefonata l’hai fatta tu
M:. E si infatti … per cui sono molto soddisfatto … .
O: Adesso non so … se sono soddisfatti non so se ringraziarti o volertene …inc … certamente te ne vuole … dai ci vediamo presto, qui a Roma o dove ti capita …
M: Va bene (…)
O: dai ci vediamo presto e grazie comunque del tuo supporto …
Il 21 dicembre Orsi richiama Maroni e parlano dell’appoggio ottenuto nel nuovo Governo Monti.
Maroni (M): “Come va .. Infatti. Io avevo parlato con Passera per altre cose e lui mi ha detto che era stato lui a insistere non solo per la tua riconferma ma anche per l’estensione a .. poi non so se è vero o no.
O: Sì, sì.
M: “Ma perchè poi a cose fatte tutti si accreditano la vittoria poi la sconfitta sono orfani però insomma è meglio”.
O: “Ascolta ancora l’altra sera a uno che .. amico no? gli ho detto: voi non mi rompete i coglioni. no? lo dico perchè anche se mi sentono viene registrato. no?”
Maroni: (ndr. Ride).
Orsi: “Sarà che sono o non sono della Lega. ma se non c’era. se non c’era Maroni, io qua non c’ero. Oggi quindi comunque nel bene o nel male. ringraziatelo o maleditelo se non vi vado bene”.
M: (ndr. ride)
O: Senti veramente alla fine è così. No?
M: E sì infatti, e tu sai .. e tu sai che noi l’abbiamo fatto non perchè tu sei della Lega, perchè non è vero e non ce ne frega un cazzo, ma perchè io e una parte della Lega siamo quelli che sosteniamo che le persone devono andare perchè meritano di andare, perchè hanno le capacità e non perchè hanno la tessera, no quindi.
Le vacanze di Natale però sono vicinissime e Maroni si lamenta scherzando con Orsi sul lavoro eccessivo per sua moglie, dipendente Alenia.
Maroni (M): mia moglie lavora .. .la fate lavorare anche durante le vacanze di Natale”
Orsi (O): è Caporaletti (presidente Alenia Ndr), chiamalo (ridono).
Poi Orsi offre all’ex ministro la sua casa di Corvara, sulle Dolomiti in Val Badia. Maroni non rifiuta ma poi tutto salta per i suoi impegni.
Orsi: No perchè io ho una casa a Corvara che rimane vuota perchè non c’andiamo quindi vabbè. Senti facciamo così, sentiamoci in quei giorni lì.
Maroni: Sì, sì volentieri.
Orsi: Io, con miei figli, vado su due o tre giorni.
Maroni: Bene bene Orsi: Poi per il resto rimane rimane vuota.
Maroni: Ti ringrazio.
Orsi: Se vuoi andare su due o tre giorni, è bellissimo .. è un albergo è un (…) quindi.
Maroni: ahahah
Orsi: Io c’ho 15 giorni, dal 23 al al.. dal 23 al 6.
Maroni: Ah fantastico. Orsi: In genere una settimana riusciamo a farla e invece no. Se poi vuoi andare su proprio il 26, 27 e 28
Maroni: Ah … ti ringrazio davvero, va bene va bene”.
Poi Orsi richiama ma Maroni non può: “Ti ringrazio, io credo di non riuscire ad andare perchè c’ho una cosa qui devo andare a Bergamo per la Lega”.
da Il Fatto Quotidiano
di sabato 13 ottobre 2012
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Febbraio 13th, 2013 Riccardo Fucile
VARESE COME ROMA: L’ASSE CON ORSI, IMPOSTO A FINMECCANICA, LA SEDE DI ALENIA SPOSTATA NEL VARESOTTO, LA STECCA DI 9 MILIONI SUGLI ELICOTTERI ALL’INDIA
“Asamarà a in furb, mangen i sass per cagà la gera”. Si parla varesotto stretto nel quartier generale della Finmeccanica-Agusta Westland a Samarate, dove, come dice il detto, sono furbi e mangiano sassi per cagare ghiaia.
Stavolta, con l’arresto di Giuseppe Orsi, digerire la pietra della stecca indiana per l’acquisto di dodici elicotteri, di cui una parte sarebbe italianissima, sarà arduo per il presidente-amministratore delegato di Finmeccanica ed ex amministratore delegato di Agusta.
Ma anche per la Lega Nord e Roberto Maroni, che tra due settimane corre da presidente della Lombardia.
E se perde, come è più che probabile, addio Carroccio.
Sì, perchè è lui che ha partecipato con passione ad infeudare il polo aeronautico di Finmeccanica, per spostarne l’asse di comando nel suo feudo geografico, in quel di Varese. Non solo le fabbriche sparse tra Venegòn de Sot (Venegono di Sotto in italiano), Vergià a (Vergiate), ma anche Venegono Superiore, dove Orsi poco più di un anno fa ha trasferito dall’abisso terrone di Pomigliano d’Arco la sede legale di Alenia Aermacchi Spa, dopo la strana incorporazione dell’azienda più grande in quella più piccola.
Un impegno preso con la Lega per ottenerne l’appoggio nella scalata a Finmeccanica, al posto di Pier Francesco Guarguaglini.
Soltanto una rivendicazione nordista e segnatamente varesotta, in onore della provincia fatale della Lega Nord e del suo leader o anche un’occasione per rimpinguare le casse del pezzo di partito impegnato nella battaglia interna con il Cerchio magico di Bossi, attraverso un cospicuo sfioro sui 51 milioni destinati alla corruzione in India?
Ecco in che direzione va l’inchiesta.
Quel che è certo è che Giuseppe Orsi, di San Rocco al Porto, figlio di un farmacista con negozio all’uscita autostradale di Piacenza Nord oggi gestito dalla sorella, conosce Bobo Maroni da molti anni.
Emilia Macchi, la moglie del candidato governatore della Lombardia, è apprezzata dirigente dell’Aermacchi. Ma questo, naturalmente, non prova nulla.
Se mai, più significativa è la battaglia che contrappose Gianni Letta, lord protettore di Pier Francesco Guarguaglini, e Giulio Tremonti, oggi candidato premier della Lega targata Maroni, col suo protegè Marco Milanese, capo dell’ufficio di collocamento dei nuovi, famelici boiardi padani.
In Finmeccanica avevano già collocato nel 2011 come consigliere d’amministrazione Dario Galli, presidente leghista della provincia di Varese, uomo non particolarmente attento a una sana gestione aziendale, ma di sicuri sentimenti xenofobi: «I profughi — asseriva mentre i poveretti morivano come mosche in mare — se li prendano quelli che votano centrosinistra e hanno grandi case».
Ma Finmeccanica, l’antico dinosauro delle Partecipazioni Statali, insieme all’Eni uno dei pochi residui grandi gruppi industriali d’Italia, andava preso dalla testa.
«Guarguaglini deve rimanere, ha fatto grande questa azienda», proclamava Letta mentre gli scandali, giorno dopo giorno, avviluppavano il palazzo romano di piazza Monte Grappa, percorso da faccendieri, impostori, mediatori internazionali, ladri e sicofanti.
«Non si discute, quel posto tocca a noi», replicava Giancarlo Giorgetti, ex bocconiano di Cazzago Brabbia (Cazagh sulla targa in varesotto), presidente della Commissione Bilancio della Camera, tra l’altro autore con la coppia Tremonti-Milanese dell’ascesa di Massimo Ponzellini, di origine compaesana, al vertice della Banca Popolare di Milano, dalla quale è poi uscito in manette.
Al “Tavolo di coordinamento nomine”, cui con Giorgetti partecipavano Gianni Letta, Milanese per conto di Tremonti, Ignazio La Russa, e altri politici di volta in volta, il leghista si battè da par suo per Orsi, il boiardo del Varesotto, leghista di complemento e cattolico fervente, tendenza affaristica Comunione e Liberazione.
In cambio della valorizzazione industriale del sacro suolo varesino.
E poi? L’accusa sospetta che per favorire la sua promozione Orsi abbia dovuto anche mettere mano al portafoglio.
Non il suo, naturalmente, ma quello dell’Agusta.
La fonte primaria non è propriamente tra le più affidabili.
È quel gentiluomo di Lorenzo Borgogni, ex direttore delle relazioni esterne, dispensatore di tangenti ai partiti e a sè stesso, che Marco Milanese definisce «ladro di polli», come dire il bue che da del cornuto all’asino.
Ma non si fatica a credergli, visti i precedenti.
Nè a credere che i magistrati di Busto Arsizio abbiano trovato i necessari riscontri, nel momento in cui denunciano addirittura manovre inquinanti di Orsi e del suo entourage in corso nei giornali e fino al Consiglio Superiore della Magistratura per farli fuori.
Secondo la ricostruzione di Borgogni, nella vendita dei dodici elicotteri al governo indiano fu riconosciuto un compenso di 41 milioni di euro al mediatore Guido Ralph Haschke.
Ma Orsi gli chiese di sottrarre dal suo compenso nove milioni da far tornare a lui.
Di fronte al rifiuto, la consulenza fu aumentata di altri dieci milioni «per soddisfare le esigenze dei partiti e in particolare della Lega Nord».
Se è così, mentre il Cerchio magico di Bossi spolpava con Belsito i rimborsi elettorali per comprare diamanti e lauree tarocche, l’ala “tecnocratica” varesina era alla scalata della sentina Finmeccanica, l’ultimo grande gruppo manifatturiero italiano, dove già imperversava il berlusconismo arrembante, ex fasci, ex diccì, ex piessei.
Tutti insieme appassionatamente, da Mokbel a Valterino Lavitola, fino ai resti viventi delle cene eleganti di Arcore.
Ora vi diranno che la Finmeccanica, con 75 mila dipendenti e 18 miliardi di fatturato, è l’eccellenza italiana nel mondo nel settore aerospaziale e degli armamenti.
Che grandi affari sono in corso: elicotteri alla Russia e alla Corea del sud, 700 milioni di commesse appena conquistate al Salone elicotteristico di Dallas.
Se poi va sborsata qualche “commissione” internazionale, nessuno s’impanchi a verginella.
Chi scoperchia gli scandali lavora contro il paese in crisi. Esattamente quel che si diceva in altre epoche, quando Vittorio Emanuele di Savoia vendeva elicotteri Agusta e armi, con la protezione della politica, della Loggia P2 e dei Servizi segreti, dirottandoli verso paesi della lista nera dell’Onu e distribuendo ovunque tangenti.
Sono passati più di quarant’anni, ma sembra che nella governance del più grande gruppo manifatturiero d’Italia, le abitudini ancestrali siano state soltanto aggiornate ai tempi, ma sul vecchio schema.
Mentre la Lega Nord, la forza di popolo cultrice vent’anni fa dei riti celtici tra i bravi valligiani del nord, puri e indefessi, increduli di fronte ai fasti e soprattutto ai nefasti di Roma ladrona, ha finito per incistarsi nel grande, vecchio dinosauro delle Partecipazioni statali, come in un tragico contrappasso etico.
Varese come Roma.
Chissà se tra due settimane Bobo Maroni, presunto moralizzatore della sciagurata epoca formigoniana, riuscirà ancora a parlare a quel popolo che per primo incarnò l’insofferenza verso i partiti di Roma ladrona.
O se dovrà certificare nelle urne lombarde la fine dell’avventura leghista.
Alberto Statera
(da “la Repubblica”)
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Febbraio 13th, 2013 Riccardo Fucile
IN VIA BELLERIO CLIMA DA ULTIMI GIORNI DI POMPEI: CRESCE IL TIMORE CHE VENGA COINVOLTO MARONI CHE AVEVA IMPOSTO ORSI A FINMECCANICA
“La Lega non c’entra nulla e se qualcuno farà insinuazioni su questo ne risponderà in sede civile e penale. Orsi fu nominato dal consiglio dei ministri”. Adesso Roberto Maroni inizia ad avere davvero paura.
Mette le mani avanti, attacca oggi per timore di doversi difendere — politicamente — un domani, scarica la nomina di Orsi su tutto il governo Berlusconi.
Nel tentativo di alzare una cortina fumogena che oscuri le responsabilità della Lega sulla nomina dell’uomo che ha guidato la principale industria del paese.
E che parla con disinvoltura di “filosofia delle tangenti”.
A via Bellerio raccontano di un clima plumbeo. Da ultimi giorni di Pompei.
Parole imbarazzate su Finmeccanica.
Imbarazzo pure sull’accusa di associazione a delinquere arrivata a Roberto Formigoni, e che si somma a quella di corruzione sulla vicenda Maugeri.
Un uno-due che rischia di essere devastante nelle urne.
Ma l’incubo vero della Lega si chiama Finmeccanica.
Soprattutto per il “Carroccio delle scope” di Maroni.
Il segretario smentisce di averlo voluto, pronuncia parole imbarazzate. Ma i suoi già si domandano quanto possa durare.
Nell’ordinanza dell’arresto è scritto, nero su bianco, ciò che tutti sanno.
E cioè che Orsi è in quota Lega. E fu imposto da Maroni e Calderoli.
Lo mette a verbale l’amministratore delegato di Ansaldo Energie Luciano Zampini, sentito dai magistrati di Busto Arsizio lo scorso 14 novembre: “Letta e Berlusconi erano per la mia nomina, Tremonti non era in disaccordo, solo la Lega spingeva per l’ingegner Orsi”.
Una pressione forte che portò alla nomina dopo una riunione con Maroni, Calderoli, Giorgetti e Letta.
Insomma, il principale accusato di una maxi tangente di 50 miliardi, e arrestato oggi per pericolo di inquinamento delle prove, era politicamente protetto da tutto lo stato maggiore del Carroccio.
E lo scandalo rischia di essere solo all’inizio.
I leghisti temono che da qui al voto sarà uno stillicidio di notizie sui legami pericolosi di Orsi: “La retrocessione che mi è stata richiesta — è un altro passaggio delle dichiarazioni di Zampini — magari serviva ad Orsi per ricompensare la Lega”.
Pare la “tempesta perfetta” prima del voto.
Paginate dei giornali che associano lo scandalo al sistema di potere del centrodestra, gli attacchi della sinistra, un clima da tangentopoli in Lombardia dove tutte le tv da ore non parlano d’altro.
Una situazione da cui il Carroccio rischia di uscire a pezzi più di Silvio Berlusconi. L’ex premier è più avvezzo alla gestione delle inchieste giudiziarie.
E anche il suo elettorato.
Per la Lega il discorso è più complesso.
E c’è un motivo se nel giorno più lungo Maroni ha evitato di mettersi in scia dell’ex premier nell’attacco ai giudici: “E’ un intervento suicida — ha detto il Cavaliere nel Forum con l’Ansa – per la nostra economia. Tutti sanno che al di là delle gare d’appalto ci sono anche degli accordi che devono intervenire tra governi e aziende che partecipano alle gare”. Come a dire: negli affari tutto è lecito.
Per l’ex ministro dell’Interno è una linea che rischia di rendere il danno ancora più grave.
Soprattutto dopo aver preso il partito in nome delle ramazze e della pulizia.
Meglio attestarsi su una linea di estraneità ai fatti, è il suo ragionamento.
Perchè l’affaire Finmeccanica rischia di essere una sorta di Mps leghista, anzi peggio. Sommato alle inchieste su Formigoni la sensazione è quella di un intero di potere che cade sotto i colpi delle procure.
Non è un caso che proprio nella Lombardia, considerata da tutti il nostro Ohio delle prossime elezioni, il centrosinistra ha intensificato, e non poco il pressing, calando tutti i suoi big. D’Alema, Renzi, Veltroni, Bersani.
E al sorpasso in Lombardia loro iniziano a crederci davvero.
(da “huffingtonpost.it”)
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Febbraio 13th, 2013 Riccardo Fucile
“SIAMO RICCHI, INUTILE PREOCCUPARCI DEL DEBITO PUBBLICO”
Silvio Berlusconi ammette che dopo il voto il centrodestra sarà ininfluente al Senato. Ammette, in pratica, che la rimonta, almeno a Palazzo Madama, non ci sarà .
Che non ci sarà pareggio e non ci sarà un nuovo governo di larghe intese.
«Non credo che al Senato abbiano bisogno di noi», dice infatti il leader del Pdl durante un forum all’agenzia di stampa Ansa.
E spiega che gli eventuali voti che mancheranno al Pd arriveranno da Beppe Grillo e gli eletti del suo movimento.
Confermando la “svolta” nella strategia elettorale degli ultimi giorni usa l’argomento per cercare di bloccare l’avanzata dei grillini che pescano nel suo bacino elettorale. Per questo Berlusconi dice di avere avuto «la pessima sorpresa di vedere che più dell’80 per cento delle persone candidate nelle liste di Grillo provengono da ambienti dell’estrema sinistra, dei centri sociali e dei no Tav».
Circostanza che porta il Cavaliere a stabilire che «tra questi la sinistra può trovare candidati di sostegno, magari con un cambio di casacca. Anche perchè loro non li vedo tanto compatti».
È questa la novità più importante di una giornata in cui il Cavaliere ha “interpretato” il solito copione.
A partire proprio dall’accusa a Grillo, imitato al pari di Bersani, di ripetere da Nord a Sud sempre lo stesso comizio, sempre le stesse battute.
Lui invece ieri mandato in scena la rappacificazione con Gianni Alemanno e l’investitura del sindaco uscente per un secondo mandato al Campidoglio.
Ma era notizia già nota e lo “spottone” è servito solo a sgombrare il campo dalle incertezze berlusconiane dei giorni scorsi.
Poi il Cavaliere ha ripetuto di non essere «mai stato preoccupato per il debito.
La nostra ricchezza ci fa presupporre che non dobbiamo preoccuparci.
Il debito giapponese — spiega — è più alto del nostro, ma loro, come fanno anche altri paesi, hanno la possibilità a differenza di noi di stampare moneta».
Ancora ha rispiegato che non mira a fare il presidente del Consiglio.
O almeno non vuole farlo fino a quando l’inquilino di Palazzo Chigi non avrà i famosi poteri che reclama.
Nel frattempo fa sapere che su quella inutile poltrona vuole fare sedere Angelino Alfano, mentre lui si occuperà del ministero dell’Economia.
Nel frattempo però parla come se fosse lui il premier e annuncia che ha già preparato l’ordine del giorno delle prime cinque riunioni del Consiglio dei ministri.
Li ha preparati lavorando di notte, ma ammette bontà sua che è anche un lavoro collettivo.
Nel merito ci sono le solite cose: l’abolizione dell’Imu e la sua restituzione, la cancellazione dell’Irap in cinque anni, la riforma in senso “umano” di Equitalia e l’impignorabilità della prima casa.
Infine ancora c’è l’attacco all’Europa, alla Merkel, il complotto franco-tedesco.
Mette in scena l’ennesimo attacco al nemico storico Martin Schultz.
E fa calare il sipario assicurando che «è una leggenda mia non credibilità in Europa. Io invece sono molto credibile nell’Unione europea».
Silvio Buzzanca
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 13th, 2013 Riccardo Fucile
LA MATTINATA DEL CAVALIERE INIZIA COME AL SOLITO: SOMMERGENDO TUTTI DI IMPROPERI
«È andato fuori di testa». «Un guitto che ha perso la credibilità di fronte al mondo».
Botta e risposta nella mattinata tra Silvio Berlusconi e Oscar Giannino.
«Era un liberale convinto – attacca per primo il Cavaliere a La Telefonata su Canale 5 – ho letto il suo programma, tutti i suoi punti sono compresi nel nostro più ampio programma e adesso ha addirittura dichiarato che il suo fine è quello di far perdere Maroni in Lombardia. Si vede che la campagna elettorale ha dato alla testa a troppa gente».
Poco dopo, arriva la risposta di Giannino ad Agorà su Raitre
«Berlusconi – ha aggiunto – è un fuoco di artificio quotidiano, insulta le donne tutti i giorni, è colorato come un clown».
«Io – continua Giannino – non mi candido per far perdere nessuno, voglio semplicemente che la vecchia destra e la vecchia sinistra cadano sotto il peso dei loro errori. Penso ci sia un tragitto futuro di interlocuzione con amici leghisti quando avranno capito che Berlusconi è il piombo che li porta a fondo del mare. Ho incoraggiato Maroni a farla finita con Berlusconi, che dal mio punto di vista non ha niente a che vedere con i valori liberali».
«Albertini è un altro che mi ha lasciato molto perplesso in questa campagna elettorale – prosegue -: è uno che si è fatto candidare da me, a nome della società civile, poi è andato per mesi in ginocchio da Berlusconi e adesso irride a Berlusconi e ha inguaiato anche i montiani».
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Febbraio 13th, 2013 Riccardo Fucile
PDL E PD TEMONO L’EROSIONE FINALE A BENEFICIO DEI GRILLINI IN CONTINUA ASCESA…A PALAZZO MADAMA SI RISCHIA
La grande rimonta finisce qui. Il triste risveglio del Cavaliere coincide con la consegna degli ultimi rilevamenti.
«Ci siamo fermati» ha confidato in queste ore ai dirigenti del Pdl, scrutando le tabelle. Lo slancio, che avrebbe toccato il suo apice all’indomani dell’uno-due su Imu e condono, sembra svanito.
La fuga dei delusi continua, ormai inesorabile, e a senso unico, verso Grillo. Un’erosione che in queste ore tuttavia preoccupa anche il fronte avversario. Pierluigi Bersani non dorme affatto sonni tranquilli, nonostante il vantaggio.
«A Montecitorio il divario adesso è incolmabile, ma per il Senato in Sicilia e Lombardia c’è ancora da combattere » è la tesi del segretario Pd.
Già , la partita si gioca anche sui numeri degli italiani all’estero e del Trentino, con il suo elettorato di confine.
A Largo del Nazareno calcolano che la probabile conquista di quel doppio bacino valga almeno otto senatori.
I democratici sono invece convinti che il leader dei 5 Stelle non possa più pescare nel loro campo.
Ma è meglio non fidarsi perchè Grillo è in grado di destabilizzare qualsiasi pronostico. La piazza sotto il gelo di Bergamo, ieri sera, quella di Mantova sotto la neve, due giorni fa, raccontano più di qualsiasi sondaggio.
Per questo il candidato premier del centrosinistra prepara una proposta finale per il Paese da illustrare giusto dopo che scenderà il sipario su Sanremo.
Lo stesso ha intenzione di fare Silvio Berlusconi.
Neutralizzato in parte l’effetto choc di dieci giorni fa, l’ex premier ha intenzione di segnare con un «grande annuncio» una delle ultime uscite pubbliche a ridosso del 24 febbraio.
«Dovrà entrare in tutte le case, come l’Imu» va ripetendo. Ma nè lui, nè Brunetta sanno al momento cos’altro inventarsi per parlare al portafogli degli italiani.
Quel che preoccupa è lo stop decretato dai sondaggi. Inatteso.
Tanto più che i rilevamenti sono antecedenti all’abdicazione del Pontefice.
E ora la doppia tenaglia Vaticano-Sanremo, sotto il profilo mediatico, rischia di oscurare del tutto la ribalta tv sulla quale il Cavaliere scommetteva.
Dal quartier generale, Paolo Bonaiuti nega che la frase sul Senato sia un’ammissione di sconfitta probabile: «Nessuna resa, la rimonta è in pieno svolgimento e l’attacco a Grillo è solo la constatazione che tra loro in tanti provengono da centri sociali e frange estreme».
Sta di fatto che da ieri sera Berlusconi ha ricominciato a registrare a tamburo battente video messaggi e interviste con decine di tv private.
E lo stesso farà questa mattina poco prima di volare a Bari e ancora venerdì, limitando la missione in Sicilia (benchè altra regione in bilico) alla sola giornata di sabato.
Ma le ultime 48 ore fanno registrare anche un’inversione nella strategia elettorale. Adesso, più che Monti, c’è appunto Beppe Grillo nel mirino.
È lui il «nemico», al quale si sono votati centinaia di migliaia di elettori del centrodestra che il Cavaliere non riesce più a catturare.
Il timore è che se il M5s continua a crescere e il Pdl si è inchiodato, è perchè la “spinta propulsiva” si è esaurita, l’overdose in tv non basta più.
Come se non bastasse, il pieno coinvolgimento di Roberto Formigoni nell’inchiesta Maugeri, con l’accusa di associazione a delinquere, non travolge solo la corsa del capolista in Lombardia al Senato, ma rischia di far vacillare l’intera partita nella regione decisiva.
Troppe incognite.
E il dialogo «intercettato» ieri sera tra Giuliano Ferrara, Gianni Letta e Franco Frattini, durante il ricevimento all’ambasciata italiana presso la Santa Sede, rivela la disillusione.
«Gianni, ma tu ci credi davvero a questa rimonta?» chiede il direttore del Foglio all’eminenza azzurra berlusconiana.
«Sì, è vera». E Ferrara: «Se fosse così, sarebbe clamoroso, perchè Berlusconi ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare». Letta annuisce.
Con l’ex ministro Frattini che chiosa: «Io comunque a questa rimonta non ci credo».
Goffredo De Marchis e Carmelo Lopapa
(da “la Repubblica”)
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Febbraio 13th, 2013 Riccardo Fucile
FAZIO COSTRETTO A TORNARE SUL PALCO PER RIPORTARE LA CALMA IN TEATRO DOPO L’ENTRATA DEL COMICO CHE IMITA IL CAVALIERE CHANSONNIER
Si era montato alla vigilia di questo Sanremo elettorale un bel caso politico all’italiana.
Un caso con tanto di complotto delle ugole rosse, l’ultimo e il più scemo dei tanti denunciati da Berlusconi. Poi s’è dimesso il papa e tutto si è ridimensionato.
Ma alla fine un caso bisognava crearlo per forza e l’hanno creato, probabilmente ad arte, con l’ennesima furbata di questa campagna elettorale.
La contestazione a Maurizio Crozza da parte di qualche fedelissimo berluscones infilato nel pubblico dell’Ariston («due soliti noti», ha detto Fazio, o forse qualcuno di più) pare una trovata da copione.
Il povero Crozza c’è rimasto male, con tutta la fatica che aveva fatto per non risparmiare nessuno dei contendenti nello spazio dei quaranta minuti, come avrebbe poi dimostrato.
Anche un bel pezzo di pubblico ha contestato il contestatore, ma intanto il piccolo evento viaggiava già su YouTube.
È destino che questa campagna elettorale brutta, sporca e cattiva più del solito non risparmi niente e nessuno.
Neppure l’istituzione somma dell’Italia bonaria e canterina.
Insomma Sanremo è soltanto Sanremo, la vacanza televisiva preferita dagli italiani. Quest’anno con un elemento di sollievo in più, nel mezzo di una rissa estenuante.
Dal festival ci si aspettava non che dicesse qualcosa di sinistra, ma qualcosa di civile. E così è stato.
A cominciare dall’incipit verdiano con il coro dal Nabucco, fino all’irruzione della satira politicamente correttissima del «comunista» Crozza.
Sanremo è rimasto quello. È il costume nazione intorno a essere peggiorato.
Un tempo si veniva qui a irridere l’Italietta con la rima baciata e l’autoradio in mano, oggi Toto Cutugno sul palco con il coro dell’Armata Rossa pare un gigante di stile e ironia rispetto alle macchiette italiote in giro per comizi elettorali e per salotti di talk show.
Le stesse maschere di leader composte da Maurizio Crozza paiono un abbellimento generoso degli originali.
È quasi un peccato che un talento comico di tale livello debba misurarsi con soggetti tanto grevi. Ma il Berlusconi chansonnier manigoldo e cialtrone della sua entrata in scena, imparentato con l’istrionica criminalità di un Mackie Messer, è più fascinoso e sincero di quello vero, confinato al repertorio di battute triviali da sceneggiatura dei fratelli Vanzina.
Così la lingua e le metafore surreal popolari del Bersani-Crozza suonano più accattivanti di quelle usate dal vero leader del Pd, ormai costretto a imitare l’imitazione per risultare più riconoscibile e simpatico.
Mario Monti con la voce e la sfera emotiva di un bancomat risulta comunque più serio dell’altro che si presenta col cagnolino acchiappavoti in braccio al salotto di Daria Bignardi.
Per non dire di quanto il meraviglioso disagio dell’Ingroia-Crozza, gravato da una millenaria indolenza, mista a noia e incredulo sgomento per l’ambiente circostante, risulti in definitiva più credibile ed empatico dell’ex magistrato già ben calato nella parte e nei trucchi del nuovo mestiere.
È un vecchio problema della satira.
Quando il bersaglio si abbassa di troppo sotto la linea del tiro, la caricatura finisce per favorire la vittima presunta.
Non sappiamo se Crozza l’abbia capito, ma Berlusconi di sicuro sì.
Il vero dramma per il Cavaliere, e non soltanto per lui, non è che il festival si occupi di politica in piena campagna elettorale, ma piuttosto che non lo faccia.
La campagna elettorale rischia già di essere finita con il gesto di Joseph Ratzinger. Manca una settimana di svago festivaliero per calare la pietra tombale sulle speranze di rimonta affidate a mirabolanti promesse, trovate di giornata, promesse dell’ultima ora.
Non è Sanremo ad aver bisogno della politica, ma la politica, quella peggiore, ad aver bisogno della passerella del festival.
Tanto che un giorno sì e l’altro pure arriva una minaccia d’invasione di campo.
L’altro ieri si temeva l’irrompere di Beppe Grillo, ieri s’era sparsa all’improvviso la certezza di una visita del Cavaliere.
Dicono che fosse tutto pronto, ma poi sono troppo furbi per presentarsi davanti all’Ariston senza un pretesto.
Hanno così deciso di mandare soltanto qualche comparsa per disturbare lo show.
Ma se soltanto gliene offrissero uno dal palco si precipiterebbero qui senza esitazioni, con i panni della vittima.
Sono a casa davanti alla televisione, in trepida attesa.
Per fortuna a casa a guardare Sanremo ci sono anche una dozzina di milioni almeno d’italiani che vorrebbero trovare requie da un gioco polemico estenuante, riconoscersi in un’Italia piccola e leggera, ma almeno onesta, decente, non volgare.
Curzio Maltese
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 13th, 2013 Riccardo Fucile
L’AD DI ANSALDO ENERGIA RACCONTA AI PM IL RUOLO DELLA LEGA NELLA NOMINA DI ORSI… LE INTERCETTAZIONI E LA RIUNIONE CON MARONI, GIORGIETTI, CALDEROLI E LETTA”
In principio fu Lorenzo Borgogni.
Era il 15 novembre del 2011 e l’ex direttore delle relazioni esterne aveva raccontato agli allora inquirenti di Napoli i rapporti tra Giuseppe Orsi, l’amministratore di Finmeccanica arrestato per corruzione, e la Lega.
Ora a quelle dichiarazioni se ne aggiungono altre: quelle, sempre a verbale, della amministratore delegato di Ansaldo Energia, Giuseppe Zampini, che ai pm di Busto Arsizio (Varese) ha raccontato come l’intermediario svizzero Guido Ralph Haschke (anche lui arrestato oggi, ndr) gli disse: “la retrocessione che mi è stata richiesta magari serviva a Orsi per ricompensare la Lega”.
Roberto Maroni, segretario del Carroccio, da mesi e anche ad arresti avvenuti, ha sempre ribadito e ribadisce con forza che “la Lega non c’entra nulla” .
Forse dovrò farlo anche con il giudice per le indagini preliminari di Busto Arsizio, Luca Labianca, che dopo aver sottolineato l’irrilevanza penale conferma nero su bianco l’esistenza di conversazione tra l’ad e politici del Carroccio.
La circostanza “irrilevante sotto il profilo dell’ontologica esistenza delle condotte oggetto di addebito, non può essere sottaciuta poichè sull’utenza di Orsi sono state intercettate diverse telefonate intercorse con esponenti politici di quel partito che, a prescindere dalla corrispondenza al vero dell’illazione di Zampini, dimostrano una certa vicinanza di Orsi a quel partito e confermano, ove ce ne fosse ancora bisogno, la complessiva credibilità di Haschke”.
Ma cosa dicono Zampini e Haschke?
A verbale il manager italiano — è il 14 novembre 2012 — ricorda come in corsa per la poltrona di amministratore delegato ci fosse lui e ci fosse Orsi, ma anche come grazie al presunto sostegno leghista a guidare Finmeccannica fosse arrivato l’altro: “Mi è stato riferito da Guarguaglini (l’ex presidente di Finmeccanica dimissionato nel dicembre 2011, ndr) e Borgogni che all’incontro che aveva preceduto la nomina di Orsi avevano partecipato Maroni, Giorgietti, Calderoli e Letta. I leghisti avevano fatto prevalere…il nome di Orsi”.
“Guarguaglini — aggiunge — mi aveva detto che Letta e Berlusconi erano per la mia nomina, Tremonti non era in disaccordo, solo la Lega spingeva per Orsi”.
E poco dopo a, sempre a verbale, Zampini riferisce l’illazione dell’intermediario svizzero appunto: “Haschke mi parlò di una retrocessione (sulla vendita dei 12 elicotteri all’India, ndr) nel senso che parte del compenso doveva essere ritornata, non entrò nel dettaglio delle modalità , ad Agusta. E fece anche un commento. Era particolarmente stupito, perchè questa richiesta veniva, manco a farlo apposta, un paio di giorni dopo la nomina di Orsi quale amministratore delegato di Finmeccanicaa … Haschke fece in particolare un’illazione. Mi disse: ‘La retrocessione che mi è stata richiesta magari serviva a Orsi per ricompensare la Lega”.
Per contestualizzare il manager aggiunge e sottolinea: “Le faccio presente che la stampa di quei giorni dava risalto al sostegno che Orsi aveva avuto dalla Lega”.
Ed è così che si ritorna alle prime dichiarazioni di presunte mazzette al Carroccio. Secondo Borgogni dal contratto per la vendita di elicotteri all’India sarebbe stata ricavata proprio una tangente da 10 milioni che sarebbe stata girata alla Lega e a Comunione e Liberazione, ma soprattutto al Carroccio, per favorire la nomina di Orsi ad amministratore delegato di Finmeccanica, come poi avvenuto.
Il gip parla di irrilevanza che però non può essere “sottaciuta”. Per ora i politici, come fanno sapere anche gli inquirenti, non sono coinvolti nelle tangenti.
Ma il per ora sembra d’obbligo.
Giovanna Trinchella
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 13th, 2013 Riccardo Fucile
IL PREMIER EVITA DI METTERE LA FACCIA ACCANTO A QUELLA DEI DUE “DINOSAURI”…INTANTO FINI RISCHIA DI NON GARANTIRE NEPPURE SE STESSO
Sempre più freddi i rapporti tra Fini, Casini e Monti.
Il Professore sembra aver “scaricato” i sostenitori più fedeli del governo tecnico.
Nessuna iniziativa elettorale pubblica con gli alleati di Fli e Udc.
Il presidente del Consiglio uscente — fanno notare alcuni esponenti della lista civica — preferisce evitare di mettere la faccia accanto a quella dei due “dinosauri” del Parlamento. “La verità è che Monti pensa a tirare la volata a se stesso — osserva un deputato di Futuro e Libertà — prendendo le distanze proprio da chi lo ha convinto a salire in politica”. Onorevole, sta dicendo che il Prof è un ingrato? “Lo sta dicendo lei”.
E’ soprattutto nel partito del presidente della Camera che tira una brutta aria.
Ad inizio legislatura, Fini contava in Parlamento 90 deputati ex An.
Certo altri tempi, era il cofondatore del Pdl.
Oggi rischia di non garantire neppure se stesso.
Berlusconi torna a dargli del “traditore” della peggiore specie, “condannato all’inesistenza politica”. Malignità a parte, sta di fatto che se l’Udc di Casini non superasse lo sbarramento del 2 per cento, a Montecitorio, Fini sarebbe fuori.
Per lui neanche lo scranno della Fondazione della Camera -destinato agli ex inquilini del Palazzo- perchè sacrificata in nome dei tagli ai costi della politica.
Gli ultimi sondaggi non consolano e dentro Fli ci si affida alla matematica, in attesa del “bagno di sangue’”elettorale.
Tanta la preoccupazione ma anche i rancori covati, soprattutto nei confronti di Italo Bocchino (deputato e vicepresidente di Fli): “Troppo credito per uno che nel gruppo — sussurrano — è odiatissimo”.
E c’è pure chi sbotta, sicuro dell’anonimato: “Fini non si è scelto male solo il cognato…”.
A spargere veleno ci sono poi gli ex “compagni di militanza”.
Per Edmondo Cirielli, passato con Fratelli d’Italia di La Russa, Crosetto e Meloni, ha ragione il Cavaliere: “Fini ha tradito i valori del centrodestra per ragioni personali e non politiche, personalizzando lo scontro con Berlusconi”.
Il più grande errore di Gianfranco? “Lasciare il Pdl e allearsi infine con il Pd di Bersani” spiega ancora Cirielli, pesante nei giudizi: “Oggi tra Vendola e Fini — è l’affondo — il popolo del centrodestra sceglierebbe senza dubbio il leader di Sel”.
Sul futuro politico del presidente della Camera infine picchia duro: “Credo che alla fine lui e Bocchino la spunteranno ma se così non fosse — afferma Cirielli — Fini potrà godersi la pensione, magari a Montecarlo”.
Tutt’altra musica tra chi il Popolo della Libertà lo ha lasciato allora con convinzione, seguendo Fini.
“Paghiamo due anni di logoramento — spiega Antonino Lo Presti – e di mancanza di risorse. Sempre meglio però che fare i camerieri di un pagliaccio”.
Nessun pentimento, giura il deputato (uscente) di Fli.
Ma una constatazione amara: “Gli italiani hanno la memoria corta- argomenta — hanno scordato non solo tutto quello che Fini ha fatto con generosità ma anche quello che ha combinato Berlusconi”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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